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Capitolo 1 Istituti di ineleggibilità, incompatibilità e incandidabilità 1. Normativa costituzionale sul tema

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Capitolo 1

Istituti di ineleggibilità, incompatibilità e

incandidabilità

1. Normativa costituzionale sul tema

La nostra Costituzione Repubblicana garantisce come diritti inderogabili i diritti civili e tra essi il diritto alla partecipazione alla vita sociale e politica del Paese. Come si può leggere all'art 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

Il diritto di partecipazione alla organizzazione politica di tutti i cittadini è un rafforzamento del concetto di uguaglianza e pari dignità sociale che trova ampia

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tutela nell'art. 3 comma primo della Cost. che stabilisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Questa tutela è rafforzata dal Legislatore costituente laddove al secondo comma del medesimo art. 3 affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Il diritto elettorale attivo è riconosciuto in Italia a suffragio universale e diretto mentre, allo scopo di garantire il diritto elettorale passivo nelle più ampie forme possibili, la Costituzione introduce la necessità che il diritto alla partecipazione alla vita sociale politica si eserciti secondo i criteri stabiliti dalla legge. Il

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comma primo dell'art 51 prevede infatti che “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge” Le cariche elettive di cui tratta questo articolo sono tutte quelle che risultano da un’elezione a suffragio universale: vi sono perciò ricomprese le cariche parlamentari insieme alle cariche elettive regionali e locali. In relazione a tali cariche, esiste quindi una sfera di discrezionalità del legislatore nell’intervenire a fissare i limiti dell’elettorato passivo. Tale

discrezionalità legislativa è comunque limitata dal fatto che l’elettorato passivo è un diritto inviolabile, garantito, oltre che dall’art. 51 cost., dall’art. 2 cost., e questo va ad incidere necessariamente sulle modalità di redazione, interpretazione e applicazione delle norme che intervengano a limitare tale diritto inviolabile 1.

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d’ineleggibilità, derogando al principio costituzionale della generalità del diritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione e “devono comunque rigorosamente contenersi entro i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate. Per l'art. 51 della Costituzione, l'eleggibilità è la regola, l'ineleggibilità l'eccezione” 2.

Per espressa previsione della Costituzione, inoltre, è istituita una riserva di legge all'art 65 dove si stabilisce che la legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore. La materia deve quindi essere necessariamente disciplinata da una legge ordinaria; è pertanto vietato a fonti diverse dalle leggi statali, che siano regolamenti parlamentari o leggi regionali, di fissare ulteriori casi. L'Assemblea Costituente, per ragioni di garanzia, volle infatti riservare al Parlamento, organo più rappresentativo del potere sovrano, la possibilità di

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limitare l'elettorato passivo attraverso l'istituzione delle cause di ineleggibilità.

Secondo la Consulta le cause di ineleggibilità devono essere previste dalla legge con determinatezza e precisione ad evitare situazioni di incertezza in grado di incrinare la proclamata pari capacità elettorale passiva dei cittadini 3.

L'articolo 66 Cost, infine, prevede un passaggio procedimentale essenziale stabilendo che ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.

Questo articolo ha come sua ratio ispiratrice quella di evitare che soggetti esterni possano incidere sulla composizione delle Camere. La cosiddetta verifica dei poteri consiste quindi nel convalidare l’elezione dei parlamentari, ed è un potere che viene accordato a ogni Camera a fondamento della sua autonomia.

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ordinamento tra i concetti di “ineleggibilità”, “incompatibilità” e “incandidabilità” considerando anche la giurisprudenza in merito.

Per lungo tempo ineleggibilità e incompatibilità sono state accomunate sia nella trattazione dottrinale che nella disciplina legislativa, come se le prime fossero possibili solo in relazione alle seconde. Come affermava l'onorevole Ruini (Presidente della commissione per la Costituzione) durante i lavori dell'assemblea costituente “...ineleggibilità ed incompatibilità è una formula inscindibile e classica, che si completa e suona bene nelle costituzioni” 4 .

~. ~. ~

4 V. DI CIOLO, Incompatibilità ed ineleggibilità parlamentari in Enciclopedia

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2. L' ineleggibilità a deputato o senatore

L'ineleggibilità è definita come la condizione di chi non può essere eletto perché non ha i requisiti necessari. Ineleggibilità vuole significare impedimento giuridico a divenire soggetto passivo del rapporto elettorale, cioè ad essere eletto 5.

L'ineleggibilità parlamentare coinvolge coloro che, in ragione dell’ufficio o dell’incarico ricoperto, possono trovarsi in condizioni di vantaggio nella competizione elettorale. Le cause di ineleggibilità sono costituite da “talune posizioni personali che, in astratto, potrebbero turbare il libero convincimento degli elettori o immettere nella competizione il peso o il sospetto di interessi economici” 6.

La ratio dell'ineleggibilità è quella di impedire che alcuni candidati, in virtù della carica ricoperta o

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dell'attività esercitata, possano godere di una posizione privilegiata rispetto ad altri candidati, influenzando la libera scelta degli elettori, nonché scongiurare i rischi di captatio benevolentiae da parte dell'interessato.

La Corte di Cassazione ha distinto tra le cause di ineleggibilità e cause di incandidabilità affermando che mentre le prime sono stabilite allo scopo di garantire la eguale e libera espressione del voto tutelata dall'art. 48 , comma primo della Costituzione rispetto a qualsiasi possibilità di captatio benevolentiae esercitabile dal candidato o di metus potestatis nei confronti dello stesso, le seconde sono invece riferibili alla determinazione di uno status di inidoneità funzionale assoluta e non rimovibile da parte dell'interessato 7.

L'ineleggibilità è una situazione giuridica che influisce sulla capacità di ogni cittadino italiano di essere eletto al Senato della Repubblica o alla Camera dei deputati e consiste in un impedimento giuridico a costituire un valido rapporto elettorale per chi si trova in una delle

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cause ostative previste dalla legge 8. La presenza di una

causa di ineleggibilità, essendo una causa ostativa alla presentazione della candidatura, se accertata, ha l'effetto di invalidare l'elezione.

Le ineleggibilità alle cariche parlamentari sono attualmente sancite dagli articoli 7- 8- 9 e 10 del T.U. approvato con D.P.R. 30 marzo 1957 n.361.

In base all'art 7 non sono eleggibili i deputati regionali o consiglieri regionali; i presidenti delle Giunte provinciali; i sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti; questo nuovo limite è stato introdotto dal D.L. 138/2011 convertito nella L. 148/2011 e si applicherà alle elezioni parlamentari che si svolgeranno successivamente al 2013, in precedenza il limite era previsto in 20.000 abitanti. Sono inoltre ineleggibili alle cariche parlamentari alcune alte figure di funzionari pubblici quali il capo e vice capo della polizia e gli ispettori generali di pubblica sicurezza, i capi di Gabinetto dei Ministri; i prefetti, i viceprefetti.

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L'art. 9 prevede la ineleggibilità per i diplomatici e i consoli (eccettuati gli onorari) e gli ufficiali addetti alle ambasciate e dei consolati esteri. L'ineleggibilità per i soggetti anzidetti è assoluta, si estende cioè a tutto il territorio nazionale.

