• Non ci sono risultati.

III.1 Itineraria picta e Itineraria adnotata III. L

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "III.1 Itineraria picta e Itineraria adnotata III. L"

Copied!
12
0
0

Testo completo

(1)

III.

L

E FONTI SCRITTE PER UNA RICERCA SUI PORTI MEDIEVALI

Tentare di ricostruire quale poteva essere la realtà portuale ligure-tirrenica nei secoli del Medioevo non è certo un compito semplice.

Un ottimo punto di partenza è lo studio delle fonti scritte, che possono contenere informazioni più o meno dettagliate perlomeno sull’esistenza e l’identificazione dei porti. Si tratta soprattutto degli Itineraria, testi che appartengono alla produzione geografica tardo antica.

Dopo il Mille, il numero e l’affidabilità di compilazioni di carattere geografico aumentano: disponiamo, infatti, da questo momento dei primi portolani medievali, opere topograficamente più attendibili, dai quali è possibile ottenere con buona approssimazione una visione particolareggiata dei porti e degli scali esistenti nel Mediterraneo.

Confrontando le fonti coeve ai porti presi in esame con le fonti anteriori e posteriori si può provare a determinare gli scali scomparsi e quelli sorti nell’alto Medioevo; il metodo, già utilizzato da Schmiedt nel 1978, si è dimostrato molto efficace ed è stato ripreso anche successivamente da altri studiosi come Renzi Rizzo per lo studio dei porti altomedievali della Toscana.

III.1 Itineraria picta e Itineraria adnotata

Gli itinerari sono una delle più antiche forme di descrizione geografica del territorio, consistono in un elenco di toponimi con le indicazioni delle distanze, espresse in miglia, che separano un luogo dall’altro; possono anche contenere riferimenti a manufatti o particolari geografici utili al viaggiatore per determinare la sua posizione lungo un percorso.

L’esistenza degli itinerari è già testimoniata nell’Antico Regno egizio (2750 c.a. a.C.) dagli “onomastikà”, degli elenchi di toponimi della valle del Nilo. Inizialmente redatti per fini amministrativi o militari, nel mondo romano si diffusero e vennero elaborati anche per scopi civili, ad uso dei privati viaggiatori.

Publio Vegezio Renato, autore di fine IV-V sec. d.C., nel suo trattato sull’arte militare, Epitoma rei militaris, ci mette al corrente dell’utilizzo da parte dei comandanti di

(2)

Itineraria scripta o adnotata e di Itineraria picta. I primi contenevano la descrizione di percorsi stradali, località, distanze e tappe; i secondi probabilmente riportavano le stesse informazioni attraverso una rappresentazione di tipo cartografico molto schematica che consentiva di avere una conoscenza rapida degli elementi distintivi del territorio, della distanza tra i luoghi e delle caratteristiche delle vie1.

Primum itineraria omnium regionum, in quibus bellum geritur, plenissime debet habere perscripta, ita ut locorum intervalla non solum passuum numero sed etiam viarum qualitate perdiscat, conpendia deverticula montes flumina ad fidem descripta consideret, usque eo, ut sollertiores duces itineraria provinciarum, in quibus necessitas gerebatur, non tantum adnotata sed etiam picta habuisse firmentur, ut non solum consilio mentis verum aspectu oculorum viam profecturus eligeret. [Per prima cosa deve curare di avere itinerari redatti nella maniera più

completa di tutte le regioni nelle quali si combatta, in modo che possa conoscere bene le distanze tra i luoghi non solo per il numero delle miglia, ma anche per la qualità delle strade; deve poi prendere in considerazione le vie più brevi, le deviazioni, i monti, i fiumi, descritti con precisione fino al punto che i comandanti più esperti confermano di aver avuto, per le province nelle quali la necessità li portava, non soltanto itinerari scritti, ma anche itinerari disegnati, in modo che colui che stava per partire, potesse scegliere la strada giusta non soltanto col consiglio della mente, ma anche con l'aiuto della vista] “Epitoma rei militaris” (III,6).

Al genere degli Itineraria picta appartiene, la Tabula Peutingeriana, dalla quale è possibile ricavare una panoramica dei porti e degli scali esistenti all’inizio del V secolo.

