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Academic year: 2021

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1. LEGISLAZIONE AMBIENTALE

1.1 INTRODUZIONE

La tutela dell’Ambiente è ormai divenuta una finalità primaria della fuzione pubblica, sia a livello nazionale che comunitario. A partire dagli anni settanta il legislatore Italiano ha cercato di predisporre strumenti normativi generali di tutela del territorio.

Solo negli ultimi anni la legislazione italiana di tutela dell’ambiente ha subito un notevole impulso ed incremento, anche per effetto della legislazione comunitaria, sempre più prolifica e specifica, la quale direttamente ed indirettamente l’ha ispirata e guidata.

L’ambiente inteso come bene giuridico unitario è stato concepito dal legislatore solo con la legge 249/1986 sul rumore, infatti in precedenza la normativa si era occupata dei singoli beni ritenuti meritevoli di essere preservati nella loro struttura originaria.

Con la legge 8.7.1986 n.349 viene istituito il Ministero dell’Ambiente. Ad esso è attribuito il compito di assicurare, in un quadro organico, la promozione, la conservazione e il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita, nonchè la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall’inquinamento (Cassese S. 2000, 150).

Nel volgere degli anni, le due leggi quadro fondamentali in materia ambientale, la Legge Merli del 1976 e il D.P.R.in materia di rifiuti del 1982, hanno subito tali e tanti innesti normativi e interpretazioni giurisprudenziali che hanno spinto il legislatore a riformarle nel loro nucleo centrale. Dopo un’infinta serie di decreti legge, radicalmente innovativi, con un generale spostamento dei comportamenti illeciti dall’area della sanzione penale a quella della sanzione amministrativa, la legge Merli è stata per la gran parte rinnovata , mentre il decreto sui rifiuti è stato abrogato e sostituito dal decreto legisltivo Ronchi del febraio 1997.

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1.2 ACQUA

1.2.1 INTRODUZIONE

L’acqua è uno dei beni più importanti esistenti sulla Terra, fondamentale per la vita dell’uomo, e merita di essere tutelata e gestita in modo responsabile vista la sua scarsa disponibilità. Il bene acqua, infatti, non è più una fonte inesauribile da sfruttare, bensì un bene da preservare e una risorsa da gestire, in quanto inquinamento, sprechi, cambiamento degli stili di vita e mancanza di educazione e di informazione da parte degli utilizzatori, ne riducono notevolmente qualità e disponibilità. Le acque hanno una natura giuridica complessa che dipende da diversi fattori, e trova il suo antesignano nel diritto romano fino ad arrivare ai giorni nostri. Soltanto nell’ultimo secolo, però, si è voluto dare una regolamentazione delle acque sia per quanto concerne l’appartenenza, sia per lo sfruttamento, sia per la tutela e la salvaguardia dell’acqua. Il valore e l’importanza economica della risorsa “acqua” è dunque scaturito dalla presa di coscienza della sua limitatezza e dalla progressiva crescita della sensibilità ambientale nel corso degli anni che ha portato i pubblici poteri, ad ogni livello, ad occuparsi della sua tutela e gestione, riconoscendo che non può esistere uno sviluppo sostenibile se non in presenza di un rispetto per l’ambiente generalizzato ed avveduto.

La qualità di un'acqua viene valutata in base a diverse caratteristiche: fisiche, chimiche e microbiologiche. Le acque per uso agricolo vengono utilizzate in gran parte per irrigazioni e pertanto non sono sottoposte a trattamenti depurativi. Le acque per uso civile e industriale, dopo i rispettivi usi, devono essere sottoposte a trattamenti depurativi prima di essere scaricate nell'ambiente o riutilizzate. L'acqua deve essere protetta fin dalla fonte di approvvigionamento e particolare attenzione è stata posta prevedendo aree di salvaguardia definite

- zone di tutela assoluta, - zone di rispetto

- zone di protezione.

Le zone di tutela assoluta e di rispetto si riferiscono alle sorgenti, ai pozzi ed ai punti di presa; le zone di protezione si riferiscono ai bacini e alle aree di ricarica delle falde.

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È con la Comunicazione n. 59 della Commissione Europea del 1996 che la Comunità inizia ad attivarsi per stabilire una politica integrata nella gestione delle risorse idriche. Tale provvedimento definisce gli obiettivi di tale politica, riassumibili nei seguenti punti:

• Garanzia dell’approvvigionamento di acqua potabile;

• Garanzia dell’approvvigionamento di acqua potabile o delle acque destinate al consumo umano per esigenze economiche diverse dal consumo umano;

• Tutela e preservazione dell’ambiente acquatico; • Limitazione delle catastrofi naturali.

Al fine di garantire un elevato livello di tutela delle risorse naturali e dell’uomo viene adottato il principio che prevenire è meglio che intervenire dopo il danno (principio di prevenzione). È fissato, inoltre, un altro principio fondamentale secondo il quale il soggetto che causa un inquinamento è tenuto al risarcimento del danno causato (principio“chi inquina paga”).

Il principio di prevenzione comporta che la Comunità può porre in essere misure che siano atte a prevenire il verificarsi di eventuali eventi dannosi per l’ambiente con un evidente risvolto economico positivo in quanto è sicuramente meno costoso evitare il danno prima che si verifichi anziché ripararlo dopo che esso si è avuto. Ciò ha portato ad importanti conseguenze riguardo la tutela ambientale, per esempio con la direttiva CEE 85/337 che ha istituito la procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale per i progetti di specifici settori suscettibili di avere una rilevante incidenza sull’ambiente. L’altro principio citato, quello del “chi inquina paga”, è strettamente connaturato agli obiettivi del precedente col quale condivide anche il periodo di nascita, anni settanta, e la logica di fondo. Esso ha un duplice obiettivo: da un lato incentivare all’uso razionale delle risorse e dall’altro evitare distorsioni al commercio internazionale imputando i costi derivanti dall’inquinamento direttamente alle imprese responsabili sollevando così la collettività da questo onere di cui altrimenti sarebbe stata inevitabilmente gravata.

Sempre analizzando la Comunicazione si evidenzia, inoltre, la definizione che specifica in maniera precisa i vari tipi di inquinamento, distinguendo in:

− Inquinamento proveniente da fonti puntuali; − Inquinamento da fonti diffuse;

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− Inquinamento derivante da eutrofizzazione ed acidificazione.

Nelle previsioni comunitarie si prospetta una direttiva quadro in materia di acque che dia concreta applicazione alla politica delineata in precedenza e istituisca un quadro normativo organico nel settore. Tale obiettivo è stato raggiunto il 23 ottobre 2000 con l’emanazione della direttiva CEE 2000/60 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Con l'entrata in vigore della Direttiva comunitaria 2000/60/CE sulle acque, il quadro normativo di riferimento per le politiche di tutela e di uso sostenibile delle risorse idriche è stato profondamente rinnovato.

La Direttiva istituisce un quadro comunitario per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e di quelle sotterranee con l'obiettivo di ampliare la protezione delle acque superficiali e sotterranee, raggiungere lo stato di "buono" per tutte le acque entro il 31 dicembre 2015, gestire le risorse idriche sulla base di bacini idrografici indipendentemente dalle strutture amministrative, procedere attraverso un approccio combinato che integri la fissazione di limiti alle emissioni e il perseguimento di standard di qualità dei corpi idrici, riconoscere a tutti i servizi idrici il giusto prezzo che tenga conto del loro costo economico reale, rendere partecipi i cittadini delle scelte adottate in materia.

La Direttiva stabilisce che i singoli Stati membri affrontino la tutela delle acque a livello di "bacino idrografico" e l'unità territoriale di riferimento per la gestione del bacino è individuata nel "distretto idrografico", area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere.

Su ogni distretto, il singolo Stato membro deve preparare un programma di misure che tenga conto delle analisi effettuate e degli obiettivi ambientali fissati dalla Direttiva per le acque superficiali, per le acque sotterranee e per le aree protette, con lo scopo ultimo di raggiungere uno "stato buono" di tutte le acque entro il 2015.

Lo stato di qualità delle acque deve essere valutato sotto l'aspetto ecologico, chimico e quantitativo, tenendo conto di una serie di criteri fissati negli Allegati della Direttiva a seconda dei vari tipi di corpi idrici. I programmi di misure necessari al perseguimento degli obiettivi di qualità sono indicati nei Piani di Gestione che gli Stati membri devono predisporre per ogni singolo bacino idrografico.

