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– L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments 68 (4): 165-169, 2013

© 2013 Accademia Italiana di Scienze Forestali doi: 10.4129/ifm.2013.4.01

Alberto AbrAmi (*)

lA reCeNte DiSCiPliNA GiUriDiCA Del VerDe UrbANo

(*) Già Professore ordinario nell’Università di Firenze; abrami.alberto@alice.it

Un complesso di motivazioni di natura am- bientale, correlate alla tutela fisio-psichica dei cittadini, più ancora delle funzioni di caratte- re estetico e ricreativo tradizionalmente asso- ciate alla presenza del verde arboreo, hanno portato alla ribalta dell’opinione pubblica in quest’ultimi decenni, ed in modo sempre più crescente, l’interesse verso il verde urbano.1 tuttavia, nonostante l’unanime consenso sul ruolo essenziale che la presenza degli albe- ri svolge per il mantenimento degli equilibri ambientali necessari alla vita nelle nostre cit- tà, l’ordinamento giuridico al riguardo non ha colto a dovere l’importanza del ruolo del pa- trimonio arboreo. Un recentissimo intervento

L’autore rileva inizialmente l’importanza sotto il profilo ambientale del verde urbano. Prende quindi in esame la legislazione al riguardo di recente entrata in vigore, osservando che essa non apporta significative novità rispetto alla legislazione pregressa, nonostante che la sua datazione risalga ad oltre quaranta anni fa, e si limiti, invece, a renderla, sulla base dell’esperienza trascorsa, maggiormente precettiva. Non viene peraltro disconosciuto il merito della legge nel dare, con una diversa disposizione rispetto alla vigente, ormai desueta, nuovo vigore alla festa degli alberi, come pure l’attenzione che essa rivolge agli alberi mo- numentali attraverso una significativa disciplina.

Parole chiave: verde urbano; dottrina giuridica del verde urbano.

Key words: urban green spaces; urban forest legislation.

Citazione - AbrAmi A., 2013 – La recente disciplina giuridica del verde urbano. l’italia Forestale e mon- tana, 68 (4): 165-169. http://dx.doi.org/10.4129/ifm.2013.4.01

1in argomento, m. Agrimi, Significato e ruolo della

“foresta urbana” nella gestione territoriale in Italia. in:

l’italia forestale e montana, 2013, p. 11 e ss. Sulle tematiche del verde urbano diversamente dalla dottrina selvicolturale e naturalistica, la dottrina giuridica è totalmente assente, ma va anche riconosciuta la pochezza, fino ad ieri, del dato normativo.

legislativo non fa infatti alcun passo avanti rispetto alla normazione pregressa, decisa- mente datata, la quale viene integrata al solo fine di renderla maggiormente prescrittiva ed efficace. Con l’unica eccezione della discipli- na degli alberi monumentali e la possibilità, inoltre, offerta alle Amministrazioni di realiz- zare contratti di sponsorizzazione con sogget- ti pubblici e privati, allo scopo di favorire l’in- cremento e la valorizzazione del patrimonio arboreo urbano.

il verde urbano aveva trovato una apposita disciplina, insieme ad altri standard urbani- stici, in un Decreto del ministro dei lavori pubblici risalente ormai a quarantacinque anni fa (D.m. 2 aprile 1968, G.U. 65, 16 apri- le 1968, n. 97), col quale si intendeva stabilire un preciso rapporto tra le costruzioni edilizie a carattere residenziale e le aree destinate ai servizi di interesse generale, comprendendo in questi anche la presenza del verde arboreo che diveniva in tal modo uno degli elementi costitutivi – insieme alle aree destinate ai par-

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cheggi ed anche ad altre aree con finalità di natura sociale – di quegli spazi pubblici che nella misura di 18 metri quadrati complessivi, dovevano essere assicurati ad ogni residente.

la misura indicata veniva poi ripartita al suo interno in relazione all’interesse rappresentato dalle diverse aree con destinazione pubblica, per cui 9 metri quadrati dovevano esser riser- vati “per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport”.

