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Le intercettazioni ubiquitarie fra legalità e non dispersione della prova L T Q

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Academic year: 2021

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(1)

L

UDOVICA

T

AVASSI

Le intercettazioni ubiquitarie

fra legalità e non dispersione della prova

Per saggiare la tenuta del principio di legalità della prova si è presa in esame la controversa disciplina dell’art. 270 c.p.p. passando in rassegna i possibili significati attribuiti al logoro concetto di “diverso procedimento”.

Sull’argomento, di recente, è intervenuto anche il d.lgs. n. 216 del 2017, descrivendo, con l’introduzione dell’art. 270, comma 1-bis, c.p.p., una regola di esclusione dalle maglie più strette - «per la prova di reati diversi» - sebbene di portata limitata al caso in cui le operazioni siano avvenute per mezzo del captatore informatico su dispositivo elettronico portatile.

La riforma, inoltre, si è adoperata anche per la riscrittura del procedimento di acquisizione dei risultati delle captazioni, incentrando la selezione del materiale da trascrivere, a valle degli ascolti, sul parametro della “rilevanza”. Nell’ambito del diverso procedimento, queste nuove regole sollevano non poche perplessità, risultando lesive del diritto di difesa delle parti intervenute soltanto nella vicenda ad quem.

To test the legality principle’s estate, we have looked at controversial discipline of the art. 270 c.p.p. going through potential meanings about the worn concept of “different process”.

About it, recently, the legislative decree no 216 of 2017 introduced, with the art. 270, comma 1-bis, c.p.p., a more restrictive rule - «for the proof of different crime» - even though it shall apply just in the case where the operations took place using the trojan horse on a mobile device.

The reform rewrote also the acquisition proceeding of the evidence intercepted, focusing on the pa-rameter of relevance to do the selection of material to type out. As part of the different process, these new rules raise a lot of doubts about integrity of the right of defense damaged for the parties which have occurred just in the second trial.

SOMMARIO:1. Il diritto delle prove riplasmato dal judge made law - 2. La disciplina delle utilizzazioni dei risultati delle intercettazioni in altri procedimenti: l’art. 270 c.p.p., una norma sotto assedio. - 3. Le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 216 del 2017: un’amara considerazione sul nuovo art. 270, comma

1-bis c.p.p. - 4. Le ripercussioni delle nuove regole per la selezione del materiale da trascrivere sul diritto alla prova delle parti intervenute soltanto nella vicenda ad quem.

1. Il diritto delle prove riplasmato dal judge made law.

All’indomani dell’entrata in vigore del codice di procedura penale, la dottrina più attenta aveva apprezzato la rifondazione legislativa della disciplina delle prove, giungendo ad affermare che «il motto … “legalità della prova” esprime con proprietà ed efficacia l’impronta complessiva del nuovo codice»1

. Il rin-novato diritto delle prove risultava saldamente presidiato da una nuova e spe-cifica forma di invalidità, l’inutilizzabilità, coniata proprio per espungere dall’orizzonte conoscitivo del giudice «l’atto probatorio imperfetto in quanto disforme dal modello legale»2

.

1 M.N

(2)

pro-A distanza di quasi trent’anni, gli operatori della giustizia sembrano mostrare una certa insofferenza verso il principio di legalità della prova.

Per offrire esempi in cui questo atteggiamento “culturale” prende forma si potrebbero passare in rassegna gli innumerevoli casi di erosione giurispru-denziale dei limiti legali imposti all’ordine probatorio3

. Le distorsioni applica-tive, incanalate nel fiume carsico delle prassi devianti, difatti, sembran scorre-re al di sotto dei massimari della Cassazione verso nuove teorizzazioni di una flessibilità della prova giustificata dal superiore fine cognitivo.

Appare però preferibile scegliere un punto di osservazione più limitato, ma, al tempo stesso, particolarmente significativo, come quello rappresentato dall’art. 270 c.p.p.: una robusta disposizione, pensata dal legislatore per trac-ciare un preciso confine di utilizzabilità delle intercettazioni nei diversi proce-dimenti, fatta oggetto, nel corso degli anni, di consolidati indirizzi giurispru-denziali orientati a una sostanziale interpretatio abrogans ancorata sull’idea di fondo per cui si può considerare diverso soltanto quel procedimento che non sia legato «da una stretta connessione sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico»4

.

Con questa affermazione, la Corte di cassazione offre una visione funzionale del concetto di diverso procedimento, svuotando di significato la disciplina che ostacola la libera circolazione delle intercettazioni con l’effetto di relegare il divieto d’uso descritto a casi estremamente remoti ed infinitesimamente residuali. Alla luce della massima giurisprudenziale, è infatti difficile anche solo immaginare la portata applicativa dell’art. 270 c.p.p., dal momento che, se uno stesso elemento di prova può potenzialmente essere rilevante per due diverse vicende processuali, è giocoforza ritenere che le due, almeno sotto il punto di vista probatorio, abbiano in ogni caso un elemento di contatto. In quest’ottica, quindi, difficilmente un procedimento potrà mai ritenersi ab ori-gine o funzionalmente diverso, men che meno se la susseguente notitia

3

Sul concetto di ordine probatorio, v. il fondamentale studio diA.GIULIANI, Prova in generale: a) Filo-sofia del diritto, in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988, 526 ss.

4

Nella massima di Cass., Sez. III, 18 dicembre 2014, Sarantsev, in Mass. Uff., n. 261971 si legge che «in tema di intercettazione di conversazioni, ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall’art. 270, comma primo, c.p.p., nel concetto di “diverso procedimento” non rientrano le indagini strettamente connesse e collegate sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico al reato alla cui definizione il mez-zo di ricerca della prova viene predisposto, né tale nozione equivale a quella di “diverso reato”, sicché la diversità di procedimento deve essere intesa in senso sostanziale, non collegabile al dato puramente formale del numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato».

Della stessa opinione anche le più recenti Cass., Sez. III, 29 marzo 2018, Gallotti, inedita; Id., Sez. VI, 8 marzo 2018, Taverna, inedita; nonché Id., Sez. VI, 15 luglio 2015, Rosatelli, in Mass. Uff., n. 265004; Id., Sez. VI, 25 marzo 2010, Paviglianti, ivi n. 246524 e Id., Sez. III, 28 settembre 1995, Russo ed a., ivi

(3)

minis sia stata scoperta nel corso delle indagini su di una prima ipotesi di rea-to, magari pretestuosamente sussunta dal pubblico ministero in una fattispecie rientrante nel catalogo dell’art. 266 c.p.p. per ottenere un decreto autorizzati-vo altrimenti non concedibile5

.

Su quest’ultimo aspetto, la giurisprudenza, anche di recente6

, non ha mancato di ritenere che «ove le notitiae criminis riferite alle diverse figure di reato ab-biano origine nell’ambito dello stesso procedimento, ancorché diano luogo a distinte iscrizioni nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. ed alla germinazione di altri procedimenti, il richiamo all’art. 270 c.p.p. è fuorviante. La ratio della previsione contenuta al comma 1 di tale articolo è, infatti, quella di evitare l’utilizzazione circolare dei risultati delle operazioni di captazione, in violazio-ne dei presupposti di ammissibilità cui agli artt. 266 e 266 bis c.p.p. Ma una volta verificatane la sussistenza per le varie figure di reato cui esse sono riferi-te, la circostanza che dall’originario abbiano origine plurimi procedimenti non esplica alcuna rilevanza, dal momento che quello che la legge intende impedire è il trasferimento dei risultati delle operazioni tecniche dall’uno all’altro procedimento, i quali abbiano avuto autonoma e distinta origine»7

. D’altro canto, però, se questa argomentazione sembra fare salve le garanzie di cui agli artt. 266 e 266 bis c.p.p., volendo invece leggerla in combinazione con quell’orientamento giurisprudenziale, altrettanto consolidato, che ammette «la piena utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche anche relativa-mente ad altri reati che emergano nell’attività di captazione disposte per uno dei reati rientranti tra quelli indicati nell’art. 266 c.p.p., ancorché per essi le intercettazioni non sarebbero state consentite»8

, allora, deve ammettersi che

5

Su questo aspetto, commentando la recente riforma delle intercettazioni attuata ad opera del d.lgs. n. 216 del 2017, O.MAZZA,Introduzione, in Le nuove intercettazioni, a cura di O. Mazza, Torino, 2018, XV-XVI, ha osservato che «non si è intervenuti per garantire che l’addebito provvisorio formulato du-rante le indagini non sia strumentale all’impiego delle intercettazioni o all’applicazione del loro regime normativo differenziato. […] Il pubblico ministero non può essere il dominus assoluto di addebiti pre-liminari fantasiosi e cangianti, validi solo per giustificare, anche ex post, il ricorso massiccio alle intercet-tazioni in tutte le loro poliedriche forme tecnologiche. È intollerabile che la “contestazione a fini di intercettazione” possa svanire nel processo senza conseguenze sulla utilizzabilità delle prove acquisiste solo grazie ad evidenti forzature dell’ipotesi accusatoria compiute nel fluido contesto investigativo». 6

V. fra le altre Cass., Sez. V, p.m. in proc. Trani, 5 aprile 2018, in Mass. Uff., n. 272852.

7

Così testualmente nella motivazione di Cass., Sez. VI, p.m. in proc. La volla e altri, 16 febbraio 2015, in Mass. Uff., n. 262496, 3.