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Purtroppo, alcuni Stati tra cui l'Italia non hanno ancora portato a termine l'iter legislativo necessario per recepire la Direttiva e per notificare le misure di recepimento alla Commissione. È però vero che, in questo quadro, la posizione dell'Italia è particolare. Infatti, il D. Lgs. 152/1999, che a livello nazionale rappresenta la disciplina di riferimento per la tutela delle acque dall'inquinamento e per la gestione delle risorse idriche, si basa sugli stessi principi ispiratori della Direttiva 2000/60/CE, anticipandone, di fatto, alcuni criteri e forme di tutela.

Nell'ottica della necessaria implementazione il 20 e 21 giugno 2005 si è tenuto a Mondorf (Lussemburgo) un meeting informale dei Direttori delle acque degli Stati membri e degli altri paesi che partecipano alla cosi detta strategia comune per l'implementazione della Direttiva Quadro. Il meeting è stato l'occasione per discutere gli aspetti tecnici legati ai progressi delle diverse attività in corso, in particolare sono stati affrontati i progressi della strategia comune di implementazione, i progressi nella preparazione di una strategia Marina dell'Unione Europea ed i progressi nella preparazione di un piano d'azione per le alluvioni dell'UE. Inoltre nel corso del meeting i direttori delle acque sono stati informati dalla Presidenza di turno e dalla commissione sui progressi del processo di negoziato delle nuove Direttive (Direttiva acque di balneazione, Direttive figlie sulle acque sotterranee). La Commissione ha infine presentato lo stato di recepimento della Direttiva sul trattamento delle acque reflue depurate.

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1.2.3 NORMATIVA NAZIONALE DI RIFERIMENTO PER LE ACQUE

La normativa italiana in materia di acque è stata rivolta, per un lungo periodo, alla disciplina degli usi della risorsa. Nelle prime norme nazionali, infatti, è stata prevalente la preoccupazione di garantire le diverse utenze, prescindendo da valutazioni di compatibilità degli usi con il mantenimento di adeguate caratteristiche quali-quantitative dei corpi idrici interessati dai prelievi e dalle restituzioni.

La legislazione ha subito un'evoluzione che può identificarsi nel passaggio dalla gestione particolare degli usi, i cui presupposti erano nella concezione del bene acqua come risorsa a disponibilità illimitata e quindi priva di valore economico (regio decreto 1775/1933), alla gestione sostenibile della risorsa. Con l'entrata in vigore del Decreto legislativo n.152/99, successivamente modificato e integrato dal Decreto Legislativo n.258 del 18 agosto 2000, anche l'Italia si è dotata di uno strumento legislativo per la tutela delle acque armonico con gli indirizzi comunitari

In tema di tutela delle acque il quadro normativo italiano era articolato sostanzialmente su tre leggi: la 319/76, la 183/89 e la 36/94 relative, rispettivamente, alla tutela delle acque dall’inquinamento, alla difesa del suolo e alle disposizioni in materia di risorse idriche.

La Legge 319/76, conosciuta come Legge Merli, non era più adeguata a rispondere alle esigenze di una tutela globale delle risorse idriche perché, oltre a non prevedere per la tutela delle acque reflue urbane le disposizioni della Direttiva 91/271/Cee, non era coordinata con le altre disposizioni in materia di protezione delle acque, né considerava altri aspetti che solo più recentemente hanno ricevuto attenzione, quali la tutela quantitativa della risorsa idrica e la regolamentazione delle fonti di inquinamento diffuso.

L’applicazione della Legge Merli ha dato luogo a discreti risultati per quanto riguarda il controllo degli scarichi industriali. Rimane invece ancora distante la soluzione del problema legato alla depurazione degli scarichi urbani, attualmente, circa il 30% dei centri urbani è privo di sistemi di depurazione e la maggior parte degli impianti esistenti non è tecnologicamente adeguata alle necessità depurative.

L’emanazione del Decreto Legislativo n° 152/99, recante "Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della Direttiva 91/271/Cee (trattamento acque reflue urbane) e 91/676/Cee (protezione dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole)", oltre a consentire l’archiviazione della procedura e ad evitare così

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l’applicazione di sanzioni pecuniarie ha fornito anche l’occasione per armonizzare l’intera normativa di settore, realizzando così una vera e propria riforma della materia.

In questo senso il Parlamento, con la Legge n° 128/98, ha concesso al Governo le deleghe per recepire le direttive comunitarie in questione e, contestualmente, per riordinare la normativa vigente in materia di tutela delle acque. E’ utile sottolineare al riguardo i contenuti di tale delega ed, in particolare, l’art. 17 che dispone la necessità di assicurare:

"una effettiva azione di tutela delle acque attraverso l’adozione di misure volte alla tutela quantitativa della risorsa e alla prevenzione e riduzione dell’inquinamento idrico…";

"l’adozione di sistemi predeterminati di liquidazione del danno ambientale…"; il riordino del sistema sanzionatorio sia amministrativo che penale;

"il rispetto dei limiti di accettabilità degli scarichi e dei parametri di qualità dei corpi idrici recettori…".

Conformemente alle indicazioni della delega, il Ministero dell’Ambiente, attraverso il confronto con gli altri Ministeri competenti e con le Regioni, ha varato una riforma che mira alla riduzione e prevenzione dell’inquinamento e al risanamento dei corpi idrici, tutelando con un approccio globale gli aspetti qualitativi e quantitativi delle acque superficiali, sotterranee e marino-costiere attraverso il perseguimento degli obiettivi di qualità ambientale e a specifica destinazione, dettando altresì una apposita disciplina per l’adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici e individuando le misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche. Per quanto riguarda la disciplina degli scarichi con il Decreto Legislativo n° 152/99 i valori limite agli scarichi vengono espressi in funzione degli obiettivi di qualità da perseguire e rappresentano soltanto uno degli strumenti per la tutela dei corpi idrici. Pertanto, con questo approccio combinato tra obiettivi di qualità e valori limiti di emissione, qualora il raggiungimento degli obiettivi di qualità fissati per il singolo corpo idrico, o tratto di esso, richieda limiti di emissione più severi, devono essere fissati valori limiti più restrittivi rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale. Tale determinazione deve essere effettuata in funzione della capacità di autodepurazione e, quindi, di sopportazione dell’inquinante (sia esso derivante da fonti puntuali che diffuse del corpo idrico), ossia del carico massimo ammissibile.

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Il Decreto Legislativo 152/99 definisce, comunque, i valori limite di emissione agli scarichi sia a fini cautelativi, sia degli adempimenti comunitari. In tal senso il testo recepisce le disposizioni della Direttiva 91/271/Cee. Si evidenzia, inoltre, una più attenta protezione delle acque sotterranee con il divieto degli scarichi sul suolo e nel sottosuolo, fatte salve alcune specifiche eccezioni..

Con il Decreto Legislativo 152/99 la tutela del corpo idrico viene inoltre messa in relazione non solo con la specificità dei tratti dello stesso, ma anche con la salvaguardia dei corpi idrici appartenenti allo stesso bacino idrografico. Fiumi, torrenti, laghi, acque sotterranee non rispettano frontiere, ma sono interconnessi tra loro e, pertanto, il bacino idrografico costituisce l’unità logica da considerare per la loro tutela. La gestione dei bacini idrografici deve essere attuata mediante il coordinamento delle varie amministrazioni territoriali ricadenti nello stesso bacino.