l’espressione “spazio pubblico attrezzato a parco”, per la sua genericità non può dirsi esplicitasse con assoluta certezza la presenza del verde, o comunque la sua entità, non essen- do chiaro quale significato si dovesse attribuire alla parola “parco” che non era di per sé sino- nimo di verde arboreo. Sarà l’esperienza dei piani regolatori che ci consentirà di conoscere come i Comuni abbiano interpretato l’espres- sione del decreto ministeriale recante la dizione di “spazio pubblico attrezzato a parco”, locu- zione che solo sottende la necessaria esistenza del verde, ma che non sta affatto a significare l’interezza della copertura vegetale di tale spa- zio pubblico. Gli strumenti di pianificazione urbanistica tradurranno in “verde attrezzato”

la locuzione di cui sopra, con riferimento an- che agli spazi collettivi per il gioco e lo sport che fatalmente si ponevano in concorrenza con il terreno da destinare alla vegetazione arborea.

Questa, per via della stessa definizione di verde attrezzato, poteva anche essere destinata a co- stituire la sola cornice esterna rispetto al perse- guimento di determinate finalità per le quali il verde è funzionale come per i campi da tennis, o per un campo di calcio od altri sport.

Con l’entrata in vigore del decreto n. 1444 del 1968, le sue disposizioni divengono oggetto dei nuovi piani regolatori generali, dei relativi piani particolareggiati e dei regolamenti edili- zi. Appariva però evidente, per quanto prima osservato, che tali disposizioni non potevano ritenersi esaustive della richiesta di verde pub- blico che, negli anni successivi all’emanazione del decreto, buona parte della società civile, quella più colta e più sensibile alle problema- tiche ambientali, andava richiedendo allorché le periferie si dilatavano a dismisura nelle cit- tà d’italia a più vasta intensità residenziale, in

contemporanea all’aumento dello spessore dei gas venefici e dei rumori. eppure quel decreto ministeriale non avrà in epoca successiva, come diremo tra poco, quello sviluppo che era logico attendersi dal legislatore, neppure, da ultimo, nell’intervento normativo al quale prima abbia- mo accennato da poco in vigore.

ora conviene osservare come fosse stata la società della seconda metà dell’ottocento a creare i viali alberati ed i parchi cittadini nelle maggiori città italiane ed europee, mentre il se- colo successivo, quello appena trascorso, vivrà di rendita di quelle scelte che dovevano rima- nere nel tempo a venire.

Se gli alberi, esteriormente, rappresentava- no un fatto di abbellimento delle città, aveva- no però un ulteriore significato tutto interiore:

essi costituivano un atto di fede nel futuro, ti- pico di un secolo, come, appunto, l’ottocen- to, che vede l’affermazione dell’idea roman- tica e la creazione di nuovi Stati nazionali. È questa, dunque, una società che non esprime valori effimeri o transeunti, ma al contrario è assolutamente convinta delle proprie scelte perché si sente portatrice di messaggi di va- lore che intende trasmettere alle generazioni future. la messa a dimora del verde cittadi- no con il suo lungo ciclo biologico, è infatti espressione di “stabilità”: evidenzia, cioè, una comunità di persone che intende lasciare la propria impronta nel presente non esauren- dola però nel contingente, ma proiettandola nel futuro ben oltre, insomma, la propria vi- cenda storica temporale. Non a caso per con- servare il ricordo dei soldati morti nella prima guerra mondiale, nelle diverse città italiane si provvide a piantare un albero per ogni cittadi- no residente caduto. Nacquero in tal modo i parchi della rimembranza, un luogo sacro alla memoria nazionale e cittadina, da custodire al di là dell’occasione che ne aveva originata la nascita. e non è neppure un caso che questi parchi alberati siano oggi in italia in stato mi- serando, se non di totale abbandono, diversa- mente da quanto si verifica in altri Paesi che li hanno in gran cura.

Non pianta invece gli alberi, né si prende cura di migliorare il proprio patrimonio arbo- reo, una società che avverte la sua provvisorie-

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tà perché priva di idealità da conservare per le generazioni che verranno e, in tal senso, vive il momento contingente senza un legame con il passato e senza una prospettiva per il futuro.

