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Capitolo 1

Inquadramento generale

1.1

Piano di assetto idrogeologico del fiume Magra: sintesi dei

contenuti.

Lo studio della cassa di laminazione, oggetto del presente lavoro di tesi, rientra nell’insieme degli interventi previsti dal Piano di Assetto idrogeologico del fiume Magra.

Per effettuare un’analisi dettagliata delle problematiche che vengono affrontate dal piano è quindi necessario conoscerne le finalità.

Adottato dal Comitato Istituzionale con Delibera n. 180 (27 aprile 2006) e redatto in attuazione come disposto dall’articolo 1 comma 1del Decreto Legge n° 180 (11 giugno 1998), esso costituisce il Piano Stralcio di Bacino, ai sensi dell’art. 17 comma 6ter della Legge n. 183 (18 maggio 1989), ovvero “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”.

Tale Piano persegue il fine di difendere il suolo e la rete idrografica, di migliorare le condizioni di stabilità dei versanti, di recuperare le aree interessate da particolari fenomeni di dissesto e degrado, di mitigare il rischio idraulico contenendo i picchi di piena, di salvaguardare e valorizzare gli assetti naturali e di ripascere gli arenili presenti nel bacino idrografico.

Tali finalità vengono raggiunte con azioni d’intervento mirate, riconducibili in sintesi alle seguenti:

• aumento dell’efficienza idrogeologica del suolo e del soprassuolo e della capacità di

ritenzione delle acque di pioggia;

• produzione controllata di sedimenti e salvaguardia della continuità del trasporto solido;

• consolidamento delle aree in dissesto su cui insistono insediamenti umani;

• creazione di una fascia di riassetto fluviale, comprensiva dell’alveo attuale, delle aree di

pertinenza fluviale e di quelle necessarie per l’adeguamento del corso d’acqua;

• incremento dell’ampiezza degli ambiti di fitodepurazione, stabilizzazione delle sponde, ed

evoluzione delle dinamiche fluviali;

• realizzazione di nuovi insediamenti umani al di fuori delle aree in dissesto, nonché di

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• promozione di attività di riqualificazione ambientale dei versanti e della fascia di riassetto fluviale;

• salvaguardia dell’integrità delle risorse idriche, contrastando in particolare la

salinizzazione delle falde acquifere.

Per definire correttamente le aree verso cui indirizzare tali interventi, il PAI procede all’analisi accurata del territorio, svolta mediante l’azione di perimetrazione delle aree a differente grado di pericolosità (idraulico-geomorfologico) e di rischio.

Prima di procedere ulteriormente è quindi opportuno definire i due fattori fondamentali che rendono possibile tale analisi: il fattore pericolosità e il fattore rischio.

Il primo indica la probabilità di accadimento di un determinato fenomeno potenziale (in campo idraulico è un evento di piena, in campo geomorfologico è un dissesto) ma non delinea la probabilità di un danneggiamento conseguente, contemplato invece dal secondo parametro di analisi, cioè il rischio R, espresso dalla seguente espressione:

R = P x E x V (1.1)

In cui P è la pericolosità, E sono gli Elementi a rischio, come popolazione, proprietà, attività economiche e V è la “vulnerabilità”, definita come “grado di perdita, secondo una scala compresa fra 0 (nessuna perdita) a 1 (perdita totale).

Avendo definito tali strumenti è possibile enunciare le diverse fasi elaborate dai Piani di Bacino e volte alla realizzazione della carta del rischio.

Le fasi di tale processo, sono:

FASE 1 - Individuazione e caratterizzazione dell’ambito fisico oggetto di studio: tale fase

è finalizzata alla costruzione del quadro conoscitivo di base per la definizione del reticolo idrografico, il bacino principale e i sottobacini oggetto di studio, nonché la predisposizione dei dati necessari alle elaborazioni previste nelle fasi successive.

FASE 2 - analisi idrologica: è finalizzata alla determinazione degli eventi di piena e alla

probabilità che tali eventi possano verificarsi per ciascuna sezione di interesse (analisi della probabilità).

