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Discrimen » La ludopatia da realtà diagnosticabile a realtà giudicabile

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Anno XLIII Fasc. 1 - 2021

Daniele Piva

LA LUDOPATIA DA REALTÀ DIAGNOSTICABILE A REALTÀ

GIUDICABILE

Estratto

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LA LUDOPATIA DA REALTÀ DIAGNOSTICABILE A REALTÀ GIUDICABILE

THE GAMBLING ADDICTION FROM A DIAGNOSTIC REALITY TO A JUDGMEN- TAL REALITY

Daniele Piva*

RIASSUNTO

A dispetto dell’inquadramento sul piano diagnostico alla stregua delle dipendenze comportamentali (DSM-5) nonché della recente evoluzione della normativa nazionale in tema di prevenzione, il disturbo da gioco d’azzardo non sembra tuttora produrre, se non in casi eccezionali, alcun effetto sul giudizio di imputabilità nell’ambito del quale non si ritiene, per lo più, raggiunta la prova della gravità, intensità e consistenza dell’impulso ovvero del nesso eziologico con la condotta criminosa nei termini imposti a partire dalla nota sentenza Raso che, d’altro canto, definendo la “capacità di vole- re” dell’art. 85 c.p. come l’“idoneità del soggetto ad autodeterminarsi in relazione ai normali impulsi che ne motivano l’azione”, impone al giudice il compito di verificare l’effetto di qualsiasi disturbo, indipendentemente dalla sua collocazione nosografi- ca. Pur volendo allora prescindere dallo scetticismo sin qui mostrato dalla giurispruden- za, inevitabilmente condizionata da immancabili esigenze di prevenzione generale se non persino da pregiudizi culturali, a pesare è, sul piano tecnico, la mancanza di adeguati strumenti (dal divieto di perizia psicologica ai limiti di applicazione della prova neuroscientifica) e di una metodologia strutturata in quanto necessari, da un lato, a garantire valutazioni solidamente ancorate al caso specifico e, dall’altro, a contene- re l’estrema variabilità degli esiti processuali. Al riguardo, decisiva importanza assume la scelta del perito, la formulazione del quesito e la selezione del materiale informativo così come il controllo sulla correttezza e sull’idoneità esplicativa del metodo seguito attraverso una verifica di attendibilità epistemologica e di persuasività in termini di concludenza probatoria. A tal fine, il giudice potrebbe altresì ricorrere a possibili indicatori di irresistibilità dell’impulso nell’ambito di un procedimento per abduzione orientato a stabilire i limiti della possibilità concreta di evitare la condotta criminosa necessaria a soddisfare l’ossessione del gioco.

* Dipartimento di Giurisprudenza - Università degli studi di Roma Tre. daniele.piva@uniroma3.it.

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ABSTRACT

In spite of the diagnostic framework based on behavioral addictions (DSM-5) as well as the recent evolution of national legislation on prevention, gambling disorder does not seem to produce any effect, except in exceptional cases, on the judgment of imputability in the context of which, mostly, proof of the gravity, intensity and consistency of the instinct or of the causal link with the criminal conduct is not deemed to have been reached in the terms imposed starting from the well-known Raso sentence which, on the other hand, defining the “ability to want” of art. 85 of the criminal code as the

“suitability of the subject to self-determination in relation to the normal impulses that motivate the action”, requires the judge to verify the effect of any disorder, regardless of its nosographic location. Even if we want to disregard the skepticism shown up to now by the jurisprudence, inevitably conditioned by the unmissable needs of general prevention if not even by cultural prejudices, to weigh, on a technical level, is the lack of adequate tools (from the prohibition of psychological expertise to the limits of application of neuroscientific evidence) and of a structured methodology as necessary, on the one hand, to guarantee evaluations solidly anchored to the specific case and, on the other, to contain the extreme variability of the trial outcomes. In this regard, the choice of the expert, the formulation of the question and the selection of information material as well as the control over the correctness and explanatory suitability of the method followed by a verification of epistemological reliability and persuasiveness in terms of probative conclusions are of decisive importance. To this end, the judge could also use possible indicators of irresistibility of the impulse in the context of an abduction procedure aimed at establishing the limits of the concrete possibility of avoiding the criminal conduct necessary to satisfy the obsession with gambling.

Parole chiave: diagnosi, impulso, controllo, disturbo, imputabilità.

Keywords: diagnosis, instinct, control, disorder, imputability.

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SOMMARIO:

1. Diagnosi (costante); 2. Prevenzione (in aumento); 3. Uno sguardo alla giuri- sprudenza penale (un tamquam non esset); 4. Il difetto di imputabilità per mancata capacità di controllo dell’impulso da gioco: tra scienza e processo; 5. La perizia psicologica sull’homo ludopathicus; 6. La prova per indicatori della impossibilità di resistere all’impulso del gioco.

1. Diagnosi (costante).

Da quarant’anni la ludopatia costituisce un disturbo psichico il cui inquadramento diagnostico si è nel tempo arricchito specie alla luce delle interferenze riscontrate sul versante neuroscientifico.

Se, infatti, nella terza edizione del 1984 e nella quarta del 2001 del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) curato dall’American Psychiatric Association (APA) il disturbo da gioco d’azzardo patologico (GAP) viene qualificato come disturbo del controllo degli impulsi non altrove classificato (insieme a quello esplosivo intermit- tente, alla cleptomania, piromania e tricotillomania), nella quinta edizione, pubblicata in Italia nel 20141), muta la denominazione in disturbo da gioco d’azzardo (DGA) e la collocazione nosografica, trasferendosi nel capitolo delle dipendenze (Substance-Related and Addictive Disorders)2)per analogia evidence-based di aspetti fenomenologici, epidemio- logici o di comorbilità psichiatrica, di meccanismi neurobiologici e fattori genetici come anche di risposta al trattamento e alle tecniche di prevenzione3). In particolare, il gambling

1) M. BIONDI (a cura di), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - DSM-5, Milano, 2014, spec. 563 ss.

2) Anche i nove criteri diagnostici, da valutare in un numero minimo di quattro entro un periodo di dodici mesi, appartengono a un ampio range psicopatologico in cui confluiscono connessioni con disturbi ansiogeni o depressivi (ricorso al gioco quando ci si sente a disagio), tradizionali meccanismi di craving, astinenza e tolleranza (ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o smettere di giocare; irrequietezza o irritabilità se si riduce o si sospende il giocare) e aspetti di psicopatia o antisocialità (menzogne per occultare l’entità del coinvolgimento nel gioco; compromissione delle relazioni significative, problemi sul lavoro o con lo studio a causa del gioco; richieste agli altri o ricorso ad azioni illegali per procurarsi il denaro necessario a risollevare situazioni finanziarie causate dal gioco) o financo di ossessività e compulsività (presenza di pensieri persistenti inerenti il gioco; necessità di inve- stire crescenti somme di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata).

