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16 1.2.2 Le tabelle di opacità per le fasi evolutive avanzate

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Introduzione 5

1 Aggiornamento degli input fisici nel FRANEC 9

1.1 L’abbondanza relativa degli elementi . . . . 12

1.2 L’opacità radiativa . . . . 15

1.2.1 Le nostre tabelle . . . . 16

1.2.2 Le tabelle di opacità per le fasi evolutive avanzate . . 19

1.3 L’opacità conduttiva . . . . 21

1.4 L’equazione di stato . . . . 22

1.5 Confronti tra le tracce . . . . 22

1.5.1 Un esempio di confronto per il ramo orizzontale . . . . 38

1.6 Risultati per il modello solare standard . . . . 42

2 Fotometria sintetica 51 2.1 Descrizione del metodo . . . . 51

2.2 I modelli di atmosfera utilizzati . . . . 55

2.3 Le procedure di trasformazione . . . . 56

2.3.1 Le trasformazioni con i modelli ATLAS9 . . . . 56

2.3.2 Le trasformazioni con i modelli PHOENIX . . . . 57

3 L’ammasso delle Iadi come test per i modelli evolutivi 65 3.1 La composizione chimica dei modelli . . . . 66

3.1.1 La scelta di YP . . . . 67

3.2 Modelli teorici per il confronto teoria - osservazione . . . . 69

3.3 Le incertezze nel calcolo delle isocrone teoriche . . . . 70

3.4 L’incertezza sui colori e sulle correzioni bolometriche . . . . . 76

3.5 Confronto teoria - osservazione per il CMD delle Iadi . . . . . 78

(2)

4 Il campione osservativo 83

4.1 Il catalogo N04 . . . . 84

4.2 Il catalogo T06 . . . . 86

4.3 Il campione selezionato . . . . 88

5 Le strutture di ZAMS 91 5.1 Una definizione operativa di ZAMS . . . . 91

5.2 Il calcolo delle ZAMS . . . . 98

5.2.1 Gli effetti delle incertezze sull’età e su αM LT . . . . . 99

5.2.2 L’incertezza sulle trasformazioni dal piano teorico a quello osservativo . . . 101

5.2.3 Confronto qualitativo tra le osservazioni e i modelli di ZAMS . . . 103

6 La stima di ∆Y{∆Z dalle stelle di bassa sequenza principale107 6.1 Descrizione del metodo di determinazione di ∆Y{∆Z . . . . 108

6.2 La procedura di fitting . . . 109

6.2.1 Le ZAMS per diversi valori di αM LT . . . 110

6.2.2 I risultati per ∆Y{∆Z . . . 111

6.2.3 Effetti evolutivi . . . 115

6.2.4 Incertezza sugli input fisici . . . 115

6.3 Confronto con altri autori . . . 117

6.3.1 Risultati dall’analisi della bassa sequenza principale . 117 6.3.2 Metodi alternativi per la stima del ∆Y{∆Z . . . 119

6.4 La ricerca di una possibile relazione non lineare tra Y e Z . . 122

6.5 Un test per i risultati ottenuti . . . 124

6.5.1 La MS delle Iadi . . . 125

6.5.2 La MS delle Pleiadi . . . 128

6.6 Commento sui risultati ottenuti . . . 131

Conclusioni 133 A La teoria della Mixing - Length 137 B Diagramma HR e ammassi stellari 143 B.1 Generalità . . . 143

B.2 Diagrammi per gli ammassi stellari . . . 145

C Cenni di evoluzione stellare 149 C.1 La presequenza . . . 149

C.2 La sequenza principale . . . 150

C.3 L’esaurimento dell’idrogeno . . . 151

C.4 Il ramo delle giganti rosse . . . 152

C.5 La combustione centrale di elio ed il ramo asintotico . . . 153

C.6 Le fasi finali . . . 154

(3)

D I codici 157 D.1 Interpolazione delle ZAMS . . . 157 D.2 Il fit dei dati . . . 165

Bibliografia 171

(4)
(5)

L’elio (4He) è il secondo elemento più abbondante nell’Universo dopo l’idro- geno. Gran parte dei nuclei atomici di 4He sono stati prodotti durante la nucleosintesi primordiale, pochi minuti dopo il Big Bang; alla fine di tale fase iniziale e prima che le stelle facessero la loro comparsa, l’Universo primordia- le era composto da circa il 75% di idrogeno ed il 25% di elio, con piccolissime tracce di altri elementi.

La successiva evoluzione chimica delle galassie, tra cui la nostra Via Lat- tea, è stata invece guidata principalmente dai processi termonucleari che avvengono all’interno delle stelle ed in misura molto minore da processi di interazione dei raggi cosmici con il mezzo interstellare. Le stelle trasformano dapprima idrogeno in elio e via via che le temperature nei nuclei stellari cre- scono, si creano le condizioni per la sintesi di altri elementi più pesanti, con energie di legame maggiori e quindi più stabili, fino al ferro. I successivi ele- menti della tavola periodica non sono prodotti da reazioni termonucleari tra particelle cariche; tali reazioni richiederebbero temperature elevatissime per superare la repulsione coulombiana tra i nuclei, non raggiungibili all’interno delle stelle. Si ritiene che gli elementi più pesanti del ferro siano prodotti invece da processi di cattura neutronica e protonica, che avvengono all’inter- no delle stelle durante le fasi di combustione di elio oppure che si verificano durante le esplosioni di supernova. Il mezzo interstellare si arricchisce di tali elementi pesanti ed il ciclo ricomincia con la formazione dal gas interstellare di nuove stelle più ricche in elio ed elementi pesanti rispetto a quelle della generazione precedente.

Una stima dell’abbondanza di elio originale è di fondamentale importanza per predire l’evoluzione di una stella; ad esempio essa influenza la tempera- tura degli interni stellari, che a sua volta determina l’efficienza delle reazioni nucleari e quindi i tempi di vita delle stelle. Purtroppo però l’abbondanza

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attuale di elio nelle stelle (indicata con Y1) non può essere determinata in maniera diretta dalle osservazioni degli spettri stellari, almeno nella mag- gior parte dei casi. Solo le stelle più calde, con temperature maggiori di circa 15000 K, presentano nello spettro le righe atomiche dell’4He, mentre per tutte le altre stelle l’energia cinetica media delle particelle del gas non è sufficiente a portare l’ 4He nel suo primo stato eccitato e quindi non è possibile osservare alcuno spettro di assorbimento. A questo si aggiunge il fatto che, anche nelle stelle che sono abbastanza calde da mostrare nei loro spettri le righe dell’elio, come ad esempio le stelle di ramo orizzontale (vedi sezione 1.5.1), non è detto che l’abbondanza fotosferica che si può ricavare dalle osservazioni spettroscopiche sia necessariamente uguale a quella negli interni o a quella originaria delle stelle. Vari processi, come la diffusione o il primo dredge up (vedi Appendice C.4), possono modificare i valori delle abbondanze superficiali dei vari elementi, tra cui l’elio.

