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Parte 7: il consolidamento

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Academic year: 2021

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Parte 7: il consolidamento

7.1 Premessa

Le analisi strutturali descritte al capitolo 7 hanno riprodotto con sufficiente accuratezza il quadro fessurativo e deformativo rilevato, quindi hanno fornito delle indicazioni quantitative su risultanti e flussi di tensione compatibili con il dissesto rilevato. I modelli impiegati, idonei alla previsione degli effetti di possibili interventi, sono stati utilizzati per valutare le ipotesi di consolidamento dei due archi di sostegno della cupola, del tamburo e della parete della cupola con le archeggiature. A conclusione del lavoro, sono fornite anche alcune indicazioni relative al miglioramento sismico della zona presbiteriale e absidale della chiesa.

7.2 Il consolidamento dell’arco in pietra

L’arco in pietra, come mostrato dall’analisi del quadro fessurativo, mostra la tendenza alla formazione di meccanismi a cerniera e, come possiamo vedere dalla figura 132, la curva delle pressioni in alcuni punti passa in prossimità dell'intradosso, generando livelli di compressione elevati. Per eliminare i picchi di tensione, ricentrando anche la curva delle pressioni, è stata valutata la possibilità di inserire un tirante metallico nella luce dell'arco. A questo scopo sono state eseguite alcune simulazioni per determinare il tiro da assegnare alla catena e la quota di messa in opera. In particolare sono state analizzate quattro differenti posizioni, in ognuna delle quali il tiro è stato fatto variare da 50 kN a 300 kN, come mostrato nella figura 180.

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240 Le analisi, condotte, come al solito, per non linearità del materiale, sono state eseguite caricando il modello con i carichi permanenti e introducendo solo successivamente un carico esterno equivalente al tiro della catena, che agisce quindi sulla struttura già equilibrata e deformata.

Dall’analisi dei risultati, per ogni caso studiato, è stata quindi ottenuta la curva delle pressioni che ha consentito di scegliere le caratteristiche dell'intervento.

In tutti i casi analizzati, possiamo anzitutto notare come l’inserimento di un tirante favorisca comunque l'avvicinamento della curva delle pressioni verso il centro della sezione ed in particolare tale condizione diventa particolarmente favorevole posizionando la catena in prossimità delle reni dell’arco (livello 3 della figura 180) e applicando un tiro di circa 180 kN. La curva delle pressioni, ricavata per quel particolare caso, rivela una sensibile riduzione dell’eccentricità, che passa da 18.5 cm a circa 7 cm. Si nota inoltre che anche i picchi localizzati nella semialtezza superiore dell’arco tendono ad abbassarsi verso le reni. Inoltre, l’applicazione del tirante mitiga la flessione fuori piano, ricentrando la curva delle pressioni anche nello spessore in direzione ortogonale al piano dell'arco.

Fig. 181. In verde la curva delle pressioni post consolidamento ottenuta con Straus7. In scale di blu le curve delle pressioni pre consolidamento ottenute con Straus7 e NOSA.

In seguito all’inserimento del tirante, si prevedono punte di tensione inferiori ai 25 daN/cmq (contro gli oltre 100 daN/cmq previsti dal modello nello stato attuale). Questa sensibile riduzione della compressione massima è dovuto all'avvicinamento della curva delle pressioni al centro della sezione, che comporta una riduzione della zona fuori esercizio, con conseguente aumento della porzione di muratura reagente.

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Fig. 182. Straus7 - Andamento delle risultanti lungo l’asse dell’arco dopo l'inserimento della catena a quota 3, con tiro di 180 KN: si nota come esso risulti interamenete compresso.

Fig. 183. Straus7 - Andamento degli spostamenti trasversali: si nota la ridotta entità degli spostamenti nel piano di giacitura dell’arco in pietra.

Per risolvere il problema della rottura del concio in zona compressa è stata esaminata l'eventualità anche di un intervento di sostituzione, che però risulterebbe eccessivamente oneroso, vista la buona resistenza della porzione restante e la possibilità per la struttura di avvalersi della catena come presidio, oltre che come elemento di introduzione del carico.