Non è allora un caso, che la legge varata dalla nostra società contemporanea, in forza della quale per ogni nato si sarebbe dovuto mettere a dimora un albero nel Comune di residenza, sia stata nell’esperienza pratica pressoché di- sattesa.

oggi però le tematiche intorno al verde non costituiscono più una scelta facoltativa delle Amministrazioni comunali, ma una necessità dalla quale dipende, in buona misura, il livello della qualità della vita nelle nostre città ossia la nostra stessa salute fisica e psichica minacciata da un’ecologia inquinata, ma anche alienata.

D’altra parte, è ormai un dato certo che negli ultimi anni sia fortemente cresciuta la cultura ambientale e la consapevolezza che una città a misura d’uomo, come si va invocando, è quella che mette al primo posto nella pianificazione del territorio, gli spazi destinati al verde ed alla socializzazione, e che quindi educa gli individui a proteggere il verde ed il territorio mediante comportamenti ed azioni responsabili verso la collettività cittadina.

tornando ora su quanto accennato in prece- denza e cioè sulla effettiva relazione tra volumi edilizi e presenza del verde arboreo nel decre- to ministeriale del 1968, occorre rilevare che quanti si aspettavano sul tema un intervento legislativo regionale in considerazione dell’at- tuazione dell’ordinamento regionale, realiz- zatosi nel 1972 e completatosi nel 1977, con conseguente trasferimento delle competenze in materia urbanistica dallo Stato alle regioni, ri- marranno delusi. eppure era logico aspettarsi, al fine di migliorare la vivibilità nelle città, una presa di coscienza da parte del legislatore re- gionale, nel senso di una elaborazione e svilup- po in forma di legge delle disposizioni ministe- riali del 1968. e però questo non si è verificato tranne rarissime eccezioni, seppure in queste volessimo considerare la legislazione urbanisti- ca della regione lombardia – che si limita pe- raltro al richiamo della disciplina statale – quasi che il problema del verde urbano non riguar- dasse una tematica di competenza delle regio-

ni, oppure lo ritenessero già risolto per effetto della copertura vegetale assicurata alle città dal decreto ministeriale, anche quando appariva, ormai, decisamente datato. Di certo le regioni avevano acquisito, a far data dall’entrata in vi- gore del decreto presidenziale n. 616 del 1977, il potere di governo del proprio territorio attra- verso una concezione assolutamente totalizzan- te della disciplina del suolo, che subirà in parte una correzione con l’emanazione della legge n.

431 del 1985 che separerà l’urbanistica dalla legislazione paesaggistica.

È anche vero, però, che lo Stato, pur potendo emanare una legge quadro, essendo l’urbanisti- ca una materia di legislazione concorrente, e quindi individuare come principio fondamen- tale della materia stessa, l’interesse al verde cittadino, garantendolo attraverso un effettivo rapporto percentuale tra l’edificazione consen- tita e la superficie a verde arboreo, lo Stato, di- cevamo, è rimasto, invece, fino ad ieri silente per emanare ora una legge che reca ben pochi contenuti di novità.

Prima di esaminare questa normativa deside- riamo mettere in rilievo come non siano man- cate, a livello di regolamentazione comunale, manifestazioni significative di salvaguardia e particolare interesse e attenzione per il verde urbano. Va però subito osservato che il potere regolamentare comunale non ha in sé la forza giuridica per stabilire nuovi e più significativi standard urbanistici rispetto a quelli stabiliti nel Decreto del ministro dei lavori pubbli- ci del 1968, dovendosi considerare il delicato equilibrio conseguente al sistema delle fonti del diritto correlato con il regime proprietario dei beni. Questo verrebbe, infatti, inciso dalla norma regolamentare del Comune, con con- seguente lesione del principio della riserva di legge in materia di proprietà, dal momento che la sua disciplina sarebbe rimessa alla volontà discrezionale di ciascuna Amministrazione co- munale.

Ciò detto, si può mettere in evidenza come vi siano in sostanza due diversi tipi di regolamenti comunali del verde, ossia due categorie di Co- muni che approcciano diversamente fra loro, la tematica in questione.

