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GIANFRANCO PERRI. 31 dicembre 2020

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Academic year: 2022

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G

IANFRANCO

P

ERRI

L’11 settembre 2008 cessò di esistere l’aeroporto militare di Brindisi

‘con 90 anni di servizio e ben 27 aviatori brindisini decorati al Valor Militare’

31 dicembre 2020

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L’11 settembre 2008 cessò di esistere l’aeroporto militare di Brindisi

‘con 90 anni di servizio e ben 27 aviatori brindisini decorati al Valor Militare’

Pubblicato, parzialmente, su il7 Magazine del 31 dicembre 2020

Molto diverso, certamente molto più funzionale e probabilmente anche più bello sarebbe risultato l’impianto urbanistico della Brindisi del XX secolo se non fosse mai esistito l’aeroporto militare, diretto epigono dell’idroscalo militare e diretto precursore dell’odierno aeroporto civile, la cui presenza ha irrimediabilmente bloccato ogni possibile sviluppo della città verso nord: iniziando dalla costa interna al porto fino a Materdomini, e poi proseguendo sulla costa esterna da Materdomini a Punta del Serrone e quindi eventualmente fino a Punta Penne, e poi dalla costa estendendosi via via verso l’interno.

Eppure, da ormai varie generazioni, i brindisini c’eravamo abituati a quell’ingombrante e rumorosa presenza. Faceva di fatto parte della nostra brindisinità, e non solo per l’inoccultabile vastità degli spazi fisici occupati o per la troppo invasiva spettacolarità del continuo sfrecciare delle formazioni aeree, ma anche – e soprattutto – per la radicata compenetrazione di tanti uomini in divisa azzurra nel tessuto sociale della città. In molti avevamo un nonno, un padre, uno zio, un fratello, un cugino o un caro amico aviatore di base all’aeroporto di Brindisi; molte giovani brindisine avevano sposato un aviatore di servizio a Brindisi, e molte mamme brindisine avevano un figlio in aeronautica.

Una prova inconfutabile di quest’ultima affermazione? Ebbene, nell’Albo degli eroi decorati al valor militare dell’Aeronautica Militare Italiana dal 1929 al 1945, sono ben 27 i brindisini presenti – ufficiali, sottufficiali e avieri – tra i quali: la medaglia d’oro S. Tenente Leonardo Ferrulli1; 7 medaglie d’argento: Antonio Caravaggio, Aristide Caroppo, Filippo

1 PERRI G. 75 anni fa la morte del pilota eroe Ferrulli - il7 Magazine di Brindisi del 6 di luglio 2018

«… Il 5 luglio 1943, settantacinque anni fa, il sottotenente pilota Leonardo Ferrulli decollò alle 14:20 nel cielo di Sicilia dalla pista di Sigonella con il suo monoplano Macchi MC.202S della 91ª Squadriglia del glorioso 4° Stormo, diretto ad intercettare un’imponente formazione di bombardieri quadrimotori americani Boeing B-17 Flying Fortress scortata da caccia Lockheed P-38 Lightning e da una trentina di Spitfire. “…Nel cielo è un crepitare di proiettili: centinaia di mitraglie sparano rabbiose contro il temerario che osa da solo l’inosabile…”. Ferrulli fu visto abbattere un B-17 e presto tutta la caccia nemica incalzò con rabbia crescente per vendicare la perdita subita. Ma Ferrulli abbatté ancora un bimotore da caccia P-38 prima di essere attaccato dagli Spitfire di scorta. Colpito, si lanciò con il paracadute dal suo Macchi danneggiato, ma era troppo basso e urtò il suolo morendo nei pressi di Scordia, in provincia di Catania: prima, aveva generosamente voluto portare il suo aereo fuori dal centro abitato per non rischiare di coinvolgere alcun civile. Era stato abbattuto, in quel momento, il pilota italiano con il maggior numero di vittorie aeree: ventidue abbattimenti individuali e uno collettivo. Per quell’ultima azione di guerra gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, che si sommò alle quattro medaglie d’argento al valor militare che gli erano state conferite in precedenza. Questa la motivazione della medaglia d’oro:

“Il cuore generoso, l’audacia eccezionale, l’abilità impareggiabile, avevano fatto di lui il simbolo eroico della nostra arma combattente. In numerosi aspri combattimenti per 20 volte piegò, vincendola, la baldanza nemica. Non ritornò da un meraviglioso combattimento nel quale, solo contro trenta, aveva ancora due volte fatto fremere il sacro suolo d’Italia con l’urto del nemico abbattuto. Nell’ora grave della Patria, sfatando l’alone di invulnerabilità che si era creato, volle additare a noi, ingiustamente superstiti, la via della gloria e dell’onore.