Il diritto di elettorato passivo è limitato anche per lo status di Magistrato. L'art. 8 del T.U. stabilisce infatti che i magistrati, esclusi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori, non sono eleggibili nelle circoscrizioni sottoposte, in tutto o in parte, alla giurisdizione degli uffici ai quali si sono trovati assegnati o presso i quali hanno esercitato le loro funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. Al fine di prevedere una netta separazione tra le funzioni parlamentari e quelle di magistrato e preservare la neutralità della funzione giudiziaria il T.U. prevede che i magistrati che sono stati candidati e non sono stati eletti, non possono esercitare per un periodo

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di cinque anni le loro funzioni nella circoscrizione nel cui ambito si sono svolte le elezioni.

Tra i dipendenti dello Stato sono infine ineleggibili gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato, nella circoscrizione del loro comando territoriale.

L' art 10 al fine di evitare i conflitti di interesse, stabilisce l'ineleggibilità per coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica.

Anche i rappresentanti, gli amministratori e i dirigenti di società e imprese private sovvenzionate dallo Stato, nonché i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente la loro opera alle persone, società e imprese di cui sopra, sono ineleggibili alla cariche parlamentari. Mentre sono esclusi dalla ineleggibilità i

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dirigenti di cooperative e di consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri di Prefettura.

Il principio posto alla base dell' art. 10 è quello di evitare che venga a trovarsi nella posizione di legislatore-erogatore di finanziamento chi di questi finanziamenti usufruisce 9 .

Un caso particolare di limitazione di diritto di voto attivo e passivo, è definito dalla XIII disposizione transitoria della Costituzione quando stabilisce che i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive, in questo preciso caso più che di ineleggibilità sembra si tratti di una incapacità di diritto pubblico 10.

2.1 Termini per la cessazione delle cause di

ineleggibilità

Gli art 7 e 8 del T.U. n.361/1957 stabiliscono i termini

9 G. LONG, Digesto delle discipline Pubblicistiche, Torino, 1993, 274 10 V. DI CIOLO, op. cit., 52

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entro i quali devono cessare le cause di ineleggibilità indicate negli stessi. Le cause di ineleggibilità previste dall'art. 7 non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate da almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della Camera dei deputati.

Mentre l'art 8 prevede che i Magistrati non sono eleggibili nelle circoscrizioni presso le quali hanno esercitato le loro funzioni nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura.

Nessun termine è invece previsto per le cause di ineleggibilità previste dagli art 9 e 10. La Consulta ha precisato che il legislatore nella sua discrezionalità può variamente determinare, purché secondo criteri razionali, la data entro la quale deve verificarsi la cessazione della causa di ineleggibilità 11.

Le cause di ineleggibilità vengono accertate al momento della convalida dell'elezione da parte della assemblea elettiva, esse, dunque, non impediscono al

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soggetto di partecipare alla competizione elettorale, ma influiscono sulla validità dell’elezione 12.

2.2 Tipologie di ineleggibilità

Si può distinguere l'ineleggibilità “assoluta” da quella “relativa”, ricorrendo la prima in tutti i collegi elettorali e la seconda soltanto in quei collegi in cui vengono esercitate determinate funzioni che potrebbero influenzare l’elettorato.

Quindi per ineleggibilità assoluta si intende quella che si estende a tutto il territorio nazionale motivata dalla possibilità di determinare una influenza eccessiva sugli elettori per il potere derivante dalle cariche ricoperte. La ineleggibilità relativa è invece, come anzidetto, l'ipotesi prevista dall'art 7 e 8 del T.U. per gli alti ufficiali e i magistrati relativamente alla circoscrizione in cui esercitano le proprie funzioni laddove essi potrebbero esercitare una influenza sugli elettori.

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Si distinguono inoltre le cause di ineleggibilità “originarie” da quelle “sopravvenute”, a seconda del momento in cui il soggetto ricade nella condizione di ineleggibilità; o ancora quelle “sanabili” da quelle “insanabili” riferendosi, questa seconda distinzione, alla sussistenza o meno della facoltà dell’interessato di rimuovere la causa di ineleggibilità dopo la data dell’elezione.

Nel caso la causa di ineleggibilità sia sopravvenuta nel corso del mandato, pur in assenza di una esplicita norma ad hoc, le Giunte per le elezioni di Camera e Senato hanno applicato il cosiddetto principio di conversione delle cause di ineleggibilità sopravvenute in cause di incompatibilità, con la conseguenza che il parlamentare, per il quale fosse maturata in pendenza di mandato una causa di ineleggibilità, venendosi a trovare nella condizione di titolare di due cariche incompatibili, aveva l'obbligo di optare per una di esse, rinunciando all'altra.

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In assenza, però, di alcuna norma che ne specifichi il contenuto, l'ineleggibilità sopravvenuta ricade appieno, per effetto dello stesso art. 66 Cost., entro l'esclusiva ed insindacabile valutazione di ciascuna Camera non soltanto per quanto attiene all'accertamento, ma anche allo stesso riscontro sull'individuazione e applicazione alle ipotesi di cause di ineleggibilità sopravvenute di fattispecie determinate dal legislatore soltanto in riferimento a cause di ineleggibilità originarie 13.

2.3 Considerazioni finali sulle cause di

ineleggibilità, ratio dell'istituto

Le norme sulla ineleggibilità hanno diversi fini primari: da un lato l'ineleggibilità delle persone che in virtù della carica ricoperta (artt. 7, 8 ,9 del T.U. 1957) si ritiene possano esercitare indebite pressioni sugli elettori, mira a garantire soprattutto la libera e genuina

13 G. RIVOSECCHI, Art. 65, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, vol. II, Torino, Utet, 2006,

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manifestazione della volontà degli elettori; dall'altro l'ineleggibilità di chi si trova in rapporti di affari con lo Stato (art. 10 del T.U.) o altro ente è stabilita prevalentemente perché tali persone non danno garanzia di obiettività e di disinteresse nell'esercizio delle funzioni alle quali aspirano. Così si è espressa la Corte Costituzionale 11 Luglio 1961 n. 42 a proposito di talune ineleggibilità amministrative 14

La giurisprudenza costituzionale ragionando di cause d’ineleggibilità, ha messo in luce che esse sono di stretta interpretazione poiché derogano al principio costituzionale della generalità del diritto elettorale passivo, e devono pertanto essere contenute entro i limiti indispensabili a garantire le esigenze di pubblico interesse 15.

Le cause di ineleggibilità costituiscono dunque, delle eccezioni al generale e fondamentale principio, enunciato dall'articolo 51 della Costituzione che sancisce il libero accesso, in condizione di eguaglianza,

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di tutti i cittadini alle cariche elettive. Il legislatore deve pertanto adottare una tecnica normativa molto accurata poiché è necessario che le cause di ineleggibilità siano tipizzate dalla legge con determinatezza e precisione sufficiente ad evitare, quanto più possibile, situazioni di incertezza che portino a soluzioni giurisprudenziali contraddittorie in grado di incrinare la proclamata pari capacità elettorale passiva dei cittadini.