3) In argomento v., tra i più recenti, N. ANSELMI-S. MONTALDO-A. POMILLA, Disturbo da gioco d’azzardo e imputabilità:

dalla revisione nosografica a un assessment forense ampliato, in Riv. Psychiatry., 2019, 196 ss.; O. FLANAGAN, Addiction Doesn’t Exist, But is Bad for You, in Neuroethics, 10/2019, 91 ss.; L. MOCCIA-M. PETTORUSSO-F.DE CRESCENZO-L. DE RISIO-L. DI

NUZZO-MARTINOZZI-A. BIFONE-L. JANIRI-M. DI NICOLA, Neural correlates of cognitive control in gambling disorder: a systematic review of fMRI studies, in Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 78/2017, 104 ss.; B. ANDÓ-I. KOVÁCS-Z. JANKA-Z.

DEMETROVICS, Gambling disorder and alcohol use disorder. Similarities and differences, in Psychiatr. Hung., 2016, 31,169- 75; G. CORIALE-M. CECCANTI-S. DE FILIPPIS-C. FALLETTA CARAVASSO-S. DE PERSIS, Disturbo da gioco d’azzardo: epidemiologia, diagnosi, modelli interpretativi e trattamento, ivi, 2015, 216 ss.; M.N. POTENZA, Gambling disorder and other behavioral addictions: recognition and treatment, in Harv. Rev. Psychiatry, 2015, 23, 134-46; ID., The neural bases of cognitive processes in gambling disorder, in Trends and Cognitive Sciences, 18/2014, 429 ss.; G. BELLIO, Clinica del disturbo da gioco d’azzardo: diagnosi, storia evolutiva e psicopatologica del giocatore, in BELLIO-CROCE (a cura di), Manuale sul gioco

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diventa l’unico disturbo non dipendente da sostanze cui viene ancora riservata l’espres- sione addiction abbandonandosi la classificazione multiassiale a favore di un’ottica dimen- sionale tesa a ridurre i falsi negativi e a graduare il livello del disturbo sulla base del diverso numero di criteri diagnostici riscontrati4).

All’inquadramento come dipendenza comportamentale – in base alla quale pulsioni

“normali” divengono patologiche nella misura in cui, raggiungendo un determinato livello di eccesso, rendono l’individuo incapace di controllare i propri impulsi nonostante le ricadute negative in ambito personale, familiare (specie di coppia), sociale e professionale – il Manuale5) aggiunge, poi, le varianti di altri disturbi psichiatrici laddove, anziché limitarsi a produrre una emozione positiva (sub specie di eccitazione, piacere, euforia, soddisfazione, risveglio o sollievo, detto arousal) il gioco svolga (anche o soltanto) la funzione di ridurne una negativa (sub specie di ansia, impotenza o depressione). In questo caso, la manifestazione della patologia – generalmente in esordio sin dall’età dell’adole- scenza, a decorso progressivo (da modalità adattive a modalità disadattive), persistente o episodico e dunque compatibile con l’alternanza di periodi di astinenza o disinteresse verso il gioco6)– risulta, infatti, connessa a disturbi dell’umore (ipomania, bipolarità, depres- sione maggiore), attacchi di panico, ideazioni suicidarie o persino a disturbi della perso- nalità (borderline, narcisistico e soprattutto antisociale) che possono essere indotti ex novo, scatenati ove già latenti o reiterati se preesistenti7).

Ampia è, infine, la letteratura scientifica sull’incidenza dei diversi fattori (predispo- nenti, di vulnerabilità) e di resilienza (protettivi) che determinano le possibili combina- zioni della dipendenza comportamentale, della vulnerabilità emotiva o del disturbo della personalità8): anomalie neurochimiche inerenti alcuni neurotrasmettitori (dopamina, serotonina e noradrenalina) e rispettivi sistemi di funzionamento, a loro volta ricondotte alla presenza di anomalie genetiche; alterazioni neurofunzionali preesistenti dei normali sistemi della gratificazione (di reward dopaminergico con iper-risposta anomala), del controllo degli impulsi (corteccia prefrontale con deficit dell’autocontrollo) o delle fun- zioni cognitive correlate (credenze e distorsioni cognitive in relazione alle reali possibilità di vincita); caratteristiche della personalità (temperamento di sperimentazione e ricerca

d’azzardo. Diagnosi, valutazione e trattamenti, Milano, 2014, 46 ss.; N.M.PETRY-C. BLANCO-R. STINCHFIELD-R. VOLBERG, An empirical evaluation of proposed changes for gambling diagnosis in the DSM-5, Addiction, 2013, 108, 575-81.

4) Lieve (corrispondente a 4-5 criteri), Medio (corrispondente a 6-7 criteri) e Grave (corrispondente a 8-9 criteri): cfr. M. BIONDI (a cura di), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - DSM-5, cit., 682.

5) M. BIONDI(a cura di), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - DSM-5, cit., 683.

6) M. BIONDI(a cura di), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - DSM-5, cit., 682.

7) In tema, ad esempio, R. ABDOLLAHNEJAD-P. DELFABBRO-L. DENSON, Personality disorders and erroneous beliefs in pathological gambling, in Int. J. Mental Health Addict, 2015, 13, 376-90; B. L. ODLAUG-L. SCHREIBER-J. E. GRANT, Personality dimensions and disorders in pathological gambling, in Curr. Opin. Psychiatry, 2013, 107-12; E.E. FORTUNE-A. GOODIE, Cognitive distortions as a component and treatment focus of pathological gambling: a review. Psychol Addict Behav., 2012, 26, 298-310.

8) Si allude alla nota distinzione tra le diverse tipologie di giocatore (Behaviourally Conditioned Problem Gamblers, Emotionally Vulnerable Problem Gamblerse Anticosial Impulsivist Problem Gamblers) operata in A. BLA-

SZCZYNSKI-L. NOWER, A pathways model of problem and pathological gambling, in Addiction 2002, 487 ss.

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di stimoli nuovi o novelty seeking; propensione al rischio; scarsa conformità sociale; alta estroversione; scarsa capacità di autocontrollo di coping); fattori familiari connessi a modelli educativi genitoriali che possono indurre un’emulazione (deboli o negativi legami di attaccamento); fattori sociali o ambientali relativi all’accessibilità al gioco d’azzardo anche con diretta promozione pubblicitaria, alla scarsa presenza di un’adeguata rete di prevenzione sanitaria o alla diffusa presenza di illegalità sociale9). Da ultimo, anche l’assunzione di farmaci dopaminergici, come quelli utilizzati per il morbo di Parkinson o per i disturbi endocrini, può innescare manie psicotiche da gioco come conseguenza della cd. sindrome di disregolazione della dopamina10).

Non sorprende dunque che per l’ICD-10 (Classification of Mental and Behavioural Disorders Clinical descriptions and diagnostic guidelines) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la ludopatia venga ormai definita, a tutti gli effetti, una malattia quale « forma morbosa chiaramente identificabile ».

