CAPITOLO II-‐ STRUMENTI GIURIDICI PER LA VALORIZZAZIONE DELLA QUALITA’.
SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. Differenziazione dei prodotti: la classificazione giuridica (commerciale) dei prodotti ottenuti dall’olivo -‐ 3. Tracciabilita’ e registro SIAN -‐ 4. Etichettatura – 4.1.
La questione dell’indicazione dell’origine e il problema del falso olio “made in Italy” – 5. Il sistema dei marchi di qualità –DOP e IGP-‐ 5.1 Il sistema qualità nazionale SQN-‐Olio Mipaaf – 6. La tutela del prodotto: la Legge “salva olio”-‐
1. Di fronte alle nuove sfide commerciali imposte dalla progressiva globalizzazione dei mercati, l’UE ha predisposto nel corso del tempo, com’è noto, una complessa e articolata disciplina normativa volta a garantire la sicurezza (intesa sia come “food security”, che come “food safety”) e qualità delle derrate alimentari.
Tali concetti rappresentano un vero punto di forza delle politiche UE in tale settore, soprattutto in seguito all’adozione del Reg.178/2002 (e successive modifiche) attraverso il quale si garantisce la libera circolazione degli alimenti nella Comunità e, contemporaneamente, la loro sicurezza sotto il profilo igienico-‐
sanitario, la possibilità d’interventi rapidi1in caso di emergenze di diverso tipo sempre collegato alla sicurezza dei cibi.
Il legislatore comunitario ha, infatti, ritenuto necessario operare un controllo più incisivo ed efficace sulla sicurezza e qualità dei prodotti destinati al consumo, affinché fosse assicurato il rispetto della salute pubblica dei cittadini, quale valore, prevalente su
1 Artt. 55 e ss. Reg. CEE n.178/2002. Per il reperimento della norma http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2002:031:0001:0024:IT:PDF
qualsivoglia interesse di natura patrimoniale e, comunque, pienamente compatibile e coerente con le esigenze economiche delle imprese. Si rammenti in tal senso, inoltre, l’operatività del famoso principio di precauzione2in base al quale in circostanze in cui si ravvisi la possibilità di effetti dannosi per la salute, anche in mancanza di certezze dal punto di vista scientifico, gli Stati possono adottare misure provvisorie di gestione del rischio, in attesa di accertamenti scientifici ulteriori che permettano una valutazione più esauriente del rischio stesso. (Costato, il principio di precauzione nell'art. 7 del reg. 178/2002, 2007, p. 93-‐99)
Tramite la progressiva adozione della c.d. “legislazione alimentare generale o orizzontale” applicabile a tutte le tipologie di prodotti alimentari, e la “legislazione verticale” volta a disciplinare gli standard di produzione di specifici prodotti alimentari, nel corso del tempo è stato approntato, dunque, un corpo di norme atte a garantire un livello elevato di tutela della vita e della salute umana, degli interessi dei consumatori, della salute e benessere degli animali e dell’ambiente.
Il concetto di “Qualità” rappresenta una delle nozioni più difficili da precisare: essa, infatti, oltre ad essere un concetto mutevole nel tempo (con il trascorrere del tempo esso può abbandonare certi aspetti e abbracciare nuovi valori emersi o recuperarne altri eliminati in precedenza), rappresenta una nozione suscettibile delle diverse concezioni dei vari soggetti economici (consumatori, produttori, trasformatori, ecc.) cui di volta in volta si fa riferimento, sia in base ai diversi segmenti di clientela.
2 Il principio di precauzione trae origine dal diritto ambientale tedesco, successivamente sancito a livello internazionale sempre nell’ambito del diritto ambientale (principio 15 Dichiarazione di Rio del 1992). Si v. sul punto (Costato, il principio di precauzione nell'art. 7 del reg. 178/2002, 2007, p.93-‐99).
In termini generali tale concetto implica, in primo luogo, un giudizio di merito su quanto il prodotto sia buono, adatto, giusto per un determinato scopo. Inoltre, molto spesso, all'uso del termine si accompagna un giudizio positivo che equivale a
"eccellenza", "pregio", etc., benché nella realtà possa affiancare anche prodotti non particolarmente pregiati, purché conformi a standard di produzione e precise norme e tecniche.
A livello normativo il tentativo più riuscito di definizione della
“qualità” è quello contenuto nella specifica norma UNI-‐ISO 8402,3secondo la quale, la qualità è “l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che conferiscono ad esso le capacità di soddisfare le esigenze, espresse o implicite, di una potenziale utenza”. La cultura della qualità s'impone, dunque, come prerogativa indispensabile per agevolare lo sviluppo delle imprese e del sistema agroalimentare nel suo complesso. Il concetto di sistema di qualità corrisponde a quello di qualità integrale, per costruire il quale è necessaria una seria politica sia nel settore privato (consumatori, imprese), che nel settore pubblico (policy maker).
