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Dante Teixeira per le conversazioni al Museo Nacional di Rio de Janeiro e per tutto il materiale che mi ha dato e a João per le giornate al Museo Nacional

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Academic year: 2021

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RINGRAZIAMENTI

Vorrei prima di tutto ringraziare il mio relatore Prof. Giulio Barsanti per avermi proposto di intraprendere questo percorso sulla storia della primatologia, che per me è stato un grande arricchimento sia personale che professionale. Lo ringrazio molto anche per i sui consigli e la pazienza che ha avuto soprattuto nelle fasi fnali del dottorato. Ringrazio inoltre il Prof. Claudio Pogliano per le occasioni di formazione che ci ha fornito nel corso dei tre anni. Un grande ringraziamento va all'amico e collega Marco Masseti, per l'aiuto, l'affetto e la collaborazione in molte fasi della ricerca. Un altro grazie va al Prof. Dante Teixeira per le conversazioni al Museo Nacional di Rio de Janeiro e per tutto il materiale che mi ha dato e a João per le giornate al Museo Nacional. Ringrazio inoltre i miei colleghi e amici: Mauro di Vito per le varie segnalazioni di dipinti che presentavano primati e per i suoi vari e molteplici consigli; Annarita Franza e Elena Canadelli, per i profcui consigli e aiuti; gli altri colleghi di dottorato per le illuminanti discussioni, in particolare Stefano Salvia. Un grazie a Fausto Barbagli per alcuni consigli. Ringrazio la Prof. Lippi per le informazioni che mi ha dato e la Prof. Maike Vogt- Luerssen per alcune importanti immagini e informazioni che mi ha fornito. Ringrazio gli amici e colleghi primatologi brasiliani Sergio Mendes, Antonio Souto e Nicola Schiel per l'ospitalità a Vitoria e Recife dove ho svolto delle ricerche. Ringrazio Giuliana per l'ospitalità a Lisbona, e il Prof. Carlos Gil Burmann per quella a Madrid. Ringrazio la Biblioteca dei Tatti, Harvard University, senza cui avrei avuto molti più problemi nel reperire il materiale di studio ed anche il personale del Museo d Storia della Scienza per la loro gentilezza. Ringrazio l'amico e collega Francesco Scalfari per la lettura di una parte della tesi e altri amici e colleghi che mi hanno aiutato e sostenuto a vario titolo in alcuni periodi problematici di questi tre anni: Elena Baistrocchi, Simona Grazzini, Claudia Massei, Marcos Borges, Eulalia Garcia, Anna Omedes, Anna Diaz Lorca e Piera Pieraccini.

Ringrazio inoltre il Museo della Specola dove ho passato molti bei momenti e gli amici Paolo Agnelli e Laura Ducci.

E infne mia madre per la sua presenza, affetto e disponibilità.

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APPENDICE

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Classifcazione dell'Ordine dei Primati con riferimenti alle specie citate nel testo.

Ordine: PRIMATES

Parvorder: Catarrhini (Scimmie del Vecchio Mondo) Famiglia: Cercopithecidae

Subfamiglia: Cercopithecinae Specie: Erytrocebus patas

Cercopithecus diana cercopithecus roloway Cercopithecus petaurista Chlorocebus sabeus Papio hamadryas Mandrillus leucocephalus Mandrillus mandrillus Macaca sylvanus Subfamiglia Colobinae Specie: Colobus guereza

Trachypithecus sp.

Semnopithecus sp.

Famiglia Hylobatidae Hoolock sp.

Parvorder: Plathyrrini (Scimmie del Nuovo Mondo o Neotropicali) Famiglia: Callitrichidae

Specie: Callithrix jacchus Callithric faviceps Callithrix geoffroyi Callithrix kulhii Callithrix penicillata Callithrix faviceps Cebuella pygmaea Leontopithecus rosalia Saguinus oedipus Saguinus midas Famiglia Cebidae Specie: Cebus favius

Cebus xanthosternos Cebus libidinosus Cebus apella Cebus capucinus Cebus albifrons Cebus robustus Cebus nigritus Saimiri sciureus Famiglia Atelidae Specie: Alouatta seniculus

Alouatta guariba Brachyteles sp.

Famiglia: Pithecidae Specie: Callicebus sp.

Famiglia: Aotidae Specie: Aotus sp.

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Lista dei Primati Neotropicali conosciuti nel 1500 e i primi anni del 1600.

Famiglia Callitrichidae

-Callithrix jacchus (da fonti iconografche e scritte) -Callithrix geoffroyi (da fonti iconografche) -Callithrix aurita (fonti scritte)

-Callithrix kulhii? (fonti iconografche) -Saguinus oedipus (da fonti iconografche)

-Leontopithecus rosalia (da fonti iconografche e scritte) -Saguinus midas ( da fonti iconografche)

-Cebuella pygmaea (da fonti scritte) Famiglia Cebidae

-Cebus favius (da fonti iconografche) -Cebus apella (da fonti iconografche) -Cebus nigritus (da fonti scritte)

-Cebus xanthosternos (da fonti iconografche) -Cebus capucinus (da fonti iconografche) -Cebus albifrons (fonti iconografche) -Cebus libidinosus? (fonti iconografche) -Saimiri sciureus (fonti iconografche) Famiglia Atelidae

-Alouatta guariba (fonti scritte) -Alouatta seniculus (fonti scritte) -Brachyteles sp. (fonti scritte) -Ateles sp. (fonti scritte) -Lagothrix sp.? (fonti scritte) Famiglia Pithecidae

-Callicebus sp. (fonti scritte) -Pithecia sp. (fonti iconografche)1 Famiglia Aotidae

Aotus? (fonti scritte)

1Dato non confermato preso da Teixeira & Papavero, 2010, op. citata.

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Glossario dei nomi dei primati usati dall'antichità fno al secolo XVI.

Riportiamo qui i termini più comuni usati, per designare le varie specie di primati del Vecchio Mondo (Catarrhini), nel corso dei secoli dalla cultura occidentale. Molti di questi sono ancora alla base della designazione di varie categorie sistematiche della tassonomia moderna dell'Ordine Primati2. L'origine di molti nomi deriva soprattuto dall'uso che ne fecero i classici greci e latini3 (i nomi non sono listati in ordine alfabetico bensì in ordine d'importanza in relazione all'uso):

a) Simia: termine latino usato nel Medioevo per le scimmie (con o senza coda).

Questo termine si trova nei testi latini antichi ma deriva da una parola greca σιμος, tradotto simus che signifca naso piatto. Questo termine poteva designare ogni tipo di scimmia ma in genere quandosi trova un riferimento è relativo alle bertucce. Viene impiegato da Isodoro di Siviglia (560-636 D.C.).

Nel suo libro “Sugli Animali” compilato da un gran numero di fonti tra cui Plinio e Solinus e il Physiologus. Riportiamo dal Capitolo 30-33 alcuni passi signifcativi sui primati:

“Il nome di scimmia è greco e signifca naso piatto cioè noi diciamo simiae, perchè hanno un naso piatto e una faccia brutta, come una capra che ha anche il naso piatto. Altri sostengono che il nome simiae sia latino perché possiamo vedere una grande similitudine (similitudo) con le facoltà umane, ma questo non è corretto...Vi sono cinque specie inclusi i cercopthéques che hanno la coda;

queste scimmie con la coda sono dette clura da alcuni. Le sfngi hanno prominenti seni, docili e imparano a dimenticare il loro stato originario. Cynocéphales sono simili alle scimmie ma hanno la faccia da cani, da qui il loro nome. I satiri hanno una forma molto bella sono agili e gesticolano. Callitriches differiscono dagli altri in quasi tutto. In particolare essi hanno una lunga barba e una lunga coda”;

b) Pithekos: questo termine si trova sia in greco (πιθηκος) che latinizzato come pithecus. Sembra riferirsi ad una scimmia con la coda quando è specifcato come kerkopithecus = cercopithecus (da κερκος=

coda + Πιθηκος). L'origine sembra oscura benché le ipotesi possano ricondurre ad un origine arcaica indoeuropea (bhoi – bhi che poteva signifcare “con aspetto pauroso” o proto – Berbera-Chadica da bhidh che attraverso gli stop aspirati della lingua può diventare pith-ecos4);

c) Kepos, in greco κηπος e anche κηβος, (kebos latinizzato come cebus) e κηφος (kephos, latinizzato come cephus). Secondo Groves questo termine sembra non aver signifcato altri che Erytrocebus patas;

d) Kynokephalos si trova sia in greco (κυνοκεφαλος) sia latinizzato come cynocephalus e signifca babbuino, letteralmente “faccia come un cane” (da κυν=cane + κεφαλος=testa). Kynoprosopos signifca la stessa cosa;

e) Callithrix o callithriches: signifca bel pelo dal greco καλλι= bel + θριξ, τριχος= pelo, capelli; questo termine è stato usato per diversi gruppi di primati principalmente africani; oggi indica un genere di usititì brasiliani;

f) Papio è il nome più comune per il babbuino, presumibilmente derivato da l'aspetto che incute paura di Babi o Baba;

g) Ape: termine anglosassone usato nel Medioevo per la “scimmia” in genere senza coda.