2. Prevenzione (in aumento).

Altrettanto prevedibile lo sviluppo, sul versante normativo, di misure di contrasto del fenomeno che stando al Libro Blu del 2019 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli presentato l’11 settembre 2020, in Italia avrebbe già raggiunto circa 1,3 milioni di persone di cui, tuttavia, solo il 10% (circa 12.000) è effettivamente in cura presso i servizi pubblici per le dipendenze patologiche (Ser.D) del Sistema Sanitario Nazionale11). Così come sarebbe cresciuto il volume di denaro generato dal gioco d’azzardo legale giunto a

9) Sui diversi aspetti cfr., in ordine sparso e solo tra i più recenti, R. M. BOTE, Come comprendiamo le decisioni?

I meccanismi neurali della scelta, in Neuroscienze & Psicologia, 6/2018, 97-101; S.V.GELSKOV-K.H.MADSEN-T.Z. RAMSOY-H.R.

SIEBNER, Aberrant neural signatures of decision-making: Pathological gamblers display cortico-striatal hypersensitivity to extreme gambles, in Neurolmage, 128/2016, 342 ss.; J.E. GRANT-B.L.ODLAUG-S.R.CHAMBERLAIN, Neural and psychological underpinnings of gambling disorder: a review. Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry, 2016, 65, 188-93; N.RO-

MANCZUK-SEIFERTH-W.VAN DEN BRINK-A. GOUDRIAAN, From symptoms to neurobiology: pathological gambling in the light of the new classification in DSM-5, in Neuropsychobiology, 2014, 70, 95-102; P.D. R. WORHUNSKY-R.T.MALISON-R.D. ROGERS-M. N.

POTENZA, Altered neural correlates of reward and loss processing during simulated slot-machine fMRI in pathological gambling and cocaine dependence. Drug Alcohol Depend, 2014, 145, 77-86; D.MARAZZITI-M.PICCHETTI-S.BARONI, Patholo- gical gambling and impulsivity: an Italian study, in Riv. Psichiatr., 2014, 49, 95 ss.; J.JOUTSA-J.JOHANSSON-S.NIEMELÄ, Meso- limbic dopamine release is linked to symptom severity in pathological gambling, in Neuroimage, 2012, 60, 1992 ss.;

C.CONVERSANO-D.MARAZZITI-C.CARMASSI-S.BALDINI-G.BARNABEI-L. DELL’OSSO, Pathological gambling: a systematic review of bio- chemical, neuroimaging, and neuropsychological findings, in Harv. Rev. Psychiatry, 2012, 20, 130-148.

10) Conferme, di recente, in M. PETTORUSSO-D. DI GIUDA, Dopaminergic and clinical correlates of hight-frequency repetitive transcranial magnetic stimulation in gambling addiction: a SPECT case study, in Addictive Beahavior, 93/

2019, 246 ss. In giurisprudenza, peraltro, di recente il Tribunale di Milano prima e la Corte d’Appello poi hanno condannato Pfizer Italia a un risarcimento di oltre 600 mila euro a favore di un malato di Parkinson colpito da effetti indesiderati del farmaco “Casaber”, in quanto non adeguatamente segnalati prima della sua commercializzazione nel bugiardino.

11) In particolare, nell’ambito di una ricerca epidemiologica realizzata da Agenzia delle Dogane e dei Mono- poli e Istituto Superiore di Sanità con riferimento al periodo 2016-2019, un uomo su due (uno su tre se minorenne) e una donna su tre tra quelli intervistati ha dichiarato di aver giocato d’azzardo almeno una volta entro i dodici mesi precedenti: si tratterebbe del 36,5% degli italiani per un totale di circa 18,4 milioni di persone di cui 1,5 milioni, per lo più tra i 50 e i 64 anni, ha altresì ammesso di aver sviluppato una dipendenza.

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circa 110 miliardi di euro (pari al 3,5% in più del 2018 e a una raccolta pro capite di 2180 euro) con una percentuale in crescita per il gambling in rete e un passaggio qualitativo da giochi soft (lenti, manuali) a giochi hard (veloci e tecnologici, a bassa soglia di accesso e a riscossione immediata)12).

Sul piano della prevenzione, dal 201213)è stato pertanto costituito come organismo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, un Osservatorio, poi trasferito presso il Ministero della Salute nel 201514), per il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave con compiti, tra l’altro, di monitoraggio e di definizione delle linee di azione per attività di cura e riabilitazione.

Dal 2017, in corrispondenza dell’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, è stato altresì introdotto un trattamento psico-terapeutico per la ludopatia, per lo più ad orientamento cognitivo-comportamentale (TCC) o sistemico-relazionale, eventualmen- te coadiuvato, a livello farmacologico, dagli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), da antipsicotici atipici, antagonisti degli oppioidi (naltrexone) e dagli stabilizzanti del tono dell’umore.

Contestualmente – prescindendo dalla disciplina sul gioco d’azzardo del codice pe- nale15)o della legislazione di pubblica sicurezza16)– se in un primo momento l’attenzione era stata per lo più rivolta alla tutela dei minori17), a partire dal 2012 sono state intro- dotte, a livello nazionale, significative misure di contrasto al fenomeno della ludopatia – per la prima volta inserita nei livelli essenziali di assistenza (Lea)18) – seguite dallo stanziamento di apposito fondo19), dall’aumento del Preu (prelievo erariale unico) sia sulle slot machine, peraltro ridotte di numero, sia sulle vincite di alcune tipologie di gioco (lotto, enalotto, lotterie istantanee, etc.)20), nonché dall’introduzione di ulteriori divieti pubblicitari21)sino a giungere ai numerosi interventi di rimodulazione della tassazione e

12) Nello specifico, quest’ultimo è salito a 36,4 miliardi con un incremento del 16% rispetto al 2018 e una crescita esponenziale del 70% in quattro anni (quando nel 2016 era appena al 22% del totale) specie per i giochi di carte e scommesse a quota fissa scaricabili su smartphone che ormai rappresentano il 64% delle giocate online, a fronte di un calo dell’1,7 % sul 2018 del volume delle puntate nella rete fisica (per l’86% tramite slot machine, videolottery, gratta e vinci e lotto) di cui ben il 63 % (con un volume di circa 47,6 miliardi) ancora derivante, nonostante la loro riduzione (dai 579.228 del 2015 ai 418.491 del 2019), dall’uso degli apparecchi di intratteni- mento (cd. “macchinette”).

A circa 10 miliardi annui ammonterebbe, infine, il gettito del gioco d’azzardo illegale realizzato dalla crimi- nalità organizzata.

13) Art. 7, comma 10, D.L. 158/2012 (cd. Decreto Balduzzi) come convertito con L. 189/2012.

14) Art. 1, comma 133, L. 190/2014 (cd. Legge di stabilità 2015).

15) Artt. 718-723 c.p.

16) Art. 110, R.D. 773/1931.

17) Cfr., a titolo meramente esemplificativo, artt. 24 ss. L. 88/2009 o 1, commi 78 ss., L. 220/2010.

18) Art. 5 e Art. 7, commi da 3-quater a 9, D.L. 158/2012 come convertito con L. 189/2012.

