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IL CONCETTO DI FORZA

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Academic year: 2021

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I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane deformata.

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

IL CONCETTO DI FORZA

Come definizione provvisoria, chiamiamo “forza” ciò che causa o cambia il moto.

Una forza con cui ognuno è familiare è il peso degli oggetti, la forza che cerca di farli muovere verso il basso, di farli cadere verso il centro della Terra. Possiamo quindi considerare come una forza tutto ciò che può contrastare il peso. Per esempio, una molla elicoidale può essere compressa o allungata da un peso, per cui si può dire correttamente che anche la molla esercita una forza quando è compressa o allungata;

possiamo allora capire che le forze possono anche produrre deformazioni nei corpi su cui sono applicate.

Analizzando le esperienze di ogni persona, possiamo distinguere due situazioni fondamentali in cui una forza produce un movimento:

1) La forza fa muovere un oggetto vincendo una resistenza esterna.

2) La forza fa muovere un oggetto contro una trascurabile resistenza esterna.

Moto contro una resistenza esterna

Alcuni esempi sono:

• sollevare un libro dal pavimento al tavolo (la forza esercitata dalla mano che effettua il sollevamento deve contrastare la forza di gravità che tira verso il basso);

• trascinare un tavolo lungo una stanza (l’azione della mano deve contrastare la forza di attrito del pavimento);

• un aeroplano che vola a 900 km/h (la spinta dei motori deve vincere la resistenza dell’aria).

La velocità del moto non entra in questo discorso, per cui, in linea di principio, rientra in questo caso anche la situazione in cui la forza contrastante bilancia completamente la forza applicata, e quindi non vi è alcun moto:

• Un tavolo è appoggiato sul pavimento, e non si muove. La forza verso il basso dovuta al peso del tavolo incontra la resistenza del pavimento, che non gli permette di andare più giù. La velocità verso il basso è zero e le forze sono bilanciate, o “in equilibrio”.

Moto senza una significativa resistenza

Fu l’intuizione di Newton a notare che, in assenza di una resistenza esterna, il moto rettilineo uniforme continuerebbe indefinitamente. Non è necessaria alcuna forza.

Questa è la Prima legge di Newton1 sul moto:

1 “Lex prima: Corpus omne perseverare in statu suo quiescendi vel movendi uniformiter in directum, nisi quatenus a viribus impressis cogitur statum illum mutare.”

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I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane deformata.

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I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

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“In assenza di forze esterne, il moto rettilineo uniforme continua indefinitamente”.

Un disco per il gioco di hockey sul ghiaccio può scivolare sul ghiaccio per grandi distanze, e più è levigato il ghiaccio, più lontano andrà. Newton si rese conto che quello che alla fine fermava il moto era l’attrito della superficie. Se si potesse produrre una superficie ideale di ghiaccio levigatissimo, senza attriti e di estensione infinita, il disco continuerebbe a muoversi all’infinito, senza mai fermarsi, nella stessa direzione e con la stessa velocità con cui era partito.

Quello che una forza può fare in assenza di resistenza è di aumentare la velocità dell’oggetto, cioè accelerarlo, come evidenziato dalla II legge di Newton2.

Tuttavia. anche senza una resistenza esterna, rimane ancora una resistenza interna, da parte dell’oggetto stesso. Un astronauta che spingesse un satellite da una tonnellata fuori dal vano di carico della Navetta Spaziale si accorgerebbe subito che, anche se il satellite sembra “privo di peso”, non si riesce a muoverlo facilmente. Con la spinta esercitata dall’astronauta, in realtà l’oggetto comincerebbe a muoversi, ma molto molto lentamente. L’oggetto resiste ad essere messo in movimento, e, una volta in moto, resiste ad essere rallentato o fermato.

Ai tempi di Newton, naturalmente, nessuno aveva alcuna esperienza di muovere satelliti “privi di peso” in orbita. Tuttavia, la gente era abituata all’attracco delle navi e delle grosse barche. Una pesante barca si comporta in modo molto simile a un satellite

“privo di peso”: l’acqua bilancia il suo peso, ed offre una scarsa resistenza a un moto lento. E tuttavia, quando una tale barca viene spinta lontana dal molo, comincia a muoversi molto gradualmente: però, una volta in movimento, è altrettanto difficile fermarla. Newton chiamò inerzia questa resistenza interna al moto.