La questione della qualità, dal punto di vista delle dinamiche di mercato, è considerata in generale come sinonimo di differenziazione del prodotto ed è stata affrontata prevalentemente come elemento in grado di influenzare la scelta dei consumatori e i comportamenti delle imprese. 4 (Antonelli, 2013)
3 International Organization for Standardization: fondata a Londra nel 1947 alla quale aderiscono gli enti normatori di circa un centinaio di Paesi (per l'Italia l'UNI) con lo scopo di promuovere le normative nel mondo, sviluppare a livello mondiale la collaborazione nei campi scientifico, culturale, tecnico ed economico (tranne nel campo elettrico-‐elettronico dove opera IEC3).
4 Antonelli, Il mercato e le strategie di marketing per la valorizzazione della qualità, 2013, p. 21-‐36
Prima di procedere a una seppur sommaria illustrazione dei vari elementi di cui si compone il concetto di qualità in tale accezione, occorre fare una breve premessa; In generale, l'evidenza empirica dimostra che nella maggior parte dei mercati chi compra ha meno informazioni di chi produce o fornisce servizi (c.d. asimmetria informativa); ogni passaggio dal produttore, al trasformatore, alla distribuzione, al cliente finale, avviene in condizioni d’informazione incompleta sulla qualità del prodotto da parte del contraente. Si noti, infatti, che anche nei confronti del produttore l'asimmetria informativa produce effetti negativi: quelli che producono beni di qualità superiore, hanno una perdita di benessere in favore di quelli che producono con una qualità inferiore; inoltre, possono verificarsi fenomeni di concorrenza sleale e di comportamenti disonesti (“moral hazard”) nel caso in cui un imprenditore utilizzi materie prime di bassa qualità per poi impiegarle in prodotti che venderà a prezzi elevati. Tutto questo non può che portare a una perdita di efficienza dell'intero sistema agroalimentare, determinando una diminuzione del benessere della collettività, non soltanto in termini economici ma anche nel campo della salute pubblica, per i rischi connessi a una non puntuale attenzione dei produttori all'igiene e alla sicurezza dei prodotti, che in questo clima d’incertezza possono sorgere. Da quanto detto, perciò, ben si comprende come la tutela della qualità dei prodotti alimentari e le iniziative che tendono a ridurre l'asimmetria d’informazioni, vadano nella medesima direzione, ossia aumentare il benessere sociale.
Ciò detto, considerando le modalità d’intervento del diritto funzionali ad una tutela sia del consumatore, che deve essere posto in grado di conoscere effettivamente ciò che acquista, sia del produttore che non deve essere danneggiato dai comportamenti sleali dei concorrenti, è opportuno giungere ad un più netta
distinzione tra attributi qualitativi intrinseci ed indicatori qualitativi estrinseci.
Prima di tutto occorre far riferimento ai cosiddetti prerequisiti della qualità del prodotto, che sono assimilati nel comune sentire, al concetto di “genuinità”. Essi sono quantificabili, (cioè misurabili e verificabili con adeguati metodi di analisi) ma spesso non immediatamente percepibili dal consumatore, e riguardano:
• requisiti igienico-‐sanitari: posto che la politica europea degli alimenti è fondata su standard elevati di sicurezza alimentare, è necessario che ai consumatori sia offerta un'ampia gamma di prodotti sicuri e di alta qualità, che permangano tali lungo tutto il processo di filiera. Una politica efficace di sicurezza alimentare richiede la valutazione e monitoraggio dei rischi che possono derivare alla salute dei consumatori dalle materie prime, dalle prassi agricole e dalla lavorazione degli alimenti; essa richiede, inoltre, l’attuazione di un’efficace azione normativa che consenta di prevenire e eventualmente, di gestire tali rischi, mediante l’adozione di adeguati sistemi di controllo e la fissazione di requisiti minimi comuni a tutte le sostanze alimentari (“requisiti di sicurezza”). La tutela della salute pubblica deve avere carattere prioritario rispetto alla protezione di altri interessi pubblici primari.
• Requisiti merceologici: Al fine di tutelare la salute pubblica è necessario, altresì, che siano fissati i requisiti merceologici dei singoli prodotti alimentari. Sono considerati requisiti merceologici di un prodotto tutte le caratteristiche dello stesso (chimiche, fisiche, genetiche, ecc.), la definizione delle materie prime che lo compongono, e le operazioni che ne caratterizzano il processo produttivo.
