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2. VULNERABILITÀ SISMICA DEGLI EDIFICI IN CEMENTO ARMATO

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2. VULNERABILITÀ SISMICA DEGLI EDIFICI IN CEMENTO

ARMATO

Gli edifici con struttura in cemento armato caratterizzano il patrimonio costruttivo italiano degli ultimi 50 anni e sono diffusi su tutto il territorio nazionale.

Attualmente in Italia si stima che il 60% degli edifici esistenti siano stati costruiti in zone all’epoca classificate come non sismiche. Inoltre, gran parte di tali edifici costruiti in calcestruzzo armato risalgono per lo più al trentennio post-bellico e hanno quindi raggiunto e superato la loro vita utile convenzionale di servizio; ciò potrebbe comportare l’insorgere di problemi di degrado e decadimento anche delle proprietà meccaniche degli elementi strutturali. Questo patrimonio costituisce perciò una significativa fonte di rischio sismico, a causa della sua vulnerabilità e della sua numerosità.

Lo studio e l’osservazione dei danni successivi ad aventi sismici ha evidenziato carenze ricorrenti negli edifici esistenti con strutture in c.a., a causa principalmente di progettazioni prive di accorgimenti antisismici.

Fino agli anni Settanta, infatti, gli edifici erano progettati per resistere ai soli carichi verticali, senza alcun riferimento alle azioni di tipo orizzontale. Ciò portava alla realizzazione di sistemi resistenti molto deformabili, ma privi delle necessarie capacità duttili.

I risultati degli studi di vulnerabilità sismica su scala nazionale, ad oggi, hanno evidenziato, nella maggior parte dei casi analizzati, un elevato stato di degrado dei conglomerati cementizi, riscontrando problematiche comuni di seguito sintetizzate:

- Resistenza globale insufficiente, a causa dell’assenza di progettazione antisimica o ad errori relativi alla classe di resistenza dei materiali;

- Rigidezza globale insufficiente, spesso associata ad una resistenza globale carente o ad irregolari distribuzione di rigidezza degli elementi strutturali;

- Configurazione strutturale irregolare;

- Interruzioni nel percorso dei carichi e mancata efficacia delle connessioni fra gli elementi strutturali;

- Dettagli costruttivi non accurati con assenza, ad esempio, di adeguata staffatura; - Assenza dei diaframmi di piano con adeguata rigidezza o resistenza;

- Elementi di fondazione strutturalmente carenti tali da alterare la trasmissione degli sforzi di sollecitazione provenienti dalla sovrastruttura;

- Presenza di giunti di ampiezza non sufficiente fra edifici adiacenti;

- Errori progettuali o di messa in opera, fra cui la mancata corrispondenza fra elaborati di progetto e stato di fatto.

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L’individuazione di queste o di altre carenze strutturali e di cause di vulnerabilità delle strutture in calcestruzzo armato è perciò un passaggio essenziale per progettare più efficacemente la successiva tecnica di intervento.

2.1 Cenni sui meccanismi di collasso delle strutture in cemento armato

Il comportamento strutturale degli edifici durante un evento sismico dipende non solo dalle caratteristiche delle azioni sismiche, ma anche dal comportamento duttile della struttura e dalla sua capacità di trasferire le forze orizzontali in fondazione, senza eccessive deformazioni. Infatti la filosofia di progettazione introdotta dalle normative per costruzioni convenzionali in c.a., detta gerarchia delle modalità di collasso e delle resistenze, consiste nell’eliminare o ridurre al massimo le concentrazioni di deformazioni e danno in zone locali, così da evitare improvvisi collassi di tipo fragile.

Il buon comportamento sismico di una struttura può essere raggiunto in generale osservando i seguenti requisiti:

- semplicità strutturale, perché la trasmissione degli sforzi sia evidente e diretta;

- uniformità e simmetria, affinché si riducano rischi legati alla presenza di eccentricità e concentrazione degli sforzi;

- iperstaticità, per meglio ridistribuire gli effetti dell’azione sismica e dissipare energia; - adeguata resistenza e rigidezza flessionale secondo due direzioni ortogonali;

- adeguata resistenza e rigidezza torsionale, per ridurre gli effetti torsionali e gli spostamenti differenziati;

- adeguata resistenza e rigidezza dei solai nel piano, perché la distribuzione delle forze sismiche sia proporzionale alle resistenze e alle rigidezze degli elementi strutturali; - fondazioni adeguate.

Per questi principi, le tipologie strutturali da preferirsi in zona sismica sono: a) sistemi a telaio resistenti a momento con travi rigidamente connessi ai pilastri; b) telaio con controventi concentrici o eccentrici;

c) sistemi a parete singola o accoppiate con resistenza necessaria a sopportare interamente le forze orizzontali;

d) sistemi telaio – pareti. e)

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Fig 2.1a - Sistemi a telaio resistenti Fig 2.1b - Telaio con controventi concentrici

Fig 2.1c - Telai con controventi eccentrici

Fig 2.1d - Sistemi a parete singola o accoppiate

Il meccanismo di rottura più auspicabile per i telai in cemento armato è quello in cui le plasticizzazioni sono ben distribuite su tutta l’altezza dell’edificio e tutte le cerniere plastiche dissipano l’energia sismica in modo pressoché uniforme. Per ottenere un tale risultato è richiesto un rapporto di sovraresistenza delle colonne rispetto alle travi difficilmente riscontrabile nel caso degli edifici esistenti (trave debole-colonna forte).

