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BORIS PASTERNAK, Il dottor Zivago

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Academic year: 2022

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“Si accorsero allora che solo la vita simile alla vita di chi ci circonda, la vita che si immerge nella vita senza lasciar segno, è vera vita, che la felicità isolata non è vera felicità. La felicità è vera soltanto se condivisa”.

BORIS PASTERNAK, Il dottor Zivago

“Occorre che alla progressiva mondializzazione dell’economia corrisponda sempre più la cultura globale della solidarietà, attenta ai bisogni dei più deboli”.

GIOVANNI PAOLO II

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI BOLOGNA

FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

Corso di laurea in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica

DAL CONSUMO CRITICO ALL’IMPRESA RESPONSABILE

RSI: definizione, genesi, tecniche di implementazione e analisi di caso.

Tesi di laurea in Economia della Cultura

Relatore Presentata da

Prof. Massimiliano Mazzanti Antonello Di Nucci

Correlatrice Prof. Chiara Mazzotti

Sessione Terza

Anno accademico 2008/2009

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Indice

INTRODUZIONE. La gestazione di una cultura p.8

ATTO PRIMO

1. LA GLOBALIZZAZIONE. Lo scenario socio-istituzionale p.15 2. IL POST-MODERNISMO. L’orizzonte culturale e comportamentale p.20 3. IL CONSUMO CRITICO. Una scelta di campo etica p.25 3.1.Il significato del consumo nell’età post-moderna p.29 3.1.1.Il consumatore è più informato p.32 3.1.2.Il consumatore è più emozionale p.33 3.1.3.Il consumatore è più discrezionale p.34 3.1.4.Il consumatore è più evoluto p.35 3.2. Il consumo nel pensiero filosofico: terra vergine o vicolo cieco? p.37 3.2.1.Teoria psicologica o psicoanalitica p.38 3.2.2.Modello cognitivista p.39 3.2.3.Umanistico-interpretativista p.40 3.2.4.Consumer-behaviour p.40 4. IL CONSUMO RESPONSABILE NELLE PRATICHE SOCIALI CONDIVISE p.44 4.1. Il movimento consumerista p.51 4.2. Il fair trade p.56 4.3. Verso una nuova logica di mercato: l’economia responsabile p.60 5. LE NUOVE STRATEGIE IMPRENDITORIALI: dal pensiero unico alla partnership con il consumatore p.67 5.1. Misure di marketing e comunicazione: quando parlare e ascoltare hanno lo stesso valore p.77 5.2. Alcune teorie sull’impresa p.90 5.3. Introduzione alla RSI p.96

ATTO SECONDO

1. I PERCHÉ DI UN EXPLOIT. Introduzione alle cause della RSI p.104 2. CRONO-STORIA. Una panoramica delle teorie e dei presupposti concettuali p.116 3. DE-REGULATION. La RSI nell’area dei contesti e delle decisioni istituzionali p.128 3.1. Il contesto europeo p.130

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3.2. Il contesto italiano p.134 4. IDENTIKIT. Proviamo a definire la responsabilità sociale delle imprese p.141 4.1. Principi e caratteristiche: le carte in regola per la RSI p.153 4.2. Teorie e modelli cognitivi: un excursus storico-letterario p.163 4.2.1. Il modello Triple Bottom Line p.164 4.2.2. Il modello delle 4 macroaree p.169 4.2.3. La piramide di Carroll p.172 4.2.4. Il modello Multi-Stakeholder p.176 5. DALLA TEORIA ALLA PRATICA. Le modalità performative di RSI p.185

5.1. Il manifesto che non c’è: i motivi dell’assenza di un modello universale di

pratiche p.193 5.2. Doppia personalità: la dimensione interna e la dimensione esterna p.197 5.3. Misure di implementazione p.202 5.3.1. Il codice etico p.204 5.3.2. Il Social statement p.207 5.3.3. La partnership nella comunità p.210 5.4. Misure di certificazione p.214 5.4.1. Il modulo AA-1000 p.216 5.4.2. Le GRI e il GBS p.220 5.4.3. Lo standard SA-8000 p.225 5.4.4. Il bilancio ambientale p.227 5.4.5. Il bilancio sociale p.233 5.5. Misure di comunicazione p.242 5.5.1. Gli strumenti e le iniziative per comunicare l’RSI p.251 5.5.2. Il cause related marketing p.256 5.5.3. La sponsorizzazione sociale e culturale p.263 5.5.4. Il corporate living o fund raising p.266 5.5.5. L’advocacy advertising p.268 5.5.6. Le ecolabel, gli spots verdi e il green washing p.271

ATTO TERZO

CASE STUDY. Radiografia dei processi di innovazione realizzati dalle imprese manifattu- riere sul suolo emiliano-romagnolo nel biennio 2006-2008 p.278 CONCLUSIONI. Il riscatto dell’agire etico p.322

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Bibliografia e sitografia p.326

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INTRODUZIONE.

Gestazione di una cultura.

La globalizzazione è concordemente reputata il principale fattore di trasformazione dello scenario economico mondiale in tempi recenti.

Da un lato il processo di internazionalizzazione sociale e culturale culmina nella formazione del villaggio globale, dall’altro il mercato finanziario si fa sempre più globale e indipendente dalle manovre normative e politiche di matrice nazionale. Si registra il sopravvento della filosofia del tutto è lecito, conta solo il profitto, così come al consolidamento di soggetti commerciali ed economici sempre più vasti, smisurati, incontrollabili, le corporation. Parallelamente, si fa strada un nuovo organo riflessivo di stampo popolare, l’opinione pubblica il quale, per gradi, pone le basi di un grande contropotere mondiale che si oppone ai processi interni alla globalizzazione accusati di creare sì ricchezza e progresso ma il tutto a spese delle realtà sociali e ed economiche indifese.

Nel 1999, Seattle ospita l’annuale meeting del WTO, l’Organizzazione mondiale del commercio, nei confronti della quale un numero cospicuo di individui manifestano tutto il disaccordo e le perplessità per le ricadute negative della globalizzazione economica. Il vertice di Seattle spiana la strada all’avvento di una nuova Società Civile Internazionale, grande contropotere alternativo e interlocutore imprescindibile per le decisioni che riguardano il destino del mondo.

L’etica, la caratura morale di principi e comportamenti, smette di essere considerata un fattore superfluo dell’operare economico per diventare il valore aggiunto delle azioni e delle pratiche.

La globalizzazione mobilita le masse, smuove le coscienze, innesca l’elaborazione dei singoli e delle comunità che per stare al passo e sviscerarne la fondatezza devono sviluppare un nuova forma di sensibilità, nuovi codici, nuove attitudini mentali e modelli di condotta: l’uomo del 900 alza bandiera bianca e da il via libera all’uomo del ventunesimo secolo, la modernità cede il passo al post-

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modernismo. Provare a dare una definizione di questa ‘nuovo clima’

appare opera ardua e spinosa, la postmodernità è la dialettica degli opposti.

L’anno zero del suo insorgere va collocato nella rinuncia alle teorie cartesiane della supremazia dell’intelletto e della logica e nella parallela ascesa del primato dell’Io soggettivo, del subconscio.

L’uomo moderno si smarrisce. L’apologia della macchina pone un ulteriore tassello al decentramento dell’io post-moderno. A trarne beneficio sono le emozioni, i dubbi, i turbamenti, i sospetti, il vissuto irrazionale e istintivo.

Il nuovo clima si manifesta in tutta la sua natura innovativa in quello che può essere considerato ‘il’ comportamento dell’era post- moderna della globalizzazione: il consumo. Il consumo diviene simbolo e al tempo stesso "liquido amniotico" del passaggio da modernità a postmodernità1.