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3. L’incompatibilità alle cariche elettive

Per incompatibilità si intende l'impossibilità di due situazioni giuridiche di essere compatibili tra loro. L'incompatibilità riguarda coloro che possono trovarsi in conflitto di interessi in quanto portatori di interessi propri o dei propri congiunti, in contrasto con quelli dell’organo in cui sono eletti.

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Non è facile delineare un chiaro discrimine tra i diversi istituti di ineleggibilità e incompatibilità; anche la nostra Costituzione li associa nel disciplinarli, come si può leggere all'art 65 e all'art 66 ma appare preferibile una distinzione tra i due istituti in base alla quale l’ineleggibilità è volta a tutelare il diritto di voto sancito dall'art. 48 Cost. e l’eguaglianza effettiva tra i competitori come prevede l'art. 51, mentre l’incompatibilità mira piuttosto ad assicurare il libero esercizio del mandato parlamentare ex art. 67, dei mandati regionali e locali previsti negli artt. 121 e 122, nonché l’imparzialità e il buon andamento dell’

amministrazione che la Costituzione prevede all'art. 97. L'ineleggibilità incide quindi sulle candidature e sulla conseguente elezione, invece l'incompatibilità incide sull'esercizio del mandato parlamentare: cioè vi sono certe cariche o certi rapporti che la legge dice non cumulabili con la professione del deputato o del senatore. 16

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La materia è disciplinata dalla Legge 13 febbraio 1953 n.60 cosiddetta “Legge sulle incompatibilità parlamentari” la quale stabilisce all'art. 1 che i membri del Parlamento non possono ricoprire cariche o uffici di qualsiasi specie in enti pubblici o privati, per nomina o designazione del Governo o di organi dell'Amministrazione dello Stato ad eccezione delle nomine compiute dal Governo in base a norme di legge. Sono escluse dal divieto le cariche in enti culturali, assistenziali, di culto e in enti-fiera, nonché quelle conferite nelle Università degli studi o negli Istituti di istruzione superiore a seguito di designazione elettiva dei Corpi accademici.

I membri del Parlamento, secondo quanto stabilito dall'art. 2, non possono ricoprire cariche, ne' esercitare funzioni di amministratore, presidente, liquidatore, sindaco revisore direttore generale o centrale, consulente legale o amministrativo con prestazioni di carattere permanente, in associazioni o enti che

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gestiscano servizi di qualunque genere per conto dello Stato o della pubblica Amministrazione, o ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria, direttamente o indirettamente.

Ed ancora l'art. 3 afferma che i membri del Parlamento non possono ricoprire le cariche, ne' esercitare le funzioni in istituti bancari o in società per azioni che abbiano, come scopo prevalente, l'esercizio di attività finanziarie, ad eccezione degli istituti di credito a carattere cooperativo i quali non operino fuori della loro sede.

Infine l'art. 4 prevede che i membri del Parlamento non possono assumere il patrocinio professionale, ne', in qualsiasi forma, prestare assistenza o consulenza ad imprese di carattere finanziario od economico in loro vertenze o rapporti di affari con lo Stato.

Come si può leggere dagli articoli sopra citati il quadro è piuttosto complesso perché alcune fattispecie definite come incompatibilità sono del tutto simili a cause di

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ineleggibilità contenute nel T.U. delle leggi per la elezione alla Camera dei deputati.

La Costituzione fissa alcune incompatibilità tra l'ufficio di parlamentare ed altre cariche pubbliche: l'art 65, secondo comma si stabilisce che nessuno può appartenere contemporaneamente alle due camere; mentre l'ufficio di Presidente della Repubblica così come stabilito, dall'art 84 secondo comma, è incompatibile con qualsiasi altra carica.

Sempre secondo i dettami della Costituzione anche i giudici della Corte Costituzionale (art. 135, sesto comma) ed i membri del Consiglio superiore della magistratura (art. 104) non possono far parte del Parlamento; ed infine l'art 122 stabilisce che nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo.

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una persona validamente eletta ricopra determinate cariche o svolga certe attività ritenute dal legislatore inconciliabili con il mandato parlamentare. Questo per motivi di ordine morale, funzionale, come quando il parlamentare non può ricoprire cariche per nomina del governo che deve controllare, o non può rivestire cariche in enti che ricevano contributi statali dal momento che è lo stesso legislatore a stabilire l'ammontare di tali contributi, o materiale, in questo caso non si possono ricoprire contemporaneamente due incarichi ciascuno dei quali richiede l'applicazione di tante ore giornaliere. 17

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4. Il contenzioso delle ineleggibilità e delle

incompatibilità

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camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e della cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità e quindi il dettato costituzionale affida la verifica dei poteri alla camera di appartenenza del parlamentare. È questo un principio controverso in quanto la Costituzione affida la verifica delle ineleggibilità e delle incompatibilità direttamente all'organo interessato.

Nel dibattito costituzionale questo problema fu sollevato dagli onorevoli Mortati e Leone favorevoli a superare la competenza esclusiva delle camere e ad attribuire la verifica ad un organo giurisdizionale. A questa proposta si oppose l'onorevole Terracini secondo il quale la sovranità delle camere andava pienamente confermata, escludendo ogni intromissione della magistratura, assicurando attraverso la giunta per le elezioni il principio della sovranità popolare anche nella verifica dei poteri. Furono in Assemblea proposte anche soluzioni “miste” attraverso la costituzione di organi

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composti da parlamentari e alti magistrati inoltre venne proposto di affidare la verifica delle elezioni alla Corte di Cassazione 18.

Prevalse infine la formula dell'attuale art. 66 Cost.

L'organo parlamentare preposto alla verifica dei poteri è dunque la Giunta: la Giunta delle elezioni per la Camera, e la Giunta delle autorizzazioni e delle immunità parlamentari per il Senato.

Le Giunte sono composte rispettivamente da trenta e da ventuno deputati; durano in carica tutta la legislatura ed i loro membri non possono rifiutare la nomina o dare le dimissioni, salvo l'ipotesi di assunzione di un incarico incompatibile come quello di ministro o di sottosegretario.

Le Giunte sono dotate di un proprio regolamento. Secondo il regolamento generale della Camera dei deputati, il Regolamento della Giunta deve essere approvato dalla Camera stessa previo esame della Giunta. Il Regolamento della Giunta delle elezioni è

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stato approvato con deliberazione dell'Assemblea del 6 ottobre 1998 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 21 ottobre 1998.

Il Senato, nella seduta del 23 gennaio 1992, ha approvato il Regolamento Parlamentare per la verifica dei poteri, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 1992, previsto dall’articolo 19, commi 2 e 4 del Regolamento del Senato del 1971 e già contemplato dall’articolo 15 del Regolamento del Senato del 1948.