19) Art. 1, comma 946, L. 208/2015.

20) Artt. 6 e 6-bis D.L. 50/2017 convertito con L. 96/2017 (seguito dal Decreto del Ministero dell’Economia del 26 luglio 2017).

21) Art. 9, comma 1, D.L. 87/2018 (cd. Decreto Dignità) convertito con L. 96/2018.

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di controllo e disciplina dell’intero settore dell’intrattenimento e del gioco a distanza apportati con l’ultimo decreto fiscale22)e con la legge di bilancio 202023).

3. Uno sguardo alla giurisprudenza penale (un tamquam non esset).

Passando alla casistica, ormai nota alla cronaca giudiziaria, della commissione di reati (truffe, furti, rapine, evasione fiscale, appropriazioni indebite, estorsioni, etc.) finalizzati al procacciamento “a tutti i costi” del denaro necessario per il gioco, se si guarda alla possibile insorgenza di nuove situazioni di infermità tali da incidere sul giudizio di imputabilità la giurisprudenza ha sinora manifestato estrema prudenza, persino in spregio all’inquadramento diagnostico in termini di dipendenza comportamentale o disturbo ossessivo-compulsivo, ove si pensi già soltanto alle pronunce in tema di continuazione tra reati24) nelle quali se ne confuta l’assimilazione allo stato di tossicodipendenza con riguardo ora all’inciso dell’art. 671 c.p.p.25)ora al regime della sospensione dell’esecu- zione della pena detentiva prevista dall’art. 656 comma quinto c.p.p. in relazione ai delitti di cui agli artt. 90 e 94 DPR 309/199026).

Nonostante l’estraneità del caso al divieto stabilito per meri stati emotivi e passionali dall’art. 90 c.p., ancora isolate appaiono, invece, le prese di posizione a favore della rilevanza dell’infermità da gioco d’azzardo ai sensi dell’art. 89 c.p., ove l’impulso incon- tenibile appaia di consistenza, intensità e gravità tale da grandemente scemare la capacità di volere, sempre che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, con particolare riferimento alle ipotesi in cui il disturbo sia clinicamente certificato ovvero i proventi dei reati commessi non risultino destinati a scopi diversi da quello di assecondare il vizio27).

Tendenzialmente, si nega invece ogni effetto sull’imputabilità per mancata prova della particolare gravità del disturbo sotto forma di irresistibilità dell’impulso28)o, ancor di

22) Artt. 20, 24, 25, 27 e 28 D.L. 124/2019 convertito con L. 157/2019.

23) Art. 1, commi 727, 731, 732, e 733 L. 160/2019.

24) Cass. pen., sez. I, 28 febbraio 2020, n. 10066 o Cass. pen., sez. I, 14 giugno 2018, n. 56704, entrambe in dejure.giuffre.it.

25) Cass. pen., sez. I, 20 aprile 2017, n. 866; Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2015, n. 18162, in Guida al dir., 4/2016, 1362.

26) Cass. pen., sez. I, 3 maggio 2016, n. 29331, in CED Cass. n. 267415.

27) Cass. pen., sez. VI, 10 maggio 2018, n. 33463, in CED Cass. n. 273793; Cass. pen., sez. II, 13 ottobre 2016, n.

44659, in Riv. pen., 12/2016, 1085 in cui la ludopatia viene espressamente definita come “disturbo borderline della personalità”; Cass. pen., sez. II, 22 ottobre 2015, n. 45156, in Giur. it., 2016, 446 ss. con nota di R. BIANCHETTI, La compromissione della capacità di volere, la “Sindrome di disregolazione dopaminergica” e il “Disturbo da gioco d’az- zardo”. Nella giurisprudenza di merito cfr., ad esempio, Trib. Torino, 20 gennaio 2003, n. 154, Trib. Venezia, 19 maggio 2005, Trib. Campobasso, 19 maggio 2006, Trib. Bologna, 17 maggio 2010, C. Ass. Bologna, sez. I, 28 febbraio 2011, C. App. Milano, sez. III, 8 ottobre 2012, su cui v. R. BIANCHETTI, Disturbo da gioco d’azzardo ed imputa- bilità. Note criminologiche alla luce della giurisprudenza di merito e di legittimità, in Dir. Pen. Cont. - Riv. Trim., 1/2015, 395-399.

28) Cfr., ex multis, Cass. pen., sez. I, 15 marzo 2007, n. 14664, in CED Cass. n. 231328; Cass. pen., sez. I, 21 ottobre 2009, n. 4658, in dejure.giuffrè.it

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più, del nesso eziologico tra quest’ultimo e la condotta hic et nunc, laddove si afferma che la dipendenza da gioco costituisce, semmai, mera occasione o antefatto del reato29).

Diverse, a nostro avviso, le ragioni dello scarto tra realtà diagnosticabile e giudicabile.

In primo luogo, il lento progredire delle conoscenze scientifiche e delle relative definizioni in termini clinico forensi che non ne ha determinato ancora lo stabile inseri- mento nel novero delle psicopatologie rilevanti ai fini dell’imputabilità.

In secondo luogo, il fatto che la manifestazione della ludopatia può prescindere da un quadro morboso più ampio caratterizzato da sintomi psicopatologici o, comunque, co- stellato da altre patologie di acclarato spessore nosografico. In particolare, le distorsioni cognitive disfunzionali correlate (bias) incidono sull’interpretazione degli eventi connessi al gioco e sulla costituzione di aspettative o sulla illusione del controllo delle perdite30)ma non sulla capacità di intendere in rapporto al reato commesso per procurarsi il denaro necessario, per cui neppure possono escludersi automatismi volti a desumere da tale capacità anche quella di volere.

Non da ultimo, pesano l’effettiva portata di stereotipi culturali e, sullo sfondo, im- mancabili esigenze di prevenzione generale che, come sempre, contribuiscono a innalzare il “muro dell’imputabilità”31).

Ma, soprattutto, i limiti derivano dal funzionamento del processo e dalla combina- zione dei saperi in un approccio integrato (scientifico e normativo) che sembra costituire un mero vincolo di risultato per un giudice ancora privo di adeguati strumenti e di una metodologia strutturata in grado di evitare i rischi di misinterpretation dei dati conoscitivi offerti dalle tecniche di esplorazione dei meccanismi della coscienza: si pensi soltanto ai divieti normativi della perizia psicologica (art. 220 cpv. c.p.p.) e ai persistenti limiti di applicazione della prova neuroscientifica32)che pure, mediante esami di neuroimaging o

29) Cass. pen., sez. I, 22 febbraio 2018, n. 8633, in www.deiure.giuffre.it, su cui cfr., volendo, M. DI FLORIO, Imputabilità e neuroscienze: brevi considerazioni con particolare riferimento alla ludopatia, in Sist. Pen., 9/2019, 46;

Cass. pen., sez. IV, 4 giugno 2014, n. 23353, ivi; Cass. pen., sez. II, 20 giugno 2012, n. 24535, ivi; Cass. pen., sez. III, 20 maggio 2011, n. 19984, ivi; Cass. pen., sez. I, 4 aprile 2007, n. 16689, ivi. Su tutte v., altresì, R. BIANCHETTI, Disturbo da gioco d’azzardo ed imputabilità. Note criminologiche alla luce della giurisprudenza di merito e di legittimità, cit., 399-405.