Si tratta di una copia medievale di un importante documento cartografico della tarda antichità che comprende tutti i paesi del mondo allora conosciuto. In merito alla compilazione dell’originale Miller propone una datazione intorno alla metà del IV sec d.C., poiché le grandi città di Roma, Costantinopoli e Antiochia sono messe in evidenza con speciali simboli e solo in quel periodo furono contemporaneamente residenze imperiali2. L’opinione più condivisa riguardo la destinazione della Tabula Peutingeriana è che nella sua redazione originale nacque come strumento essenzialmente pratico per il viaggiatore, privato o funzionario statale che viaggiava per le province, per cui non aveva la funzione di una carta geografica. Si tratta di una rappresentazione cartografica del mondo romano che mostra principalmente la rete stradale che partendo dall’Italia continua lungo tutte le coste del Mediterraneo; vi vengono anche rappresentati la posizione di città e gli elementi fondamentali del paesaggio come le catene montuose, i fiumi, i laghi e i mari.

1

Cantile 2013, pp. 77-78.

2

(3)

Lungo le vie sono messi poi in evidenza i posti di tappa, indicati o con il semplice toponimo o anche da un’illustrazione. La ricca simbologia cartografica è utilizzata anche per indicare l’esistenza di luoghi di culto, centri termali, magazzini e depositi (horrea), affiancati ai luoghi di sosta ufficiali (mansiones e mutationes) e collegati col cursus publicus (servizio di poste imperiali).

Queste tappe del cursus publicus, rappresentate dal simbolo delle due torri, rivestivano una grande importanza all’interno della viabilità e avevano anche una forte valenza militare ed economica; corrispondevano spesso con le grandi città o con i terminali delle rotte marittime3.

Nella Tavola Peutingeriana la raffigurazione dello spazio terrestre risulta schiacciata, non corrispondente alle coordinate geografiche reali, ma particolarmente adatta a descrivere gli itinerari stradali. Al suo interno i mari sono rappresentati come sottili strisce di colore verde: nelle intenzioni dei redattori non c’era, infatti, la volontà di raffigurare gli spazi marittimi ed eventuali linee di navigazione, ma solamente di delimitare le terre emerse. Solo le isole dotate di strade come la Sicilia, la Sardegna, Creta e Cipro sono rappresentate nei particolari, mentre delle altre vengono individuate solo le posizioni e a volte sono identificate dal toponimo4.

Ad esclusione dei due grandi complessi portuali di Portus Augusti presso la foce del Tevere e di Fossis Marianis a est del Rodano, riprodotti graficamente con una vignetta, presso la linea di costa i porti sono indicati solo con il nome dello scalo marittimo preceduto dalla scritta port(us). Questi centri sono collegati a percorsi marittimi che rappresentano una naturale prosecuzione della viabilità terrestre. Sulle coste siciliane, per esempio, nello Stretto di Messina, è segnalato il Portus Tragecynus e nel Tirreno, oltre alla raffigurazione delle strutture portuali del portus Augusti, sono indicati i centri di Portus Longus ed Ango portus5.

3 Prontera 2003, pp. 11-12. 4 Ibid., pp. 9-10; 52-53. 5 Ibid., pp. 13-14; 54-55.

(4)

Una testimonianza della funzionalità dei porti tirrenici settentrionali all’inizio del V secolo d.C. è contenuta all’interno del De reditu suo di Rutilio Namaziano. Si tratta di un poemetto in distici elegiaci basato su appunti presi durante un viaggio compiuto dall’autore fra il 415 e il 418 d.C. Il testo contiene descrizioni geografiche e tecniche che permettono di approfondire la conoscenza di una parte della rotta Roma-Arelate, una delle tratte più importanti del Mediterraneo in età tardo antica6.

Il poema, purtroppo, è incompleto, poiché mancano parti del II libro che avrebbero dovuto contenere la descrizione della tratta da Luni fino in Gallia. Il poeta ricorda le soste effettuate dopo la partenza da Portus Romae, indicando i porti, le positiones e le foci dei fiumi e, in alcuni casi, descrive le strutture portuali, come avviene per Centumcellae7. Un altro documento utile per la ricerca dei porti dell’alto Medioevo è l’Itinerarium Antonini Augusti. La fonte nella sua interezza presenta parti sia anteriori all’età severiana che più tarde, di fine V- inizio VI secolo.

Il testo si compone di due sezioni: la prima dedicata agli itinera delle varie province, nella quale vengono fornite le distanze in miglia tra le località; la seconda, detta Itinerarium maritimum contiene informazioni utili alla navigazione8.