Nella logica della modernità il consumatore era un individuo fortemente razionale, in grado di operare delle scelte fruttuose in base a dei criteri univoci di necessità ed economicità. A questo individuo gli autori di diverse teorie economiche attribuiscono l’etichetta di Homo Aeconomicus, l’atto dell’acquisto è il tripudio della razionalità economica. Nella post-modernità all’opposto, il consumo si complica, si ricodifica, deflagra in una pluralità di fattori e variabili coinvolte, dai parametri cognitivi a quelli comportamentali e valoriali; i concetti di profitto o di massimizzazione della rendita non sono più sufficienti a venirne a capo. Salgono in cattedra criteri sfuggenti e specifici quali il desiderio, la fiducia, la felicità, il senso di appartenenza ad un gruppo e persino l’ideologia. Dalla sfera materiale dei bisogni terrestri, il terreno di elezione di un bene e i motivi del suo acquisto slittano verso la sfera dei valori immateriali e dell’immaginario che il prodotto evoca.

Non solo. Il consumatore post-moderno acquisisce altresì la piena

1 G. FABRIS, V. CODELUPPI, Consumi e organizzazioni. Franco Angeli, 2001

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consapevolezza della centralità del proprio ruolo all’interno della transazione commerciale, un potere tale da influenzare non solo le sue scelte ma anche quelle di chi produce e chi vende. Egli prende soprattutto atto dell’unico asso della manica che egli può giocare al tavolo della contrattazione commerciale: l’atto d’acquisto. Il consumatore comincia ora a condurre il gioco: da cliente passivo si trasforma in consumatore critico. Diventa più astuto, smaliziato, rigoroso, esigente, pratico, competente e proattivo. Dopo una vita trascorsa nel completo anonimato e nel’omologazione coatta del conformismo di massa, il consumatore attuale si prende la sua rivincita e manifesta il suo riscatto esprimendo tutta la propria singolarità. L’ennesimo paradosso della post-modernità: proprio perché più globale il consumatore rivendica i caratteri distintivi della sua unicità.

Le aziende abiurano il modello economico classico del pressing psicologico e della produzione top-down per sposare un nuovo standard nel quale il consumatore è posto all’interno di una comunicazione bottom-up. Nel nuovo disegno egli ricopre il doppio- ruolo tanto di destinatario di messaggi persuasivi quanto di sorgente di informazioni basilari: da semplice bersaglio di messaggi univoci e volti ad orientare le sue scelte si trasforma in interlocutore privilegiato, da target a partner.

Il consumo, da semplice momento univoco, si tramuta in un processo articolato e progressivo. Una performance che chiama in causa un insieme composito di componenti complesse, filtrate dalle profondità sub-consce e rinvenibili in particolare nella sfera del sociale e dell’etica. Per la prima volta prende corpo il concetto di soddisfazione etica, si traduce nel tentativo di appagamento dei bisogni morali ed emozionali del soggetto. Il centro nevralgico da cui si propaga il nuovo orizzonte è costituito da una semplice riflessione:

la considerazione che ognuna delle fasi del ciclo di vita di un prodotto (dalla produzione alla distribuzione, dall’utilizzo all’eliminazione)

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può arrecare danni a se stessi o agli altri. Esistono dei risvolti e delle implicazioni etiche nei comportamenti di consumo.

In questo sede si considererà l’agire di consumo quale catalizzatore e sintomo degli orientamenti nei confronti dell’etica propri della società globalizzata e dell’età post-moderna. E’ proprio la globalizzazione a suscitare un rinnovato interesse nei confronti dello sviluppo economico mondiale e la concomitante affermazione di pratiche sociali condivise all’insegna di una rinnovata responsabilità.

Tra i tanti fattori interagenti in sede di valutazione dell’acquisto, il concetto di soddisfazione etica prende man mano il sopravvento. La rinascita dell’opinione pubblica punta ora l’indice sui principi e sulle modalità che regolano lo sviluppo economico mondiale ponendo l’accento sulla necessità di rimettere in discussione tutti i valori e le regole sui quali tale esperienza si fonda. Si fa strada nella società civile il desiderio idealistico di riconvertire il quadro dell’economia globale al ripristino di un equilibrio commerciale tra Nord e Sud del pianeta. La società civile esce dal letargo, la società dei consumi si tramuta nella nuova agorà dell’era post-moderna.

Secondo l’opinione diffusa nel diciottesimo secolo, il mercato era l’unico dispositivo coerente in grado di produrre il benessere della società tramite la massimizzazione di tutti i profitti e il conseguente incremento della ricchezza di tutti i cittadini.

Dal momento in cui l’economia si fa post-moderna, ossia post- industriale, immateriale e informatizzata, il principio di autoregolamentazione subisce un pesante ridimensionamento, la teoria economica viene letteralmente istituzionalizzata, il mercato è collocato all’interno di un ambiente istituzionalizzato, a ridosso di un sistema di regole specifico. L’antico retaggio per il quale economia e società erano viste come due sfere d’azione separate e autonome viene oggi superata. Solo ciò che è vantaggioso per l’individuo è nel contempo positivo per la società, e che solo azionando questo sistema di vasi comunicanti è possibile perseguire obiettivi di benessere

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collettivo, su vasta scala e di lungo respiro.

Certo una cosa è ormai ben chiara a tutti: l’economia mondiale non può rinunciare al mercato. Ma la mano invisibile non è più così autosufficiente. Occorre fare due considerazioni: la prima è che la rete dei commerci internazionali deve essere sottoposta a delle rettifiche strutturali, la seconda è che queste correzioni devono essere favorite dalla comparsa di nuove forze finanziarie, paesi in via di sviluppo, organismi di controllo istituzionale, organizzazioni non profit ecc.. Le imprese, soggiogate altresì dalla forte pressione competitiva, sono obbligate a rispondere per le rime e a contribuire attivamente all’evoluzione sociale e finanziaria.

Al di là di tutto è il consumatore il nuovo grimaldello che permette di abbattere il muro dello sfruttamento e della disparità, il consumatore segnala quali componenti devono essere corrette all’interno delle imprese e dunque del mercato finanziario. Da uno scenario costituito sulla base degli interessi di chi essenzialmente comanda, ossia di chi produce e chi vende, ci si sposta verso un nuovo quadro generale in cui al centro del disegno è posto colui che nella norma subiva, passivamente, gli orientamenti inoltrati: il cliente. Un cambio di prospettiva decisivo e all’avanguardia: il riscatto della domanda sull’offerta.

Le imprese devono rispondere in modo sempre più soddisfacente alla domanda del nuovo consumatore critico. È necessario attivare un feedback, dei canali di comunicazione diretta e trasparente, per instaurare con i consumatori un rapporto di reciproca fiducia incentrato sui principi di fedeltà e coscienza civica. Parimenti, c’è bisogno di nuove coordinate gestionali e operative, che affondino le radici in una duplice dimensione spaziale: da una parte le imprese sono ancora materialmente radicate in un contesto, che può essere un territorio oppure un target, dall’altra le imprese si inseriscono un nuovo terreno di elezione, composto in questo caso da un sistema consolidato di valori universali, la responsabilità, l’equità, la tutela

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della sfera ambientale. Le imprese non offrono più prodotti ma appagano valori identitari.

Da una filosofia di soddisfacimento delle richieste del consumatore in quanto cliente (la customer satisfaction), si evolve ad un’azione gestionale focalizzata sull’appagamento del consumatore in quanto uomo, la human satisfaction. Il consumatore da cliente passivo si converte in consumatore carismatico. La novità di quest’approccio è rappresentata dai vantaggiosi scenari che si prospettano al management dell’impresa: solo quelle ditte che si riveleranno capaci di appropriarsi dei temi appartenenti alla sfera dei valori immateriali saranno in grado di capitalizzare al meglio la risorsa-fiducia.