Procedendo però in maniera indiretta si può cercare di determinare l’ab- bondanza originale di elio nelle stelle sfruttando altre caratteristiche. Poichè la posizione nel diagramma di Hertzsprung-Russell (detto anche diagramma HR2) delle sequenze principali dipende sia da Y che dall’abbondanza degli elementi più pesanti dell’elio, Z3, è possibile trovare una relazione tra queste due quantità andando a confrontare la posizione delle sequenze teoriche con le osservazioni.

Nel mio lavoro di tesi ho sviluppato un metodo per determinare tale re- lazione o piuttosto il cosiddetto rapporto di arricchimento tra elio e metalli, indicato abitualmente con ∆Y{∆Z. Ho selezionato un campione di stelle vi- cine per cui fossero disponibili valori precisi della parallasse trigonometrica forniti dal satellite HIPPARCOS (ESA, 1997), in maniera da poterne dedur- re la magnitudine assoluta4. Per le stesse stelle ho ricercato i valori precisi per la fotometria nelle bande B e V, nonchè stime della loro metallicità. Tra tutte le stelle considerate ho selezionato solo quelle meno brillanti (magnitu- dine assoluta nel visibile maggiore di 6) che, come vedremo, possono essere considerate poco evolute.

La posizione nel diagramma HR di tali stelle è allora determinata con ottima precisione ed inoltre essa non dipende dall’età, ma solo dalle loro masse e dalla loro composizione chimica. Supponendo, come è ragionevole, che i valori di Y e Z siano legati tra loro, possiamo dire che il luogo dei

1Y indica l’abbondanza frazionaria in massa dell’elio rispetto all’idrogeno e agli altri elementi.

2Nel diagramma HR ciascuna stella occupa una posizione definita dalle sue fonda- mentali proprietà radiative: la luminosità, L, e la sua temperatura efficace Tef f; si veda l’Appendice B per ulteriori dettagli.

3Z indica l’abbondanza frazionaria in massa degli elementi più pesanti dell’elio, tali elementi sono comunemente detti in astrofisica metalli; pertanto Z viene anche indicata come metallicità.

4Per una definizione di sistema fotometrico, magnitudine in una data banda, magnitudine assoluta e indice di colore si rimanda alla sezione 2.1.

(7)

punti occupato dalle stelle nel diagramma HR sarà determinato proprio da tale relazione, mentre la massa delle singole stelle ci dirà dove ciascuna di esse si colloca su tale luogo. In generale si suppone per semplicità che la relazione tra Y e Z sia lineare:

Y  YP ∆Y

∆ZZ ,

con YP abbondanza di elio primordiale. Andando a confrontare la posizione nel diagramma HR delle stelle selezionate con dei modelli stellari di ZAMS (Zero Age Main Sequence, vedi Capitolo 5), calcolati per differenti valori del

∆Y{∆Z, è possibile ricavare una stima per tale quantità.

Chiaramente il valore ottenuto ha una sua incertezza, dovuta sia agli er- rori osservativi dei dati che all’incertezza teorica nei modelli. Nel primo caso l’incertezza è legata soprattutto alle incertezze teoriche nella determinazione dei valori di [Fe/H]5 per le stelle del campione, mentre gli errori fotometrici su colori e magnitudini sono meno importanti; l’incertezza teorica è dovuta invece alle incertezze sugli input fisici utilizzati nei codici di evoluzione stella- re e a quelle nel trattamento di meccanismi macroscopici come la convezione negli strati più esterni delle stelle.

Per valutare l’incertezza sul ∆Y{∆Z dovuta agli errori sulle stime del [Fe/H] ho sviluppato una simulazione Montecarlo in cui i valori del [Fe/H]

misurati vengono fatti variare all’interno del loro intervallo di incertezza. La sensibilità dei risultati rispetto al valore assunto per il parametro della teoria della Mixing Length6, α, è stata valutata costruendo modelli con differenti valori di tale parametro; infine l’incertezza del ∆Y{∆Z dovuta agli input fisici è stata valutata stimando lo spostamento di una singola ZAMS dovuto all’utilizzo di differenti input fisici e utilizzando poi delle ZAMS traslate per tener conto dell’ammontare di tale spostamento.

I modelli stellari utilizzati in tale lavoro sono stati calcolati utilizzando il codice evolutivo FRANEC7, con input fisici aggiornati. Nella prima parte del mio lavoro di Tesi, Capitolo 1, ho descritto gli aggiornamenti al codice che ho effettuato e che riguardano in particolare la parte relativa al calcolo dell’opacità; gli effetti di tali aggiornamenti sono stati discussi in dettaglio, calcolando anche un nuovo Modello Solare Standard.

Per confrontare le previsioni del codice con i dati osservativi è necessario trasformare i risultati del calcolo dal piano HR teorico (log Tef f, log L{L@)8

5[Fe/H]  log

NF e NH

  log

NF e NH

@. Con NX si indica l’abbondanza numerica dell’elemento X; il simbolo@ indica sempre quantità riferite al Sole mentre il simbolo  indica quantità di una generica stella.

6Si tratta della teoria utilizzata nel FRANEC, così come in molti altri codici di evoluzione stellare, per valutare l’efficienza del trasporto convettivo negli esterni stellari; si veda l’Appendice A per una descrizione di tale teoria.

7Frascati Raphson Newton Evolutionary Code, vedi ad es. Chieffi e Straniero (1989).

8L@è la luminosità del Sole che è pari a 3.84 1033erg s1.

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al piano osservativo, detto anche diagrammma colore-magnitudine9, ad esem- pio (B V , MV). Per fare questo ho utilizzato degli spettri stellari calcolati utilizzando i modelli di atmosfera ottenuti con il codice ATLAS9 (vedi Castel- li e Kurucz, 2003) e con il codice PHOENIX (vedi Brott e Hauschildt, 2005).

Nel Capitolo 2 sono descritte le caratteristiche principali di tali modelli e le loro principali differenze. Inoltre sono illustrati i metodi della fotometria sintetica e i vari programmi che ho sviluppato per convertire i calcoli del FRANEC dal piano teorico a quello osservativo; in particolare in questo lavoro ho utilizzato le bande B e V di Johnson.

Nel Capitolo 3 i modelli teorici sono stati confrontati con il diagramma colore-magnitudine dell’ammasso delle Iadi (vedi Appendice B), osservato dal satellite HIPPARCOS . Per tale ammasso sono disponibili valori preci- si delle parallassi delle singole stelle, e quindi le loro magnitudini assolute;

inoltre le Iadi mostrano valori dell’arrossamento10 praticamente nulli e per- tanto anche i colori sono noti con ottima precisione. Quindi tale ammasso costituisce un banco di prova molto stringente per i modelli di evoluzio- ne stellare. Le incertezze del confronto teoria-osservazione sono discusse in maniera qualitativa.