L’Itinerarium maritimum comprende tre parti: nella prima è indicata una rotta con andamento da est a ovest, da Corinto verso l’Africa passando per la Sicilia, misurata in stadi; nella seconda è descritta una rotta di cabotaggio, con un elenco dei porti e positiones delle navi, da Roma ad Arles; nella terza e ultima vengono enumerate tutte le isole procedendo da ovest a est; le parti restanti del testo sono annotazioni su traversate e traghetti di varia natura9.

La non omogeneità del testo e il suo carattere irregolare hanno fatto pensare a una raccolta parziale. Il documento contenendo dati sparsi senza un tessuto connettivo probabilmente non era comprensibile senza l’utilizzo di rappresentazioni cartografiche, che forse dovevano essere a disposizione10.

Nell’itinerario occupa una particolare importanza la rotta da Roma ad Arles, che è anche l’unica parte del testo ritenuta un documento ufficiale per due ragioni: la prima è che le distanze sono indicate in miglia, la seconda è che la partenza è da Roma. Queste considerazioni hanno fatto pensare a una redazione del testo da parte dell’amministrazione 6 Mosca 2004, pp. 311-312. 7 Ibid., pp. 314-320. 8 Di Paola 2000, pp. 189-190. 9 Marangio, Laudizi 1996, pp. 46-49. 10 Ibid., pp. 49-52.

(5)

o della marineria romana o comunque ad un suo utilizzo da parte di un collegium naviculariorum11.

Riguardo alla datazione tarda proposta per l’Itinerarium maritimum, vari elementi concorrono a confermarla. Lungo il tragitto Roma-Arles compare il toponimo portus Mauricii, nome che è sicuramente tardo, poiché sembra derivare dal culto di S. Maurizio affermatosi in città. La diffusione del culto si ha dal 420 d.C. quando chiese dedicate al santo vengono costruite ad Auxerre, Vienne, Colonia e a Roma nella Basilica di S. Pietro. La presenza del toponimo all’interno dell’itinerario porta quindi a concludere che questo deve essere posteriore alle metà del V secolo d.C. Attraverso una approfondita analisi interna è stata poi proposta una datazione, per la redazione finale dell’opera, tra il 511 e il 535, mettendola in relazione con il regno vandalico d’Africa e il regno goto d’Italia12

.

11 Uggeri 2004, pp. 24-25. 12 Uggeri 2000, pp. 712-714.

(6)

La rotta Roma-Arles inoltre fornisce importanti contributi alla conoscenza del linguaggio tecnico. Troviamo, infatti, impiegati i termini portus, positio, plagia e fluvius13.

Con portus si indica sempre uno specchio d’acqua chiuso, sia naturale che artificiale, facilmente accessibile dal mare, dove le navi possono riparare in caso di cattive condizioni meteorologiche e anche svernare.

Al portus si trova contrapposta la positio navium, termine che doveva indicare un porto artificiale provvisto di strutture che permettessero la fermata notturna al sicuro durante la navigazione di cabotaggio. Il termine suggerisce che fosse una stazione del cursus publicus marittimo e dell’annona. Le positio non corrispondevano di norma a città e dovevano essere dotate di horrea e di torri di difesa.

Gli altri due termini che compaiono sono fluvius, usato per indicare una foce fluviale capace di accogliere imbarcazioni e plagia, termine che indica una spiaggia sulla quale era possibile tirare a secco le imbarcazioni.

Dunque, la fonte, per la datazione tarda e la presenza al suo interno di particolari tecnici, si dimostra particolarmente utile per tentare di ricostruire la rete portuale posta lungo le coste del Tirreno settentrionale nei primi secoli dell’alto Medioevo.

Appartiene allo stesso genere dell’Itinerarium maritimum la Cosmographia dell'Anonimo Ravennate, un’opera che sembra esser stata composta tra la fine del VII e gli inizi dell’VIII secolo, con alcune aggiunte posteriori ad opera di autori diversi14.

Il testo consiste in un elenco di circa cinquemila nomi geografici riferiti al mondo allora conosciuto, esposti secondo un ordine che procede da ovest verso est. La compilazione non è stata eseguita in modo coerente: nelle aree descritte vengono inseriti i nomi delle civitates e, solo in alcuni casi, particolari geografici come la presenza di fiumi e isole; la disomogeneità all’interno del testo è poi resa evidente dal fatto che alcune importanti località non sono segnate e certi nomi sono duplicati.