L’impresa si fa sistema, unità organizzativa aperta, funzionale e metabolica. Un apparato in cui incorporare gli input, le prerogative dei clienti, con lo scopo di elaborare nuove forme di output, corrispondenti non solo all’insieme di prodotti e servizi ma altresì alla creazione di valore complessivo fruibile da tutti gli attori interagenti nell’ambiente di riferimento: consumatori, dipendenti, fornitori, partner, distributori e istituzioni.

A nuovo protagonista assurge la conduzione delle strategie di marketing, cui compete la funzione strategica di costruire a monte un segmento di utenti auspicabili. Il marketing da semplice strumento di vendita diventa principio organizzativo centrale dell’intera impresa.

L’addetto di marketing deve prendere nota tanto delle preferenze dell’individuo, le tendenze comportamentali, quanto del suo sistema di valori fondamentali, i principi morali che ispirarono le sue azioni. Il mondo interiore del citizen consumer, un diaframma interposto tra i messaggi recitati e i significati recepiti, diventa il bacino cui attingere.

Il consumo come stato mentale, come fenomeno collocato all’interno di uno spazio interiore, un rifugio fatto di idee, pensieri, ricordi ed emozioni.

Negli anni ’90, la filosofia ispiratrice delle organizzazioni commerciali si ridisegna alla luce dei mutati rapporti tra economia ed

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etica. I tempi sono ormai maturi per il definitivo superamento dell’annoso pregiudizio che vede il profitto e l’etica come due oggetti cognitivi separati. Occorre una prospettiva univoca che coniughi le finalità del profitto con i nuovi imperativi dell’orizzonte culturale della post-modernità: lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale.

Mentre prime la responsabilità sociale era vista come un lusso ora le cose cambiano. A contare adesso, e parimenti, non sono più i soli aspetti legato al cosa si produce, ma altresì gli elementi correlati al come si produce. La responsabilità sociale diventa tanto il principio ispiratore di ogni singola decisione operativa di un’impresa (la sua bussola), quanto la leva strategica (il timone). Alle imprese, specie quelli più imponenti, viene ora espressamente richiesto il dovere di rendere conto del proprio impatto sul territorio e sull’ordine sociale nel quale operano. Prende corpo il bisogno di controllare in seno ad ogni azienda il rapporto tra i fattori impiegati per la fabbricazione e le prestazioni risultanti dalle pratiche. L’impatto dell’impresa sulla società deve irrimediabilmente tradursi in un’azione sostenibile, trasparente e a beneficio di tutti, occorre creare un utile, un sovrappiù, un valore che non sia meramente monetario ma espressamente sociale, leggibile in termini di progresso, crescita e benessere condivisi. Le imprese ripartono dalla centralità delle persone, puntando all’integrazione della sostenibilità nei processi aziendali ed alla creazione di valore insieme economico, ambientale e sociale. Dai consumatori si comincia a parlare di stakeholder; il consumer-citizen non è altro che il cittadino post-moderno che riacquista la consapevolezza del suo contributo alla costruzione della società civile.

La responsabilità sociale si trasforma ben presto in vera e propria patente di qualità.

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1. LA GLOBALIZZAZIONE.

Lo scenario socio-istituzionale.

Il fenomeno della globalizzazione può essere considerato il principale fattore di trasformazione dello scenario economico mondiale in tempi recenti, conseguenza diretta delle innovazioni che investono le istituzioni, le tecnologie e la società civile in quegli anni e nel contempo premessa imprescindibile dei processi di mutamento conseguenti. Fin dalla sua affermazione la globalizzazione si configura come una realtà controversa e impopolare in ragione di una doppia chiave di lettura che da sempre la accompagna: fonte di sviluppo inarrestabile per le popolazioni mondiali ma anche grande moloch uniformante e divoratore dei localismi culturali e delle entità socio-economiche più deboli.

In linea di principio si può suddividere la genesi della globalizzazione in 3 lunghi step evolutivi. Vediamoli in sintesi.

Nella prima fase del suo insorgere, circoscrivibile in sostanza agli anni di transizione tra il XIX e il XX secolo si assiste ad una drastico restringimento dei tempi di spostamento dei soggetti e di trasferimento delle merci da un paese all‟altro accompagnata ad una marcata riduzione dei costi di trasporto e all‟abbattimento delle barriere doganali. La possibilità di penetrare in luoghi prima inaccessibili spiana la strada a quel fenomeno di internazionalizzazione che culminerà nella formazione del villaggio globale.

Il secondo step inquadrabile tra gli anni successivi alla seconda guerra mondiale e l‟avvento degli anni ‟90 si caratterizza per un doppio movimento. Nel corso della prima ondata i vari stati nazionali ricorrono all‟impiego di misure protezionistiche e padronali a seguito della deflagrazione della crisi economica del „29 e delle 2 guerre mondiali che coinvolgono in particolare gli stati ricchi e benestanti ascrivibili al capitalismo liberista occidentale: tra queste limitazioni si ricordano vincoli all‟espatrio di capitali all‟estero, al ricorso a

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manodopera straniera eccetera . In un secondo momento gli stessi organi governativi nazionali invertono la rotta cominciando a porre le basi di un mercato economico e finanziario che si fa sempre più internazionale e indipendente dalle manovre normative e politiche di matrice nazionale.

Altri aspetti di questo impianto che prefigurano al sopravvento della filosofia del tutto è lecito, conta solo il profitto sono: la ripresa dei flussi migratori, di merci e di capitali, che raggiunge livelli di crescita esponenziale per volume e rilevanza; il coinvolgimento nel processo evolutivo di nuove realtà economiche in via di sviluppo: il Centro America, l‟India , la Cina, le quali, per la prima volta ottengono libero accesso alla compravendita mondiale e allo scambio di prodotti e servizi; il consolidamento di soggetti commerciali ed economici sempre più vasti, smisurati, incontrollabili, le corporation, capaci tanto di contribuire in maniera decisiva al sostegno del sistema economico mondiale quanto di aggirare o disconoscere i controlli e la sovranità degli stati nazionali. A tal proposito risulta illuminante una recente indagine condotta dall‟Insititute for Social and Policy Studies di Washington che testimonia di questo crescente fenomeno segnalando che tra le prime 100 entità economiche al mondo 51 sono aziende e aggiungendo che pressappoco un quarto del complesso delle attività economiche globali è alimentato dalle 200 imprese preminenti.

Da ultimo, si assiste a un parossistico potenziamento delle tecniche produttive e delle tecnologie, in particolare limitatamente alle pratiche dell‟informazione e della comunicazione1.

E‟ questo forse il principale fattore di cambiamento che accelera la trasformazione delle realtà sociali, lo sviluppo di una crescente perizia nella gestione e nel monitoraggio delle attività economiche su vasta scala, l‟affermazione di un nuovo organo mediatico e consultivo di stampo popolare battezzato opinione pubblica il quale,

1 Contenuto in M. MOLTENI, M. LUCCHINI,(2004), I modelli di responsabilità sociale nelle imprese italiane, Franco Angeli, Milano

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progressivamente, assurgerà a grande protagonista di questa congiuntura storica ponendo le basi di un grande contropotere mondiale che come dicevamo all‟inizio si opporrà ai processi interni alla globalizzazione accusati di creare sì ricchezza e progresso ma il tutto a spese delle realtà sociali e ed economiche indifese.