L' Épinal glossario è un glossario alfabetico scritto in inghilterra nel 700 DC ma conosciuto a noi da un'edizione tenuta nella libreria di Epinal in Francia e pubblicato in facsimile com “Erfurt edition” tra il 1882 e il 1901. Consiste di 3000 (forse fno a 4000 nell'originale) parole latine e il loro equivalente inglese antico. Qui troviamo la prima apparizione della parola “ape”: “Pithecus, apa”;

Apan (plurale di Apa) diventa apen. Intorno al 1350 si ritrova nella letteratura anglosassone come apes:

“for methought that ther com to this caue nou the wilde beris & apes, bores, boles, baucymes, a brem numbre of bestes” da William il traduttore del romanzo francese Guillarme de Palerme. (Il termine apes non appare nel romanzo originale composto intorno al 1200. Gli unici animali che appaiono in questo romanzo sono orsi, lupi e cinghiali. Mettendo le “apes” il traduttore si prese la licenza di includerle visto che il romanzo era ambientato in Italia.). Questo termine venne impiegato nella fonte di tutti i bestiari medievali il Physiologus, scritto in greco intorno al 400 avanti cristo e da qui divenne impiegato

2v. Groves, 2001. Taxonomy of Primates.

3Una parte di questo glossario è tratto da Groves, 2008 pp 39 – 40.

4Secondo Dr. John Trumper linguista università di Calabria apud Groves, 2008, pag 40.

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più comunemente. In generale il termine ape si riferisce alla scimmia generica rappresentata spesso senza coda (bertucce); la scimmia è rappresentata come simbolo di vanità e lussuria ma anche come grande imitatore e il termine aping, diventa così sinonimo di imitazione, imitare. Le scimmie durante il Medioevo verranno quasi sempre rappresentate senza coda: nel Physiologus questa perdita di coda era un simbolo di non chiarezza (poiché un animale che ha qualcosa di superfuo o ha perduto una della sue parti è inaccettabile come un sacrifcio, in accordo con il Leviticus), inoltre secondo i bestiari del XII secolo anche il diavolo aveva perso la coda a casa della sua ipocrisia e a volte fu anche chiamata Simia Dei (imitatrice di Dio);

h) marmusettes: questo termine venne usato per la prima volta dal francescano Bartholomew “the Englishman” nel 1240 circa quando scrisse un'enciclopedia chiamata De rerum Proprietatibus; nella prima traduzione inglese del 1398 di Jonh Trevisa troviamo: “Some bestes be yordeynede for mannes merthe, as apes and marmusettes and popyngayes”. (Alcuni animali sono creati per piacere umano come le marmusettes e i pappagalli). Nel Medioevo il termine era usato per fgure grottesche, come un piccolo brutto bambino, e è probabilmente il diminutivo del latino marmor (marmo) che doveva indicare piccole fgure di marmo;

g) Spinga, (sphinx) fu anche chiamata cythosica o mamonetus da Alberto Magno nel 1260 nella sua opera De animalibus nel capitolo Symia. Il termine mamonetus è probabilmente tratto dall'Arabo maimon (babbuino). Menziona anche una Simia pilosa che può essere l'onocentauro di Aeliano. Il babbuino diviene canina simia;

h) monkey (inglese), mona (spagnolo): in relazione alla nascita del termine monkey il primatologo Groves ritiene che questo possa essersi originato da un'opera molto popolare tra il 1175 e il 1250 che era una serie di favole sotto il nome di “Le Roman de Renart” in cui si narrava di vari animali in modo caricaturale tra cui scimmie. Uno dei personaggi aveva un fratello chiamato Moncke o Moneke (Tedesco) o monnequin in francese, da qui può essersi originata la parola monkeys. Si può supporre che la stessa parola divenne un diminutivo in Spagna come “mona”. Monkey tuttavia può essersi originata anche da “mannekin” diminitivo di man;

i) meerkatzelein – meercatzen (gatti del mare), gato maimon, o mammone (in italiano): la parola “gatti del mare” si ritrova frequentemente negli scritti dei secoli XIII e XV. Nel Milione di Marco Polo in cui appaiono come gato paules; come meerkatzelein la parola viene riportata anche da Durer nel Viaggio in Olanda.

Sintesi tassonomica dei primati menzionati nelle cronache e loro equivalente nella lingua indigena5.

Si può constatare che il vocabolario indigeno rimane estraneo alle osservazioni degli europei fno intorno alla prima metà del 1500, ma viene invece utilizzato con sempre maggior frequenza nella seconda parte del secolo. Includiamo qui una lista dei termini indigeni usati per i primati. Le parole impiegate dai viaggiatori per descrivere i primati neotropicali si possono così elencare:

“gatos paules, o gatos monillos, gatillos” (Colombo 1498; Oviedo, 1526); simia, cercopiteco (Pedro Martir, 1503-1525); gatos rabudos (Enciso, 1518); “monos” (Orellana, 1532; Cabeza de Vaca, 1537; Cei 1539;

Carvajal, 1542; Cieza de Léon, 1550), “mon(n)es” (Thevet, 1557 & 1575); “Meerkatezn” (Staden, 1557);

“simiarum...multitudo” (Anchieta, 1560); “bogios” (Gandavo, 1570 & 1576); “bugio” parola portoghese attualmente utilizzata (Cardim, 1584 e Soares, 1587); “guenons ” (Léry, 1578). Queste primo gruppo di parole di origine europea in generale sono state usate per le scimmie di taglia maggiore appartenenti alle Famiglie: Cebidae, Atelidae, Aotidae e Pithecidae.

I termini che i viaggiatori ascoltarono dai nativi americani (molti dei termini sono della famiglia linguistica Tupi-Guaranì diffusasi in gran parte del Brasile) possono essere così riassunti:

”Cay”, (Léri, 1578), “Key”, (Staden, 1557); l'”Ackakey” (Staden, 1557), “Cacuycu” (Thevet, 1557 e 1575) o “Aquigquig” (Cardim, 1584); aranata (Pedro Martir de Anghiera 1526 e Gomara, 1552);

“Quaypassé” Thevet (1575); il Pricki (Staden, 1557), “Murup” o “Muriphguy” (Thevet, 1575) che si riferisce probabilmente alla scimmia “buriqui” o “muriqui”, dal tupi “Muriki”, (genere Brachyteles). I

“guigós “ (Soares, 1587); genere Callicebus i “guaribas” (Soares, 1587) dal tupi Wariwa. Scimmie urlatrici genere Alouatta. I “saî-anhangá” (Soares, 1587) riferito al genere Aotus.

5Parte di questa sintesi ampliata e riveduta è tratta, da: P. Billé, La Faune bresilienne dans les ecrits documentaires du XVI siécle. Honoé Champion Paris 2009, pag 46.

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Le scimmie più piccole della Famiglia Callitrichidae che comprende le scimmie di taglia ridotta o ridottissima chiamate in italiano uistitì e tamarini vengono indicate nei testi con queste designazioni:

“sagui”, con le varianti “saguim” “sagoin” e “saium”, dal Tupi “sawi”. Questi termini appaiono negli autori elencati sopra come: “Sagoin” (Thevet, 1557 e 1575; sagouyns, Léry, 1578); “Sagois” (Gandavo, 1576);

Cei (1537-1553, marmoietes); “Saguis” (Soares, 1587). In genere la specie più identifcabile è di fatto Leontopithecus rosalia che è nominato come “piccolo gatto giallo” (Pigafetta, 1525) o Gandavo (1576; sagois louros); Léry (1578: marmot ou poil roux), Soares (1587; “outros saguis” con il “pelo amarelo”).

I termini indigeni riferiti ai primati dal “O vocabolario na Lingua Brasilica”

Includiamo in questo glossario un'opera interessante chiamata “O vocabolario na Lingua Brasilica”

do Padre Leonardo do Valle, S.J. (1585) (apud Papavero & Teixeira, 2007 pag 115 - 134) scritto dalla compagnia dei Padri Gesuiti nella loro permanenza in Brasile. Come riportano questi autori uno dei propositi della Compagnia di Gesù per favorire una più veloce conversione al cristianesimo dei popoli colonizzati era quello di apprendere la loro lingua. Padre J. De Anchieta pubblica infatti la celebre grammatica portoghese-tupi (Arte de Gramatica) nel 1595, in cui il vocabolario indigeno è tradotto in portoghese. Il vocabolario nella Lingua Brasilica scritto da Leonardo do Valle fu un'opera molto popolare che girò nelle mani di tutti i gesuiti di allora che vivevano nelle missioni e che volevano apprendere la lingua tupi. Il manoscritto venne pubblicato solo nel 1938 da Plinio de Ayrosa senza conoscere l'autore. L'opera venne poi attribuita a Leonardo do Valle successivamente in seguito alla lettera di Marçal Beliartem da Bahia del 15916.

Qui di seguito i nomi e espressioni portoghesi dell'epoca con equivalente in tupi riferiti ai primati:“Bogio não tem genero – Os menores Caguí; Caguiiuba, outros maiores Caî e Caiguaçu, os de rosto e pernas compridas. Bîriggui. Os de Barba assi os ruivos como os pretos, aquigquig. Çaguaçu. Mona – Uide, bogio”.

Qui di seguito i termini nella lingua tupi che equivalgono al nome generico bogio, scimmia in portoghese: “Çaguaçu ; Caguiiuba ; Caî ; Caiguaçu ; Caguí”.