Nel Capitolo 4 sono presentate le caratteristiche del campione di stelle di campo vicine al Sole utilizzate in questo lavoro.

Il Capitolo 5 contiene una descrizione delle caratteristiche dei modelli stellari calcolati per la mia analisi ed un primo confronto qualitativo tra i modelli e le stelle del campione.

Infine nel Capitolo 6 presento nel dettaglio l’analisi effettuata per la ri- cerca del ∆Y{∆Z medio per le stelle vicine. Come detto, l’intervallo di incertezza per tale valore è stato ottenuto stimando (con un metodo Monte- carlo) l’incertezza sul risultato dovuta all’incertezza sul [Fe/H] e valutando le incertezze dovute agli input fisici e al trattamento della convezione. Ta- le analisi è seguita da una verifica dei risultati; in particolare il valore di

∆Y{∆Z trovato dalle stelle vicine è stato utilizzato, insieme a stime spet- troscopiche dei valori di [Fe/H], per determinare i valori di Y e Z per gli ammassi delle Iadi e delle Pleiadi; con tali valori delle abbondanze sono sta- te costruite delle isocrone da confrontare con i diagrammi colore-magnitudine per i due ammassi.

9Vedi Appendice B

10L’arrossamento della radiazione proveniente da una sorgente è legato all’assorbimento differenziale della radiazione da parte del mezzo interstellare. Generalmente la radiazione di lunghezza d’onda minore (più blu) è assorbita in misura maggiore rispetto a quella di lunghezza d’onda maggiore (più rossa). Il risultato netto è un arrossamento della radiazione che giunge all’osservatore rispetto a quella effettivamente emessa dalla sorgente.

(9)

AGGIORNAMENTO DEGLI INPUT FISICI NEL FRANEC

Una stella è una struttura autogravitante formata da una massa di plasma caldo. Per gran parte della sua vita tale struttura è in equilibrio idrostatico.

La forza di gravità che tenderebbe a far collassare su se stessa la stella è bilanciata dal gradiente di pressione del gas e della radiazione intrappolata al suo interno. Assumendo una simmetria sferica per la struttura1 si ricava (vedi ad es. Castellani, 2003) la sequente relazione tra la pressione totale, P , e la forza di gravità, detta equazione dell’equilibrio idrostatico:

dPprq

dr  gprqρprq . (1.1)

In tale equazione r è la coordinata radiale misurata dal centro, ρ la densità, e g l’accelerazione di gravità; quest’ultima, in simmetria sferica, è data in modulo da:

gprq  GMprq{r2 ;

dove, a sua volta, Mprq è la massa contenuta in una sfera di raggio r. Tale massa è poi legata in maniera molto semplice alla densità, attraverso la cosiddetta equazione di continuità:

dMprq

dr  4πr2ρprq . (1.2)

1Tale assunzione implica che la stella sia isolata da altre stelle le quali, con la loro forza di gravità, altererebbero la simmetria del problema; inoltre essa implica assenza di rotazione e di forti campi magnetici. Tali assunzioni non valgono ovviamente in sistemi binari stretti (la prima) o per alcuni tipi peculiari di stelle (le altre due), ma sono in genere soddisfatte dalla maggioranza delle stelle come, ad esempio, il nostro Sole.

(10)

Essendo il gas della stella molto caldo, essa irraggia energia nello spa- zio circostante sotto forma di radiazione elettromagnetica. Il meccanismo energetico che rifornisce la struttura e le permette di brillare per tempi lun- ghissimi (da qualche milione a molti miliardi di anni a seconda della massa) sono le reazioni nucleari che avvengono nelle zone centrali della stella. Qui le alte temperature permettono ai nuclei più leggeri di acquisire un’energia cinetica tale da poter attraversare per effetto tunnel la barriera coulombiana che li separa. Vengono così formati nuclei più pesanti e con una maggiore energia di legame per singolo barione, da cui un guadagno netto di energia.

Possiamo scrivere un’equazione che leghi la luminosità2 in ogni punto della stella alla produzione di energia al suo interno, tale equazione rappresenta la conservazione del flusso di energia all’interno della stella:

dLprq

dr  4πr2ρprq²prq . (1.3)

Dove Lprq è la luminosità totale che attraversa un guscio sferico di raggio r e la sua variazione è legata al cosiddetto coefficiente di generazione di energia per unità di massa, e di tempo, ²prq. Tale termine, che dipende da densità, temperatura e composizione chimica, può essere calcolato per i vari proces- si di produzione di energia; esso rappresenta allora il contributo energetico dovuto alle reazioni nucleari, ma anche alle trasformazioni termodinamiche nella struttura, nonchè alle perdite di energia sotto forma di neutrini. Le rea- zioni nucleari dominano in quasi tutta la storia di una stella, ma vi sono fasi in cui l’energia è prodotta grazie alla contrazione gravitazionale (ad esempio le fasi iniziali della vita di una stella). Tale contrazione ”riscalda” la stuttura facendo sì che una frazione dell’energia gravitazionale venga convertita in energia termica del gas, mentre la restante è irradiata verso l’esterno. Per capire come la contrazione possa fornire alla struttura l’energia da irradiare, facendone nel contempo aumentare la temperatura, consideriamo innanzitut- to il teorema del viriale, nel caso particolare di strutture in quasi-equilibrio;

per tale teorema sappiamo che 2K  0, dove Ω è l’energia gravitazionale e K quella cinetica delle particelle. Nel caso di un gas perfetto classico, tale equazione diventa: Ω 3pγ  1q U  0, dove U è l’energia termica totale del gas e γ il suo esponente adiabatico; insieme a tale equazione consideriamo che E  Ω U dove E è l’energia totale della stella. Da queste due equazioni e dalla definizione stessa di luminosità otteniamo:

L dE

dt    4 3pγ  1q

dΩ dt .

Nel caso di gas perfetto γ è maggiore di 4{3; una variazione dell’energia to- tale corrisponde quindi ad una variazione di energia gravitazionale con lo stesso segno. Poichè L è positiva, avremo allora dE   0 e quindi dΩ   0.

2Energia per unità di tempo.

(11)

Ritornando al teorema del viriale osserviamo che una variazione di energia gravitazionale si traduce in una variazione dell’energia termica del gas oppo- sta in segno e pari ad una frazione di Ω, il resto dell’energia gravitazionale può essere quindi irradiato.

Le perdite di energia sotto forma di neutrini sono dovute sia ai neutrini prodotti nei processi deboli che fanno parte delle catene di reazioni nucleari che trasformano, ad esempio, idrogeno in elio, sia ai cosiddetti termoneutrini.

