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LA RESIDENZA FISCALE DELLE PERSONE FISICHE E DELLE SOCIETÀ.

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LA RESIDENZA FISCALE DELLE

PERSONE FISICHE E DELLE SOCIETÀ.

PROGETTO "FISCO E LEGALITÀ- EDUCAZIONE ALLA LEGALITÀ FISCALE”

a.s. 2020/2021 e a.a. 2020/2021 - IX EDIZIONE IN DIRITTO TRIBUTARIO/FISCALE

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INDICE:

1.

Premessa.

2.

La residenza fiscale delle persone fisiche e delle società nell’ordinamento italiano.

3.

Situazioni particolari legate alla residenza:

3.A.

I casi di doppia residenza e le c.d. «tie-breaker rules» dell’OCSE.

3.B.

Il fenomeno dell’ «esterovestizione».

4.

Casi pratici. Questioni nazionali ed internazionali.

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1. PREMESSA.

L’evoluzione del diritto tributario nazionale ed internazionale

Disciplina estremamente dinamica che a livello internazionale ha attraversato sostanzialmente tre fasi dalla sua nascita, dovute a cambiamenti delle società e del mercato mondiale.

Il diritto tributario internazionale ha le sue origini nella metà dell’Ottocento; prima le disposizioni tributarie aventi ad oggetto la tassazione di ricchezza prodotta fuori dal territorio dello Stato erano pochissime, quasi inesistenti.

Ciascun ordinamento contemplava, infatti, tributi esclusivamente su presupposti verificatisi nell’ambito territoriale nazionale, senza curarsi dei fatti economici accaduti fuori dai confini, anche se posti in essere o riconducibili a soggetti sottoposti alla propria sovranità.

In sostanza, ogni Stato si preoccupava di imporre tributi all’interno del proprio territorio nazionale senza invadere quello altrui.

Inoltre, la limitata mobilità delle persone, dei capitali e dei servizi faceva sì che i fatti espressivi di ricchezza dotati di collegamento con più ordinamenti avessero ancora dimensioni contenute.

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Fase 1. Tassazione di tipo reale mediante il criterio di territorialità.

Periodo storico: fino alla fine dell’Ottocento.

I sistemi di prelievo dell’epoca erano incentrati, per lo più od esclusivamente, su imposte di tipo reale e che dunque davano rilievo, per loro natura, non alla situazione personale del soggetto passivo, ma alla manifestazione di ricchezza in sé e per sé considerata.

Si faceva dunque riferimento quasi esclusivamente al criterio di territorialità, secondo il quale erano suscettibili di tassazione i presupposti verificatisi entro i confini nazionali, lasciando così solo marginalmente spazio alla disciplina internazionale.

Fase 2. Tassazione di tipo misto (reale e personale).

Periodo storico: inizio XX° secolo – metà XX° secolo.

I presupposti tassabili varcano i confini del territorio, aggiungendo al criterio territoriale (che rimane quello principale) il collegamento di tipo personale (la “residenza”), in modo da consentire la tassazione anche di tutti i redditi comunque prodotti fuori dal territorio nazionale.

Novità fondamentale: nascita del fenomeno della doppia imposizione internazionale (ad esempio:

a) tassazione personale nello Stato di residenza concorrente a tassazione reale nello Stato in cui viene prodotto il reddito; b) soggetto formalmente residente fiscalmente in più Stati

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Fase 3. Tassazione di tipo personale mediante il principio c.d. worldwide.

Periodo storico: dalla seconda metà del XX° secolo.

Ultimo significativo impulso allo sviluppo della materia, che possiamo dire essere arrivata nella sua

“fase attuale”, è stato fornito dalla c.d. globalizzazione; un insieme di fattori quantitativi e qualitativi, tutti già presenti ma esponenzialmente cresciuti negli ultimi decenni (scambio di beni e servizi, velocità e facilità di trasmissione delle informazioni, circolazione dei flussi finanziari), determinano una sostanziale interdipendenza tra gli ordinamenti.

Principio c.d. worldwide → imponibilità in capo al residente del reddito ovunque prodotto.

L’adozione da parte di un numero di Stati sempre più elevato del principio della tassazione basata sul c.d. worldwide, insieme al mantenimento della tassazione su base territoriale dei contribuenti non residenti, ha implementato in termini esponenziali il problema della doppia imposizione.

