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Monitoraggio dello stato di conservazione degli habitat di direttiva in Molise: dalla scelta degli indicatori alla valutazione

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A nonna e Lorenzo i miei compagni di strada nel tempo

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Sommario

Abstract ... 1

Introduzione... 3

Area di studio ... 7

Materiali e metodi ... 17

Raccolta e analisi dei dati ... 17

Caratteri generali degli habitat analizzati ... 21

6210(*) ‘Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)’ ... 21

9210* - Faggeti degli Appennini a Taxus e Ilex ... 24

92A0 - Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba ... 26

Valutazione dello stato di conservazione ... 31

Risultati e discussione ... 35

Analisi floristica e vegetazionale ... 35

6210(*) - Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee) ... 35

9210 - Faggeti degli Appennini a Taxus e Ilex ... 39

92A0 - Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba. ... 42

Definizione degli indicatori per la valutazione dello stato di conservazione ... 48

6210(*) - Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee) ... 60

9210 - Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex ... 69

92A0 - Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba ... 81

Conclusioni ... 89

Bibliografia ... 91

Riassunto ... 103

ALLEGATI: ... 105

Rilievi delle praterie dell’habitat 6210(*) (si veda materiale supplementare in formato elettronico per la tabella dei rilievi) ... 106

Rilievi delle praterie dell’habitat 9210* (si veda materiale supplementare in formato elettronico per la tabella dei rilievi) ... 109

Rilievi dell’habitat 92A0 (si veda materiale supplementare in formato elettronico per la tabella dei rilievi) ... 115

Pubblicazioni ... 121

ASSESSING THE CONSERVATION STATUS OF HABITAT 6210(*)SEMI-NATURAL DRY GRASSLANDS AND SCRUBLAND FACIES ON CALCAREOUS SUBSTRATES (FESTUCO-BROMETALIA) IN ITALY ... 121

MONITORING NATURA2000 HABITATS IN MOLISE: AN APPLICATION FOR HABITAT 92A0 ... 125

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Abstract

The aim of this project was to propose and test a methodology designed at assessing the conservation status of three habitats in 13 SCI / SPA of Molise, selected due to their biogeographic importance and the area covered in the region: (i) 6210(*) - Semi-natural dry grasslands and scrubland facies on calcareous substrates (Festuco-Brometalia) (*important orchid sites); (ii) 9210* - Apennine beech forests with Taxus and Ilex; (iii) 92A0 - Salix alba and Populus alba galleries.

The study area comprises SCIs and SPAs of Natura 2000 network of Molise, selected because of the presence and representativeness of the three habitats.

Between 2010 and 2012 130 phytosociologic and floristic relevés have been carried out in the study area, 64 of them used for the identification of plants communities. Three hundred thirty-one bibliographic relevés (in particular 55 concerning the habitat 6210(*), 179 relevés on the habitat 9210* and 97 relevés on the habitat 92A0) and 27 unpublished relevés (Paura et al., 2010a) were added in order to produce a Turboveg Vegetation database (Hennekens & Schaminée, 2001). The relevés carried out in the study area were compared with the bibliography to identify plants communities. Relevés have been analysed by using Past version 2.17 (Hammer et al., 2001).

Associations for the three habitats were identified and used as control for the floristic coherence. We also suggested some considerations on the evolution of riparian vegetation and in particular the relationship between the poplar groves and forests of ash ascribed to the Carici remotae-Fraxinetum oxycarpae Pedrotti 1970 corr. Pedrotti 1992.

The assessment of the conservation status has been carried out for each relevé by estimating the characteristics of the habitat and the threats posed by human activities. We used floristic and vegetation indicators, that we obtained from 63 of the 130 phytosociological relevés carried out during the PhD project (19 relevés on the habitat 6210(*), 32 on the habitat 9210*, 22 on the habitat 92A0). Among the indicators (= parameters) suggested in literature we operate a selection and we adapted them at the local situation. With regard to the evaluation of the structure of the vegetation we identified different indicators depending on the plant community investigated. Through the forests indicators, we chosen parameters focused on the woody structure and richness of tree species; regarding to the grasslands i) the ratio of non-graminoids cover vs graminoids per relevé and ii) the shrub invasion. We selected the following floristic indicators: i) the floristic and vegetation coherence, expressed by the control of the “characteristic species composition” (Braun-Blanquet, 1931; Poldini & Sburlino, 2005); ii) the presence and cover of species of biogeographical interest or conservation, emphasizing the

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peculiarity of each site, and ii) the presence of alien species, which decreases the degree of naturalness. The resulting assessment is determined by the worst parameter.

As regards the forests, structure indicators, aimed at showing the dynamics of the natural forest or the semi-natural management, resulted as the main parameters for the assessment. In particular concerning the habitat 92A0, the vertical structure opposing the spread of alien plant species; as regards to the 9210* richness of tree species has been identified as a key indicator for a favourable conservation status assessment. About the grasslands, the indicator which has been the most important in order to evaluate the conservation status and define prioritization has been the richness of species of interest.

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Introduzione

La biodiversità, ovvero la straordinaria variabilità della vita sulla terra, è considerata ormai inequivocabilmente come un bene per l'umanità, ma la sua conservazione è spesso messa in pericolo dalle attività dell'uomo (Hassan et al., 2005; MEA, 2005). Il monitoraggio di habitat e specie rappresenta sicuramente una delle priorità nella conservazione della natura poiché è l'unico mezzo che permette di valutarne lo stato attuale e le possibili prospettive future in relazione ai cambiamenti in atto (Lengyel et al., 2008a; Petermann & Ssymank, 2007). Nonostante la centralità di questo problema esso non viene affrontato in modo unitario né a livello nazionale né tanto meno a livello continentale, anche se esistono delle linee guida finalizzate al riconoscimento delle tipologie di indicatori da valutare per determinare lo stato di conservazione di habitat e specie (European Commission, 2011).

La direttiva europea 92/43/CEE1, meglio nota come Direttiva Habitat, impone agli Stati

firmatari la conservazione, o il ripristino ad uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat di interesse comunitario, in particolare all’interno dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) alcuni dei quali diventeranno le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) che, insieme alle Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della direttiva 79/409/CEE (Direttiva Uccelli,

oggi sostituita dalla direttiva 2009/147/CE2 concernente sempre la conservazione degli uccelli

selvatici), costituiscono la Rete Natura 2000.

La conservazione degli habitat può avvenire solo attraverso un adeguato monitoraggio del loro stato nel tempo e, a questo scopo, la Direttiva Habitat chiede di individuare e valutare i caratteri che definiscono l’habitat e gli eventuali fattori di minaccia che influiscono sul suo stato attuale o che potrebbero causarne un danneggiamento in futuro (art. 1). Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato soddisfacente (o favorevole) quando la sua area di diffusione naturale è stabile o in espansione, quando la struttura e le funzioni specifiche per il suo mantenimento a lungo termine esistono e restano tali se non intervengono minacce future, e quando lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente (art. 1).

Il monitoraggio rappresenta quindi uno strumento necessario per la conservazione degli habitat, espressamente richiesto dalla Direttiva nei report che, ogni sei anni, gli stati membri sono chiamati a redigere.

Troppo spesso con il termine monitoraggio si intende l’attuale stato delle conoscenze di un’area, senza considerare come la distribuzione delle specie vari nel tempo in relazione alle

1 http://europa.eu/legislation_summaries/environment/nature_and_biodiversity/l28076_it.htm;

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31992L0043:IT:NOT

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http://eur-attività dell’uomo. Il monitoraggio non può prescindere da una metodologia di campionamento specifica da riproporre ad intervalli più o meno regolari per valutare le differenze relative alle osservazioni (per la Direttiva Habitat è previsto un intervallo di 6 anni, corrispondente a quello relativo ai report).

La procedura dovrebbe essere semplice e permettere confronti anche con i dati pregressi, in modo da avere un intervallo di osservazione quanto più ampio possibile e non sbilanciato verso il futuro (JNCC, 2004c). Per fare ciò vengono spesso utilizzati degli indicatori, ovvero parametri semplici da misurare che funzionano da surrogati dello stato della biodiversità o delle minacce che derivano dall’azione antropica (Noss, 1990). Tali indicatori possono essere utilizzati per valutare lo stato degli ecosistemi o la potenziale idoneità dell'habitat che in genere è troppo complesso o costoso misurare direttamente (EuMon consortium, 2006). La scelta degli indicatori dà modo di valutare lo stato di conservazione degli habitat attraverso la misurazione o la valutazione di quei criteri che la Direttiva Habitat stessa chiede di monitorare (European Commission, 2011).