Ovviamente, l’inerzia aumenta con la “quantità di materia” presente nell’oggetto. Una boccia da bowling è più difficile da far muovere e più difficile da fermare rispetto a un pallone di gomma delle stesse dimensioni.

La boccia da bowling è anche più pesante, cioè è attratta verso il basso da una forza maggiore: ma il peso è un effetto della gravità, mentre l’inerzia non lo è. Queste due grandezze sembrano somigliarsi in “qualche modo” ed è possibile dimostrare che la loro connessione è molto profonda.

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leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

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I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

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APPROFONDIMENTI SUL CONCETTO DI FORZA

Una forza è una grandezza fisica vettoriale che si manifesta nell’interazione di due o più corpi, sia a livello macroscopico, sia a livello delle particelle elementari, la sua caratteristica è quella di indurre una variazione dello stato di quiete o di moto dei corpi stessi. In presenza di più forze, è la risultante della loro composizione vettoriale a determinare la variazione del moto.

Una forza è spesso descritta come una spinta o una trazione. Le forze possono essere dovute a fenomeni quali la gravità, il magnetismo, o qualunque altro fenomeno che induca un corpo ad accelerare o a deformarsi.

Definizione statica della forza

Si dice forza qualunque causa che è in grado di deformare un corpo.

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane deformata.

Valgono inoltre le seguenti definizioni:

Definizione di corpo perfettamente elastico

Un corpo è perfettamente elastico se dopo la deformazione torna esattamente alla dimensione originale.

Definizione: limite di elasticità

Il limite di elasticità di un corpo è la forza massima a cui può essere sottoposto senza subire deformazioni permanenti (plastiche)

Definizione: Carico di rottura

Il carico di rottura è la forza minima capace di rompere il corpo.

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I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

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Legge di Hooke

Un corpo ha un comportamento perfettamente elastico lineare se la deformazione è direttamente proporzionale alla forza esterna applicata e scompare se la forza viene

eliminata.

Il comportamento elastico lineare si ha dunque quando viene rispettata la legge di Hooke.

Secondo la legge di Hooke3 in una molla lo spostamento dalla posizione di riposo è proporzionale alla forza applicata

Unità di misura

Sistema internazionale

L’unità di misura della forza nel SI è il newton, definito come:

1 N =1 kg 1m s⋅ 2

Tenendo conto del secondo principio della dinamica, possiamo quindi affermare che una forza di 1 N imprime ad un corpo con la massa di 1 kg l’accelerazione di 1 m/s².

L’unità di misura della forza nel Sistema Internazionale è dunque il newton (N). In passato, per definire l’unità di forza, denominata kilogrammo-peso (kgp), veniva utilizzato il kilogrammo-massa (kgm), un blocco cilindrico di platino-iridio conservato al Bureau International des Poids et Mesures con sede a Sèvres (Parigi), il quale, in quel luogo, è soggetto all’azione di una forza (gravitazionale) di un kilogrammo-peso.

È interessante ricordare che la somiglianza fra i nomi della vecchia unità di forza (kilogrammo-peso) e dell’unità di massa (kilogrammo-massa) poteva indurre facilmente in errore facendo dimenticare che in realtà si trattava di due unità di misura di grandezze fisiche molto diverse. Nel moderno sistema di unità tale pericolo non esiste più: l’unità di massa oggi si può perciò designare con il solo nome di kilogrammo.

Effetti di una forza (sintesi)

Le forze sono le cause del moto dei corpi, possono pertanto deformare un oggetto, mettere in moto un corpo che si trovava precedentemente in stato di quiete, modificare il movimento di un corpo già precedentemente in moto, o riportare il corpo in stato di quiete.

Possiamo sintetizzare, a livello pratico, gli effetti che le forze applicate ad un dato corpo

3 “Ut tensio, sic vis” che significa “come l’estensione, così la forza”, cioè l’allungamento prodotto (nella molla) è direttamente proporzionale alla forza impressa.

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possono produrre:

• effetti statici: il corpo, anche se sottoposto a forze, rimane in quiete: questo succede quando le forze presenti si bilanciano esattamente. Il settore della meccanica che si occupa dello studio di questi effetti è la statica: essa analizza gli effetti delle forze sui corpi in quiete e ricerca le condizioni di equilibrio di corpi sottoposti ad un insieme di forze diverse. Il più delle volte nel bilancio delle forze bisogna considerare reazioni vincolari e deformazioni dei materiali.

