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Academic year: 2021

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Le strategie internazionali

Le strategie internazionali costituiscono “alternative di fondo

seguite nella costruzione e/o nel rafforzamento del vantaggio

competitivo in ambito internazionale” (Valdani & Bertoli, 2003)

Le opzioni strategiche possono essere molteplici, visto che i

fattori coinvolti nel processo di internazionalizzazione non sono

soltanto interni all’impresa, ma riguardano anche aspetti

dell’ambiente esterno

(3)

La strategia basata sull’esportazione

Oltre a rappresentare una modalità di ingresso nei paesi esteri, l’esportazione rappresenta un orientamento dell’impresa all’internazionalizzazione

Tipica delle PMI, ma anche di imprese più grandi (scelta strategica solida e duratura)

Le attività principali vengono concentrate nel paese di origine e solo l’attività commerciale esprime un orientamento ai mercati internazionali

Vi sono due tipologie di esportazione:

Indiretta: delega ad imprese specializzate nell’intermediazione e nel commercio internazionale

Diretta: utilizzo della propria forza di vendita (la forma più evoluta è quando l’impresa apre una propria filiale commerciale all’estero)

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La strategia di

esportazione indiretta

(5)

La strategia di esportazione indiretta

Nell’esportazione indiretta l’impresa sceglie operatori che solitamente risiedono nel paese dell’esportatore

Questi operatori si sono evoluti nel tempo e trovano oggi la loro forza nella specializzazione che può riguardare il prodotto e/o l’area geografica

Esistono diverse tipologie di intermediari per il commercio estero

Consorzi per l’esportazione

Trading company

Buyer

Importatori

(6)

I consorzi (I)

Sono strutture associative che legano due o più imprenditori nell’istituzione di un’organizzazione per la disciplina e lo svolgimento in comune di determinate fasi delle rispettive imprese

I profili delle organizzazioni che vi partecipano sono diversi in funzione degli obiettivi:

• Consorzi promozionali (forniscono servizi generali a supporto e integrazione dell’attività di esportazione)

• Consorzi di vendita (si occupano della commercializzazione

dei prodotti sui mercati esteri, ponendo eventualmente

anche un marchio consortile)

(7)

I consorzi (II)

Si classificano in base al grado di complementarietà dei prodotto trattati:

• Monosettoriali generici

(rischio di competizione tra imprese)

• Monosettoriali complementari (abbigliamento uomo e donna)

• Plurisettoriali eterogenei (diversi prodotti e diversi mercati)

• Plurisettoriali complementari

(“tutto per l’edilizia” e “impianti chiavi in mano”)

(8)

Innovazione in tema di consorzi

ll decreto «sviluppo» ha introdotto dal 26 giugno 2012 un nuovo tipo di consorzio per la diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi delle imprese italiane, con regole molto più semplici e flessibili rispetto ai consorzi export, la cui norma di riferimento è stata abrogata dalla stessa data.

Dal 26 giugno 2012, infatti, l’art. 23, co. 7, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, ha abrogato la L. 21 febbraio 1989, n. 83, relativa agli interventi di sostegno ai «consorzi per il commercio estero», costituiti tra Pmi industriali, commerciali ed artigiane.

Questa norma, comunque, continuerà a disciplinare i procedimenti, per la concessione e l’erogazione di eventuali agevolazioni, già avviati al 26 giugno 2012, quindi, rimarranno in vigore a questi fini fino alla definizione dei relativi procedimenti (art. 23, co. 11, D.L. 22 giugno 2012, n. 83).

In sostituzione dei consorzi-export, l’articolo 42, commi da 3 a 7, del decreto sviluppo (D.L. 83/2012), prevede la costituzione dei «consorzi per l’internazionalizzazione».

I consorzi per l’internazionalizzazione avranno per oggetto la «diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi delle piccole e medie imprese, nonché il supporto alla loro presenza nei mercati esteri anche attraverso la collaborazione e il partenariato con imprese estere». Saranno «funzionali» al raggiungimento del loro oggetto anche le «attività relative all’importazione di materie prime e di prodotti semilavorati, alla formazione specialistica per l’internazionalizzazione, alla qualità, alla tutela e all’innovazione dei prodotti e dei servizi commercializzati nei mercati esteri, anche attraverso marchi in con titolarità o collettivi» (art. 42, co. 3 e 4, D.L.