Le linee guida sviluppate dalla Commissione Europea per rispondere alle esigenze di monitoraggio sugli habitat e sulle specie disposte dall’articolo 17 della Direttiva Habitat esplicitano quali siano i parametri da prendere in considerazione per la valutazione dello stato di conservazione degli habitat e definiscono il modello su cui uniformare i report nazionali (European Commission, 2011). In particolare, le linee guida chiedono di valutare per gli habitat, a scala di sito e a scala di area biogeografica (sovranazionale), i seguenti criteri:

1) Range, l’area all’interno della quale si può ritrovare l’habitat, poiché in essa sussistono le caratteristiche biogeografiche ed ecologiche che ne permettono la sopravvivenza;

2) Area di distribuzione, l’area reale coperta dall’habitat espressa in Km2;

3) Struttura e funzioni, ovvero tutti quei caratteri che sono necessari per il mantenimento dell’habitat e che possono essere identificati nelle specie presenti e il modo in cui esse sono aggregate;

4) Prospettive future in relazione ai tre parametri precedenti, per valutare come vari lo stato di conservazione al variare delle condizioni nel tempo.

Alcuni Paesi europei si sono già dotati di metodologie opportune per monitorare lo stato di conservazione degli habitat a livello nazionale e molti studi sono stati effettuati a livello locale (Lengyel et al., 2008a), come risulta dalla banca dati sul monitoraggio della biodiversità in Europa (Lengyel et al., 2008b).

Lo studio della bibliografia raccolta su questo tema ha permesso di osservare anche quali siano le principali problematiche rispetto alla valutazione e ci ha permesso di comprendere la necessità di sviluppare procedure standard per avere valutazioni confrontabili a livello europeo

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(Cantarello & Newton, 2008). In particolare, piuttosto lacunosa risulta l’analisi a livello di range, poiché la Direttiva Habitat è relativamente recente e ci sono notevoli difficoltà ad ottenere una cartografia per il territorio nazionale relativa alle vegetazione naturale potenziale a una scala di sito in modo da definire quali dovrebbero essere i confini potenziali dell’areale del singolo habitat (Zarzoso, 2009; Maciejewski, 2012). Valutazioni riguardo l’area di diffusione non possono prescindere dalla cartografia degli habitat, ma in genere è difficile valutare quali siano i valori minimi di copertura di un habitat per la sua rappresentatività in un buono stato di conservazione (Buffa et al., 2005; Bensetti et al., 2012; Maciejewski, 2012,). Il criterio sicuramente più diffusamente utilizzato è quello relativo alla struttura e alle funzioni dell’habitat, per i quali in letteratura sono proposti opportuni indicatori (JNCC, 2004a, 2004b; BfN, 2006; Calleja, 2009; Carnino, 2009; Yera Posa & Martorell, 2009; Bensetti et al., 2012; Maciejewski, 2012).

Per molti paesi, compresa l’Italia, mancano procedure standard accettate a livello nazionale,

anche se delle valutazioni sono state in parte effettuate e pubblicate nel report del 20063.

Obiettivo del presente progetto di dottorato è stato quello di partecipare a colmare questa lacuna valutando lo stato di conservazione di alcuni habitat presenti in Molise. La valutazione è stata effettuata attraverso l’applicazione alla situazione italiana delle procedure proposte e già utilizzate in altri Stati Membri per valutare la struttura e le funzioni dell’habitat.

Le attività svolte si inseriscono, inoltre, nell’ambito di una convenzione stipulata tra la Regione Molise e la Società Botanica Italiana per la realizzazione di Piani di Gestione di 10 Siti Natura 2000 (8 SIC e due ZPS, una delle quali – IT7228230 ‘Lago di Guardialfiera - Foce fiume Biferno’, contenente al suo interno ben 14 SIC).

Nel dettaglio, è stata proposta e testata su dati reali una metodologia adatta a valutare lo stato di conservazione di struttura e funzione, a scala di sito, di alcuni degli habitat più frequenti nei siti della Rete Natura 2000 proposti dalla Regione Molise:

Praterie aride dominate da Bromus erectus afferibili all’habitat 6210(*) ‘Formazioni erbose

secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)’.

−Faggete dell’Alto Molise e dei monti del Matese incluse nell’habitat 9210 ‘Faggeti degli

Appennini con Taxus e Ilex’.

Foreste ripariali afferibili all’habitat 92A0 ‘Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba’.

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Area di studio

La regione Molise, posta nella fascia centromeridionale della penisola italiana lungo il versante Adriatico degli Appennini, rappresenta un’area molto complessa a dispetto della sua superficie, relativamente limitata. Il Molise è, infatti, la seconda regione più piccola d’Italia,

dopo la Valle d’Aosta, con i suoi 4,438 km2.

Il territorio molisano è costituito esclusivamente da formazioni sedimentarie, gran parte delle quali, le più antiche, sono di ambiente marino, su cui poggiano le più recenti formazioni di ambiente continentale. Le formazioni marine antiche appartengono a cinque unità litostratigrafiche, riferibili alle diverse situazioni paleoambientali che si sono succedute nei tempi geologici, a partire dal Trias fino al Pleistocene:

− PIATTAFORMA ABRUZZESE-CAMPANA: corrispondente ad un ambiente di

Piattaforma Carbonatica caratterizzato da sedimentazione calcareo-dolomitica di età Trias-Cretaceo (Matese - Mainarde);

− ZONA DI TRANSIZIONE: corrispondente ad un ambiente di Scarpata e caratterizzato da

sedimentazione calcareo-marnoso-selciosa, a partire dal Cretaceo fino al Miocene con notevoli apporti detritici della zona di piattaforma (Monti di Venafro-Isernia; zona di Frosolone; zona di Sepino);

− BACINO MOLISANO: corrispondente ad un ambiente di sedimentazione di mare aperto

e relativamente profondo, antistante la zona di scarpata e caratterizzato da una sedimentazione terrigena, prevalentemente argillitica alla base ed arenitica nella parte sommitale, che comprende la fascia delle medie valli del Trigno e del Biferno fino ai rilievi dei Monti Frentani, databile al Paleogene - Miocene superiore;

− AVANFOSSA PERIADRIATICA: corrispondente ad una profonda depressione allungata

parallelamente alla linea di costa attuale, creatasi a partire dal Pliocene e caratterizzata da notevoli fenomeni di subsidenza, accompagnata da sedimentazione prevalentemente argilloso-sabbiosa, risalente al Plio-Pleistocene;

− PIATTAFORMA PUGLIESE: corrispondente alla zona di Avampaese e ad un ambiente

neritico, con caratteri simili a quelli della Piattaforma Abruzzese-Campana; le formazioni carbonatiche della Piattaforma Pugliese non affiorano nel territorio molisano in quanto ricoperte dai sedimenti Plio-Pleistocenici di Avanfossa (Regione Molise, 2001).

L’idrografia della regione Molise è piuttosto scarsa e spesso i corsi d’acqua hanno regime torrentizio con piene invernali e marcate magre estive. I fiumi principali sono:

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- il Volturno, uno dei maggiori fiumi dell’Italia meridionale. Nasce dal Monte Rocchetta e, dopo aver attraversato la provincia di Isernia, scorre per la maggior parte nella regione Campania sfociando nel mare Tirreno;

- il Trigno, che segna il confine con la Regione Abruzzo. Nasce dal Monte Capraro e

raccoglie le acque di numerosi affluenti prima di sfociare nel mare Adriatico;

- il Biferno, l’unico che scorre interamente in territorio Molisano, nasce dalle falde del

Matese e sfocia nel mare Adriatico presso Termoli con una foce a cuspide deltizia molto pronunciata. Lungo il suo percorso dà origine all’invaso del Lago di Guardialfiera;

- il Fortore, che segna il confine con la regione Puglia. Nasce nel Beneventano, da Monte

Altieri, e lungo il percorso dà origine all’invaso di Occhito, sfociando infine nel mare Adriatico in territorio pugliese (Regione Molise, 2001).