Questi ultimi sono molto importanti in alcune particolari fasi avanzate. Alle elevate densità e temperature che si hanno nei nuclei stellari in tali fasi, sono possibili alcuni tipi di interazioni nel plasma stellare che danno luogo a produzione di neutrini; riportiamo di seguito alcuni esempi di tali interazioni tratti da Castellani (2003):

e pZ, Aq Ñ e pZ, Aq νe νe (Bremsstrahlung) γ e Ñ e νe νe (fotoproduzione)

γ Ñ e e Ñ νe νe (creazione e annichilazione di coppie) Oltre a questi canali di produzione, sono possibili interazioni tra i fotoni e i modi di oscillazione del plasma stellare; tali interazioni portano alla produ- zione di coppie νe νe, i cosiddetti plasmaneutrini. E’ importante evidenziare che i neutrini prodotti nelle reazioni nucleari rappresentano un termine ne- gativo nel bilancio energetico delle singole reazioni; tale termine fa diminuire l’efficienza energetica delle reazioni, ma essa resta comunque positiva. Gli altri tipi di neutrini sottraggono invece energia alla struttura, raffreddando- la. Tale perdita è inoltre localizzata nelle regioni in cui i neutrini sono stati prodotti, perchè essi scappano via senza interagire con il resto della strut- tura. Non è quindi necessario descrivere il trasporto di energia da parte di queste particelle con delle equazioni apposite.

L’equazione che descrive il trasporto di energia dalle zone centrali verso l’esterno della stella dipende dal tipo di meccanismo attivo nelle varie re- gioni della stella. Tralasciando per il momento il trasporto di energia per convezione (vedi appendice A), e quello per conduzione (vedi sezione 1.3), ri- portiamo, senza ricavarla, l’equazione del trasporto di energia nel caso in cui l’unico meccanismo di trasporto efficiente sia la diffusione della radiazione3:

dT

dr   3 4ac

κRρ T3

Lprq

4πr2 . (1.4)

Nella (1.4) si vede che il flusso di energia, Lprq{4πr2, è proporzionale al gradiente di temperatura per la temperatura al cubo. Tale prodotto altro non

3E’ importante specificare che, negli interni stellari, il cammino libero medio di un fotone è molto piccolo rispetto allo strato di plasma da attraversare. Il fotone esegue quindi un vero e proprio random walk con numerose interazioni prima di emergere alla superficie; si può pertanto parlare di diffusione della radiazione.

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è che il gradiente della densità di energia associata alla radiazione (Urad  aT4). Abbiamo quindi una tipica equazione del tipo:

Flusso diffusivo D∇pDensità della quantità diffusaq

In genere in un processo tipo random walk il coefficente di diffusione D è dato dal prodotto tra la velocità di diffusione e il libero cammino medio.

In questo caso abbiamo D  3ρκcR dove c è la velocità della luce, e quindi κR, che è detta opacità di Rosseland, può essere vista come l’inverso del cammino libero medio di un fotone per unità di massa del mezzo attraversato.

Torneremo sul significato di κRnella sezione 1.2; diciamo infine che il fattore 1/3 è dovuto all’isotropia di tale processo di diffusione.

Un codice di evoluzione stellare, come il nostro FRANEC4, risolve il siste- ma delle quattro equazioni (1.1), (1.2), (1.3) e (1.4) al variare della massa totale della stella e della sua composizione chimica iniziale5. Viene inoltre calcolata l’evoluzione temporale della struttura dovuta alle perdite di energia e alle variazioni della composizione chimica interna prodotte dalle reazioni nucleari.

E’importante evidenziare che per risolvere il sistema delle quattro equa- zioni di equilibrio, nelle cinque variabili P, T, ρ, L ed M è necessario fornire al codice i cosiddetti input fisici. Essi sono l’equazione di stato (EOS), che lega tra loro le variabili termodinamiche P , T e ρ, l’opacità di Rosseland, κR che rappresenta l’efficienza delle interazioni radiazione-materia e il coef- ficiente di produzione di energia per unità di massa e di tempo, ². Tutte e tre queste quantità possono essere espresse come funzioni di temperatura, densità e composizione chimica.

Esistono vari gruppi in tutto il mondo che si occupano del calcolo di queste grandezze e in questo capitolo ci occuperemo in particolare dell’ag- giornamento delle tabelle di opacità utilizzate nel nostro codice evolutivo, il FRANEC, e dell’effetto di tale aggiornamento sui modelli stellari calcolati.

1.1 L’abbondanza relativa degli elementi

Gli input fisici dei modelli stellari, come l’EOS e le tabelle di opacità, dipen- dono in maniera significativa dalle abbondanze relative degli elementi che vengono utilizzate per il calcolo di tali quantità, cioè dai valori di X, Y e Z che rappresentano rispettivamente le abbondanze frazionarie in massa di idrogeno, elio ed elementi più pesanti dell’elio, comunemente detti metalli.

Naturalmente si ha che X Y Z  1. Oltre che dalle abbondanze com- plessive, i valori dell’opacità dipendono anche dalla cosiddetta mistura; la

4Frascati Raphson Newton Evolutionary Code, vedi ad es. Chieffi e Straniero (1989).

5Per una descrizione dei metodi di risoluzione del sistema di equazioni si veda, ad esempio Castellani (2003).

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mistura è la distribuzione relativa delle abbondanze dei metalli, all’interno della loro abbondanza complessiva indicata da Z..

Le transizioni elettromagnetiche tra i livelli elettronici degli atomi e di tutti i loro ioni (processi bound - bound) o tra tali livelli e il continuo (pro- cessi bound - free) sono il principale meccanismo di opacità nelle zone di ionizzazione parziale. Naturalmente atomi differenti hanno transizioni ad energie specifiche, e ciascuna di queste transizioni ha una propria probabi- lità; i vari elementi quindi interagiscono in maniera diversa e con regioni distinte dello spettro elettromagnetico. I metalli sono inoltre un’importante sorgente di elettroni liberi nelle zone di ionizzazione totale, dove dominano i processi di scattering Thomson6. Ovviamente metalli con differenti poten- ziali di ionizzazione liberano i loro elettroni a temperature diverse e questo determina l’andamento dell’opacità con la temperatura. Per i vari tipi di processi di interazione radiazione - materia si capisce allora che la scelta di una mistura piuttosto che di un’altra è molto importante e può influenzare significativamente il calcolo dell’opacità radiativa.

In particolare in questo lavoro abbiamo scelto di utilizzare nel FRANEC una mistura uguale a quella solare ricavata da Asplund et al. (2005) - d’ora in avanti AGS05. Tali autori hanno utilizzato modelli idrodinamici tridi- mensionali di atmosfera, ed una modellizzazione dei processi di formazione delle righe spettrali che tiene conto degli effetti non-LTE7, per determinare la mistura nella fotosfera solare dall’analisi dello spettro della nostra stella.