Nella fattispecie fa sicuramente sensazione la data del 1999, anno in cui Seattle ospita l‟annuale meeting del WTO, l‟Organizzazione mondiale del commercio, nei confronti della quale un numero cospicuo di individui manifestano tutto il disaccordo e le perplessità per le ricadute negative della globalizzazione economica. E‟ proprio nel corso di queste manifestazioni che si realizza la convergenza di un complesso eterogeneo di spinte militanti, pacifiste, ambientaliste, umanitarie, politiche e sindacali, che a lungo andare finiranno per confluire nel cosiddetto Popolo di Seattle, territorio d‟elezione dei No Global e cassa di risonanza di tutte le aspirazioni sociali finalizzate ad un sistema più equo e orizzontale.

Durante il WTO, l‟operato dei potenti della terra è aspramente contestato dai dimostranti ivi riuniti per mezzo di manifestazioni simboliche e pacifiche ma anche attraverso rabbiose contestazioni di piazza che si trasformarono in vera e propria guerriglia urbana, un‟estetica della violenza che a più riprese verrà inscenata nel corso del decennio successivo a partire dal caso estremo degli incidenti in occasione del G8 tenutosi a Genova nel 2001 e culminato nel decesso di un giovane dimostrante, l‟allora ventiduenne Carlo Giuliani.

Ciò nonostante e a fronte della comparsa di queste forme estreme di contestazione a prendere il sopravvento all‟interno del popolo dei No Global è un costruttivo dibattito tra tendenze intellettuali e pacifistiche, libere da ogni influenza partitica e fermamente protese all‟affermazione di un ordine economico mondiale che rispetti l‟identità delle singole realtà nazionali e che cessi di fondare la propria principale ragione di essere sul famelico sfruttamento delle risorse naturali e umanitarie dei paesi in via di sviluppo. Quello che i No

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Global chiedono è in sostanza il sopravvento di una globalizzazione diversa, riveduta nei modi e corretta nelle ripartizioni, una globalizzazione che non agisca solo a beneficio dei profitti ma anche a vantaggio degli individui, un sistema incentrato sì sul libero scambio di prodotti e servizi ma anche su un‟equa ridistribuzione delle ricchezze e sul rispetto degli equilibri ambientali, una realtà a sostegno dell‟economia di mercato e della libertà concorrenziale ma capace di fermarsi un attimo prima che questa si trasformi da giusta massimizzazione del benessere a miope tirannia del capitale.

Una globalizzazione insomma, all‟insegna dell‟etica e non solo del profitto.

A partire da Seattle si fa largo nell‟opinione pubblica internazionale quella ripartizione tra blocchi contrapposti che caratterizzerà il dibattito e segnerà l‟approccio nei confronti dei valori e dei principi ascrivibili alla visione del libero commercio. Da una parte si schierano i sostenitori del processo, i globofili, convinti che il processo di integrazione porterà solo cooperazione e benefici per tutti i popoli specie per i più indifesi, dall‟altro viceversa prendono posto i globofobi, costoro, viceversa, riconoscono la rilevanza del fenomeno ma nello stesso tempo escludono che tale sistema possa naturalmente generare ricchezza e benessere diffusi a meno che non venga sottoposto a rigidi vincoli normativi esercitati dai governi dei singoli paesi2.

Ciò che conta, al di là di inevitabili valutazioni di merito, è che, come sostiene, Ignacio Ramonet, è proprio il vertice di Seattle e tutto quello che comporta a porre le basi di una nuova Società Civile Internazionale formata da singoli cittadini, associazioni disparate e organizzazioni non governative.3 Tale nuovo referente si pone quale

2 OXFARM Report, Rigged rules and double standard: trade, globalization, and the fight against poverty, 2002.

Oxfam International è una confederazione di 13 organizzazioni non governative che lavorano con 3.000 partners in più di 100 paesi per trovare la soluzione definitiva alla povertà e all'ingiustizia. Oxfam lavora con le comunità locali, a fianco delle reti e delle organizzazioni, per uno sviluppo sostenibile, anche in condizioni di emergenza, e per promuovere campagne di sensibilizzazione in tutto il mondo (Fonte: Wikipedia).

3 Cit. in V. GIACOBINI, No-global, tra rivolta e retorica, Eleuthera, Milano, 2002.

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organo di riflessione collettiva, megafono dell‟interesse pubblico e interlocutore imprescindibile per le decisioni che riguardano il destino del mondo, dall‟economia alle istituzioni, dall‟ambiente alle politiche del lavoro. E‟ proprio questo grande contropotere alternativo a spianare la strada per una profonda riflessione sulla riforma delle scelte economiche tanto in prospettiva mondiale che in relazioni ai singoli soggetti commerciali. In questo modo l‟etica, la caratura morale di principi e comportamenti smette di essere considerata un fattore superfluo dell‟operare economico per diventare il valore aggiunto delle azioni e delle pratiche dei più disparati referenti istituzionali e commerciali.

A partire da Seattle, in ultima analisi, la globalizzazione smette di essere un affaire per pochi intimi diventando un argomento sotto gli occhi di tutti.

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2. IL POST-MODERNISMO.

L’orizzonte culturale e comportamentale.

Tema ricorrente della trama della globalizzazione è una intrinseca ma evidente contraddittorietà, una dialettica di attriti irrisolti, la coincidenza degli opposti: i globofili e i globofobi, l‟allineamento e la ribellione, le minoranze e i blocchi di potere, il profitto personale e la morale collettiva, il calcolo degli affaristi e l‟impeto dei dimostranti, il sostentamento delle masse e l‟arricchimento dei potenti. Tutto questo viene come sintetizzato, centrifugato all‟interno della figura della globalizzazione e in seno alle singole percezioni che ogni individuo matura del fenomeno. La globalizzazione attrae, respinge, invita a riflettere e agire, ma non lascia mai indifferenti. Essa mobilita le masse, smuove le coscienze, innesca l‟elaborazione dei singoli e delle comunità che per stare al passo e sviscerarne la fondatezza devono sviluppare un nuova forma di sensibilità, nuovi codici, nuove attitudini mentali e modelli di condotta: l‟uomo del 900 alza bandiera bianca e da il via libera all‟uomo del ventunesimo secolo, la modernità cede il passo al post-modernismo.

Provare a dare una definizione di questa „nuovo clima‟ appare opera ardua e spinosa in quanto esso si caratterizza proprio per il fatto di compendiare al proprio interno una serie di dicotomie, di antitesi che confliggono ma più sovente coesistono. Tali attriti si esplicano per esempio nell‟avvento di un nuovo orizzonte tecnologico, frutto dei macroscopici passi in avanti compiuti in tempi recenti nel campo dell‟elettronica, della fisica, dell‟informatica e del digitale. Una tecnologia che fa irruzione tanto nelle pratiche delle poderose filiere produttive quanto nella quotidianità dei singoli individui, eppure non riuscendo a creare un indiscusso e universale entusiasmo ma viceversa provocando una reazione che si manifesta nel rifiuto del „buono perché nuovo‟ e nell‟adesione a forme di condotta che riscoprono il

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passato, vecchie usanze che affondano le radici in un percorso corale, affidabile e consolidato nel tempo.

Maffessoli distingue la postmodernità dalla società postmoderna e definisce la prima come ''la sinergia tra l'arcaismo e lo sviluppo tecnologico” mentre la seconda “come una rete di micro-gruppi societari nei quali gli individui interagiscono e intrattengono tra di loro forti legami emotivi, passioni condivise ed esperienze simili''4. (puoi collegare con discorso BONAZZI: “competizione è su immaginario evocato…”)

La postmodernità è la dialettica degli opposti, la convivenza degli eccessi, il tripudio dell‟informe e dell‟ossimoro. L‟anno zero del suo insorgere va collocato nella rinuncia alle teorie Cartesiane della supremazia dell‟intelletto e della logica, teorie consolidate nel corso della modernità che vedevano la ragione come la chiave della conoscenza e della comprensione della verità. Nello scenario post- moderno trovano credito concetti bistrattati quali il relativismo e la frammentarietà; la Legge universale della ragione, con tutto il suo bagaglio totalizzante e prescrittivo che si porta dietro rinuncia ai propri dogmi, alle proprie certezze e cede il passo al‟avvento naturale del mutagenico, dell‟alienazione, del “pensiero debole” di Vattimo5.