La tassazione di tipo personale legata alla residenza risponde ai canoni costituzionali sanciti dall’art 53 Cost., in base al quale «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva».

Pertanto i soggetti residenti sono chiamati a concorrere alla spesa pubblica nello Stato in cui risultano insediati, beneficiando di tutta la rete di servizi che detto Stato mette a disposizione (sanità, giustizia, sicurezza, istruzione, infrastrutture etc…).

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A) Persone fisiche → Art. 2 D.P.R. n. 917/1986 («TUIR»).

Art. 2 TUIR – «Soggetti passivi».

1. Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.

2. Ai fini delle imposte sul reddito si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta -(183 giorni)- sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.

Per superare le difficoltà di ordine pratico in sede di accertamento dei trasferimenti di residenza “di comodo”, il legislatore ha da tempo aggiunto all’art. 2 del Tuir il comma 2-bis. La finalità è evidente ed è rappresentata dall’intento del legislatore di contrastare i trasferimenti fittizi della residenza tributaria.

A carico dei cittadini italiani che si trovino nelle condizioni del citato comma 2-bis esiste ora una presunzione legale relativa in base alla quale gli stessi continuano a considerarsi residenti nel territorio dello Stato, fatta salva, comunque, la possibilità di provare l’effettivo trasferimento della residenza portando concreti elementi di prova.

2. LA RESIDENZA FISCALE DELLE PERSONE FISICHE E

DELLE SOCIETÀ NELL’ORDINAMENTO ITALIANO.

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La residenza rappresenta il collegamento stabile tra il soggetto ed il territorio ed in questo caso l’ordinamento tassa i redditi ovunque prodotti dai residenti. La residenza fiscale ha quindi la funzione di distinguere i soggetti nei cui confronti dare rilevanza ai redditi ovunque prodotti dai soggetti la cui tassazione è improntata a criteri di territorialità.

La residenza può non coincidere con la cittadinanza.

L’onere della prova ricade sul Fisco, o sul contribuente stesso in caso di trasferimento in un paradiso fiscale.

La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente è condizione necessaria ma non sufficiente al fine di non essere più un soggetto residente (domicilio e residenza possono essere desunti con ogni mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici).

La residenza è un dato formale mentre la dimora è un dato sostanziale (Art. 43 c.c. «Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi»).

La residenza delle persone fisiche. Le principali caratteristiche.

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B) Persone giuridiche → Art. 73, comma 3, D.P.R. n. 917/1986 («TUIR»).

Art. 73 TUIR – «Soggetti passivi».

«[…] 3. Ai fini delle imposte sui redditi (delle società) si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. […]».

# Sede legale → Luogo in cui dall'atto costitutivo risulta il centro amministrativo dei propri affari.

# Sede dell’amministrazione → La sede dell’amministrazione è il luogo in cui si formano le principali decisioni gestionali relative alla determinazione delle scelte chiave e strategiche aziendali.

L’identificazione deve avvenire dal punto di vista sostanziale e non meramente formale.

Può coincidere con il luogo dove si riunisce il CdA a condizione che le deliberazioni siano assunte in quel luogo, ossia senza limitarsi a formalizzare decisioni assunte altrove.

La sede dell’amministrazione non è necessariamente il luogo nel quale risiedono gli amministratori della società.

# Oggetto principale → È il luogo nel quale viene esercitata l’attività effettivamente svolta.

Non è necessariamente il luogo nel quale si trovano i beni di proprietà della società.

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3. SITUAZIONI PARTICOLARI LEGATE ALLA RESIDENZA.

3.A. I CASI DI DOPPIA RESIDENZA E LE C.D. «TIE-BREAKER RULES»

DELL’OCSE.

Siccome non vi è un concetto di residenza fiscale riconosciuto a livello mondiale, potrebbe verificarsi il caso in cui un soggetto sia considerato fiscalmente residente in più di uno Stato.

Il fenomeno della doppia residenza è un problema fiscale internazionale che deve essere risolto attraverso convenzioni internazionali (c.d. «contro le doppie imposizioni»), predisposte sulla base di modelli elaborati da organizzazioni internazionali.

I Paesi aderenti all’OCSE* utilizzano il modello predisposto da tale organizzazione, che rappresenta anche il modello più diffuso sul panorama internazionale.