L'accertamento di una causa di ineleggibilità originaria comporta un'istruttoria, al termine della quale la Giunta può deliberare nel senso dell'ineleggibilità, nel qual caso si apre la fase del giudizio di contestazione, che si svolge secondo forme e garanzie processuali; mediante tale procedimento il parlamentare contestato può esercitare un effettivo diritto di difesa in contraddittorio con le altre parti in un pubblico dibattimento e con l'assistenza di un avvocato. Tutte le garanzie di tipo giurisdizionale previste per il procedimento di

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contestazione davanti alla Giunta vengono meno quando si giunge in Assemblea. Infatti il parlamentare, la cui elezione è contestata, è presente alla seduta ma non possono intervenire le controparti, che di solito sono proprio coloro che con il loro ricorso hanno determinato l'apertura del caso. Anche la pubblicità è limitata in quanto la decisione finale è adottata a voto segreto e la motivazione non viene esplicitata trattandosi di un voto politico. È evidente come la disciplina illustrata dimostri una marcata differenza tra le due fasi dello stesso procedimento, ciò a causa della natura politica dell'attività di verifica da parte dell'Assemblea.

Qualora invece la Giunta opti per la eleggibilità essa avanza all'Assemblea una proposta di convalida.

Nei casi invece di incompatibilità, originaria o sopravvenuta, e di ineleggibilità sopravvenuta, il procedimento diverge fra Camera e Senato. In quest'ultimo, dopo aver invitato il senatore ad optare per

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l'una o per l'altra carica o ufficio, la Giunta, in caso di mancata opzione, dà inizio al procedimento per la dichiarazione di decadenza. Mentre alla Camera, se la Giunta delibera per la incompatibilità, viene immediatamente informato il Presidente il quale invita il deputato interessato ad optare. In caso di mancata opzione il Presidente iscrive all'ordine del giorno dell'Assemblea la proposta di decadenza del mandato parlamentare.

La dottrina si è domandata chi sia il titolare del potere di convalidare, se la Giunta o l'Assemblea, la risposta pressoché unanime è che l'art 66 Cost parla di “ciascuna Camera” e quindi titolare del potere è sicuramente l'Assemblea. La decisione della Giunta ha dunque valore di proposta e la Camera potrebbe non accettarla

19.

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5. L'incandidabilità alle cariche elettive

In questo paragrafo analizzerò brevemente il tema dell'incandidabilità rimandando ad una trattazione più completa nei successivi capitoli con l'esame della nuova disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 235 del 31 dicembre 2012.

L'incandidabilità costituisce una causa ostativa all'assunzione di cariche elettive a livello nazionale, regionale e locale è cioè uno stato di inidoneità assoluta, non rimovibile in alcun modo da parte dell'interessato, riconducibile alla carenza di un requisito ai fini della candidatura e dalla elezione .

L'incandidabilità comporta il divieto di candidatura per coloro che hanno riportato condanne per reati specificamente definiti o a pene superiori ad un certo limite, o a misure di prevenzione per appartenenza a determinate associazioni a delinquere, e la sospensione dalla carica per coloro che hanno in corso procedimenti

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penali per determinati reati. Al divieto di candidatura si accompagna la previsione della nullità dell’elezione. L'incandidabilità costituisce, infatti, una causa di inidoneità assoluta alla carica elettiva in quanto incidente su un requisito di carattere oggettivo volto a precludere la stessa capacità di elettorato passivo. Essa, in altri termini, colpisce la possibilità di partecipare alla competizione elettorale impedendo ai soggetti che si trovano in una determinata condizione di candidarsi alle elezioni 20.

~. ~. ~

6. Distinzioni tra ineleggibilità, incompatibilità

e incandidabilità

Diversi sono gli effetti che conseguono dalle figure di ineleggibilità, incompatibilità e incandidabilità.

L'ineleggibilità rende infatti insanabilmente nulla

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l'elezione mentre l'incompatibilità non influisce sulla validità dell'elezione ma impone al parlamentare, validamente eletto, di scegliere tra il mandato parlamentare e l'altra carica incompatibile con il mandato.

Secondo una autorevole ricostruzione, l'ineleggibilità si configura come una situazione giuridica oggettiva a cui si riferiscono tutti i vizi riferiti al soggetto, mentre l'incompatibilità si riferisce al una situazione oggettiva che impedisce l'esercizio contemporaneo di due attività

21.

L'incandidabilità si distingue sia dalla ineleggibilità, che presuppone l'esistenza della piena capacità di elettorato passivo, sia dalla incompatibilità quale causa di mero impedimento all'assunzione della carica.

Tra ineleggibilità e incandidabilità emerge una differenza di ratio essendo l' incandidabilità volta a tutelare "il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, l'ordine e la sicurezza, la

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libera determinazione degli organi elettivi" 22

Dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale emerge che le cause di incandidabilità costituiscono una specie delle cause di ineleggibilità 23. Tuttavia, una più attenta

ricognizione del diritto positivo e della giurisprudenza in materia permette di mettere in rilievo le differenze fra i due istituti; infatti a differenza delle cause di ineleggibilità, che possono generalmente essere rimosse entro un termine predefinito, le cause di incandidabilità precludono la possibilità di esercitare il diritto di elettorato passivo per il tempo previsto dalla relativa disciplina. Come afferma la Corte costituzionale nella già più volte citata sentenza n. 141 del 1996, “l'elezione di coloro che versano nelle condizioni di non candidabilità è nulla, senza che sia in alcun modo possibile per l'interessato rimuovere l'impedimento all'elezione, come invece è ammesso per le cause di ineleggibilità”.

22 Corte Cost. 23 aprile 1996, n. 141; Corte Cost. 23 marzo 1994, n. 118; Corte Cost. 19 aprile 1993, n. 197 Corte Cost. 21 ottobre 1992, n. 407

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Successivamente una importante sentenza della Corte di Cassazione, con riferimento alla normativa relativa alla disciplina dell'elettorato passivo degli Enti locali, ha approfondito le differenze fra incandidabilità ed ineleggibilità 24. La Cassazione ha inoltre osservato che

mentre le cause di incandidabilità alla carica di amministratore locale previste dagli artt. 56 e 58 del d. lgs. n. 267 del 2000 - Testo unico enti locali- si riferiscono ad uno status di inidoneità funzionale assoluta e non rimovibile da parte dell'interessato, le cause di ineleggibilità previste dagli artt. 60 e 61 del t.u.e.l. sono stabilite allo scopo di garantire la eguale e libera espressione del voto e quindi possono essere rimosse dall'interessato nei tempi e nei modi stabiliti dalla legge 25.

Il TAR Puglia con sentenza Lecce, 31 maggio 2007, n.2203 ha affermato come nei casi di incandidabilità non venga in rilevo il diritto di elettorato passivo di cui all'art. 51 Cost. "Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro

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sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. …", bensì l'art. 97 Cost. che recita al 1° comma "I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell'amministrazione.” L'interesse pubblico al buon funzionamento della pubblica amministrazione ha pertanto preminenza rispetto all'interesse soggettivo di poter accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive.26

Ulteriori elementi di differenza tra gli istituti dell'incandidabilità e le altre figure in esame emergono con riguardo all'accertamento degli stessi. Mentre, infatti, la sussistenza di cause di ineleggibilità è accertata al momento della convalida di un'elezione già avvenuta e proclamata, una causa di incandidabilità deve essere verificata in via preventiva all'elezione dal competente ufficio elettorale. Anche la Corte

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Costituzionale con sentenza n.84/2006 ha affermato che le cause di incandidabilità possono emergere in sede di presentazione delle liste agli uffici elettorali, mente quelle di ineleggibilità vengono in rilievo solamente dopo lo svolgimento delle elezioni, in quanto sanzionabili soltanto in una fase successiva alla convalida degli eletti.