8

(4)

non esiste più alcuna barriera che impedisca il travaso di questi risultati di prova da un processo all’altro. Ogni qual volta che dalle intercettazioni si ap-prende la notizia di un altro reato, si acconsente a ritenere che si tratta di un medesimo procedimento e i limiti imposti, tanto per l’originaria autorizzazio-ne (art. 266 c.p.p.), quanto per il successivo trasferimento dei risultati (art. 270 c.p.p.), in questo modo, vengono irrimediabilmente travolti.

Ancora più indifferente al divieto legislativo è quell’ulteriore orientamento giurisprudenziale9

teso a ritenere utilizzabili i risultati delle intercettazioni ope-rate in diverso procedimento, ben al di là dei limiti letteralmente imposti dall’art. 270 c.p.p., purché sussista fra i due accertamenti «originaria identità formale»10

. Su queste basi, quando la notizia del nuovo reato e la relativa pro-va emergono nel corso delle intercettazioni disposte per altre ipotesi delittuo-se, non sussiste più alcun argine normativo, trattandosi sempre del medesimo originario procedimento, a prescindere dall’autonoma iscrizione e dal separa-to sviluppo procedimentale. In base a quest’ultima impostazione, l’unico an-gusto spazio di operatività riservato all’art. 270 c.p.p. sarebbe quello rappre-sentato dal caso di scuola della contemporanea pendenza autonoma dei due procedimenti e della casuale raccolta della prova del reato oggetto di accer-tamento nell’uno, nel corso dell’altro parallelo procedimento.

Cionondimeno, l’approdo a cui giunge la giurisprudenza, in tutti i suoi varie-gati indirizzi, è, come detto, sempre il medesimo, ossia l’abrogazione tacita della disciplina dettata dall’art. 270 c.p.p., un limite legale considerato

Sarra Fiore, ivi n.254056; Id., Sez. VI, 8 giugno 2012, Maggioni, ivi n. 252870. 9

Si vedano, fra le tante, Cass., sez. V, 5 aprile 2018, n. 15288 in Diritto e giustizia, ed. on-line del 6 aprile 2018, 1; Id., Sez. VI, 30 marzo 2018, Goglia Calabrese, inedita; Id., Sez. V, 16 marzo 2018, Ga-gliano, cit.; Id., Sez. VI, 8 marzo 2018, Taverna, cit.; Id., Sez. VI, 8 marzo 2018, Nusco, inedita; Id, Sez. VI, 26 aprile 2017, P. e altro, in Mass. Uff. n. 270431; Id., Sez. V, sent. n. 26817, 28 giugno 2016,

ivi n. 267889; Id., Sez. II, 23 febbraio 2016, De Angelis, cit.; Id., Sez. VI, 14 ottobre 2015, Rosatelli e altro, ivi n. 265004; Id., Sez. IV, 13 luglio 2015, Della Rocca e altri, cit.; Id., Sez. III, 21 gennaio 2016, Pulvirenti e altri, ivi n. 266423; Id., Sez. V, 24 giugno 2015, Catanzaro e altri, ivi n. 264001; Id., Sez. II, 13 maggio 2015, Vassallo, ivi n. 263527; Id., Sez. III, 18 dicembre 2014, Sarantsev, cit.; Id., Sez. VI, 16 febbraio 2015, P.m. in proc La volla, ivi n. 262496; Id., Sez. II, 23 gennaio 2014, Costa, ivi n. 258591; Id., Sez. II, 24 ottobre 2013, Bianco e altri, ivi n. 257834; Id., Sez. IV, 25 marzo 2010, Paviglianti, cit. 10

Nella motivazione di Cass., Sez. VI, 20 settembre 2017, Comini, inedita, 3 si osserva che «l’art. 270 c.p.p. riguarda solo il caso di procedimenti originariamente distinti. La questione dell’identità sostanzia-le e, per converso, quella della non identità sostanziasostanzia-le si pone soltanto quando manca l’originaria iden-tità formale dei procedimenti; non si può porre, invece, stante il disposto dell’art. 270, comma 1, c.p.p., quando vi sia originaria identità formale. Se una attività di intercettazione è stata legittimamente autoriz-zata all’interno di un procedimento concernente uno dei reati di cui all’art. 266 c.p.p., i suoi esisti sono utilizzabili, anche, senza alcun limite, per tutti gli altri reati relativi al medesimo procedimento che emergano dall’attività di captazione pur se per essi le intercettazioni non siano consentiti».

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temente d’ostacolo alla cognizione, come tale da eliminare in via interpretati-va. Le garanzie a tutela dei principi sanciti dall’art. 15 Cost., nonché dall’art. 8 § 2 Conv. eur. dir. uomo, di cui questa disposizione dovrebbe rappresentare uno dei presidi nel processo penale11

, allora, sbiadiscono fra le ombre di un diritto giurisprudenziale teso ad accaparrarsi ogni elemento probatorio utile all’efficienza del risultato, in spregio delle ragioni di stretta legalità sancite, ol-tretutto, nell’art. 111 comma 1 Cost.

La recente riforma in materia di intercettazioni, attuata ad opera del d.lgs. n. 216 del 29 dicembre 2017, ha sfiorato solo marginalmente di questi temi, in-troducendo il nuovo art. 270 co. 1-bis c.p.p. che trova limitata applicazione per i soli risultati delle intercettazioni fra presenti operate con captatore in-formatico installato su dispositivo elettronico portatile. La conoscenza così acquisita non può essere utilizzata «per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione», salvo il caso in cui si debba accertare un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza12

. Il criterio discretivo adottato è certamente più preciso e restrittivo: la diversità del reato non lascia spazio alle argomentazioni finora sviluppate dalla Cassa-zione per neutralizzare la diversità del procedimento. Il divieto probatorio sembra essere ben più robusto, almeno in attesa del prevedibile lavorio giuri-sprudenziale volto a limarne l’asprezza.

Ciononostante, si rileva fin da subito che questa implementazione delle ga-ranzie si espone troppo facilmente ad un’amara considerazione. La scelta le-gislativa di imporre il criterio più rigoroso solo per le intercettazioni operate con il captatore informatico finisce, implicitamente, per riconoscere che la disciplina di tutte le altre intercettazioni rimane esposta alle interpretazioni abrogatici appena descritte.

11

Su questo tema si richiama la storica pronuncia della Corte cost., sent. n. 34 del 1973, in Giur. Cost., 1973, 316 con nota di V.GREVI,Insegnamenti, moniti e silenzi della Corte costituzionale in tema di intercettazioni telefoniche, secondo cui «nella norma del capoverso dell’art. 15 Cost. trovano protezione due distinti interessi; quello inerente alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni riconosciuto come connaturale ai diritti della personalità definiti inviolabili dall’art. 2 Cost. e quello connesso di prevenire e reprimere i reati, vale a dire ad un bene anch’esso oggetto di protezione costituzionale».

12

Sul nuovo art. 270 comma 1-bis c.p.p., fra i primi commenti, v., per tutti, P.BRONZO,Intercettazione ambientale tramite captatore informatico: limiti di ammissibilità, uso in altri processi e divieti probatori,

in Nuove norme in tema di intercettazioni. Tutela della riservatezza, garanzie difensive e nuove tecnolo-gie informatiche, a cura di G. Giostra e R. Orlandi, Torino, 2018, 261 ss.; F.CASSIBBA,La circolazione

delle intercettazioni “tra archivio riservato” e “captatore informatico”, cit., 163 ss.; L. FILIPPI, Intercetta-zioni: una riforma complicata e inutile, in Dir. pen. proc., 2018, n. 3, 303; N.GALANTINI,Profili di inutilizzabilità delle intercettazioni anche alla luce della nuova disciplina, in

www.penalecontemporaneo.it; O.MAZZA,Amorfismo legale e adiaforia costituzionale nella nuova di-sciplina delle intercettazioni, in Proc. pen. giust., 2018, 683 ss.; D.PRETTI,Prime riflessioni a margine

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2. La disciplina dell’utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in altri pro-cedimenti: l’art. 270 c.p.p., una norma sotto assedio

L’approccio giurisprudenziale all’art. 270 c.p.p. svela come troppo spesso, nel processo penale, le regole che favoriscono la caccia prevalgono sui diritti della preda13

. Nel gioco dei bilanciamenti fra valori contrastanti, si consente che l’interesse pubblico ad accertare i reati e ad assicurare alla giustizia coloro che ne dovessero risultare responsabili prevalga sui diritti fondamentali delle per-sone sottoposte a processo14

. Siamo, con tutta evidenza, agli antipodi di un sistema garantista che si vorrebbe, per di più, ispirato alle regole accusatorie del giusto processo.

13 Si vuole parafrasare la celebre espressione di F. C

ORDERO, Diatribe sul processo accusatorio (1964), in ID., Ideologie del processo penale, Milano, 1966, 220 secondo cui «la caccia vale più della preda e cioè il modo in cui si agisce conta più del risultato».