30) Così, ad esempio, E.E. FORTUNE-A. GOODIE, Cognitive distortions as a component and treatment focus of patho- logical gambling: a review. Psychol Addict Behav., 2012, 26, 298-310.

31) L’espressione è di F. PALAZZO, Punire e curare: tra incertezze scientifiche ed esigenze di riforma. Relazione introduttiva, in A. MENGHINI-E. MATTEVI(a cura di), Infermità mentale, imputabilità e disagio psichico in carcere. Defini- zioni, accertamento e risposte del sistema penale, Napoli, 2020, 10.

32) In giurisprudenza v., a proposito del giudizio di imputabilità, Cass., Sez. I, 7 novembre 2012, n. 43021, in Cass. pen., 11/2013, 4079 ss.; Sez. I, 8 settembre 2014, n. 37244, in www.dejuregiuffre.it; Sez. I, 13 novembre 2015, n. 45351, ivi; Sez. I, 21 luglio 2016, n. 27129, ivi; Sez. I, 21 dicembre 2016, n. 54429, ivi; Sez. I, 12 giugno 2018, n. 26895, in Giur it., 1/2019, 174 ss. (con nota di C. GRANDI, Le persistenti cautele sull’uso della prova neuroscientifica nel giudizio di imputabilità); qualche apertura, invece, in Cass., Sez. I, 21 novembre 2012, n. 45559, in Diritto&Giustizia, 22 novembre 2012 e, soprattutto, in Cass., Sez. I, 18 maggio 2018, n. 11897, in Cass. pen., 1/2020, 229 ss. (commentata anche da F. BASILE-S. LOMETTI, Assassini nati? Libero arbitrio, genetica comportamentale e neuroscienze in una recente sentenza di Cassazione, in Diritto penale e uomo, 6/2019, 123 ss.). Per un’analisi dello stato dell’arte v. MERZAGORA, Il ruolo delle neuroscienze in relazione alla imputabilità e ai giudizi di predittività, in Dir. Pen. proc., 1/2020,14 ss.; C.

GRANDI, Neuroscienze e capacità di intendere e volere: un percorso giurisprudenziale, ivi, 24 ss.; Di GIOVINE, Behavioural genetics e imputabilità: i termini di un rapporto difficile, ivi, 31 ss.

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genetici, può contribuire a dare una spiegazione biologica del comportamento del gio- catore d’azzardo33).

4. Il difetto di imputabilità per mancata capacità di controllo dell’im- pulso da gioco: tra scienza e processo.

Nel valorizzare, ai fini dell’imputabilità, ogni disturbo che abbia determinato – per usare le stesse parole della nota sentenza Raso – « una situazione di assetto psichico incontrollabile e ingestibile [...] che, incolpevolmente, rende l’agente incapace di eserci- tare il dovuto controllo dei propri atti, di conseguentemente indirizzarli, di percepire il disvalore sociale del fatto, di autonomamente, liberamente autodeterminarsi »34), si è affidato tutto a un “giudizio senza pregiudizio”, nel quale non esistono più regole assolute da applicare ma solo un percorso motivazionale da seguire che impone di considerare anche il dato diagnostico come base di partenza e mai come punto di arrivo, neppure per escludere, secondo una logica del contrappasso, effetti sull’imputabilità di qualsiasi di- sturbo di origine organica ma non psicologica35).

Né occorre alcun recepimento normativo del dictum giurisprudenziale – come, ad esempio, quello proposto dalla Commissione già istituita dal Ministro della Giustizia con D.M. 19 luglio 2017 per dare attuazione alla delega contenuta nella L. 103/201736)– per

33) Nello stesso senso, segnala l’utilità delle risultanze neuroscientifiche alla comprensione del disturbo da gioco nell’ambito di un approccio clinico inevitabilmente integrato M. BERTOLINO, L’imputabilità secondo il codice penale. Dal codice Rocco alla legge delega del 2017: paradigmi, giurisprudenza, Commissioni a confronto, in Sist. Pen., 25 febbraio 2020, spec. 18 nonché poi in A. MENGHINI-E. MATTEVI(a cura di), Infermità mentale, imputabilità e disagio psichico in carcere. Definizioni, accertamento e risposte del sistema penale, cit., 19 ss. Più in generale, sul contributo dello studio dei meccanismi neurali della coscienza e delle acquisizioni della genetica comportamentale a deci- frare condotte derivanti da impulsi potenzialmente irresistibili sia consentito il rinvio, anche per la bibliografia di riferimento, a D. PIVA, Le componenti impulsive della condotta: tra imputabilità, (pre)colpevolezza e pena, Napoli, 2020, 51 ss. e 168 ss.

34) Cass., Sez. Un., 25.01.2005, n. 9163, con nota di G. FIDELBO, Le Sezioni unite riconoscono rilevanza ai disturbi della personalitàsu cui v., tra i numerosi commenti, T. COLLICA, Anche i “disturbi della personalità” sono infermità mentale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, 420 ss.; M. BERTOLINO, L’infermità mentale al vaglio delle Sezioni Unite, in Dir. pen.

proc., 2005, 837 ss.; I. MERZAGORA BETSOS, I nomi e le cose, in Riv. it. med. leg., 2005, 373 ss.; F. CENTONZE, L’imputabilità, il vizio di mente e i disturbi della personalità, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, 247; V. MILITELLO, Imputabilità, infermità di mente e disturbi della personalità nella evoluzione giurisprudenziale, in Dir. form., 2005, 1601 ss.; C. COLOMBO, Infermità estesa ai gravi disturbi. Uno stretto legame tra problematiche mediche, criminologiche e tutela dell’individuo, in Riv.

pen., 2005, 1075 ss.; L. FORNARI, I disturbi gravi di personalità rientrano nel concetto di infermità, in Cass. pen., 2006, 275 ss.; G. PAVAN, L’imputabilità è presupposto della colpevolezza: considerazioni in ordine al rapporto tra la scelta dogma- tica operata dalle SS.UU. 25.1.2005 n. 9163 e l’estensione dell’infermità ai gravi disturbi di personalità, in Ind. pen., 2008, 307 ss.

35) In questo senso Cass. pen., sez. I, 12 giugno 2018, n. 26895, in Giur. it., gennaio 2019, 174 ss., con nota di C. GRANDI, Le persistenti cautele sull’uso della prova neuroscientifica nel giudizio d’imputabilità e su cui v., altresì, M. DI

FLORIO, Imputabilità e neuroscienze: brevi considerazioni con particolare riferimento alla ludopatia, cit., 48.