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1.2.4 RIEPILOGO RIFERIMENTI NORMATIVI

L’insieme delle normative comunitarie e nazionali che regolano la gestione delle risorse idriche sono riassunte nella tabella seguente:

1 – ACQUE INTERNE

NORMATIVA COMUNITARIA NARMATIVA NAZIONALE

DIR. 80/778/CEE

Qualità delle acque destinate al consumo umano

D.P.R. n. 236 del 24/05/88 Attuazione della DIR. 80/778/CEE concernente la qualità delle acque destinate al

consumo umano D. Lgs. n. 275 del 12/07/93 Riordino in materia di concessione di acque

pubbliche

L. n. 36 del 05/01/94 e decreto attuativo D.M. del 01/08/96

Disposizioni in materia di risorse idriche (Legge Galli)

DIR. 91/676/CEE (nitrati) Protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati

provenienti da fonti agricole

D. Lgs. n. 152 del 11/05/99 modificato e integrato dal D.lgs. n. 258 del 18/08/00 di recepimento delle direttive 91/271/CEE e

91/676/CEE

Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento

DIR. 98/83/CE

Concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano

D. Lgs n. 31 del 02/02/01 modificato e integrato dal D. Lgs. n. 27 del 02/02/02 di

attuazione della DIR. 98/83/CE Qualità delle acque destinate al consumo

umano DIR. 2000/60/CE

Direttiva istitutiva di un quadro per

l’azione comunitaria in materia di acque Non ancora recepita

D.M. del 22/11/01

Modalità di affidamento in concessione a terzi della gestione del Servizio Idrico Integrato, a norma dell’art. 20 c della L. n. 36

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1 – ACQUE MARINE COSTIERE

NORMATIVA COMUNITARIA NORMATIVA NAZIONALE

L. n. 979 del 31/12/82 Disposizioni per la difesa del mare Protocollo di Ginevra del 03/04/82

relativo alle aree specialmente protette del Mediterraneo

L. n. 127 del 05/03/85

Ratifica ed esecuzione del protocollo relativo alle aree specialmente protette del Mediterraneo,

aperto alla firma a Ginevra il 3 aprile 1982. DIR. 76/160/CEE

Concernente la qualità delle acque di balneazione

Convenzion di Montego Bay Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare firmata a Montego Bay

il 10 dicembre 1982

D.P.R. n. 470 del 08/06/82

Attuazione della DIR 76/160/CEE relativa alla qualità delle acque di balneazionecon modifiche:

L. n. 322 DEL 25/06/85

Norme di attuazione della direttiva 76/160/CEE relativa alla qualità delle acque di balneazione.

L. n. 271 del 15/07/88

Conversione in legge, con modificazioni del D.L. n. 155 del 14/05/88, recante modifiche al

D.P.R. n. 470 del 08/06/82

D.M. del 29/01/92. Aggiornamento delle norme tecniche di cui all’allegato 2 del D.P.R. n. 470

del 08/06/82

L n. 185 del 12/06/93 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. n. 109 del 13/04/93, recante modifiche al D.P.R. n. 470 del 08/06/82

L. n. 689 del 2/12/94

Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Legge del Mare, con allegati

e atto finale, redatto a Montego Bay il 10 dicembre 1982, nonché dell’accordo di applicazione della parte XI della convenzione stessa, con allegati, fatto a New York il 29 luglio

1994

Convenzione del Ministero degli affari esteri del 28/10/95

Entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Legge del Mare firmata a Montego

Bay il 10 dicembre 1982 e dell’accordo di applicazione della parte XI della Convenzione stessa, concluso a New York il 29 Luglio 1994

L. n. 283 del 04/08/89

Conversione in legge, con modificazioni, del D. L n. 227. 13/06/89 recante provvedimenti urgenti per la lotta all'eutrofizzazione delle acque costiere

del Mare Adriatico e per l'eliminazione

1.3 ARIA

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L'inquinamento atmosferico viene definito come: "ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell'aria, da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo, da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell'ambiente, da alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati"

Prima di vedere in dettaglio la normativa comunitaria e nazionale relativa all’inquinamento atmosferico vediamo alcune definizioni importanti:

aria ambiente : l´aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di quella presente nei luoghi di lavoro;

inquinante : qualsiasi sostanza immessa direttamente o indirettamente dall´uomo nell´aria ambiente che può avere effetti dannosi sulla salute umana o sull´ambiente nel suo complesso;

livello : concentrazione nell´aria ambiente di un inquinante o deposito di questo su una superficie in un dato periodo di tempo;

valutazione : impiego di metodologie per misurare, calcolare, prevedere o stimare il livello di un inquinante nell´aria ambiente

valore limite : livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi sulla salute umana o per l´ambiente nel suo complesso, tale livello deve essere raggiunto entro un dato termine e in seguito non superato;

valore obiettivo : livello fissato al fine di evitare, a lungo termine, ulteriori effetti dannosi per la salute umana o per l´ambiente nel suo complesso; tale livello deve essere raggiunto per quanto possibile nel corso di un dato periodo;

soglia di allarme : livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata e raggiunto il quale si deve immediatamente intervenire a norma del presente decreto;

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margine di tolleranza : la percentuale del valore limite nella cui misura tale valore può essere superato alle condizioni stabilite dal presente decreto;

zona : parte del territorio nazionale delimitata ai fini del presente decreto;

agglomerato : zona con una popolazione superiore a 250.000 abitanti o, se la popolazione è pari o inferiore a 250.000 abitanti, con una densità di popolazione per km2 tale da rendere necessaria la valutazione e la gestione della qualità dell´aria ambiente a giudizio dell´autorità competente;

soglia di valutazione superiore : un livello al di sotto del quale le misurazioni possono essere combinate con le tecniche di modellizzazione al fine di valutare la qualità dell´aria ambiente; soglia di valutazione inferiore : un livello al di sotto del quale è consentito ricorrere soltanto alle tecniche di modellizzazione o di stima oggettiva al fine di valutare la qualità dell´aria ambiente.

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1.3.3 NORMATIVA COMUNITARIA DI RIFERIMENTO PER L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO

La tutela della salute umana e dell'ambiente dall'inquinamento atmosferico di origine industriale è l'obiettivo che ha ispirato un ampio settore del sistema normativo comunitario quali ad esempio le direttive 80/779/CEE, 83/884/CEE, 84/360/CEE e 85/203/CEE.

In particolare la Direttiva 96/62/CE ha espresso le politiche generali in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria, individuando le azioni fondamentali che gli stati membri devono attuare per definire e stabilire obiettivi di qualità dell'aria finalizzati a prevenire o ridurre effetti nocivi sulla salute e sull'ambiente nel suo complesso. Inoltre definisce i metodi di valutazione in base a criteri comuni, l'acquisizione di informazioni sulla qualità dell'aria da rendere accessibili alla popolazione e il mantenimento o il miglioramento della qualità dell'aria.

Per gli inquinanti quali: SO2 , NOx , particelle fini (anche PM10), particelle in sospensione, Pb, O3 , Benzene, CO, idrocarburi policiclici aromatici, Cd, As, Ni, Hg, la Commissione trasmette al Consiglio le proposte relative alla fissazione dei valori limite e delle soglie di allarme. Per la fissazione di questi valori limite si può tenere conto, a titolo di esempio, dei seguenti fattori: grado di esposizione delle popolazioni, condizioni climatiche, vulnerabilità della flora, della fauna e dell'habitat, patrimonio storico, fattibilità economica e tecnica e trasporto a lunga distanza degli inquinanti. Per quanto riguarda il caso specifico dell'ozono si attueranno misure particolari.

Gli inquinanti da prendere in considerazione sono selezionati in base a criteri che tengono conto di: probabilità, gravità e frequenza degli effetti relativamente alla salute con particolare attenzione agli effetti irreversibili; ubiquità e concentrazione elevata della sostanza inquinante; trasformazioni ambientali o alterazioni metaboliche, nel caso in cui tali alterazioni possano dar luogo alla produzione di sostanze chimiche di maggiore tossicità; persistenza nell'ambiente; impatto dell'inquinamento.

La misurazione è obbligatoria per gli agglomerati (zona con una popolazione superiore a 250000 abitanti o una densità abitativa per Km2 tale da rendere necessarie la valutazione e la gestione della qualità dell'aria), le zone in cui i livelli sono superiori ai valori limite. Quando gli inquinanti devono essere misurati, la misurazione deve avvenire in punti fissi e in maniera continua o per campionamento casuale.

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Gli stati membri predispongono piani d'azione che indicano le misure da adottare a breve termine in caso di rischio di superamento delle soglie di limite e di allarme in maniera da ridurne la durata e al limite evitare l'accaduto. Devono anche elaborare l'elenco delle zone in cui i valori di alcuni inquinanti superano la soglia massima. In queste zone si deve procedere con un programma che abbia come scopo l'abbassamento del valore degli inquinanti al di sotto del valore limite entro il periodo stabilito.