Non si tratta di un documento ufficiale redatto dalla burocrazia bizantina, ma di un testo scritto da uno sconosciuto chierico, probabilmente poco dopo il 700 d.C. L’autore nella stesura si avvalse delle opere di diversi scrittori cristiani come Castorio, Orosio e lo storico bizantino Giordano, e attinse anche dalla Tabula Peutingeriana e da copie corrotte della Geografia di Tolomeo15.

13 Uggeri 2004, pp. 25-26. 14 Schnetz, 1940.

(7)

Dalla Cosmographia in parte dipende un’opera bassomedievale completata intorno al 1119, il Liber Guidonis de variis historiis, una compilazione articolata in sei libri, dei quali i primi tre sono prevalentemente geografici e i rimanenti mitografici e storici.

La parte che descrive la geografia dell’Italia è quella che deriva in maniera palese dall’opera del Ravennate eccezion fatta per quei territori dei quali l’autore del Liber Guidonis sembra avere una conoscenza diretta; in particolare si hanno degli interventi nelle descrizioni riguardanti la parte settentrionale della Puglia fino a Metaponto.

Le stesse osservazioni valgono per un'altra parte dell’opera, il Liber descriptionis totius maris, nel quale viene ripreso interamente il periplo del Mediterraneo del V libro del Ravennate, inserendo novità sostanziali nuovamente solo per la parte relativa alla Puglia16. Per la descrizione delle città tirreniche l’unica aggiunta sembra essere la città di Amalfi. Nonostante la fonte dipenda fortemente dal Ravennate è ravvisabile in parte un primo tentativo di risposta alle nuove esigenze di rappresentazione dello spazio che si svilupparono tra l’XI e il XIII secolo e che ebbero come esito finale l’elaborazione di testi come i portolani e le carte nautiche17.

III.2 Dai Geografi arabi ai Portolani: nuove forme di descrizione delle coste

Per ricostruire la rete portuale del Mediterraneo nei secoli tra l’XI e la metà del XII secolo dobbiamo spostarci nel mondo arabo. Qui troviamo alcune opere di carattere geografico che elencano la presenza di porti, le distanze e i tempi di percorrenza tra i luoghi e le giornate di cammino o di navigazione. In particolare l’attenzione è concentrata su quei porti che rientravano nelle aree di pertinenza e di interesse (militare ed economico) del mondo musulmano18.

La scienza geografica araba derivava dalle conoscenze delle opere degli antichi greci, infatti, a partire dal IX secolo cominciarono a circolare in traduzione testi come l’Almagesto o la Geografia di Tolomeo e la Geografia di Marino di Tiro. Tra il X e l’XI secolo si giunse alla creazione di un genere letterario nuovo, il sūrat al-ard (forma o rappresentazione della terra) un tipo di letteratura che doveva al tempo stesso istruire e divertire, articolata attraverso formule spesso stereotipate e racconti ripetuti. Sul finire dell’XI secolo la Geografia subisce una trasformazione: da una parte sfocia

16 Uggeri 1974, pp. 236-239. 17 Renzi Rizzo 2011, p. 62. 18 Simbula 2009, pp. 39-40.

(8)

nell’enciclopedismo unendosi ad altre scienze, dall’altra porta alla creazione di una geografia religiosa e di una letteratura marittima, nelle quali è possibile riconoscere le premesse di un altro genere il rih’la (giornale di viaggio) prodotto da ambasciatori e commercianti, nel quale vengono descritti i paesi visitati19.

Al XII secolo si data l’opera di Idrisi, geografo e cartografo arabo, che, giunto alla corte di Ruggero II nel 1138, fu incaricato dal sovrano di realizzare un planisfero e di redigere un’opera geografica volta ad illustrarlo.

Le opere furono completate intorno al 1154 e consistevano in una mappa incisa su una lastra d’argento e in un testo descrittivo, il nuzhat al-mushtāq fī ikhtirāq al-āfāq (sollazzo per chi si diletta di girare il mondo), noto anche come Libro di Ruggero, la cui narrazione si estende all’intero Mediterraneo ed è accompagnata da una ricca cartografia20

.