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Fig. 184. Schema relativo all’inserimento del tirante sull’arco di pietra.

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7.3 Il consolidamento dell’arco in mattoni

Per quanto riguarda il consolidamento delle strutture di sostegno della cupola dal lato della navata centrale, la questione risulta particolarmente delicata a causa del grave dissesto riscontrato. L’analisi del quadro fessurativo, confermata dalle valutazioni analitiche, mostra la tendenza della struttura a formare un sistema resistente che coinvolge le strutture della cupola e porta alla formazione di una parabola di scarico che interessa gran parte della muratura del tamburo. Questo è legato alle carenze del materiale di cui è costituito l'arco e all'assenza di contrasto da parte delle strutture adiacenti.

L'intervento di consolidamento deve conseguire un duplice scopo: da un lato ricostituire la compagine strutturale, estremamente degradata e lesionata, dall'altro rinforzare il meccanismo resistente per la condizione statica e per quella sismica. In questo caso, ancor più che per l’arco in pietra, risulta necessaria la sostituzione della porzione di muratura dell'arco lesionata. L’intervento potrebbe prevedere due possibili soluzioni:

- la ricostruzione fedele della porzione, facendo ancora uso di mattoni e malta di calce;

- ripristino della continuità strutturale mediante getto in calcestruzzo armato. La prima delle due soluzioni meglio si sposa con l’obiettivo della conservazione sotto l'aspetto filologico, la seconda con l'obiettivo della sicurezza statica.

La muratura del tamburo, estremamente lesionata, può essere a sua volta consolidata attraverso perforazioni armate in direzione radiale, a cucitura delle fessure, e con una catena, opportunamente forzata, che corre nello spessore della muratura del tamburo, sopra l'estradosso dell'arco e si attesta sulle superfici esterne dei muri del cleristorio. La disposizione radiale delle perforazioni armate consente di intercettare e cucire le lesioni in direzione ortogonale, limitando una loro possibile amplificazione, e ripristina il collegamento tra l’arco e la muratura soprastante. Opportune iniezioni di miscele leganti contribuisce a migliorare le caratteristiche meccaniche della muratura.

Il rinforzo del meccanismo resistente prevede l’inserimento una catena nella luce dell'arco, con duplice scopo di presidio per le spinte in caso di scorrimenti differiti e di sisma, e per consentire l'introduzione di un carico orizzontale. Essa è costituita da due tiranti paralleli posizionati tra l’imposta e le reni, come mostrato in figura 186.

Attualmente all’imposta dell’arco è già presente un tirante di dimensioni 53 x 36 mm, tuttavia, in vista del fatto che il tiro massimo calcolato di 260 KN è superiore alle sue

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244 capacità resistenti e che non è possibile valutare lo stato di conservazione della zona di attacco del capochiave, si è scelto di trascurarne il contributo.

Fig. 186. Localizzazione dei punti di applicazione della forza equivalente: tirante metallico alla base e all’estradosso dell’arco.

Per lo studio della effettiva posizione e del tiro da assegnare alle due catene orizzontali, sono state condotte anche questa volta specifiche analisi.

Per quanto riguarda la posizione della catena, sono state considerate quattro differenti altezze come mostrato in figura 186, mentre per la catena estradossata lo studio è stato eseguito considerando l’unica altezza di posizionamento possibile, date le ridotte dimensioni della porzione muraria compresa tra la chiave dell’arco e il tamburo. Inoltre per ogni differente livello di posizionamento è stato fatto variare il tiro, secondo opportuni step di carico, da 50 a 300 kN.

Anche in questo caso, è tata raggiunta la condizione di equilibrio della struttura caricata dal solo peso proprio e solo successivamente è stato applicato il tiro equivalente sotto forma di forza concentrata.

Le lesioni sono state simulate attraverso un abbattimento del modulo elastico. Dalla lettura dei risultati si nota come l’inserimento del tiro induca due effetti:

- tende a rialzare la chiave dell’arco richiudendo la lesione che separa l’arco dalla soprastante porzione in muratura;

- tende a contrastare le trazioni, che non si riscontrano più da un certo valore del tiro in poi.