14

In generale, su questo tema, R.ORLANDI,La riforma del processo penale fra correzioni strutturali e tutela “progressiva” dei diritti fondamentali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2016, 1155 osserva che «i diritti fondamentali dovrebbero essere oggetto di tutela “progressiva” non solo nel senso di un loro opportuno adeguamento all’evoluzione tecnologica e alle sfide del tempo, ma altresì per il fatto di trovarsi in rap-porto di costante tensione con l’esigenza - anch’essa di rango costituzionale - di un efficace persegui-mento dei reati. Il bilanciapersegui-mento fra le due esigenze in contrasto è comprensibilmente esposto ai mute-voli umori della politica. Accade così che tra i diritti di libertà subiscano compressioni significative in corrispondenza di fenomeni criminosi percepiti come allarmanti. […] Nella disciplina delle intercetta-zioni telefoniche, in presenza di una normativa come quella scritta negli artt. 266-271, passibile di fon-date critiche alla luce del principio di proporzionalità, è certamente censurabile la scarsa tutela che l’art 269 appresta a persone vulnerate nella loro riservatezza: il criterio di proporzione in senso stretto do-vrebbe imporre al legislatore di minimizzare i danni individuali che l’attività investigativa comporta». In chiave parzialmente diversa, con specifico riferimento alla recente novella, O.MAZZA,Amorfismo

legale e adiaforia costituzionale nella nuova disciplina delle intercettazioni, cit., 684 ha affermato che «il dato che più sconcerta è proprio il difetto genetico di aver posto in indebito bilanciamento di valori l’inviolabile diritto di difesa e l’interesse alla tutela della privacy di soggetti estranei alla vicenda proces-suale. Il diritto di difesa è un principio costituzionale rafforzato dalla clausola di inviolabilità in ogni stato e grado del procedimento. Lo stesso art. 24, co. 2, Cost. non prevede possibili limitazioni alla difesa, a differenza di altri diritti costituzionali, a partire dalla segretezza delle comunicazioni che il legi-slatore può circoscrivere».

Affrontando proprio il tema dell’inutilizzabilità delle intercettazioni in diverso procedimento, E.L O-RENZETTO, L’intercettazione-corpo di reato e la breccia nel recito dell’utilizzabilità, in

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A ben vedere, il tenore letterale dell’art. 270 c.p.p. impone un categorico di-vieto d’uso dei risultati acquisiti mediante intercettazione in altri procedimen-ti, derogando eccezionalmente a tale regola d’esclusione soltanto nei casi in cui sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza per il reato oggetto del pro-cedimento ad quem. La disposizione dovrebbe muoversi, quindi, nel doppio intento di salvaguardare, da un lato, la libertà e la segretezza delle conversa-zioni e dall’altro, di garantire, in caso di una loro limitazione, che ciò avvenga soltanto per atto motivato nel quale possano riscontrarsi l’osservanza dei pre-supposti e dei limiti fissati dalla legge15

.

Tuttavia, il grimaldello impiegato per scardinare le garanzie è stato trovato proprio nella presunta interpretazione “sistematica” dell’espressione «in di-versi procedimenti», operata dalla giurisprudenza senza tener conto che la ratio sottostante alla perentorietà letterale del divieto di circolazione delle in-tercettazioni è orientata proprio ad ostacolare con fermezza la disinvolta uti-lizzazione extra moenia di queste prove16

, salvaguardando non solo le regole probatorie di garanzia assiologicamente orientate alla tutela di tutti i soggetti coinvolti nel processo, ma anche il più ampio valore della riservatezza17

che il legislatore ha voluto tutelare, anche di recente18

, con vigore.

15

Sul punto, Corte cost. sent. n. 366 del 1991, in Foro it., 1992, I, 3257 con nota di G.G. DE G REGO-RIO, Diritti inviolabili dell’uomo e limiti probatori nel processo penale, ha affermato che «se si ammet-tesse una utilizzazione senza limiti dell’intercettazione autorizzata si trasformerebbe l’intervento del giudice in un’inammissibile autorizzazione in bianco, con conseguente lesione della “sfera privata” lega-ta alla garanzia della libertà di comunicazione e al connesso di riservatezza».

16

Del resto, l’atteggiamento della giurisprudenza rispetto al portato dell’art. 270 c.p.p. è sempre stato piuttosto insofferente: non a caso per ben due volte esso è stato sottoposto al vaglio della Corte costitu-zionale che si è pronunciata però sconfessandone l’illegittimità tanto in Corte Cost., sent. n. 366 del 23 luglio 1991, cit., quanto poco dopo in Corte Cost., sent. n. 63 del 24 febbraio 1994, in Cass. pen., 1994, 1477.

17

La riservatezza costituisce un diritto inviolabile dell’uomo in quanto, secondo G.GIACOBBE, Riserva-tezza (diritto alla), in Enc. dir., XL, Milano 1989, 1253, rappresenta «l’espressione (necessaria) della rilevanza costituzionale che la persona ha acquisito nel sistema ella Costituzione». In generale, sull’argomento v. anche A.BEVERE-A.CERRI,Il diritto di informazione e i diritti della persona, Milano, 1995, 49-53 e 136-143; F.BRICOLA, Prospettive e limiti della tutela penale della riservatezza, in Riv. it.

dir. e proc. pen., 1967, 1083-1090; A.CATAUDELLA,Riservatezza (diritto alla), in Enc. giur. Treccani,

XXVII, Roma, 1991, 4; G.ILLUMINATI, La disciplina processuale delle intercettazioni, Milano, 1983, 3-6; G.MARTINOTTI,La difesa della “privacy”, in Pol. dir., 1971, 749 ss.; O.MAZZA,Il Giusto processo tutela anche la riservatezza, in Dir. pen. proc., 1997, n. 9, 1040 ss.; G.MORSILLO,La tutela penale del diritto alla riservatezza, Milano, 1966, 45 ss.; S.RODOTA’,La «privacy tra individuo e collettività, in Pol.

dir., 1974, 545 ss.; G.UBERTIS-V.PALTRINIERI, Intercettazioni telefoniche e diritto umano alla priva-tezza nel processo penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1979, 605-607.

18 Per alcune osservazioni sullo stato attuale di questo tema, nel più circoscritto contesto delle intercetta-zioni, v., fra gli altri, S.BUZZELLI, Le nuove intercettazioni tra selettività arbitraria e ridimensionamento delle garanzie difensive, in MediaLaws - Riv. dir. Media, 2018, n. 2, 2; A.CAMON,Il diritto alla privacy

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Andando al cuore del problema, va osservato che, sebbene esistano defini-zioni normative di «procedimento connesso» (art. 12 c.p.p.) e di «procedi-mento collegato» (art. 371, comma 2, lett. b) e c) c.p.p.), non si rinvengono nel sistema codicistico descrizioni altrettanto esplicite e univoche dei concetti di «medesimo procedimento» o di «diverso procedimento»19

. Parte della dottrina20

ha ritenuto che i riferimenti normativi per operare un giudizio di identità dei procedimenti possano rintracciarsi nell’art. 335 c.p.p.21

. Da tale disposizione dovrebbe desumersi che i parametri descrittivi della

2017, n. 2, 639; F.CAPRIOLI,Tutela della privacy e vaglio dibattimentale di rilevanza delle

comunica-zioni intercettate, in Giur. cost., 2012, fasc. 6, 4097; C.CONTI,La riservatezza delle intercettazioni nella delega “Orlando”, in Dir. pen. cont. - Riv. trim., 2017, n. 3, 82; F.DINACCI,Intercettazioni e

riservatez-za tra ampliamenti della disciplina, inconcludenze operative e restrizioni difensive, in Le nuove intercet-tazioni, cit., 27 ss.;D.FERRANTI,Intercettazioni e pubblicità: un nuovo equilibrio tra diritto alla privacy e libertà di informazione, in Cass. pen., 2018, fasc. 2, 469; L.FERRARELLA,Il “giro della morte”: il

gior-nalismo giudiziario tra prassi e norme, in Dir. pen. cont. - Riv. trim., 2017, n. 3, 4 ss.; L. FILIPPI, Inter-cettazioni: una riforma complicata e inutile, cit., 294; S.FURFARO,Intercettazioni: il sistema, la riforma e

l’Europa, in questa Rivista, Speciale riforme, 2018, 14; A.GAITO-S.FURFARO, Intercettazioni: esigenze di accertamento e garanzie della riservatezza, inI principi europei del processo penale, a cura di A. Gaito, Roma, 2016, 363; L.GIULIANI,Intercettazioni, tutela della riservatezza e procedimento de liber-tate,in Nuove norme in tema di intercettazione, cit., 31 ss.; D.STASIO,Intercettazioni, torna la norma contro il “mercato nero” della notizia, in Quest. giust., ed. on-line; G.P.VOENA, Processo penale e

mezzi di comunicazione: un instabile stato dell’arte, in Proc. pen. e giust., 2017, n. 6, 1113 ss. 19

Di quest’opinione è G.G.DE GREGORIO,Brevi considerazioni in margine ai concetti di «stesso proce-dimento» e di «procedimento diverso» ai fini dell’utilizzabilità dibattimentale del contenuto degli inter-rogatori, in Cass. pen., 1991, 12, 1001-1002.