In data 17.07.2000, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato il regolamento 1655/2000 concernente lo strumento finanziario per l'ambiente (LIFE). Tale regolamento costituisce la nuova base giuridica per la terza fase dello strumento LIFE, dal 2000 al 2004. Il Testo Finale del Programma è stato pubblicato sulla G.U.C.E. e può essere definito come uno strumento che sostiene in modo specifico lo sviluppo e l'attuazione della politica ambientale della Comunità. Lo strumento finanziario per l'ambiente LIFE è diviso in tre settori tematici: LIFE-Natura, LIFE-Ambiente e LIFE-Paesi terzi.

Tutti e tre questi campi hanno come obiettivo il miglioramento dell'ambiente, ma ciascuno di essi ha proprie priorità specifiche:

• LIFE-Natura riguarda azioni finalizzate alla conservazione degli habitat naturali e della fauna e flora selvatiche di interesse per l'UE;

• LIFE-Ambiente riguarda azioni dimostrative innovative per le attività economiche e gli enti locali, nonché azioni preparatorie a sostegno della legislazione e delle politiche comunitarie;

• LIFE-Paesi terzi riguarda l'assistenza tecnica a paesi terzi che si affacciano sul mar Mediterraneo e sul mar Baltico.

Un’altra azione intrapresa dalla comunità europea di concerto con tutti i paesi più industrializzati del mondo è il Protocollo di Kyoto, che si pone come obbiettivo quello di lottare contro i cambiamenti climatici con un'azione internazionale mirante a ridurre le emissioni di taluni gas ad effetto serra responsabili del riscaldamento del pianeta. Il 4 febbraio 1991, il Consiglio ha autorizzato la Commissione a partecipare, in nome della Comunità europea, ai negoziati della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottata a New York il 9 maggio 1992. La Convenzione di New York è stata considerata un successo ed ha permesso di sensibilizzare i cittadini, a livello mondiale, sui problemi connessi ai cambiamenti climatici. Tuttavia, l'obiettivo di stabilizzare

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le concentrazioni dei gas ad effetto serra non è stato raggiunto, in particolare per quanto concerne le emissioni di biossido di carbonio. Le parti contraenti della Convenzione hanno quindi deciso, nella prima conferenza svoltasi a Berlino nel marzo 1995, di negoziare un protocollo contenente misure atte a ridurre le emissioni per il periodo successivo all'anno 2000 nei paesi industrializzati. In seguito ai lavori del gruppo ad hoc denominato "Mandato di Berlino", il protocollo è stato adottato il 10 dicembre 1997 a Kyoto. Meno ambizioso degli obiettivi proposti dall'Unione europea di ridurre del 15% entro l'anno 2010 (con una tappa intermedia del 7,5% prima del 2005) le emissioni di biossido di carbonio, metano e ossido di azoto, questo protocollo rappresenta tuttavia un importante progresso nella lotta contro il riscaldamento del pianeta perché contiene obiettivi vincolanti e quantificati di limitazione e di riduzione dei gas ad effetto serra. Il protocollo di Kyoto concerne le emissioni di sei gas

ad effetto serra: biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), biossido d'azoto (NO2), idrofluorocarburi

(HFC), idrocarburo perfluorato (PFC), esafluoruro di zolfo (SF6).

Il nostro Paese appartiene al gruppo delle Nazioni incluse nell'Annesso B del Protocollo di Kyoto. L'obiettivo di riduzione dei gas serra indicato nel suddetto Protocollo è fissato ad una percentuale dell'8% (ovvero la stessa percentuale indicata per tutti i Paesi appartenenti all'Unione Europea). In sede comunitaria, nel Giugno 1998, sono state stabilite le percentuali di riduzione a carico dei diversi Paesi. Per l'Italia, è stata fissata una percentuale del 6.5% .

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1.3.2 NORMATIVA NAZIONALE DI RIFERIMENTO PER L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO

L´inquinamento atmosferico, è stato il primo tra i settori ambientali ad essere disciplinato da una legge quadro la 615/66, ormai superata. Attualmente sono presenti un così elevato numero di norme che da più parti è stata manifestata l´esigenza di una nuova disciplina unitaria in materia.

Tale quadro è tutt´altro che stabile proprio a fronte del recepimento della normativa europea. Esso, infatti, è oggi in rapida evoluzione, sia sotto l´aspetto degli inquinanti da controllare, che sotto quello delle azioni tese al controllo, al risanamento ed al miglioramento della qualità dell´aria.

Il D.P.R. 203/1988, insieme ai decreti e ai regolamenti attuativi, disciplina: • gli impianti che possono dar luogo ad emissioni in atmosfera;

• le caratteristiche merceologiche dei combustibili ed il loro impiego;

• i valori limite e i valori guida per gli inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno; • i metodi di campionamento, analisi e valutazione;

Più precisamente, la disciplina prevede l'obbligo di autorizzazione per gli impianti e il rispetto dei valori limite di emissione, definendo "emissione" qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera proveniente da un impianto che possa produrre inquinamento atmosferico.

A disciplinare la materia delle emissioni in atmosfera di origine industriale, oltre al D.P.R. 203/1988 ed ai suoi decreti attuativi, è intervenuta la normativa riguardante l'inquinamento dell'aria prodotto dagli impianti di incenerimento dei rifiuti. In questo settore vigono attualmente il Dm del 19 novembre 1997 n°503 (che reca le norme per l'attuazione delle direttive comunitarie in materia di prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato da incenerimento di rifiuti, di rifiuti speciali non pericolosi, nonché di taluni rifiuti sanitari) e Dm 25 Febbraio 2000 n°124 che riguarda i valori limite di emissione e le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento dei rifiuti pericolosi.

Una disciplina specifica è prevista per i grandi impianti di combustione (di potenza termica o nominale pari a 50 MW) contenuta nel Dm 8 maggio 1989, nel Dpr 26 ottobre 2001, n. 416 e nell'allegato In del Dm 12 luglio 1990.

(18)

Il decreto legislativo n° 351 del 4 agosto 1999, ha recepito la Direttiva 96/62/CE con la quale l´Unione Europea ha espresso le politiche generali "in materia di valutazione e di gestione della qualità dell´aria", individuando le azioni fondamentali che gli Stati Membri debbono attuare per definire e stabilire obiettivi di qualità dell´aria finalizzati a prevenire o ridurre effetti nocivi sulla salute e sull´ambiente nel suo complesso.

Il DL 351/99 si configura come un provvedimento programmatico, che definisce i principi base di una strategia per la qualità dell´aria ed affronta anche il non facile compito di avviare un processo dinamico di adeguamento della normativa nazionale con il sistema delle "direttive figlie" cui è demandata la regolamentazione sia degli inquinanti atmosferici già normati (SO2, NO2, PTS, PM10, Pb, O3, Benzene, IPA e CO), che per i nuovi inquinanti: Cadmio (Cd), Arsenico (As), Nichel (Ni) e Mercurio (Hg). Inoltre tale decreto prevede l´aggiornamento della normativa nazionale, non solo relativamente ai nuovi valore limite e valori obiettivo fissati dalle "direttive figlie", ma anche alla normativa tecnica comprensiva degli strumenti della pianificazione: le reti di monitoraggio, gli inventari delle emissioni, gli

strumenti di analisi e stima. Il decreto legislativo non modifica, inoltre, la normativa italiana che ha, di fatto anticipato il

recepimento della direttiva 96/62/CE: il Decreto 27 Marzo 1998 "Mobilità sostenibile nelle aree urbane" e il Decreto del 21 aprile 1999, "Individuazione dei criteri ambientali e sanitari” in base ai quali i sindaci adottano le misure di limitazione della circolazione.