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Fig. 187. Tensiono pincipali di compressione. Caso di carico: peso proprio.

Fig. 188. Tensiono pincipali di compressione. Caso di carico: peso proprio + tiro (50 kN).

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Fig. 190. Tensiono pincipali di compressione. Caso di carico: peso proprio + tiro (150 kN).

Fig. 191. Tensiono pincipali di compressione. Caso di carico: peso proprio + tiro (200 kN).

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Fig. 193. Tensiono pincipali di compressione. Caso di carico: peso proprio + tiro (300 kN).

Le analisi eseguite sono utili per capire il comportamento del sistema soggetto al tiro di un presidio metallico, ma il risultato fornisce solo una valutazione di massima, dato il livello di incertezza sulle caratteristiche dei materiali dell'arco e della struttura soprastante, nella condizione di degrado attuale.

Dalla sequenza delle figure da 187 a 193, si osserva che all'aumentare del valore del tiro, le trazioni sono contrastate in modo sempre più efficace nella porzione centrale della struttura. In particolare si nota come da un certo valore di tiro in poi (circa 150 kN applicato al terzo livello) la muratura risulta soggetta ad uno stato di sola compressione. Per valori del tiro elevati si nota una netta modifica dello stato di tensione, andando le compressioni a concentrarsi addirittura nella parte intradossale. Questo ci induce a pensare che l’inserimento dei due tiranti possa indurre un effetto benefico, con valori di compressione non superiori a 15 daN/cmq nella porzione di muratura lesionata.

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Fig. 194. Schema relativo all’intervento di consolidamento dell’arco in mattoni.

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Fig. 196. Fotoinserimento dei tiranti metallici sull’arco in mattoni.

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7.4 Il consolidamento del tamburo

Per quanto riguarda il tamburo, l’intervento proposto prevede una cerchiatura metallica al livello della cornice di pietra che assicura il mantenimento della compagine, alterata dalle lesioni verticali, in presenza di sisma.

L'analisi dei risultati relativi al modello parziale costituito dalla sola calotta e a quello della cupola con archeggiature evidenzia come le spinte siano concentrate sugli spigoli delle vele, come si osserva nelle figure 198 e 199, dove sono mostrate le reazioni vincolari nei due modelli calcolate con il codice NOSA.

Fig. 198. NOSA - Vista in pianta delle reazioni vincolari relative al modello con sola calotta dotata di vincoli a cerniera; unità di misura (daN). Si nota come la maggiore spinta si localizzi in corrispondenza degli spigoli.

Fig. 199. NOSA - Vista in pianta delle reazioni vincolari relative al modello che comprende tamburo – archeggiature - calotta; (unità di misura daN). Si nota come la maggiore spinta sia localizzata in corrispondenza degli spigoli e sia orientata trasversalmente e longitudinalmente.

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251 Per una maggior efficacia dell'intervento, il cerchiaggio dovrebbe essere in contatto con la struttura in corrispondenza degli spigoli, dove un idoneo strato di malta garantisce la distribuzione locale degli sforzi.

Una possibile soluzione è indicata nella figura 200, dove è prevista l’istallazione su ogni spigolo di piatti paralleli sagomati, nella cui intercapedine è saldato un manicotto filettato che consente il fissaggio della barra. La messa in forza del sistema può avvenire in questo caso tramite un manicotto.

Fig. 200. In alto a sinistra: particolare costruttivo dell’intervento di cerchiatura con tirante metallico. In alto a destra e sotto: fotoinserimenti dell’intervento di consolidamento.

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252 Una seconda soluzione prevede un piatto metallico sagomato a sezione costante che cinge la struttura sotto la cornice in pietra, anche questa volta in contatto con gli spigoli e forzato attraverso un dispositivo a occhielli e cunei alla maniera antica.