La regione Molise riveste un ruolo importante per quanto riguarda la biogeografia dell’Italia centro-meridionale, rappresentando una zona di passaggio tra la Regione Mediterranea e quella Medioeuropea (Giacomini & Fenaroli, 1958), nella zona individuata dalla valle del Volturno, i Monti del Matese e il bacino del fiume Biferno (Paura et al., 2010c).

La posizione centrale nella

penisola e l’apertura ad entrambi i

versanti dell’Appennino hanno

permesso la coesistenza delle due biocore mediterranea e temperata

(Fig. 1) e la conseguente

conservazione al limite meridionale o settentrionale del proprio areale di alcuni taxa, soprattutto nelle zone più rilevate dei massicci delle Mainarde e del Matese, dove si rinvengono di specie subalpine,

come ad esempio Vaccinium

myrtillus e Cypripedium calceolus che raggiungono qui il limite meridionale del loro areale italiano

(Lucchese, 1995, 1996). La

prevalenza dei contingenti

eurasiatico e boreale nel territorio della catena delle Mainarde evidenzia in particolare le

Figura 1 – Compenetrazione delle due biocore temperata e medierranea nella penisola (modificato da Zunino & Zullini , 2004)

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influenze centro-europee, mentre i monti del Matese, caratterizzati da un ricco contingente di specie vegetali mediterraneo-montane, mostrano notevoli similitudini floristiche con altre catene montuose dell’Italia meridionale come il massiccio del Pollino (Paura et al., 2010c). È inoltre rilevante la presenza di specie anfiadriatiche che mette in luce le affinità floristico-vegetazionali del territorio molisano con i vicini Balcani, come già evidenziato per le praterie d’alta quota (Giancola, 2005; Giancola & Stanisci, 2006) e come noto in generale per la flora dell’Italia meridionale (Trotter, 1912; Pezzetta, 2010).

Dal punto di vista vegetazionale, le tipologie forestali più diffuse nella fascia collinare sono i boschi di caducifoglie (nei toni del marrone e del verde nella Fig. 2) come il bosco di cerro e roverella, il querceto termofilo di roverella e il querceto a farnetto e cerro. Nelle aree montane la faggeta (aree nei toni dell’azzurro nella Fig. 2) rappresenta sicuramente la vegetazione potenziale più comune. La lecceta (identificata con il codice 215 in Fig. 2) è prevalentemente legata alla provincia di Isernia e si rinviene soprattutto in situazioni rupestri. Per quanto riguarda le praterie o gli arbusteti primari (aree in rosa identificate dal codice 22 in Fig. 2) si possono rilevare nella fascia altomontana del Massiccio del Matese, dove ritroviamo seslerieti a Sesleria apennina o cespuglieti nani a Juniperus communis subsp. nana (Paura et al. 2010c). Sicuramente più diffuse sono le praterie seminaturali, originate dall’attività pastorale, che caratterizzano tutto il paesaggio della regione (Giancola, 2005; Giancola et al., 2007). Si veda Tab. 1 per la legenda delle serie di vegetazione.

Figura 2 – Le serie di vegetazione del Molise (per dettagli sui tipi di vegetazione vedere la tabella 1) (Paura et al., 2010b)

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Tabella 1 - Serie di vegetazione presenti in Molise (modificato da Paura et al., 2010b)

REGIONE BIOCLIMATICA TEMPERATA

Piano Orotemperato Settore geografico alpino

Settore geografico peninsulare e insulare

22 Serie appenninica centro-meridionale neutrobasifila degli arbusteti a ginepro nano (Daphno

oleoidis-Juniperion nanae)

Piano Supratemperato superiore

Settore geografico peninsulare e insulare

39 Serie appenninica centrale neutrobasifila del faggio (Cardamino kitaibelii-Fago sylvaticae

sigmetum)

Piano Supratemperato inferiore Settore geografico alpino Settore geografico peninsulare

59 Serie appenninica centrale neutrobasifila del faggio (Lathyro veneti-Fago sylvaticae sigmetum) 62 Serie appenninica meridionale neutrobasifila del faggio (Anemono apenninae-Fago sylvaticae

sigmetum)

Piano Supratemperato inferiore/mesotemperato Settore geografico peninsulare e insulare

71 Serie appenninica centro-meridionale subacidofila della farnia e del carpino bianco (Pulmonario

apenninae-Carpinenion betuli)

75 Serie appenninica centro-meridionale silicicola del cerro (Aremonio agrimonoidis-Querco cerridis

sigmetum)

79 Serie appenninica centrale tirrenica neutrobasifila del carpino nero (Melittio melissophylli-Ostryo

carpinifoliae sigmetum)

Piano Supratemperato/mesotemperato continentale Piano Supratemperato/mesotemperato subcontinentale Settore geografico peninsulare

101 Geosigmento appenninico centrale delle conche intermontane (Pulmonario-Carpinenion, Teucrio

siculi-Quercion cerridis, Salicion eleagni, Salicion cinereae, Alnion incanae)

Piano Mesotemperato

Settore geografico peninsulare e insulare

136 Serie preappenninica tirrenica centrale subacidofila del cerro (Coronillo emeri-Querco cerridis

sigmetum)

137 Serie adriatica neutrobasifila del cerro e della roverella (Daphno laureolae-Querco cerridis

sigmetum)

Piani da Supratemperato a Mesotemperato Vegetazione ripariale e igrofila

Settore geografico peninsulare e insulare

152 Geosigmeto peninsulare igrofilo della vegetazione ripariale (Salicion albae, Populion albae,

Alno-Ulmion)

REGIONE BIOCLIMATICA DI TRANSIZIONE

Piano Mesotemperato

Settore geografico peninsulare

160 Serie preappenninica tirrenica centrale subacidofila dei substrati piroclastici del cerro (Carpino

orientalis-Querco cerridis sigmetum)

169 Serie preappenninica neutrobasifila della roverella (a - Roso sempervirentis-Querco pubescentis

sigmetum; b - Clematido flammulae-Querco pubescentis sigmetum)

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Piano Mesomediterraneo

Settore geografico peninsulare e insulare

197 Serie preappenninica centro-meridionale subacidofila del farnetto (Echinopo siculi-Querco frainetto

sigmetum)

215 Serie peninsulare neutrobasifila del leccio (Cyclamino hederifolii-Querco ilicis sigmetum)

Vegetazione ripariale e igrofila dulciacquicola Piano Supramediterraneo/Termomediterraneo Settore geografico peninsulare e insulare

264 Geosigmeto peninsulare centro-meridionale igrofilo della vegetazione planiziale e ripariale

(Alno-Quercion roboris, Populion albae)

Piano Mesomediterraneo/Termomediterraneo Vegetazione igrofila alofila

Settore geografico peninsulare e insulare

271 Geosigmeto alofilo e subalofilo della vegetazione delle lagune e degli stagni costieri mediterranei

(Zosteretalia, Ruppietea, Thero-Suaedetea, Salicornietea fruticosae, Juncetea maritimi,

Phragmito-Magnocaricetea)

Piano Mesomediterraneo/Termomediterraneo Vegetazione psammofila e dunale

Settore geografico peninsulare

273 Geosigmeto peninsulare psammofilo e alofilo della vegetazione dei sistemi dunali (Salsolo

kali-Cakiletum maritimae, Echinophoro spinosae-Elytrigietum junceae, Crucianellion maritimae, Malcolmietalia, Asparago-Juniperetum macrocarpae, Quercetalia ilicis)

Piano Mesomediterraneo/Termomediterraneo Vegetazione delle falesie e delle coste alte Acque interne

279 Laghi e specchi d'acqua dolce: include il geosigmeto idrofitico ed elofitico della vegetazione

perilacuale (Charetea fragilis, Lemnetea minoris, Nymphaeion albae, Potamion pectinati,

Magnocaricion elatae, Phragmition australis, Alnion glutinosae)

La Rete Natura 2000, con 85 SIC e 14 ZPS parzialmente sovrapponentisi (Fig 3), copre il 26,8 della regione Molise (una percentuale maggiore rispetto a quella nazionale che è del

21,2%4).