• effetti dinamici: essi inducono variazioni nella quantità di moto del corpo; la dinamica analizza appunto gli effetti delle forze sul movimento e cerca di prevedere il moto di un dato sistema di corpi se sono note le forze ad esso applicate, incluse le reazioni vincolari precedentemente citate.

Si dice ambiente di un corpo proprio l’insieme delle forze che altri corpi esercitano su di esso.

Definizione operativa di forza (punto di vista statico)

Il concetto di forza ci è familiare anche perché spesso esso è legato all’azione muscolare: abbiamo ad esempio esperienza che per spingere un’automobile bisogna esercitare su quel mezzo una grande forza che ad ogni modo non sarebbe adeguata per spingere un pesante autotreno. Sappiamo anche che esiste una grande varietà di forze: la forza che la Terra esercita sulla Luna, la forza elettrica che avvia il motore dell’automobile, la forza meccanica che frena l’automezzo evitandogli l’impatto contro un ostacolo che si presenta all’improvviso davanti agli occhi del conducente e così via.

Nonostante siano numerose e di tipo diverso, in realtà tutte le forze che esistono in natura possono essere spiegate per mezzo di quattro forze (o interazioni, come i fisici preferiscono chiamarle) fondamentali, le quali sono: la forza gravitazionale, la forza elettromagnetica, la forza nucleare forte e la forza nucleare debole.

Il compito di discutere la natura intima di questa, come di altre entità fisiche è lasciato alla filosofia mentre la scienza si incarica di dare delle grandezze fisiche una definizione operativa, ossia una definizione tale da consentirne l’inserimento in equazioni matematiche. La forza viene quindi definita semplicemente in base agli effetti misurabili che essa provoca, come già ampiamente detto in precedenza, nei seguenti termini: “Forza è qualunque causa in grado di modificare il movimento di un corpo o di produrre in esso deformazioni.”

Da un punto di vista operativo, basandoci sull’esperienza, possiamo dunque ribadire che se un corpo è deformato rispetto al suo stato di riposo, allora è sottoposto all’azione di una forza.

In base a queste considerazioni, una definizione statica di forza risulta possibile misurando la deformazione di un corpo che segua la legge di Hooke; la deformazione di questo particolare oggetto (ideale) è quindi direttamente proporzionale alla forza applicata. Ciò vuol dire che se si sospende ad una molla ideale (avente lunghezza a riposo pari a ℓ0) un peso campione si ottiene un certo allungamento x (la lunghezza

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I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si

della molla diviene ℓ1 = ℓ0 + x), mentre se alla stessa molla si sospendono due pesi campione, uguali al precedente, l’allungamento risulta uguale a 2x (la lunghezza della molla diviene ℓ2 = ℓ0 + 2x).

Utilizzando questa proprietà lineare delle molle è possibile costruire degli strumenti di misura delle forze, detti dinamometri. Ogni volta che un dinamometro si allunga, significa che ad esso è applicata una forza.

Utilizzando un dinamometro si ottiene una misura indiretta della forza, in quanto la grandezza che viene misurata non è direttamente la forza, ma la deformazione della molla contenuta nel dinamometro. Osserviamo tuttavia che la stessa situazione sperimentale ricorre anche in altri casi, ad esempio nella misura della temperatura (ciò che si misura in realtà è la dilatazione del mercurio) o della pressione (viene misurata l’altezza di una colonna di liquido).

Carattere vettoriale della forza

Ogni grandezza fisica che sia completamente descritta da un modulo, una direzione e un verso, si chiama grandezza vettoriale (e graficamente si rappresenta con una freccia di lunghezza proporzionale all’intensità della misura in esame). Ogni grandezza fisica completamente descritta invece dal solo valore numerico (ossia dal modulo) si chiama grandezza scalare. La temperatura, il volume, la massa sono esempi di grandezze scalari.

La forza è una grandezza vettoriale, ovvero è descritta da un punto di vista matematico da un vettore. Ciò significa che la misura di una forza, ovvero la sua intensità misurata in newton, rappresenta solo il modulo della forza, che per essere definita necessita anche della specificazione di un punto di applicazione (il punto del corpo dove la forza agisce), di una direzione (fascio di rette parallele) e di un verso (indicato dall’orientamento del vettore).

Poiché la forza è stata definita in base agli effetti misurabili che essa provoca, oltre al valore numerico che ne specifica l’intensità è indispensabile fornire di essa anche altri paramenti che sono la direzione (cioè la retta lungo la quale agisce), il verso (che può essere in un senso o in quello opposto) e il punto di applicazione.