La mancanza di tali prerequisiti può costituire, come vedremo in seguito, una frode e, quindi, in buona sostanza, un illecito penalmente perseguibile.
Per quanto riguarda gli attributi intrinseci o biologici (perché propri del prodotto alimentare), essi rappresentano l'obiettivo essenziale dell'alimentazione, che è allo stesso tempo quello di nutrire e quello di piacere. Tali requisiti dunque comprendono parametri:
• Requisiti nutrizionali: tale tipologia di caratteristiche, al pari delle precedenti, sono misurabili e verificabili attraverso opportune analisi di laboratorio che accertino la quantità e qualità delle sostanze nutritive presenti nell'alimento. Particolare importanza in tal senso ha assunto nel corso del tempo l'aspetto propriamente salutistico di tali caratteristiche. Si è notato, infatti, che l'assunzione regolare di particolari alimenti contenenti sostanze determinate possono potenziare le difese dell'organismo nei riguardi di alcune patologie come quelle cardiache, circolatorie, cardiovascolari, ipertensive etc.
Inoltre, posto che alcune proprietà nutrizionali possono essere degradate da alterazioni dei processi di produzione, conservazione e commercializzazione, la modificazione di queste ultime può essere considerata come un indicatore della bontà dei processi produttivi.
• Requisiti sensoriali: (il gusto, l'aroma, la consistenza del prodotto ecc.). Oltre a requisiti interni al prodotto, assume rilevanza la percezione dello stesso da parte del consumatore: il rapporto diretto che s’instaura fra consumatore e prodotto, è un giudizio immediato che tiene conto delle prime sensazioni, delle esperienze precedenti, della memoria e cultura personale del consumatore stesso.
Questo coinvolgimento traduce le sensazioni in percezioni stimolando la scelta per l'acquisto o il rifiuto del prodotto.
Le caratteristiche funzionali o di servizio corrispondono, invece, agli attributi complementari del prodotto, quelli che lo rendono più pratico, comodo, o utile, ossia tutti quei fattori che facilitano l'uso del prodotto. Tra le prestazioni di servizio si possono includere: le informazioni sulle modalità d'uso, i consigli sulla conservazione, i requisiti estetici della confezione, che sono essenziali nel determinare non tanto la prestazione del prodotto in sé, quanto l'attitudine del prodotto come oggetto di gratificazione.
Infine, le caratteristiche psicologiche (o culturali) sono quelle proprietà che, possono gratificare le aspettative non materiali del consumatore, che hanno a che fare con i requisiti del contesto produttivo. Tali requisiti, quali le indicazioni di origine territoriale del prodotto e il valore culturale connesso (ossia la "tipicità" DOP e IGP), l'eco-‐compatibilità della produzione, ossia il rispetto e la protezione dell'ambiente come ad esempio l'applicazione delle tecniche di agricoltura biologica (BIO), o ancora gli elementi riconducibili all'immagine del prodotto (la fiducia nel marchio, l'adeguatezza del packaging, il prezzo, etc.) esercitano un notevole richiamo sul consumatore, evocando un effetto psicologico ed emotivo per effetto del quale il cibo si lega alle conoscenze, esperienze, ricordi, e cultura di ciascun consumatore. Anche, se tali requisiti condizionano le caratteristiche del prodotto in modo decisivo, non le influenzano in modo univoco: in linea generale, infatti, nessuna analisi di laboratorio e nessuna percezione materiale possono garantire che un prodotto provenga da una data zona o che sia stato ottenuto con una certa modalità produttiva.
Per tali motivi possono essere considerati come requisiti immateriali della qualità e, benché non siano percepibili o
valutabili nel prodotto, si può dire tuttavia che si tratta di dati oggettivi perfettamente verificabili nel processo produttivo.
Queste, e altre, caratteristiche sono quelle sulle quali si forma la scelta del consumatore che cercherà di acquistare quel prodotto che, tra i tanti, meglio lo soddisfa5. (Costato, La qualità dei prodotti
alimentari , 2007, p. 236-241)
5 Costato, La qualità dei prodotti alimentari , 2007,( p. 236-‐241)
2. Come si è avuto modo di accennare nel corso del capitolo introduttivo una delle motivazioni di tanto successo dell’olivo nell’ambiente mediterraneo riguarda senz’altro l’ampia gamma di prodotti da esso derivati e la loro grande versatilità; come anticipato, infatti, fin dall’antichità, la coltivazione di tale arbusto era destinata alla produzione di legna da ardere, alla raccolta delle olive destinate al consumo tal quale, e soprattutto legata all’estrazione del prezioso succo ottenuto dalla spremitura delle stesse, il quale era a sua volta destinato a soddisfare diverse esigenze, che spaziavano dall’uso in cucina, all’illuminazione, agli usi medicamentosi o comunque estetici.