Come sottolinea Calabrese "la società postmoderna, proprio come il barocco - da intendersi come genere che accomuna eventi e periodi storici spazialmente separati - segna il primato della superficie e dell'apparenza, che fa aggio sull'essenza, del sinuoso e dell'ombreggiatura, dell'illusione, ma anche del dinamismo vitale, della passione, del sentimento, dello slancio"6.

Quali sono state le premesse che hanno segnato l‟avvento di questo nuovo momento storico?

Anzitutto il principale responsabile del declino dei fondamenti del pensiero razionale modernista ha un nome e un cognome: Sigmund

4 M. MAFFESOLI, Note sulla post-modernità, Lupetti, 2005

5 G. VATTIMO, Il pensiero debole , Pier Aldo Rovatti, 1998

6 O. CALABRESE, L' età neobarocca, Laterza, 1992

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Freud. Fu proprio lo psichiatra austriaco, fondatore delle teorie psicologiche sull‟inquietudine dell‟uomo contemporaneo, a spianare la strada all‟abdicazione delle teorie cartesiane incentrate sulla supremazia dell‟autocoscienza per cedere il passo al primato dell‟Io soggettivo, del subconscio. Il passaggio di consegne fu brutale, traumatico, inatteso. L‟uomo moderno, da sempre paragonabile ad una macchina efficiente nonché saldamente convinto della perfettibilità delle sue azioni compiute all‟insegna della logica universale, vede sgretolasi le basi delle propria concezione di sé e dell‟altro. La comparsa della psiche, la proliferazione febbrile di nozioni quali l‟irrazionale, gli istinti, le pulsioni minano le basi delle Teoria cartesiana e ci riconsegnano un soggetto decentrato, frammentato, e la cui definizione non è più così univoca ed ortodossa. L‟affermazione della psicanalisi nel quadro della riflessione teorica umanistica confisca la teoria cartesiana di un certezza ben precisa: i principi della coscienza non sono interamente ascrivibili all‟Autoconsapevolezza del sé ma sono altresì subordinati a numerosi fattori-altri perché esterni e incontrollabili. L‟uomo della post-modernità è un uomo rapsodico e bipolare, in bilico costante tra l‟individuale e il collettivo, il particolare e l‟universale, l‟identità e l‟alterità.

In questa continua transazione tra personale e sociale l‟uomo post- moderno getta le basi per la costruzione della propria struttura sottraendola all‟entropia della frammentarietà.

Una seconda componente che contribuisce al degradamento della modernità può essere indicata nel tripudio della Technè. A seguito delle vorticose innovazioni che accompagnano il mondo della tecnica si afferma uno scenario in cui la macchina da semplice appendice della forza fisica dell‟essere o periferica della sua immagine proiettata nel tempo e nello spazio si trasforma in organismo autoctono, vivente, egemonico. L‟apologia di cui è oggetto consente alla macchina di svincolarsi dalla concatenazione lineare della categoria mezzi-fini per assurgere a puro emblema del potere, del controllo e del piacere

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estetico. A pagare dazio è sempre lui, il soggetto, che vede il proprio Io ormai messo alle strette, torreggiato da quegli stessi apparati che egli aveva subordinato con lo scopo di realizzare il proprio progetto democratico di eguaglianza.

L‟apologia della macchina pone un ulteriore tassello al decentramento dell‟io post-moderno.

Man mano che si procede in questo percorso di deterioramento delle verità consolidate, ci si accorge che l‟uomo moderno si smarrisce, perde le sue certezze, i criteri di verità e fondatezza adottatati e ubicati a ridosso del suo dominio razionale. A trarne beneficio sono quindi le emozioni, i dubbi, i turbamenti, i sospetti, quel vissuto irrazionale e istintivo che fino ad ora era rimasto sepolto nei rapporti formali di un tessuto sociale svuotato della sua essenza animale e comunitaria . Viceversa nell‟era della globalizzazione, non solo la frequenza e il volume dei contatti con l‟altro aumentano a dismisura ma addirittura è proprio su questa interazione che si proietta il tentativo di costruzione dell‟identità. Nell‟epoca della comunicazione, come da più parti ribattezzata, la tirannia dei canali d‟informazione, comunicazione e globalizzazione costringe l‟individuo a cimentarsi in continuazione con linguaggi, codici e culture nuove e sconosciute, e così facendo ostruisce l‟inveramento di principi universali.

Il quadro della realtà presente contribuisce allora ad esorcizzare la considerazione dell‟Io quale centro creatore di verità e conoscenza, ma non è il solo. Anche il percorso del passato, la Storia del ventesimo secolo, irrompe con tutto il suo fragore annichilente. Come possono nozioni inedite quali „crisi umanitaria, guerra mondiale, bomba atomica, genocidio‟ conciliare con la fiducia nel progresso e nel cammino deterministico dell‟uomo razionale. Come può un esemplare umano come Adolf Hitler rappresentare l‟epilogo e l‟esito migliore di tutti i passi avanti fatti nel corso della Storia e dalla Storia a partire dal secolo dei lumi?

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L‟incontrastata supremazia della ragione entra in corto circuito assediata com‟è da più parti da questo fuoco di fila di attacchi e smentite.

Ora, venendo al nucleo centrale della presente ricerca, tale nuovo clima si manifesta in tutta la sua natura innovativa in quello che può essere considerato „IL‟ comportamento dell‟era post-moderna della globalizzazione: il consumo. Nella post-modernità il consumo assume la stessa rilevanza che la modernità industriale e meccanica ha accordato all‟atto della produzione, principio ispiratore attorno al quale si organizzano tutte le attività economiche, del singolo e degli agenti collettivi (imprese, istituzioni, organi di controllo).

Fare orecchie da mercante, ignorare l‟importanza capitale dei fenomeni in atto vorrebbe dire attardarsi su posizioni anacronistiche e scelte strategiche disancorate dal contesto, un contesto complesso, mutevole ma che una volta rischiarato dai lumi della comprensione può portare chi produce e chi vende a cogliere appieno le grandi potenzialità insite nella casistica dei comportamenti di acquisto.

Esaminando tale materia ci accorgeremo che saranno molti i fattori e le variabili coinvolte, dai parametri cognitivi a quelli comportamentali e valoriali, si evincerà che i concetti di profitto o di massimizzazione della rendita non saranno più sufficienti a dare conto del quadro generale giacché nel disegno post-moderno l‟allocazione del reddito è subordinata ad una discrezionalità arbitraria tale da renderla insufficiente a sostenere l‟analisi degli orientamenti di consumo.

Ed allora: quali sono i caratteri del consumatore post-moderno?

Come si esplicano le sue scelte in questo quadro in cui "tutto si relativizza ad un contesto specifico e la morale quotidiana ne diventa la più evidente manifestazione", dove "la consapevolezza dell'infinita serie d'interdipendenze mina la certezza della verità, che assume il ruolo di razionalità limitata e sempre contestuale"?7.

7 G. FABRIS, V. CODELUPPI, Consumi e organizzazioni. Franco Angeli, 2001

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3. IL CONSUMO CRITICO.