36) Su cui v., per tutti, M. RONCO, Proposta di Riforma sulle misure di sicurezza personali e sull’imputabilità, in Arch.

pen., 2018, 7 s. spec. 12 s.; M. PELISSERO, Sistema sanzionatorio e infermità psichica. I nodi delle questioni presenti tra riforme parziali effettuate e riforme generali mancate, in Arch. pen., 3/2019 (Web), 1 ss.; da ultimo M. BERTOLINO, L’imputabilità secondo il codice penale. Dal codice Rocco alla legge delega del 2017: paradigmi, giurisprudenza, Com- missioni a confronto, cit., 13 ss.

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applicare un modello così individualizzato al fenomeno della ludopatia, la quale trova già un duplice ingresso come potenziale difetto di imputabilità.

Il primo, di minore appeal, è quello contrassegnato dagli artt. 88 e 89 c.p. che potrebbe venire in considerazione laddove si faccia rientrare nel concetto di infermità (totale o parziale) la patologia del gioco, attesa l’assimilazione diagnostica alla dipendenza com- portamentale37).

Il secondo è costituito in radice dallo stesso art. 85 c.p. ogniqualvolta alla ludopatia si riconosca, nel caso concreto, un effetto di pregiudizio sulla capacità di volere definita nella stessa sentenza Raso come « idoneità del soggetto ad autodeterminarsi, in relazione ai normali impulsi che ne motivano l’azione »38). Ed è qui che si gioca ormai la vera sfida sull’imputabilità in quanto l’interprete non può più tenere fuori dalla porta qualcosa che inevitabilmente rientrerebbe dalla finestra. Nell’ottica del rimprovero penale non vi è, infatti, ragione di distinguere la capacità di volere da quella del controllo della propria impulsività su cui agisce la dipendenza comportamentale: quello che, in funzione di una costruzione personalistica dell’imputazione tesa a valorizzare l’atteggiamento interiore (Gesinnung), in passato è stato definito proprio come « atto di liberazione dal costringi- mento casuale dell’impulso ai fini della autodeterminazione conforme a un significato che presenta un valore positivo »39).

Capacità di volere che, in altri termini, deve sussistere non solo “al momento” quanto

“in rapporto” al fatto commesso. Bisogna, cioè, prendere atto che le frontiere del giudizio di imputabilità sono oggi contrassegnate non più, in negativo, dal concetto di infermità mentale quanto, in positivo, dalla valutazione della capacità di intendere e soprattutto di volere in rapporto agli effetti prodotti da qualsiasi potenziale fattore di disturbo psichico, non importa se diagnosticato o codificato, che, pur non atteggiandosi in modo costante nel tempo e risultando invero compatibile con situazioni di assoluta normalità, può far venir meno hic et nunc il presupposto di ogni giudizio di autentica colpevolezza.

D’altronde, anche le più accreditate concezioni della psicologia forense affermano che una delle “subcompetenze” della capacità di volere sarebbe proprio quella di contenere gli impulsi o, in altri termini, di sviluppare l’attitudine a inibire processi psichici tendenti a generare condotte criminose40).

Ritenere dunque, nel caso concreto, che il disturbo da gioco sia di intensità, gravità e consistenza tali da aver effettivamente determinato la condotta criminosa significa aver

37) In tal senso, sul progressivo ampliamento giurisprudenziale del concetto di infermità, dal paradigma nosografico originariamente recepito dagli artt. 88 e 89 c.p. a quello empirico-normativo applicato in ottica scusante v. ora M. BERTOLINO, L’imputabilità secondo il codice penale. Dal codice Rocco alla legge delega del 2017:

paradigmi, giurisprudenza, Commissioni a confronto, cit., 1 ss.

38) Cass., Sez. Un., 25.01.2005, n. 4163, cit.: sul punto, si rinvia a quanto già più ampiamente argomentato in D. PIVA, Le componenti impulsive della condotta: tra imputabilità, (pre)colpevolezza e pena, cit., 96 ss.

39) Così, riprendendo anche dal finalismo tedesco di stampo welzeliano, G. BETTIOL, Sul diritto penale dell’at- teggiamento interiore, in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 5.

40) Si rinvia al volume collettaneo Processi penali e processi psicologici. Studi sull’attività forense di Guglielmo Gulotta, Milano, 2009.

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in qualche modo accertato la mancata possibilità di convertire o meno l’impulso mediante l’attivazione di freni inibitori.

Né può in teoria escludersi che anche la capacità di intendere risulti eccezionalmente alterata da questo disturbo in quanto, come segnalato in un recente studio cui si rinvia per comodità41), un malfunzionamento dell’impulsività può, in concreto, inficiare la perce- zione della realtà come alterare la formazione di giudizi.

La palla, semmai, torna tutta nelle mani di un giudice chiamato a svolgere la mission del peritus peritorum con riguardo alla duplice prova della qualità (intensità, consistenza e gravità) e della causalità psichica del disturbo sulle quali sarà necessario attingere al sapere scientifico.

Alla base della scelta metodologica c’è la necessità di sviluppare valutazioni solida- mente ancorate al caso specifico che rispondano al criterio di falsificabilità nonché metodi strutturati, come quelli attuariali, che, da un lato, limitano al massimo la discrezionalità privilegiando nella formulazione elementi descrittivi anziché interpretativi42)e, dall’al- tro, servono a contenere l’estrema variabilità degli esiti peritali e processuali.

5. La perizia psicologica sull’homo ludopathicus.

A meno di ricadere in una sorta di non liquet supportato da implicite presunzioni di imputabilità, vuoi per intuibili ragioni di prevenzione vuoi per semplificazione di un giudizio dal sapore a tratti moralistico, l’applicazione dei criteri della sentenza Raso alla condizione del ludopatico non può prescindere dall’esigenza di estendere l’oggetto della perizia psicologica alla libertà del volere attraverso il superamento dei limiti tuttora imposti dall’art. 220 cpv. c.p.p., se non altro per l’eterogeneità dei saperi coinvolti nelle diverse variabili del disturbo da gioco43).

La duplicità del thema probandum (qualità/intensità e causalità motivazionale del disturbo da gioco) si riflette, poi, sui due diversi profili destinati a integrarsi nella perizia:

quello statico/classificatorio (diagnosi) e quello dinamico/esplicativo (ricostruzione cri- minodinamica e formulazione del caso).

A questo riguardo, la variabilità del disturbo da gioco impone, anzitutto, di indivi- duare eventualmente più periti, tutti affidabili e indipendenti, possibilmente muniti di competenze diverse (cliniche, medico-legali, criminologiche) o persino disporre una

41) Cfr. D. PIVA, Le componenti impulsive della condotta: tra imputabilità, (pre)colpevolezza e pena, cit., spec. 245 ss.

42) M. BERTOLINO, Problematiche neuroscientifiche tra fallacie cognitive e prove di imputabilità e pericolosità socia- le, in Dir. pen. proc., 1/2020, 42.

43) Più in generale, sulle ragioni che dovrebbero spingere all’aborazione dell’art. 220 cpv. c.p.p. si rinvia a D.

PIVA, Le componenti impulsive della condotta: tra imputabilità, (pre)colpevolezza e pena, cit., 177 ss.