Una prima categoria di Comuni può dirsi

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rappresentativa di una cultura che non ha sa- puto rinnovarsi e, in questo senso, concepisce il regolamento del verde urbano come lo stru- mento di abbellimento della città, un sua corni- ce esteriore in quanto elemento – unicamente – di natura estetica visiva, non di rado, però, protetto da prescrizioni scarsamente prescritti- ve o disposizioni “manifesto”, con riferimento al verde di proprietà pubblica. Una seconda categoria di Comuni, minoritaria rispetto alla prima, non nega affatto la funzione di bellezza esercitata dal patrimonio arboreo, ma va oltre questo dato di rilevanza estetica pur importan- te, per considerare, in tale patrimonio arboreo, la molteplicità e complessità delle sue funzioni.

in questo senso il verde diviene un elemento qualificante la vita stessa dei residenti, perché facente parte del tessuto connettivo di una città che si vuole a misura d’uomo.

mettendo da parte la prima categoria di rego- lamenti comunali del verde, perché scarsamen- te rappresentativi di ciò che qui interessa illu- strare, della seconda categoria abbiamo preso a campione il regolamento del verde del Comu- ne di Venezia per lo spessore culturale che esso esprime ed i suoi contenuti di novità ai quali fa- remo ora cenno. Già colpisce nel regolamento comunale veneziano il suo esordio che conside- ra il patrimonio arboreo “elemento qualificante del contesto urbano e fattore di miglioramento della qualità della vita”. Non sorprende quindi, più avanti, l’intitolazione dell’art. 4 recante: “i diritti fondamentali del verde in città” nel cui disposto si legge che “la vegetazione deve esse- re rispettata come ogni altro organismo vivente in quanto elemento di identità del territorio locale e come fattore determinante della qua- lità della vita degli abitanti”. Conseguenza di questa disposizione dell’art. 4, è l’altra succes- siva per cui la stessa vegetazione “deve essere considerata nelle scelte di trasformazione terri- toriale”. Disposizione se vogliamo, abbastanza indeterminata, nel senso che non crea obblighi giuridici quantificabili, ma che è manifestazio- ne di una precisa volontà che non potrà esse- re trascurata dalle scelte urbanistiche per via dell’interesse pubblico che viene attribuito dal regolamento comunale alla vegetazione. Non pochi, e ancora significativi, sono i segnali sul

rapporto tra l’uomo e il verde silvano nel re- golamento veneziano del quale ci preme solo ricordare l’enunciato sulle funzioni del verde arboreo individuate nella depurazione chimica dell’aria, nella fissazione delle sostanze tossiche e delle polveri, nello smorzamento dei rumori, nella stabilizzazione del microclima, nel conte- nimento del rischio idrogeologico e, da ultimo, nell’addolcimento del paesaggio urbano.

occupiamoci ora della legge 14 gennaio 2013 n. 10 recante: “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”. Si tratta di norma- tiva che, come abbiamo già detto, non reca una nuova disciplina rispetto alla legislazione vigente – pensiamo solo alla datazione del de- creto ministeriale n.1444 – né chiarisce quin- di l’ambigua espressione di “spazio pubblico destinato a parco”. Ci si limita a integrare dal punto di vista dell’efficacia la legislazione in vi- gore rendendola maggiormente prescrittiva o incisiva, potendo utilizzare i risultati della sua attuazione.

la nuova normativa rivitalizza, in primis, la giornata della festa degli alberi che col passag- gio della materia foreste alle regioni, era stata praticamente messa in soffitta. Viene ora ripri- stinata e sarà celebrata in tutto il territorio della penisola in data 21 novembre quale “Giornata nazionale degli alberi” promossa dal ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con la nuova “festa” si intende perse- guire il fine della valorizzazione dell’ambiente e del patrimonio arboreo e boschivo, in attua- zione del protocollo di Kyoto, – ratificato dal nostro Parlamento con legge 2 giugno 2002 n.

