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09-11-2020

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PERCHÉ SERVE Riduce le disuguaglianze, riduce povertà e

aiutale imprese corrette. I

sindacati

non devono temerlo. Risolti alcuni nodi, le buone

proposte, a

partire dal ddl Catalfo, ci sono

Salario minimo,

l'Ue apre la via

che ora dobbiamo imboccare

» Marco Barbieri

1 28 ottobre la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva sul salario minimo, subito apprezzata dalle ministre italiana, Nunzia Ca-talfo, e spagnola, Yolanda Diaz. Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea esclude però dalle competenze dell'Unione le retribuzioni, impedendo la fissa-zione di un salario minimo unico per tutta l'Ue. Quindi, la Commis-sione ha ritenuto di impostare la direttiva come intervento sulle condizioni di lavoro (art. 153, par. 1). Perciò la proposta non pretende che i Paesi senzasalario minimo le-gale lo adottino, impone invece un'armonizzazione ai Paesi che già lo hanno. Le previsioni più rilevan-ti sono quelle relarilevan-tive al campo di applicazione (i lavoratori subordi-nati, ma tenendo conto della giu-risprudenza della Corte di Giusti-zia Europea che sul tema è molto larga nella definizione di chi sia-no), e ai criteri di fissazione del li-vello dei salari minimi. In Italia e-sistono vari disegni di legge, il ddl S658 presentato da Catalfo, due molto diversi tra loro presentati dal Pd e uno da LeU; e si parla di un prossimo progetto del Governo. I nodi da sciogliere, alla luce della proposta di direttiva, sono diversi. IL PRIMO è il rapporto con i contrat-ti colletcontrat-tivi. È diffusanelle organiz-zazioni sindacali, ma insensata, l'i-dea che i datori di lavoro potrebbe-ro sottrarsi all'applicazione dei

contratti collettivi, sostituendo ai salari contrattuali quello legale. Se infatti il salario minimo legale fos-se fissato - come previsto dal ddl Catalfo - in un trattamento econo-mico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collet-tivi applicabili (nazionali, e anche

territoriali per i settori dove sono i contratti provinciali a fissare il sa-lario) per la qualifica del lavorato-re, il datore di lavoro non avrebbe vantaggi a passare dal salario con-trattuale a quello legale: sarebbero identici. Andrebbe regolata l'ipo-tesi in cui il contratto collettivo sia scaduto, come previsto dal ddl Ca-talfo. Ci sono però casi in cui due contratti collettivi potrebbero re-golare lo stesso rapporto di lavoro. Quale usare come parametro? Qui occorre che il criterio selettivo sia quello della rappresentatività comparata dei firmatari, misurata secondo i criteri stabiliti dagli ac-cordi raggiunti dalle parti sociali. Si darebbe così un duro colpo ai contratti collettivi "pirata" stipula-ti da organizzazioni sindacali di scarsa rappresentatività per far pagare meno il lavoro, generaliz-zando una previsione già esistente per le cooperative, e dichiarata le-gittima dalla Corte costituzionale con la sentenza 51/2015.

C'È POI IL TEMA del campo di appli-cazione: se lalegge fosse applicabi-le solo ai lavoratori subordinati, as-sisteremmo all'ulteriore prolifera-zione di contratti diversi, per pro-seguire lo sfruttamento. Dunque va applicata anche alle collabora-zioni etero-organizzate e bisogne-rebbe estenderla ai co.co.co., come era per i contratti a progetto. Infi-ne, il salario minimo orario fissato direttamente dal legislatore: tal-volta anche i contratti collettivi "veri" prevedono livelli così bassi da non consentire al lavoratore di avere una "esistenza libera digni-tosa", come dice l'articolo 36 della Costituzione. La legge attuerebbe questo principio, completando e correggendo quello che prevedono i contratti collettivi e che la giuri-sprudenza, imponendo l'osser-vanza delle tariffe dei contratti

col-lettivi, ha fatto dagli anni 50, sia pure con oscillazioni e limitazioni che la legge potrebbe superare. Il livello è molto discusso: per restare ai Paesi comparabili, in Francia è

10,15 euro, in Germania 9,35, in Spagna 6,71. Per l'I-talia, la fissazione in 9 euro lordi - che è la proposta del ddl Catalfo e di quello Laus (Pd) - appare molto mode-rata, tanto che si è stimato che riguarderebbe soltanto

2,6 milioni di persone, so-prattutto donne, dipenden-ti di piccole imprese, meri-dionali, lavoratori con con-tratti atermine: comunque,

un buon inizio.

Occorre pure fissare il

€ L'ORA?

AIUTEREBBE

2,6 MILIONI DI

LAVORATORI

ANCORA

POCO, MA UN

BUON INIZIO

meccanismo di aggiorna-mento della cifra, per evitare che l'inflazione ne diminuisca negli anni il valore. La soluzione più semplice sarebbe l'indicizzazione agli aumenti dei prezzi, che la sot-trarrebbe ad ogni mercanteggia-mento: è la proposta del ddl Catal-fo per i contratti collettivi scaduti, che utilmente potrebbe applicarsi anche ai 9 euro. Altri auspicano u-na Commissione con le parti socia-li, che rappresenterebbe un appe-santimento inutile, a meno che non si voglia affidare (ddl Nanni-cini, sempre Pd) a questa Commis-sione la fissazione periodica della cifra. Sciogliendo questi nodi, una buona legge sul salario minimo sa-rebbe un contributo indispensabi-le alla lotta contro indispensabi-le diseguaglian-ze e il lavoro povero, a vantaggio delle imprese corrette, delle rela-zioni industriali ma soprattutto delle persone che lavorano.

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BIOGRAFIA MARCO BARBIERI Marco Barbieri è professore ordinario di Diritto del Lavoro nel Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Foggia E stato assessore regionale al Lavoro e formazione professionale nella prima giunta Vendola. A luglio scorso è stato chiamato dalla ministra del Lavoro Nunzia Datalfo a far parte del tavolo tecnico di studio sulle tematiche concernenti le forme e gli strumenti di sostegno al reddito che porterà alla riforma degli ammortizzatori sociali

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