FASE 3 - modellazione idraulica in alveo e nelle aree inondate: è finalizzata alla

determinazione dei livelli idrici associati agli eventi di piena definiti nella FASE 2, per ciascuna sezione del tronco fluviale considerato, nonché alla valutazione dei volumi d’acqua tracimabili dalle strutture di contenimento della corrente in alveo.

FASE 4 - mappatura delle aree inondabili: è finalizzato alla delimitazione delle aree

inondate.

FASE 5 - mappatura del rischio idraulico: è finalizzato alla realizzazione delle carte di

rischio ottenuta per sovrapposizione tra gli Elementi a Rischio (definiti in base all’equazione 1.1) e la mappa delle Aree Inondabili (FASE 4).

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Le zone a rischio idraulico vengono poi cartografate in scala 1: 10.000 (fig. 1.1.1).

Figura 1.1.1: carta del rischio idraulico scala 1: 10.000

La figura 1.1.2 evidenzia un estratto della carta del rischio idraulico, mostrando le aree comprese tra i centri abitati di Pontremoli ed Aulla.

Evidenziate in colore rosso si identificano le zone a rischio elevato, mentre le arancioni e le gialle quelle a rischio minore.

Con il colore celeste si evidenzia infine l’alveo del fiume Magra e dei suoi affluenti.

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1.2 Tipologie di intervento per la riduzione del rischio idraulico

previsti dal Piano.

Nel paragrafo precedente è stato definito il concetto di rischio idraulico, adesso è utile evidenziare i caratteri generali delle tipologie di intervento previste dal Piano atte a ridurlo. Tali interventi si dividono in due grandi categorie: interventi “non strutturali” e interventi “strutturali”.

I primi consistono nella stesura delle norme di attuazione riguardanti l’assetto idrogeologico e la rete idrografica, nella disciplina dell’assetto idraulico di fondovalle e negli interventi di manutenzione ordinaria della rete idrografica.

Nelle Norme d’Attuazione sono inoltre contenuti indirizzi generali finalizzati ad aumentare la capacità di ritenzione delle acque piovane, definendo i criteri di manutenzione ordinaria, le modalità di progettazione dei lavori ed affrontando infine le specifiche riguardanti il demanio, la rimozione di sedimenti da alvei ed aree inondabili.

Le norme suddette sono finalizzate a non “congelare” per tempi lunghi la possibilità di trasformazione di vasti territori oggi inondabili e che a seguito della realizzazione degli interventi previsti saranno messe in sicurezza.

Gli interventi “strutturali” si dividono invece in:

interventi di difesa che aumentano la capacità di portata dell’alveo; interventi di difesa che attenuano la portata di piena.

Tra i primi vengono annoverati gli interventi che modificano le geometrie degli alvei in senso longitudinale (briglie e soglie) o trasversale (riprofilature delle sezioni, difese spondali e argini), mentre tra gli interventi che attenuano la portata di piena vengono annoverate le opere di laminazione. Esse consentono di invasare temporaneamente una parte del volume di piena per restituirlo successivamente, ottenendo a valle un’attenuazione e, con certe opere, anche un ritardo del valore del colmo.

Queste soluzioni, atte a contenere al massimo le interferenze con la continuità del trasporto solido e del regime delle portate in condizioni ordinarie (casse di laminazione laterale, o in linea, arginature esterne), definiscono il sistema di opere “asciutte”, che possono cioè essere interessate da attività compatibili quali l’agricoltura e che tratterranno grandi volumi d’acqua solo al verificarsi di eventi di piena straordinari.

Infine è opportuno sottolineare come tutte le opere di messa in sicurezza vengano riferite a due fasi:

- una prima fase, prioritaria, riguardante la realizzazione di opere di laminazione per eventi

di piena con tempo di ritorno Tr =30anni e di adeguamento di tratti non sufficienti a

smaltire portate con tempi di ritornoTr =30anni

- una seconda fase, non prioritaria riguardante la realizzazione delle opere di laminazione

per eventi di piena con tempi di ritorno Tr =200anni e di adeguamento per le opere

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1.3 Caratteristiche generali delle casse di espansione.