83/2012).

In precedenza, i consorzi-export potevano avere come «scopi sociali esclusivi, anche disgiuntamente, l’esportazione dei prodotti delle imprese consorziate e l’attività promozionale necessaria per realizzarla», oltre che

«l’importazione delle materie prime e dei semilavorati da utilizzarsi da parte delle imprese stesse» (abrogato art.

1, co. 2, L. 21 febbraio 1989, n. 83). Con il decreto «sviluppo», quindi, sono state aggiunte molte fasi precedenti all’esportazione, come la «formazione» del personale all’internazionalizzazione, la tutela della «qualità» e la ricerca di prodotti e servizi innovativi per i mercati esteri.

Potranno costituire i consorzi per l’internazionalizzazione (applicando le regole degli artt. 2602 e 2612 e segg., Codice civile), in forma di società consortile o di cooperativa, solo le «piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi e agroalimentari aventi sede in Italia», comprese quelle del settore commerciale. Vi potranno partecipare anche «enti pubblici e privati», banche e imprese di grandi dimensioni.

Fonte:Guida Pratica per le Aziende, n° 9, del 01/09/2012, pag. 27

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La trading company

E’ una “multinazionale del commercio” (non univocamente definita) che si assume i rischi contrattuali, di trasferimento, finanziari

Compra per rivendere (quindi sono un anello costitutivo della catena del valore/filiera)

Realizza marketing del prodotto

Evita all’impresa di produzione di sostenere i costi per conoscere i mercati internazionali e i rischi relativi del mercato

Si occupa delle attività di logistica, cioè del trasferimento fisico dei beni

Può svolgere una funzione finanziaria e di sostegno al produttore È posizionata “sulla frontiera”

Può distinguersi in: general trading company (non focalizzati su specifici prodotti/mercati, ma orientati a cogliere opportunità di profitto) e commodity dealers (specifici prodotti focalizzazione su economie di scala su specifici mercati)

(10)

Quali imprese ricorrono alla trading company?

Le PMI che non evolvono e mantengono un basso controllo sull’esperienza internazionale (comportamento passivo)

(Non assumere la responsabilità della commercializzazione del proprio prodotto all’estero comporta una perdita del controllo del prodotto lungo il canale distributivo)

Le medie e grandi imprese che non hanno

interesse in certi mercati e quindi delegano a

questi operatori, che diventano i principali attori

della filiera internazionale

(11)

Quali sono gli svantaggi di ricorrere alle trading company?

È lontana dai mercati internazionali

Non mostra un forte orientamento ai mercati internazionali, ma si occupa prevalentemente del trasferimento dei beni

N.B. Però, le relazioni di cooperazione tra produttore e trading company sono sempre più frequenti e riguardano anche la definizione di alcune politiche di marketing

Ciò facilita il processo di apprendimento di entrambe le

imprese.

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L’agente di acquisto (Buyer)

Sono operatori commerciali che solitamente risiedono nel mercato di importazione

Comprano per conto di un’altra impresa estera

Realizzano politiche di marketing di acquisto con le imprese da cui si approvvigionano

(conducono studi sul mercato, individuano i produttori che meglio possono soddisfare i gusti dei consumatori locali, forniscono suggerimenti per modificare il prodotto)

Sostengono gli oneri relativi all’esportazione e possiedono di solito una notevole forza contrattuale nella determinazione dei prezzi

Percepisce una provvigione sul valore della merce esportata

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L’importatore

È un’organizzazione che conosce il mercato estero Si focalizza su specifiche aree/paesi

Ha relazioni con i produttori, con cui talvolta coopera per la realizzazione del prodotto

Si occupa dei flussi di commercio internazionale, non è un distributore, ma si affida a:

• distributori locali per la commercializzazione nel mercato locale estero

• propri agenti, grossisti o centrali d’acquisto

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Criteri di scelta del canale di entrata nel mercato estero

Grado di conoscenza del mercato della distribuzione (imprese commerciali) e relativo livello di controllo sulla aziende commerciali locali

Presenza di intermediari commerciali qualificati

Possibilità di attuare politiche di comunicazione verso il mercato di consumo

Tipo di struttura organizzativa

Livello dei rischi e dei costi nell’utilizzo dell’intermediario commerciale

Gestione del contratto e delle operazioni del commercio internazionale

Prospettive di crescita aziendale

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Canale distributivo e tipologia di beni

BENI INDUSTRIALI BENI DI CONSUMO SERVIZI (es. attività di catering)

Consorzi e trading company

Importatori Agenti

Importatori Grossisti Agenti, Filiali Centrali d’acquisto Dettaglio tradizionale (ipermercati, supermercati,

punti vendita, cooperative, ecc.)