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perizia collegiale in modo da garantire la completezza dell’accertamento a prescindere da iniziative di parte44).

Quanto alla formulazione dei quesiti, a prescindere dalla richiesta di accertare la sussistenza o meno della capacità di intendere e di volere al momento del fatto ovvero dall’articolazione di sotto-quesiti o specificazioni ulteriori, il giudice dovrebbe sforzarsi di fornire precise definizioni operazionali45)in grado di orientare l’attività dell’esperto non solo su qualità e intensità ma anche sulla causalità motivazionale del disturbo da gioco, in modo da non limitarne il lavoro al piano della diagnosi o della classificazione (Erklären) ed estenderlo invece a quello della comprensione del fatto e dell’immedesimazione nel suo autore (Verstehen) senza, tuttavia, includere componenti (oggettive e soggettive) riser- vate alla valutazione giudiziale.

Il risultato, poi, dipenderà, per un verso, dalla validità scientifica della ricostruzione effettuata e dalla corretta applicazione degli strumenti utilizzati e, per altro verso, dalla puntuale contestualizzazione alle circostanze e alla successione cronologica degli eventi così come riscontrabili negli atti giudiziari.

A tal fine, decisiva importanza assume la selezione del capitale informativo sulla base di criteri in grado di non compromettere o anche solo orientare l’esito dell’attività peritale. Sotto questo profilo assumono rilievo, ad esempio: l’eterogeneità delle fonti che, laddove diverse e indipendenti tra di loro, consentono di assumere diversi vertici di osservazione rispetto alla formulazione finale del caso e di procedere secondo il principio della ricerca degli indici convergenti, diminuendo l’incidenza di bias interpretativi parziali e di valutazioni in astratto (ovvero non attinenti al caso di specie); l’accessibilità e ripetibilità dei dati che devono appartenere agli atti del procedimento in modo da garantire continuità rispetto allo svolgimento dell’attività giudiziaria e facoltà di accesso (in momenti diversi) a coloro che siano titolati per ulteriori approfondimenti o verifi- che; la copertura di un arco temporale abbastanza ampio (cd. approccio timespan) che dovrebbe corrispondere almeno ai dodici mesi di osservazione imposti dal DSM-V in- cluso il momento di realizzazione del fatto per cui si procede, onde agevolare la valuta- zione dello stato psicologico nel suo sviluppo rispetto agli eventi significativi occorsi in una specifica determinata successione cronologica.

Ratione materiae il compendio informativo di base dovrebbe, infine, individuarsi sulla base di quei medesimi fattori di rischio (familiari, sociali, ambientali, caratteriali) che, come già visto, possono predisporre o proteggere dall’insorgenza o dalla progressione del

44) In argomento v. ora i contributi di G. ROCCA, La perizia psichiatrica sull’autore di reato: infermità e pericolosità sociale nell’era post-OPG, M. LA GANGA, L’accertamento dell’imputabilità. Il punto di vista del giudice di cognizione, e F.

FEDRIZZI, Infermità mentale e imputabilità: problemi di accertamento, in A. MENGHINI-E.MATTEVI(a cura di), Infermità mentale, imputabilità e disagio psichico in carcere. Definizioni, accertamento e risposte del sistema penale, cit., rispet- tivamente 55 ss., 65 ss. e 69 ss.

45) Così, negli studi di psicologia forense, A. SUMMA, Psicologia giuridica. Modelli, strumenti, leggi. L’etica della complessità e del cambiamento come sfida verso modelli riduzionistici di non cambiamento, cit., 72-74; A. FORZA, La psicologia nel processo penale, cit., 103 s.

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decorso della patologia da gioco in termini di dipendenza comportamentale, vulnerabilità emotiva o disturbo della personalità. Fermo restando che spetterà poi al perito attribuire a ciascuno di essi una rilevanza adeguata in relazione al thema probandum evitando, ad esempio, che eventuali precedenti penali possano fuorviare le risposte al quesito sull’im- putabilità46).

Ex ante, il giudice svolge dunque il suo ruolo di garante del metodo (Gatekeeper) contribuendo a evitare che il perito possa lasciarsi condizionare dalle prime informazioni fornite (anchoring bias), dal richiamo alla mente di episodi simili (availability bias) o dalla tendenza a confermare una tesi (confirmation bias) senza verificabilità alcuna dell’iter decisionale.

6. La prova per indicatori della impossibilità di resistere all’impulso del gioco.

Ex post, invece, mutuando dai medesimi Daubert standard47)come ormai da tempo importati e arricchiti in giurisprudenza dalla sentenza Cozzini in poi48), al giudice spetta un controllo su correttezza e idoneità esplicativa del metodo seguito attraverso una verifica di attendibilità epistemologica e di persuasività in termini di concludenza pro- batoria, al fine di coniugare l’aspetto empirico-psicologico dell’explanation con quello normo-valutativo della justification. Ciò che, in linea con le regole stabilite dal codice di rito (art. 501 c.p.p.) passa anche attraverso l’esame incrociato di periti e consulenti, nella fase dibattimentale o di incidente probatorio, la cui eventuale riduzione allo scambio e al deposito di relazioni scritte inevitabilmente compromette il valore euristico del con- traddittorio49).

Venendo ai possibili esiti del giudizio, se le variabili del disturbo da gioco, come ormai ampiamente desumibili dal suo inquadramento diagnostico, si prestano a riempire i requisiti di intensità, gravità e consistenza imposti dalla sentenza Raso, il vero ago della bilancia consiste nella valutazione della sua effettiva incidenza sulla capacità di volere. Se è vero, infatti, che, anche in assenza di una certificazione clinica, la profilassi del ludo- patico può risultare dalle abitudini di vita (reiterato ricorso al gioco, ingenti perdite riportate, degenerazione di rapporti sentimentali o familiari, isolamento sociale o pro- fessionale, etc.) o eventualmente dalla pregressa adozione di provvedimenti di ammini- strazione di sostegno o inabilitazione50), così come la causalità motivazione nel caso

46) M. BERTOLINO, Problematiche neuroscientifiche tra fallacie cognitive e prove di imputabilità e pericolosità socia- le, cit., 42.

47) Daubert v. Merrel Dow Pharmaceuticals, Inc., 509 US 579 (1993).

48) Cass., Sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786, in www.deiure.giuffre.it su cui v., solo tra i commenti più recenti, G. CARLIZZI, La valutazione della prova scientifica, Milano, 2019, 98 ss.

49) Lo sottolinea anche F. FEDRIZZI, Infermità mentale e imputabilità: problemi di accertamento, cit., 75.

