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Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN Pubblicazione del La Nuova Procedura Civile, 1, 2015.

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Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693

Pubblicazione del 9.1.2015 La Nuova Procedura Civile, 1, 2015

Editrice

Comitato scientifico:

Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) – Silvio BOLOGNINI (Professore straordinario di Filosofia del diritto) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) – Costanzo Mario CEA

(Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell’associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma)

- Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato,assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) – Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema

Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) – Francesco FIMMANO’ (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) – Mariacarla GIORGETTI

(Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) – Francesca PROIETTI (Magistrato) – Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare, Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano

SCHIRO’ (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato, Vice Capo dell’Ufficio legislativo finanze del Ministro dell’economia e delle finanze) – Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte

di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.).

La sentenza di incompetenza dà luogo a giudicato soltanto formale:

conseguenze pratiche

La sentenza del giudice del merito che statuisca unicamente sulla competenza, anche se esamina e decide questioni preliminari di merito ai limitati fini della negazione ed individuazione della competenza (come quella della qualificazione giuridica della domanda), non contiene, né esplicitamente né implicitamente, alcuna pronuncia di merito suscettibile di passare in cosa giudicata; pertanto, la sentenza di incompetenza dà luogo a giudicato soltanto formale e non preclude al giudice dichiarato competente l'esame e l'eventuale applicazione, per la decisione di merito, di norme di diritto sostanziale, ancorché in contrasto con le premesse della sentenza sulla competenza.

Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 26.11.2014, n. 25144

…omissis…

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1.1. - Il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1366,1367 e 1371 cod. civ.) censura l'operazione ermeneutica compiuta dai Giudici in merito al significato da attribuire alla clausola contrattuale relativa al pagamento del prezzo, laddove ne era stata ritenuta l'immediata esigibilità in assenza di un termine fissato nel preliminare. In effetti, un corretta interpretazione della complessiva pattuizione avrebbe dovuto indurre a ritenere la previsione un termine certo (di sei mesi) per il pagamento e comunque al momento del rogito, ove questo fosse avvenuto prima; si trattava di un termine a favore del debitore, il quale poteva scegliere di anticipare il pagamento e comunque in contestualità del rogito ove stipulato prima dello scadere del semestre. L'avverbio "presumibilmente" andava necessariamente interpretato nel senso che il promissario acquirente poteva anticipare il pagamento e il perfezionamento del rogito prima del semestre, dovendo essere necessariamente collegati i due elementi presi in considerazione dalle parti.

1.2. - Il motivo va disatteso.

La sentenza ha tenuto conto del tenore letterale della clausola contrattale, evidenziando correttamente che sul piano lessicale e logico l'avverbio

"presumibilmente" riferito alla scadenza, entro la quale si sarebbe dovuto corrispondere il prezzo dovuto, escludeva per ciò stesso la indicazione di un termine certo per l'adempimento, mentre d'altra parte, nessuna utile indicazione era rinvenibile relativamente al momento fossato per la stipula del definitivo.

In effetti, i ricorrenti formulano una soggettiva interpretazione delle pattuizioni contrattuali, sollecitando da parte della S.C. un inammissibile sindacato di merito sul significato della richiamata clausola negoziale. Qui occorre ricordare che l'interpretazione del contratto, consistendo in un'operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche, che deve essere specificamente indicata in modo da dimostrare - in relazione al contenuto del testo contrattuale - l'erroneo risultato interpretativo cui per l'effetto della predetta violazione è giunta la decisione, che altrimenti sarebbe stata con certezza diversa la decisione. Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto già dallo stesso esaminati: occorre ricordare che per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l'altra (Cass. 7500/2007; 24539/2009).

2.1 - Il secondo motivo denuncia la violazione del giudicato di cui alla sentenza di incompetenza emessa dal tribunale di Milano laddove era stato stabilito il luogo di pagamento del saldo.

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2.2. - Il motivo è infondato.

La sentenza del giudice del merito che statuisca unicamente sulla competenza, anche se esamina e decide questioni preliminari di merito ai limitati fini della negazione ed individuazione della competenza (come quella della qualificazione giuridica della domanda), non contiene, né esplicitamente né implicitamente, alcuna pronuncia di merito suscettibile di passare in cosa giudicata; pertanto, la sentenza di incompetenza dà luogo a giudicato soltanto formale e non preclude al giudice dichiarato competente l'esame e l'eventuale applicazione, per la decisione di merito, di norme di diritto sostanziale, ancorché in contrasto con le premesse della sentenza sulla competenza (Cass. 7775/2004).