Esempio luminoso di una vita posta con superba dedizione al servizio della Patria.”

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Guarnaccia, Luigi Brancasi, Luigi Zito, Mario Mauro, Nicola Titi; 16 medaglie di bronzo:

Annibale Pagnotta, Cosimo Prete, Donato Caputo, Efisio Panzano, Giuseppe Ponzetta, Giuseppe Santerini, Mario Laguercia, Raffaele Ippolito, Roberto Consiglio, Rodolfo De Giorgi, Santo Coppola, Torquato Mandriota, Vincenzo Todisco, Vittorio Di Bello, Vittorio Gallo, Vittorio Marinazzi; e 4 croci di guerra: Edoardo Giordano, Franco Grieco, Teodoro Gigante, Teodoro Grasso.

Sarà certamente per tutto questo e per molto altro ancora, che la notizia della soppressione dell’aeroporto militare di Brindisi decretata in data 11 settembre 2008 fu colta con molta sorpresa e con non poco rammarico da una gran parte dei brindisini. Dallo status di “aeroporto militare aperto al traffico civile”, quello di Brindisi passò allo status di

“aeroporto civile appartenente allo Stato e aperto al traffico civile” con il trapasso dei beni del demanio militare aeronautico, a cominciare dalle piste non più funzionali ai fini militari, al demanio aeronautico civile in quanto strumentali all’attività del trasporto aereo civile. Una parte della storia degli ultimi 90 anni – e più – di Brindisi era stata troncata, e alcune famiglie brindisine dovettero separarsi o trasferirsi.

In effetti, anche se l’Aeronautica Militare fu creata il 28 marzo 1923, l’aeroporto militare di Brindisi, iscritto alla Marina Militare, esisteva da già vari anni come idroscalo militare. Le sue più lontane origini risalivano agli albori della stessa aviazione italiana, coincidendo con gli anni iniziali della prima guerra mondiale. Il suo primissimo nucleo fu una stazione provvisoria per idrovolanti creata il 6 dicembre 1914, quando della ventina di apparecchi dei quali disponeva allora la Regia Marina, a Brindisi furono assegnati 3 idrovolanti Curtiss.

Leonardo Ferrulli era nato a Brindisi venticinque anni prima, il 1° gennaio 1918. Si arruolò in aeronautica il 23 giugno 1935 e, il 5 marzo 1936, conseguì a Grottaglie il brevetto di pilota militare.

Il 16 marzo 1936 venne assegnato alla 84ª Squadriglia del 4° Stormo di stanza sull’aeroporto di Gorizia, uno dei reparti più blasonati della Regia Aeronautica, quello di Francesco Baracca, effigiato del cavallino rampante, lo stesso che ancora oggi troneggia sulle Ferrari, di cui è divenuto il simbolo.