Come evidenziato nel paragrafo 1.2 (Tipologie di intervento per la riduzione del rischio idraulico previsti dal Piano) il Piano riconosce nelle casse di espansione l’intervento strutturale più efficace allo scopo di ridurre un potenziale rischio idraulico.

La realizzazione di una cassa d’espansione comporta tuttavia danni economici rilevanti, dal momento che i terreni interessati dal manufatto sono sempre estesi. Le arginature di contenimento sono infatti basse (generalmente minori o uguali a 10 m) ed i tiranti idrici nella cassa abbastanza modesti, tali cioè da coinvolgere estese porzioni di terreno inondabile nei quali è necessario bandire insediamenti umani ed attività.

Le casse di espansione in derivazione sono opere di accumulo dei volumi idrici, comprendenti manufatti di imbocco e di sbocco che consentono di ottenere la riduzione della portata di colmo di un’onda di piena attraverso il temporaneo invaso di parte del suo volume.

Il volume invasato è poi restituito quando le condizioni idrometriche del corso d’acqua non sono più pericolose.

I fattori che influiscono sull’abbattimento della portata sono la capacità della cassa, le caratteristiche geometriche (superfici coinvolte) e quelle idrauliche dei manufatti di alimentazione e di scarico.

Le casse di espansione, oltre alla laminazione delle piene, si prestano ad altre applicazioni, grazie alla capacità di rimodulazione delle portate.

Sfruttando gli eccessi di acqua dei periodi piovosi, è infatti possibile incrementare le portate irrigue, incrementare il deflusso minimo, rimodulare le portate naturali (sfasate a monte per la presenza di impianti idroelettrici od industriali), favorire la ricarica delle falde.

Occorre però tenere presente l’esigenza primaria di doverle svuotare prima possibile, in modo che siano in grado di far fronte a un altro immediato evento di piena.

Le casse di espansione vengono generalmente posizionate nella parte medio - bassa del reticolo idrografico, in zone pianeggianti dove è possibile individuare estese aree da destinare alla laminazione.

Una possibile classificazione delle casse di espansione può essere definita in relazione agli obiettivi che si devono raggiungere attraverso il loro utilizzo.

Si possono perciò distinguere le seguenti tipologie:

• casse di espansione di difesa locale: questa tipologia ha come principale obiettivo la messa

in sicurezza dell’abitato immediatamente a valle della stessa;

• casse di espansione di servizio: non ha il compito di difendere direttamente un centro

abitato, ma aiuta le altre a farlo. Il tipico esempio sono le casse ubicate sugli affluenti di un corso principale interessato da ingenti esondazioni;

• casse di espansione tampone: è un caso particolare della tipologia precedente in quanto è

un’opera ubicata alla confluenza di un corso d’acqua con un altro corso con lo specifico compito di ridurre il rigurgito a monte ed impedire quindi esondazioni dovute a questo fenomeno.

All’interno di questa classificazione (per obiettivi ed applicazioni) generalmente vengono distinte due differenti tipologie costruttive: le casse di espansione con sbarramento trasversale (o in linea) e le casse di derivazione.

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La figura 1.3.1 evidenzia il posizionamento delle due tipologie di casse rispetto all’alveo del fiume.

Figura 1.3.1: possibili configurazioni di un serbatoio di laminazione, in linea (a sinistra), e in derivazione (a destra).

Le casse di espansione, malgrado il loro largo impiego, non sempre vengono correttamente progettate. Occorre infatti tener conto di due importanti aspetti del funzionamento, che riducono enormemente la loro efficacia nella laminazione delle onde di piena.

Il primo aspetto è costituito dal fatto che la riduzione della portata massima a valle risulta inferiore alla massima portata sfiorata; per due motivi: il primo è dovuto alla riduzione del volume d’invaso nel tronco d’alveo a monte dell’opera di presa, per effetto del profilo liquido di depressione conseguente alla chiamata dovuta allo sfioratore. Ciò provoca un irrigidimento dell’onda di piena in arrivo, con un aumento della portata massima al colmo rispetto a quella dell’onda originaria. Il secondo motivo è invece dovuto al fatto che nell’istante in cui nella sezione subito a valle dello sfioratore si verifica la massima portata dell’onda di piena laminata, l’opera di presa sta sfiorando una portata che non ha ancora raggiunto il valore massimo.