Il nuovo approccio di AGS05 ha portato a dei risultati molto diversi da quel- li precedenti, ottenuti in genere con modelli idrostatici ed unidimensionali in cui raramente si teneva conto degli effetti non-LTE, soprattutto per la difficoltà pratica di risolvere completamente le equazioni di rate per tanti elementi fuori dall’equilibrio statistico.

Il risultato più evidente è la diminuzione del rapporto Z{X tra le abbon- danze in massa dei metalli e dell’idrogeno nella fotosfera solare; tale rapporto è passato da un valore di pZ{Xq@ 0.0230 (vedi Grevesse e Sauval (1998), d’ora in avanti GS98) ad un valore di 0.0165 per AGS05, con una variazione relativa del 33%. Il rapporto pZ{Xq@ è l’unico valore che può essere misu- rato dall’analisi spettrale, mentre i singoli valori di X@ e Z@ possono essere inferiti solo conoscendo anche Y@, cioè l’abbondanza di elio per il Sole. Nel- la sezione 1.6 vedremo come si procede per determinare Y@; in tale sezione

6Poichè nelle stelle, tranne che in casi estremi, l’energia dei fotoni è molto più piccola della massa dell’elettrone (hν! mec2) lo scattering Compton, la cui sezione d’urto non è isotropa e dipende dall’energia del fotone incidente, si riduce allo scattering Thomson che è invece isotropo e indipendente da hν.

7Non-LTE o NLTE vuol dire Non-local thermodynamic equilibrium. Con tale espressio- ne si indica una situazione in cui il popolamento dei vari livelli atomici non è determinato esclusivamente dai processi collisionali; ciò si può verificare in ambienti rarefatti, in cui le collisioni sono poco probabili o dove siano presenti forti campi di radiazione che alterano le popolazioni rispetto ad una situazione di equilibrio termodinamico locale, detto LTE.

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saranno descritti anche gli effetti del cambiamento di mistura sul confronto teoria-osservazione per il Sole.

Una considerazione va fatta sul cosiddetto α-enhancement. Si è osservato che negli oggetti più antichi della nostra Galassia, che sono anche quelli meno metallici (ZÀ 0.004), la distribuzione degli elementi α, cioè gli elementi come

16O, 20Ne, 24Mg,28Si, 32S,36Ar, 40Ca, prodotti da catture-α sul Carbonio nelle fasi avanzate di combustione stellare, non è uguale a quella solare, ma tali elementi sono sovrabbondanti rispetto al Sole, con valori di rα{F es 8 dell’ordine di 0.3 e fino a circa 0.5 come valore massimo. In generale il contenuto totale di metalli di una data stella può essere espresso in funzione di quello solare:

rM{Hs  logpZ{Xq

logpZ{Xq@ (1.5)

da cui si ricava:

Z  1 Y

1 pX{Zq@ 10rM{Hs (1.6)

A sua volta la metallicità totalerM{Hs può essere riscritta in funzione del rapporto tra la stella e il Sole nel contenuto di ferro e di elementi α:

rM{Hs  rF e{Hs logpa  10rα{F es bq ; (1.7) dove a e b sono due coefficienti che dipendono dalla mistura. Il valore di tali coefficienti nel caso della mistura AGS05 è dato da a  0.659 e b  0.341 (vedi Degl’Innocenti et al., 2006).

Quindi si vede che, come ovvio, la metallicità totale di una stella dipende non solo dal rapporto della sua abbondanza di Ferro rispetto al Sole, ma anche dall’ eventuale presenza di α-enhancement. Nel caso di assenza di α-enhancement i rapporti tra le abbondanze dei metalli sono uguali a quelli nel Sole e la mistura viene definita solar-scaled.

In vari articoli - vedi ad esempio Salaris et al. (1993) e Salaris e Weiss (1998) - è stato messo in evidenza che, almeno per valori bassi della metal- licità (rF e{Hs ¤ 0.8), le proprietà di stelle che mostrano α-enhancement sono ben riprodotte da modelli con misture solar-scaled ma con lo stesso valore dirM{Hs.

In ogni caso le stelle da noi considerate sono tutte stelle di disco, appar- tenenti alla cosiddetta popolazione I. Si tratta di oggetti per i quali non si osserva α-enhancement e pertanto tutti i nostri calcoli sono stati effettuati utilizzando una mistura solare.

8rX{F es  logpNX{NF eq  logpNX{NF eq@; NX indica l’abbondanza numerica dell’elemento X.

(15)

1.2 L’opacità radiativa

Il calcolo dell’opacità è una delle procedure più difficili dal punto di vista teorico e dispendiose dal punto di vista pratico del tempo di calcolo. Tale calcolo richiede la conoscenza non solo del grado di ionizzazione delle va- rie specie atomiche presenti nel plasma ma anche della distribuzione degli elettroni nei vari livelli (gradi di eccitazione), al variare delle condizioni di temperatura e densità. Inoltre è necessaria una valutazione delle singole pro- babilità per ciascuna delle transizioni elettromagnetiche possibili tra i livelli di ogni ione. Ciò implica la considerazione di milioni di righe di assorbimento atomiche. Ma il calcolo diventa ancor più oneroso alle basse temperature; al di sotto dei 3500 K circa iniziano infatti a formarsi le molecole e pertanto la situazione è ulteriormente complicata dalla necessità di valutare il contributo degli spettri rotazionali e vibrazionali dei composti presenti.

Date le grandi difficoltà, sono pochi i gruppi di ricerca che si occupano del calcolo dell’opacità in condizioni stellari. In particolare la ricerca è con- centrata negli Stati Uniti dove, per motivi strategici lo studio dei plasmi ad alte temperature ha vissuto un periodo di grande attività durante la guer- ra fredda. I principali centri di ricerca negli USA sono attualmente il Los Alamos National Laboratory9, con il progetto LEDCOP (vedi Magee et al., 1995) e il Lawrence Livermore National Laboratory10, con il progetto OPAL (vedi Iglesias e Rogers, 1996). Esiste inoltre una collaborazione internaziona- le, detta Opacity Project11(OP, vedi Seaton e Badnell, 2004), che coinvolge gruppi di ricerca da Francia, Germania, Regno Unito, USA e Venezuela.