I due decreti agiscono entrambi, in via prioritaria, sulla fonte di generazione dell´inquinamento atmosferico più significativo: il traffico autoveicolare. Infatti, il primo (Decreto 27 Marzo 1998) obbliga le amministrazioni pubbliche e le aziende che prestano servizi pubblici a rinnovare il proprio parco autoveicolare con quote crescenti di mezzi elettrici o alimentati a gas. Il secondo (Decreto del 21 aprile 1999) impone, invece, il passaggio da misure temporanee, in caso di episodi acuti, alla definizione di un piano comunale di intervento in grado di garantire il rispetto dei valori medi annui dei vari inquinanti incidendo sulle diverse fonti di emissioni. Il decreto di recepimento modifica, in attuazione ai principi stabiliti dalla direttiva 96/62/CE, la legislazione vigente in Italia sulla qualità dell´aria e ne prevede la progressiva abrogazione, in particolare, per quanto riguarda la disciplina dettata dal D.P.R. 203/88 e dai suoi decreti attuativi. Rimangono quindi in vigore fino all´emanazione dei decreti attuativi delle direttive figlie , i

(19)

valori limite, i valori guida, i livelli di attenzione e di allarme, gli obiettivi di qualità ed i livelli per la protezione della salute e della vegetazione previsti dalla normativa vigente. Il decreto legislativo prevede che le regioni e le province autonome, laddove non siano disponibili misure rappresentative dei livelli degli inquinanti, provvedano ad effettuare una valutazione della qualità dell´aria in modo da individuare le zone in cui i livelli sono più alti dei valori limite. Lo scopo di tale valutazione preliminare è quello di individuare zone che, in base al livello d´inquinamento rilevato, dovranno dotarsi per la valutazione della qualità dell´aria di una rete di monitoraggio oppure potranno avvalersi di metodi di stima. Per i nuovi valori limite, che verranno adottati in un prossimo futuro, il decreto prevede un margine di superamento da ridursi progressivamente entro un termine stabilito per ciascun inquinante. E´ previsto, comunque, un piano di risanamento, per le zone e gli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti eccedono i valori limite oltre il margine di superamento. Sono inoltre, previsti piani d´azione, in caso di rischio di superamento delle soglie d´allarme e dei valori limite. Il decreto legislativo, in linea con il dettato della direttiva, dà grande rilievo all´aspetto dell´informazione ed, al riguardo, prevede che le autorità competenti garantiscano a tutti i cittadini la disponibilità di informazioni chiare, comprensibili ed accessibili.

(20)

1.3.4 RIEPILOGO RIFERIMENTI NORMATIVI

Nella tabella seguente viene riportato un elenco delle principali norme che a livello comunitario e nazionale sono applicate in campo di inquinamento atmosferico.

NORMATIVA COMUNITARIA NORMATIVA NAZIONALE

DPCM 28/03/83*

Limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e di esposizione relativi ad inquinanti dell’aria e

nell’’ambiente esterno DIR 80/779

Modalità di esercizio degli impianti esistenti. Valori limite per anidride solforosa e particelle in

sospensione

DPR 203/88 *

Attuazione Direttive n. 80/779, 82/884, 84/360, 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell’aria

relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali DIR 82/884

Valori limite per il piombo contenuto nell’atmosfera

DPCM 21/07/89

Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per l’attuazione e l’interpretazione del DPR 24/05/88, n. 203 DIR 84/360

Concernente la lotta contro l’inquinamento atmosferico provocato da impianti industriali

DM 12/07/90

Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei

valori minimi di emissione DIR 85/203

Norme di qualità atmosferica per il biossido di azoto

DM 8/5/89

Limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione DIR 88/609

concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai

grandi impianti di combustione

DM n. 126 del 20/05/91*

Criteri per l’elaborazione dei piani regionali per il risanamento e tutela della qualità dell’aria

DPR 25/07/91

Modifiche dell'atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato con decreto

del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 luglio 1989.

DM 6 Maggio 1992

"Definizione del sistema finalizzato al controllo ed assicurazione di qualità dei dati di inquinamento

atmosferico ottenuti dalle reti di monitoraggio" DMA 25/11/94

Livelli di attenzione e livelli di allarme per i contaminanti atmosferici nelle aree urbane e nelle zone

individuate dalle Regioni ai sensi dell’art. 9 del DMA 20/05/91

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DPCM 2/10/1995 – Recante la disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili

DIR 89/369 Concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato

dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani

DIR 89/429

Concernente la riduzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti esistenti di incenerimento dei rifiuti urbani

DM n. 503 del 19/11/1997

Regolamento recante norme per l'attuazione delleDIR 89/369/CEE e DIR 89/429/CEE

concernenti

la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani e la disciplina delle emissioni e delle

condizioni di combustione degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani, di rifiuti speciali

non pericolosi, nonché di taluni rifiuti sanitari.

DIR 92/72

Inquinamento dell’aria provocato dall’ozono

DM n. 163 del 6/05/96*

Attivazione di un sistema di sorveglianza di inquinamento da ozono

DIR 94/67

Incenerimento dei rifiuti pericolosi rifiuti

Decreto n. 124 del 25/2/2000

Regolamento recante i valori limite di emissione e le norme tecniche riguardanti le caratteristiche e le

condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti

pericolosi

DIR 96/62

in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente.

D. Lgs. n. 351 del 4/08/99

Attuazione della DIR 96/62/CEE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria

ambiente

DIR 99/30

Concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il

biossido d’azoto, gli ossidi d’azoto, le particelle e il piombo

DIR 2000/69

Concernente i valori limite per il benzene e il monossido di carbonio nell’aria ambiente

DM n. 60 2/4/2002

Recepimento della DIR 1999/30/CE del Consiglio concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo e

della DIR 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene ed il

monossido di carbonio.

DIR. 2000/76/CE

Sull’incenerimento dei rifiuti Non ancora recepita

DIR 2001/77

Sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel

mercato interno dell'elettricità

Non ancora recepita

DIR 2001/80

Concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati

dai grandi impianti di combustione

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DIR 2001/81

Relativa ai limiti nazionali di emissione di

alcuni inquinanti atmosferici. Non ancora recepita

DIR 2002/3

Relativa all'ozono nell'aria Non ancora recepita

DPCM 8/03/2002

Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di

combustione.

L. n. 120 del 01/06/02 Ratifica del Protocollo di Kyoto

D.P.C.M. del 20/06/02

Modifica dell'allegato I del D.P.C.M. 08/03/2002, concernente disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai

fini dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di

combustione

DIR. 2002/51/CE del 19/07/2002 Riduzione del livello delle emissioni inquinanti dei veicoli a motore a due o tre

(23)

1.4 SUOLO

1.4.1 INTRODUZIONE

L’enciclopedia italiana “Treccani” riporta la seguente definizione di suolo: “corpo dinamico naturale che costituisce la parte superiore della crosta terrestre, derivante dall'azione integrata nel tempo del clima, della morfologia, della roccia madre e degli organismi viventi, rappresenta una formazione che risente di diversi processi fisici, chimici e biologici, tale da subire in maniera differenziata i processi che influiscono sulle sue modificazioni e depauperamento”.

Il suolo terrestre è il luogo in cui viviamo, la tutela di esso rappresenta il punto cardine della nostra sopravvivenza. La valutazione dei processi che influiscono sulla modificazione e depauperimento del suolo risulterà essenziale per stimare il grado di sensibilità e vulnerabilità della "risorsa suolo". In esterema sintesi questo è l’obiettivo primario che si prefiggono tutte le normative comunitarie e nazionali, che verranno di seguito esposte.

(24)

1.4.2 NORMATIVA DI RIFERIMENTO PER LA TUTELA DEL SUOLO

La tutela del suolo contro i rischi da inquinamento è regolamentata dal Decreto ministeriale del 25 ottobre 1999 n. 471, promulgato a seguito di delega specifica disposta dall'articolo 17 del Decreto legislativo del 5 febbraio 1997 n. 22, più noto come Decreto Ronchi.

Sono determinate le procedure per la caratterizzazione dei siti inquinati e sono stabiliti i limiti di riferimento per la concentrazione delle sostanze e dei composti nei terreni, differenziati in base alla destinazione d’uso (siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale e siti ad uso commerciale e industriale), e per le acque di falda, oltre ai criteri per la valutazione della qualità delle acque superficiali. La bonifica di suoli e siti inquinati è una delle più rilevanti problematiche emergenti per gli interventi di recupero e di risanamento ambientale, e riguarda tutto il territorio nazionale.

Le aree interessate da inquinamento sono in genere sede di:

• attività industriali con processi e lavorazioni per la produzione di sostanze chimiche di varia natura;

• attività di servizio, come ad esempio i distributori di carburante ed i depositi di idrocarburi; • impianti di trattamento e smaltimento rifiuti (abusivi o non realizzati secondo gli standard normativi).

Vanno poi considerate le aree ove avvengono sversamenti accidentali di sostanze inquinanti a causa di incidenti stradali o errori operativi in fase di alimentazione di impianti.