In particolare, su un valore complessivo pari a 157.609 ettari di bosco (corrispondenti al 35,5% della superficie regionale) 14.993,56 ettari sono attribuibili ad habitat faggeta e 8.927,38

ettari ai boschi ripariali di salici e pioppi (Regione Molise, 20095, Garfì & Marchetti, 2011).

Per quanto riguarda le praterie, dei 45.052,17 ettari totali individuati per la Regione (abbiamo selezionato le praterie sulla base della legenda CORINE Land cover scegliendo le voci 231 e

321)6, 11498,84 Ha, il 25,5% del totale, sono inclusi nell’habitat di direttiva 6210(*)7.

4http://www.minambiente.it/home_it/menu.html?mp=/menu/menu_attivita/&m=Statistiche_Ambientali.html&lang= it 5 http://www3.regione.molise.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/737 6 http://www.eea.europa.eu/data-and-maps/data/clc-2006-vector-data-version-2

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Figura 3 – Distribuzione dei SIC e ZPS della Regione Molise, in cui è bene evidente la sovrapposizione tra le

due tipologie di sito5.

Per il progetto di dottorato sono stati presi in esame 13 dei SIC/ZPS che fanno parte della Rete Natura 2000 della regione Molise (Fig. 4). Le aree di indagine sono state scelte in base alla loro distribuzione sul territorio e alla presenza e rappresentatività degli habitat 6210(*), 9210* e 92A0.

Figura 4 – Distribuzione spaziale dei siti Natura 2000 (SIC e ZPS) selezionati in questo progetto, con l’indicazione del codice identificativo.

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In Tabella 2 sono riportati il codice e la denominazione del sito, il tipo, l’area di pertinenza dello stesso e le percentuali di copertura dei tre habitat per ogni sito.

Tabella 2 - Elenco dei siti Natura 2000 selezionati, con indicazione della la superficie coperta dal sito e della

percentuale di ciascun habitataggiornata al 2010 (Regione Molise8).

Codice Tipo Denominazione Sito Area Ha %

6210(*) % 9210*

% 92A0

IT7211120 SIC Torrente Verrino 93 29

IT7212124 SIC Bosco Monte di Mezzo-Monte Miglio-Pennataro-Monte

Capraro-Monte Cavallerizzo 3954 15 45

IT7212126 SIC Pantano Zittola - Feudo Valcocchiara 1246 10 22

IT7212134 SIC Bosco di Collemeluccio - Selvapiana - Castiglione - La

Cocozza 6239 1 13

IT7218213 SIC Isola della Fonte della Luna 867 10

IT7222124 SIC Vallone Santa Maria 1973 12

IT7222215 SIC in ZPS Calanchi Lamaturo 623 13

IT7222237 SIC in ZPS Fiume Biferno (confluenza Cigno - alla foce esclusa) 133 12

IT7222247 SIC in ZPS Valle Biferno da confluenza Torrente Quirino al Lago

Guardalfiera - Torrente Rio 368 59

IT7222249 SIC in ZPS Lago di Guardialfiera - M. Peloso 2848 10 2

IT7222257 SIC in ZPS Monte Peloso 32 2

IT7222287 ZPS La Gallinola - Monte Miletto - Monti del Matese 25.002 24 31 0,2

IT7228230 ZPS Lago di Guardialfiera - Foce fiume Biferno 28.724

Gli habitat selezionati sono stati scelti in quanto particolarmente significativi per la regione Molise in termini di copertura e valenza biogeografica. Essi rappresentano una priorità per la conservazione anche a livello europeo, infatti una recente sintesi sul monitoraggio degli habitat europei (Fig. 5) mostra che quelli forestali sono tra gli habitat sottoposti con maggiore frequenza a monitoraggio insieme agli habitat costieri.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

1. habitat costieri e vegetazione alofitica

2. dune marittime e interne

3. habitat d'acqua dolce

4. lande e arbusteti temperati

5. macchie e boscaglie di sclerofille (matorral)

6. formazioni erbose naturali e seminaturali

7. torbiere alte, torbiere basse e paludi basse

8. habitat rocciosi e grotte

9. foreste

Numero di schemi

Figura 5 – Dati riassuntivi elaborati su 177 studi di monitoraggio realizzati in Europa sui 9 gruppi di habitat della Direttiva (fonte: EuMon consortium, 2006).

8

(21)

In particolare, rispetto alle formazioni prative naturali e seminaturali, 13 di 31 schemi pubblicati sul portale del monitoraggio in Europa sono stati effettuati sulle formazioni seminaturali su calcare afferibili all’habitat 6210(*), 36 dei 42 sulle foreste hanno come oggetto habitat di faggeta, e 4 si riferiscono ai boschi ripariali dominati da Salix alba o Populus alba (la somma degli schemi non dà il numero totale di quelli indicati nella figura, poiché uno stesso schema può essere rivolto a più habitat).

Inoltre, fatta eccezione per le faggete, la scelta è ricaduta su alcune delle tipologie più minacciate dall’impatto dell’uomo. Da una parte le praterie dell’habitat 6210(*) minacciate dall’abbandono dell’utilizzo delle pratiche agro-pastorali e ai cambiamenti di uso del suolo che ne risultano (Falcucci et al., 2007); dall’altra gli habitat ripariali con la diffusione delle specie esotiche invasive (Stohlgren et al., 1998; Schnitzler et al., 2007).

Figura 6 – Agricoltura nel Basso Molise

Nonostante la vocazione ancora fortemente agricola del territorio molisano (Cassetta & Scardera, 2011) che ha mantenuto molte delle zone aperte, il passaggio dal pascolo allo sfalcio e l’abbandono delle aree di pascolo più impervio minacciano in ogni caso le praterie, come testimoniato nell’area dell’Alto Molise dall’attuale incespugliamento delle aree legate ai tratturi (Di Martino et al., 2006). I cambiamenti di uso del suolo per le formazioni prative del Molise sono stati sicuramente meno marcati di quanto non sia avvenuto a livello italiano. A scala nazionale infatti si è assistito ad una riduzione, dal 1990 al 2000, di circa 49.000 ha delle praterie (codici CORINE Land cover 321 e 231) 39.000 dei quali si sono evoluti in cespuglieti o boschi (ISPRA, 2010). Per il Molise il cambiamento di uso del suolo è stato a carico delle sole praterie a sfalcio che sono state oggetto di espansione degli insediamenti antropici (Fig. 7).

(22)

Figura 7 – Sintesi dei cambiamenti di uso del suolo dal 1990 al 2000 (ISPRA 2000).

Gli ambienti ripariali sono tra gli ambiti naturali che più hanno risentito dell’espansione dell’agricoltura (come mostrato per il Molise in Fig. 7, 25,90 ha di boschi ripariali sono stati sostituiti da zone agricole), un dato in accordo con la bibliografia (Pirone, 1981, 2000; Pedrotti 1984; Manzi, 1988, 1993). Data la loro naturale tendenza al disturbo e la disponibilità dei nutrienti, quelli ripariali sono tra gli ambienti di elezione delle invasioni di specie alloctone (Stohlgren et al., 1998), favorite anche negli ultimi decenni dal disturbo derivante dalle attività antropiche (Richardson et al. 2007, Chytrý et al., 2008, 2009). Nonostante l’attenzione sulle specie esotiche sia cresciuta molto in Italia negli ultimi decenni, soprattutto a seguito della pubblicazione della checklist nazionale (Celesti-Grapow et al., 2009a, 2010; Lucchese, 2010) che ha sollecitato la curiosità dei botanici riguardo a questo tema, nello studio delle invasioni biologiche vegetali e nella messa a punto di strategie di gestione delle stesse in ambiente ripariale, il paese si presenta ancora piuttosto lacunoso di informazioni (Assini, 2000; Celesti-Grapow et al., 2009b) a differenza di altri Paesi europei ed extra-europei (Pyšek & Prach, 1993; Lambdon et al., 2008; DAISIE, 2009).

