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CORTE DI CASSAZIONE Sentenza 08 novembre 2013, n. 25198

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CORTE DI CASSAZIONE

Sentenza 08 novembre 2013, n. 25198

Svolgimento del processo

1. – Con ricorso al Giudice del lavoro di Forlì, B.S., premesso di essere dipendente dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia e Romagna, B.U., inquadrato nel profilo di collaboratore professionale sanitario (cat. D), assumendo di aver svolto funzioni di coordinamento delle attività di sub unità di diagnostica e microbiologia degli alimenti, chiedeva che gli fosse riconosciuta l’indennità per l’esercizio delle funzioni di coordinamento, prevista dall’art. 10, c. 2-3, del ccnl del Comparto Sanità, biennio economico 2000-2001.

2. – Accolta la domanda e proposto appello dall’Istituto, la Corte d’appello di Bologna con sentenza 22.12.09 accoglieva l’impugnazione e rigettava la domanda. La Corte d’appello, per quanto qui rileva, interpretava la norma collettiva nel senso che l’indennità poteva essere attribuita ai collaboratori professionali appartenenti alla cat. D cui l’azienda avesse conferito l’incarico di coordinamento o per i quali l’azienda stessa avesse riconosciuto l’effettivo svolgimento della funzione di coordinamento. Pertanto, detta indennità non poteva essere riconosciuta per il suo esercizio di fatto, ma presupponeva il suo formale riconoscimento.

3. – Avverso questa sentenza B. propone ricorso per cassazione, cui risponde l’Istituto U. con controricorso.

Motivi della decisione

4. – Il ricorrente deduce violazione dell’art. 10 del contratto collettivo del Comparto Sanità, biennio economico 2000-2001, sostenendo che l’esercizio della funzione di coordinamento non necessita di un formale atto di incarico dagli organi direttivi aziendali, basato su modalità di esercizio della prestazione discrezionalmente fissate, essendo sufficienti l’effettivo e concreto esercizio da parte del dipendente della funzione di coordinamento ed il successivo formale riconoscimento di detto esercizio da parte dell’azienda.

5. – Sulla spettanza dell’indennità per l’esercizio delle funzioni di coordinamento, prevista dall’art. 10, c. 2-3, del ccnl del Comparto Sanità, biennio economico 2000-2001, stipulato il 20.09.01, e sui requisiti richiesti per il suo godimento questa Corte ha già avuto modo di pronunziarsi. Con due sentenze del 27.04.10 recanti i nn. 10008 e 10009 la Corte, adita ai sensi dell’art. 64, c. 3 e segg, del d.lgs. 30.03.01 n. 165 per l’interpretazione della norma collettiva, ha interpretato la norma contrattuale nel senso che ai fini del diritto all’indennità ivi prevista il conferimento dell’incarico di coordinamento o la sua verifica (26961-10) con atto formale richiedono che di tale incarico vi sia traccia documentale, che esso sia stato assegnato da coloro che avevano il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente, e che abbia ad oggetto le attività dei servizi di assegnazione e del personale, restando esclusa la possibilità per l’amministrazione di subordinare il suddetto diritto a proprie ulteriori determinazioni di natura discrezionale.

In tale affermazione di principio la successiva elaborazione giurisprudenziale ha individuato i tre requisiti che debbono coesistere nell’espletamento della prestazione ai fini del godimento della richiesta indennità: a) l’incarico deve risultare documentalmente; b) è sufficiente il conferimento dell’incarico, non essendo necessario alcun atto discrezionale ulteriore rispetto alla mera assegnazione degli indicati compiti di coordinamento; c) in terzo luogo, l’assegnazione di tali

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compiti deve provenire da “coloro che avevano il potere di conformare la prestazione del dipendente” (Cass. 28.01.13 n. 1820).

La Corte territoriale, invece, ha ritenuto che fosse necessario un atto valutativo di natura discrezionale ad hoc, proveniente direttamente dai vertici aziendali e non da coloro che avevano il potere di conformazione dell’attività lavorativa del ricorrente, senza considerare che tale potere non necessariamente si colloca in capo ai vertici aziendali, ma riguarda piuttosto non l’atto di assunzione o di inquadramento del dipendente, ma l’attività lavorativa nella sua concretezza e continuità.

Conseguentemente ha errato la Corte territoriale a non prendere in considerazione la documentazione prodotta dal ricorrente (e ritenuta sufficiente in prime cure per l’accoglimento del diritto di cui è processo) in quanto non proveniente dal vertice aziendale.

6. – In ragione di questa ormai consolidata giurisprudenza, cui il Collegio aderisce, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in appello, il quale verificherà chi, nella specie, aveva in concreto il potere di conformazione dell’attività lavorativa del ricorrente e se la documentazione prodotta fosse idonea, anche sotto il profilo della provenienza, ad attestare il conferimento della funzioni di coordinamento previste dalla norma contrattuale per l’attribuzione della richiesta indennità.

7.- Al giudice di rinvio va rimessa anche la regolazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione anche per la regolazione delle spese di giudizio.

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