Nelle aree interessate si rende quindi necessario intervenire e provvedere alla bonifica dei terreni o alla messa in sicurezza, al fine di prevenire il rischio di esposizione di persone a sostanze pericolose per la salute, impedire la diffusione della contaminazione nel suolo e nelle altre matrici ambientali e definire la disponibilità dell’utilizzo futuro di tali aree per nuove attività.

La normativa del settore suolo è incentrata sui seguenti temi:

• aree protette

La norma di riferimento per la tutela paesaggistico-ambientale è la Legge 8 Agosto 1985 n°431 (conversione del Decreto Legge 27 Giugno 1985 n°312, modificata dal D.Lgs. n°490 del 29/10/99) la cosiddetta Legge "Galasso" che dispone il vincolo paesaggistico per i parchi

(25)

e le riserve nazionali e regionali, nonché per i territori di protezione esterna dei parchi. La Legge 6 Dicembre 1991 n°394 è la Legge Quadro sulle aree protette che disegna l'insieme degli strumenti generali di pianificazione e programmazione costituti dalla Carta della natura, dalle Linee di assetto fondamentali del territorio, dal Programma triennale per le aree protette e dall'Elenco ufficiale.(legge modificata da: legge n°426/98 e legge n°93/01). La Carta della natura individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia evidenziandone i valori naturali ed i profili di vulnerabilità territoriale. Il programma operativo è stato approvato con la Delibera 2 Dicembre 1996. Il Programma triennale è lo strumento che, sulla base dei dati della Carta della natura e delle disponibilità finanziarie:

a) specifica i territori che formano oggetto del sistema delle aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e regionale quali individuate nelle vigenti disposizioni di legge, statali e regionali, operando la necessaria delimitazione dei confini;

b) indica il termine per l'istituzione di nuove aree naturali protette o per l'ampliamento e la modifica di quelle esistenti, individuando la delimitazione di massima delle aree stesse; c) definisce il riparto delle disponibilità finanziarie per ciascuna area e per ciascun esercizio

finanziario;

d) prevede contributi in conto capitale per le attività nelle aree naturali protette istituite dalle regioni con proprie risorse, nonchè per progetti delle regioni relativi all'istituzione di dette aree;

e) determina i criteri e gli indirizzi ai quali debbono uniformarsi lo Stato, le regioni e gli organismi di gestione delle aree protette nell'attuazione del programma per quanto di loro competenza, ivi compresi i compiti relativi alla informazione ed alla educazione ambientale delle popolazioni interessate, sulla base dell'esigenza di unitarietà delle aree da proteggere.

• bonifica di siti inquinati;

Il tema della bonifica di siti contaminati è stato introdotto con il Decreto Legislativo 5 Febbraio 1997 n°22, in seguito al DM 471/99 che ha introdotto le mancanti norme tecniche per la redazioni dei progetti, i limiti di concentrazione per i suoli e per le acque, all'art.17. I limiti di concentrazione individuati, sono stati diversificati in base alla destinazione d'uso del suolo in due categorie:

(26)

1) Verde pubblico, privato e residenziale, 2) commerciale ed industriale;

Per le acque sotterranee i limiti sono unici, indipendentemente dalla destinazione d'uso del suolo. E' importante osservare che, la norma precisa che per le sostanze non espressamente indicate, dovranno essere adottati i valori limite di concentrazione riferiti alla sostanza tossicologicamente più affine. Il principio generale, introdotto dall'art. 17 del D.Lgs. 22/97, e ripreso dal DM 471/99, è basato sull'obbligo di procedere a proprie spese, per chiunque abbia cagionato l'inquinamento ancorché in maniera accidentale, agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale del sito.

Sinteticamente la norma stabilisce:

- temporizzazione degli adempimenti a carico del soggetto o dei soggetti obbligati, ed in particolare:

a) della notifica agli enti territoriali competenti, della situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento;

b) della comunicazione agli stessi enti degli interventi di messa in sicurezza, adottati nell'immediato per non aggravare la situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento;

c) della presentazione del progetto di bonifica al Comune o Regione competente per la sua approvazione;

d) della realizzazione del progetto, con riferimento a quanto stabilito con il provvedimento di approvazione dello stesso da parte del Comune o Regione.

- l'assetto e la ripartizione delle competenze fra il Comune (approvazione del progetto di bonifica entro novanta giorni dalla sua presentazione), la Provincia (certificazione del completamento degli interventi previsti dal progetto), la Regione (approvazione di progetti di bonifica o di messa in sicurezza di aree comprese nel territorio di più comuni, richiesta eventuale al Comune per apportare modifiche o integrazioni o prescrizioni al progetto presentato), e lo Stato (approvazione di progetti relativi ad interventi di bonifica di interesse nazionale).

(27)

• boschi e foreste;

Le legislazione nazionale in materia di tutela dei boschi e delle foreste, di incentivi alla salvaguardia di tale patrimonio, è principalmente rappresentata dalle seguenti norme. Provvedimento 19 luglio 2002: Agenzia delle Entrate - Approvazione del modello, con le relative istruzioni, da utilizzare per la comunicazione degli interventi di manutenzione e salvaguardia dei boschi previsti dall'art. 9, comma 6, della legge 29 dicembre 2001, n. 448, ai fini della detrazione d'imposta del 36%, ed individuazione dell'ufficio competente a ricevere le comunicazioni. (GU n. 174 del 26-7-2002). Con modello ed istruzioni conformi scaricabili.

Legge 29 gennaio 1992, n. 113: Obbligo per il comune di residenza di porre a dimora un albero per ogni neonato, a seguito della registrazione anagrafica (G.U.R.I. 18 febbraio 1992, n. 40).

Regio Decreto LEGGE 30 dicembre 1923, n. 3267: G.U.R.I. 17 maggio 1924, n. 117 Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani. Testo Coordinato (modificato dalla legge 25 luglio 1952, n. 991)

• cave e torbiere;

Le cave rappresentano un notevole fattore di deterioramento ambientale del territorio. La normativa di riferimento è sostanzialmente rappresentata dalle seguenti norme.

Dereto 8 giugno 2001: Modalità e criteri di accesso alle agevolazioni per la ristrutturazione e la modifica strutturale degli ambienti di lavoro nelle cave localizzate in giacimenti di calcare metamorfico con sviluppo a quote di oltre 300 metri di cui all’art. 114, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. (G.U. n. 217 del 18 settembre 2001).

Legge 30 luglio 1990, n. 221: Gazz. Uff., 7 agosto 1990, n. 183 Nuove norme per l'attuazione della politica mineraria.

Regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443: (in Gazz. Uff., 23 agosto 1927, n. 194). Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere. (decreto modificato dal D.lgs. 4 agosto 1999, n.213).

difesa del suolo;

La Legge 18 Maggio 1989 n°183 si pone lo scopo di "assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruzione e gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale

(28)

sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad esso connessi". Lo strumento per ottenere tali risultati è il Piano di Bacino "strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa, alla valorizzazione del suolo e la diretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato".

• zone umide;

Con questo termine tutto un insieme di particolari habitat (stagni, paludi, bacini naturali ed artificiali, aree marittime, piccoli e gandi laghi, delta ad altre aree ancora). Per l'importanza (rivalutata negli ultimi anni) collegata all'aspetto aviofaunistico, le zone umide principali di molti paesi sono state oggetto di una convenzione internazionale che impegna gli stati firmatari ad adoperarsi per una fattiva protezione di tali habitat. Tale accordo è stato ratificato dall'Italia con il Decreto Presidente della Repubblica n°448 del 13 Luglio 1976. La Legge 8 Agosto 1985 n°431 ha imposto il vincolo paesaggistico-ambientale su tutte queste aree specificatamente protette ai sensi della Convenzione di Ramsar.

(29)

1.4.3 RIEPILOGO NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Si riporta di seguito una tabella riassuntiva delle normative vigenti in questo campo.

NORMATIVA COMUNITARIA NARMATIVA NAZIONALE

Legge 183/89

Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo

DPR 18/07/95

Atto di indirizzo e coordinamento concernente criteri per la redazione dei piani

di bacino

DL 180/98 , convertito nella L.267/98 e modificata con L.226/99 + decreto attuativo

DPCM 29/09/98

Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico

DIR 86/278 Concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi

di depurazione in agricoltura

D.Lgs. 99 27/12/92 Attuazione della DIR 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in

particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura.