(23)
(24)

Materiali e metodi

Raccolta e analisi dei dati

Il campionamento della vegetazione è stato realizzato prevalentemente con il metodo fitosociologico (Braun-Blanquet, 1931), che consiste di rilievi effettuati in aree in cui la vegetazione e le condizioni ecologiche siano uniformi. Durante il rilievo si annotano sia la flora (presenza/assenza e copertura delle specie) sia i caratteri stazionali utili a descrivere le caratteristiche del sito di rilevamento (Mucina et al., 2000). La scheda di rilevamento utilizzata è riportata in figura 8. 1 2 N° Rilievo Data 3 SIC/ZPS 4 Carta 5 Località 6

Coordinate geografiche x Datum 7

y 8

9

Tipo fisionomico/strutturale della comunità 10

11

Habitat 12

13

Quota (mslm) Strato arboreo I H (m) 14

Esposizione cop(%) 15

Inclinazione (°) Strato arboreo II H (m) 16

Roccia affior. (%) cop(%) 17

Clastite (%) Strato arbustivo H (m) 18

Sup. ril (mq) cop(%) 19

Cop. totale (%) Strato erbaceo cop(%) 20

21

Classi diametri tronchi (cm)<10 10-30 >30 22

Cop. % 23

24

Gestione selvicolturale SI NO 25

26

Tipo colturale/strutturale boschi di neoformazione 27

ceduo semplice/matricinato Fustaia monoplana 28

Fustaia biplana 29

Fustaia pluristratificata 30

31

Presenza di necromassa SI In piedi A terra Altro NO 32

Presenza Lobaria pulmonaria SI NO 33

Elenco specie Entità della popolazione Fenologia

□ 1 □ 2-10 □ 11-20 □ > 20□ >100 □ Fi □ Fr □ Pl □ 1 □ 2-10 □ 11-20 □ > 20□ >100 □ Fi □ Fr □ Pl □ 1 □ 2-10 □ 11-20 □ > 20□ >100 □ Fi □ Fr □ Pl □ 1 □ 2-10 □ 11-20 □ > 20□ >100 □ Fi □ Fr □ Pl □ 1 □ 2-10 □ 11-20 □ > 20□ >100 □ Fi □ Fr □ Pl □ 1 □ 2-10 □ 11-20 □ > 20□ >100 □ Fi □ Fr □ Pl □ 1 □ 2-10 □ 11-20 □ > 20□ >100 □ Fi □ Fr □ Pl □ 1 □ 2-10 □ 11-20 □ > 20□ >100 □ Fi □ Fr □ Pl □ 1 □ 2-10 □ 11-20 □ > 20□ >100 □ Fi □ Fr □ Pl

Fattori di pressione e impatto (Cfr. Tabella “Minacce IUCN”)

Codice Descrizione

Elenco specie

ceduo a sterzo ceduo composto

SCHEDA DI RILEVAMENTO FLORA E VEGETAZIONE

Cop. Rilevatore

Figura 8 – Stralcio della scheda di rilevamento per i rilievi,con le annotazioni riguardo i caratteri stazionali, i caratteri strutturali dei boschi e il tipo di coltura e le note sulle specie di interesse che sono state utilizzate

(25)

Il metodo si basa poi sul riconoscimento di associazioni vegetali, cioè comunità di piante che, con la loro presenza, indicano la condizione ecologica dell’ambiente in cui vivono attraverso le loro caratteristiche floristiche, strutturali ed ecologiche, in modo da rendere possibile l’identificazione dell’habitat di riferimento (Biondi et al., 2009).

Solo nel caso di vegetazione poco omogenea o troppo puntiforme sono stati realizzati, in alternativa, degli elenchi floristici per i quali, quando possibile, sono stati annotati anche i caratteri stazionali, non utilizzati però per l’identificazione delle comunità.

Oltre al carattere speditivo e alla buona capacità di descrizione del paesaggio del metodo fitosociologico, il campionamento scelto permette di confrontare i dati attuali, risultanti dall’analisi effettuata durante il corso del dottorato, con i dati bibliografici che sono stati realizzati attraverso la stessa metodologia. La storia della fitosociologia in Italia infatti è molto antica ed è stata largamente usata dai botanici del passato e ancora oggi rappresenta uno dei metodi di indagine sulla vegetazione più diffusi sul territorio.

La nostra scelta è in accordo con la letteratura europea e di grande attualità nella creazione di una banca dati vegetazionale generale per osservare i mutamenti del paesaggio nel tempo e in particolare per monitorare lo stato di conservazione degli habitat di direttiva (Dengler et al., 2012) e rappresenta una tematica in sviluppo anche in Italia (Venanzoni et al., 2012).

Nel complesso, per l’analisi floristico-vegetazionale sono stati realizzati 130 rilievi floristici e fitosociologici nell’area di studio (la loro distribuzione è riportata in figura 9), 64 dei quali utilizzati per l’identificazione delle comunità vegetali. La riduzione del numero di rilievi è stata obbligata dalla necessità di selezionare solo i rilievi inequivocabilmente attribuibili a uno degli habitat oggetto di studio, condizione che non sempre è possibile verificare sul campo a priori.

Allo scopo di confrontare la composizione floristica dell’habitat a livello locale e di identificare le associazioni vegetali rilevate, sono stati aggiunti 55 per l’habitat 6210(*) tratti da bibliografia relativa al versante adriatico dell’Italia centro-meridionale (Biondi et al., 1992; Allegrezza, 2003; CUM, 2002; Biondi et al., 2005), 97 rilievi per l’habitat 92A0 (Pedrotti & Cortini-Pedrotti, 1978; Pedrotti, 1984; Manzi, 1988, 1993; Baldoni & Biondi, 1993; Pirone, 1981; Pirone, 2000; Pirone et al., 1997; Allegrezza et al., 2006; CUM, 2002;), 27 rilievi inediti per il fiume Biferno gentilmente forniti da Paura e collaboratori e 173 rilievi per l’habitat 9210* (CUM, 2002; Pirone et al., 2000; Biondi et al., 2002; Abbate et al., 2003; Blasi et al., 2005) tratti da bibliografia relativa all’Italia peninsulare. L’allargamento dell’area di riferimento per i rilievi tratti da bibliografia è risultato necessario da una parte a causa della scarsa quantità di dati pubblicati per l’area molisana, dall’altra per avere un quadro più completo dei sintaxa identificati in precedenza.

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È stata quindi creata una banca dati vegetazionale in Turboveg 2.0 (Hennekens & Schaminée, 2001) contenente 482 rilievi floristici e fitosociologici, 422 dei quali sono stati classificati attraverso tecniche di analisi multivariata, con il software Past versione 2.17 (Hammer et al., 2001), per ottenere gruppi omogenei da confrontare con le associazioni vegetali già definite.

Figura 9 – Distribuzione dei rilievi nell’area di studio in rapporto alla distribuzione degli habitat nei SIC9.

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(28)

Caratteri generali degli habitat analizzati

Prima di proseguire con la descrizione dell’aspetto metodologico relativo alla disamina e scelta dei metodi di valutazione dello stato di conservazione, si ritiene opportuno inserire in questo punto una breve descrizione degli habitat analizzati così come sono descritti in bibliografia per l’Italia (Biondi et al., 2009, 2012).

6210(*) ‘Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)’

Vengono identificate come praterie dell’habitat 6210(*) quelle formazioni erbacee perenni a dominanza di graminacee emicriptofitiche (in genere Bromus erectus o Brachypodium rupestre), generalmente secondarie. Possono essere considerate da aride a semimesofile e sono particolarmente diffuse in Appennino, anche se sono presenti anche nelle Alpi. Talvolta presentano una ricca presenza di specie di Orchidaceae ed in tal caso vengono considerate prioritarie (*). Per quanto riguarda l’Italia appenninica, si tratta spesso di comunità endemiche, in cui oltre la dominanza delle emicriptofite, si riconosce una buona componente camefitica, si rinvengono su substrati di varia natura, non necessariamente calcarea (Biondi et al., 2009).

Figura 10 – Praterie dell'habitat 6210(*)

(29)

(a) il sito ospita un ricco contingente di specie di orchidee;

(b) il sito ospita un’importante popolazione di almeno una specie di orchidee ritenuta non molto comune a livello nazionale;

(c) il sito ospita una o più specie di orchidee ritenute rare, molto rare o di eccezionale rarità a

livello nazionale10.