Durante la Seconda guerra mondiale, in Cirenaica il 19 dicembre 1940, ai comandi di un CR.42, Ferrulli ottenne la sua prima vittoria abbattendo un Hurricane nel cielo di Sollum. Sempre in Nord Africa, abbatté altri cinque Hurricane e un Bristol Blenheim. Poi, in Sicilia nel 1941, Ferrulli, con i Macchi MC.200 del X Gruppo, volò decine di volte sull’isola di Malta e con i piloti del suo Gruppo partecipò all’attacco contro la base maltese di Micabba. Al ritorno, sul mare, Ferrulli, vedendo un collega inseguito da due Hurricane, virò per aiutarlo assieme ad un altro collega. Sopraggiunsero altri cinque caccia nemici e si sviluppò un violento combattimento aereo. I tre Macchi si disimpegnarono filando a pelo d’acqua, inseguiti per 20-30 miglia dai caccia inglesi che, alla fine, virarono per rientrare alla base: Ferrulli rientrò con il velivolo colpito da molte raffiche e gravemente danneggiato, ma non ferito e quindi, equipaggiato con un nuovo Macchi MC.202, l’anno seguente abbatté ben otto P-40 e uno Spitfire.Ferrulli fu poi destinato all’Egitto, nel cui cielo sommò 17 vittorie personali e fu protagonista di epici combattimenti, fino al suo rientro in Italia, di nuovo in Sicilia, nell’imminenza dello sbarco degli Alleati, ottenendo le sue due ultime vittorie il giorno stesso della sua morte, in quel fatale 5 luglio 1943.Finita la guerra, il Comune di Brindisi intitolò a Leonardo Ferrulli una strada cittadina nel rione Casale e l’Associazione Provinciale Gente dell’Aria provvide a sistemare sul muro esterno della sede del Banco di Napoli una lapide commemorativa dell’eroe brindisino, in seguito risistemata presso la sede dell’Associazione Arma Aeronautica via Nicola Brandi 29. Questo il testo:

PIÙ CHE SUL MARMO È INCISO NELLA GRATITUDINE DELLA PATRIA E NELL’ORGOGLIO DI BRINDISI IL RICORDO DEL NOBILE OLOCAUSTO DEL GIOVANE S. TEN. PILOTA LEONARDO FERRULLI DEL 4°

STORMO CACCIA CADUTO IN COMBATTIMENTO AEREO PER L’ITALIA IL 5 LUGLIO 1943. LA SPOGLIA MORTALE SPLENDENTE DI QUATTRO MEDAGLIE D’ARGENTO RIDISCESE DAI CIELI AUREOLATA DI MEDAGLIA D’ORO AL V.M. LO SPIRITO ELETTO RISALÌ NEI CIELI NELLA GLORIA DEGLI EROI … »

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Gli Hangars che furono dell’Idroscalo di Brindisi: i 4 Savigliano e i 6 Bresciani

Panoramica sull’Aeroporto di Brindisi

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Erano apparecchi di legno e tela, e furono inizialmente depositati sulla nave Elba e successivamente sulla nave Europa, in attesa che si completasse la costruzione di un apposito hangar in un’area al confine tra le due zone costiere denominate ”Posillipo” e “Costa Guacina” sul lato ovest dell’avamporto.

Nel 1916 la stazione fu potenziata divenendo l’Idroscalo Militare di Brindisi2, sito in località Costa Guacina, appena fuori dal porto interno a sinistra, sulla fascia costiera compresa tra il canale e Fontanelle, con di fronte uno specchio d’acqua dalle condizioni naturali ideali, dal quale si levarono in volo gli idrovolanti delle tre squadriglie operanti durante gli anni della Grande guerra. Una squadriglia era guidata da Orazio Pierozzi, eroico aviatore deceduto in volo di addestramento nel 1919 dopo aver guidato innumerevoli azioni di guerra vittoriose, ed a lui, dopo la tragica morte, fu intitolato l’idroscalo. Le altre due squadriglie erano guidate da altrettanti formidabili aviatori, Umberto Maddalena e Francesco De Pinedo, piloti entrambi divenuti celebri per le loro straordinarie imprese aviatorie, e anche loro deceduti in volo, nel 1931 e nel 1933 rispettivamente.

Nel corso del 1916 furono costruite sei aerorimesse per gli idrovolanti da bombardamento progettati dall’ingegnere Luigi Bresciani, morto in un incidente di volo ed il cui nome fu dato agli hangars. Adiacenti e a nord degli hangars Bresciani, si costruirono anche tre hangars per dirigibili, i quali però per ragioni di sicurezza furono dismessi e trasferiti a San Vito. Gli hangars Bresciani invece, con muratura di tufi e cemento e con copertura a botte con sesto ribassato in solaio latero-cementizio, sono ancora oggi in situ, utilizzati dall’ONU.