D.Lgs. n. 22/1997 + decreto attuativo D.M. n. 471/1999 recante criteri, procedure e

modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti

inquinati

Legge 29 ottobre 1987 n. 441 Legge 475/88

D.M. 16 maggio 1989: “Criteri e linee guida per l’elaborazione e la predisposizione, con

modalità uniformi da parte di tutte le Regioni e Province autonome, dei piani di bonifica, nonché definizione delle modalità per l’erogazione delle risorse finanziarie, di cui alla legge 29 ottobre 1987 n. 441, di conversione del DL 31 agosto 1987, n. 361,

come modificata dalla legge 9 novembre 1998 n. 475, di conversione del Dl 9

settembre 1988, n. 397”

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Legge n. 426/98

Nuovi interventi in campo ambientale, recante all’art. 1 l’elenco degli interventi di

bonifica di interesse nazionale

D.M. 20 agosto 1999 Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli

per rendere innocuo l'amianto, previsti dall'art. 5, comma 1, lettera f) della legge 27

marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto.

DM 13 settembre 1999 “Approvazione dei metodi ufficiali di analisi chimica del suolo”

D.M 25 ottobre 1999 n 471 “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino

ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs 22/97 e successive modificazioni ed integrazioni

Decreto legge 16 giugno 2000 n. 160 recante: “Differimento del termine per gli interventi di bonifica e ripristino ambientale

dei siti inquinati”

Legge 28 luglio 2000 n. 224 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto

legge 16 giugno 2000 n. 160 DM n. 468 del 18/09/01 Programma nazionale di bonifica e

(31)

1.5 RIFIUTI

1.5.1 INTRODUZIONE

I rifiuti possono essere definiti come sostanze o oggetti che derivano da attività umane o da cicli naturali, di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. I rifiuti vengono classificati secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, e, secondo le caratteristiche in rifiuti pericolosi e non pericolosi:

• I rifiuti urbani sono rifiuti domestici ed ingombranti. Sapere qual è la composizione dei rifiuti urbani permette di programmare meglio la gestione, quindi lo smaltimento e il riciclaggio.

• I rifiuti speciali sono in generale i rifiuti da lavorazione industriale quelli provenienti da attività commerciali e quelli derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti da trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi, i rifiuti derivanti da attività sanitarie, i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti e i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.

• I rifiuti urbani pericolosi (RUP), i rifiuti urbani pericolosi sono costituiti da tutta quella serie di rifiuti che, pur avendo un’origine civile, contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze pericolose e che quindi devono essere gestiti diversamente dal flusso dei rifiuti urbani “normali”. Tra i RUP, i principali sono i medicinali scaduti e le pile.

• I rifiuti speciali pericolosi sono quelli provenienti da raffinazione del petrolio, da processi chimici, dall’industria fotografica, dall’industria metallurgica, oli esauriti, solventi. I rifiuti speciali pericolosi sono quei rifiuti generati dalle attività produttive che contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti. Per questo motivo occorre renderli innocui, cioè trattarli in modo da ridurne drasticamente la pericolosità. La gestione di un rifiuto può essere intesa come una serie di operazioni, fra loro coordinate, volte alla tutela ambientale ed al rispetto della normativa tecnica e legislativa vigente. Le operazioni che caratterizzano la gestione possono riguardare cinque fasi:

1. Luogo di produzione;

2. Conferimento al deposito temporaneo;

(32)

3. Deposito temporaneo; 4. Trasporto;

5. Smaltimento.

Si dovranno definire con estrema precisione i seguenti aspetti operativi: Individuazione dei rifiuti da raccogliere in modo differenziato;

Caratteristiche dei contenitori per la raccolta; Locali ove dislocare i contenitori;

Ubicazione e numero dei contenitori nei vari locali

Informazioni che si debbono fornire per una corretta gestione del rifiuto (manuali, segnaletica di pericolo, istruzioni comportamentali, sensibilizzazione, ecc..).

(33)

1.5.2 NORMATIVA NAZIONALE DI RIFERIMENTO PER I RIFIUTI

In Italia la materia “rifiuti”è regolata dal D.L. 5 febbraio 1997 n. 22, detto anche Decreto Ronchi, dal nome del Ministro dell’Ambiente che lo ha proposto. Il decreto, più volte modificato, si prefigge lo scopo di migliorare la qualità dell’ambiente e tutelare la salute delle persone e classifica i rifiuti nelle quattro categorie. Aspetto principale di tale decreto è rappresentato dal Piano regionale di gestione dei rifiuti per gli Ambiti territoriali ottimali (ATO) che tutte le regioni devono predisporre. Le leggi in vigore fino a qualche tempo fa si preoccupavano prevalentemente del problema dello smaltimento dei rifiuti, senza porsi l’obiettivo del recupero, sia di materia che di energia.

La nuova normativa invece si preoccupa dell’intero problema della gestione dei rifiuti.. La politica Ambientale si pone come obiettivo prioritario la riduzione sia della quantità che della pericolosità dei rifiuti prodotti, sia del flusso dei rifiuti avviati allo smaltimento. A tal fine prevede e disciplina specifiche azioni per intervenire alla fonte nel processo produttivo e per agevolare ed incentivare nell'ordine il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti prodotti. (Principio della Prevenzione, riciclaggio e Recupero). Infine i rifiuti non recuperati né recepiti devono essere smaltiti in condizioni di sicurezza, con una progressiva riduzione del flusso dei rifiuti avviati in discarica.

La Prevenzione richiede il controllo ed il miglioramento continuo delle prestazioni e dell'efficienza ambientale, a tal fine le imprese produttrici dovranno provvedere alla:

• introduzione di sistemi di gestione ambientale all'interno dei processi industriali e dei servizi (certificazioni ambientali);

• modificazione delle tecnologie di processo per ridurre l'inquinamento (eco-efficienza dei cicli di produzione e di consumo);

• miglioramento dei sistemi di abbattimento delle emissioni (aria, acqua, suolo);

• perseguimento dell'efficienza energetica e della riduzione della produzione dei rifiuti; • innovazione ambientale di prodotto, oltre che di processo, attraverso il miglioramento

delle prestazioni ambientali del prodotto e delle potenzialità di riutilizzo e recupero anche a fine vita.

Il Decreto Legislativo 22/97, dopo la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti, assegna un ruolo centrale alla Gestione Integrata dei Rifiuti, il rifiuto deve, quindi, essere gestito in modo da conseguire obiettivi di riciclaggio e di recupero e,

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ridurre il flusso dei rifiuti avviati allo smaltimento. Per i rifiuti urbani la gestione integrata richiede la realizzazione di obiettivi minimi di raccolta differenziata e di riciclaggio e, in secondo luogo, la produzione e l'utilizzo di combustibile da rifiuto. Sotto il profilo organizzativo, inoltre, è necessario che in ciascun ambito territoriale i Comuni attivino adeguate forme di cooperazione e coordinamento per razionalizzare la gestione dei rifiuti. Per quanto riguarda i rifiuti speciali, le attività di riciclaggio e recupero sono favorite con apposite semplificazioni delle procedure amministrative di autorizzazione. Infine, sono stabiliti specifici obiettivi di recupero e riciclaggio dei rifiuti da imballaggio ed è dettata una specifica disciplina per la gestione di tali rifiuti.

Le strategie del RIUSO e del RECUPERO, in definitiva, si concentrano su due azioni:

• ottimizzazione dei sistemi di raccolta dei rifiuti urbani che dovranno risultare efficaci sotto il profilo tecnico, economico e ambientale.

• sviluppo del mercato del riuso e del recupero dei rifiuti.

Il D.lgs. n. 22/97, come noto, ha, tra l’altro, dettato i principi per una corretta gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, prevedendo in proposito l’attivazione di un vero e proprio sistema di gestione.

Nell’ambito di questo complesso, i produttori e gli utilizzatori di imballaggi sono responsabili della corretta gestione ambientale:

• degli imballaggi che producono e usano;

• dei rifiuti di imballaggio che derivano dal consumo dei propri prodotti.