Come si può notare c'è una grande corrispondenza tra il vocabolario gesuita e i termini adottati nei testi degli autori nel paragrafo precedente. La parola saguis è scritta qui cagui, probabilente la c iniziale si pronunciava s, come nella parola Çaguaçu, dove qui regge invece la Ç.

Aggiungiamo qui per completezza termini riportati nel vocabolario Tupi (Guarani) con la traduzione in Castigliano da: Arte de la Lengua Guarani, o mas bien Tupi7: Alla voce mono (scimmia) troviamo: Caí (scimmia, viene riferita anche alla sua azione di nascondersi il viso indicando vergogna e modestia); Carayâ (mono grande): Cambí; Cambí aí.

Il vocabolario tupi e le descrizioni degli animali in tupi oggi vengono ancora utilizzate nella lingua brasiliana e come nota l'antropologo Darcy Ribeiro “O que mais singulariza a lingua portuguesa do Brasil é a presença poderosa e copiosissima de nomes tupis”8. Questo fenomeno d'impregnazione lessicale della lingua coloniale da parte di una lingua indigena può essere considerata come l'illustrazione del processo di transculturazione, in cui si osserva un'infuenza reciproca tra colonizzati e colonizzatori, fenomeno che benché spesso ineguale è sempre molto complesso. Infatti molti dei nomi citati nella seconda metà del 1500 dai viaggiatori sono ancora in uso oggi. Considerando questa enorme presenza del patrimonio tupi nella lingua luso - brasiliana e castigliana si può affermare che l'eredità ricevuta dagli indios dei paesi latino americani sono le loro conoscenze relative alla natura e agli animali.

6v. Papavero & Teixiera 2007 pag. 117, in cui si riporta la lettera originale con l'attribuzione del Vocabolario a Padre L. do Valle.

7v. Arte de la Lengua Guarani, o mas bien Tupi. P.A. Reniz de Montoya. Ed Paris, Maisonneuve y Cia. 1876.

8v. Darcy Ribeiro. A Fundaçao do Brasil, 1992, pag. 38.

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Lista commentata delle cronache di viaggio in cui vengono citati i primati neotropicali nei secoli XV e XVI.

1498 – Cristoforo Colombo (Genova, 1451 – Valladolid, 1506), fu tra i principali navigatori italiani che presero parte al processo di esplorazione e grandi scoperte geografche che caratterizzò la fne del 1400 e gli inizi del secolo successivo. Durante il suo terzo viaggio9 descrive l'incontro dei suoi marinai sbarcati sulle coste del Venezuela (forse il primo sbarco sulla terra continentale americana) con i primati:

“y envié los barcos a tierra, y hallaron que de fresco se habian ido de alli gente, y hallaron todo el monte cubierto de gatos paules bolviéndose”.

Il testo si riferisce alla regione di Paria in Venezuela. Gatos paules, o gatos monillos, gatillos sono i termini usati da Colombo per riferirsi alle scimmie con la coda. La narrazione del terzo viaggio (a cui si fa riferimento) fu estratta da una copia scritta interamente dalla mano di Las Casas, noto erudita gesuita, esistente negli archivi del Duca dell' Infantado10. A questa narrazione venne unita una lettera di Colombo diretta alla tutrice del principe don Juan, scritta verso il declinare dell'anno 1500, la quale fa parte della raccolta dei manoscritti di Juan Batista Munoz relativi agli affari del nuovo continente.

Poiché il brano riportato si riferisce alle coste del Venezuela toccate da Colombo, i primati avvistati potevano essere primati di taglia media presenti tuttora in quelle regioni: Alouatta seniculus o Cebus olivaceus.

Sempre Cristoforo Colombo nel suo quarto viaggio (1502 – 1504) quando probabilmente si trovava in Honduras e/o Nicaragua, riporta una scena di caccia che vede coinvolto un primate. La versione italiana di Navarrete nel 184111 così riporta:

“Un balestriero ferì un'animale simile ad una scimmia caudata12 meno che era molto più grande, ed avea la faccia come quella di un uomo; una freccia avealo trapassato dal petto sino alla coda, per il che egli era divenuto così furente che fummo obbligati di tagliargli un braccio ed una gamba. Il porco, scorgendolo, inferocissi anch'egli e prese la fuga; ciò vedendo, ordinai che gli fosse mandato dietro il begare (questo è il nome che gli abitanti del paese ov'io trovami davano all'animale ferito)”13: il quale arrivandolo, sebbene fosse quasi moribondo e la freccia stasse ftta sempre nel corpo, avvolse la sua coda al grifo del porco, che strettamente tenne, quindi, colla mano che restavagli, quale nemico, afferrollo per la nuca. Tale avventura parvemi tanto straordinaria e nuova, che ho creduto di non doverla passare sotto silenzio”.

L'animale a cui si riferisce Colombo potrebbe essere o Alouatta palliata o Ateles geoffroyi, specie della Famiglia Atelidae tuttora distribuite in queste regioni.

1502 – Amerigo Vespucci, noto commerciante forentino, fece vari viaggi nelle Americhe e redasse la celeberrima opera Mundus Novus dove per la prima volta ci si riferiva alla scoperta di un altro continente. Per i suoi meriti come esploratore e navigatore, fu nominato dalla Regina Giovanna nel 1508 Piloto Maior de la Casa de la Contractacion di Siviglia. Sulla veridicità o meno dei vari viaggi vespucciani effettivamente compiuti e sul suo ruolo rivoluzionario di scopritore e battezzatore dell'America (l'annosa questione vespucciana)14 sono stati scritti fumi d'inchiostro che esulano dall'argomento qui trattato, ma non v'è alcun dubbio sulla veridicità della seconda spedizione intrapresa nel 1501 la quale raggiunse le attuali coste brasiliane ed entrò il 1º gennaio 1502 in una baia meravigliosa che fu nominata Rio de Janeiro15 Quindi la spedizione proseguì verso sud raggiungendo

9La versione qui riportata è tratta da Cristoforo Colòn, Los Cuatro Viajes. Testamento. (1498/1502-1504).

Alianza Editorial Madrid, 1996.

10Narrazione dei Quattro Viaggi intrapresi da Critoforo Colombo per la scoperta del nuovo continente dal 1492 al 1504.

Versione Italiana curata da Don M.F. Di Navarrete, 1841. Tipografa Giachetti Prato. II vol, p: 133 – 134.

11Ibidem Navarrete., 1841.

12Gato paul nel testo originale spagnolo.

13Il testo spagnolo riporta: “yo cuando esto vi mandé echarle Bergare, que asì se llama adonde estaba”.

14Si veda per un panorama bibliografco: Scopritori e viaggiatori del Cinquecento e del Seicento a cura di I Luzzana Caraci, testi e glossario a cura di M. Pozzi, Milano-Napoli 1991.

15Edoardo Bueno. Naufragos, Navigantes e degradados. As primeiras expediçaoes ao Brasil. Coleçao Terra Brasilis vol

(9)

l'estuario del Rio de la Plata. La spedizione, si spinse più a sud fno alla latitudine 52° S quasi all'imboccatura del famoso stretto che sarà scoperto 18 anni più tardi dal portoghese Magellano. In quel viaggio egli non incontrò nessun indizio che avrebbe dovuto rivelare l'Asia e costituì il primo avvio alla comprensione che le Nuove Terre fossero una massa continentale indipendente. I suoi riferimenti agli animali sono pochissimi (sia nell'opera “Mundus novus” che nella Lettera a Soderini) e spesso rapportati a quelli noti in Europa, ma sempre con la notazione che se ne incontrano di mai visti.

L'unico riferimento ai primati si trova in una lettera mandata a Pierfrancesco de Medici nel 1502 in cui dice che vi sono molte varietà di “babbuini”.

Vespucci scrisse a Lorenzo de Medici un’altra lettera il 14 giugno del 1501.16 Egli arrivò in Brasile il 17 agosto del 1501 probabilmente alla Praia de Marcos, Rio Grande do Norte. Nel 1504 la prima edizione di Mundus Novus ebbe molto successo e ebbe 12 edizioni consecutive. Mundus novus era una versione esagerata della lettera sobria inviata da Vespucci a Lorenzo. Dopo un viaggio successivo Vespucci scrive un'altra lettera il 4 settembre 1504: Lettera a Soderini. Quest'ultima fu pubblicata due anni più tardi in forma di Libello e avrà un successo ancora maggiore del Mundus Novus con l'esito che questo Mondo sarà chiamato America. Pubblicata in Italia a Firenze nel 1506, 32 pagine in Italiano, stampato da Gian Stefano di Pavia e richiesta da Piero Paccini, non ebbe molto successo poiché furono vendute solo 400 copie. Ma in Francia un gruppo di eruditi la tradusse in latino (Quatuor Americi Vespucci Navigationes) ed ebbe molto successo. Il nome America viene usato per la prima volta dal Geografo Martin Waldesemuller, poi da Leonardo da Vinci il 1516. Nel 1510 un esemplare della Lettera arrivò a Tommaso Moro che scrisse il classico Utopia lanciato in latino nel 1516.