Negli anni Venti Brindisi divenne sede dell’86° Gruppo Idrovolanti dotato di apparecchi Macchi M.24 e poi Marchetti S.55 e sorse così la necessità di nuovi hangars la cui costruzione, predisposta a nord degli hangars Bresciani, fu commissionata alla Società Officine Savigliano di Torino. I quattro hangars Savigliano, ognuno a pianta rettangolare di circa 54x60 metri, furono completati intorno al 1930: ossatura reticolare metallica a una campata e rivestimenti in lamiere ondulate zincate, cupolino centrale di aereazione a doppia falda in materiale policarbonato, con quattro accessi verso la banchina di circa 51 metri d’apertura e più di 12 metri di altezza. L’ottima struttura metallica, nonostante la sua vicinanza al mare è rimasta pressoché intatta ed è tuttora funzionale, tant’è che anche questi enormi quattro hangars sono oggi gestiti dall’ONU.

All’inizio degli anni Trenta, con l’auge dell’aeronautica, fu decisa la costruzione dell’aeroporto terrestre in contiguità con l’idroscalo. Si procedette all’esproprio ed acquisto dei terreni agricoli necessari, e alla fine del 1931 iniziarono i lavori di costruzione. Il campo militare entrò in funzione nel 1933, inaugurato da Benito Mussolini il 30 di luglio, con pista di lancio in asfalto orientata N10°W con 50 metri di larghezza e lunghezza iniziale di 600 metri successivamente portata a 850 metri, attualmente non più operativa. L’aerostazione civile fu completata nel 1937 e nel 1938 fu intitolata ad Antonio Papola, in memoria del comandante di aeromobile civile deceduto il 13 febbraio 1938 per incidente di volo, mentre l’aeroporto militare mantenne la denominazione Orazio Pierozzi e su di esso, il 15 marzo del 1937 si formò il 35° Stormo con aerei SM.55 e l’anno seguente, 1938, si formò il Gruppo 95° con idrovolanti CANTZ.606, gli stessi che andarono in dotazione anche al Gruppo 86°.

Nel corso della Seconda guerra mondiale fu realizzata dai tedeschi una nuova pista in asfalto orientata N55°E con 1500 metri di lunghezza e si intensificò l’attività militare a scapito di quella civile, finché questa si esaurì del tutto nel settembre del '43, quando

2 PERRI G.Lo storico e glorioso idroscalo di Brindisi in “Pagine di storia brindisina” - Vol.1, 2019

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l’aeroporto divenne base dei reparti aerei alleati di occupazione, sotto il comando inglese che nel 1944 costruì una terza pista in terra stabilizzata orientata N45°W e lunga 1800 metri, sulla cui traccia fu poi creata la principale pista di lancio attuale lunga 2600 metri.

Dopo la Seconda guerra mondiale, l’attività aeronautica militare riprese gradualmente.

Nel 1947 a Brindisi fu destinato l’83° Gruppo Soccorso Aereo con idrovolanti CANTZ.506 sostituiti a partire dal 1958 con idrovolanti HU.16A. Poi, con l’entrata nel 1949 dell’Italia nella NATO, arrivarono in dotazione i primi aerei militari americani. Tra il 15 e il 18 settembre 1950 la portaerei americana Mindoro sbarcò i primi 40 aerei Curtiss Helldiver 52.C. E nel giugno del 1952 dalla portaerei americana Corregidor furono sbarcati i primi aviogetti da caccia, gli aeroplani a reazione F84.G, mentre gli idrovolanti continuarono ad operare fino a tutti gli anni '60.

Il 1° settembre 1967 sull’aeroporto militare di Brindisi fu ricostituito, con il 13° Gruppo caccia bombardieri ricognitori, il 32° Stormo3, originalmente costituito il 1° dicembre 1936

3GIAMPIETRO G. Capitolo estratto dall’articolo ‘Il 32° Stormo a Brindisi’ pubblicato su Brindisiweb.it

«…Il 32° Stormo B.T. - Bombardamento Terrestre - fu costituito il 1° dicembre 1936 su due Gruppi di volo: il 38° dislocato ad Aviano e l’89° dislocato a Forlì e divenne un reparto omogeneo il 24 febbraio 1937, quando i due Gruppi, dotati entrambi di velivoli trimotori Savoia-Marchetti S.81, furono riuniti sull’Aeroporto di Elmas, in Sardegna. Il comando dello Stormo fu assunto dal Col.