La Corte di Cassazione ha osservato, inoltre, che le cause di incandidabilità si riferiscono ad uno status di inidoneità funzionale assoluta ed ha messo in luce che esse si riferiscono a soggetti che, a causa dei reati commessi e accertati con sentenza definitiva, si trovano in una sorta di condizione diminuita in riferimento all'elettorato passivo. 27 Le cause di ineleggibilità,

invece, sono riconducibili alla ratio di scongiurare rischi di captatio benevolentiae o di metus publicae

potestatis da parte del candidato nei confronti del corpo

elettorale 28.

27 Cass. Sez I, Civile, 24 febbraio 2005,n. 3904

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In particolare, occorre sottolineare che mentre le cause

di ineleggibilità e di incompatibilità possono essere rimosse dall'interessato nei tempi e nei modi stabiliti dalla legge, le cause di incandidabilità proprio perché si riferiscono ad uno status di inidoneità funzionale assoluta non sono rimovibili da parte dell'interessato in quanto riconducibili alla carenza assoluta di un requisito richiesto ai fini della eleggibilità.

Ulteriore elemento di differenziazione tra la fattispecie di incandidabilità e ineleggibilità è la tutela anticipata prevista per l'incandidabilità davanti al giudice amministrativo avverso gli atti di esclusione dai procedimenti elettorali preparatori, mentre al rito sommario di cognizione del giudice ordinario sono invece riservate le controversie in materia di eleggibilità, decadenza e incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali da un lato e per il Parlamento Europeo dall'altro 29.

Pelissero,Torino, 2013, 295

29 N. LUPO – G. RIVOSECCHI, L'incandidabilità alle cariche elettive e i

(37)
(38)

Capitolo 2

La nuova categoria dell'impresentabilità e i

codici etici

all'interno dei partiti politici

A complicare il quadro fin qui illustrato si è aggiunta la nuova categoria della “impresentabilità” quale «forma domestica d’incapacità politica la cui disponibilità rientra nelle prerogative e nelle scelte di un’associazione non riconosciuta quale è il partito politico» 30

E' considerato impresentabile l’aspirante candidato alla carica elettiva che, sottoposto ad uno screening da un organo interno del partito politico appositamente istituito, pur possedendo i requisiti soggettivi richiesti dalla legge per proporre la propria candidatura, difetta

30 M. GRECO, Dall’incadidabilità all’impresentabilità alla carica di

Parlamentare. Nuovi limiti al diritto di elettorato passivo, reperibile in

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di ulteriori e più stringenti requisiti soggettivi previsti dal regolamento interno al partito politico cui appartiene, meglio conosciuto come Codice etico.

Quando si parla di codice etico ci si riferisce a un momento di autoregolamentazione: una società, un'associazione, un ente si dota di un precetto ove sono esplicitati e proclamati i principi ai quali gli aderenti dichiarano di ispirarsi nella propria azione all'interno dell'ente. Nel codice si definiscono anche le responsabilità etico-sociali di ogni aderente.

In questa autoregolamentazione il partito dichiara qualcosa di più dei suoi principi ispiratori, vi si definiscono le volontà etiche espresse in termini teorici. Scopo di questo codice è quello di organizzare un sistema di principi, regole e controlli interni che faccia il partito più affidabile nel contrasto all’illegalità dal proprio interno.

(40)

1. Il codice di autoregolamentazione per le

candidature

La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare (istituita con Legge 27 ottobre 2006, n. 277)ha approvato nella seduta del 3 aprile 2007 una proposta di autoregolamentazione dei partiti politici per la designazione dei candidati alle elezioni amministrative. La Commissione avvertiva l’esigenza di fornire un contributo tangibile alla costruzione di un’etica pubblica nella scelta delle persone destinate a rappresentare le collettività negli enti locali.

Il fine era di responsabilizzare le formazioni politiche nella direzione di una autoriforma e di una auto selezione in chiave legalitaria dei candidati. La politica, secondo quanto raccomandato dalla Commissione, deve assumere, in occasione delle designazioni dei candidati, il ruolo centrale di garante del rischio infiltrazione

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mafiosa negli enti locali.

La proposta di autoregolamentazione si è posta quale misura a garanzia del corretto funzionamento degli organi rappresentativi delle comunità locali, che si intende sottrarre all’influenza della criminalità organizzata, incidendo su base auto determinativa e volontaristica sulle procedure di designazione della candidature affidate alla responsabilità di ciascun partito, lista civica o formazione politica; con il compito di svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali, proponendo quindi misure idonee a prevenire e a contrastare tali fenomeni.

Secondo la Commissione il Codice etico “rappresenta l’espressione della volontà dei partiti, delle liste civiche e delle formazioni politiche ad impegnarsi in un cammino che, erigendo un filtro preventivo alla candidatura di soggetti caratterizzati da significativi rapporti con fattispecie criminali tipiche dell’area

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mafiosa, preservi la pubblica amministrazione da rischiose contaminazioni e ponga le comunità locali quanto più possibile al riparo dai successivi drastici interventi che, come gli scioglimenti e i conseguenti commissariamenti degli enti locali interessati, sebbene necessitati dalla constatazione di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso nell’azione amministrativa, privino i territori del diritto ad avere con continuità un’azione politica ed amministrativa” 31.

Nell'ottobre 2010 la stessa Commissione, presieduta dal senatore Pisanu, ha reso nota una relazione relativa alle prime verifiche sugli eletti. La valutazione non positiva ha prodotto una richiesta alle prefetture di chiarimenti e dati relativi alle condanne e processi pendenti dei candidati, informazioni giunte con molto ritardo ed incomplete per decine di casi dubbi di candidature “incompatibili” con i parametri di eleggibilità richiesti dal codice etico. Nella seduta del 17 maggio 2011 la

31 On. F. FORGIONE, Relazione sulla designazione dei candidati alle

elezioni amministrative, Commissione parlamentare di inchiesta sul

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Commissione antimafia avrebbe dovuto approvare la relazione sulla prima applicazione del Codice di autodisciplina, tuttavia decise, all’unanimità, di approfondire l’indagine prevedendo che le verifiche fossero fatte anche sulle nomine più rilevanti delle amministrazioni, soprattutto in merito ad assessori ed a responsabili delle amministrazioni municipali, facendo anche affidamento su una collaborazione più pronta e concreta del Ministro dell’interno.

~. ~. ~

2. Adozione del Codice etico da parte dei partiti

politici

Alcuni partiti politici recependo il monito della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata hanno previsto nei loro statuti o codici etici la problematica relativa alle

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incandidabilità, incompatibilità ed ineleggibilità.