Figura 11 – Il pascolo, attività fondamentale per il mantenimento delle praterie seminaturali

Le praterie dell’habitat 6210(*) sono prevalentemente secondarie, quindi determinate dall’azione dell’uomo. Si tratta di un habitat molto delicato che racchiude in sé un potenziale di biodiversità elevato, essendo particolarmente ricco in specie non solo vegetali (Pӓrtel et al., 2005; Hegedusova & Senko, 2011), che si trova attualmente in una fase climatica e storica che si oppone al suo mantenimento, favorendo l’evoluzione naturale del bosco (Gibson, 2009). L’attuale fase climatica, infatti, associata all’abbandono delle pratiche agro-silvo-pastorali (Falcucci et al., 2007), sta determinando la chiusura di molte delle zone aperte che, soprattutto alle medie quote, sono ormai fortemente minacciate, quando non completamente sostituite dal bosco. L’evoluzione naturale della vegetazione è ovviamente un processo spontaneo che non si può pensare di arrestare, ma le praterie seminaturali dell’habitat 6210(*) rappresentano comunque una priorità di conservazione, data la loro elevata diversità floristica e faunistica e l’importanza che rivestono in termini di servizi ecosistemici (Hector et al., 2010; Lindemann-Matthies et al., 2010). Bisognerebbe quindi fare ricorso a pratiche ad hoc per preservarle laddove

10

http://europa.eu/legislation_summaries/environment/nature_and_biodiversity/l28076_it.htm; http://eur-lex.europa. eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31992L0043:IT:NOT

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possibile, concentrando l’attenzione su quelle più importanti per la conservazione. È per questo motivo che il progetto di dottorato è stato indirizzato, tra l’altro, all’analisi di questo habitat, con lo scopo di evidenziare le priorità di intervento su queste praterie per l’area molisana, partendo dai dettami della Direttiva Habitat.

Sebbene la conservazione di questo habitat sia essenziale per la comunità scientifica di fatto non esiste una politica accettata a livello internazionale che ne codifichi la conservazione

(European Dry Grassland Group, 201111; European Grassland Federation, 2011; Fundatia

ADEPT, 201112). Tale politica dovrebbe privilegiare quelle che, per loro caratteristiche, sono in

grado di autosostenersi o che necessitano del minimo sforzo di gestione. A livello europeo, l’European Dry Grasslands Group ha proposto una petizione per richiedere una Convenzione

Europea sulle praterie all’interno della Strategia pan-europea sul paesaggio e sulla biodiversità13.

Tra i principali metodi di gestione delle praterie dell’habitat 6210(*) sono riconosciuti il pascolo e lo sfalcio (de Bello et al., 2007). Molto significativa è l’intensità della gestione (Bakker et al., 2006), il periodo in cui viene effettuata e ovviamente la stagionalità (Diaz et al., 2007). Sono ovviamente importanti anche le condizioni ambientali, la tipologia di pascolo e la quantità di animali coinvolta (Klimek et al., 2007). È stato notato, in effetti, proprio in ambito italiano un grosso cambiamento nel tipo di animali utilizzati per il pascolo, che è passato in questi ultimi decenni da ovino a bovino, con notevoli differenze nel tipo di impatto sulla vegetazione, soprattutto sulle praterie (Fascetti et al., 2011).

L’Habitat 6210(*) in Italia viene prevalentemente riferito all’ordine Brometalia erecti Br.-Bl. 1936. Per quanto riguarda l’Appennino calcareo, l’alleanza di riferimento è Phleo ambigui-Bromion erecti Biondi & Blasi ex Biondi et al. 1995. Le praterie appenniniche dei substrati non calcarei (prevalentemente marnosi, argillosi o arenacei) vengono invece riferite all’alleanza Bromion erecti Koch 1926 (Biondi et al., 2009). In Molise sono presenti entrambe le alleanze (Biondi et al., 1992; Paura et al., 2010c).

11 http://www.edgg.org 12

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9210* - Faggeti degli Appennini a Taxus e Ilex

Le faggete appenniniche con tasso e con agrifoglio nello strato alto-arbustivo e arbustivo si rinvengono lungo tutta la catena Appenninica più o meno indipendentemente dal substrato litologico. Si tratta di faggete in genere ricche di specie, con partecipazione di specie arboree, arbustive ed erbacee mesofile, prevalentemente elementi sud-est europei (appenninico-balcanici), sud-europei e mediterranei (Biondi et al., 2009).

Le faggete rappresentano il bosco di latifoglie dominante nella fascia appenninica. La maggioranza delle faggete si ritrova nella fascia altitudinale compresa fra i 900 e 1900 metri (Di Pietro, 2009). Il faggio è la specie arborea dominante che può essere accompagnata da altre essenze arboree che vengono via via meno salendo in quota (Giacomini & Fenaroli, 1958).

Figura 12 – La faggeta, il bosco dell'Appennino

Per quanto riguarda i riferimenti sintassonomici, i faggeti appenninici si riferiscono a due principali alleanze: Aremonio-Fagion sylvaticae (Horvat 1938) Torok, Podani & Borhidi 1989, segnalato per l’Appennino centrale e settentrionale (Biondi et al., 2002) e Geranio versicoloris-Fagion sylvaticae Gentile 1970, caratteristico dell’Appennino meridionale (Di Pietro et al., 2004). Il Molise, zona di transizione tra l’Appennino centrale e quello meridionale, presenta entrambe le tipologie (Paura et al., 2010c), anche se la seconda alleanza risulta limitata alle vette più alte (Pirone et al., 2000; Blasi et al., 2005). L’identificazione degli habitat di faggeta in

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Appennino, probabilmente proprio in ragione dell’estesa diffusione di questi boschi nel territorio e della mancanza di uno studio generale a livello nazionale, è resa a volte difficile (Di Pietro et al., 2007). In Italia centro-meridionale l’habitat 9210* è stato identificato per le faggete termofile del Doronico orientalis-Fagenion (Ubaldi, Zanotti, Puppi, Speranza & Corbetta ex Ubaldi 1995) e per quelle microterme del Lamio flexuosi-Fagenion sylvaticae Gentile 1970. In via cautelativa, come suggerito da Di Pietro et al. (2007), abbiamo deciso di includere anche quelle che per l’Italia centromeridionale sono definite come faggete “microterme” e che presentano un sottobosco ricco di specie laurifille molto simile alle faggete con Taxus e Ilex e spesso anche il tasso e l’agrifoglio nello strato arboreo.

Figura 13 – Geofite del sottobosco di faggeta (in senso orario Orthilia secunda (L.) House, Lilium martagon L., Ruscus hypoglossum L., Epilobium montanum L.)

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92A0 - Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba

Il manuale europeo di interpretazione descrive l’habitat 92A0 come “Riparian forests of the Mediterranean basin dominated by Salix alba, Salix fragilis or their relatives (44.146). Mediterranean and Central Eurasian multi-layered riverine” (European Commission, 2007).

Il nome dell’habitat fa esplicito riferimento a foreste a galleria, generando a volte difficoltà di riconoscimento laddove la conservazione della foresta ripariale non abbia permesso di preservare l’aspetto a galleria. Calleja (2009) propone in Spagna, per questo motivo, di allargare la definizione anche agli stadi intermedi della vegetazione dominati da salici arbustivi con alcuni esemplari di Salix alba o Populus alba, e noi concordiamo per quanto concerne la nostra area di studio.

Figura 14 – Isola Fonte della Luna

La vegetazione ripariale è il risultato di particolari condizioni dovute al livello della falda e al regime idrico del corso d’acqua; la sua presenza dipende dalle condizioni edafiche e non dalla fascia climatica di appartenenza, in effetti non esiste una fascia climatica di appartenenza per questo tipo di vegetazione. I boschi ripariali sono infatti formazioni azonali.

Pur essendo cenosi dinamiche, in ragione del disturbo al quale sono naturalmente sottoposte, si mantengono relativamente stabili se non mutano le condizioni idrogeologiche (Pedrotti & Gafta, 1996). L’habitat è in contatto con la vegetazione pioniera di salici arbustivi, con le

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comunità idrofile di alte erbe e in genere con la vegetazione di greto dei corsi d’acqua corrente. I due sottogruppi indicati dal manuale d’interpretazione nazionale sono distinti su base ecologica più che floristica: i saliceti si localizzano sui terrazzi più bassi raggiunti periodicamente dalle piene ordinarie del fiume, mentre i pioppeti colonizzano i terrazzi superiori, raggiunti solo sporadicamente dalle piene straordinarie (Biondi et al., 2009). Due sono le alleanze di riferimento: Populion albae Br.-Bl. ex Tchou 1948 e Salicion albae Soó 1930 (Biondi et al., 2009), entrambe riconosciute per il

Molise (Regione Molise 200514).