Una scelta di campo etica

L‟esperienza della post-modernità è saldamente incardinata sul concetto di frammentazione. Tale assunto si basa sulla constatazione che la realtà contemporanea sia costituita da una pluralità di ambienti, linguaggi e strutture che presentano peculiarità specifiche e che inducono il soggetto ad adottare diverse forme di comportamento a seconda del contesto in cui egli opera. A ben vedere un tipo di condotta simile porta l‟individuo post-moderno alla manifestazione di personalità multiple che sottintende la compresenza di identità diverse e finanche incompatibili.

Tale fenomeno si esprime in tutta la sua evidenza nei comportamenti di consumo dell‟uomo del ventunesimo secolo.

“Il consumo diviene simbolo e al tempo stesso "liquido amniotico"

(Fabris, 2001) del passaggio da modernità a postmodernità”8.

Appare sempre più arduo ricondurre le scelte compiute dal consumatore post-moderno a motivazioni ascrivibili alle sue peculiari caratteristiche sociali, culturali, economiche o demografiche, anzi, a ben guardare risulta oltremodo complicato imputare la causa degli atteggiamenti ad una soltanto di queste sfere. In effetti gli orientamenti di acquisto iniziano man mano ad acquisire una fenomenologia e delle motivazioni sempre più complesse, sfuggenti, spesso contraddittorie: a farla da padrone non sono più principi di vecchia data quali il bisogno o la massimizzazione del risparmio o del benessere ma salgono oggigiorno in cattedra criteri sfuggenti e specifici quali il desiderio, la fiducia, la felicità, il senso di appartenenza ad un gruppo e persino l‟ideologia. Ciò che si manifesta è un preciso cambio di prospettiva: dalla sfera materiale dei bisogni terrestri il terreno di elezione di un bene e i motivi del suo acquisto slittano verso la sfera dei valori immateriali e dell‟immaginario che il

8 FABRIS, CODELUPPI, 2001

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prodotto evoca. Consumare oggi non significa più procurarsi, procacciarsi quello di cui si abbisogna, quello che serve a condurre la propria vita con redditività e benessere, le merci smettono di essere oggetti, la posta in gioco si dilata e irradia i suoi raggi verso terreni finora inesplorati come l‟etica e il subconscio.9

Nella logica della modernità il consumatore è un individuo fortemente razionale ed è in grado di operare delle scelte fruttuose in base a dei criteri univoci di necessità ed economicità. Egli è un soggetto autonomo perché non si lascia influenzare dal comportamento degli altri individui, tantomeno da quelli appartenenti al suo gruppo o accomunati dallo stesso status. L‟obbiettivo è il soddisfacimento dei propri bisogni, il procedimento è una serie di scelte compiute all‟insegna della massimizzazione dell‟utilità e finalizzate al sostentamento o al completamento del proprio equipaggiamento. Si tratta di una funzione passiva perché dipendente dai principi della produzione, del valore e del calcolo economico.

A questo individuo gli autori di diverse teorie economiche hanno attribuito l‟etichetta di Homo Aeconomicus. Un uomo concentrato sull‟imperativo di soddisfare i propri bisogni e nel contempo ignaro della miriade di variabili latenti che l‟agire di consumo innesca, variabili di carattere sociale, psicologico e culturale.

Una delle teorie più gettonate nel dibattito sull‟agire di consumo è stata senza dubbio la teoria della Razionalità limitata di Simon. Con questa teoria il sociologo nativo di Milwaukee ha volute dare risalto al processo di semplificazione della complessità di un ambiente che ogni soggetto compie attraverso la selezione degli elementi che compongono il contesto nel quale interagisce. Tale teoria prese le mosse dalla disamina dei comportamenti che si sviluppano all‟interno di un azienda o di un‟organizzazione di tipo formale. Soltanto in un secondo momento questa tesi venne adattata all‟analisi delle scelte

9 Cfr. M. BONFERRONI, Human satisfaction, la comunicazione d’impresa verso un nuovo umanesimo, Franco Angeli, 2005

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individuali di consumo. Al pari dei tanti altri contenuti sviluppati su base sociologica nel corso del diciannovesimo secolo anche questa teoria costruisce la propria fondatezza sulla infausta incapacità di interpretare il quadro sociale che si stava configurando in quegli anni.

Una realtà in cui la linearità razionale cristallizzata nella concatenazione logica del pensiero mezzi-fini cedeva il passo all‟irruzione di un insieme di nozioni, suggestioni, simbologie impossibili da classificare nelle medesime categorie di pensiero fino ad allora impiegate.

Un altro approccio di matrice modernista agli orientamenti di acquisto del consumatore-cliente è fornito dalla Microeconomia, ed in particolare dalla corrente Neoclassica capeggiata dal suo pioniere Adam Smith10. Sulla base di questa teoria il consumatore della modernità si avvale di una logica perfettamente razionale costituita a partire da un bacino esaustivo di informazioni sul volume e sull‟assortimento dei prodotti disponibili. L‟esecuzione delle sue scelte oltre che sul soddisfacimento dei bisogni e l‟esaurimento delle scorte è fondata sulla dipendenza da un sistema ordinato di preferenze che gli suggerisce di acquistare i beni in base ad un criterio di assoluta massimizzazione dell‟utilità. Nondimeno, e scivolando verso un lessico più tecnico, l‟utilità marginale prodotta da ciascun bene (“l'incremento del livello di utilità ( ) ricollegabile ad aumenti marginali nel consumo del bene ( ), dato e costante il consumo di tutti gli altri beni”, fonte: Wikipedia) è inversamente proporzionale alla quantità consumata del bene stesso. Parimenti, e per concludere, la curva del saggio marginale di sostituzione tra i beni (“quantità di bene a cui si è disposti a rinunciare per ottenere una unità aggiuntiva di un altro bene mantenendo costante l'utilità. Ad esempio, il tasso marginale di sostituzione tra il bene x e il bene y è la quantità di y cui

10 Cfr. C. TRIGILIA, Sociologia economica, Vol. I, Bologna, Il Mulino 2002

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una persona è disposta a rinunciare per ottenere un'unità in più di x.”11) è decrescente.

Nei termini qui proposti l’homo aeconomicus è presentato al pari di un automa meccanico, passivo e prevedibile, in altre parole una pedina. Tali teorie in effetti illustrano due concetti ben chiari e un assunto, nell‟ordine: le oscillazioni del reddito e dei prezzi determinano le scelte di consumo; in base a queste coppie di variabili (prezzo-consumo e reddito-consumo)è lecito operare una distinzione tra beni primari e beni secondari; il tutto per dimostrare come l‟atto dell‟acquisto sia il tripudio della razionalità economica che sceglie tra più alternative con l‟unico fine di massimizzare utilità e risparmio12.

Già di primo acchito tali asserzioni appaiono viziate da due omissioni: un mancato cenno al processo di costruzione delle preferenze dell‟individuo, dinamica che pone in essere dei meccanismi che sconfinano nella psicologia e nelle scienze sociali e che pertanto esulano dal campo di applicazione della teoria economica; una mancata riflessione sul ruolo della marca e della reputazione del produttore sulle scelte del consumatore. Basterebbero già di per sé queste due sviste a sconfessare la validità delle teorie neo-paretiane.

Tuttavia vedremo in seguito quanto queste indicazioni siano in effetti disancorate dalla realtà dei comportamenti concreti, e contemporanei, anche in funzione di altre e più sfuggenti ragioni13.

11 Fonte: da Wikipedia

12 Cfr. R. FIOCCA, Evoluzione dei consumi e politiche di Marketing, EGEA, Milano, 1990.

13 Cfr. S. PODESTÀ, Prodotto, consumatore e politica di mercato,Etas, Milano, 1974.

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3.1. IL SIGNIFICATO DEL CONSUMO NELL’ETÀ POST-MODERNA

In questo capitolo si prende in esame il senso dei comportamenti di consumo nell‟epoca post-moderna.