Più in generale sull’argomento, fra i tanti. cfr. G.DI CHIARA,Note in tema di circolazione di atti

investi-gativi e probatori tra procedimenti diversi, in Foro it., 1992, II, 78 ss.; P.FELICIONI,L’utilizzazione delle prove acquisite in altro procedimento penale: problema interpretativo o necessità di intervento legislati-vo?, in Cass. pen., 1992, 1829; M. NOBILI,La nuova procedura penale, Lezione agli studenti, Bologna 1989, 301; N.ROMBI,La circolazione delle prove penali, Padova, 2003, 67; A.SCELLA,Tutela del con-traddittorio e utilizzazione della prova formata in altri procedimenti, in Il giusto processo tra contraddit-torio e diritto al silenzio, a cura di R.E. Kostoris, Torino, 2002, 92; F.ZACCHÈ,La prova documentale,

in Trattato di procedura penale, diretto da G. Ubertis e G.P. Voena, Milano, 2012, 124 ss. 20 V. ancora G.G.D

E GREGORIO,Brevi considerazioni in margine ai concetti di «stesso procedimento» e

di «procedimento diverso» ai fini dell’utilizzabilità dibattimentale del contenuto degli interrogatori, cit., 1002.

21

Su questa impostazione si segnalano i rilievi critici di R.CANTONE,L’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in «procedimenti diversi», in Cass. pen., 1997, 1444, secondo il quale, «a parte la considera-zione che l’articolo non ha alcuna presunconsidera-zione di fornire una definiconsidera-zione così impegnativa, le conse-guenze che si vorrebbero far derivare, quantomeno ai fini della discussione, sono difficilmente accetta-bili. Ed infatti alla luce di quanto sostenuto vi è un ‘procedimento diverso’ quando emerge un (ulterio-re) indagato prima non noto. È un’affermazione che non è stata proposta nemmeno dai teorici più rigorosi che hanno studiato l’argomento e che contrasta con la stessa normativa in tema di intercettazio-ni. Questa prevede quale condizione per poter ottenere l’autorizzazione del g.i.p., i ‘gravi indizi di reato’ (art. 267, comma 1, c.p.p.) e prescinde assolutamente dal fatto che vi sia un indagato». Nello stesso senso, G.SANTALUCIA,Stesso procedimento e pluralità di reati nella disciplina delle intercettazioni

(9)

versità del procedimento siano costituiti dalla diversità dell’iscrizione ossia dall’indicazione del reato e della persona alla quale lo stesso è attribuito, dalla data di commissione e dal numero progressivo di iscrizione. Tuttavia, la nor-ma in questione, regolando il momento genetico del procedimento, può semplicemente fornire indicazioni preliminari in grado di descrivere embrio-nalmente «un’informale “ipotesi di imputazione”, la cui caratteristica risiede nella “relatività” rispetto all’imputazione definitiva»22

.

Ciononostante, nei contenuti della notizia di reato resta un nocciolo duro, ossia la descrizione degli elementi strutturali del fatto storico23

che, sebbene, appunto, allo stato primordiale, devono presentarsi in una fase di sviluppo tale da esser sostenuti dai gravi indizi di reato per ottenere l’autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione, come richiesto dall’art. 267 comma 1 c.p.p.

Dunque, si potrebbe concludere che la diversità del procedimento vada rap-portata alla notizia di reato per cui le intercettazioni sono disposte. Se così fosse, la previsione dell’art. 270 c.p.p. potrebbe avere una corretta espansione applicativa.

Una parte della giurisprudenza, evidentemente condividendo questa conclu-sione, si è orientata per ritenere che la nozione di “diverso procedimento” vada ancorata «all’esistenza [o meno] di una connessione tra il contenuto del-la originaria notizia di reato, per del-la quale sono state disposte le intercettazioni, ed i reati per i quali si procede sotto il profilo oggettivo, probatorio o

22

Così A. MARANDOLA, I registri del pubblico ministero. Tra notizia di reato ed effetti procedimentali,

2001, Padova, 152. Sul tema, fra gli altri, v. P.NUVOLONE,Contributo alla teoria della sentenza istrutto-ria, Padova, 1969, 278; V. PERCHINUNNO,(voce) Imputazione (capi di), in Enc. giur., vol. XVI, Roma, 1989, 1; L.SANSÒ, La correlazione tra imputazione contestata e sentenza, Milano, 1953, 204; A.S AN-TORO,Imputazione (dir. proc. pen.), in Noviss. Dig. It., vol. VIII, Torino, 1962, 462.

23

Sull’argomento, per ben più ampi cenni, v. A. MARANDOLA, I registri del pubblico ministero. Tra notizia di reato ed effetti procedimentali, cit., 152 ss.

Invece, F.CASSIBBA,La circolazione delle intercettazioni “tra archivio riservato” e “captatore

informati-co”, cit., 171, nota 34, àncora questo parametro all’art. 335, comma 2 c.p.p., spiegando che se «il pub-blico ministero deve aggiorna[re] le iscrizioni ex art. 335, comma 2, c.p.p. non appena emergano i pre-supposti, con riguardo alla qualificazione giuridica o alle circostanze fattuali: il riferimento, da parte dell’art. 335, comma 2, c.p.p., ad un fatto ‘diversamente circostanziato’ allude certamente all’emersione di circostanze de reato in senso tecnico, ma è stato reputato idoneo a coprire pure ogni variazione delle coordinate spaziali e temporali della condotta all’elemento psicologico, nonché al grado dell’evento. Invece quando vengono in gioco elementi idonei a giustificare la variazione della condotta e dell’eventuale oggetto fisico, deve procedere a una nuova iscrizione».

Più in generale sul tema, fra gli altri, cfr. R.APRATI,La notizia di reato nella dinamica del procedimento penale, Napoli, 2010, 160; F.CAPRIOLI,Indagini preliminari e udienza preliminare, in Compendio di

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co»24

. Questa massima sposta opportunamente il focus sul fatto25

- il contenuto della notizia di reato - destinato a divenire, con i dovuti aggiustamenti, oggetto di imputazione, superando così quel diverso orientamento già menzionato che ha invece usato come discrimine l’indefinito concetto di “indagini” da cui discende la sostanziale elusione del giudizio sull’identità dei procedimenti. Il giudice ad quem, allora, adottando una nozione sostanziale della medesi-mezza, dovrebbe essere chiamato a valutare se il reato sotto accertamento, per il quale non sono state originariamente autorizzate le intercettazioni, pre-senti un qualche punto di contatto con l’oggetto dell’accertamento a quo in base ai presupposti fissati dall’art. 17 c.p.p., in modo da stabilire, secondo legge, se ci si trovi o meno nel medesimo procedimento.

Alle oscillazioni della giurisprudenza corrispondono altrettante incertezze dottrinali, forse inevitabili considerata la complessità che da sempre connota la tematica in esame26

.

24 Così secondo Cass., Sez. un., 23 luglio 2014, Floris e altri, cit. Quest’indirizzo si è consolidato ad ope-ra delle numerose pronunce di uguale orientamento, fope-ra cui, Cass., Sez. IV 11 gennaio 2018, Amico Liborio, inedita; Id., Sez. V, 28 ottobre 2016, Damiani De Paula e altro, cit.; Id., Sez. III, 21 gennaio 2016, Pulvirenti e altri, cit.; Id., Sez. V, 20 gennaio 2015, Catanzaro e altri, cit.; Id., Sez. VI, 27 novem-bre 2012, Filippi e altri, in Mass. uff. n. 254285.

25 Non si sottovaluta che il termine “fatto” rappresenti un’espressione dai significati cangianti. In questa occasione si ritiene che possa risultare calzante la definizione offerta da F.CORDERO,Considerazioni sul principio di identità sul fatto, in Riv. it. dir. proc. pen., 1958, 940 secondo cui «prospettive netta-mente diverse [sono] quelle a cui non può non fare riscontro una correlativa alterità di concetti di «fat-to», che valgono rispettivamente sul terreno del diritto sostanziale e su quello del processo: nel secondo confluiscono, oltre alle note descrittive previste dal modello legale (azione od omissione, rapporto cau-sale, evento, condizioni di punibilità, dolo o colpa), quelle altre (in sé e per sé giuridicamente irrilevan-ti), il cui accertamento rappresenta un passaggio obbligato dell’indagine intesa a cogliere l’«avvenimento» nella sua tipicità storica: tempo, luogo, strumento, oggetto materiale proiezione sogget-tiva della condotta. Ogni ulteriore dettaglio sarebbe sovrabbondante, giacché il processo mira ad identi-ficare un episodio, più che ad attuarne una calligrafica descrizione: può darsi però che si tratti di ele-menti che integrano una fattispecie aggravante, ed in tal caso scatta il congegno previsto dall’art. 445 c.p.p. […] Il «fatto» costituente oggetto del processo, insomma, è il complesso dei requisiti minimi (sen-za i quali cioè l’identificazione sarebbe impossibile o monca), che concorrono a profilare sul piano storiografico un certo avvenimento, nel quale si assume che ricorrono gli estremi previsti da un’ipotesi normativa».