Il Salicetum albae Issler 1926 dal

punto di vista fisionomico ha l'aspetto di un bosco, il cui strato arboreo è fortemente dominato da Salix alba, accompagnato da esemplari di Salix fragilis e Populus nigra. Lo strato arbustivo è in genere molto povero in specie e poco sviluppato. Le specie più frequenti sono Sambucus nigra, Populus nigra e qualche pollone di Salix alba. Anche lo strato erbaceo ha un grado di copertura basso, a causa dell'azione di disturbo delle piene, per questa ragione

ospita spesso specie ruderali e

ubiquitarie come Agrostis stolonifera, Artemisia vulgaris, Urtica dioica, Bromus sterilis. Questo tipo di formazioni ha un evidente carattere pioniero, infatti le specie presenti sono per lo più anemocore o a efficiente riproduzione vegetativa. Il saliceto bianco generalmente si sviluppa, per ragioni geomorfologiche, sui tratti medi ed inferiori dei fiumi. Il Salicetum albae è distribuito in tutta l'Italia, dalla pianura padana alle regioni meridionali nel medio e basso corso dei fiumi. Esso rappresenta la più comune associazione ripariale del territorio italiano (Pedrotti & Gafta, 1996).

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I pioppeti a pioppo bianco sono riconosciuti come Populetum albae Br.-Bl. ex Tchou 1948, anche se Pedrotti (1970) riconosce una certa difficoltà di attribuzione per via dell’affinità dei pioppeti adriatici con quelli dei balcani Populetum albae balcanicum Karpati (1962). L’autore auspica ad una revisione sintassonomica dei pioppeti dell’Italia centromeridionale che sono dominati da pioppo bianco (Populus alba), pioppo nero (Populus nigra) e talvolta dall'ibrido fra pioppo bianco e tremulo (Populus canescens); in alcuni casi possono far parte dello strato arboreo anche Ulmus minor e Fraxinus oxycarpa. Lo strato arbustivo è abbastanza ben sviluppato e costituito generalmente da Euonymus europaeus, Crataegus monogyna, Ligustrum vulgare, Cornus sanguinea (specie comuni anche nei querceti caducifogli) e Sambucus nigra. Una caratteristica molto comune è data dalla elevata presenza di lianose come Hedera helix e, nelle zone più calde, Smilax aspera e Rosa sempervirens. Lo strato erbaceo è sempre piuttosto ricco di specie come Carex pendula, Equisetum telmateja, Stachys sylvatica, Vinca major, Melissa officinalis, Rumex sanguineus, Lythrum salicaria. Generalmente il Populetum albae occupa terrazzi più alti rispetto ai saliceti, più riparati dalle ondate di piena, che arrivano qui raramente e in genere per brevi periodi; la falda freatica in ogni caso non è mai affiorante. La pioppeta è presente generalmente nei tratti medi e inferiori dei fiumi, dove le valli si allargano a formare piane. Alcune di queste pioppete mostrano una complessa stratificazione e si presentano sotto forma di fustaie, ad indicare il mantenimento di una struttura prossima a quella naturale. Dei buoni esempi per l’Italia centro-meridionale erano noti per il bosco di Mozzagrogna (bacino del Sangro), il bosco di Don Venanzio (bacino del Sinello), il bosco dell'Incoronata (bacino del Cervaro), vari punti nel bacino dell'Ofanto, presso Policoro (bacino del Sinni), Persano (bacino del Sele), e vari punti nel bacino del Calore (Pedrotti e Gaftà, 1992).

Per quanto riguarda i saliceti arbustivi, essi sono in genere dominati da Salix purpurea, a cui si può aggiungere talvolta il salice bianco. Lo strato erbaceo non è specifico e risulta piuttosto eterogeneo. Tali aggruppamenti hanno in genere carattere pioniero ed occupano la prima fascia di vegetazione legnosa lungo i greti ghiaiosi dei corsi d'acqua (Pedrotti & Gafta, 1996).

Nel passato l’utilizzo agricolo delle aree ripariali ha notevolmente ridotto la vegetazione degli ambienti umidi. La pressione esercitata dalle attività antropiche più recenti (disboscamenti, piantagioni artificiali, prelievo di acqua, costruzione di dighe e argini) è stata ancora maggiore sui lembi residui. Già negli anni ‘70 il prof. Pedrotti (1970) definisce la vegetazione ripariale come inesistente nei fiumi dell’Adriatico poiché sostituita dalle colture.

Come mostra la figura 16 le maggiori modifiche sono avvenute a carico dei pioppeti, o comunque a carico della vegetazione meno strettamente legata alle ondate di piena, che sono state eliminate o fortemente ridotte per far spazio agli insediamenti antropici o alle colture.

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Quello che già allora era rimasto erano piccoli frammenti di bosco o addirittura alberi isolati o a gruppi mai in formazioni abbastanza estese. Oggi la vegetazione ripariale e paludosa legnosa è molto ridotta, frammentata e spesso fortemente alterata, con gravi conseguenze idrogeologiche, come alluvioni, frane ed accentuazione dei processi erosivi. Ne risulta la necessità di preservare queste aree mediante una reale politica di conservazione.

Figura 16 – Modifiche a carico della vegetazione ripariale determinate dall'azione antropica: a) profilo della vegetazione potenziale, b)e c) profili modificati dall’azione antropica (modificato da Pedrotti e Gafta, 1996).

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Valutazione dello stato di conservazione

La valutazione dello stato di conservazione è stata testata sito per sito, attraverso la stima della coerenza dell’habitat rilevato a livello floristico e vegetazionale, per 63 rilievi dei 130 effettuati durante il corso del dottorato. In questa fase abbiamo dovuto restringere il numero rilievi utilizzati a quelli per i quali erano misurabili tutti o quasi i parametri scelti per la valutazione dello stato di conservazione. In particolare abbiamo valutato 19 rilievi per l’habitat 6210(*), 32 per l’habitat 9210*, 22 per l’habitat 92A0.

La scelta degli indicatori, a partire dalla letteratura europea a disposizione (Tab. 3) è stata effettuata tra parametri speditivi, compatibili con il campionamento fitosociologico, in modo da ottenere con il minimo sforzo due tipologie di dato contemporaneamente: uno finalizzato al riconoscimento della comunità rilevata e l’altro volto a valutare lo stato di conservazione della stessa. La scelta del campionamento fitosociologico è in accordo con la letteratura (Lengyel et al., 2008a; De Bello et al., 2010) e con la Direttiva stessa (European Commission, 2011).

Tabella 3 – Sintesi europea dello stato delle conoscenze sulle procedure di valutazione dello stato di conservazione degli habitat Natura 2000.

AUSTRIA &

GERMANIA GRAN BRETAGNA SPAGNA FRANCIA SLOVENIA ITALIA

AUTORI BfN JNNC MINI AMB MUSEO STORIA

NATURALE STRUTTURE UNIVERSITARIE E ISTITUTO FORESTALE STRUTTURE UNIVERSITARIE

RANGE trend da 1994 a oggi DD vari criteri

AREA superficie coperta

dall'habitat superficie coperta dall'habitat indicatori per valutare frammentazione e connettività indicatori per valutare forma, frammentazione e connettività STRUTTURA E FUNZIONI elenco di parametri da valutare attraverso il miglior giudizio degli esperti

Schede descrittive dei metodi usati per

monitorare gli habitat elenco di parametri da valutare attraverso il miglior giudizio degli esperti protocollo di campionamento e elenco di parametri da valutare attraverso il miglior giudizio degli esperti

Indicatori forestali Indicatori floristici e

forestali generali

PROSPETTIVE FUTURE

valutata in base al

monitoraggio descrizione generale

sulla base delle

pressioni descrizione generale

SCALA DELLA

VALUTAZIONE SITO SITO, NAZIONALE

AREA BIOGEOGRAFICA SITO, NAZIONALE e AREA BIOGEOGRAFICA SITO AREA BIOGEOGRAFICA RISULTATO schede descrittive dei metodi usati sui

singoli habitat di direttiva

Schede descrittive dei metodi usati per

monitorare gli habitat Schede di valutazione degli habitat di direttiva

schede sui singoli habitat di direttiva (all'interno del manuale di interpretazione nazionale) schede descrittive dei metodi usati con

indicazioni del protocollo per habitat di direttiva prativi e forestali articolo riassuntivo sullo stato di conservazionedegli habitat di direttiva forestali descrizione generale nel precedente report (2006)

LINGUA TEDESCO INGLESE SPAGNOLO FRANCESE E

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La valutazione sintetica risultante per il sito è data dalla semplice somma dei punteggi, mentre quella generale è determinata dalla condizione del parametro peggiore, basta un solo parametro giudicato come sfavorevole per avere una valutazione di tipo sfavorevole. Solo se tutti i parametri vengono indicati come favorevoli il giudizio sullo stato di conservazione del sito è favorevole. In tutti gli altri casi il giudizio è inadeguato.