Per questi motivi si verifica una perdita di efficienza dell’opera di scolmamento (di entità non trascurabile), che dipende prevalentemente dalle caratteristiche dello sfioratore superficiale. Il secondo aspetto discende dal fatto che, affinché possa essere sfiorata la massima portata stabilita, è necessario un certo carico sulla soglia, la cui sommità deve quindi essere a una quota sensibilmente inferiore rispetto a quella corrispondente al deflusso della portata (che non si vuole superare a valle). Lo sfioratore entra perciò in funzione molto prima che si verifichi tale portata, all’arrivo della quale la cassa risulta già parzialmente piena. Durante la fase discendente dell’onda, esso cessa poi di funzionare molto dopo che la portata sia scesa al di sotto della portata da non superare a valle.

La cassa, per contenere tutto il volume sfiorato, deve perciò avere un volume molto maggiore di quello compreso tra l’onda di piena e la portata da non superare a valle.

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1.3.1 Le casse di espansione con sbarramento trasversale (o in linea).

La posizione più naturale per questa tipologia di casse è all'interno dell’alveo,esse si possono e si devono realizzare se l’alveo non è arginato.

Vengono realizzate mediante la creazione di un restringimento di sezione (bocca tarata), che provoca il rigurgito della corrente e quindi l’invaso delle acque di piena.

Tali opere sono costituite dalle seguenti parti fondamentali, (figura1.3.1.1):

• opera di restringimento (briglia, traversa);

• opera di contenimento (argine longitudinale), da realizzare solo se si vuole limitare

l’allagamento delle zone naturali.

Figura 1.3.1.1: schema di una cassa d’espansione e deposito del tipo in linea

L’opera di restringimento può essere realizzata con diverse tipologie costruttive.

In genere si ricorre a luci verticali a fessura, che interessano tutta l’altezza della struttura,

oppure a luci di varie forme poste nella parte bassa del manufatto.

Indipendentemente dalla tipologia, il funzionamento prevede il rigurgito della corrente con l’aumento del battente a monte dell’opera trasversale.

A titolo di esempio la figura1.3.1.2 mostra lo sfioratore e la luce di fondo di una piccola bocca tarata, realizzata su un affluente del fiume Ombrone Pistoiese.

L’opera è costituita da una parte centrale in calcestruzzo con sfioratore e luce di fondo e da un’arginatura trasversale in terra.

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. Figura 1.3.1.2: bocca tarata con luce di fondo rettangolare

L’opera di restringimento può essere realizzata con vari materiali, ad esempio il calcestruzzo, ma anche scogliere, gabbionate, ecc.

Per creare l'invaso in cui accogliere l'acqua rigurgitata dalla traversa o dalla soglia, si costruiscono poi arginature in terra, di altezza non troppo elevata.

Gli argini vengono realizzati con terreno compattato, aventi caratteristiche fisiche e meccaniche adeguate a renderlo stabile e a trattenere e contenere l'acqua. Si utilizzano generalmente materiali a bassa permeabilità, di natura argillosa e limosa in grado di assicurare la stabilità del complesso argine terreno di fondazione e nel contempo di adattarsi ai suoi cedimenti (per ragioni economiche, nella costruzione degli argini si usano però terreni presenti in golena od in alveo).

Le strutture arginali, benché sia limitato il tempo durante il quale le casse rimangono invasati, devono comunque essere protetti dai fenomeni erosivi, ricorrendo a rivestimenti in materiali sciolti o flessibili (materassi e/o gabbioni).

La figura 1.3.1.3, mostra un esempio di cassa in linea ed il corrispondente manufatto d’imbocco.

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1.3.2 Le casse di espansione laterali (o in derivazione).