Nel linguaggio comune, con l’espressione “olio di oliva” in genere s’intende far riferimento a tutti gli oli derivanti dalla lavorazione delle olive, racchiudendo pertanto in tale categoria una gamma di prodotti assai diversi tra loro per qualità e caratteristiche. Proprio per tali motivi fin dai primi interventi regolatori in materia, si è ravvisata la necessità di articolare una serie di definizioni -‐
denominazioni di vendita-‐ piuttosto stringenti, (ancorate cioè a parametri suscettibili di valutazione e verificabilità) che permettessero una differenziazione di tali prodotti6.
A oggi, la classificazione merceologica degli oli di oliva è disciplinata dal Reg. CEE 2568/91 e da molteplici successivi
6 Le norme di commercializzazione dell’UE sono regolamenti recanti definizioni di prodotti, norme minime di prodotto, categorie merceologiche e requisiti di etichettatura intesi ad informare i consumatori su un numero considerevole di prodotti agricoli e su alcuni alimenti trasformati. Il loro scopo è quello di aiutare gli agricoltori a fornire prodotti aventi le qualità auspicate dai consumatori, evitare che questi rimangano delusi, e agevolare i raffronti di prezzo tra prodotti di qualità diversa.
Le norme di commercializzazione sono state adottate in sostituzione di varie norme nazionali e quindi favoriscono gli scambi all’interno del mercato unico. Non tutti i prodotti alimentari sono oggetto di norme di commercializzazione a livello UE.
regolamenti intervenuti ad integrazione modifica e/o abrogazione di parti di esso.
In seguito dell’istituzione della Comunità Europea, fu istituita l’Organizzazione Comune dei Mercati nel settore dei grassi tramite il Reg. 136/66 7. L’allegato “denominazioni e definizioni di cui all’art. 35” di tale regolamento definiva l’olio d’oliva vergine -‐o puro olio d’oliva vergine-‐ come “l’olio d’oliva naturale ottenuto soltanto mediante processi meccanici, compresa la pressione, esclusa qualsiasi miscela con oli di altra natura o con olio d’oliva ottenuto con altro processo”. Si noti che ai fini di tale regolamento, l’acidità espressa in percentuale era l’unico parametro analitico impiegato per la discriminazione delle diverse tipologie di oli d’oliva vergini.
Seguirono poi altri numerosi regolamenti che introdussero man mano nuovi parametri analitici utili a distinguere le varie categorie di oli di oliva. In tal proposito, merita di essere ricordata l’istituzione dell’International Olive Oil Council8nel 1959; fin dalla
7 Regolamento CEE 136 del 22 settembre 1966. L’intervento della Comunità, in tal senso, si giustificava in base all’art. 153 TCE che imponeva, ed impone a tutt’oggi, all’ente di contribuire alla tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori, e ciò anche mediante misure di sostegno, integrazione e controllo della politica svolta dagli stati membri; nello specifico, l’intervento si giustificava in ragione dell’importanza in termini quantitativi del fabbisogno di queste merci, cui però si contrapponeva una scarsità della produzione, circostanza che ovviamente poneva gli stati membri in condizione di forte dipendenza dal mercato mondiale, nell’approvvigionamento di tali beni.
8 International Olive Oil Council: organizzazione intergovernativa mondiale, istituita sotto il patrocinio delle Nazioni Unite nel 1959, con sede a Madrid. Tale istituzione ha concluso tutti gli accordi internazionali in favore dell’ olivicoltura, dell’olio di oliva e delle olive da tavola. Il COI riunisce al suo interno i governi dei maggiori produttori ed esportatori di olio di oliva, soprattutto paesi dell’area mediterranea, i quali da soli rappresentano il 98% della produzione mondiale.
sua creazione, in effetti, il COI si è adoperato nello studio di metodi per l'analisi fisico-‐chimica degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva volti a consentire la distinzione tra le diverse denominazioni commerciali, e a verificare la genuinità di tali prodotti. Obiettivi specifici afferenti la Divisione Tecnica, riguardano proprio l'aggiornamento permanente della norma commerciale9 del COI e
Paesi membri -‐fondatori del COI sono stati, per quanto riguarda i Paesi dell’area Ue: Spagna, Portogallo, Italia e Francia che hanno aderito nel 1956, Grecia e Regno Unito nel1958, e in ultimo Belgio nel 1959. Fin dall’inizio, gli obiettivi principali di tale istituzione miravano a regolamentare il commercio oleicolo internazionale, promuovere i prodotti dell’olivo e le loro qualità benefiche, consolidando i mercati tradizionali ed individuandone nuovi potenziali, tutelare la qualità dell’olio d’oliva e promuovere il trasferimento della tecnologia, favorire la cooperazione internazionale per sostenere i prodotti dell’olivo. Il COI, inoltre, redige statistiche e pubblica informazioni chiare e puntuali sul mercato mondiale dell'olio di oliva e delle olive da tavola; offre, infine, un’opportunità di confronto periodica a livello mondiale, nella definizione di linee programmatiche che riflettono sui problemi del settore e sulle priorità di azione, anche in stretta collaborazione con il settore privato.