In generale, invece, nell’ampia produzione dottrinale sull’argomento, cfr., fra gli altri, G.FIANDACA,

Fatto nel diritto penale, in Dig. Pen., vol. V, Torino, 1991, 153; G.GUARNIERI,Regiudicata (diritto processuale penale), in Noviss. Dig. it., vol. XV, Torino, 1968, 231; A.PAGLIARO, Fatto (dir. proc. pen.), in Enc. dir., vol. XVI, Milano, 1967, 962; G.UBERTIS, Fatto e valore nel sistema probatorio pe-nale, Milano, 1979, passim.

26

(11)

Un orientamento piuttosto risalente, a costo di incorrere nel rischio di qual-che eccessiva semplificazione, ha sostenuto qual-che il procedimento deve ritenersi unitario nel caso di cumulo delle res iudicandae e diverso nell’ipotesi di sepa-razione27

. Questa interpretazione, solo formalmente fedele al dato letterale del primo comma dell’art. 270 c.p.p., sul piano funzionale non ha tenuto conto di due aspetti critici. Il primo, per cui nel corso delle indagini preliminari, do-ve generalmente do-vengono autorizzate le operazioni d’ascolto, è rimessa alla piena discrezionalità del pubblico ministero l’assunzione dei provvedimenti di riunione o di separazione. Dunque, ben prima che la contestazione del reato risulti cristallizzata nelle forme dell’imputazione, l’organo dell’accusa avrebbe buon gioco per accorpare le indagini, benché vertenti su fatti diversi, offrendo la possibilità, in sede di giudizio, di ritenerle ab origine relative allo stesso procedimento28

. Difatti, sotto lo stesso numero di iscrizione della notizia di reato possono tranquillamente accorparsi ipotesi di reato diverse, come nel caso delle indagini che si ritengono collegate quando la prova di più reati de-riva, anche parzialmente, dalla stessa fonte di prova (art. 371 comma 2 lett. c c.p.p.), pur non potendo tale collegamento sfociare successivamente nel si-multaneus processus ai sensi dell’art. 17 c.p.p. In secondo luogo, anche se così non fosse e i procedimenti venissero poi trattati davanti al medesimo giudice, questa lettura sarebbe sospettata di incostituzionalità per contrasto con l’art. 3 Cost., dal momento che situazioni identiche potrebbero subire un

Al riguardo, v. F. DE LEO,Vecchio e nuovo in materia di intercettazioni telefoniche riguardanti reati

non previsti nel decreto di autorizzazione, in Foro it., 1986, 2, 23; V.GREVI,Insegnamenti, moniti e silenzi della Corte costituzionale in tema di intercettazioni telefoniche, cit., 332; nonché, sui lavori pre-paratori della legge menzionata, V.DI CIOLO-P.MUCCIO,L’intercettazione telefonica e il diritto alla

riservatezza, Milano, 1974, passim.

Invece, per quanto riguarda i lavori preparatori all’attuale codice, in riferimento all’art. 270 c.p.p. in

Rel. Prog. prel. c.p.p. 1988, in G. CONSO-V.GREVI-G.NEPPI MODONA,Il nuovo codice di procedura penale. Dalle leggi delega ai decreti delegati, IV, Padova, 1990, 680 si afferma semplicemente che l’articolo «disciplina l’utilizzazione delle intercettazioni in processi diversi da quelli per cui esse sono state autorizzate, utilizzazione che il Progetto del 1978 aveva escluso e la delega (direttiva 41 lettera a) ripristinato. Tale utilizzazione è ammessa solo se i risultati delle intercettazioni siano indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza».

27

Sul tema si sono espressi P.F. BRUNO, (voce) Intercettazioni di comunicazioni o conversazioni, in Dig. disc. pen., vol. VII, Bologna, 1993, 203; F. DE LEO,Vecchio e nuovo in materia di intercettazioni tele-foniche riguardanti reati non previsti nel decreto di autorizzazione, cit., 24 ss.; P. PISA,(voce) Intercetta-zioni telegrafiche e telefoniche, (diritto penale), in Enc. giur. Treccani, vol. XVIII, 1989, 5; G.ROSSI, I

presupposti delle intercettazioni telefoniche, in Riv. it. dir. proc. pen., 1987, 604. 28

Per ben più ampi cenni critici a questa impostazione, si v. P.F.BRUNO, (voce) Intercettazioni di co-municazioni o conversazioni, cit., 203; R.CANTONE,L’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in

«procedimenti diversi», in Cass. pen., 1997, 1443. Con riguardo alla criminalità organizzata, cfr. V. MAFFEO,Intercettazioni e indagini in materia di criminalità organizzata: spunti critici sull’insufficienza

(12)

trattamento diverso a seguito di un evento fortuito come la riunione o la sepa-razione dei procedimenti, evenienza «puramente casuale»29

.

Nel tentativo di superare le obiezioni appena ricordate, si è ritenuto che all’espressione di “diverso procedimento” il legislatore volesse attribuire il significato di “reato diverso”30

. In quest’ottica, risulterebbe del tutto irrilevante che le ipotesi di reato sotto accertamento fossero trattate cumulativamente o separatamente, risultando “ontologicamente” diverse, con la conseguenza che le intercettazioni autorizzate e disposte per il primo reato sarebbero sempre inutilizzabili per la prova del secondo, salvo i casi in cui si tratti di delitto per il quale sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Quindi, il divieto in questione non verrebbe meno nemmeno nell’ipotesi in cui il reato, scoperto successivamente, dovesse presentare dei punti di connessione o di collega-mento con l’originaria vicenda in cui era intervenuto il decreto autorizzativo. Tuttavia, il virtuosismo garantista che sorregge questa visione finirebbe per pregiudicare, forse eccessivamente, la finalità cognitiva del processo: si pensi al caso in cui le due distinte regiudicande, rientrando nei casi di riunione di cui all’art. 17 c.p.p., fossero giudicate congiuntamente con la necessità di una macchinosa selezione dei materiali utilizzabili per due vicende fra loro stret-tamente interconnesse.

29

In tal modo lo definisce P.F.BRUNO, (voce) Intercettazioni di comunicazioni o conversazioni, cit., 203. Analogamente, R. CANTONE,L’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in «procedimenti diversi», cit., 1443; F.NUZZO,Sull’acquisizione ex art. 507 c.p.p. di intercettazioni telefoniche disposte in altri procedimenti, in Cass. pen., 2003, 2799.

30

In questo senso, P. BALDUCCI,Le garanzie nelle intercettazioni tra Costituzione e legge ordinaria,

Milano, 2002, 183;A.BARGI, Intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, in Dig. disc. pen., agg. V, 2005,803;M. CIAPPI,Limiti all’utilizzabilità delle intercettazioni provenienti aliunde, in Dir. pen.

proc., 1996, 1244; G. ROSSI,I presupposti delle intercettazioni telefoniche, in Riv. it. dir. proc. pen.,

1987, 604; F.RUGGIERI,Divieti probatori e inutilizzabilità nella disciplina delle intercettazioni

telefoni-che, Milano, 2001, 102;G.DI CHIARA,Note in tema di circolazione di atti investigativi probatori tra procedimenti diversi, cit., c. 77; L.FILIPPI,(voce) Intercettazioni telefoniche (dir. proc. pen.), in Enc. dir., Agg. VI, 2002, 566; ID.,L’intercettazione di comunicazioni, Milano, 1997, 181-182.

Sotto la vigenza del codice del 1930, cfr. V.GREVI,La nuova disciplina delle intercettazioni telefoniche,

Milano, 1979, 76; G.ILLUMINATI, La disciplina processuale delle intercettazioni, cit., 167 ss.; A. T EN-CATI,Profili esecutivi delle intercettazioni telefoniche, in Riv. pen., 1986, 662.

(13)

In ultimo, sulla scorta di quest’ultima osservazione, una parte della dottrina ritiene utilizzabili anche aliunde i risultati delle intercettazioni ogni qual volta la res iudicanda sia suscettibile di essere trattata congiuntamente con quella originaria, sulla base dei potenziali presupposti che orientano la riunione dei processi, prescindendo dalla circostanza che l’autorità giudiziaria abbia effetti-vamente disposto il cumulo31

. Questa impostazione, ricalcata sul concetto giu-risprudenziale della medesimezza sostanziale, postula che il significato dell’espressione “diverso procedimento”, di cui al primo comma dell’art. 270 c.p.p., vada ricercato nel secondo e nel terzo comma della stessa norma. In-fatti, l’aver previsto che i verbali e le registrazioni delle intercettazioni debba-no essere depositati «presso l’autorità competente per il diverso procedimen-to»32

svelerebbe che in ogni caso la separazione dei procedimenti non deter-mina l’alterità dei due accertamenti e, dunque, l’inutilizzabilità della prova formatasi attraverso le intercettazioni.