1518 - Fernàndez de Enciso, chiamato el bachiller fu uno studioso di legge giunto quasi per sbaglio nel mondo della Nueva España fatto di sopraffazioni e sete di conquista. Fu fondatore della città di Santa Maria la Antigua nella regione di Darien, ma venne imprigionato da chi desiderava prenderne il controllo. Tornato in patria riuscì a tornare a Darien con un incarico dato dal sovrano come capo Magistrato della regione detta Castilla de Oro (Darien) e in poco si liberò dei nemici. Dopo una spedizione disastrosa a Cartagena tornò in Spagna dove ottenne il privilegio dal re Carlo I nel 1518 di scrivere la Suma de Geografa (Zaragoza, 1518; Sevilla, 1530). Nella Suma Enciso tentò di servire il suo re pensando alle future conquiste delle regioni non colonizzate dai cristiani e così illustrando tutto il nuovo mondo allora conosciuto con estrema cura dei dettagli geografci. Egli si riferì agli animali incontrati usando i nomi di animali del Vecchio Mondo e quando non trovò un reale parallelo usò la comparazione o quando disponibile un nome indigeno. Per le scimmie usò il termine “gatos rabudos”, cioè gatti con la coda. Qui viene riportato il testo originale della traduzione inglese dell'edizione del 157417:

“And there is fue leagues within the Gulfe, the Darien, whych is inhabited with Christians, and there they gather fyne golde in a Riuer that descendeth from certaine high Mountaynes. In these Mountaynes be many Tigres & Lyons, and diuers other beastes, and Cattes with long tayles, and be like to Apes, but that they haue great tayles.”

1519-1525 - Il primo giro del mondo compiuto dalla fotta spagnola comandata da Fernão de Magalhaes, conosciuto in Italia come Magellano, è descritta da tre lettere (di Maximiliano Transilvano, Antonio Brito e Juan Sebastían de El Cano) e da cinque relazioni, tra cui la più conosciuta è quella di Antonio Pigafetta; le altre sono di Francisco Albo, Ginés de Mafra e due anonimi18. Antonio Pigafetta originario di Venezia goinse in Spagna con un compatriota; ammesso alla spedizione di Magellano tenne una cronaca giornaliera del viaggio. Al suo ritorno in Spagna Pigafetta presenta la sua relazione manoscritta a l'Imperatore Carlo V. Benché questo documento sia andato perduto Pigafetta ne offrì una copia alla Madre di Francesco I, la reggente Luisa di Savoia, da cui vennero tratte le versioni successive. Oggi restano quattro versioni manoscritte della relazione di Pigafetta tutte alla Biblioteca Ambrosiana a Milano, scritte in un italiano con infuenze toscane, veneziane e spagnole. Il testo qui riportato che parla di primati, proviene dalla riproduzione in facsimile del ms. Ambrosiano L103 Sup

II. Ed. Objectiva 1998. pag 41.

16Codice Riccardiano 1910, pubblicata dal Conte Balzelli Bonn nel 1827.

17v. Enciso, Martin Fernández de, 1525. A briefe description of the portes, creekes, bayes, and hauens, of the Weast India: translated out of the Castlin tongue by I.F. The originall was directed to the Prince Don Charles, King of Castile, &c. 1578.

18Per un approfondimento su questi autori si veda: Esteve Barba, Franciso. Historiografa indiana. 2A ed.

Madrid: Gordos, 1992. 754 p.

(10)

trovato da Carlo Amoretti19. Esso contiene anche le così dette Regole sull'arte di Navigare o Trattato della Sfera (Titolo del Manoscritto: Notizie del Mondo Nuovo con le fgure de Paesi scoperti descritte da Ant.

Pigafetta, vicentino, cavaliere di Rode):

“Hanno infnitissimi papagali e ne danno 8 o 10 per uno speco, e gati maimoni picoli, fati como leoni, ma ialli, cosa belissima”.

Quando Pigafetta descrive questi animali la nave di Magellano si trova come osserva lui nel territorio del Verzino (nome italiano dato al Brasile nel 1500), proprietà del Re del Portogallo. Possiamo ricostruire l'esatta località per capire anche il tipo di scimmia a cui faceva riferimento oltre che in base ovviamente alla descrizione. Come osserva Billé20: il primate menzionato nel testo è Leontopithecus rosalia, e forse questo è il primo riferimento a questa specie endemica dello stato di Rio de Janeiro.

1526 – Gonzalo Fernández de Oviedo, storico e letterato con esperienze diplomatiche in Spagna e in Italia, giunse nella Nuova Spagna con l'incarico di ispettore della fusione e della marcatura dell'oro e segretario sovraintendente alle miniere. Più tardi sarà nominato da Carlo V Cronista ofcial de las Indias per i meriti acquisiti durante i suoi viaggi. Nella sua opera “Historia General y Natural de las Indias”

considerata una delle pietre miliari della letteratura americana del 1500 e scritta nel 1526, dedica il Capitolo XXVI del libro XII, (prima parte) alla descrizione dei primati del nuovo mondo.

Cap. XXVI. De los gatos monillos.

“En muchas partes de la Tierra Firme hay gatos monillos salvajes, de tantas maneras e diferencias, que no se podría decir en poca escriptura si se dijesen sus diferentes formas e sus innumerables travesuras.

Cuando las hembras crían el monico, tránlo a cuestas saltando de árbol en árbol, y aunque se cuelga la madre de la coda o se arroja a otro árbol veinte e treinta pasos desviado, no se cae por eso el monillo. Y porque cada dia se llevan a España, no me ocuparé en decir dellos sino pocas cosas. Haylos tan pequenitos como la mano de un ombre (harda pequena?), y menores, y otros tan grandes como un mediano mastín, y de muchas maneras de pelo e diferenciados gestos e formas, e algunos tan astutos que muchas cosas de las que ven hacer a los hombres, las imitan y hacen. En especial hay muchos que, así como ven partir una almendra o un piñón con una piedra, lo hacen de la misma manera e parten todos los que le dan, poniéndole una piedra a par del gato, donde la pueda tomar.

Asimismo hay otros que tira una piedra pequeña del tamaño e peso que su fuerza basta, como lo tiraría un hombre. Uno déstos tuve yo que poniéndole a par algunas piedras pequeñas, tamañas como nueces o menores, e poniéndome la mesa para comer, desviada veinte o treinta pasos del gato, así como veia venir el manjar a la mesa, era necesario partir con él e dalle que comiese para le ocupar las manos, porque de otra manera o en acabándosele lo que ledaban, luego él despedía todas aquellas piedras contra la mesa, e cuando ésas se le acababan, arrincaba tierra del suelo e a puñados lo arrojaba, porque le poyese e diesen de comer, Otros hay que, cuando ven comer a alguna persona alguna cosa, dan muy grandes palmadas una mano con otra, porque los oigan e les den a ellos parte de lo que así se come.

Cuando los hombre de guerra de nuestros españoles van la tierra adentro en aquellas provincias de Castilla de Oro, e passan por algún bosque donde hay de unos gatos grande e negros (de los cuales en la Teirra Firme hay muchos y son malos e bravos), así como ven a los cristianos, los gatos dan voce que parece que se apellidan, e en poco espacio se juntan muchos e vienen por encima de los árboles saltando de rama en rama e gritando, e por encima de la gente no hacen sino romper troncos de ramas secos, e aun verdes, e arrojar sobre los cristianos por descalabrarlos. E conviene cobrirse bien con las rodelas e ir sobre aviso para que no reciban daño e les hieran algunos compañeros come de hecho lo hacen muchas veces. Acaece tirarles piedras e quedarse ellas allá en lo alto de los árboles, e tornarlas los gatos a lanzar contro los que se las tiran; y desta manera, un gato déstos arrojó una que le había seído tirada, e dió una pedrada en la boca a un Francisco Villacastín, criado del governador Pedrarías Dávila, que le derribò cuatro o cinco dientes; al cual yo conozco e le vi, antes de la pedrada que le dió el gato, con ellos, e después muchas veces le vi sin dientes porque los perdió como he dicho. Y no tanto por culpa de la malicia del gato como por su desdicha de aqule mancebo porque habiendo tirado algunas piedras contra los gatos, se quedó una dellas arriba, encima del tronco de una rama, e un gato la tomó e olióla e soltola para abajo, e el Francisco de Villacastin que alzaba la cabeza a mirar arriba, e la piedra que llegaba e era recia, dióle en la boca e quebróle les dientes, digo cuatro o cinco; e hoy dia vive.

19Riproduzione in facsimile del ms. Ambrosiano L103 Sup. [18] del Libro: Antonio Pigafetta il primo viaggio intorno al mondo, ed, a Cura di Marco Pozzi. Ed Neri Pozza, 1994.

20v. P. Billé, La Faune bresilienne dans les ecrits documentaires du XVI siécle. Honoé Champion Paris 2009, pag 46.

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Cuando algunas saetas les tiran e hieren algùún gato destos prietos, ellos se las sacan e algunas veces las tornan a echar abajo, e otra veces, así como si las sacan, las ponen ellos, de su mano en las ramas de los árboles, de manera que no puedan caer abajo para que los tornen a herir con ellas; e otros las quiebrane hacen pedazos.