9 Tramite la norma commerciale vengono stabiliti i parametri fisico-‐chimici idonei a stabilire i requisiti qualitativi e di purezza propri di ogni denominazione degli oli di oliva e di sansa citate dall’Accordo internazionale, indicando anche quali metodi seguire per la raccolta e l’analisi chimica dei campioni. Successivamente si definiscono i parametri idonei a determinare la valutazione organolettica dell’olio di oliva vergine, per mezzo di un metodo preciso e scientificamente corretto, messo a punto nel 1987 (e successive modifiche) in collaborazione con istituti e laboratori dei paesi membri, il quale comprende norme relative agli aspetti semantici ,fisici, materiali, procedurali per la valutazione sensoriale degli oli di oliva vergini. (I metodi adottati dal COI sono contrassegnati dal riferimento COI/T.20 e sono citati nella sezione 11 della norma commerciale). Nell'ambito della norma commerciale rientrano, inoltre, aspetti quali gli additivi alimentari, i contaminanti, l’igiene, il confezionamento, la tolleranza in materia di riempimento delle confezioni e l'etichettatura dell'olio d'oliva e dell'olio di sansa di oliva. Si ricordi, peraltro, che per espressa previsione i membri del Consiglio s’impegnano a vietare l'uso di denominazioni diverse da quelle specificate. È previsto che per i laboratori di analisi e i laboratori di analisi sensoriale che, nel corso di prove periodiche di
la sua armonizzazione con le norme internazionali concernenti l'olio d'oliva, la ricerca e messa a punto di metodi per la valutazione chimica e sensoriale dell'olio d'oliva, il controllo della competenza dei laboratori e dei panel di assaggio ai quali viene rilasciato il riconoscimento COI, ed infine la messa a punto di manuali per la gestione della qualità nell'industria olearia e delle olive da tavola.
Il COI, inoltre, elabora proposte di revisione delle norme alimentari per gli oli di oliva e di sansa di oliva e per le olive da tavola del Codex alimentarius, al fine di armonizzarle con le proprie. L'armonizzazione svolge un ruolo molto importante, in quanto ai testi del Codex fa riferimento l'Organizzazione mondiale del commercio nel quadro degli accordi per l'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie e per l'abbattimento degli ostacoli tecnici al commercio.
All’articolo2 dell’Accordo Internazionale del 2005 10 sull’olio d’oliva e olive da tavola (attualmente in vigore e sino al 31
controllo, abbiano dimostrato di saper applicare i metodi di analisi raccomandati, e siano in possesso di un preventivo riconoscimento nazionale da parte delle autorità a ciò deputate, possono richiedere il riconoscimento da parte del COI. www.internationaloliveoil.org
10 Accordo internazionale del 2005 sull'olio di oliva e le olive da tavola.
È stato negoziato nell'ambito di una conferenza internazionale tenutasi a Ginevra nell'aprile 2005, sotto l'egida della Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD).
L'accordo del 2005 rappresenta un notevole passo in avanti rispetto ai precedenti, e comprende elementi innovativi che consentono al COI di adeguarsi alle mutate esigenze del mondo oleicolo e della società. Particolare rilievo assume il rafforzamento dei rapporti con il settore privato: i rappresentanti del settore e quelli delle istituzioni sono chiamati a collaborare nella ricerca di soluzioni alle questioni che preoccupano il mondo oleicolo. L'accordo riafferma l'importanza della qualità del prodotto, elemento fondamentale della promozione del consumo di olio di oliva e olive da tavola e quindi di un migliore equilibrio tra domanda e offerta. Infine, un ruolo di primo piano è
Dicembre 2014) vengono preliminarmente enunciate una serie di definizioni volte ad individuare i principali comparti in cui si suddivide il settore, ovvero ‘prodotti oleicoli’ nei quali ricadono tutti i prodotti oleicoli commestibili (oli di oliva, oli di sansa da olive e olive da tavola delle quali si da una prima definizione), e
‘sottoprodotti oleicoli’ intendendo in particolare i prodotti derivanti dalla potatura dell’olivo e dall’industria dei prodotti oleicoli, nonché i prodotti che risultano da altri usi dei prodotti del settore. Successivamente all’articolo 21 “Denominazioni e definizioni degli oli di oliva, degli oli di sansa di oliva e delle olive da tavola” vengono richiamate le denominazioni che compongono le varie categorie commerciali individuate negli allegati B e C , ovvero:
I)Olio di oliva: olio che proviene unicamente dal frutto dell'olivo, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura. Detto olio è oggetto delle denominazioni seguenti:
A Olio di oliva vergine: olio ottenuto dal frutto dell'olivo unicamente mediante processi meccanici o altri processi fisici in condizioni, termiche particolarmente, che non causano alterazione dell'olio e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione.