120 – sulla riduzione delle emissioni di anidri- de carbonica nell’atmosfera.

in particolare l’art. 1 della legge n. 10 del 2013 sostituisce il disposto dell’art. 104 della legge n. 3267 del 1923 che la festa aveva istitui- to con un disposto legislativo essenziale, rispet- to all’odierno dettato dalla pesante formulazio- ne. Nel successivo art. 2 vengono introdotte modifiche alla legge 29 gennaio1992 n. 113 che obbliga il Comune di residenza a porre a dimora un albero per ogni neonato. la legge n. 10 del 2013 vi apporta delle modificazioni per assicurare l’effettivo rispetto dell’obbligo da parte dei Comuni, in larga maggioranza fi-

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nora inadempienti. intanto, tale obbligo non riguarderà tutti i Comuni, ma solo quelli con una popolazione superiore a 15 mila abitanti, i quali, entro un anno dall’entrata in vigore del- la legge, provvederanno a censire gli alberi del rispettivo territorio che dovranno essere pian- tati non più tardi di sei mesi dalla registrazio- ne anagrafica di ogni neonato residente. Nello stesso termine l’ufficio anagrafico comunale fornisce informazioni dettagliate, circa la tipo- logia dell’albero e il luogo dove questo è stato piantato, alla persona che ha richiesto la regi- strazione anagrafica.

Due mesi prima della sua scadenza, il Sinda- co dovrà rendere noto il bilancio arboreo del Comune, indicando l’entità degli alberi messi a dimora nel corso del proprio mandato. la legge del 2013 prevede un sistema di moni- toraggio sull’attuazione della legge n. 13 del 1992 mediante l’istituzione presso il ministe- ro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un Comitato per lo sviluppo del verde pubblico la cui composizione e modali- tà di funzionamento saranno successivamente definite da un decreto del ministro. Spetta a quest’ultimo organismo proporre un piano na- zionale che, d’intesa con la Conferenza unifica- ta, fissi criteri e linee guida per la realizzazione di aree verdi permanenti in tutto il territorio nazionale intorno alle maggiori conurbazioni.

Con il disposto dell’art. 4, la legge interviene per integrare le disposizioni del decreto mini- steriale n. 1444 del 2 aprile del 1968 facendo obbligo ai Comuni che risultino inadempienti alle prescrizioni di tale decreto, di approvare le necessarie varianti urbanistiche per il verde e i servizi pubblici entro il 31 dicembre di ogni anno. il Comitato per lo sviluppo del verde pubblico, del quale prima abbiamo detto, d’in- tesa con le regioni ed i Comuni, viene incari- cato di presentare annualmente un rapporto sull’applicazione da parte di questi ultimi delle disposizioni del decreto 2 aprile 1968 n. 1444.

infine viene previsto che la manutenzione del- le aree riservate al verde pubblico urbano e gli immobili di origine rurale, riservati alle attività collettive sociali e culturali del quartiere, può essere data in concessione, con diritto di pre-

lazione, ai cittadini residenti nel comprensorio interessato riuniti in consorzio, che potrà costi- tuirsi purché richiesto da almeno il 66 per cen- to della proprietà immobiliare. le regioni ed i Comuni possono incentivare la formazione del consorzio anche mediante riduzione dei tributi a loro dovuti.

la legge n. 10 del 2013 prevede anche, ma è una previsione che non ha contenuti di precet- tività, che le regioni, le Provincie ed i Comuni, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e delle risorse disponibili, promuovano l’incre- mento di spazi verdi urbani e di cinture verdi intorno alle conurbazioni.

l’art. 7 detta la disciplina per la tutela e la sal- vaguardia degli alberi monumentali e dei filari e alberature di particolare pregio, paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale e si dettano disposizioni al fine dell’individua- zione degli alberi con tali caratterizzazioni. Per quanto riguarda il censimento – ad opera dei Comuni – degli alberi monumentali, i principi ed i criteri direttivi saranno stabiliti, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, con de- creto del ministro delle Politiche agricole, fo- restali e alimentari di concerto con il ministro per i beni e le attività culturali e dell’Ambiente del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata. Vengono, inoltre, previste sanzioni amministrative, da 5.000 a 100.000 euro, per l’abbattimento e il danneggiamento degli albe- ri monumentali quando la fattispecie non sia prevista anche come reato dalla norma penale.

SUmmArY

Recent laws concerning urban green spaces and urban trees

the author, after underlining the importance of public urban green spaces from the environmental point of view, examines a recent italian law in this field.

the author comments that, compared to former laws which date from at least forty years ago, the new law does not bring significant innovation but is only more prescriptive. Nevertheless, the new law has the merit of bringing new impulse to the Festival of trees and, even more important, of drawing attention, with specific new regulations, to the conservation of monumental trees.

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