Suguióse una vez que un ballestero dió una saetada a un gato grande destos negros, e dióle por a par de una oreja e pasó la saeta, más de un palmo de la otra parte; de manera que tanta asta tenia de fuera, por la parte de las plumas, como de la del cuadrillo o ferro. E no cayó el gato, porque, como he dicho, son grandes; e tan presto el gato se la quiso sacar, dando muchos gritos, a los cuales se juntaron un gran número de gatos, e cada uno le ponía la mano en la saeta, e el herido daba luego gritos e el outro le soltaba. Y despúes que muchos dellos le tentaron la saeta, como el vido que le daban más pena e no algum remedio, puso la una mano en las pluma e la otra en el hierro, e al que venía a le tocar la saeta por el un lado o por el otro, así como extendía la mano, soltaba él la saeta e tomábale la mano al otro e levábasela pasito a tentar la saeta, o no se la dejaba tocar. E después que mucho espacio los compañeros soldados con mucha risa estovieron mirándole, le tiró otro ballestero e le dió otra saetada, e metida por una espalda, se fué dando más gritos; pero no cayó.

Finalmente, hay tanto que decir en esta materia destos animales e de sus locuras e diferenciados géneros dellos, que sin verlos, es difcultoso de creer. Y entre los dos extremos que he dicho de los mayores e de los menores, hay muchas maneras e diversidades en ellos, así en el tamaño como en las colores e fguras, e tan apartados los unos de los otros, e tan variables y sin número, que nunca se acabaria de decir.”

Il suo viaggio toccò le coste di Panama e Colombia ed è probabile che si riferisca a qualche specie del genere Cebus (Cebus albifrons o Cebus capuchinus) quando parla dell'astuzia di questi animali e della loro capacità di usare utensili. Oviedo si riferisce probabilmente alle specie Saguinus oedipus o Cebuella pygmaea quando parla dei molti piccoli che riescono a stare in una mano e ad Alouatta sp. o Ateles sp. quando parla degli incontri con grandi primati con la coda prensile. Le ultime note di Oviedo rammentano l'alta variabilità e abbondanza di questi primati e ci fa pensare quanto fossero comuni e fosse comune vederli. E' interessante la parte in iniziale (Y porque cada dia se llevan a Espana, no me ocuparé en decir dellos sino pocas cosas.) in cui viene rammentato il fatto che ogni giorno molti di essi venivano portati in Spagna.

1511-1526 – Pietro Martire di Anghiera (Arona, 1457 – Granada, 1526) è stato uno storico spagnolo di origine italiana. Frequentando l'ambiente di corte, prima come uomo d'armi, quindi come religioso, diplomatico e membro del Consiglio delle Indie, ebbe occasione di conoscere fatti e personaggi che riferì in una serie di lettere, scritte fra il 1488 e il 1525 (egli cominciò a scrivere ad Ascanio Sforza Visconti e al Cardinale Ludovico d'Aragona) raccolte, dopo la morte, nell'Opus epistolarum (1530). Le De Orbe Novo Decades (ed. 1511, 1516, 1530) costituiscono la quasi contemporanea trasposizione in forma narrativa delle lettere, dove si trova il primo resoconto di esplorazioni in America Centrale e Meridionale. Nelle Decades21 si riferisce alle scimmie del nord del Venezuela, di cui dice sulla regione di Cumana nel Venezuela nord-occidentale: “Cría aquella tierra gatos salvajes: la madre llevándolos abrazados, serpentea por entre los árboles, y hai que herirla a fechazos para quítarselos, de los cuales se diferencian muchisimo, segun los fariles. y cayendo muerta cogen los gatillos y los conservan por gusto como nosotros a los cercopitecos o monas. Cogénlos poniéndoles lazos a la orilla de las fuentes.

[…].No menor que un galgo es outro animal llamado aranata, con fgura umana, poblada barba y aspecto grave y venerable; sus manos, pies y rostro son como de hombre; aliméntase con fruta de árboles, y serpenteando entre éstos como gatos o monas andan por manadas, lanzándose mutuamente rugidos, de suerte que los frailes, a raíz de su llegada creyeron que se trataba de tropas de demonios, enfurecidops por su presencia, armaban ruido amedrentarlos. Es un animal habilissimo, que sabe eludir las fechas que se le tiran, agarrar una y devolversela a su heridor. Yo creo, auqnque los frailes profesan distinta opinion, que se trata de una especie de monos o cercopitecos.”

1541 - 1542 - Francisco de Orellana (Trujillo 1511 – Rio delle Amazzoni 1546) esplorò l'Amazzonia dalle Ande alla foce con l'intento di incontrare i mitici Paesi della Cannella. La discesa del Rio Amazonas viene raccontata in dettaglio dal Frate Gaspar de Carvajal (frate dell'ordine di Santo Domingo di Guzman) che accompagnò Orellana. Nella sua relazione vengono decantate le doti del Capitano Orellana, di cui si evince l'ansia per la scoperta cui principale fnalità era quella di giungere

21Il brano qui riportato è la trascrizione in spagnolo del testo latino tratto da S. Serafn (Introduzione scelte e note). Cronisti delle Indie, Messico e Centroamerica. CNR, Ed Cisalpino-Goliardica, 1993, p 31 - 32.

Trascrizione in spagnolo de Decadas del Nuevo Mundo, Capitolo VIII. Prodotti della valle dei chiribichenses e della regioni di Ataya.

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al mare. Tutto ciò venne condito con le trame leggendarie dell'oro di Omaguà e del regno delle Amazzoni che segneranno questi territori per i secoli a venire. Benché la spedizione di Orellana ebbe successo, ed egli tentò una seconda spedizione questa volta dalla foce alle Ande nel tentativo di governare queste terre sotto l'egida di Carlo V queste terre, egli morì all'altezza dell'attuale città di Santarém. Il tentativo di popolare queste regioni fallì e si dovette aspettare fno al secolo dopo perché iniziasse l'effettiva occupazione dell'Amazzonia da parte degli europei. Questa è una delle cause per cui nel primo secolo dopo la scoperta, gli animali della regione amazzonica rimasero quasi sconosciuti (se non quelli delle parti costiere) e troviamo per questo pochissime descrizioni22. Nella relazione di Frei de Carvajal compaiono poche volte gli animali incontrati, più che altro viene fatto riferimento al cibo per cui venivano utilizzati, in una di queste situazioni compare l'uso di primati:

“..mandò sacar de sus canoas muchas cantidad de comida, así de tortugas, como de manatis y otro pescado, y perdices, y gatos y monos asados”23

In questo passo, l'unico in cui si parla di primati di tutto il testo, le informazioni sono veramente ridotte al solo uso alimentare che ne facevano le popolazioni locali. E' interessante però notare che la pratica di usare come cibo i primati arrostiti che venivano in questo modo conservati, è in vigore tuttora tra i popoli nativi della regione amazzonica e offre interessanti spunti per le ricerche etnobiologiche.

1537. Alvar Nuñez Cabeza de Vaca (Jerez de la Frontera, 1507 – Siviglia, 1559), fu condottiero, esploratore e romanziere. Visitò i Caraibi, il Messico e il Paraguay e viene ricordato per la sua sensibilità nei confronti dei popoli indigeni a cui spesso si affancò in opposizione alla Corona spagnola.

Nella sua opera Naufragios y Comentarios24 si riferisce ai primati della regione dell’Iguazu (regione meridionale del Brasile):

“los monos que comen estos piñones de esta manera: que los monos se suben enzima de los pinos y se asen de al cola y con la mano y pies derruecan muchas piñas en el suelo, y cuando tiene derribada mucha cantidad abajan a comerlos [….] y comensen los piñones [….] los gatos estaban dando gritos sobre los árboles”.

Questo interessante comportamento descritto è tipico della specie Cebus nigritus endemica in questa regione.

1539 – 1553. Galeotto Cei (Firenze, 1539 - 1553) forentino d'origine, proveniente da una importante famiglia che all'epoca cominciava a sganciarsi dall'infuenza dei Medici, avrà una vita d'avventure e viaggi spesso dovuti ai problemi politici venutisi a creare nella sua città d'origine. Cominciò a viaggiare giovanissimo e il viaggio nelle Indie che intraprese per motivi commerciali (tra cui anche il commercio di schiavi!) fu l'episodio più signifcativo della sua vita. Le vicende e i problemi cui fa riferimento Cei nella sua relazione si svolsero in un periodo nel quale la conoscenza dei territori da lui attraversati e delle popolazioni da lui incontrate era ancora molto imprecisa e il processo di colonizzazione si stava sviluppando fra notevoli problemi e diffcoltà, oltre che polemiche e contrasti. La sua relazione ha un taglio autobiografco e soggettivo improntato in una sorta d'epopea quotidiana. Nella sua opera

“Viaggio e relazione delle Indie, 1539-1553” parla dei suoi viaggi nei Caraibi, Venezuela e Colombia. La parte che riguarda gli animali è divisa in capitoli che trattano di argomenti specifci: vi sono tre capitoli sugli animali: Delli animali, De' pesci (in cui include anche rettili e porci acquatici -lamantini-) e Delli uccelli (in cui include anche insetti) e non viene fatto riferimento al luogo in cui si trovava, piuttosto Cei tenta di dare una descrizione generale di quelli che aveva incontrato nel sui viaggi. Dalle descrizioni si desume che si trovasse in “tierra frma” in territorio amazzonico tra Venezuela e Colombia.