Il Partito Democratico, il primo in Italia cinque anni fa, ha deciso di dotarsi di un'appendice allo statuto chiamata appunto “Codice etico”. Il codice del Pd, oltre a mettere nero su bianco i principi ai quali gli iscritti dovrebbero ispirarsi, prevede precisi casi di incandidabilità alle elezioni e l'obbligo di dimissioni per chi già ricopre un incarico. In particolare stabilisce, all'art. 5, che i membri del Partito Democratico si impegnano a non candidare, ad ogni tipo di elezione anche di carattere interno al partito, coloro nei cui confronti sia stato, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, emesso decreto che dispone il giudizio, emessa misura cautelare personale non annullata in sede di impugnazione oppure emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva, ovvero a seguito di patteggiamento, per un reato di mafia, di criminalità organizzata o contro la libertà personale e la personalità individuale, per un delitto per cui sia

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previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, per sfruttamento della prostituzione, per omicidio colposo derivante dall’inosservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Il Partito Democratico si impegna anche a non candidare, ad ogni tipo di elezione, anche di carattere interno al partito, coloro nei cui confronti ricorra una delle seguenti condizioni:

• sia stata emessa sentenza di condanna, ancorché

non definitiva ovvero a seguito di patteggiamento, per delitti di corruzione nelle diverse forme previste e di concussione;

• sia stata emessa sentenza di condanna definitiva,

anche a seguito di patteggiamento, per reati inerenti a fatti che presentino per modalità di esecuzione o conseguenze, carattere di particolare gravità;

• sia stata disposta l’applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, previste dalla Legge antimafia, ovvero siano

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stati imposti divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della medesima normativa.

Per quanto riguarda l'aspetto della incompatibilità, al fine di evitare un conflitto di interessi tra il candidato e la carica che il medesimo potrebbe ricoprire, il Partito Democratico si impegna nel proprio codice etico a non candidare, ad ogni tipo di elezione, anche di carattere interno al partito, i proprietari o coloro che ricoprano incarichi di presidente o di amministratore delegato di imprese che operano a livello nazionale nel settore della informazione, ovvero il loro coniuge, parenti o affini, nonché i proprietari ovvero coloro che ricoprano incarichi di presidente o di amministratore delegato di imprese che operano nel settore della informazione a livello locale.

Nel caso sopravvengano le condizioni sopra descritte gli eletti o i titolari di incarichi all’interno del partito democratico devono rassegnare le dimissioni dal relativo incarico. 32

32 Codice etico del Partito Democratico approvato dall'Assemblea Costituente il 16 febbraio 2008 reperibile in www.partitodemocratico.it

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Questo codice etico attraverso le fattispecie elencate di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità vuole realizzare le condizioni di trasparenza, correttezza e lealtà che l'iscritto e l'aderente assumono nei confronti della collettività, del Partito, della politica e delle sue articolazioni elettive.

Il Partito Italia dei Valori, per quanto riguarda i presupposti all'iscrizione nelle liste elettorali ha fatto proprio quanto previsto all'articolo 1 del codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione parlamentare Antimafia nella seduta del 3 aprile 2007. Nell'articolo 1 del codice etico dell' Idv, approvato nel 2010, viene trattata la questione della incandidabilità per coloro per cui sia stato emesso decreto che dispone il giudizio, per coloro per cui sia stata emessa misura cautelare personale non annullata in sede di impugnazione, per coloro che si trovino in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che siano stati condannati con sentenza anche non definitiva

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per tutta una serie di reati elencati all'interno del codice etico. 33

Il partito Unione di Centro ha disciplinato in attuazione dell’art. 7 del proprio Statuto un “Codice deontologico”. Esso contiene regole di comportamento, ed è chiamato a tutelare la dignità morale e l'immagine dei singoli iscritti. Secondo il codice deontologico i candidati nelle liste dell'Udc devono dichiarare che non esistano cause di ineleggibilità, di incompatibilità, o di ragioni ostative derivanti dalle leggi dello stato. 34

Nel Movimento Cinque Stelle all'art 7 del cosiddetto “Non Statuto” è previsto che i candidati vengano scelti fra i cittadini italiani, che siano incensurati e che non abbiano in corso alcun procedimento penale a proprio carico, qualunque sia la natura del reato ad essi contestato. Nel codice di comportamento alla voce “Trasparenza” si stabilisce inoltre che il parlamentare eletto dovrà dimettersi obbligatoriamente se

33 Codice etico del Partito Italia del Valori, 2010 reperibile in www.italiadeivalori.it

34 Codice deontologico Partito Unione di Centro reperibile in www.udc-italia.it

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condannato, anche solo in primo grado, nel caso di rinvio a giudizio sarà invece sua facoltà decidere se lasciare l’incarico. Nel caso di palese violazione del codice di comportamento i parlamentari del Movimento Cinque Stelle verranno espulsi dal movimento, l’espulsione dovrà essere ratificata da una votazione on line sul portale del movimento tra tutti gli iscritti. 35

Per quanto riguarda il Popolo della Libertà, nel corso del Consiglio nazionale del Pdl tenuto nel luglio 2011 risulta essere stato presentato, ma non approvato, un ordine del giorno per l’adozione di un codice etico con cui il partito si impegni a non candidare o eventualmente a sospendere dagli incarichi nelle liste del partito ed in ogni altro tipo di istituzione, a non inserire nell’organico del partito, oltre a non indicare per incarichi in società pubbliche, chi è stato oggetto di condanne, anche solo di primo grado, per particolari reati quali mafia, criminalità organizzata, corruzione e concussione, contro la libertà personale e comunque in

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genere reati di particolare gravità. Nella bozza di questo codice era richiesto ai candidati di impegnarsi a rinunciare, in caso di coinvolgimento in inchieste giudiziarie relative ai reati sopraelencati, e fino a richiesta di archiviazione, estinzione o definizione del giudizio di primo grado con assoluzione, ad incarichi istituzionali elettivi quali ad esempio presidenti e vice presidenti di commissioni parlamentari, regionali, provinciali e comunali, presidenti e vice presidenti di consiglio regionale, provinciale e comunale. Nel testo proposto era inserita inoltre la previsione di un limite oltre il quale non si potesse più essere ricandidati nella stessa istituzione e l’adozione del metodo delle primarie per selezionare i candidati alle elezioni. 36

Lo Statuto del partito di Futuro e Libertà per l'Italia, prevede all'art. 5 che tutti gli iscritti devono sottoscrivere ed attenersi al Codice etico che è parte integrante dello Statuto. Il Codice etico di futuro e libertà è stato approvato nel Marzo 2012 e fa divieto di

36 P. MARSOCCI, L'etica politica nella disciplina interna ai partiti, in Associazione Italiana Costituzionalisti, 7 marzo 2012, n. 1

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candidare coloro che siano stati rinviati a giudizio per i delitti contemplati nell'articolo 51, comma 3 bis, del Codice Penale (favoreggiamento mafioso); non può inoltre essere candidato chi si appresta ad affrontare da imputato un processo per estorsione, usura, riciclaggio di denaro sporco, esportazione illegale di denaro e traffico illecito di rifiuti.