Vincenzo Napoli che il 3 aprile 1937 ricevette dalle mani del Re la Bandiera di combattimento. Dopo essere passato nelle mani del Col. Emanuele Moscone, nel febbraio 1939 venne dotato dei nuovi velivoli Savoia-Marchetti S.79 “Sparviero” costruiti in tela legno e tubi di acciaio, riconoscibili per la tipica “gobba” dietro l’abitacolo che valse loro il nomignolo di “Gobbi maledetti”. Nell’aprile del 1940 il comando fu assunto dal Col. Luigi Gallo e il 3 giugno 1940 lo Stormo si trasferì a Decimomannu, ancora in Sardegna. In pochissimi giorni l’aeroporto venne approntato per il suo impiego bellico e la guerra, dichiarata il 10 giugno 1940, trovò il 32° Stormo pronto.

Il 12 giugno 1940 lo Stormo, con ventiquattro S.79, bombardò la base francese di Biserta causando notevoli danni al nemico, ma sette velivoli rientrarono a Decimomannu colpiti dalla violenta reazione della contraerea nemica. Il 9 luglio lo Stormo partecipò compatto alla 1ª Battaglia delle Baleari. Venti velivoli si lanciarono contro un convoglio inglese: due velivoli dello Stormo andarono persi, ma la formazione inglese rientrò a Gibilterra con la nave da battaglia Hood, la portaerei Ark Royal e due incrociatori gravemente danneggiati. Per tale azione la Bandiera del 32° Stormo venne decorata di Medaglia d’Argento al Valor Militare “sul campo”. Il 30 luglio 1940 lo Stormo ebbe in dotazione due Savoia-Marchetti S.82 “Marsupiale” per i bombardamenti a lungo raggio. Il 9 novembre, con venti velivoli, attaccò un’ingente formazione navale inglese che tentava il passaggio del Canale di Sicilia.

Nonostante l’attacco di caccia “Defiant” lo Stormo colpì una portaerei e un incrociatore pesante. Tutti i velivoli rientrarono, ma tre componenti degli equipaggi caddero al loro posto di combattimento e altri sette furono feriti. Il 27 novembre il nemico ritentò il passaggio e lo Stormo lo attaccò in due ondate successive. Nella prima, protetta dalla caccia, colpì una portaerei; nella seconda colpì due incrociatori e cinque velivoli nemici caddero sotto i colpi dei mitraglieri dello Stormo. Il 9 gennaio 1941 lo Stormo, con dieci velivoli partì per bombardare un convoglio nemico nel Mediterraneo Occidentale. Durante la rotta di avvicinamento venne intercettato un convoglio da guerra sul quale converse l’attacco: venne colpita la nave da battaglia Malaja. Due velivoli dello Stormo non rientrarono e furono abbattuti quattro caccia avversari. L’8 maggio 1941 lo Stormo attaccò, nonostante le pessime condizioni meteo, un grosso convoglio difeso da due navi da battaglia, una portaerei, sei incrociatori e quindici caccia torpediniere. Un velivolo partì col compito di fare da radiofaro: il capo equipaggio, Cap. Armando Boetto, non rientrò e alla Sua memoria venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare “sul campo”. Nel giugno 1941, il Comando dello Stormo venne assunto dal Col. Leonello Leone. Il 25 luglio 1941 ci fu un altro epico scontro, nelle vicinanze di Capo Buongaroni, tra otto S.79 dello Stormo e le forze nemiche. Un aereo andò perso e gli altri sette

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e sciolto il 27 gennaio 1943. Fu intitolato alla memoria del capitano Armando Boetto e dotato di aerei Fiat G.91R, rimpiazzati nel 1974 con i bireattori G.91Y fino alla loro sostituzione, entrati gli anni Ottanta, con gli AMX Ghibli. Il 32° Stormo rimase di base a Brindisi per quasi trent’anni, fino al luglio del 1993, e in tutti quegli anni compì un’intensa continua e produttiva attività addestrativa e operativa nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, acquisendo anche lo Status NATO di combat readiness, cioè di prontezza al combattimento.