Delli animali.25

“Gatti mammoni ve n'è grande quantità et di diversa sorte, ma bertucce senza coda nessuna; fanno gran danni alle semente et più alli uccelli, visitando loro nidi, mangiandosi l'huova e li polli. Ve n'è una

22v. Papavero N., D.M. Teixeira, W.L. Overal, J. R.Pujol-Luz. O novo Éden. Museo Goedli. Coleção Alexandre R Ferreira, Belém Para, 2002.

23Testo originale della relazione di Frei Gaspar de Carvajal preso dall'edizione critica del testo di Rafael Diaz Maderuelo: G. de Carvajal, P. de almesto y Alonso de Rojas. La aventura del Amazonas. Edicion Historia.

Informacion y Revistas, S.A. Madrid. 1986. pag. 53.

24Álvar Núñez Cabeza de Vaca. Naufragios y comentarios. Buenos Aires, Taurus Ediciones. 1969.

25Galeotto Cei. Viaggio e relazione delle Indie (1539 – 1553). A cura di Francesco Surdich. Bulzoni Ed.Roma, 1992, pag. 112.

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sorte di piccoletti con il pelo nero, assai grandi, che sono molto piacevoli ma si muoiono d'ogni piccolo sdegno; altri vi sono più grandetti con il pelo, minore bigicci; altra sorte vi sono grandi come pecore, bruttissimi, pilosi et con una spanna di barba, di colore tane o rossiccio, et questi fanno un gridare et soffare che si sente una legha discosto. Tutti fanno danno a' poveri uccelli più che a altro, i quali admaestrati dalla natura, fanno i loro nidi in alberi altissimi, appiccati alli rami sottili e secchi, facendoli giustamente come una veste di orinale, con il suo appiccagniolo sottile, perché el gatto non ardisce montare sul rame sottile et secco, che sporta fuora di tutti li rami, perchè rompendosi et cadendo in terra, si faria male; ma li traditori per questo pigliono rimedio montando el più presso che possono al detto ramo, di poi lo scuotono con le mani tanto che si rompa, di poi ricolgono el nidio et si mangiono quello vi truovono dentro et per questo s'ingegniano e poveri uccelli di farli sopra rami che sportino sopra fumi o stagni, che li gatti, havendone paura grande, per non cadere nell'acqua li lasciono stare, et perciò su per li fumi se ne vede di questi nidi molti et ben tessuti. Quando camminiamo per li boschi ci vanno avanti et sopra per li alberi pisciandoci addosso et votando el ventre, tirandoci pezzi di rami secchi che rompono con le mani, gridando che è un passatempo. Alcuna volta l'Indi di nostro servizio li saettano: come si sentono feriti si cavano la freccia et la futano tornando a gettarla giù, come se vi volessino con essa vendicare. In alcuna parte vi è di questi gatti piccoli come topi, molto belli, ma si muoiono et con fatica se ne conduce in Ispagna. L'Indi tengono in loro case di animali dimestichi et li chiamano damoteies, cioè loro compagni, ma per loro nome li chiamano miccos.”

Notare il riferimento all'uso indigeno di tenere primati in casa come animali da compagnia e al fatto che i piccoli primati (probabilmente Cebuella pygmaea o Saguinus oedipus) erano portati in Spagna ma a fatica poiché morivano facilmente. Il termine damoietes che non si ritrova in nessuna altra cronacao nel vocabolario tupi-guaranì, è forse appartenente ad un'altro gruppo linguistico.

1550 – Pedro Cieza de Léon (Llerena 1512 – Sevilla 1554) inizialmente un militare che partecipò a molte imprese nei territori americani seguendo le tutte le fasi di del Perù, divenne nel 1550 Crónista de Indias con delle credenziali che gli aprirono l’accesso agli archivi del Perù e gli assicurarono la collaborazione di tutti i rappresentanti della corona per le sue investigazioni storico-geografche.

Divenuto storico ed esploratore, percorse tutto il Perù desideroso di elencare tutte le caratteristiche di questo paese dal punto di vista geografco, botanico e zoologico. Ne sortì l’opera da lui stesso intitolata

“Parte primera de la Crónica del Peru” in cui sono esaminati tutti i luoghi della nuova colonia con i loro siti archeologici, i monumenti e le relative leggende, ma anche gli aspetti più propriamente naturalistici che però sono visti come una sorta di back ground delle imprese descritte, in quanto l'elemento epico e

“etnografco” ha maggiore importanza. Successivamente scrisse altre opere di grande valore sulla storia incaica che gli valsero l’appellativo di principe de los cronistas da parte dell’erudito ricercatore Jimenez de la Espada. Nella sua opera La Crónica del Perù26 riporta un passo che riguarda i primati incontrati nella valle di Cacua tra San Sebastian e Antioquia. In questo capitolo oltre che ai primati troviamo la descrizione di “leoni”, “tigri”, “porci selvatici”, “orsi” oltre a moltissimi uccelli (di cui riporta le categorie conosciute) e animali così strani che nessuno può sapere siano essi “pesci o carne”.

Dal Cap. IX:Del camino que hay entre la ciudad de San Sebastián y la ciudad de Antiocha, y las sierras, montañas y rios y otra cosas que allí hay, y cómo y qué tiempo se pueden andar:

“En los árboles andan de los mas lindos y pintado gatos que pueden ser en el mundo, y otros monos tan grandes, que hacen tal ruido, que desde lejos los que son nuevos en la tierra piensan que es puercos. Cuando los españoles pasan debajo de los árboles por donde los monos andan, quibran ramos de los árboles y les dan con ellos, cocándoles y haciendo otros visajes.”

...“hay unas monas muy grandes que andan por los árboles....Dicen más: que no tienen habla, suo un gemido y un aullido temeroso”.

In un altro passo riporta una notizia unica nel suo genere e cioè una leggenda Incas sulle scimmie27: “In quella regione vivono anche persone selvagge i cui uomini si sposano con grandi esseri femminili scimmieschi che partoriscono alcuni mostri, piccoli e pelosi con la testa e i genitali di esseri umani e la mani e i piedi di scimmia. Loro non parlano ma urlano. Cieza si mostra lui stesso molto scettico ma poi va a riferire che nel 1459 nella regione di Charcas aveva incontrato Ynigo Lopez che gli aveva detto che uno spagnolo aveva visto uno di questi mostri morti nelle montagne. Ed anche Juan de Vargas, un vicino di La Paz riporta che gli indiani in Guanaco credono che durante la notte si

26Pedro de Cieza de Leon. La cronica del Perù. Coleccion Austral. Espasa – Calpe SA Buenos Aires 1945 pag.

55.

27Apud Asua e French 2009, pag 37.

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ascoltino i pianti di queste creature. Anche Cieza de Leon come molti altri commentatori scrive: “che molte delle cose che ho scritte le ho viste con i miei occhi ed ho percorso e viaggiato in molte nazioni per imparare e capire di più”. E quando non le aveva viste si era accertato che venissero da fonti fdate siano esse cristiane o indiane. Benché militare si mostra molto colto poiché le sue cronache sono piene di riferimenti e critiche alle teorie di Virgilio, Ovidio e Tolomeo.

1552 – Francisco López de Gómara (Gómara, 1511 – Gómara, 1566) è stato un religioso e storico spagnolo. La sua fama è dovuta principalmente alla cronaca che scrisse sulla Conquista del Messico anche se non attraversò mai l'Atlantico. Pur non avendo mai visitato il Nuovo Mondo, produsse molte opere sulla conquista di quelle nuove terre e fu un apprezzato umanista.

Nella sua opera Historia general de las Indias troviamo dei riferimenti agli animali cacciati dagli indigeni di Cumanà nel nord est del Venezuela:

“Usan una montería deliciosa con otro animal dicho aranata28, que por su gesto y astucia debe ser del genero de los monos: es del tamano del galgo, hechura de hombre en boca, pies y manos, tiene honrado gesto y la barba de cabrón; anda en manadas, aullan recio, no comen carne, suben como gatos por los árboles; huye el cuerpo al mortero, toman la fecha y arrójanla al que la tiro graciosamente”.

1558 - André Thevet (Angouleme, 1502 - Parigi, 1590), fu uno scrittore francescano ed esploratore francese. Dopo vari viaggi nel mediterraneo e Vicino Oriente tornò in Francia e partì da lì a poco per il Brasile. Scrisse nel 1557 diventando così celebre Les Singularitez de la France Antarctique, autrement nommee Amerique: (et) de plusieurs Terres (et) isles decouvertes de nostre Temps (Le singolarità della Francia Antartica, altrimenti detta America: e di numerose Terre e isole scoperte ai nostri tempi)29. Nella sua opera descrive una zona vicino a Rio de Janeiro, dice che sono mones però non tanto grandi come singes, e fa una comparazione tra scimmie del Vecchio e Nuovo Mondo.