50) Così A. VESTO, La ludopatia: il pendolo del rimedio tra incapacità e equilibrio, in Riv., it. med. leg., 4/2007, 1147 ss.; D. CAPITANUCCI-A. S. DE MICCO, L’amministrazione di sostegno nella cura del disturbo da gioco d’azzardo, in Non profit,

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concreto può evincersi, anche sulla base di generalizzazioni probabilistiche del senso comune, dalla reiterazione di condotte diverse ma comunque volte al procacciamento del denaro necessario a continuare a giocare o a coprire le perdite, è su un’indimostrata possibilità di agire altrimenti (Andershandelnkönnen) che si appunta il rischio di costruire presunzioni di imputabilità, ove la si ritenga esistente solo perché a priori fissabile indi- pendentemente da una ricostruzione giudiziale o in quanto ricondotta ad un’illusoria esperienza soggettiva, se non a mero costrutto sociale.

Ed è qui che, come ampiamente teorizzato in altra sede51), nel giudizio di imputabilità irrompe quello di colpevolezza in un intreccio essenziale a garantire la personalità del rimprovero penale, il cui fondamento non può consistere nell’ontologica mancanza di un potere di resistere a un impulso come quello del gioco, la cui esistenza in interiore homine può d’altronde darsi per scontata, quanto, piuttosto, in una valutazione di carattere normativo sull’an e sul quantum della resistenza esigibile, a date condizioni. Soltanto in questo modo può evitarsi che l’imputabilità del ludopatico possa, sia pur in casi eccezio- nali, risultare ancorata a criteri astratti o persino evanescenti ovvero imbrigliata entro asfissianti logiche di puro normativismo se non persino moralismo, in quanto relative a condotte a lui riconducibili in senso puramente naturalistico ma non già espressione di una, sia pur attenuata ma pur sempre effettiva, libertà del volere.

Per valutare ciò, tuttavia, il richiamo a gravità, intensità, consistenza e causalità motivazionale del disturbo può svolgere un ruolo di supporto descrittivo-argomentativo per il giudice chiamato poi a valutare il come il soggetto si è comportato in rapporto a come si sarebbe potuto comportare nella situazione concreta, senza ricorrere a mere clausole di stile, accedere a tipi di ricostruzione a posteriori basati su rassicuranti parametri di normalità o, tantomeno, sovrapporre col senno del poi il proprio punto di vista a quello dell’agente.

Per evitare si tratti di mero intuizionismo, si è già avuto modo di proporre, a livello motivazionale, il ricorso a possibili indicatori esterni di irresistibilità dell’impulso52)che, nel caso di specie, potrebbero mutuarsi nell’ambito di un procedimento per abduzione orientato a stabilire i limiti della possibilità concreta di evitare la condotta criminosa necessaria a soddisfare l’ossessione del gioco.

Al riguardo, può anzitutto rilevare il tasso di esposizione a perdite corrispondente a quello obiettivamente autolesionista della reiterata condotta volta a procacciarsi il denaro necessario a continuare a giocare, nell’illusoria convinzione di vincite in grado di ripianare la situazione debitoria.

Significativa, inoltre, potrebbe rivelarsi la tipologia del reato commesso, in quanto

2/2014, 197-219; C. PIRRO, Amministrazione di sostegno: una tutela in punta di piedi, in Giur. it., 2016, 59 ss.; C. RUFO SPINA, La residualità dell’interdizione e dell’inabilitazione, in Giur. it., 12/2010, 2306-2309.

51) D. PIVA, Le componenti impulsive della condotta: tra imputabilità, (pre)colpevolezza e pena, cit., 117 ss.

52) Cfr. ampiamente D. PIVA, Le componenti impulsive della condotta: tra imputabilità, (pre)colpevolezza e pena, cit., 388 ss.

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l’attivazione di controspinte all’impulso da gioco appare tendenzialmente proporzionale alla gravità del fatto: un conto, in altri termini, è che la condotta si limiti al minimo necessario dell’offesa al patrimonio altrui, un conto è che si eserciti violenza su persone o cose.

Del pari rilevante è il grado di distacco dal comportamento ragionevole, dal momento che tanto più grave e intenso sarà l’effetto del disturbo psichico quanto più il soggetto si sia spinto ad agire in condizioni per lui non favorevoli, potendosi, ad esempio, protendere per l’esclusione dell’imputabilità ogniqualvolta la condotta criminosa sia realizzata nel- l’ambito di un contesto di flagranza del reato o, comunque, sfavorevole quanto a possi- bilità di riuscita con esito d’impunità53).

Un certo valore rivestono pure il post factum dal momento che la rimozione della condotta criminosa depone per una perdita ex ante delle facoltà di autocontrollo mentre ad opposta soluzione condurrebbe l’immediata ricostruzione del fatto da parte del suo autore.

Da ultimo, devono considerarsi le condizioni specifiche del soggetto (sesso, età, personalità, situazione psicologica, esperienze, livello culturale o professionale, traumi precedenti, fragilità emotiva, etc.) poiché, come dimostrato da indagini empiriche, nel tempo ognuno sviluppa diversi modelli di reazione psicologica che possono decisamente influenzare il tasso di resistibilità ad un impulso.

Quanto, in particolare, al carattere della persona devono valutarsi la propensione verso il rischio, la sicurezza di sé o la necessità dell’altrui approvazione, giacché l’impulso sarà tanto meno resistibile quanto più trovi sponda in tendenze o debolezze intrinseche tali da pregiudicare la capacità di autocritica.

Infine, il grado di certezza del giudizio di imputabilità può dipendere anche dalla tipologia del particolare effetto che, nel caso di specie, si ritenga il disturbo del gioco abbia prodotto sulla capacità di intendere o, piuttosto, di volere dal momento che, a parità di condizioni, nei diversi individui i modi di percepire o valutare una determinata situazione si caratterizzano per una maggiore uniformità rispetto alle infinite variabili che ne contraddistinguono invece le scelte comportamentali.

Sta di fatto che, a fronte del progressivo diffondersi della patologia del gioco d’azzardo e della sua evoluzione diagnostica, lo scetticismo sin qui mostrato dalla giurisprudenza sembra ormai costituire l’oggetto di un pre-giudizio piuttosto che l’esito di un giudizio, peraltro in spregio al canone di garanzia in dubio pro reo. Anziché continuare a discono- scersene tout court ogni effetto sul piano della determinazione causale della condotta criminosa – magari spostando sul quantum una valutazione che, se effettiva, deve anzi- tutto compiersi sull’an della responsabilità – occorre viceversa adottare metodologie

53) Valga, a contrario, il riconoscimento dell’imputabilità per mancanza di irresistibilità di impulso ove si tratti di condotte preordinate o, comunque, tenute in contesti che ne agevolano l’esecuzione: così, ad esempio, sia pur a livello civilistico, Cass. pen., sez. lav., ord. 8 febbraio 2018, n. 3143, in www.deiure.giuffre.it, su cui di M. DI FLORIO, Imputabilità e neuroscienze: brevi considerazioni con particolare riferimento alla ludopatia, cit., 47.

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standardizzate che, a fronte della crescente pretesa di qualità della decisione, possano contribuire a restituire al funzionamento della giustizia penale una più adeguata imma- gine di efficacia e soprattutto di umanità, quale autentico punto di equilibrio tra la prospettiva unilaterale della dura lex sed lex e quella del generalizzato indulgenzialismo.

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