riservato alla protezione e conservazione dell'ambiente, al fine di ridurre l'impatto ambientale dell'olivicoltura, del settore oleario e conserviero. L'accordo del 2005 scade il 31 dicembre 2014.
http://www.internationaloliveoil.org/estaticos/view/101-‐basic-‐texts
Detti oli sono oggetto della classificazione e delle denominazioni seguenti:
a)Adatti al consumo tal quali:
i)Olio extra vergine di oliva: olio d'oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;
ii)Olio di oliva vergine: olio d'oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 2,0 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;
iii)Olio di oliva vergine corrente11: olio d'oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 3,3 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
b) Oli di oliva vergine inadeguato al consumo tal quale:
olio di oliva vergine lampante: olio d'oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è superiore a 3,3 g per 100 g e/o avente le caratteristiche organolettiche e le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria, destinato alla raffinazione per il consumo umano, o a usi tecnici.
11 Questo prodotto può essere venduto al consumatore finale solo previa autorizzazione da parte del paese in cui avviene la commercializzazione al dettaglio. In assenza di autorizzazione, la denominazione del prodotto sarà quella prevista dalle disposizioni legali del paese in questione.
B Olio di oliva raffinato: olio d'oliva ottenuto mediante raffinazione di oli di oliva vergini, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,3 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria12.
C Olio di oliva: olio costituito dal taglio di olio d'oliva raffina to con oli di oliva vergini adatti al consumo tal quali, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 1 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria13.
II) olio di sansa di oliva: è l'olio ottenuto dalla sansa di oliva mediante trattamento con solventi o altri processi fisici, esclusi gli oli ottenuti con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura.
Detto olio è oggetto delle denominazioni seguenti:
A olio di sansa di oliva grezzo: olio di sansa di oliva le cui caratteristiche sono quelle previste per questa categoria, destinato alla raffinazione per il consumo umano, o a usi tecnici.
B olio di sansa di oliva raffinato: olio ottenuto mediante raffinazione di olio di sansa di oliva grezzo la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,3 g per 100 g e avente le
12 Questo prodotto può essere venduto al consumatore finale solo previa autorizzazione da parte del Paese in cui avviene la commercializzazione.
13 Il Paese in cui avviene la commercializzazione può richiedere una denominazione più precisa.
altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria14.
C olio di sansa di oliva: olio costituito da un taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di oli di oliva vergini adatti al consumo tal quali, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 1 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria. Questo taglio non può in nessun caso essere denominato «olio di oliva».15
Si badi, peraltro che, a norma dell’art. 20 “impiego della denominazione ‘olio di oliva’” tale denominazione(«olio di oliva») impiegata da sola non può in nessun caso applicarsi agli oli di sansa di oliva, e prevede l’impegno da parte dei membri all’abolizione, a livello di scambi sia nazionali sia internazionali, di qualsiasi impiego della denominazione ‘olio di oliva’, sola o combinata con altre parole, non conforme al presente articolo.
Rilevante appare, in ultimo, il catalogo d’impegni individuati all’art. 21 dove espressamente si chiede ai membri del Consiglio di applicare a livello di scambi internazionali le denominazioni specificate dagli allegati e di incoraggiarne l’applicazione nel commercio interno. I membri s’impegnano, inoltre, ad analizzare in dettaglio la definizione delle indicazioni geografiche che possono essere d’interesse economico per i membri, e a individuare le disposizioni legali nazionali di minima, utili ad assicurarne la protezione. Le indicazioni geografiche, quando sono
14 Questo prodotto può essere venduto al consumatore finale solo previa autorizzazione da parte del Paese in cui avviene la commercializzazione al dettaglio.