Nell'altra sua opera chiamata Historia30, che è la versione ampliata de la Singularité e di altri viaggi riporta che:

“Noz savages, principalment les femmes apprenent plusiers oyseaux qu'ils ont pardelà, à parler leur langue, comme à demander de la farine qu'ils font de racines, ou bien leur enseignent à dire qu'il faut aller a la guerre leurs ennemis, puis les massacrer, et manger. Ils ont de diverses sortes, et especes de perroquetes gros, et moyens, et en mangent beaucoup, comme ils font les guénons, et sagoüyins.”31 1557 – Hans Staden (Homberg, 1525 – Korbach, 1579), mercenario e rappresentante dei banchieri tedeschi nel nuovo mondo durante il suo secondo viaggio, scrisse il resoconto della sua permanenza come prigioniero presso gli indigeni Tupinamba della regione brasiliana di São Paulo32. Il libro venne corretto dal Dr. Dryander Professor a Marburg, ebbe successo immediato e fu tradotto in varie lingue.

Nella sua opera vi è una parte dedicata alla sua cattività e alle usanze indigene quali il cannibalismo e una seconda dedicata agli animali con sei brevi capitoli in cui vi sono due incisioni che rappresentano due quadrupedi uno dei quali un armadillo e l'altro un opossum. Nella terra della popolazione india Tupinanbá, nel territorio dell'attuale stato di São Paulo scrive sei brevi capitoli a proposito degli animali incontrati e si sofferma sulle scimmie33:

Dal Capitolo XXX: Notizie su alcuni animali del paese.

28Si noti il parallelo con Martir de Anghiera da cui probabilmente il passo è tratto. Il nome indigeno aranata compare solo in questi due testi.

29v. André Thevet. Les Singularitez de la France Antarctique, autrement nommee Amerique: (et) de plusieurs Terres (et) isles decouvertes de nostre Temps. Facsimile dell'ed. 1558, con un prologo di Jean Baudry, Paris: Le temps, 1982.

30v. André Thevet. Historie, d'André Thevet Angoumoisin, Cosmographe du Roy, de deux voyages pur luy faits aux Indes Australes et Occidentales. Edicion critique par: Jaen Claude Laborie & Frank L'Estrigant. Ed. Droz, S.A. Genéve, 2006.

31Ibidem André Thevet, 2006, pag. 236.

32v. Hans Staden. Warhaftige Historia und beschreibung eyner Landtschafft der Wilden Nacketen, Grimmigen Menschfresser-Leuthen in der Newenwelt America gelegen (Vera storia e descrizione di uno Stato di persone selvagge, nude, sinistre, cannibali nel Nuovo Mondo, America) (1557). Il libro divenne un best seller internazionale e fu tradotto in latino e in molte lingue europee, raggiungendo un totale di 76 edizioni.

Edizione a cura du A. Guadagnin, 1970 Longanesi & C. Milano.

33Ibidem Staden, 1557 (1970) pag. 206-207. Vedi anche N. Papavero & D. Teixeira. La fauna de São Paulo.

Nos séculos XVI a XVIII, nos textos de viajantes, cronistas, missionarios e relatos monçoeiros. Ed USP. São Paulo 2007. pag. 96.

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“Ci sono anche tre specie di scimmie. Una di queste si chiama kay (caí). Sono scimmie del tipo che alcune vengono qui nel nostro paese. Un'altra specie si chiama Ackakey (aquiaqui). Queste usualmente saltano nella foresta facendo una gran baccano. E c'è ancora un'altra specie chiamata Pricki (buriqui).

Sono rossi hanno una barba come le capre e sono grandi come un cane di taglia media”.

In varie parti cita il fatto che i francesi andavano nei villaggi tupinamba ad acquistare scimmie: “Essi si spinsero con una barca fno al villaggio dove abitavo io e acquistarono dai tupinamba pepe, scimmie e pappagalli.”34

1560 – Padre José de Anchieta (San Cristóbal de La Laguna, 1534 – Iriritiba, 1597) uno dei fondatori della città di São Paulo dichiarato beato da papa Giovanni Paolo II, venne inviato in Brasile in una spedizione dei Padri Gesuiti nel 1553. La sua opera di missionario è immensa: egli insegnò il latino ai coloni, la lingua indigena ai missionari e il Vangelo agli indigeni! Nel combattere l'antropofagia indigena e la loro poligamia cercherà di proteggerli dagli schiavitù imposta loro dai coloni portoghesi. L'opera del Padre gesuita è molto vasta e scritta sia in latino, portoghese, castigliano e tupi35. Padre Anchieta visse nello stato di Espirito Santo, Rio de Janeiro e São Paulo. Le allusioni che il Padre fa alla fauna locale non sono molto abbondanti e in genere si limitano a pochi cenni in generi riferiti alle abitudini alimentare, ma in taluni casi riporta aneddoti sugli animali molto interessanti come nel brano che viene proposto, riferito alla fauna dello stato di São Paulo, tratto dall' Epistola quam plurimarum rerum naturalium quae S. vicent (nunc St. Pauli) provinciam incolunt, 1736.

“Simiarum infnita est multitudo, quarum quatuor sunt genera, unumquodque esui aptissimum, quod saepe experimur, imo et infrmis saluberrimus cibus est. In sylvis semper vivunt, catervatim fere per arborum cacumina salientes; ubi si quae propter corporis parvitatem ab hac arbore in illam nauquent se saltu proiicere, quae maxima est, et veluti dux agminis curvato hinc ramo, quem cauda tenet ac pedibus, alteroque inde manibus apprehenso se reliquis viam et velut pontem facit, et sic facile omnes transiliunt; faeminae mammas habent ad pectus sicut mulieres, faetus parvi matrum costi et armis semper valeant. Mira de his referuntur, sed incredibilia, et ideo omitto.”

1565 - Girolamo Benzoni (Milano 1519 – ca. 1570) è stato un esploratore, commerciante e viaggiatore italiano. Nel 1541 si recò in America dove rimase quattordici anni, partecipando a numerose spedizioni a Portorico, Haiti, Cuba, Panama, Guatemala e Perù. Testimonianza dei suoi viaggi è la sua Historia del Mondo Nuovo, pubblicata a Venezia nel 1565. L'opera contiene interessante materiale geografco ed etnografco e racconta molti episodi vissuti in prima persona, ma è anche densa di inesattezze. La sua principale caratteristica è un violento spirito antispagnolo in relazione al trattamento degli indiani. Nonostante i suoi difetti (tra cui un italiano tutto parlato che rispetta molto poco la grammatica, sintassi e ortografa) l'opera ebbe grande successo: fu ristampata più volte e tradotta nelle principali lingue europee. Il Benzoni quando non poté osservare direttamente si avvalse di varie fonti tra cui le allora già stampate cronache spagnole. Molti autori sono stati critici in relazione a quest'opera trovandola piena di mistifcazioni e scritta al solo scopo di screditare gli spagnoli.

Benzoni scrisse anche una Descriptio expeditionis Gallorum in Floridam, che apparve postuma. Nella sua Historia37 parla delle abitudini alimentari delle scimmie della penisola Paria, Venezuela:

“Il Capitano si accostò con il Brigantino a terra ferma, con proposito di andare in qualche parte dove fussero gli Indiano a provedersi di qualche vettovagli, ma poi che ebbe camminato per ispazio di otto giorni e non trovando altro che boschi e paludi con montagne che solamente a guardarle restavamo maravigliati, se ne ritornò adietro per terra, lungo la costa, con grandissimi travagli, mangiando quasi sempre lumaconi e certi frutti salvatichi che si trovano per quei boschi, dei quali si nutrono i Gatti mammoni che continuamente vanno saltando per quegli alberi;” pag 101.

Poi indica che esistono “muchos monos en la region de Suere, apparentemente in Centroamerica.

L'osservazione di Benzoni sul tipo di alimentazione dei primati sudamericani (frutta e forse conchiglie

34Ibidem Staden, 1557 (1970), pag. 140.

35L'opera completa di Padre Anchieta è stata pubblicata in: Obras completa, Ed, Loyola Sao Paulo, 1984.

36Trascrizione del testo latino de: Epistola quam plurimarum rerum naturalium quae S. Vicenti (nunc St. Pauli) provinciam incolunt di Anchieta 1560, tratto da N. Papavero & M. D. Teixeira, A fauna de Sao Paulo. Ed Usp, SP, 2007.

37G. Benzoni. Le Historie del Mondo Nuovo, 1565. Il testo è tratto dalla seconda edizione del 1572 arricchita di un capitolo sulle isole Canarie trascritta: La Historia del Mondo Nuovo di Giroloamo Benzoni Milanese. A cura di Alfredo Vig. Giordano Ed. Milano 1965.

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– non si capisce se fa riferimento alle due cose dal testo) è una delle prime a giungere in Europa assieme a quella di Galeotto Cei. L'osservatore può riferirsi alla abitudine dei cebi capuccini (in questo caso Cebus olivaceus, presente tuttora in questa parte del Venezuela) di integrare la loro dieta a base di frutta con i molluschi trovati nelle aree costiere nel periodo giornaliero di bassa marea. Le aree costiere, in genere composte in maggior parte da mangrovieti, hanno un indice di biodiversità inferiore rispetto alle aree forestali interne (terra frme) e una fauna molto specializzata. I cebi capuccini per il loro carattere onnivoro e la spiccata intelligenza sono tra i pochi primati capaci di vivere in questo tipo di habitat.