In tale contesto la concezione economista e funzionalista si arrende all‟incapacità di comprendere le originali dinamiche che si scatenano nel rapporto tra individuo e società mentre in questo squarcio aperto si inseriscono nuove variabili analitiche quali il desiderio, l‟identità culturale, il senso di responsabilità e l‟immagine di successo.

Presentare il consumatore post-moderno quale artefice di una nuova azione di consumo significa due cose: il soggetto agisce in base a principi e criteri completamente innovativi rispetto a quelli collaudati;

egli acquisisce una forma di consapevolezza della centralità del proprio ruolo all‟interno della transazione commerciale tale da influenzare non solo le sue scelte ma anche quelle di chi produce e chi vende.

Il nuovo consumatore diventa più astuto, smaliziato, rigoroso, esigente, pratico, competente e proattivo. Il consumatore comincia ora a condurre il gioco: da cliente passivo si trasforma in consumatore critico14.

Del resto l‟individuo grazie a questa rinnovata consapevolezza dei propri mezzi e del proprio potere si rifiuta di continuare a vestire i panni di anello debole e conclusivo della catena produttiva. Una catena improntata sull‟esecuzione di dinamiche top-down nel quale le imprese e le istituzioni decidono in merito a modalità, qualità e proprietà del procedimento di produzione mentre al cliente passivo spetta esclusivamente il compito di assimilare gli stili di vita e le categorie di pensiero che i vertici della catena tentano di imporre

14V. CODELUPPI, I consumatori, storia, tendenze,modelli, Franco Angeli, 1992; G. GADOTTI, Pubblicità sociale, lineamenti ed esperienze, Franco Angeli, 1992; G. FABRIS, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli, 2003; M. MAFFESSOLI, Il tempo delle tribù. Il declino dell'individualismo nelle società di massa, Armando, 1988; B. COVA, Il Marketing Tribale, Il Sole 24 Ore Libri, 2003.

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attraverso gli orientamenti prescrittivi di consumo e approvvigionamento. In questo schema, egli è inerte ed esposto ai capricci di tali autorità, il suo potere di contrattazione è ridotto a zero.

Dopo aver subito lo sviluppo inarrestabile di questa tendenza, dopo essere stato bombardato da una montagna di messaggi promozionali, dapprima espliciti e sottili, a lungo andare subliminali e ingannevoli, dopo aver vissuto per anni nell‟ombra e nella sudditanza delle decisioni altrui, il consumatore finalmente, ma a seguito di un lungo e faticoso percorso che in seguito vedremo, acquista coscienza di sé e dell‟altro e prende soprattutto atto dell‟unico asso della manica che egli può giocare al tavolo della contrattazione commerciale: l‟atto d‟acquisto. E‟ proprio questa la chiave di volta nella transizione dalla concezione moderna a quella post-moderna: la consapevolezza del potere d‟acquisto segna il passaggio da una posizione di ingenua passività ad una di partecipazione interattiva.

Se come stiamo cercando di argomentare l‟atto di acquisto non è più prettamente consacrato ad un ragionamento di matrice economica, la letteratura funzionale e neo-classica che si è in precedenza esposta non permette di spiegare in maniera esaustiva le ragioni di questo movente. E‟ pacifico che entrando in un negozio l‟utente si addentri nell‟area delle valutazioni di carattere economico sulla sostenibilità del rapporto qualità-prezzo e sulla massimizzazione dell‟utilità derivante dal bene assicurato ma è altrettanto pacifico che nel momento dell‟acquisto si inserisca tutta una pluralità complessa di fattori simbolici e intrinseci che stabiliscono delle nuove regole di valutazione e condotta.

Il consumo non può più essere scandagliato unicamente attraverso la teoria economica “di primo tipo”, ma "ha bisogno di una psicologia che aiuti a comprendere il processo di consumo come fenomeno simbolico, culturale, di personalità" poiché "acquistare è sempre più simile ad andare al cinema: chi direbbe che quello che acquisto

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andando al cinema è un rettangolino di carta? Acquisto l'accesso ad un mondo di identificazioni, di emozioni"15.

I valori, il desiderio, l‟immaginazione, il senso di responsabilità, il senso di appartenenza a un gruppo, la volontà di costruire nuove interazioni sociali, tutti questi fattori si combinano alle nozioni classiche di bisogno e necessità per plasmare un nuova e multiforme

“cultura del consumo”.

Cultura del consumo che di conseguenza non può non essere presa in esame dai soggetti responsabili dell‟azione produttiva che in tal senso sono costretti a modificare la natura e il senso delle loro scelte strategiche: per scongiurare il rischio di perdere una consistente quota di mercato le aziende abiurano il modello economico classico del pressing psicologico e della produzione top-down per sposare un nuovo standard nel quale il consumatore è posto all‟interno di una comunicazione bottom-up. Nel nuovo disegno egli ricopre il doppio- ruolo tanto di destinatario di messaggi persuasivi quanto di sorgente di informazioni basilari. Il verticalismo monodirezionale subisce una brusca battuta d‟arresto, i due emisferi man mano si avvicinano, il consumatore sale in cattedra e da semplice bersaglio di messaggi univoci e volti ad orientare le sue scelte si trasforma in interlocutore privilegiato la cui partecipazione proattiva gli permette di orientare le decisioni di istituzioni e imprese. Il tutto per mezzo del nuovo diritto di voto dell‟era post-moderna, ossia il “voto con il portafoglio”

rappresentato dall‟atto d‟acquisto.

Detto di questa inversione di tendenza registrata nei comportamenti tanto di chi produce quanto di chi compra andiamo a specificare nel dettaglio quali sono i motivi che determinano questo cambio di prospettiva. Alla luce di quali fattori il nuovo consumo esula dalla sfera economica e sconfina verso nuovi significati? A quali fenomeni storici è imputabile questa rivoluzione?

15 FABRIS, CODELUPPI, 2001.

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 Il consumatore è più informato

In primo luogo il nuovo consumatore può attingere ad un repertorio di informazioni molto più vasto e capillare rispetto a quello passato.

Grazie alle travolgenti innovazioni confezionate nel campo della comunicazione e dei mass media l‟individuo può intercettare una mole impressionante di dati provenienti tanto da mittenti a lui sconosciuti quanto da soggetti a lui noti e che rappresentano la sfera delle sue relazioni personali. In questo modo egli è incessantemente messo al corrente e può confrontarsi con due ordini di informazioni: notizie sulle caratteristiche del bene, sull‟immagine e lo status della azienda produttrice nonché sui particolari relativi alla fabbricazione e alla distribuzione; pareri, giudizi e suggerimenti da parte dei suoi simili: il consumatore, come si è accennato nel primo capitolo, affonda a questo punto le radici in un sistema di comunicazione costante e pervasivo che gli impedisce di abbassare la guardia e restare isolato ed esposto ad allusioni, falsità, suggestioni e formule magiche trasmesse con sapienza retorica dai professionisti del marketing e delle pubbliche relazioni.

Il moltiplicarsi vertiginoso dei canali di comunicazione e delle opportunità di contatto fa del consumatore la nuova sentinella dell‟operato delle imprese. Basti pensare alla straordinaria risorsa rappresentata dall‟impiego di internet: una piattaforma virtuale in cui la possibilità di colmare all‟occorrenza i propri deficit cognitivi si combina con la preziosa opportunità di esercitare e beneficiare dell‟unica, vera forma di solidarietà rimasta su scala mondiale: quella digitale. Si considerino siti quali Kelkoo, Ciao.it e affini (persino alcuni social networks e servizi al pari di Yahoo.answers sono assimilabili alla funzione) nei quali il confronto costante di prezzi e opinioni riduce al minimo il rischio di subire qualche „bufala‟

commerciale ed esercita un efficace monitoraggio nei confronti dell‟agire delle aziende, la cui reputazione e credibilità sono messi

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continuamente sotto esame da queste nuovi paladini nella tutela dei diritti dei consumatori.