Ciascuna di queste istituzioni produce tabelle di opacità che possono es- sere utilizzate nei codici di evoluzione stellare. I risultati dei vari gruppi sono in generale accordo tra loro, con differenze che non superano il 5-10 %, come si può vedere ad esempio in Badnell et al. (2005) e in Neuforge-Verheecke et al. (2001). Le tabelle di opacità radiativa utilizzate nel FRANEC prima di questo lavoro di Tesi erano quelle calcolate dal gruppo di OPAL per l’opa- cità negli interni stellari (con la mistura di AGS05), e quelle di Alexander e Ferguson (1994) - d’ora in avanti AF94 - per l’opacità nelle regioni esterne, corrispondenti a temperature inferiori a 104 K, le AF94 erano calcolate per la mistura di Grevesse (1991). Gli aggiornamenti da me apportati riguarda- no sia le tabelle per gli esterni, che quelle per gli interni, ma esclusivamente nelle fasi successive all’esaurimento dell’idrogeno nel centro delle struttu- re. Le prime sono state aggiornate dallo stesso gruppo di ricerca di AF94, passando alla versione di Ferguson et al. (2005), d’ora in avanti FA05, vedi sezione 1.2.1; gli aggiornamenti alle tabelle per gli interni all’esaurimento dell’idrogeno sono discussi nella sezione 1.2.2.

Esistono delle differenze nel modo in cui sono calcolate le tabelle di OPAL

9www. lanl. gov

10www. llnl. gov

11vizier. u-strasbg. fr/ topbase/ op. html

(16)

e le AF94 (o anche le FA05). La differenza principale consiste nell’approccio con cui si determinano, nell’equazione di stato, le popolazioni dei vari livelli e gli equilibri di ionizzazione e di dissociazione in funzione della temperatu- ra e della densità. Conoscere le occupazioni dei livelli è fondamentale per determinare l’opacità.

Nella cosiddetta physical-picture utilizzata nei calcoli di OPAL si par- te direttamente dai costituenti microscopici del plasma stellare (nuclei ed elettroni) e se ne considerano le interazioni a molti corpi; in tal modo, ad esempio, la formazione di un tipo di ione e il suo equilibrio di ionizzazione, nonchè la popolazione dei suoi livelli risultano direttamente dall’interazione del nucleo con i ”propri” elettroni ma anche (tenendo conto dell’interazio- ne coulombiana a lungo raggio) con il resto del plasma. Questo approccio (senz’altro rigoroso dal punto di vista formale) diventa però irrealizzabile dal punto di vista pratico, quando si ha a che fare con intervalli di temperatura e di densità tali da consentire la formazione di molecole o, peggio ancora, di grani. In tal caso (che corrisponde ad esempio a temperature e densità tipiche delle atmosfere delle stelle di massa molto piccola in sequenza prin- cipale, o delle stelle di massa sia piccola che intermedia nelle fasi di RGB e AGB12) è allora preferibile la chemical-picture per il calcolo dell’opacità.

In quest’altro approccio (utilizzato invece in AF94 e FA05), le varie specie chimiche (intendendo i vari atomi, ioni, le molecole, i grani di polvere) sono considerate esplicitamente e gli effetti del plasma circostante sui singoli co- stituenti sono trattati con procedure ad hoc che consentono la convergenza del metodo. Ad esempio, in questo approccio (come nell’equazione di Saha), la funzione di partizione di uno ione isolato sarebbe divergente; si può allo- ra assumere che lo ione, per la presenza degli altri costituenti del plasma, interagisca mediante un apposito potenziale ”schermato” (detto di Debye- Hüchel) e ciò risulta in un troncamento della funzione di partizione. Tali problemi non compaiono nella physical-picture dove le particelle composite

”nascono” in maniera naturale e le interazioni a molti corpi tra queste ed il resto del plasma sono incorporate direttamente nella teoria, in modo da evitare le divergenze non fisiche. Pur non essendo un metodo completamente consistente, però, quello chimico è l’unico attualmente percorribile in cui si possono trattare i plasmi stellari in condizioni di basse temperature, a causa della presenza di centinaia di differenti specie molecolari e all’insorgere di tutti gli effetti della non-idealità del gas.

1.2.1 Le nostre tabelle

Nella fase iniziale del mio lavoro di tesi mi sono occupato di riscrivere la parte del codice FRANEC che svolge la lettura e l’interpolazione delle tabelle di opacità (subroutine kappa), in maniera da poter utilizzare nel FRANEC stesso

12Per una descrizione delle varie fasi evolutive si veda l’Appendice C.

(17)

le tabelle di opacità più aggiornate disponibili al momento in letteratura.

Ho realizzato delle tabelle uniche che comprendessero i risultati di FA05 e OPAL, entrambi ottenuti per la mistura di AGS05.

Le tabelle di opacità radiativa di OPAL, utilizzate in questo lavoro di tesi per gli interni stellari, possono essere ottenute direttamente dal sito web del gruppo di Livermore13 per una mistura variabile, a scelta dell’utente. Come anticipato, nel FRANEC , per l’opacità abbiamo scelto di utilizzare la mistura di AGS05. Il FRANEC era stato già precedentemente aggiornato per poter utilizzare le tabelle di OPAL con tale mistura; io ho apportato un’ulterio- re modifica per tener conto, nelle fasi avanzate di combustione, di ulteriori aggiornamenti disponibili per le tabelle di opacità nelle zone degli interni stel- lari ricche di carbonio e ossigeno; i dettagli di questa modifica sono descritti nella sezione 1.2.2.

Per quel che riguarda l’opacità negli inviluppi ci sono stati dei cambia- menti significativi rispetto alle tabelle di AF94, utilizzate prima del mio lavoro. Lo stesso gruppo di ricerca che aveva realizzato le tabelle di AF94 ha infatti aggiornato e migliorato sotto diversi aspetti i propri precedenti calcoli di opacità (vedi Ferguson et al. (2005), FA05). In breve i principali aggiornamenti riguardano: (a) l’equazione di stato, nella quale i grani non sono più introdotti in maniera artificiale ma si tiene conto esplicitamente dell’equilibrio di condensazione tra gas e grani; (b) l’estensione del database di linee molecolari, passato da 3 107 a 8 108 linee; (c) il numero di specie di grani passato da 6 a 31 e la cui interazione con la radiazione viene trattata nell’ambito della teoria di Mie per lo scattering della radiazione da parte di sfere di materiale dielettrico; infine (d) la densità del campionamento in lun- ghezza d’onda necessaria per passare dall’opacità monocromatica alla media di Rosseland (vedi in seguito), con un incremento da 9000 a 24000 punti, nell’intervallo 10Å  λ   500µm (i punti non sono equispaziati).

Le tabelle di FA05 sono disponibili in rete14per diverse misture; in parti- colare noi abbiamo utilizzato anche qui la mistura di AGS05. Si noti quindi che in tutta la struttura l’opacità utilizzata è stata calcolata con una mistura unica.

Le tabelle prodotte dai due gruppi hanno un formato simile con differenti estensioni in temperatura e identica estensione nel parametro log R 15 che è compreso tra 8.0 e 1.0 per entrambe. L’estensione in temperatura delle tabelle è di 3.75 ¤ log T rKs ¤ 8.7 per quelle di OPAL mentre per le FA05 abbiamo 2.70¤ log T rKs ¤ 4.50. Per ogni coppia di valori plog T, log Rq è tabulata l’opacità media di Rosseland, κR, definita come:

1 κR 

³8

0 1 κν

dBνpT q

dT

³8

0 dBνpT q

dT , (1.8)

13all’indirizzo http: // www-phys. llnl. gov/ Research/ OPAL/ opal. html

14all’indirizzo http: // webs. wichita. edu/ physics/ opacity

15log R logpρ{T63q, con ρ in g{cm3 e T6 temperatura in milioni di gradi Kelvin.