Il Codice etico, pena sanzioni disciplinari, dispone anche l’osservanza dell’obbligo di tenere una condotta non in contrasto con i principi dell’onore, della dignità e del decoro personale e che possa risultare lesiva della onorabilità, dei principi e della linea politica del Partito. La Commissione centrale di garanzia e dei probiviri è responsabile dell'accertamento delle infrazioni e della decisione sulle eventuali sanzioni. In particolare, nel caso in cui l’iscritto sia sottoposto a procedimento penale per reato grave nelle more della decisione definitiva in sede giudiziaria, è comminata la sospensione provvisoria a tempo indeterminato.37

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Il Partito Sinistra Ecologia e Libertà durante il congresso costitutivo tenutosi nel ottobre 2010 a Firenze ha approvato due ordini del giorno su questione morale, cultura della legalità e lotta alla criminalità, aderendo al codice di autoregolamentazione per le candidature approvato dalla Commissione Antimafia. Questo partito si è impegnato ad adottare tramite approvazione dell’Assemblea nazionale, uno specifico codice di autoregolamentazione per i gruppi dirigenti, le candidature, e gli eletti. Questo codice denominato “Carta di Pisa” è un riferimento concreto al quale ogni candidato ed ogni amministratore eletto nelle liste di Sel devono ispirarsi per cercare di agire concretamente sul versante della prevenzione delle nuove e più insidiose forme di malaffare e per promuovere la cultura della trasparenza e della legalità. 38

Il partito della Lega Nord per l'indipendenza della Padania ha previsto nel proprio statuto e nel proprio regolamento una serie di obblighi per i cosiddetti soci

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del movimento dove si stabilisce che coloro che ricoprono incarichi elettivi, o di nomina politica, si impegnano a non servirsi della propria qualifica per realizzare comprovati vantaggi o profitti illegittimi a sé stessi o ad altri, non coincidenti con l’interesse pubblico. Ogni Organo del Movimento vigila sull’osservanza dello Statuto da parte dei Soci e sul loro comportamento politico, adottando eventuali provvedimenti nei confronti di quanti non mantengono fede al debito morale assunto.

Nel regolamento sono previste inoltre una serie di incompatibilità che prendono in esame solo situazioni interne al movimento. Sono incompatibili tra di loro le cariche monocratiche interne al movimento e altresì le cariche elettive, ricoperte dal coniuge e/o parenti od affini sino al secondo grado, o dai conviventi di chi già ricopre una carica all'interno del movimento.

L’inadempienza ai principi contenuti nello statuto e nel regolamento è causa di incandidabilità a qualsiasi

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carica interna ed istituzionale. 39

L’impresentabilità, nelle autoregolamentazioni dei partiti presi in esame, mira a tutelare, attraverso la selezione all'interno degli stessi partiti della classe politica, beni di straordinaria importanza quali il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche nonché la libera determinazione degli organi elettivi.

L’emanazione volontaria da parte dei partiti di un Codice Etico e l'adesione ad esso è uno strumento di rafforzamento della responsabilità politica, da far valere attraverso la pubblicità delle azioni conformi o difformi agli impegni assunti. Infatti, come previsto dalla proposta di autoregolamentazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, è apprezzabile che i partiti rendano pubbliche le motivazioni delle eventuali

39 Regolamento della Lega nord per l’indipendenza della padania approvato dal Consiglio Federale in data 30 luglio 2012 Modificato dal Consiglio Federale in data 12 novembre 2012 Modificato dal Consiglio Federale in data 20 e 31 maggio 2013 e dal Comitato Esecutivo in data 11 giugno 2013. Reperibile in www.leganord.org

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deroghe rispetto ai criteri stabiliti all'interno dei codici per la scelta dei candidati.

2.1 Casi recenti di espulsioni da parti politici in

applicazione dei codici etici

Vi sono stati casi recenti di espulsione o allontanamento degli iscritti per cause di indegnità morale e coinvolgimento in procedimenti penali, anche a seguito di richiesta alle Camere di autorizzazione all’arresto. Tra i casi più clamorosi, quello del senatore Luigi Lusi per il quale, il 6 febbraio 2012, il Pd ha deciso all’unanimità la sanzione della cancellazione dall’albo degli eletti e dall’anagrafe degli iscritti. Il senatore era stato indagato per l’appropriazione indebita di 13 milioni di euro che risultano dirottati, a conti a lui riconducibili, dai bilanci del partito la Margherita (precedentemente sciolto) di cui era tesoriere.

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di Garanzia del Pd aveva sospeso Filippo Penati, sino al completo chiarimento della sua posizione giudiziaria. La decisione fece seguito all’autosospensione dell'esponente del partito coinvolto nell'inchiesta di Monza sulle tangenti nell'area Falck.

Nei confronti del magistrato e deputato Alfonso Papa, coinvolto nell’inchiesta “P4”, riguardante la gestione e l’affidamento di appalti negli ambiti della pubblica amministrazione e il passaggio di informazioni riservate, con le accuse di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento il PdL non ha assunto decisioni specifiche, neanche dopo che la Camera dei deputati aveva espresso voto favorevole all’arresto il 20 luglio 2011, che la sezione disciplinare del Consiglio superiore della Magistratura ne aveva disposto la sospensione in via cautelare dalle funzioni e dallo stipendio di magistrato e che l’Associazione nazionale magistrati ne aveva deciso l’espulsione.

(57)

~. ~. ~

3. Considerazioni finali

La figura della impresentabilità presa in esame all'interno dei vari codici etici del partiti politici italiani, così come sollecitato nell'aprile 2007 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare in situazioni prese in esame, ha lo scopo di tutelare i principi previsti dalla nostra carta costituzionale quali il buon andamento e l'imparzialità delle amministrazioni pubbliche prevista dall'art. 97, del comportamento secondo disciplina ed onore contenuto nell'art.54 e della solidarietà politica, economica e sociale sancito dall'art. 2.

I partiti politici fondano le proprie auto-regolamentazioni sui principi di onestà e correttezza, senso di appartenenza e di lealtà verso l’organizzazione.

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La dottrina, in ogni caso, esclude i codici etici dal novero degli atti idonei a produrre diritto nel nostro ordinamento, anche considerando che le eventuali violazioni non producono responsabilità giuridica nei confronti di terzi e che le sanzioni previste hanno natura solo morale e non rilevano nella presunzione di legittimità degli atti dell’ente 40.

(59)

Capitolo 3

Legge n. 190 del 6 novembre 2012

Il 28 novembre 2012 è entrata in vigore la Legge 6 novembre2012 n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.

La Camera dei Deputati, dopo mesi di discussioni trattative e polemiche, nella seduta del 31 Ottobre 2012, con 480 voti favorevoli 19 contrari e 25 astenuti, ha accordato la fiducia al Governo Monti, approvando la novella legislativa pubblicata in gazzetta ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012.

La Legge si compone di due soli articoli. Le previsioni normative sono concentrate all'interno dell'articolo 1 suddiviso in ben 83 commi, mentre nel secondo articolo la Legge si limita a contenere la c.d. “clausola di invarianza”, a garanzia del fatto che dall’attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri

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a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono pertanto allo svolgimento delle attività previste dalla legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili. Si tratta quindi di una legge “a costo zero”.