1570 - Tomáz Lópes Mendel (Tendilla, 1509 - ?) si dottorò in diritto e legge canonica nelle università di Parigi e Bologna. Fu nominato osservatore uffciale per il Guatemala dove andò nel 1549 e si fermò circa 8 anni. Nella sua opera sul Nuovo Mondo38 si riferisce a

“los gatillos...son de hechura y suerte de monos...”.

Segnala il commercio di animali fno a Siviglia, dovuto al clima caldo di quelle parti. E riferisce che sono di varie qualità dimensioni e colori solo comparabili con la varietà esistente tra i pappagalli. Per concludere la sua descrizione si riferisce probabilmente ad un Aoto (genere Aotus, Famiglia Aotidae, scimmie notturne):

“un genero de gatillos que son pardos y blancos...cuya naturaleza es dormir de dia y de noche velar y andar a buscar comida”.

López Mendel visitò la zona di Popayan e Santa Fé de Bogotà al nordovest della Colombia.

1574 – Juan Lopez de Velasco fu un cosmografo e storico spagnolo vissuto durante il regno di Filippo II. Venne insignito del titolo Cronista della Indie nel 1572 e scrisse Geografía y descripción universal de las Indias39 (che non sarà pubblicata fno al 1900). Intervenne anche nella realizzazione delle Relaciones Topografcas. Nella sua opera segnala che in Venezuela esistono:

“muy grande diversidad de monos y gatillos”.

1570 e 1576 – Pero de Magalhães de Gandavo (Braga c. 1540 – c 1580) fu uno storico e cronista portoghese. Fu professore de latino e portoghese nel nord del Portogallo. Autore del famoso libro

"História da Província Santa Cruz a que vulgarmente chamamos Brasil", uscito a Lisbona nel 1576. Descrive molte piante e animali tra cui alcuni vengono descritti con paura e meraviglia. Nel O tratado da Terra do Brasil ca. 157040 troviamo un capitolo sugli animali terrestri:

“Da historia da provincia de Sacta cruz a que vulgarmête chamamos Brasil feita por Pero de Magalhaes de Gandavo, dirigida ao Muito Ills. Snor Dom Leonis Pra que foy de Malaca e das mais partes do Sul da India. Lisboa, Offcina de Antonio Gonsalvez, 1576.

Capitolo 8 - Dos bichos da terra.

Bogios há na terra muitos, e de muitas castas como cá se sabe; e por serem tam conhecidos em toda a parte nam particularizarei aqui suas propriedades tanto por extenso. Somente tratarei em breves palavras alguma cousa destes de que particularmente entre os outros se pode fazer mençam.

Há uns ruivo, nam muito grandes que derramam de si hum cheiro mui suave a toda pessoa que a elle se chega, e se os tratão com as mãos, ou se acertão de suar, fcão muito mais odoriferos e lanção o cheiro a todos os circumstantes: destes há mui poucos na terra, e nam se achão sinam pelo sertão dentro muito longe.

Otros há pretos maiores que estes, que tem barba como homem, os quaes são tam atrevidos, que muita vezes acontece frécharem os Indios alguns, e elles tirarem as fréchas do corpo com suas propias mãos, e tornarem a arremessa-las a quem lhes atirou. Estes são mui bravos de sua natureza e mais esquivo de todos quantos há nestes partes.

38T. Lopez Mendel. De los tre elementos. Tratado sobre la Naturaleza y el Hombre del Nuevo Mundo (1570). Alianza Editorial. Quinto Centenario , Madrid.

39Lopez de Velasco Geografía y descripción universal de las Indias. Ed Marcos Jumenez de la Espada, Madrid Atlas, 1971.

40Pero de Magalhães de Gandavo, Tratado da Provincia do Brasil, ca. 1570. Rio de Janeiro, Instituto Nacional do Livro, Ministerio da Educação de Cultura. 1965, pp 158 – 163.

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Há tambem huns pequininos pela costa, de duas casta pouco maiores que doninhas, a que comunemente chamão Sagois, covem a saber, há uns louros, e outros pardos; os louros tem cabello muito fno, e na senelhança do vulto e feição do corpo quasi se querem parecer con leão; são muito fermosos e nam os há sinam no Rio de Janeiro. Os pardos se achão dahi pera o Norte em todas as Capitanias. Tambem são muito parziveis, mas nam tam alegre, á vista como estes. E assim huns como outros são tam mimosos e delicados de sua natureza, que como os tìram da patria e os embarcam pera este Reino tanto que chegam a outros ares mas frios quasi todos morrem no mar, e nam escapa sinam algum de grande maravilha.”

1578 - Jean de Léry (1536 – 1613) fu un esploratore, scrittore e pastore. Accompagnò un gruppo di protestanti per fondare una colonia nella baia di Rio de Janeiro. Dopo alcune vicende il gruppo si installò sulla terra ferma vicino a un villaggio indigeno dell'etnia tupinamba. Questi eventi furono narrati nel suo libro Histoire d'un voyage faict en la terre du Brésil (1578) riporta41:

“Aquiqui sono di pelo nero e hanno una barba lunga fno al mento. Tra di loro vi sono a volte maschi di color rosso, che i selvaggi chiamano Re delle Scimmie....e gridano con la voce dalla gola tanto forte che si può udire da lontano. Cay, molto bella a vedersi e a sentirsi poiché gridano in gruppo sull'alto degli alberi. Sagouin delle dimensioni di uno scoiattolo e persino dello stesso pelo rosso e fno per il collo e petto simile al leone...e non sono da meno per bellezza di altri animalini piccoli”.

La prima descrizione si riferisce al genere Alouatta. In questa regione è tuttora presente la specie Alouatta guariba. E' interessante notare qui la descrizione del maschio rosso il quale coincide con i maschi di questa specie nella regione; quest'ultimi sono infatti più rossi delle femmine e quasi arancioni

42. Il primate chiamato Cay, è probabilmente una specie di cebo cappuccino (Cebus nigritus), caratteristico per la sua colorazione scura. L'altro chiamato Sagouin (nome popolare tupi-guarani adottato poi come genere nella nomenclatura scientifca) è sicuramente Leontopithecus rosalia, notato già allora per la sua rara bellezza che lo porterà ad essere uno degli animali più richiesti e contrabbandati in Europa e nel mondo fno ai giorni nostri.

Nel libro del 1556-1558, descrivendo il terribile viaggio di ritorno dove stavano quasi tutti per morire di fame, l'autore scrive un capitolo intitolato: Dove si mangiano scimmie, topi e altre cose peggiori.

“Ma quando anche queste ultime briciole furono fnite coloro che avevano ancora scimmie e pappagalli li uccisero onde cibarsene”.43

1584 – Felipe Guaman Poma de Ayala (San Cristobal de Suntuntu, 1550 – ca. 1615) è stato cronista indigeno del Perù durante il periodo della conquista. Era il fglio di Guaman Mallqui e Juana Cori Ocllo Coya (ultima fglia del sovrano Túpac Yupanqui). Crebbe in mezzo agli spagnoli: per questo si considerava un indio latino. Guaman Poma fu istruito e battezzato dal suo fratellastro, il sacerdote Martín de Ayala. Per quello che si può sapere, inoltre, Guaman Poma fu un grande lettore, dedicandosi anche alla critica ed al commento dei cronisti e degli scrittori del suo tempo. Guaman Poma infatti parlava come prima lingua il quechua, ma imparò lo spagnolo sin da bambino o da adolescente e divenne pienamente bilingue. Nella sua opera Nueva Coronica y Buen Gobierno (1584)44, dove mescola usanze indigene degli con quelle appena introdotte dagli spagnoli, nell'elenco delle prime Regine che governarono in Perù e di cui ne riporta i fatti salienti a proposito della settima regina dice:

“La sétima Coia [regina], Ypa Uaco Mama Machi, coya: Tenía su lliclla [manta] de azul claro y lo del medio escuro y su acxo [gonna] de uerde y su chunbe [faja de cintura] de colorado. Fea, de narises larga y el rrostro largo y del talle faca y seca, larga. Fue amiga de criar paxaritos, papagayos y guacamayas, y micos y monos y otros pájaros que cantan y palomitas del canpo. Y fue gran limosnera que acudía a los pobres. Bolbía mucho por los hombres y quería mal a las mugeres. Y fue cazado con Yauar Uacac Ynga.

Y tubo ynfantes hijos Mama Yunto Cayan, coya. tubo otras dos hijas, uiza [gemelli], que se murieron, Uira Cocha Ynga, Apo Maytac Ynga, Bilcac Ynga. Y tubo otros hijos uastardos, auquiconas [príncipi], y nustaconas [principessa], hijos de su marido Yauar Uacac Ynga. Y se murió en el Cuzco esta dicha señora de edad de ochenta y quatro años. Y dejó toda su hazienda, dos partes: el uno para ella y mandó que de ello le den de comer en cada año. Y la otra mitad dejó para su madre. Y ancí se acabó esta dicha

41Traduzione in italiano da: Jean de Léry. Histoire d'un voyage faict en la terre du Brésil (1578). Versione inglese di Janet Whetley, Berkeley , Los Angeles and Oxford, University of California Press, 1990.

42Paulo Auricchio. Primatas do Brasil. Terra Brasilis Editora Ltda. São Paulo, 1995

43v. Jean de Léry, Un viaggio al Brasile (1556-1558). Collana resurgo. Torino Casa ed ABC, 1993. pag. 149.

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