(18)

dove κν è l’opacità monocromatica, per unità di frequenza, e BνpT q è la den- sità spettrale della radiazione di un corpo nero a temperatura T . L’opacità di Rosseland è la media ”naturale” dell’opacità monocromatica, nel caso in cui siamo in regime di grande profondità ottica, dove lo spettro della radia- zione può essere ben approssimato da quello di corpo nero. Tale situazione si presenta in quasi tutte le zone di una stella, tranne gli strati più esterni dell’atmosfera (la cosiddetta fotosfera).

Da quanto riportato sopra si nota che esiste un intervallo di temperatura in cui le due tabelle si sovrappongono. Per poter scegliere in maniera oppor- tuna il valore della temperatura a cui realizzare il passaggio da un tipo di tabella all’altro, ho confrontato sistematicamente i valori di κRnella zona di transizione ed in figura 1.1 sono riportati alcuni esempi di questo confronto.

Si può notare come a temperature più basse le differenze siano significative, con un’opacità più alta per le FA05. Questo comportamento (peraltro già riscontrato in Ferguson et al., 2005) era nelle nostre aspettative; sono questi infatti i regimi dove l’opacità molecolare inizia ad essere importante, anche se non ancora predominante (lo sarà a temperature ancora più basse, per le quali le tabelle di OPAL non sono calcolate). Intorno a log TrKs  4, con valori leggermente diversi a seconda della densità, si ha il minimo del- la differenza. A tali temperature l’opacità è completamente dominata dalle transizioni atomiche. A temperature ancora più alte si ha un nuovo aumento nelle differenze tra le due tabelle. Considerando che a tali temperature le molecole sono ormai completamente dissociate, è difficile determinare quale sia la vera causa di tale aumento; potrebbero essere i dettagli dell’EOS o dei database delle linee atomiche. In parte le discrepanze potrebbero essere dovute (come si evince sempre da FA05) all’inclusione delle linee di assor- bimento dell’ He neutro in FA05, linee assenti nella trattazione di OPAL.

Dai grafici si vede anche, come è lecito aspettarsi, che le differenze crescono all’aumentare della metallicità e a parità di tutto il resto, una maggiore me- tallicità consente infatti la formazione di una maggior numero di molecole e questo spiega il comportamento delle differenze relative al limite inferiore di temperatura della zona di transizione; il fatto che l’aumento della metallicità comporti anche un aumento delle differenze a temperature più alte, ci dice che non possono essere le sole righe dell’elio neutro a spiegare le differenze, ma, come accennato, anche i dettagli dell’EOS e dei database delle linee atomiche e naturalmente le differenze fondamentali nei due approcci hanno il loro ruolo nel determinare delle differenze nei risultati. Infine notiamo che il valore assoluto delle differenze relative è maggiore nel caso di figura 1.1 (pannello inferiore), per la quale la densità è più alta rispetto al caso di figura 1.1 (pannello superiore). L’effetto è maggiore a temperature più basse mentre è minimo al di sopra di log TrKs  4.1 ed è spiegabile con il fatto che, a densità più elevate, la formazione di molecole è favorita rispetto alle densità più basse e quindi, ancora una volta, le differenze nell’opacità aumentano.

(19)

Visto che comunque, al limite della zona di transizione, le differenze tra le OPAL e la FA05 non superano mai il 10%, abbiamo allora deciso di utilizzare le FA05 per tutta la loro estensione e poi passare, a log TrKs  4.50, alle tabelle di OPAL. Abbiamo anche provato ad utilizzare in alcuni run del FRANEC un’interpolazione lineare tra le due tabelle nella zona di transizione ma i risultati sono stati praticamente identici a quelli ottenuti passando direttamente da OPAL a FA05 e pertanto abbiamo continuato ad usare le due tabelle in zone separate, senza interpolazione nella zona intermedia.

Le tabelle fin qui descritte sono calcolate per una mistura fissata e va- lori variabili per X e Z, e di conseguenza per Y . Tali tabelle sono lette e memorizzate all’inizio di ciascun run del FRANEC , attraverso la subroutine kappa . Dopodichè, sempre utilizzando questa subroutine, vengono eseguite all’interno delle tabelle delle interpolazioni cubiche in temperatura e densità, un’interpolazione lineare in X e, infine, un’interpolazione con una spline in Z. Quest’ultima è necessaria perchè la metallicità totale di ogni mesh16della struttura può variare nel tempo. A causa del processo di diffusione, infatti, una data percentuale di elio e di metalli tende a sedimentare nelle regioni centrali delle stelle, mentre l’idrogeno tende a risalire in superficie. Poichè il FRANEC implementa il trattamento della diffusione, è allora indispensabile trovare l’opacità in funzione del tempo in ciascun punto della stella.

1.2.2 Le tabelle di opacità per le fasi evolutive avanzate Durante le fasi di combustione di H, pur sapendo che le abbondanze relative degli elementi che partecipano come elementi secondari17 ai cicli di reazioni nucleari (C, N ed O principalmente) variano con la temperatura e cioè con l’efficienza del ciclo stesso, nel FRANEC e nella maggioranza degli altri codici evolutivi, la mistura è fissata. E’ stato comunque provato (vedi ad esempio Bahcall e Ulrich, 1988) che l’effetto della variazione di opacità dovuta alla variazione di abbondanza degli elementi CNO sulle caratteristiche evolutive è trascurabile per tali fasi. D’altronde, quando il ciclo CNO è attivo, lo ZCN O rimane costante e l’unica cosa che cambia è il rapporto tra le abbondanze di questi tre elementi. In fasi evolutive avanzate, però, le abbondanze degli ele- menti C ed O in particolare cambiano drasticamente, perchè a temperature dell’ ordine dei 108K si innescano le reazioni di combustione dell’elio18 in Carbonio (3αÑ12C) e Ossigeno tramite la reazione 12Cpα, γq16O. In tutte le tabelle di opacità sono quindi riportati anche calcoli per misture ricche di Carbonio ed Ossigeno.

16I mesh sono gli elementi discreti in cui viene suddivisa la struttura al momento di dover risolvere numericamente le quattro equazioni dell’equilibrio.

17Gli elementi secondari di un ciclo di reazioni sono quegli elementi ”intermedi” che ven- gono sia prodotti che distrutti; la loro concentrazione di equilibrio dipende dall’efficienza relativa delle reazioni di creazione e di distruzione.