Le casse in derivazione sono manufatti idrici capaci di decapitare l’idrogramma di piena in modo più efficace rispetto alle casse in linea (Paragrafo 1.3.1), a parità di volume invasato. Esse ne prevedono l’accumulo su terreni che si estendono lateralmente al corso d’acqua, su aree sottratte alla dinamica d’alveo ed allagate attraverso la realizzazione di una soglia sfiorante posta sulle arginature.

Nel caso in cui il perimetro della cassa non costituisca un naturale contenimento per le acque, esse vengono dotate di un argine esterno, allo scopo di limitare l’estensione dell’invaso alle sole zone di competenza del manufatto idrico.

Tali opere sono pertanto costituite dalle seguenti parti fondamentali:

• opera di sfioro;

• arginature longitudinali rispetto all’alveo;

• arginature esterne di contenimento (quando necessario);

• organi di scarico.

La figura 1.3.2.1 mostra il posizionamento della cassa di derivazione rispetto all’alveo, le aree laterali ed il posizionamento delle soglie di sfioro, attraverso cui si determina l’invaso.

Figura 1.3.2.1: schema di funzionamento di una cassa di espansione in derivazione.

Le opere di sfioro possono essere costituite da una semplice soglia fissa, sfiorante portate via via maggiori al crescere del livello liquido e quindi della portata in arrivo. In altri casi possono essere costituite da una soglia fissa sormontata da paratoie o dispositivi con funzionamento automatico, che consentono all’opera di presa di entrare in funzione quando si raggiunge una quota liquida più elevata rispetto a quella della soglia e di sfiorare portate sempre maggiori all’aumentare della portata in arrivo, con un livello liquido praticamente costante.

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Nella figura 1.3.2.2 si può vedere il funzionamento di una soglia di sfioro durante la fase di piena, mentre la figura 1.3.2.3 mostra uno sfioratore in fase di costruzione.

Figura 1.3.2.2: derivazione in fase di piena.

Figura 1.3.2.3: sfioratore (fiume Secchia)

E’ inoltre importante posizionare questi manufatti di imbocco alla quota corretta, per garantire la piena efficacia dell'opera di difesa.

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In alcuni casi alla cassa di espansione laterale si associa anche un’opera di restringimento nell’alveo, la cui funzione è di provocare un rigurgito della corrente e consentire battenti maggiori o comunque più regolari sulla soglia di sfioro laterale.

La cassa di espansione restituirà al fiume il volume invasato mediante uno scarico di fondo, quando la portata del corso d'acqua scenderà nuovamente sotto il valore critico.

Per quanto attiene agli organi di scarico questi sono realizzati con opere funzionanti a battente e regolate da organi di manovra.

Questa tipologia di casse di espansione sono spesso caratterizzate da tiranti idrici piuttosto bassi. Se la pendenza dell'alveo è elevata o l'area che le ospita molto estesa, possono essere suddivise in più settori, ognuno munito del proprio scarico di fondo e di soglia sfiorante, (figura 1.3.2.4).

Figura 1.3.2.4: cassa in derivazione suddivisa in vasche (poste in serie) e separate da soglie sfioranti. (Da Deppo, 1998)

A seconda dell’entità dell’evento di piena, vengono occupati tutti o alcuni settori, differenziando così il rischio di allagamento nelle varie zone.

Le luci di fondo, poste tra una vasca e l’altra hanno la duplice funzione di garantire lo svuotamento della vasca a monte (durante la fase calante dell'onda di piena) e di preparare la vasca posta a valle (parzialmente invasata quando inizia lo sfioro) dissipando parte dell'energia associata alla portata sfiorante.

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1.3.3 Principi idraulici

Come evidenziato nei paragrafi 1.3.1 e 1.3.2, le casse d’espansione sono opere di accumulo dei volumi idrici comprendenti manufatti di imbocco e di sbocco, costruiti per ridurre la portata di colmo di un’onda di piena attraverso il temporaneo invaso di parte del suo volume. Il volume invasato è poi restituito quando le condizioni idrometriche del corso d’acqua non sono più pericolose.

I fattori che determinano la riduzione di portata sono la capacità della cassa e le caratteristiche geometriche ed idrauliche dei manufatti di alimentazione e di scarico.

In questo paragrafo vengono descritti i principi idraulici che sono alla base del funzionamento delle casse in linea.