3.1. - Il terzo motivo (violazione dell'art. 1183 cod. civ.) censura la sentenza la quale, considerando immediatamente esigibile il pagamento del prezzo, non aveva tenuto conto del vincolo sinallagmatico fra tale obbligazione e quella idi stipulare il contratto nonchè con l'obbligazione accessoria gravanti sul promittente venditore di fornire al notaio rogante la documentazione necessaria, attesa la simultaneità delle rispettive obbligazioni che avrebbe richiesto un congruo termine di adempimento.

3.2.- Il motivo è infondato.

La sentenza non ha affatto omesso di considerare la sinallagmaticità e contestualità delle rispettive prestazioni poste a carico delle parti: in effetti, ha evidenziato la condotta tenuta dal convenuto, il quale, manifestando l'intenzione di non volere adempiere la sua prestazione, dimostrò di non avere alcun interesse a risolvere la situazione cooperando, secondo il dovere di correttezza e buona fede, per l'esecuzione del preliminare; fu il comportamento del promissario a impedire che si procedesse alla conclusione del definitivo, non essendo in contestazione che il saldo sarebbe dovuto contestualmente alla redazione del rogito.

4.1.- Il quarto motivo denuncia la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata laddove - dopo avere affermato che il contratto non specificava il termine per il pagamento - aveva ritenuto che, in realtà, la stipula era prevista non dopo ma entro sei mesi e quindi anche subito:

pertanto, alla clausola era possibile attribuire un determinato significato, ovvero la stipula del definitivo entro sei mesi come affermato dal giudicato di cui alla sentenza del tribunale di Milano. Inoltre, erroneamente la Corte aveva addebitato al C. di non avere aderto alla richiesta di fissazione del termine per la stipula del definitivo quando la attrice aveva chiesto la precisazione del termine per il pagamento del residuo del prezzo.

4.2 il motivo è inammissibile.

Al riguardo va osservato che alla sentenza non definitiva pubblicata nel 2004 trova applicazione l'art. 366 bis cod. proc. civ. introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 dovendo al riguardo considerarsi la data di pubblicazione della sentenza definitiva (2007), atteso che, per effetto della riserva di appello, l'impugnazione della sentenza non definitiva è differita al momento della pubblicazione della decisione definitiva per cui la sentenza si intende convenzionalmente pronunciata nella stessa data (Cass. 343/2013).

Orbene, ai sensi del citato art. 366 bis introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena

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di inammissibilità (art. 375 c.p.c., n. 5) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), e qualora il vizio sia denunciato anche ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere , a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Analogamente a quanto è previsto per la formulazione del quesito di diritto nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), nell'ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), separatamente indicato in una parte del ricorso a ciò specificamente deputata e distinta dall'esposizione del motivo, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 20603/07). In tal caso, l'illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del fatto controverso con la precisazione del vizio del procedimento logico-giuridico che, incidendo nella erronea ricostruzione del fatto, sia stato determinante della decisione impugnata. Pertanto, non è sufficiente che il fatto controverso sia indicato nel motivo o possa desumersi dalla sua esposizione. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la verifica che la denuncia sia ricondotta nell'ambito delle attribuzioni conferite dall'art. 360 c.p.c., n. 5 al giudice di legittimità, che deve accertare la correttezza dell'iter logico- giuridico seguito dal giudice esclusivamente attraverso l'analisi del provvedimento impugnato, non essendo compito del giudice di legittimità quello di controllare l'esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso l'esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice del fatto. Si era, così, inteso precludere l'esame di ricorsi che, stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione, sollecitano al giudice di legittimità un inammissibile riesame del merito della causa.

Nella specie, il motivo non formula il momento di sintesi contenente la indicazione del fatto controverso e il vizio di motivazione denunciato.