La descrizione fu costruita basandosi sulle conoscenze dirette acquisite nei viaggi e sullo studio di documenti antichi e dell’epoca.

Nell’esposizione delle coste del Mediterraneo non manca di descrivere i porti dei quali, in alcuni casi, offre notizie dettagliate riguardo alle caratteristiche o alla possibilità di reperire acqua dolce per rifornire le navi. La narrazione non è omogenea e rivela una maggiore attenzione nei particolari per quelle aree meglio conosciute, o perché viste di persona o per le quali aveva a disposizione informazioni più affidabili, come per il nord Africa, l’ Al-Andalus e la Sicilia.

Ma è solo con i primi portolani e le prime carte nautiche che emergono più chiaramente le trasformazioni avvenute nella rete portuale mediterranea. Queste opere hanno una maggiore affidabilità topografica e tecnica, dimostrandosi particolarmente utili per l’individuazione dei porti e degli scali.

I primi portolani compaiono tra il XII e il XIII secolo in coincidenza con il perfezionarsi delle tecniche di navigazione e del relativo strumentario, che ora prevede l’introduzione dell’uso della bussola21

.

In essi erano segnalate le rotte che i piloti dovevano seguire per raggiungere le diverse località costiere utilizzando la navigazione per starea, cioè mantenendo un percorso

19 Vanoli 2001, pp. 20-23. 20 Cantile 2013, pp. 110-111.

(9)

parallelo alla terra ferma che seguiva l’andamento della costa, oppure procedendo per pileggio, cioè effettuando la navigazione in mare aperto22.

Erano inoltre precisate le lunghezze dei diversi percorsi, ottenute attraverso la traduzione in miglia delle unità orarie impiegate ogni singola volta per le tratte, e le manovre per accedere ai porti in sicurezza.

Il percorso per arrivare alla redazione di opere geografiche sempre più dettagliate non fu rapido. Una prima fase di sviluppo di questo nuovo genere è testimoniata dal Liber de existencia riveriarum et forma maris nostri Mediterranei, datato tra il 1160 e il 1220. Il testo non può ancora considerarsi un portolano in senso stretto poiché in realtà si tratta di un’opera geografica eterogenea realizzata con l’utilizzo di una carta e di istruzioni nautiche, destinata ad un pubblico ampio. Tuttavia conferma l’esistenza di portolani e carte nautiche, almeno nell’XI e nel XII secolo, destinati all’uso pratico dei naviganti. La descrizione dei porti appare schematica e priva di dettagli tecnici, come le indicazioni sulle manovre da effettuare per avvicinarsi al porto o la descrizione delle infrastrutture, che faranno la loro comparsa nei portolani veri e propri23.

Il più antico portolano conosciuto è il Compasso da Navigare. Si tratta di un’opera italiana scritta in volgare che, attraverso confronti filologici con altre versioni dello stesso testo, risulta composta tra il 1250 e il 1265.

Per quanto riguarda la descrizione e la rappresentazione delle coste può essere considerata la più importante opera geografica e nautica del Medioevo. Il compasso-portolano attinge ad una serie di parziali descrizioni di determinate zone del Mediterraneo e di istruzioni per navigarvi di portolani anteriori alla metà del XIII secolo, che nel testo vengono rielaborati e sistemati in un gruppo organico. Ciò lo si desume perché appare improbabile che si sia giunti ex novo alla stesura di un‘opera riguardante un‘area così vasta; inoltre il linguaggio utilizzato tradisce un‘elaborazione avvenuta attraverso il recupero di scritti precedenti24. Il testo descrive le coste partendo da Capo S. Vincenzo in Portogallo e prosegue verso est lungo i litorali spagnoli, provenzali, italiani, della penisola balcanica e poi fino al Mar Nero. Successivamente sono descritte le rive dell’Asia minore, della Siria, della Palestina, dell’ Egitto, per seguire quelle africane verso ovest fino a Safi sul versante atlantico del

22 “Nella marineria moderna e contemporanea, come già in quella medievale, il pilota è il tecnico altamente

specializzato che si occupa di dirigere il corso della nave, colui che decide la rotta migliore da seguire utilizzando tutti gli strumenti nautici necessari” Medas 2004, p. 24.

23 Gautier Dalché 1995, pp. 80-82. 24 Motzo 1947, pp. 38-39.

(10)

Marocco. Terminata la descrizione delle fasce costiere, vengono segnalati i pelei o pileggi e infine sono mostrati i peripli delle isole maggiori e degli arcipelaghi.