Il carattere vettoriale della forza si manifesta anche nel modo in cui è possibile sommare le forze. Come è possibile verificare sperimentalmente, due forze F1 e F2 con lo stesso punto di applicazione ma direzioni diverse si sommano con la regola del parallelogramma (vedi figura a fianco). Ciò significa che se ad un corpo vengono

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I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

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leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

I corpi sottoposti a forze subiscono sempre deformazioni più o meno grandi.

Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

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leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane deformata.

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leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

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leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

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leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

muoverà lungo la direzione della diagonale del parallelogramma, come se ad esso fosse applicata solo la forza R, detta, appunto somma o risultante.

Riepilogo definizioni

Qui di seguito sono riportate alcune definizioni del termine “forza” presenti in testi di vario livello:

• “La forza è un concetto matematico che si esprime come la derivata rispetto al tempo della quantità di moto della particella e che a sua volta, è dovuta all’interazione della particella stessa con le altre. Descrive la rapidità di variazione della quantità di moto di una particella per effetto delle sue interazioni con altre particelle” (“Elementi di Fisica per l’Università” M. Alonso-E.Finn).

• “Se notate che la velocità di un corpo cambia o in valore assoluto o in direzione, sapete già che qualcosa deve aver causato quel cambiamento (accelerazione). Al di là della comune esperienza sappiamo che la variazione di velocità è da correlarsi a un’interazione tra il corpo e qualcos’altro che sta nelle vicinanze”

(Meccanica, Halliday-Resnick-Walker. Zanichelli).

• “Una forza è qualsiasi influenza capace di produrre una variazione dello stato di quiete o di moto di un corpo” (“La fisica e l’universo fisico” J. Marion, ed.

Zanichelli).

• “La forza è una grandezza vettoriale che influenza il moto e la deformazione dei corpi: con una possibile tecnica di misura e unità di misura” (“La fisica e i suoi modelli” Violino- Robutti, ed. Zanichelli).

• “un corpo in quiete in un sistema di riferimento prescelto conserva questa condizione finché una causa esterna non interviene a mutarla. Per definizione la causa esterna è chiamata forza” , “Forza non è solo la causa che fa passare dalla quiete al moto un corpo libero di muoversi ma anche quella che produce deformazione di un corpo vincolato” (“Physica”, Caforio- Ferilli, ed. Zanichelli).

• “Una forza può essere definita intuitivamente come una trazione o una spinta.

Quando appendiamo una giacca a un attaccapanni, quest’ultimo esercita una trazione verso l’alto sulla giacca. Se mettiamo una moneta sul palmo della mano, la moneta esercita sulla mano una spinta verso il basso. In questi casi la forza si esercita tra due corpi in contatto tra loro. D’altra parte, se lasciamo cadere la moneta, questa cade al suolo a causa della trazione che esercita su di essa quella forza che viene chiamata forza di gravità. Si tratta di un esempio di forza a distanza, cioè di una forza che agisce tra due oggetti anche quando questi non sono a contatto tra loro. A volte, come avviene nel caso della forza di gravità e della moneta che cade, le forze provocano un’accelerazione dei corpi su cui agiscono. Altre volte, le forze provocano un allungamento, compressione o comunque una deformazione dei corpi su cui agiscono. Tutte le forze sono vettori, hanno cioè, oltre a un’intensità, una direzione e un verso. Così, ad esempio, diciamo che la forza di gravità agisce secondo la verticale ed è diretta verso il basso. Anche se ciascuno di noi può richiamare alla mente centinaia di tipi diversi

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leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane

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Prendiamo una comune molla che aziona lo scatto di una biro. Se la tiriamo

leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si accorcia, e in parte plastico, perché rimane deformata.

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leggermente con le dita la sua lunghezza aumenta e rimane allungata fin quando la teniamo tesa. Quando la lasciamo questa si accorcia di nuovo. Se torna esattamente alla lunghezza iniziale vuol dire che il suo comportamento è perfettamente elastico. Se la tiriamo con una forza eccessiva notiamo che quando la lasciamo si accorcia ma rimane più lunga della lunghezza iniziale. In altri termini rimane una deformazione residua e quindi il comportamento della molla è in parte elastico, perché comunque si

di forze, i fisici distinguono solo quattro tipi fondamentali di forze.” (Fisica 1 Principi e problemi P. W. Zitzewitz-R. P. Neff, ed. McGraw-Hill 1992).

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