5.1. Il quinto motivo formula una duplice censura: a) violazione ed erronea applicazione degli artt. 1277 e 1282 1184, 1453 cod. civ.; b) insufficiente motivazione circa la gravita dell'inadempimento.

a) Erroneamente la sentenza aveva ritenuto la immediata esigibilità del prezzo - facendo riferimento alla fissazione del termine di cui all'art. 1183 cod. civ., che peraltro l'attrice avrebbe potuto chiedere ma non aveva mai chiesto agendo per la risoluzione - e la natura liquida ed esigibile del credito per il residuo prezzo, quando non erano state completate le operazioni di misurazione necessarie per la sua quantificazione e il termine era posto a favore del debitore e del non creditore;

la domanda di risoluzione proposta prima della scadenza del termine semestrale aveva impedito al convenuto di adempiere la propria obbligazione;

il rifiuto dell'attrice a trasferire il bene aveva costretto xxxxxx a richiedere al Giudice il termine di pagamento quale condizione dell'effetto traslativo;

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b) censura le argomentazioni formulate dalla sentenza impugnata circa la gravità dell'inadempimento, con riferimento all'immissione in possesso che era stata prevista in contratto, atteso che gli eventi successivi alla domanda di risoluzione non hanno rilevanza; in pendenza del giudizio di risoluzione nessuna indennità era dovuta.

5.2.- Il motivo va disatteso.

1) La censura sub a) pone innanzitutto una questione, che è nuova e, involgendo accertamenti di fatto, come tale, è inammissibile, non risultando trattata dalla decisione impugnata la preventiva necessita di misurazioni per procedere alla determinazione del prezzo: allora, le ricorrenti avrebbero dovuto allegare di avere tempestivamente ritualmente dedotto nel giudizio di merito tale questione, denunciandone l'omesso esame.

Per quel che concerne la immediata esigibilità del prezzo, si è già detto circa la corretta interpretazione della clausola concernente l'obbligazione di pagamento.

2) La doglianza sub b) che denuncia vizi di motivazione è inammissibile ai sensi del citato art. 366 bis per che non si conclude con il necessario momento di sintesi di cui si è detto sopra.

6.1.- Il sesto motivo formula una duplice censura: a) insufficiente e contraddittoria motivazione; b) violazione ed errata applicazione dell'art. 1375 cod. civ.

1) La prima censura denuncia l'erronea valutazione e il traviamento delle deposizioni testimoniali compiuta dai Giudici che, estrapolando ed enfatizzando dal contesto una frase, avevano ritenuto che xxxxxxxxx. avrebbe dichiarato di non volere adempiere, quando dall'esame delle stesse era piuttosto emerso che il predetto rifiutò la richiesta avanzata dalla promittente venditrice di modificare i termini del contratto senza che peraltro la medesima avesse chiesto di fissarsi la data del definitivo; denuncia, quindi, il giudizio con cui, mentre da un lato era stata considerata attendibile la deposizione del D.M., tali non erano state ritenute quelle rese dalla Bxxx avendo in proposito i Giudici adoperato due diversi criteri fra loro contraddittori per valutare le deposizioni.

2) Sarebbe stato necessario procedere a una valutazione complessiva delle deposizioni testimoniali, alla stregua delle quali non sarebbe dovuto sfuggire che l'attrice aveva proposto azione di risoluzione senza manifestare la volontà di essere disponibile alla stipula, impedendo alla controparte di adempiere alla propria obbligazione.

Pertanto, contrario alla buona fede non era stato il xxxxx

Formula il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ.: "Dica la Corte di Cassazione se nell'esecuzione di un contratto a prestazioni corrispettive il principio di buona fede di cui all'art. 1375 c.c. debba operare a tutela della volontà unilaterale di una sola delle parti o se invece imponga considerare prevalenti i reciproci interessi, prendendo conseguentemente in considerazione il comportamento, anche in fase di azione giudiziaria, di entrambe le parti ed infine se il detto principio possa condurre a scindere le

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obbligazioni del venditore da quelle del compratore, privilegiando l'utilità del primo rispetto a quella del secondo".

6.2.- Il motivo è inammissibile.

La censura sub 1) non si conclude con il momento di sintesi mentre il quesito relativo alla doglianza sub 2) è del tutto inidoneo, tenuto conto che lo stesso deve risolversi in una chiara sintesi logico- giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta - negativa od affermativa - che ad esso si dia, discenda in modo univoco l'accoglimento od il rigetto del gravame (SU 23732/07): nella specie, il quesito è assolutamente generico, non contendendo alcun riferimento concreto ai termini della controversia e al principio affermato dalla Corte, di guisa che la risposta ad esso non potrebbe essere risolutiva del giudizio.