18Vedi Appendice C.

(20)

3.8 4 4.2 4.4 log T (K)

-10 -5 0 5 10 15 20

(OPAL - FA05) / FA05 ( differenze in %)

X=0.7 , Z=0 X=0.7 , Z=0.001 X=0.7 , Z=0.004 X=0.7 , Z=0.01 X=0.7 , Z=0.02

Log R = -3

3.8 4 4.2 4.4

log T (K) -10

0 10 20

(OPAL - FA05) / FA05 ( differenze in % )

X=0.7 , Z=0 X=0.7 , Z=0.001 X=0.7 , Z=0.004 X=0.7 , Z=0.01 X=0.7 , Z=0.02

Log R = -1

Figura 1.1: Le due figure mostrano le differenze percentuali tra le opacità di Rosseland di OPAL e FA05 in funzione della temperatura e per due differenti valori di log R  logpρ{T3q. Le opacità, κν, indicate semplicemente come OPAL e FA05, sono espresse in g cm2. Colori diversi indicano valori diversi di Z mentre l’abbondanza di Idrogeno è fissata a X  0.7.

(21)

L’utilizzo delle nuove tabelle di opacità per misture ricche di C e O ha richiesto una profonda modifica della subroutine kappa. All’esaurimento dell’idrogeno, si utilizzano ora delle tabelle di opacità (reperibili sempre sul sito di OPAL) differenti nel formato rispetto a quelle utilizzate in zone della stella dove sia ancora presente idrogeno. Tali tabelle possono essere richieste on-line per diversi valori di Z e si lascia sempre all’utente la possibilità di scegliere la mistura. Nel nostro caso abbiamo ancora scelto AGS05. Per ogni Z le tabelle vengono calcolate per differenti terne di valori di Y , di

∆XC e ∆XO. Queste ultime due quantità rappresentano la variazione delle abbondanze di Carbonio e Ossigeno rispetto alle quantità presenti nello Z originario e fissate dalla scelta della mistura. Abbiamo richiesto le tabelle per 10 valori di Z in un ampio intervallo, per tenere conto di tutto l’intervallo di valori di metallicità tipici delle stelle della Galassia; nella fattispecie tali valori sono Z = 0.0, 0.0001, 0.0003, 0.001, 0.002, 0.004, 0.01, 0.02, 0.03, 0.04.

Come detto, nelle zone della stella in cui l’idrogeno è assente vengono dapprima calcolate le frazioni di He, C ed O; dopodichè si procede all’inter- polazione nelle tabelle ”arricchite” in C ed O. Per ognuno dei 10 valori di Z indicati, si esegue un’interpolazione nelle tabelle in temperatura, densità,

∆XC e ∆XO. Poichè però in ciascun mesh della struttura, a causa della diffusione, il valore di Z può essere diverso da quello originario della stella, si rende necessario interpolare anche in Z. Allora, per tenere conto della me- tallicità reale del mesh, ho incluso nella kappa un’interpolazione in opacità, eseguita con una spline, per il valore di Z opportuno.

1.3 L’opacità conduttiva

Nelle condizioni degli interni stellari il meccanismo di trasporto di energia per conduzione da parte degli elettroni è, in generale, poco efficiente. Nelle fasi evolutive avanzate può però succedere che la densità del nucleo cresca al punto che gli elettroni diventino degeneri. In tal caso la conduzione elettro- nica diventa importante. Non descriveremo qui i fenomeni fisici che stanno alla base di tale meccanismo di trasporto, una descrizione esaustiva si trova in Potekhin (1999) e nei riferimenti citati. Vediamo però che è immediato definire un’opacità conduttiva; infatti se il flusso conduttivo è dato da:

Fcond ΛdT

dr , (1.9)

dove Λ è la conducibilità, allora confrontando la (1.9) con l’equazione del trasporto radiativo (1.4) è possibile definire un’opacità di conduzione data da:

κc 4acT3

3Λρ . (1.10)

(22)

Pertanto il flusso di energia dovuto alla radiazione e quello dovuto alla conduzione elettronica possono essere riuniti sotto un unico termine dato da:

F  Frad Fcond  4acT3 Tρ

dT

dr dove 1

κT  1 κR

1

κc (1.11) Dalla (1.11) si capisce facilmente che, all’aumentare della conducibilità (e quindi al diminuire di κcq l’opacità totale è dominata da quella conduttiva.

Poichè le tabelle di opacità di OPAL e le FA05 sono tabelle puramente ra- diative, queste vanno integrate con tabelle analoghe per l’opacità conduttiva.

Nella precedente versione del FRANEC si utilizzavano le tabelle di conducibi- lità (opportunamente trasformate in opacità) di Potekhin (1999). Lo stesso autore ci ha gentilmente fornito su richiesta19 una versione aggiornata delle tabelle, ottenute trattando in maniera più accurata il contributo dello scat- tering e-e, importante meccanismo di opacità in condizioni di degenerazione parziale (vedi anche Shternin e Yakovlev (2006) e le varie referenze citate sul sito indicato nella nota). Le tabelle aggiornate sono state incluse nell’ultima versione del FRANEC . In pratica ho calcolato, a partire dalle tabelle di condu- cibilità fornite da Potekhin, delle tabelle di opacità conduttiva formattatate come quelle di opacità radiativa. Le due sono state poi sommate off-line secondo la formula 1T  1{κR 1c e ciò che si utilizza realmente nel FRANEC sono le tabelle di opacità totale così costruite.

1.4 L’equazione di stato

Anche le tabelle di equazione di stato, che ci forniscono le varie quantità termodinamiche in funzione di temperatura, densità e composizione chimi- ca, sono state aggiornate, passando dalla versione 2001 dell’EOS di OPAL - vedi Rogers et al. (1996) e Rogers e Nayfonov (2002) - a quella 2005; per quanto riguarda quest’ultima versione non esiste un articolo di riferimento e le nuove tabelle di EOS sono disponibili solo on-line 20. La descrizione di questi aggiornamenti, effettuati da E.Tognelli, e delle differenze che im- plicano per quel che riguarda i modelli stellari, si può trovare nella Tesi di Laurea Specialistica di E.Tognelli (2008). In tale lavoro sono anche descritte in maniera dettagliata le modifiche al codice FRANEC per quanto riguarda le subroutine che gestiscono i vari calcoli relativi all’equazione di stato.

1.5 Confronti tra le tracce

Vediamo ora come gli aggiornamenti dell’EOS e delle tabelle di opacità si riflettano sulle tracce evolutive delle stelle, calcolate con il codice FRANEC.

19nel momento in cui scriviamo questo lavoro, tali tabelle sono disponibili sul sito www.

ioffre. rssi. ru/ astro/ conduct/ conduct. html

20al sito: http: // www-phys. llnl. gov/ Research/ OPAL/ EOS_ 2005/

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