Originariamente nel Disegno di Legge approvato dalla Camera nel giugno 2012 erano previsti 27 articoli, ma l'attuale articolazione normativa è stata imposta da ragioni di snellezza procedurale, avendo il Governo posto la fiducia al Senato sul Disegno di Legge de quo. Già nel 2010 era stato presentato un Disegno di Legge (n. 2156/10) recante “Disposizioni per la prevenzione e

la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” progetto a lungo “dimenticato” dal Legislatore. Il provvedimento legislativo era atteso da anni, richiesto non solo dall’opinione pubblica e dalle forze sociali, ma anche e soprattutto dalla necessità di allineare l’Italia agli standard internazionali in materia di contrasto alla

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corruzione.

L'intervento normativo istituisce l'Autorità Nazionale Anticorruzione e dispone in merito al piano nazionale anticorruzione; conferendo, altresì, deleghe al Governo in materia di trasparenza amministrativa, di incompatibilità degli incarichi dirigenziali, di incandidabilità conseguente a sentenze definitive di condanna ed, infine, interviene sul collocamento fuori ruolo dei magistrati.

~. ~. ~

1. Le spinte internazionali

La lotta alla corruzione è da tempo diventata, anche per effetto della profonda crisi che coinvolge le più avanzate economie mondiali, una priorità nelle agende politiche internazionali. Il diffondersi delle prassi corruttive determina tra i suoi molteplici effetti, una

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perdita di competitività per i paesi minando la fiducia dei mercati e delle imprese 41.

La Legge 190/2012 si muove nella direzione di rafforzare l'efficacia e l'effettività delle misure di contrasto al fenomeno corruttivo puntando ad uniformare l'ordinamento giuridico italiano agli strumenti sovranazionali di contrasto alla corruzione già ratificati dal nostro Paese.

La novella legislativa al primo comma dell'articolo 1, richiama esplicitamente l’art. 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione adottata con risoluzione n. 58/4 dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della Legge 3 agosto 2009 n. 116, la cosiddetta Convenzione di Merida. 42

Nel medesimo comma è richiamata anche la Convenzione penale sulla corruzione approvata a

41 R. GAROFOLI, Il contrasto alla corruzione: il percorso intrapreso con la

l. 6 novembre 2012, n. 190, e le politiche ancora necessarie, reperibile in

www.neldiritto.it

42 Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC) e

Intergovernmental Working Group (Implementation Review Group – IRG),

2003 ratificata ai sensi della Legge n. 116/2009 e firmata il 9 dicembre 2009.

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Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della Legge 28 giugno 2012 n. 110, pubblicata sulla G.U. n. 173 del 26 luglio 2012.

Le suddette convenzioni, ratificate dall’Italia tardivamente, si proponevano di rendere uniforme il contrasto alla corruzione a livello mondiale creando appositi organismi di controllo e attuando processi idonei a prevenire i fenomeni corruttivi.

Dal 2007 l' Italia fa parte del Gruppo di Stati contro la Corruzione denominato GRECO (Groupe d’Etats

contre la Corruption) istituto in seno al Consiglio di

Europa. Questo gruppo si riunisce periodicamente per collaborare con gli Stati membri a lottare contro la corruzione, assicurando che vengano rispettate le norme in materia del Consiglio d’Europa e ciò soprattutto attraverso un meccanismo di valutazione reciproca tra gli stati che ne fanno parte. Compito del Gruppo è anche la valutazione sullo “stato di salute” di ogni paese in tema di contrasto alla corruzione. Nel rapporto

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sull’Italia formulato dal Gruppo nel 2009 erano contenute 22 raccomandazioni 43 che contemplavano,

tra le altre cose, l’adeguamento della normativa anticorruzione esistente agli standard internazionali, la creazione di un “Servizio Anticorruzione e Trasparenza”, la redazione di codici di condotta e un’adeguata formazione dei pubblici dipendenti e delle forze dell’ordine. Tra le raccomandazioni figuravano anche la fissazione di standard etici e la regolamentazione del conflitto di interessi. 44

La ONG “Transparency International”, che periodicamente pubblica per ogni paese una dettagliata analisi sul livello di corruzione percepita, valutava l'Italia nel rapporto presentato nel dicembre 2012 al 72° posto su 182 paesi , peggiorando la posizione del nostro paese di tre posizioni rispetto all'anno precedente. Dal rapporto si rileva come la corruzione sia in Italia un

43 Il testo integrale delle 22 raccomandazioni è reperibile sul link: http://www.anticorruzione.it/site/ArtId__848/355/DesktopDefault.aspx 44 Associazione Nazionale Ufficiali di complemento e riservisti finanzieri, La

nuova normativa anticorruzione (L. 190/2012) Principali novità e prime considerazioni, in www.urfi.it

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fenomeno diffuso che colpisce svariati settori della vita pubblica e in particolare attività come lo smaltimento dei rifiuti, l’urbanistica, gli appalti pubblici, la sanità e l’intera macchina della Pubblica Amministrazione. Sempre secondo il rapporto le debolezze si concentrano in particolare sul settore pubblico, i media e l’Agenzia Anticorruzione. Questo ultimo organo veniva, al momento della redazione del documento, giudicato assente, ritenendo che l’art 6 della citata UNCAC (Conferenza delle Nazioni Unite contro la Corruzione) non fosse stato pienamente recepito con la creazione nel 2009 della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT). 45

Anche la Corte dei Conti ha sottolineato come la diffusa cultura della corruzione unita alla mancata attuazione delle convenzioni internazionali in materia e la omessa applicazione delle 22 raccomandazioni GRECO, costituiscano un danno per l’economia

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italiana 46.

La Legge 190/2012 costituisce una risposta, anche se per alcuni non del tutto soddisfacente, e persegue un duplice obiettivo, quello di lanciare un messaggio chiaro al Paese con un contrasto maggiormente repressivo alla corruzione e quello di adeguare il nostro ordinamento agli obblighi assunti sul piano internazionale. 47

~. ~. ~

2. Contenuti della Legge n. 190/2012

La Legge n. 190/2012, denominata anche “Legge anticorruzione”, nella sua composizione sistematica si può suddividere in due parti: l’una avente ad oggetto disposizioni che mirano a prevenire il fenomeno

corruttivo ab origine con l’introduzione

46 Corte Conti, Sezioni Riunite, Il fenomeno della corruzione in Italia - Relazione del Procuratore Generale, 6 febbraio 2012.

47 F. V. RINALDI, La Legge “anticorruzione” e la riforma dei reati contro

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nell’ordinamento, o il potenziamento laddove già esistenti, di strumenti di prevenzione volti ad incidere in modo razionale, organico e determinato sulle occasioni della corruzione e sui fattori che ne favoriscono la diffusione; l’altra avente ad oggetto disposizioni che prevedono misure repressive applicabili ad illecito già consumato, con il rafforzamento dei rimedi di tipo repressivo. L'intervento legislativo conferisce, altresì, deleghe al Governo in materia di trasparenza amministrativa, incompatibilità degli incarichi dirigenziali, incandidabilità conseguente a sentenze definitive di condanna ed, infine, interviene sul collocamento fuori ruolo dei magistrati.

Alla luce della Legge in esame si può considerare una nozione di corruzione di tipo amministrativo diversa dalla nozione penalistica. È una nozione più ampia, che rinvia non solo a condotte penalmente rilevanti, ma anche a condotte che sono fonte di altri tipi di responsabilità o non espongono ad alcuna sanzione,

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