L’aggregazione dei dati a livello di habitat e di sito segue quello già utilizzato a livello europeo per la Germania da Sipkova et al. (2010), se più del 75% dei siti di rilevamento è valutato come favorevole il giudizio generale è favorevole, se più del 25% dei siti è giudicato come sfavorevole il giudizio generale è sfavorevole, in tutti gli altri casi il giudizio è inadeguato.

Seguono gli indicatori selezionati per la struttura della vegetazione (i primi tre sono relativi ai boschi gli ultimi 2 alle praterie):

1. Copertura dello strato arboreo e dello strato arbustivo (h 2-5m) per evidenziare la stratificazione della vegetazione (JNCC, 2004b; Calleja, 2009), ricavata a partire dalle singole coperture specifiche nei rilievi. La copertura per i singoli strati, arboreo e arbustivo è stata valutata sulla base delle coperture relative delle singole specie appartenenti ai due strati. Il procedimento seguito è risultato da un adattamento di quello proposto da Hennekens in

Turboveg per combinare le coperture di una specie in diversi strati15 in un solo valore per

specie. Sono stati combinati i valori di copertura percentuali di tutte le specie rilevate nello stesso strato (sia esso arboreo o arbustivo). L’operazione effettuata, assumendo che le specie si distribuiscano in modo casuale all’interno del rilievo, è stata la seguente:

C = A + (100-A)*B / 100

Dove C rappresenta la copertura dello strato, A la copertura percentuale della specie A, B la copertura della specie B;

2. Disetaneità del bosco, valutata attraverso il numero di classi diametriche dei tronchi (da 1 a 3) in grado di esprimere la presenza e il tipo di gestione selvicolturale (BfN, 2006; Carnino, 2009);

3. Presenza di una dinamica di tipo naturale o seminaturale nel bosco espressa per mezzo della presenza e del tipo di legno morto presente (BfN, 2006; Carnino, 2009);

4. Struttura della prateria (JNCC, 2004a), per mezzo del rapporto tra la copertura delle specie erbacee non graminiformi e la copertura delle graminiformi, partendo dalle specie segnalate in ogni singolo rilievo;

(40)

5. Invasione degli arbusti (JNCC, 2004a, BfN, 2006), limitatamente alle fanerofite arbustive o arboree, per evidenziare una dinamica di ricolonizzazione in atto.

Relativamente agli aspetti floristico-vegetazionali, sono stati selezionati i seguenti indicatori:

1. Coerenza dei popolamenti rilevati con la vegetazione di riferimento espressa per mezzo del confronto tra ogni singolo rilievo e la combinazione specifica caratteristica (Braun-Blanquet, 1931) nella tabella fitosociologica contenente il rilievo tipo dell’associazione di riferimento. Abbiamo selezionato le specie della combinazione specifica caratteristica in modo da porre l’attenzione sulle similitudini tra i nostri rilievi e quelli di riferimento, piuttosto che sulle differenze.

2. Presenza e copertura di specie esotiche, che diminuiscono il grado di naturalità (JNCC, 2004b; Carnino, 2009), ricavabili direttamente dai rilievi.

3. Ricchezza di specie arboree, associata alla vetustà o alla buona gestione del bosco (Burrascano et al., 2009), dati ricavabili direttamente dai rilievi.

4. Presenza di specie di interesse conservazionistico o biogeografico, che sottolineano la peculiarità del sito (BfN, 2006).

(41)
(42)

Risultati e discussione

Analisi floristica e vegetazionale

Di seguito analizziamo per ogni habitat i risultati dell’analisi floristico-vegetazionale, ovvero l’identificazione delle comunità rilevate e alcuni dati sulla flora che sono stati utilizzati per la valutazione dello stato di conservazione.

6210(*) - Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)

Rilevando questo habitat ci si è trovati spesso ad analizzare situazioni a mosaico con l’habitat 6220* ‘Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea’ nel territorio della provincia di Campobasso e con il 6110* ‘Formazioni erbose rupicole calcicole o basofile dell'Alysso-Sedion albi’ nelle aree a quote più elevate.

Nei rilievi effettuati durante il progetto di dottorato sono state censite 262 specie e tra le più frequenti ricordiamo Bromus erectus, Teucrium chamaedrys, Sanguisorba minor, Plantago lanceoata. Sono state rilevate,

inoltre, 9 camefite

suffruticose caratteristiche

dell’habitat: Acinos alpinus, Helianthemum nummularium, Helichrysum italicum, Linum

capitatum, Micromeria

graeca, Minuartia verna, Pimpinella tragium, Teucrium chamaedrys e T. montanum.

Nei pressi di Civita di Bojano, in praterie giudicate prioritarie, sono state rilevate anche alcune specie considerate fisionomicamente significative per l’habitat 6110* come Alyssum alyssoides, Erophila verna, Micropus erectus, Sedum sp.pl., Melica ciliata, Hornungia petrea. Fatto che ci ha persuaso della continua compenetrazione di questi due habitat soprattutto in presenza di affioramenti rocciosi.

Lo spettro corologico (Tab. 4) ha mostrato una prevalenza delle specie Euriasiatiche (67 specie; 30%), e una buona percentuale di specie microterme (Circumboreali, Eurosiberiane,

(43)

Orofile e

Mediterraneo-Montane), che assieme

raggiungono circa il 12% del totale. Le specie appartenenti a zone di pertinenza delle praterie,

che nella tabella abbiamo

accorpato per semplicità nella categoria “Steppiche” (Europeo-caucasiche, Pontiche, Turaniane,

Sud-Europee Sudsiberiane)

(Walter & Straka, 1973),

rappresentano il 16% della flora delle praterie rilevate. Le specie Mediterranee costituiscono invece il 29% del totale. Ne risulta che le praterie del 6210(*) analizzate, mostrando un carattere decisamente più continentale che mediterraneo, a conferma del carattere conservativo della flora molisana. Sono state censite inoltre 6 specie endemiche dell’Italia centro-meridionale (Achillea tenorii Grande, Helictochloa praetutiana (Arcang.) Bartolucci, F. Conti, Peruzzi & Banfi, Bunium petraeum Ten., Centaurea ambigua Guss., Crepis lacera Ten., Solenanthus apenninus (L.) Fischer et C. A. Meyer) e Plantago fuscescens Jordan, endemica a scala nazionale.

Tabella 4 – Spettro corologico delle praterie rilevate durante il corso del progetto di dottorato

N° specie % Eurasiatiche 67 30% Eurimediterranee 53 24% Steppica 36 16% Stenomediterranee 19 8% Circumboreali 11 5% Mediterraneo-Montane 10 4% Endemiche 7 3% Orof. S-Europee 8 4% Ampio areale 7 3% Eurosiberiane 7 3%

La maggioranza delle praterie rilevate sono state attribuite all’alleanza Phleo ambigui-Bromion erecti Biondi et Blasi ex Biondi, Ballelli, Allegrezza et Zuccarello 1995 (gruppo in giallo nella figura 19).

Il gruppo più numeroso comprende i rilievi delle quote inferiori, attribuiti all’Asperulo purpureae-Brometum erecti, non essendo compatibili con la composizione specifica dell’associazione Seselio viarum-Brometum erecti indicata per l’Appennino abruzzese-molisano

Figura

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