Grossisti specializzati

Alberghi, ristoranti, comunità, ecc.) Impresa

industriale

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Esempio: circuito di distribuzione del prodotto “pomodori pelati” nel mercato francese

Produzione nazionale in Italia

MERCATO FRANCESE ESPORTAZIONE INDIRETTA

Importatori e Agenti

Grossista

Dettaglio indipendente (superette e gourmet shop)

Centrali d’acquisto

Punti vendita della Grande Distribuzione

Organizzata Catering,

Ristorazione, Alberghi, Comunità

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La strategia di

esportazione diretta

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La strategia di esportazione diretta (I)

La base produttiva è nel paese di origine, ma l’impresa tende ad avvicinarsi al mercato estero

Consente di essere più vicino al consumatore e controllare il percorso del prodotto lungo la catena distributiva

Si attua mediante:

• Instaurazione rapporto diretto con il cliente estero (es.

produzioni su commessa; contatti con grandi distributori;

commercio elettronico)

• Costituzione di una rete di vendita (diretta o indiretta) dedicata al mercato locale

• Istituzione di una propria unità organizzativa nel mercato prescelto (filiale commerciale)

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La strategia di esportazione diretta (II)

È vantaggiosa quando:

• I problemi distributivi sono complessi perché ciascun prodotto richiede una specifica formula commerciale

• Nel caso di beni strumentali che richiedono una gestione diretta

• Nel caso di prodotti altamente specializzati

• Nel caso di prodotti di massa, dove viene richiesta la presenza diretta sul mercato per gestire i volumi di vendita

Svantaggi:

rischi relativi all’investimento iniziale, rischi di cambio, formalità doganali

costi di esercizio; costi relativi al personale e alla struttura fisica

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Le motivazioni della strategia di esportazione diretta

Rispondere alle sollecitazioni dei distributori e delle dinamiche concorrenziali (atteggiamento/orientamento dell’impresa all’internazionalizzazione)

Ricercare sbocchi occasionali/saltuari

Sfruttare un vantaggio competitivo conseguito e applicabile nei paesi esteri

Realizzare una crescita fisiologica Ripartire i rischi su più mercati

Conseguire economie di scala (volumi), economie di scopo

(differenziazione), economie di esperienza (apprendimento) e

economie di espansione (raggio d’azione)

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La strategia di esportazione diretta:

l’agente e la filiale commerciale

L’agente

• È un’organizzazione che svolge una funzione “ausiliaria”, non è un nodo cruciale della catena distributiva

• Non compra e non vende la merce che tratta

• Lavora in nome e per conto dell’impresa per cui lavora

– con rappresentanza (conclude i contratti)

– senza rappresentanza (promuove i contratti)

• Lavora su provvigioni

• Non si assume alcun rischio, che viene delegato all’esportatore/importatore

• Non offre forme di finanziamento

La filiale commerciale

• È un investimento “diretto”

all’estero per l’attività di distribuzione da parte del produttore

• Svolge una funzione di raccolta delle informazioni sul mercato

• Funzione ambigua: è espressione della strategia diretta o della strategia di integrazione?

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Il traffico di perfezionamento passivo

Secondo la normativa dell’Unione europea, viene definito come regime della temporanea esportazione.

In sostanza, consiste nell’esportazione di merci al fine della loro reimportazione, dopo che esse hanno subìto trasformazione, lavorazione o riparazione

Rappresenta una forma di decentramento produttivo a

livello internazionale, con l’obiettivo di trarre vantaggio dai

bassi costi di produzione esistenti in alcuni Stati.

In Italia, è diffuso nel settore tessile e abbigliamento e

calzaturiero, ma anche in quello metallurgico, informatico e

chimico

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Il traffico di perfezionamento passivo

PAESE

INDUSTRIALIZZATO

Materia prima Prodotto Componente

PAESE

A BASSO COSTO DI PRODUZIONE ESPORTAZIONE

TRASFORMAZIONE/

PRODUZIONE Prodotto finto

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