15 Il Paese in cui avviene la commercializzazione al dettaglio può richiedere una denominazione più precisa.
date, possono essere applicate solo agli oli di oliva vergini e olive da tavola della categoria commerciale extra ottenuti conformemente alle disposizioni previste per questi prodotti, e possono essere utilizzate solo in conformità con le condizioni previste dalla legislazione del paese d’origine. A tal fine, il Consiglio fornisce gli strumenti necessari alla creazione di un sistema di riconoscimento reciproco, delle indicazioni geografiche.
Per quanto riguarda la disciplina di rango comunitario, l’atto normativo di riferimento è rappresentato dal Regolamento 2568/91 e allegati relativo alle caratteristiche degli oli di oliva e degli oli di sansa da olive e ai metodi a essi attinenti. Attraverso tale atto, la Commissione, determina quali debbano essere i parametri chimico-‐fisici e organolettici16idonei a classificare i prodotti all’interno delle categorie commerciali individuate dall’allegato al regolamento n. 136/66 istitutivo dell’OCM nel settore dei grassi, ai fini della commercializzazione nei singoli Stati membri e negli scambi intracomunitari e con i paesi terzi. Obiettivo della Commissione, in altre parole, è quello di stabilire metodi
16 Nel 1981, al fine di definire in modo preciso e scientificamente corretto le caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini, il COI ha deciso di mettere a punto un metodo che permetta la valutazione di tali caratteristiche, in linea con i recenti sviluppi nel campo della standardizzazione dell'analisi sensoriale e in particolare dei progressi compiuti in sede ISO. Tale metodo è stato adottato dal Consiglio nel 1987, e comprende norme relative agli aspetti semantici, fisici, materiali e procedurali, ed è stato in seguito oggetto di diverse revisioni. Il COI ha inoltre previsto il riconoscimento dei laboratori di analisi sensoriale riconosciuti e accreditati a livello nazionale dalle autorità competenti. Il riconoscimento è, infatti, previsto, solo per quei laboratori che abbiano ottenuto l’accreditamento nazionale e che abbiano superato con successo due prove annuali, su cinque campioni. Il riconoscimento ha validità per il periodo 1º novembre -‐ 31 ottobre e l'elenco dei panel riconosciuti viene adottato dal Consiglio nel corso della sessione di novembre. COI/ T.20/
Doc. n. 4/Rev.1 settembre 2007
comunitari univoci di analisi chimica e di valutazione organolettica, prevedendo per quest’ultima che siano istituiti comitati di assaggiatori selezionati ed esperti.
La struttura del Regolamento prevede una breve serie di considerando idonei a identificare lo scopo che tale Regolamento s’impone, pochissimi articoli (appena dieci), e una serie più cospicua di Allegati; L’allegato I “caratteristiche degli oli di oliva”
stabilisce i parametri chimico-‐fisici relativi ad ogni categoria commerciale, tutti gli altri, escluso l’allegato XII che fa riferimento alla valutazione organolettica (applicabile solo per gli oli di oliva vergini), si riferiscono ai metodi di campionamento e analisi, i quali a loro volta fanno riferimento a svariate norme ISO.
Tale Regolamento come detto è stato modificato svariate volte,17recentissime peraltro le ultime modifiche apportate, non scevre da piccate polemiche. È stato pubblicato, infatti, sulla GUUE il Regolamento di esecuzione (UE) n. 1348/2013 della Commissione, del 16 dicembre 2013, applicabile dal1 Marzo 2014 che modifica il regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle
17 Negli anni successivi sono stati introdotti altri parametri analitici atti a differenziare ulteriormente le diverse categorie di olio d’oliva; in particolare il contenuto di isomeri trans degli acidi grassi insaturi Reg. CEE n. 1429 del 26 Maggio 1992; il contenuto in cere in sostituzione di quello degli alcoli alifatici Reg. CEE n. 183 del 29 Gennaio 1993; il contenuto in stigmastadieni Reg.
CEE n. 656 del 28 Marzo 1995; la valutazione dei triacilgliceroli con ECN 42, mediante il calcolo della differenza tra contenuto teorico e contenuto sperimentale (HPLC) Reg. CEE n. 2472 del 11 Dicembre 1997 integrato dal Reg. 282 del 3 Febbraio 1998; il contenuto in 2 gliceril-‐monopalmitato Reg. CEE n. 702 del del 21 Giugno 2007; il contenuto in metil ed etil esteri degli acidi grassi Reg. UE n. 61 del del 24 Giugno 2011. Successivamente alla loro emanazione sia il Reg. n. 2568/91 sia gli altri regolamenti, sono stati rivisti e modificati dal legislatore al fine di tutelare la qualità e genuinità degli oli d’oliva. In particolare il Reg. n. 1989/2003 ha nuovamente modificato la classificazione degli oli di oliva, eliminando la categoria commerciale dell’olio di oliva corrente.
caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti. Tale regolamento aggiorna i metodi di valutazione delle caratteristiche chimiche e organolettiche degli oli d’oliva e degli oli di sansa d’oliva, così come i valori limite relativi alle caratteristiche stesse, sulla base del parere degli esperti e conformemente all'attività svolta in sede COI. È inoltre adeguato il metodo di campionamento dell'olio d’oliva e dell'olio di sansa d’oliva. Infatti, come si legge nella parte introduttiva del Regolamento la Commissione ritiene “ necessario adeguare i valori limite relativi agli stigmastadieni, alle cere, all’acido miristico e agli alchil esteri degli acidi grassi e occorre modificare di conseguenza alcuni schemi decisionali che servono a verificare se un campione di olio di oliva è conforme alla categoria dichiarata. Occorre stabilire gli schemi decisionali relativi al campesterolo e al delta-‐7-‐
stigmastenolo corredandoli di parametri più restrittivi, al fine di agevolare gli scambi e garantire l’autenticità degli oli, nell’interesse della protezione dei consumatori. È necessario sostituire il metodo di analisi relativo alla composizione e al contenuto di steroli, nonché alla determinazione dell’eritrodiolo e dell’uvaolo con un metodo più attendibile che comprenda anche i dialcoli triterpenici. È, inoltre, opportuno rivedere la valutazione organolettica degli oli di oliva e inserire un metodo che consenta di rilevare la presenza di oli vegetali estranei negli oli di oliva”. (Par. n.3); “Alla luce dell’evoluzione delle procedure relative ai controlli di conformità degli oli, occorre adeguare di conseguenza il metodo di campionamento dell’olio di oliva e dell’olio di sansa di oliva“.
(Par.n.4).
Particolare attenzione merita, inoltre, l’importanza della valutazione sensoriale da parte di un Panel riconosciuto (art. 1, comma 2): “La verifica delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini da parte delle autorità nazionali o dei loro
rappresentanti è effettuata da panel di assaggiatori riconosciuti dagli Stati membri. Le caratteristiche organolettiche di un olio, ai sensi del primo comma, si considerano conformi alla categoria di olio di oliva dichiarata se il panel di assaggiatori riconosciuto dallo Stato membro ne conferma la classificazione. Qualora il panel non confermi la categoria dichiarata, sotto il profilo delle sue caratteristiche organolettiche, a richiesta dell’interessato le autorità nazionali o i loro rappresentanti incaricano altri panel riconosciuti di effettuare quanto prima due controanalisi, di cui almeno una deve essere effettuata da un panel riconosciuto dallo Stato membro di produzione dell’olio. Le caratteristiche in questione sono considerate conformi a quelle dichiarate se le due controanalisi confermano la classificazione dichiarata. In caso contrario il costo delle
controanalisi è a carico dell’interessato”.18
18 Art 1 comma 2 Reg. n. 1348/2013 della Commissione del 16 Dicembre 2013 che modifica il reg.
CEE n.2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d’oliva degli oli di sansa d’oliva nonché ai metodi ad essi attinenti.
3. La filiera dell’olio extravergine d’oliva, come ogni prodotto agroalimentare, inizia dai campi e termina con il consumo (Sotte, 2011)19. La qualità delle olive dipende da una moltitudine di fattori e dalle loro reciproche interazioni, in particolare la cultivar, l’ambiente di coltivazione, le tecniche agronomiche e i sistemi di protezione fitosanitaria delle piante. La qualità degli oli da esse ottenuti, è anch’essa necessariamente influenzata dal processo di produzione, in particolare, lo stadio di maturazione delle olive, tempi e modalità di raccolta, conservazione delle stesse prima di essere trasformate. Certamente poi, anche il sistema di estrazione, condiziona notevolmente la qualità finale del prodotto finito, sia nelle sue caratteristiche chimico-‐fisiche, che in quelle organolettiche.
Tale introduzione, che a prima vista potrebbe apparire banale, porta a introdurre un altro concetto rilevante per quanto riguarda la disciplina del settore agroalimentare, e cioè il concetto di tracciabilità della filiera produttiva.
Il famoso Regolamento CE n. 178/200220all’art.3 comma 15 definisce la tracciabilità come: “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”;
19 L’utilizzo di tale espressione vuole richiamare esplicitamente la strategia adottata dalle istituzioni UE denominata “from farm to fork” . In merito si v. Sotte F., (2011) Preferenze dei consumatori e legami sitemici nell’agroalimentare, in TRACCIABILITA’ ED ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI, I georgofili Quaderni 2011-‐VII, (pagg. 7-‐17) Edizioni Polistampa,
20 Regolamento (CE) n.178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità
europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.