Più precisamente, laddove venisse chiesta l’acquisizione delle trascrizioni del-le intercettazioni neldel-le forme della perizia, nel diverso procedimento formal-mente instaurato di fronte ad un altro giudice, quest’ultimo avrebbe il compi-to di accertare se il reacompi-to su cui dovrà pronunciarsi rientri nel catalogo dei de-litti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Se così non fosse, invece, potrebbe acquisire quei dati e dunque utilizzarli per la sua decisione

31

Così secondo R.CANTONE,L’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in «procedimenti diversi»,

cit., 1445 secondo cui «se si fosse voluto sancire l’inutilizzabilità per reati diversi da quelli contenuti nell’autorizzazione del g.i.p. non avrebbe avuto proprio ragione il richiamo al concetto di «procedimen-to», risultando sufficiente il riferimento ai reati diversi (sarebbe bastato dire: le intercettazioni non sono utilizzabili per reati diversi da quelli per i quali è intervenuta l’autorizzazione, tranne che si tratti di delit-ti per cui è obbligatorio l’arresto in flagranza). E del resto è stato fatto notare che i commi 2 e 3 della disposizione dimostrano che il legislatore, con l’art. 270 c.p.p. voleva riferirsi ad un procedimento au-tonomo e non ad un reato ulteriore». Della stessa opinione sono anche E.APRILE,Intercettazioni di comunicazioni, in Trattato di procedura penale, a cura di A. Scalfati, 2, Tomo I, 520 ss.; A.I NNOCEN-TI,Le Sezioni Unite aprono all’utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni disposte in “diverso

proce-dimento”, in Dir. pen. proc., 2014, 1454; D. POTETTI, L’articolo 270 del codice di procedura penale

fra tutela della segretezza ed esigenza di conservazione della prova, in Riv. pen., 1993, 787 ss.; T. P RO-CACCIANTI,Le intercettazioni telefoniche, in Le intercettazioni telefoniche, Padova, 2001, 193; G.S AN-TALUCIA,Stesso procedimento e pluralità di reati nella disciplina delle intercettazioni telefoniche, cit., 260.

32

D. POTETTI, L’articolo 270 del codice di procedura penale fra tutela della segretezza ed esigenza di

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soltanto laddove ritenga che insistano fra i due procedimenti i criteri di con-nessione di cui all’art. 12 c.p.p. o quelli di collegamento cui all’art. 371, comma 2, lett. b) c.p.p. In quest’ultimo caso, i presupposti per la riunione servirebbero da parametri per dirimere il giudizio di identità sulle res iudi-candae, dunque per stabilire se, in virtù di essi, possa parlarsi di medesimo procedimento e non per riunire effettivamente i procedimenti ormai instrada-ti di fronte a diverso giudice.

A ben vedere, tuttavia, è la stessa scelta legislativa di permettere il travaso del-la prova nei giudizi riguardanti i delitti considerati dall’art. 380 c.p.p. a deter-minare un netto arretramento delle garanzie. Il catalogo dei reati per cui è possibile l’arresto in flagranza si presenta ben più ampio di quello previsto dall’art. 266 c.p.p. quale condizione di legittimità delle intercettazioni. La conseguenza negativa, allora, si paventa nel diverso procedimento dal mo-mento che possono trovare ingresso anche intercettazioni per cui, considerato il reato in esame, non avrebbero potuto originariamente essere autorizzate. A ciò si aggiunga che, sempre in forza dell’art. 270 c.p.p., nel diverso procedi-mento non è richiesto nemmeno che le intercettazioni siano assolutamente indispensabili per la prosecuzione delle indagini (art. 267 comma 1 c.p.p.) e, in senso traslato, per l’accertamento del reato.

Lo scadimento dei presupposti che legittimano l’impiego delle intercettazioni del diverso procedimento trova forse giustificazione nel fatto che il diritto co-stituzionale alla segretezza delle comunicazioni33

è già stato compresso nel procedimento a quo e non risulta ulteriormente limitato dal successivo utiliz-zo nel procedimento ad quem. Tuttavia, se la segretezza è già venuta meno per effetto dell’ascolto, dovrebbe comunque trovare adeguata tutela il diritto alla riservatezza ossia il diritto a non vedere “pubblicate” nel diverso proce-dimento conversazioni che nell’originario processo sono probabilmente de-stinate a rimanere confinate nel limbo della irrilevanza, oggi tutelato dall’archivio riservato. D’altronde, è innegabile che la circolazione della pro-va, ancorché riferita a conversazioni non più segrete, apporta un serio vulnus

33

Osserva O.MAZZA,Il giusto processo tutela anche la riservatezza, cit., 1040, che «il particolare aspetto rappresentato dalla segretezza risulta tutelato a livello costituzionale dagli artt. 13, 14, e 15 Cost. che, essendo dettati a salvaguardia della libertà personale, del domicilio, della corrispondenza e delle comu-nicazioni, finiscono per garantire ambiti di libertà sottratti anche alle altrui ingerenze dirette all’acquisizione di notizie. Le norme in esame non possono tuttavia impedire che, una volta ottenute, le notizie vengano divulgate. La loro portata non è dunque tale da consentirne il richiamo anche a salva-guardia della riservatezza». Per approfondire quest’aspetto, v. le osservazioni critiche di F.BRICOLA,

Prospettive elimiti della tutela penale della riservatezza, cit., 1902-1903 e A. CATAUDELLA,Riservatezza

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alla riservatezza, valore - di sicura rilevanza europea e costituzionale34

- preva-lente sull’impiego processuale di intercettazioni che, magari, non sarebbero state nemmeno autorizzabili in forza del combinato disposto degli art. 266 e 267 c.p.p.

L’insoddisfacente complessità delle varie proposte interpretative, unitamente ai difetti congeniti dell’art. 270 c.p.p., appare evidente. Ognuna di esse è te-leologicamente orientata al raggiungimento dell’obiettivo politico di espande-re o di limitaespande-re la portata applicativa del divieto espespande-resso dall’art. 270 c.p.p.: una disposizione “a fisarmonica” che l’interprete plasma a suo piacimento in funzione del risultato da raggiungere.

3. Le nuove intercettazioni secondo il d.lgs. n. 216 del 2017: un’amara consi-derazione sul nuovo art. 270, co. 1-bis c.p.p.

A dispetto delle incertezze appena evidenziate, la disciplina delle intercetta-zioni è uno di quei topoi giuridici in cui dovrebbe misurarsi la tenuta demo-cratica di uno Stato di diritto. In esso, infatti, si fronteggiano la potestà investi-gativa dello Stato con i diritti individuali del cittadino in uno scontro difficil-mente componibile se operato con un forzato bilanciamento di valori conflig-genti35

.

34

In particolare, parte della dottrina ha ritenuto che il diritto alla riservatezza, nonché quello alla segre-tezza, potessero fondarsi sull’art. 21 Cost. In tal senso, fra gli altri, P.BARILE,Libertà: VII) libertà di manifestazione del pensiero, in Enc. dir., XXIV, Milano,1974, 435; C. MORTARI,Istituzioni di diritto pubblico, II, Padova, 1976, 1067.

Tuttavia, la posizione più condivisa è quella che riconduce la complessiva tutela della privatezza tra i diritti inviolabili dell’uomo garantiti dall’art. 2 Cost., in modo da fornire un riconoscimento costituzio-nale anche per i profili costitutivi della riservatezza. Così secondo A.CATAUDELLA,Riservatezza (diritto

alla), cit., 3, l’esigenza al riserbo rappresenta «una necessità addirittura biologica dell’uomo, [ed] è aspet-to inalienabile della persona umana, il cui svolgimenaspet-to e sviluppo trovano garanzia negli artt. 2 e 3 comma 2 Cost.». Analogamente v. anche le osservazioni di F.BRICOLA,Prospettive e limiti della tutela penale della riservatezza, cit., 1094-1095; P.FERRUA,Due temi da distinguere nel dibattito sulle intercet-tazioni, in Dir. pen. proc., 1997, n. 4, 486; E.FORTUNA,Il segreto istruttorio e il diritto di informazione

nel quadro delle recenti innovazioni legislative, in Cass. pen., 1982, 1663-1664; O.MAZZA,Il giusto processo tutela anche la riservatezza, cit., 1040; M.MAZZIOTTI,Diritto all’immagine e Costituzione, in

Giur. Cost., 1970, 1533-1538 e M. PISANI,La tutela penale della «riservatezza»: aspetti processuali, in

Riv. it. dir. proc. pen., 1967, 785.

Inoltre, si ricorda come anche la Corte costituzionale si sia espressa per ritenere la riservatezza un valo-re tutelato dall’art. 2 Cost. in Corte cost., sent. n. 38 del 12 aprile 1973, in Giur. cost., 1973, 362 con nota di G. Pugliese.

35

(16)

indispensabi-Al giorno d’oggi, in cui lo sviluppo tecnologico ci ha consegnato uno strabi-liante quanto sinistro strumento di investigazione, il captatore informatico36

, la sproporzione in favore del potere statuale è quanto mai accentuata.

In tale quadro, la recente riforma attuata ad opera del d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216 si è focalizzata sul rafforzamento del diritto alla riservatezza per meglio gestire il fenomeno della divulgazione delle conversazioni intercettate anche per mezzo del cd. trojan horse37

, che la recente storia del nostro paese ha dimostrato essere un’arma investigativa in grado di raggiungere massimi picchi di efficienza38

, ma al tempo stesso anche pericolose invasioni della pri-vacy estremamente difficili da perimetrare39

.

lità e che, là dove vengano meno, il diritto di cronaca si dispieghi pienamente senza penombre normati-ve. Non si può negare che la recente riforma abbia costituito un importante passo in avanti in questa direzione. Ma è altrettanto incontestabile, da un lato, che si è pagata una contropartita sproporzionata in termini di farraginosità e affanno al sistema; dall’altro, che già si profila la necessità di un nuovo inter-vento legislativo che purtroppo, come dimostra il contrastato percorso di questa riforma, non sarà né prossimo né agevole».