Il modello detta in maniera rigida lo schema strutturale e contenutistico sulla base del quale devono essere stipulate le convenzioni (ad esempio, l’art. 4 di ogni convenzione stipulata con il modello OCSE disciplina il concetto di «residenza»).

* L'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è un organizzazione internazionale, nata nel 1961 e avente sede a Parigi, che si occupa di studi economici; non è un organismo politico. I documenti OCSE sono dotati di una forte rilevanza a livello internazionale.

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L’art. 4 par. 2 del Modello OCSE individua le c.d. “tie-breaker rules”, ossia una serie di criteri, che si collocano tra loro in rapporto gerarchico, sulla base dei quali risolvere i problemi di doppia residenza fiscale di un soggetto (persona fisica comma 2, società comma 3) derivanti dall'applicazione delle normative interne dei vari Stati, definendo quale luogo di residenza deve prevalere. In particolare viene previsto che:

«2. Quando […] una persona fisica è residente di entrambi gli Stati, la sua situazione è determinata nel seguente modo:

a) detta persona è considerata residente dello Stato nel quale ha un'abitazione permanente; se essa dispone di un'abitazione permanente in entrambi gli Stati, è considerata residente dello Stato nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali);

b) se non si può determinare lo Stato nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un'abitazione permanente in alcuno degli Stati, essa è considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente;

c) se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati, ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato del quale ha la nazionalità;

d) se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati, o se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati risolvono la questione di comune accordo.

3. Quando […] una persona diversa da una persona fisica è residente di entrambi gli Stati, essa è considerata residente dello Stato in cui si trova la sede della sua direzione effettiva. […]».

Si tratta di regole che sono volte a far prevalere la sostanza sulla forma, al fine di evitare fenomeni elusivi derivanti da falsi trasferimenti all'estero, unicamente volti ad ottenere un risparmio illecito di imposta.

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3. SITUAZIONI PARTICOLARI LEGATE ALLA RESIDENZA.

3.B. IL FENOMENO DELL’ «ESTEROVESTIZIONE».

Con il termine «esterovestizione» si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una persona fisica o di una società all’estero, ed in particolare, in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, all’evidente scopo di sottrarsi agli adempimenti previsti dall’ordinamento tributario del Paese di reale appartenenza.

Il problema è riconnesso al fatto che a livello internazionale, e soprattutto a livello europeo, è riconosciuto il principio di libertà di stabilimento, vietando agli Stati di adottare norme volte a limitare detto principio.

La nozione di stabilimento però implica l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata. Ne consegue che, perché sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive, una restrizione alla libertà di stabilimento deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere le normali imposte nazionali.

Risultano ancor più di fondamentale importanza i già esaminati criteri per poter individuare l’effettivo Paese di residenza (persone fisiche → abitazione permanente, centro interessi vitali, soggiorno, nazionalità;

società → sede della sua direzione effettiva, «place of effective managment»)

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Il problema della violazione delle norme sulla residenza fiscale non riguarda esclusivamente il diritto internazionale, rappresentando altresì un problema molto sentito anche a livello nazionale.

Per quanto attiene l’ordinamento interno, la violazione delle norme sulla residenza non può tecnicamente essere ricompresa nel concetto di «esterovestizione» in quanto in ogni caso si rimane all’interno dello stesso Paese; occorre a tal proposito parlare in generale di «residenza fittizia» per l’operazione posta in essere dal contribuente di fissare fittiziamente la propria residenza in un comune od in una città diversa rispetto a quella reale, al solo ed unico fine di poter beneficiare di un particolare permesso o di un’agevolazione fiscale, oppure di evitare il pagamento di una specifica tassa.

Caso tipico di accertamento di residenza fittizia era rappresentato dal tentativo da parte del contribuente di eludere il pagamento dell’ «ICI» (Imposta Comunale sugli Immobili, oggi sostituita dall’IMU), al fine di cercare di ottenere l’esenzione «prima casa».

Oggi, con l’introduzione della disciplina dell’IMU (art. 8 D.Lgs. n. 504/1992) tale aspetto è stato risolto da parte del legislatore prevedendo l’esenzione esclusivamente per l’abitazione principale, intendendosi come tale quella in cui il titolare ed i suoi familiari dimorano abitualmente.