Come risulta dalla risoluzione dell’equazione di continuità, nella forma:

Qi(t) - Qu(t) =dW/dt (1.3.3.1)

dove Qi(t) sono le portate in ingresso, Qu(t) le portate in uscita al tempo t e W il volume

invasato, la forma dell’onda di piena in uscita da una cassa d’espansione in linea risulta possedere il seguente andamento (fig. 1.3.3.2):

Figura 1.3.3.2: idrogrammi in ingresso e in uscita dal serbatoio di laminazione o da una cassa di espansione in linea [U.Maione, 2000]

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Dall’analisi del grafico, si nota in paricolare come fino al tempo t = t* la portata uscente Qu(t)

sia inferiore a quella entrante Qi(t) e come la cassa si riempia progressivamente.

Per tempi superiori a t = t* è inoltre evidente l’inversione dell’andamento, con la cassa che

inizia a svuotarsi progressivamente. L’area compresa tra i due idrogrammi (nell’intervallo di

tempo 0 < t <t* ) è pari al volume totale invasato, come evidenziato dalla seguente formula:

× = * t 0 dt Qu(t)) -(Qi(t) W (1.3.3.3)

e rappresenta quindi il volume necessario per ridurre la portata di colmo dal valore Q = Qmaxi

al valore Q = Qmaxu.

Se a valle dell’opera idrica non è consentito il deflusso di una portata superiore al valore di

soglia prefissato Q = Q*v, allora il volume della cassa deve essere tale da consentire

l’abbattimento del colmo dell’onda di piena entrante fino al valore Q*v = Qmaxu.

Mediante la regolazione dei manufatti di alimentazione e scarico attraverso organi mobili è

possibile ottenere il rendimento massimo decapitando l’idrogramma al valore Qmaxu, per

qualsiasi forma dell’onda di piena entrante.

Nella figura 1.3.3.4 è rappresentato invece l’andamento di un idrogramma di piena a valle di una cassa d’espansione in derivazione.

Anche in questo caso la regolazione degli organi di alimentazione della cassa permette un utilizzo ottimale del volume della cassa.

Figura 1.3.3.4: onda di piena in sezioni di un corso d’acqua di una cassa di espansione in derivazione con sfioratore laterale

Dall’esame comparativo degli idrogrammi di piena (riportati nelle figure 1.3.3.2 e 1.3.3.4) appare chiaro come la cassa in derivazione, a parità di volume disponibile, possieda un’efficacia maggiore, dato che in esso viene a mancare il volume invasato durante la prima fase di crescita della piena che invece caratterizza il serbatoio in linea.

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1.3.4 Scelta della tipologia di cassa in relazione alle caratteristiche del

territorio.

La scelta della differente tipologia di casse di espansione dipende da numerosi fattori:

1. Condizioni topografiche: nei terreni con caratteristiche morfologiche tali da favorire lo

sviluppo dei corsi d’acqua pensili è preferibile il ricorso alle casse in derivazione, che forniscono il miglior rendimento a parità di volume disponibile. Si ricorre alle casse in linea solo nel caso in cui rimodellamento morfologico del terreno non risulti conveniente e non sia possibile ricondursi alla prima scelta.

2. Recupero dei manufatti idraulici esistenti: i manufatti idraulici già esistenti possono

fornire un’utile guida verso le scelte tecniche da intraprendere, in quanto il loro riutilizzo può comportare vantaggi di carattere ambientale ed economico. Le arginature, ad esempio, possono essere recuperate e modificate sia nel caso di casse in linea che in derivazione. La presenza di argini trasversali permette inoltre di suddividere la cassa in settori, a vantaggio di una gestione migliore del territorio (la soluzione con casse a settori è particolarmente indicata nel caso di grandi opere). Nelle casse di minor dimensione conviene rimuovere l’argine traverso, (se esso non ha altra funzione ed il volume che occupa è rilevante) producendo un sensibile calo dell’efficienza della cassa; anche i canali di scolo possono essere risistemati, allo scopo di facilitare lo svuotamento finale. Essi sono inoltre un ottima alternativa alla costruzione di settori, nel caso in cui lo sfioratore inizi a scaricare modeste portate e con frequenza eccessiva.