36

Una compiuta analisi delle caratteristiche tecniche di questo mezzo investigativo è stata condotta da Cass., Sez. un., 1° luglio 2016, Scurato, in Cass. pen., 2016, n. 10, 3546 ss.: «uno strumento tecnologico di questo tipo consente lo svolgimento di varie attività e precisamente: captare tutto il traffico dati in arrivo o in partenza dal dispositivo “infettato”; attivare il microfono e, dunque, di apprendere per tale via i colloqui che si svolgono nello spazio che circonda il soggetto che ha la disponibilità materiale del dispositivo, ovunque egli si trovi; mettere in funzione la web camera permettendo di carpire le immagi-ni; perquisire l’hard-disk e di fare copia, totale o parziale, delle unità di memoria del sistema informati-co preso di mira; decifrare tutto ciò che viene digitato sulla tastiera informati-collegata al sistema (keylogger) e visualizzare ciò che appare sullo schermo del dispositivo bersaglio (screenshot); sfuggire agli antivirus in commercio».

37

In seguito alla riscrittura, ad opera del d.lgs. n. 216 del 2017, dell’art. 266 comma 2 c.p.p., l’impiego del captatore informatico è stato legittimato per tutti i reati già compresi nell’art. 266 comma 1 c.p.p. È stata prevista una prescrizione più rigida soltanto nel caso in cui la captazione avvenga nel domicilio, stabilendosi che sia consentita solo in presenza del «fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa» (art. 266 comma 2 c.p.p.); invece, nei procedimenti per i delitti di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p. l’intercettazione per mezzo del captatore informatico su dispositivo elet-tronico portatile «è sempre consentita» (art. 266 comma 2-bis c.p.p.). Sul punto, L.FILIPPI, Intercetta-zioni: una riforma complicata ed inutile, cit., 297 ricorda che, «mentre le Sezioni unite Scurato del 2016 avevano ammesso l’impiego del captatore informatico unicamente come strumento di intercettazione fonica tra presenti, ma soltanto per i delitti di criminalità organizzata, ora il decreto legislativo ne legitti-ma l’impiego per qualsiasi reato suscettibile di intercettazione ex art. 266 c.p.p., trasformandolo così in un ordinario mezzo di intercettazione».

38

Per un’analisi più approfondita del tema, si rinvia, fra i tanti, a M.T.ABBAGNALE,In tema di captatore informatico, in questa Rivista, 2016, n. 2, 13; L.ANNUNZIATA,“Trojan di Stato”: l’intervento delle Se-zioni Unite non risolve le problematiche applicative connesse alla natura del captatore informatico, in

Parola alla difesa, 2016, n. 1, 189; S.ATERNO,voce Digital forensics (investigazioni informatiche), in

Dig. disc. pen., Agg., vol. VIII, Torino, 2014, 217 ss.; R. BRIGHI,Uso investigativo e processuale dei cosiddetti captatori informatici, in Nuove norme in tema di intercettazioni, cit., 218 ss.; A.CAMON,

(17)

Nel porsi in questa prospettiva di tutela della riservatezza, la recente riforma avrebbe potuto ricalibrare con più precisione le necessarie restrizioni in ordi-ne alla circolazioordi-ne delle intercettazioni in diverso procedimento per evitare di offrire ancora il fianco agli aggiramenti giurisprudenziali citati e di esporre questi materiali ad un numero ancora maggiore di avventori. Se è vero, come appena ricordato, che la segretezza cade nel momento stesso della intercetta-zione, il diverso e pur sempre costituzionalmente rilevante interesse alla riser-vatezza va tutelato proprio con riguardo alla ulteriore diffusione delle conver-sazioni derivante dal travaso in un altro procedimento.

In ragione di ciò, sarebbe stato opportuno ripensare ai concetti di «diverso (e medesimo) procedimento», dominii della disciplina di cui all’art. 270 c.p.p., in modo da fissare un parametro dirimente in grado di restituire un efficace contrappunto processuale alle garanzie costituzionali ed europee (art. 15 comma 1 Cost. e art. 8 § 2 Conv. eur. dir. uomo). Soltanto in questo modo si potrebbe assicurare «un effettivo controllo da parte dell’autorità giudiziaria sul compimento delle intercettazioni [volto a] garantire che esse concernano solo quelle autorizzate e nei limiti dell’autorizzazione»40

.

cura di C. Canzio-L. Luparia, Milano, 2018, 722 ss.; L. FILIPPI,L’ispe-perqui-intercettazione “itineran-te”: Le Sezioni Unite azzeccano la diagnosi ma sbagliano la terapia (a proposito del captatore informati-co), in questa Rivista 2016, 6; F.GIUNCHEDI, Appunti su alcune criticità della nuova disciplina sulle intercettazioni,ivi, Speciale riforme, 2018, 4; M.GRIFFO,Una proposta costituzionalmente orientata per arginare lo strapotere del captatore, in www.penalecontemporaneo.it;E.LORENZETTO,Il perimetro delle intercettazioni ambientali eseguite mediante “captatore informatico”,ivi; C.PARODI, Profili penali dei “virus informatici”, in Dir. pen. proc., 2000, 632; E.PIO,Intercettazioni a mezzo captatore

informa-tico: applicazioni pratiche e spunti di riflessione alla luce della recente decisione delle Sezioni Unite, in

Parola alla difesa, 2016, n. 1, 162; M.TORRE, Il virus di Stato nel diritto vivente tra esigenze investigati-ve a tutela dei diritti fondamentali, in Dir. pen. proc., 2015, 1163.

39

Al riguardo, si segnala l’appello dei docenti di Diritto processuale penale dell’Università di Torino in cui si auspica che, «ove i suddetti strumenti siano ritenuti indispensabili per l’accertamento di gravi reati, il legislatore intervenga con specifiche disposizioni a regolare la materia nell’adeguato bilanciamento dei principi costituzionali e convenzionali coinvolti». Il documento è consultabile su

www.penalecontemporaneo.it. 40

Così secondo G.UBERTIS,Sistema di procedura penale, I, Principi generali, Milano, 2017, 253. Sul punto v. anche F.CASSIBBA,La circolazione delle intercettazioni “tra archivio riservato” e “captatore

informatico”, cit., 170; P. BALDUCCI,Le garanzie nelle intercettazioni tra Costituzione e legge ordinaria,

cit., 202;A. CAPONE,Intercettazioni e Costituzione. Problemi vecchi e nuovi, in Cass. pen., 2017, fasc. 3, 1266; A.GAITO-S.FURFARO, Intercettazioni: esigenze di accertamento e garanzie della riservatezza, cit., 374 ss.; S.FURFARO,Intercettazioni: il sistema, la riforma e l’Europa, in Arch. pen., 2018, 4; A. GALLUCCIO-M.BONETTI, Art. 8 - Diritto al rispetto della vita privata e familiare, in Corte di Strasburgo

e giustizia penale, (a cura di) G. Ubertis-F. Viganò, Torino 2016, 257 e 274; G. MELILLO, Le intercetta-zioni tra diritti alla riservatezza ed efficienza delle indagini, in Cass. pen., 2000, 3503.

(18)

Il legislatore delegato, invece, ha tralasciato questi aspetti generali, dedicando-si per lo più41

, con l’introduzione del nuovo art. 270 comma 1-bis c.p.p. 42 , alla previsione di un divieto d’uso dalle maglie più strette - «per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione» - sol-tanto nei casi in cui queste sono «operate con captatore informatico su dispo-sitivo elettronico portatile».

L’aspetto positivo è che la straordinaria capacità intrusiva del trojan horse ha suscitato l’esigenza di una regola di esclusione probatoria che non ammetta l’utilizzabilità della prova per reati diversi da quello indicato nel decreto auto-rizzativo, salva sempre l’eccezione prevista per i delitti di cui all’art. 380 c.p.p. Tuttavia, questa scelta sembra confermare, a contrario, che i risultati delle intercettazioni tradizionali possano ancora essere indiscriminatamente fagoci-tati nell’informe coltre del “medesimo procedimento” e, dunque, essere uti-lizzati, anche al di là del limite dei casi dell’art. 380 c.p.p., per la prova di un reato differente. Insomma, la pervasività del mezzo di ricerca della prova ha definito l’ampiezza della regola di utilizzabilità del risultato prodotto: nel caso del materiale ottenuto attraverso il captatore informatico, questo non sarà uti-lizzabile per provare reati diversi di non particolare gravità; negli altri casi, in-vece, la connessione o il collegamento fra i procedimenti servirà ad estendere l’impiego delle intercettazioni per la prova di qualunque reato43

.

4. Le ripercussioni delle nuove regole per la selezione del materiale da tra-scrivere sul diritto alla prova delle parti intervenute nel processo ad quem La scelta giurisprudenziale di consentire l’indiscriminata utilizzabilità delle intercettazioni nei diversi procedimenti non si espone solo alla critica interna

luglio 1998, Valenzuela Contreras c. Spagna; Corte e.d.u., sez. IV, sent. 24 aprile 1990, Huvig c. Fran-cia e Kruslin c. FranFran-cia.