Grazie alle maggior informazioni a sua disposizione il fruitore diventa più esigente e selettivo, egli comincia a pretendere degli standard di qualità ogni volta più elevati, va alla continua ricerca di informazioni sempre più dettagliate prima di procedere ad un acquisto, in particolare in occasione di sforzi finanziari impegnativi, è disposto a compiere lunghe ricerche pur di conseguire l‟obiettivo di stanare affari-taroccati o marchi in crisi di credibilità, è fortemente concentrato sulla configurazione del rapporto qualità-prezzo ma più di tutto sul valore sostanziale del prodotto che ricerca nel sostegno delle opinioni altrui.

 Il consumatore è più emozionale

Il consumatore allontana la sua attenzione dal soddisfacimento dei semplici bisogni elementari. Come si è visto, il crescente benessere e il restringersi della soglia di povertà permettono di vedere all‟approvvigionamento primario come ad una parte integrante e automatica della copertura finanziaria, di conseguenza ai nuclei familiari rimangono molte più risorse (anche temporali, grazie all‟erosione delle giornate lavorative) per soddisfare un complesso di necessità marginali e accessorie che possiamo definire beni di consumo secondari o beni di lusso.

E‟ proprio in questa sfera, composta da beni e bisogni effimeri e non di prima necessità quali l‟intrattenimento, la cura di sé, gli hobby, i viaggi e così via, che germoglia oltre misura la nuova concezione del consumo post-moderno. Il consumatore non è più alla ricerca di prodotti ma di esperienze, non bada più al valore intrinseco del prodotto ma alla sua immagine, alle sensazioni e alle emozioni che esso evoca. Il settore dei servizi diventa il miglior terreno di elezione di questa tendenza, proprio nel terziario si manifesta a vario titolo la marcata volontà di accattivarsi il consenso dei consumatori attraverso

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le pratiche seduttive e seminali della nuova pubblicità, dal direct al virale, dal buzz al guerrilla marketing.

I parametri di valutazione tradizionali non sono più idonei per l‟analisi dei comportamenti del nuovo referente, le categorie demografie del reddito, della geografia, dell‟età e dello status sociale cedono il passo alle nozioni originali di desiderio, irrazionalità, eclettismo, disincanto e nel contempo incanto per la galassia seducente dei prodotti patinati e dei servizi d‟avanguardia.

 Il consumatore è più discrezionale

I consumatori hanno man mano coltivato una crescente capacità di misurarsi con le pratiche e le strategie messe in atto dal mondo dei consumi, il soggetto è diventato più maturo, smaliziato, nell‟arco della sua esperienza quotidiana è in grado di mettere a punto delle soluzioni strategiche di selezione, la sua è una scelta preferenziale, il suo ruolo acquista progressivamente più rilevanza perché collegato a delle inclinazioni differenziate e personalizzate. In breve si comincia a parlare di segmentazione del mercato e direct marketing. Il target oggettivo, totalizzante e multiforme delle prime strategie promozionali comincia progressivamente a spezzettarsi, a frammentarsi e ogni esperienza di consumo diventa un discorso a parte in quanto unica. Le campagne promozionali non valgono pressoché più nulla se non accompagnate da un‟azione parallela di rilevamento delle preferenze consolidate realizzata attraverso tecniche di ricerca sociale, indagini di mercato o esperimenti più desueti come l‟osservazione diretta dei luoghi deputati ai comportamenti di consumo.

Si può considerare lo stato attuale come il risultato naturale del trattamento a cui è stato in precedenza sottoposto il cittadino- consumatore: dopo una vita trascorsa nel completo anonimato e nel‟omologazione coatta del conformismo di massa, almeno nella considerazione impersonale degli sponsor e dei professionisti della pubblicità, il consumatore attuale si prende la sua rivincita e manifesta

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il suo riscatto esprimendo tutta la propria singolarità e il proprio malessere nel vedere i propri bisogni omologati a quelli degli altri.

Il consumatore rivendica a pieno titolo una posizione centrale nel rapporto con le imprese, le istituzioni e gli organi di informazione. In questa rinnovata consapevolezza si esprime l‟ennesimo paradosso della post-modernità: proprio perché più globale il consumatore rivendica i caratteri distintivi della sua unicità.

 Il consumatore è più evoluto

Allo sviluppo incontrastato dell‟ordine sociale ed economico si accompagna un progressivo moltiplicarsi della popolazione dei consumatori che comporta una crescente articolazione della domanda di mercato. Si capisce subito come l‟evoluzione dell‟identità e della concezione del nuovo consumatore siano un riflesso evidente della storia della umanità. Gli impressionanti passi in avanti compiuti nel cammino della società verso una moltitudine sempre più globale e integrata si riflettono per vie traverse prima sulle istituzioni e infine sulle forme di condotta del soggetto post-moderno (inserisci teoria di Simon o Bernard: retro-azione).

Questo è quanto si cercava di suggerire in precedenza con gli accenni al fenomeno della globalizzazione e all‟affermazione di una sfera sociale alternativa, fenomeni che in seguito vedremo confluiranno in un complesso di esperienze formali e socialmente riconosciute quali il consumo etico o la mobilitazione ambientale.

Le componenti dello sviluppo sociale si manifestano pertanto nei comportamenti del singolo cittadino. Il consumatore al pari della sua comunità compie un percorso di maturazione e in questa direzione i suoi bisogni si fanno sempre più mutevoli e sofisticati. Se, come abbiamo detto a più riprese, la soddisfazione dei beni primari raggiunge livelli di funzionalità mai raggiunti prima, se il livello di reddito disponibile e il conseguente grado di benessere non la smettono più di crescere, se le criticità correlate

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all‟approvvigionamento dei prodotti di base vengono completamente risolte, è naturale che la logica del consumatore si converta da una dimensione di carattere materiale e terrestre ad una prospettiva di ordine concettuale e simbolico. Il consumatore diventa funambolico, cerebrale, camaleontico e imprevedibile, immune da ogni forma di affezione ad una marca o ad un prodotto, insensibile ai benefici della convenienza nonché soggetto in divenire: esposto ad un continuo percorso di riesame delle proprie convinzioni e di attualizzazione dei propri confini all‟interno del flusso magmatico dei rapporti sociali.

Il soggetto post-moderno è ormai diventato un “consumatore eclettico” in quanto“guidato da un continuo processo di ridefinizione dell’identità personale e sociale”16.

Peraltro, un ulteriore motivo per cui la teoria economista classica non è riuscita a dare conto degli atteggiamenti di consumo propri della contemporaneità sta proprio nell‟aver ignorato l‟influenza delle forme di aggregazione sul comportamento pratico dei consumatori. Oltre a suscitare degli impliciti e peculiari stati di allineamento o trasgressione a seconda della natura del soggetto, non si può dimenticare l‟ascendente che le forme di aggregazione intermedia (famiglia – comunità – conoscenti - gruppi dai tratti comuni particolarmente marcati, ad es. gli anziani) esercitano sull‟agire quotidiano.

Un dato questo non trascurabile poiché, come sottolineato più volte da Fiocca nella stesura di una sua affascinante teoria, appare scontato come nessun tipo di azienda sia interessata alle preferenze di un singolo o dell‟intera società ma cerchi al contrario un intesa con bacini di utenza per lei più fruttuosi e praticabili rinvenibili nei gruppi intermedi summenzionati17.

16 V. CODELUPPI , Il marketing e il nuovo consumatore, “citato in Micro & Macro marketing”, vol. 9, 2000.

17 R. FIOCCA, 1990, cit.

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