3. Condizioni ambientali: le casse di espansione risultano essere meno impattanti delle

dighe, in quanto i manufatti idraulici necessari al loro funzionamento sono in minor numero, di dimensioni limitate e tali da integrarsi nel contesto territoriale. Le casse in linea sono ad esempio particolarmente idonee per le aree di grande valore naturalistico, anche se interrompono la continuità del corso d’acqua causando danni alla fauna ittica; a questo problema si può sempre ovviare con dispositivi per la risalita dei pesci nelle opere trasversali che sbarrano il corso d’acqua. Di maggior impatto sul territorio sono invece i manufatti necessari per il funzionamento delle casse, tra i quali le opere di sfioro, realizzate solitamente in calcestruzzo. Altri aspetti positivi riguardano la possibile riqualificazione naturalistica delle aree degradate, attraverso la realizzazione di aree umide nelle quali inserire specie animali e vegetali di pregio. Le casse in derivazione ad esempio, grazie alla possibilità di regolazione attraverso organi mobili, favoriscono ampiamente tali recuperi naturalistici.

4. Condizioni idrauliche: dal punto di vista idraulico le casse in derivazione sono più

convenienti di quelle in linea, dal momento che consentono un più efficace abbattimento del colmo di piena, a parità di volume invasato; inoltre più casse in serie, poste a non grande distanza tra loro, consentono sostanzialmente lo stesso abbattimento del colmo al contrario di quanto avviene nel caso di più casse in linea, poste in serie. Ciò è strettamente vero quando è trascurabile l’effetto di laminazione esercitato dal tronco d’alveo compreso tra una cassa e quella successiva. Le casse in derivazione non producono infatti uno sfasamento del picco dell’onda di piena; fenomeno che invece si verifica per le casse in linea (vedi figure 1.3.3.2 e 1.3.3.4). Mentre nel primo caso di fatto non si hanno

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conseguenze sulla sovrapposizione delle onde di piena alla confluenza dei fiumi, nel secondo la possibilità che si abbia lo sfasamento dei colmi potrebbe generare effetti positivi (sfasamento di due colmi che in precedenza si sovrapponevano) o negativi (sovrapposizione di due colmi che erano in precedenza sfasati) rispetto alla situazione naturale, cioè in assenza di casse. Per ciò che concerne il trasporto solido, la cassa in linea tende ad interrarsi più frequentemente rispetto ad una cassa in derivazione, questo perché la soglia permette di selezionare il materiale in ingresso alla cassa, eliminando quello che si muove per trasporto di fondo.

5. Condizioni economiche: le casse in derivazione sono in genere più costose di quelle in

linea, a causa del maggior numero di manufatti idraulici di cui necessitano. In tutti i casi i terreni che vengono racchiusi nel perimetro della cassa sono potenzialmente soggetti alle inondazioni, pertanto da essi devono essere banditi gli insediamenti umani, mentre le attività agricole e agro-pastorali sono soggette a gravi limitazioni. Lo stato impone inoltre una servitù di allagamento ed un canone fisso viene corrisposto ai proprietari dei terreni ricadenti nella cassa.

6. Ubicazione dell’opera nel bacino: avendo le casse di espansione la principale funzione di

ridurre i colmi di piena nel reticolo di valle (fino all’asta principale ed anche oltre) è conveniente disporle nelle vicinanze dell’asta principale in modo da poter contribuire con più efficacia alla laminazione delle portate.

7. Portate compatibili: da considerare nella progettazione di una cassa di laminazione è la

portata compatibile di valle Qv. Essa può essere pensata in funzione non solo delle

Figura

Figura 1.1.2: estratto della carta del rischio idraulico
Figura 1.3.1 :  possibili configurazioni di un serbatoio di laminazione, in linea (a sinistra), e in derivazione (a  destra)
Figura 1.3.1.1: schema di una cassa d’espansione e deposito del tipo in linea
Figura 1.3.1.3: cassa in linea sul Fiume Panaro
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