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A) Esterovestizione di persona fisica.

A.1) IL CASO PAVAROTTI

Nella storica “sentenza Pavarotti” (C.T.P. Modena, n. 985/03/1999), si giungeva a ritenere meramente formale il trasferimento della residenza nel Principato di Monaco, in esito alla valutazione delle numerose, gravi, precise e concordanti circostanze di fatto.

Si legge in particolare che “il Maestro Pavarotti è cantante lirico di fama mondiale … risultato socio e/o amministratore di 11 società in Italia … ha mantenuto rapporti con 6 istituti bancari (movimentando notevoli importi) … ha effettuato donazioni ai familiari con atti pubblici stipulati e registrati in Italia (per rilevanti importi)… ha finanziato per oltre XX miliardi di lire una società di cui è unico socio che si è impegnata a locargli per non meno di 15 anni un fabbricato ristrutturato …”. Dette circostanze inducono a ritenere che il Maestro, lungi dall’essersi trasferito effettivamente .. ha in realtà mantenuto la casa, la moglie, le figlie, i parenti, gli amici, gli interessi economici e patrimoniali nei luoghi d’origine ed … ha mantenuto in Italia i punti di riferimento; precisamente a Modena ha fatto convergere le proprie disponibilità finanziarie da tutto il mondo, ha effettuato investimenti patrimoniali cospicui e caratterizzati non tanto dalla redditualità quanto dalla destinazione alle esigenze di vita proprie, della famiglia, delle persone care; ha mantenuto in essere molteplici attività societarie unitamente al coniuge ed alla famiglia … ha mantenuto, conservato, non interrotto, progettato anche per il futuro, compatibilmente con l’attività professionale svolta all’estero, il suo domicilio e la sua dimora abituale in Modena …”.

4. CASI PRATICI.

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A.2) IL CASO CAPIROSSI

La Corte di Cassazione (Sent. n. 12259/2010 confermando CTR Bologna n. 81/2005), analogamente alle presunzioni utilizzate nel noto caso Pavarotti, ha precisato: «In breve, la titolarita' da parte del Capirossi di ben cinque conti correnti bancari, in essere presso la Banca di Credito Cooperativo di (OMESSO), su cui nel corso del 1997 risultano essere stati accreditati per varie causali, anche "da estero", importi di tutt'altro che modesta entità (che si vorrebbe dal contribuente lasciare intendere essere stati effettuati per sopperire nelle proprie necessità la sua famiglia d'origine) ed ancora la disponibilità in (OMESSO), località prossima a quella prima detta, di una villa, ampiamente pubblicizzata dalla stampa,.... luogo eletto a suo ritiro, occupata in parte dal Capirossi come conduttore ed in parte dal di lui fratello, di proprietà della società (OMESSO), di cui però la Ro. Re. En. BV. , altra società (OMESSO), cui il Capirossi aveva ceduto l'utilizzo della sua immagine sportiva,... risultava essere socia sovrana (con il 99,50% del capitale), sono dati di fatto, gravi, precisi e concordanti, che inducono a ritenere il permanere anche per l'anno 1997 di un domicilio fiscale dell'appellante in (OMESSO). Torna utile vieppiu' annotare che la Ro. Re. En. BV. ... non era altro che uno schermo sociale del Capirossi , se quest'ultimo aveva ad ammettere ai verbalizzanti di beneficiare per l'intero di quanto veniva ad essa corrisposto... Ed ancora non vanno trascurate quella contabile rinvenuta dalla G. di F. in sede di verifica e relativa al prelevamento da parte del Capirossi dell'importo di lire XXXX per il pagamento di ICI per l'anno 1996 a fronte del suddetto immobile (cui certo non è tenuto il conduttore) ed ancora l'intestazione a se' delle relative utenze. Aspetti del tutto trascurati dall'appellante ed in ogni caso non conciliabili con la sua qualità di apparente conduttore - a tenore del relativo contratto di locazione - per limitati periodi annuali».

La CTR ha accertato i fatti di causa, ha acquisito i mezzi di prova e li ha valutati, affermando la fittizietà del trasferimento di residenza nel Principato di Monaco.

4. CASI PRATICI.

(15)

La Corte di Cassazione, Sent. 21 dicembre 2018, nn. 33234 e 33235, ha annullato le pronunce della CTR della Lombardia che avevano invece condannato la casa di moda.