Nel 1993 il 32° Stormo fu dislocato ad Amendola – Foggia – diventando uno Stormo da interdizione, e fu così che “in una afosa mattina di luglio” la Bandiera di Guerra dello Stormo ricevette per l’ultima volta gli onori nell’aeroporto di Brindisi. Lo spostamento “d’ordine superiore dello Stato Maggiore” conseguì – perlomeno ufficialmente – a ragioni strategiche legate ai cambiamenti geopolitici avvenuti nel Mediterraneo Orientale.

«Rimane la consolazione che l’area aeroportuale – già sede del glorioso Idroscalo

“Orazio Pierozzi” e dell’aeroporto civile “Antonio Papola” – e le piste da cui decollarono i Maddalena e i De Pinedo non siano state fagocitate dalla speculazione edilizia. Al posto dei G.91, infatti, continuano a operare i velivoli cargo con cui, dalla Base Logistica delle Nazioni Unite, il Deposito del WFP-UNHRD smista nel mondo gli aiuti alimentari e i farmaci alle popolazioni colpite da calamità naturali o guerre. E poi… Chi ha detto che la Bandiera del 32° sia andata via? Essa continuerà a sventolare negli occhi e nei cuori di quanti, in quegli anni, hanno avuto modo di apprezzare il valore e la generosità degli uomini dello Stormo».

[Il 32° Stormo a Brindisi di GUIDO GIAMPIETRO in Brindisiweb.it]

Ed è certamente vero; però è anche vero che nel 2008 – quindici anni dopo il trasferimento del 32° Stormo – l’aeroporto militare di Brindisi cessò di esistere e di esso oggi rimane solo un Distaccamento dell’Aeronautica, il cui pur esiguo personale militare garantisce comunque ininterrottamente l’assistenza logistica, la sicurezza e la difesa delle strutture e del personale dell’UNGSC (United Nations Global Service Centre) e dell’UNHRD (United Nations Humanitarian Response Depot), coadiuvando i voli cargo umanitari del WFP (World Food Programme) al quale proprio quest’anno è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace. Brindisi e i brindisini, pertanto, ben possiamo sentirci ancora orgogliosi del nostro aeroporto, già non più popolato di uomini in divisa azzurra, ma tuttavia ancora palese artefice di tante encomiabili gesta umane attuate su ali che furono gracili, di legno e tela, per poi divenire portentose, di acciaio e alluminio. Pertanto, probabilmente…

non fu del tutto vana quella rinuncia ad un miglior impianto urbanistico della città, che cent’anni fa, fu imposta ai brindisini.

rientrarono colpiti. Per questa azione un membro del 32° Stormo fu decorato con la medaglia d’oro al VM a vivente. Era il 1° Aviere Rolando Ricci, motorista a bordo di uno degli aerei attaccati. Si era posto a una delle mitragliatrici laterali per concorrere alla difesa del velivolo. Una raffica lo prese in pieno viso, accecandolo. Ricci, col volto ridotto a una maschera di sangue, si trascinò accanto ai piloti cercando d’essere utile con i consigli durante il volo di rientro. Sopravvisse alla tremenda ferita e, oramai cieco, prestò ancora servizio in Aeronautica come centralinista telefonico. Nel settembre 1941, dopo altri bombardamenti a potenti formazioni nemiche e intense missioni di ricognizione, lo Stormo si trasferì sull’aeroporto di Borgo Panigale e per i brillanti risultati fino a quel momento conseguiti, anche a prezzo di dolorose perdite, gli fu tributato un elogio. Il 1° novembre 1941, il 32°

Stormo cambiò denominazione e divenne Aerosilurante; gli vennero assegnati gli S. 84 in sostituzione dei vecchi, gloriosi “Gobbi maledetti”. Il 24 maggio 1942 lo Stormo si trasferì a Gioia del Colle, nel novembre sulla Base di Villacidro in Sardegna ed infine a Galatina. Il 10 gennaio 1943 - passato sotto il Comando del Col. Vittorio Mariani - il 32° Stormo cambiò di nuovo la sua denominazione e da Aerosilurante tornò ad essere B.T. Il 27 gennaio 1943, infine, il glorioso 32° Stormo venne sciolto...»

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Fiat G.91 Y (yankee) del 32° Stormo di Brindisi

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