Fig. 201. In alto a sinistra: particolare costruttivo dell’intervento di cerchiatura con fascia metallica. In alto a destra e sotto: fotoinserimenti dell’intervento di consolidamento.

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7.5. Il consolidamento della parete della cupola con le archeggiature

Come già esposto nel capitolo 6, i saggi conoscitivi sulla parete della cupola con le archeggiature hanno messo in luce una conformazione a gusci indipendenti della parte inferiore della calotta, con il solo strato esterno ammorsato alle pareti degli archetti. A partire della cornice superiore, i due strati risultano ammorsati. Là dove la curvatura dell'intradosso genera il distacco tra i due gusci (quello esterno è verticale, mentre quello interno segue il profilo dell'intradosso), sono stati rilevate zone di vuoto o riempite da malta ormai divenuta polvere.

Fig. 202. Saggio conoscitivo sulle archeggiature del tiburio.

Tale situazione, se da un punto di vista statico non pregiudica la sicurezza della struttura, in presenza di sisma costituisce un punto di debolezza per la mancanza di monoliticità del muro.

L’intervento proposto prevede dunque il collegamento trasversale dei due paramenti con cuciture armate e l'iniezione di miscela legante nelle parti vuote. Il materiale da utilizzare per l'iniezione in questo caso non potrà essere fluido, ma dovrà avere consistenza tale da collocarsi solo nelle zone con alta percentuale di vuoti, per non appesantire eccessivamente la struttura.

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Fig. 203. Szione trasversale sulla argheggiatura del tiburio con particolare dell’andamento dei due gusci.

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7.6 Intervento di consolidamento sulla parte absidale

Alla luce di quanto rilevato e di quanto dedotto dalle valutazioni sulla vulnerabilità sismica, il miglioramento sismico della parte absidale dell'edificio prevede:

- cerchiatura della zona absidale;

- incatenamento alle reni degli archi trasversali;

- consolidamento delle murature perimetrali di sommità;

- risarciture locali delle lesioni sulle volte di laterizio e sulla volta in pietra dell'abside.

L’intervento di incatenamento dell'abside su tutto il perimetro è finalizzato a contenere le spinte delle volte e degli archi di valico e a scongiurare i meccanismi di ribaltamento dell'abside o di qualche sua parte in presenza di sisma. L'inserimento delle catene avverrà tramite perforazioni in asse ai muri, realizzate con carotaggio a sola rotazione e raffreddamento ad acqua nebulizzata, da effettuarsi ad una quota di circa 4 m sotto il livello di gronda. All'interno dei fori saranno inserite barre Dywidag attestate con capochiave collocati nell'angolo delle lesene, forzate con chiave dinamometrica. I due archi di valico in pietra verranno invece rinforzati con catene metalliche di acciaio inox, di tipo tradizionale, che ne limiteranno la spinta sulle pareti laterali ed eviteranno i meccanismi di danno fuori piano delle pareti del cleristorio.

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Fig. 206. Sistema di incatenamento della parte absidale: sezione longitudinale e trasversale.

La risarcitura delle lesioni sulle volte sarà effettuata mediante inserimento in perforazioni di barre inox iniettate in modo tale da ricostituire continuità e omogeneità strutturale.

La muratura sommitale sotto-gronda verrà consolidata mediante iniezioni con resina epossidica per restituire coesione alle malte esistenti e i paramenti saranno collegati con barre inox iniettate in fori sub-orizzontali. I conci in pietra lavorata della cornice saranno fissati con barre inox iniettate in fori verticali. L'intervento garantirà l'assenza di meccanismi di ribaltamento del muro di sommità in caso di sisma.

Figura

Fig. 180.  Localizzazione dei punti di applicazione della forza equivalente.
Fig. 181.  In verde la curva delle pressioni post consolidamento ottenuta con Straus7
Fig.  183.    Straus7  -  Andamento  degli  spostamenti  trasversali:  si  nota  la  ridotta  entità  degli  spostamenti nel piano di giacitura dell’arco in pietra.
Fig. 185.  Fotoinserimento del tirante metallico sull’arco di sostegno in pietra.
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