Secondo i giudici milanesi la società lussemburghese (Dolce & Gabbana Trademarks - nuova denominazione di Gado) era stata considerata «esterovestita», vale a dire costituita allo scopo di ottenere un regime fiscale più favorevole.

Secondo la Cassazione la società lussemburghese aveva il diritto dell’uso in esclusiva dei marchi, dietro pagamento di royalty, basato su un contratto di licenza. L’Agenzia riteneva, invece, che il meccanismo messo in piedi serviva solo a spostare la tassazione in un regime fiscale più favorevole. L’Agenzia delle Entrate, infatti sosteneva che il centro decisionale fosse a Milano, perché nel paese estero non vi sarebbe stata una struttura amministrativa autonoma, ma nel 2006, una sola dipendente, con funzioni di segretaria.

Per il fisco italiano questo non risultava essere sufficiente, tenuto conto che tutte le direttive partivano da Milano e le stesse venivano recepite dalla segretaria collocata nel paese estero.

I giudici della Cassazione, riportandosi alle regole di diritto comunitario sulla «libertà di stabilimento» e ai precedenti della Corte di giustizia europea, hanno confermato l’operato della casa di moda. Il principio sta nell’aver affermato il fatto che una società sia stata costituita in uno Stato membro per godere di una legislazione più vantaggiosa non costituisce – per sua natura – un abuso di tale libertà (causa C196/2004 del 12 settembre 2006). La Corte ha ravvisato il vero fine dell'operazione di ristrutturazione: in primo luogo, nella volontà di adeguare la struttura societaria alle nuove esigenze strategico-operative tenuto conto della crescita registrata negli anni dai marchi; in secondo luogo, nell’interesse a ridurre le difficoltà gestionali connesse ad una proprietà dei marchi divisa nella misura del 50% tra i due stilisti e, soprattutto, l’intenzione di presentare il gruppo ad una piazza più appetibile per i finanziatori in vista della imminente quotazione in borsa.

La Cassazione ha ritenuto che «l’attività comunque svolta in Lussemburgo, non era riconducibile ad un fenomeno di esterovestizione, costituendo al contrario un legittimo trasferimento di sede sociale nell’esercizio del principio della libertà di stabilimento. La decisione di merito di secondo grado è stata quindi annullata, con rinvio al giudice di merito.

4. CASI PRATICI.

B) Esterovestizione di società. IL CASO DOLCE & GABBANA.

(16)

C) Accertamento «ICI» 1.

4. CASI PRATICI.

(17)

C) Accertamento «ICI» 2.

4. CASI PRATICI.

Sentenza CTR Toscana n. 732/2020.

«Come si è visto, è un fatto pacifico che la Sig.ra XX ha la residenza nel comune di Forte dei Marmi (LU), ma il marito, invece, nell’anno 2011 risiedeva nel comune di Baranzate (MI).

Il ragionamento dell'amministrazione comunale è che il coniuge se ha la residenza anagrafica altrove, allora ha anche la dimora abituale in un altro immobile "ai sensi dell'art. 43 del c.c.".La norma introduce una agevolazione fiscale e quindi deve essere soggetta ad interpretazione rigorosa. L'abitazione per la quale si chiede di usufruire del trattamento agevolativo deve essere la dimora abituale della famiglia. Il criterio interpretativo della Corte di Cassazione è che sia necessaria "prova dell'effettiva utilizzazione come abitazione principale dell'immobile" Sez. 5, Sentenza n. 12269 del 19/05/2010 Rv. 613127 - 01 e del resto la sentenza n. 14389/2010 menzionata dall'amministrazione afferma nella motivazione proprio questo, cioè che : "ai fini della spettanza della detrazione e della applicabilità dell'aliquota ridotta, una

"abitazione" (ovverosia una "unità immobiliare" adibita a tale uso) posseduta dal contribuente per uno dei titoli previsti dalla norma può (e deve) essere ritenuta "principale" soltanto se nella stessa "dimorano abitualmente" sia il "contribuente" che i "suoi familiari": per il sorgere del diritto alla detrazione, quindi, non è sufficiente che il contribuente dimori abitualmente nell'unità immobiliare se i "suoi familiari"

dimorino altrove".

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GRAZIE PER L’ATTENZIONE

Fine

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