7.1.- Il settimo motivo (insufficiente, errata e contraddittoria motivazione) censura la sentenza laddove aveva affermato che l'attrice non sarebbe stata preventivamente informata dei lavori o ancora che le opere realizzate sarebbero state difformi da quelle autorizzate, quando tali circostanze erano smentite dalla documentazione in atti e dalla prova testimoniale;

erroneamente la sentenza, nel pronunciare la risoluzione del contratto, non aveva considerato anche il parametro soggettivo ovvero il comportamento tenuto dalla promittente che dimostrò acquiescenza alla modifica interna che peraltro non incideva sulla commerciabilità dell'immobile secondo quanto riferito dal geom. Era che aveva espresso un giudizio tecnico; in ogni caso, non avrebbe inciso sugli interessi economici dell'attrice la quale peraltro si era resa inadempiente all'obbligo della consegna del box.

7.2. Il motivo è inammissibile ex art. 366 bis, in quanto non si conclude con il momento di sintesi.

8.1. L'ottavo motivo (violazione ed errata applicazione degli artt. 1453 e 2932 cod. civ.) deduce che erroneamente la sentenza aveva ritenuto necessario da parte del convenuto, che aveva fatto offerta informale del prezzo con la domanda riconvenzionale di cui all'art. 2932 cod. civ., l'adempimento quando questo, ai sensi del divieto di cui all'art. 1453 cod. civ., non poteva essere effettuato in presenza della domanda di risoluzione proposta dall'attrice.

8.2. Il motivo è infondato.

La domanda, proposta ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., postula che il contraente, il quale chieda l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, sia non inadempiente alle obbligazioni derivanti dal contratto medesimo : è tenuto all'adempimento della prestazione corrispettiva o all'offerta della medesima - che può essere costituita da una seria manifestazione della volontà di eseguirla, senza che sia necessaria una offerta reale - se tale prestazione sia esigibile al momento della domanda giudiziale;

quando invece essa, per accordo delle parti, debba essere effettuata contestualmente alla stipula dell'atto definitivo, o comunque successivamente, la sentenza costitutiva degli effetti di questo contratto, promesso e non concluso, deve essere pronunciata indipendentemente da qualsiasi offerta, ed il pagamento del prezzo (o della parte residua) va imposto dal giudice quale condizione per il verificarsi del richiesto effetto traslativo della proprietà del bene derivante dalla sentenza medesima.

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L'offerta della prestazione corrispettiva, cui l'art. 2932 cod. civ. subordina l'accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di trasferimento di una cosa determinata, pur non dovendo essere necessariamente fatta nelle forme di cui agli artt. 1208 è 1209 cod. civ., non può, tuttavia, consistere in una mera dichiarazione di intenti, dovendo essere caratterizzata, in ogni caso, da serietà e buona fede (Cass. 2217/2013).

Orbene, nella specie la sentenza ha correttamente ritenuto che, essendo il prezzo immediatamente esigibile e avendo in precedenza il convenuto dichiarato di non volere adempiere, il xxxxxxxxx. doveva essere considerato inadempiente all'obbligazione di pagamento del prezzo : in tal modo ha inteso escludere che potesse considerarsi rispondente a serietà e buona fede l'offerta informale formulata dal medesimo con la comparsa di costituzione.

Appare fuori luogo il riferimento al divieto di all'art. 1453 cod. civ., il quale sancisce che il pregresso inadempimento del convenuto non può essere neutralizzato dalla esecuzione della prestazione effettuata successivamente alla domanda. La domanda riconvenzionale di esecuzione specifica del contratto proposto dal - convenuto era evidentemente subordinata alla verifica dell'assenza di un' inadempimento imputabile al promissario acquirente (e, quindi, all'insussistenza delle condizioni per pronunciare la risoluzione del contratto ex adverso chiesta) e alla sussistenza delle condizioni necessarie per ottenere la pronuncia costitutiva ex art. 2932 cod. civ.: se, evidentemente, tale domanda era astrattamente ammissibile, la stessa non ha trovato accoglimento sul rilievo, come si è detto, dell'accertato grave inadempimento del promissario e della risoluzione conseguente del contratto. Il ricorso va rigettato.

Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese relative alla presente fase, non avendo l'intimata svolto attività difensiva.

p.q.m.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 ottobre 2014.

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