41

Va comunque ricordato il rinvio dell’art. 270 comma 2 c.p.p. agli interpolati artt. 268-bis, 268-ter e 268-quater c.p.p., a loro volta introdotti dall’art. 3 comma 1 lett. d) del d.lgs. n. 216 del 2017.

42

Il nuovo comma è stato inserito dall’art. 4 comma 1 lett. d) d.lgs. n. 216 del 2017 che ha dato attua-zione alla delega contenuta nell’art. 1 comma 84 lett. e) n. 7 l. n. 103 del 2017.

43

Su quest’aspetto F.CASSIBBA,La circolazione delle intercettazioni “tra archivio riservato” e “captatore informatico”, cit., 173, sottolinea come «il d.lgs. n. 216 del 2017 abbia rigidamente regolato, a monte, l’impiego selettivo del captatore, il cui microfono dev’essere attivato nel rispetto dei tempi e dei luoghi individuati dal decreto autorizzativo (art. 267, comma 1, ultimo periodo, c.p.p.), a pena di inutilizzabili-tà, a valle, dei risultati (art. 271, comma 1-bis, c.p.p.). Sembra irragionevole che un mezzo il cui impiego sia così strettamente sorvegliato generi risultati utilizzabili solo per il reato per cui era stata disposta l’intercettazione, mentre le captazioni non operate tramite trojan, comunque sottratte a limiti di ascolto tanto rigorosi, possano generare risultati utilizzabili anche per reati diversi da quelli oggetto del decreto autorizzativo, come preteso dalla giurisprudenza». Sul punto si sono soffermati anche, fra gli altri, L. FILIPPI,Interecettazioni: una riforma inutile, cit., 297 e N.GALANTINI,Profili di inutilizzabilità delle

(19)

riguardante l’indebita prevalenza del principio di non dispersione della pro-va44

sul diritto fondamentale alla riservatezza delle comunicazioni, ma presen-ta l’ulteriore effetto indesiderato di entrare in tensione con altri principi costi-tuzionali.

In particolare, le novità introdotte dal d.lgs. n. 216 del 2017 in tema di acqui-sizione della prova mal si conciliano con il diritto di difesa e con il diritto alla prova dei soggetti intervenuti soltanto nella vicenda processuale ad quem. Il procedimento acquisitivo del materiale intercettato nel procedimento pro-prio è scandito dal legislatore delegato prevedendo, nell’art. 268 comma 2-bis c.p.p., che, già nell’ambito delle operazioni di ascolto, «è vietata la trascrizio-ne, anche sommaria, delle comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini, sia per l’oggetto che per i soggetti coinvolti, nonché di quelle, parimenti non rilevanti, che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge. Nel verbale delle operazioni sono indicate, in tali casi, soltanto la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta»45

.

L’obiettivo è quello di pervenire ad una selezione del materiale captato tale da evitare qualsiasi tipo di verbalizzazione delle conversazioni irrilevanti per l’accertamento dei fatti e dei dati sensibili non necessari ai fini di prova. L’organo preposto allo svolgimento di queste attività di filtro è stato inopina-tamente individuato nella polizia giudiziaria: l’agente delegato all’ascolto deve decretare quali elementi siano rilevanti, informando preventivamente della sua scelta «il pubblico ministero con annotazione sui contenuti delle comuni-cazioni e conversazioni» (art. 267, comma 4, c.p.p.). L’organo dell’accusa, di rimando, può disporre, con decreto motivato, una “trascrizione coatta” nel verbale se si ritrova in disaccordo con l’intuizione dell’operante, ritenendo

44 Si tratta del principio enunciato da Corte cost., n. 254 del 1992, in Giur. cost., 1992, pag. 1932 e ss. e Corte Cost., sent. 3 giugno 1992, n. 255, ivi, 1992, 1967 e ss. e criticato pressoché unanimemente dalla dottrina: v., ad esempio, O.DOMINIONI, Un nuovo idolum theatri: il principio di non dispersione pro-batoria, in Riv. it. dir. e proc. pen., fasc.3, 1997, 736, ID.,Oralità, contraddittorio e principio di non

dispersione della prova, in Il giusto processo, Milano, 1998, 95; P. FERRUA, Anamorfosi del processo accusatorio, in ID., Studi sul processo penale, II, Anamorfosi del processo accusatorio, Torino, 1992, 164; ID., La sentenza costituzionale n. 255 del 1992: declino del processo accusatorio, in Riv. it. dir.

proc. pen., 1992, 1460; G.ILLUMINATI, Principio di oralità e ideologie della Corte costituzionale nella motivazione della sent. n. 255 del 1992, in Giur. cost., 1992, 1973; G.RICCIO,Giuristi e legislatori. A proposito dei recenti interventi sulla Procedura penale, in Arch. pen., 2015, fasc. 2, 445; ID.,La proce-dura penale.Tra storia e politica, Napoli, 2010, 121.

45

Il nuovo art. 268 comma 2-bis c.p.p. è stato introdotto dall’art. 2 comma 1 lett. d) d.lgs. n. 216 del 2017. Sulla novità legislativa, v. A.CAMON, Forme, destinazione e regime della documentazione, in

Nuove norme in tema di intercettazione, cit., 65 ss.; F.R.DINACCI,Intercettazioni e riservatezza tra

ampliamenti della disciplina, inconcludenze operative e restrizioni difensive, cit., 38; C.GABRIELLI,

(20)

che quest’ultimo non abbia percepito correttamente «la rilevanza per i fatti oggetto di prova» (art. 268, comma 2-ter, c.p.p.). Al termine di questa farragi-nosa interazione, verranno depositate le annotazioni, i verbali e le registrazio-ni, (unitamente ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o pro-rogato le intercettazioni) e l’elenco delle comunicazioni o conversazioni e dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. La difesa avrà la possibili-tà di prender visione di questi atti, mentre potrà solo ascoltare le registrazioni per le quali non si è proceduto ad alcuna verbalizzazione, essendo esclusa la possibilità di estrarre copia delle stesse: insomma si potrà ascoltare, ma non copiare!46

Il diritto di difesa è stato notevolmente compresso sull’altare della tutela della privacy. L’obiettivo ambizioso ma al contempo non realizzabile pienamente, era quello di escludere ogni signum delle informazioni captate non rilevanti ai fini della giustizia o di quelle concernenti dati sensibili non necessari all’accertamento del reato. Lo strumento prescelto, il filtro di rilevanza affida-to alla polizia giudiziaria, appare però inefficace e lesivo delle prerogative tan-to della difesa47

quanto dell’accusa. Peraltro, è prevedibile che la polizia giudi-ziaria continuerà a redigere “brogliacci informali”48

destinati comunque a la-sciare delle tracce che, seppur minime, rappresenteranno comunque piste estremamente interessanti per la stampa.

Al tempo stesso, a fronte dell’impossibilità di informare il titolare delle inda-gini di ogni sentore di irrilevanza, il potere selettivo confluirà interamente nel-le mani dell’agente denel-legato all’ascolto, riservando al magistrato

46

Si osserva criticamente che già secondo Corte Cost., sent. n. 192 del 24 giugno 1997, in Giur. cost.,

1997, 1881, la negazione della facoltà di estrarre copia da parte del difensore «rappresenta[va] un’irragionevole limitazione del diritto di difesa». Al riguardo, cfr. G.DI CHIARA,Deposito degli atti e

«diritto alla copia»: prodromi del contraddittorio e garanzie difensive in una recente declaratoria di incostituzionalità,ivi, 1997, 1883; G.RINALDI,«Discovery» completa ed effettività della difesa nei con-trolli de libertate, ivi, 1997, 1890.

Sul diritto di copia post d.lgs. n. 216 del 2017, v., fra gli altri, A.CAMON,Forme, destinazione e regime

della documentazione, in Nuove norme in tema di intercettazione, cit., 85; F. ALONZI,Contenuti e limiti del diritto di difesa,ivi, 99.

47

A.CAMON,Intercettazioni e fughe di notizie: dal sistema delle circolari alla riforma Orlando, in Arch. pen., 2017, n. 2, 6, afferma che «di certo la polizia giudiziaria non è il soggetto più adatto a individuare le conversazioni favorevoli alla persona sottoposta alle indagini, quindi è probabile che nel brogliaccio non ne resti traccia e che la difesa sia costretta a setacciare le registrazioni trascurate dalla polizia». Sull’argomento, C.CONTI,La riservatezza delle intercettazioni nella delega “Orlando”, cit., 83, ha os-servato come «nelle maglie della legge-delega spicchi l’assenza di qualsivoglia richiamo alla necessità di evitare che il filtro operato dal pubblico ministero possa comportare la mancata verbalizzazione di con-versazioni favorevoli alla difesa» auspicando, purtroppo a torto, che «il legislatore delegato [dovesse] tenerne conto, pena la violazione dell’art. 24 Cost.».

48 L’espressione è tratta da F.R.D

INACCI,Intercettazioni e riservatezza tra ampliamenti della disciplina,

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