Molto ricco di informazioni utili a chi si apprestava a navigare in mare, il testo contiene numerosi termini tecnici della marineria; oltre alle qualità dei porti e degli ancoraggi sono indicate le condizioni dei fondali, come la presenza di secche o scogli, le correnti e i venti dominanti, le distanze tra le diverse località espresse in miglia, i riferimenti a punti importanti della costa e i procedimenti di attracco e sbarco. Queste indicazioni si possono ritrovare nella descrizione che il portolano offre del porto di Pisa:

Porto Pizano è porto de catena, e de fora de la catena è fondo plano entorno V passi. La conoscenza de Porto Pizano è cotale, che da garbino à una secca, en na quale è una torre, che se appella la Meloria, et è lontana dal porto entorno X millara. Da levante à una torre en na quale se fai fano de nocte. La ‘ntrata de Porto Pizano è cotale: quando lo fondo pare enter II torre, fa quella via, e serrete en porto necto de tucte le secche e per que medesmo ver levante è Monte Nero. De Porto Pizano a la città de Piza XII millara ver lo maestro. Piza à flume che se clama Arno, et à [a] ra foce a mare, per la quale foce po entrare lenno soctile. E so da la foce entro Porto Pizano entorno VIII millara, ver lo meczo di. (da Motzo

1947, p. 20).

Al XIV secolo si data, invece, il Portolano di Grazia Pauli, un codice manoscritto che in molte parti sembra riprendere il Compasso da Navigare.

Nell’opera tuttavia sono presenti alcune novità, come ad esempio la descrizione del porto di Cagliari, che nel precedente portolano era solo indicato:Enter lo dicto capo-terra e la bocca de Carbonara è uno golfo che à nome Callari, en che à porto de golfo,ora è più dettagliata e sembra rispecchiare i cambiamenti avvenuti nell’organizzazione dello scalo. Infatti, i pisani nel corso del XIII secolo si erano impegnati nella realizzazione di una palizzata a difesa del porto che nel nuovo portolano è descritto come un: buono portto, ed è chiuso dentro lo portto a pali25.

L’autore dell’opera poi, sembra mostrare una diversa attenzione nella descrizione dei tratti delle coste, insistendo su alcuni e tralasciandone altri, come se volesse compiere una selezione forse guidata da un interesse specifico, suo o del committente, per la conoscenza

(11)

di determinati settori del Mediterraneo. Nel portolano, infatti, è data maggiore importanza alla descrizione delle coste del sud-ovest europeo rispetto a quelle africane, dell’Asia e dell’Europa sud-orientale. Per quanto riguarda l’Italia, invece, mostra più interesse per i litorali della Liguria, della Toscana, della Sardegna e della Sicilia26.

Attraverso l’analisi dei testi presi in esame è quindi possibile porre le basi di una ricerca relativa all’esistenza e alle trasformazioni avvenute nei secoli del Medioevo della rete portuale ligure-tirrenica. Va però tenuto conto che i dati ottenuti vanno poi trattati con riserva, in particolare relativamente a quei porti o approdi per i quali abbiamo solo indicazioni sommarie nelle fonti scritte.

(12)

Riferimenti

Documenti correlati

Decostruzione e analisi della Tabula Peutingeriana.. Analisi decostruttiva della tabula Peutingeriana,

Nella strategia di sviluppo sostenibile perseguita dal Parco, dal Comune e dall’ApT, il progetto Stelviobus costituisce il primo step di un obiettivo più ambizioso rappresentato

5 L’inserimento di sedicenti minorenni nel centro di prima accoglienza del Comune di Venezia tra l’estate del 2007 e la primavera del 2009 costituisce il primo riferimento

[r]

Scrivi un testo argomentativo in cui sostieni la tua tesi, presenti l'antitesi e giungi a una

Inizio lezione: analisi degli errori comuni negli esercizi e nei Test con l’aiuto della

Si sottolinea che la normativa nazionale prescrive che “il valore giuridico delle firme elettroniche qualificate e delle firme digitali basate su certificati qualificati rilasciati

Da tal data, mentre i certificati qualificati, quindi le firme digitali e le firme elettroniche qualificate, sono riconosciuti ai sensi del Regolamento in tutta l’Unione europea,