Hanno, inoltre, l’obbligo specifico di raggiungere i prefissati obiettivi di recupero e riciclaggio. Sono obblighi comuni:

• la responsabilità della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei rispettivi prodotti;

• l’obbligo della raccolta dei rifiuti di imballaggio primari (cioè gli imballaggi che avvolgono la singola unità di prodotto al consumo) e degli altri rifiuti di imballaggio, comunque, conferiti al servizio pubblico; a questo compito devono adempiere tramite il gestore del servizio stesso;

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Nella pratica, la responsabilità dei produttori e degli utilizzatori vengono assolte al meglio tramite la partecipazione al CONAI e, per i soli produttori, anche ai consorzi di filiera. Com’è noto, il CONAI è il soggetto cui è affidato il compito di raggiungere gli obiettivi di recupero e di riciclo delle confezioni usate, raccordandosi con i servizi pubblici e gli operatori del riciclaggio, con specifico riferimento agli imballaggi primari. Al CONAI, quindi, vanno obbligatoriamente conferiti gli imballaggi di carta e cartone, stante il disposto di cui agli att. 34 e segg. Del D.lgs. n. 22/1997.

Per il recupero degli imballaggi secondari e terziari, è obbligatorio il conferimento ai consorzi delle “filiere”.

Quanto al trasporto dei rifiuti da imballaggio all’interno di una stessa rete commerciale (cioè tra punti vendita e magazzini centrali appartenenti alla stessa impresa distributiva), può essere liberamente realizzato da mezzi aziendali.

Se gli automezzi sono di un’altra ditta, questa deve essere in possesso di iscrizione all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti per la categoria 4.

Per quanto riguarda il sistema di tassazione, la tassa sui rifiuti solidi urbani, denominata TARSU, sta per essere accantonata in tutti i Comuni e sostituita dalla “tariffa” di cui al D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158.

Il principio nuovo è che la tariffa non rappresenta più il corrispettivo del servizio svolto dal Comune, ma lo scopo essenziale è quello di coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani, con l’obbligo di rispettare l’equivalenza che il D.P.R. n. 158/1999 indica al punto 1 dell’Allegato I.

La tariffa, pertanto, si compone di una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio (riferite in particolare agli investimenti per le opere e ai relativi ammortamenti) e da una parte variabile, rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione.

A livello territoriale, la tariffa è articolata con riferimento alle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunale e, in particolare, alla loro destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità abitativa, alla frequenza e alla qualità dei servizi da fornire, secondo modalità predeterminate dal Comune.

Nelle more dell'emanazione del provvedimento interministeriale che riguarda la trasposizione dai codici CER di cui agli allegati al Decreto legislativo 22/97, ai codici del

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nuovo elenco dei rifiuti, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ha emanato la direttiva 9 aprile 2002 recante "Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti".

La suddetta direttiva è finalizzata a fornire indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento della Commissione n. 2557/2001 sulle spedizioni dei rifiuti ed in relazione al nuovo Elenco dei rifiuti. Le indicazioni sono necessarie affinché ogni rifiuto fin dalla sua produzione ed in ogni successiva fase di gestione, incluso il trasporto, sia correttamente identificato con i codici del nuovo elenco dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532 modificata da ultimo con decisione 2001/573. Ciò in vista di una eventuale movimentazione dei rifiuti stessi soggetta al regolamento 2557/2001, la cui adozione ha effetti diretti sulla normativa vigente in materia di rifiuti:

• modifiche introdotte dalla normativa comunitaria al Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22

• ed ai Decreti Ministeriali 141/98, 145/98, 148/98 e 219/2000.

La legge 21 dicembre 2001 n. 443, "Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive", ha emanato disposizioni ai soggetti che effettuano la gestione dei rifiuti, la cui classificazione è stata modificata dalla decisione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 e successive modifiche, concernenti la presentazione agli enti competenti, entro il 10 febbraio 2002, della domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, o iscrizione ai sensi dell'articolo 30 del medesimo decreto legislativo, con l'indicazione dei nuovi codici per i quali si intende proseguire l'attività di gestione dei rifiuti. In tal modo è stato possibile proseguire l'attività fino all'emanazione o al rilascio delle relative autorizzazioni od iscrizioni.

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1.5.3 NORMATIVA COMUNITARIA DI RIFERIMENTO PER I RIFIUTI

Con l'emanazione della Decisione della Commissione 2000/532/CE, successivamente modificata dalle decisioni 2001/118/CE e 2001/119/CE della Commissione e dalla decisione 2001/573/CE del Consiglio, sono state introdotte nuove disposizioni comunitarie in materia di classificazione dei rifiuti.

Le modifiche hanno principalmente interessato:

- l'unificazione del Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER) con l'elenco dei rifiuti pericolosi con l'inserimento di nuovi codici;

- l'introduzione del codice "pericoloso" e codice "non pericoloso" per il medesimo rifiuto, in funzione della concentrazione di sostanze pericolose;

- l'introduzione di nuovi capitoli riferiti a processi produttivi non presenti nel precedente "Catalogo";

- l'introduzione di specifici capitoli in cui confluiscono "gruppi di rifiuti" secondo il ciclo produttivo di provenienza.

Si riportano, di seguito, i riferimenti alle relative decisioni comunitarie:

• Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 (G.U.C.E. n. L 226 del 6/9/2000) che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco dei rifiuti

• Decisione 2001/118/CE della Commissione del 16 gennaio 2001 che modifica l'elenco dei rifiuti istituito dalla decisione 2000/532/CE (G.U.C.E. n. L 47 del 16/2/2001)

• Decisione della Commissione 2001/119/CE del 22 gennaio 2001 che modifica la decisione 2000/532/CE che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco dei rifiuti conformemente all'art. 1, lett. a) della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904 del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell'art. 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi (G.U.C.E. n. L 47 del 16/2/2001)

• Decisione del Consiglio 2001/573/CE del 23 luglio 2001 che modifica l'elenco dei rifiuti contenuto nella decisione 2000/532/CE (G.U.C.E. n. L203 del 28/7/2001).

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1.5.4 RIEPILOGO NORMATIVA DI RIFERIMENTO

L’insieme delle normative comunitarie e nazionali che regolano la gestione delle risorse idriche sono riassunte nella tabella seguente:

NORMATIVA COMUNITARIA NARMATIVA NAZIONALE

D.P.R. n. 915 del 10/09/82 e successivi, ABROGATO dal D.Lgs n. 22 del 05/02/97

DIR 75/442/CEE modificata dalla DIR 91/156/CEE

Rifiuti

D. Lgs. n. 22 del 05/02/97 (Decreto Ronchi) e successive modifiche:

D.Lgs n. 389 del 08/11/97 (Ronchi bis) L. n.128 del 24/04/98 (Comunitaria 95-97)

L. n. 426 del 09/12/98 (Ronchi ter) L. n. 488 del 23/12/99 (Finanziaria 2000) L. n. 342 del 21/11/00 (collegato fiscale alla

finanziaria 2000)

L. n. 93 del 23/03/01 (Disposizioni in campo ambientale)

D.L. n. 286 del 16/07/2001 (proroga discariche e POLIECO)

DIR 91/689/CEE Rifiuti pericolosi DIR 94/62/CE

Imballaggi e rifiuti di imballaggio

D.L. n. 452 del 28/12/2001 convertito nella L. n. 16 del 27/02/02

L. n. 448 del 28/12/01 (finanziaria 2002) D.L. n. 22 del 07/03/02 convertito nella L. n. 82

del 06/05/02

L. n. 39 del 01/03/02 (legge comunitaria 2001) L. n. 179 del 31/07/02 (collegato ambientale alla

finanziaria 2002)

D.L. n. 138 del 08/07/02 convertito nella L. n. 138 del 08/08/02

DIR 75/439/CEE modificata dalla DIR 87/101/CEE Eliminazione degli oli usati

D. Lgs n. 95 del 27/01/92

DIR 90/667/CEE Norme sanitarie per l’eliminazione, la trasformazione

e l’immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni

degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce

D. Lgs. n. 508 del 14/12/92

DIR 91/157/CEE modificata dalla DIR 93/86/CEE Pile e accumulatori contenenti

sostanze pericolose

Decreto n. 476 del 20/11/97

Regolamento recante norme in materia di pile e accumulatori contenenti sostanze pericolose

DIR 94/67/CEE Incenerimento dei rifiuti

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