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Fig 2.2 - Meccanismo di collasso trave debole-colonna forte

I crolli verificatesi a seguito di eventi sismici hanno evidenziato però come il meccanismo di collasso più frequente sia la formazione di un meccanismo di piano, con formazione di cerniere plastiche in testa ai pilastri di un piano e sporadiche plasticizzazioni di alcune travi ed alcuni pilastri in altri piani (trave forte – colonna debole). È il caso meno desiderabile perché tutte le plasticizzazioni sono localizzate in un solo piano, detto piano soffice, con limitate capacità dissipative e possibili rotture fragili per schiacciamento, fino al raggiungimento del collasso per rottura dei pilastri.

Fig 2.3 - Meccanismo di collasso di piano soffice

Un comportamento di piano soffice si può verificare anche quando le pareti di tamponamenti non si sviluppano per tutta l’altezza dell’elemento strutturale alle quali sono accoppiate: l’accorciamento dei pilastri, definiti così tozzi, limita la loro deformabilità e può indurre a fenomeni di rottura per taglio.

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Fig 2.4 - Crisi per taglio localizzata nelle colonne

Altri esempi di crisi locali si possono avere in edifici con pareti in c.a. non adeguatamente progettati. Un primo caso potrebbe trattare di un setto murario che non si estende per tutta l’altezza dell’edificio, ma è interrotto ad un piano inferiore, originando un meccanismo di piano debole, appena sopra l’interruzione del muro (fig. 2.5a). Oppure il caso di un setto locato ovunque tranne al piano terra (fig. 2.5b). Il momento, sviluppato nel muro a causa dell’azione sismica, è trasferito al telaio sottostante, dove i pilastri possono presumibilmente non essere dotati della necessaria resistenza.

Fig 2.5 - Meccanismi di collasso di piano soffice

Si può concludere quindi che il collasso di una struttura soggetta ad un terremoto di forte intensità avviene quando viene raggiunta e superata la capacità di deformazione degli elementi portanti i carichi verticali, oppure quando le deformazioni sono tali da rendere significativi gli effetti del secondo ordine e causare l’instabilità della struttura.

2.2 Approccio normativo

Il recupero del patrimonio edilizio esistente è uno dei modi per ridurre il rischio sismico del territorio. La progettazione di un intervento su un edificio esistente, teso a conseguire un adeguato livello di sicurezza verso l’azione sismica, è più difficoltosa rispetto ad una progettazione ex-novo.

Le NTC08 definiscono la strategia di progettazione sismica basata su livelli di prestazione multipla, intesi come livelli di danneggiamento di membrature ed elementi secondari che possono essere raggiunti quando la struttura è soggetta ad azioni sismiche di diversa intensità. Questi sono:

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- relativamente agli Stati Limite Ultimo (SLU)

 Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali;  Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la

costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali;

- agli Stati Limite di Esercizio (SLE)

 Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed interruzioni d'uso significativi;

 Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.

I metodi di analisi e le procedure di verifica sono però validi per le nuove costruzioni, non affette dal grado di incertezza conoscitivo che caratterizza le costruzioni esistenti.

Infatti lo stato di conservazione e il livello di danneggiamento subito dall’edificio vincolano il progettista a garantire il rispetto soltanto agli stati limite ultimo, alla condizione di SLV o, in alternativa, alla condizione di SLC (cap.2, NTC08). Questo approccio non è ammesso per le opere nuove, per le quali è necessario garantire il soddisfacimento dei requisiti sia agli stati limite ultimi che a quelli di esercizio.

Inoltre la normativa italiana propone una metodologia basata sulla determinazione del livello di conoscenza della struttura, ossia tanto maggiori sono le informazioni disponibili sui materiali costituenti e sulla struttura, tanto più affidabili possono essere i risultati delle analisi strutturali effettuati su modelli idonei. Perciò per il raggiungimento di un adeguato livello di conoscenza è necessario un accurato esame dei progetti originari, delle relazioni di

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calcolo, dei certificati di prova dei materiali, dei possibili interventi di modifica subiti, aggiungendo a questi rilievi strutturali e geometrici in situ e valutazioni delle reali proprietà meccaniche dei materiali.

Il DM 14/01/2008 prevede tre livelli di conoscenza (LC): - LC1, conoscenza limitata;

- LC2, conoscenza adeguata; - LC3, conoscenza accurata.

A seconda del livello di conoscenza che si vuole raggiungere, variano la quantità di elementi da indagare e il numero di campioni di materiale da provare, come descritto nelle successive tabelle per gli edifici in cemento armato (tab. C8A.1.2 e tab. C8A.1.3.a):

Il livello di conoscenza acquisito determina i fattori di confidenza da applicare alle proprietà dei materiali e il metodo di analisi.

Le NTC08 consentono quattro diversi metodi di analisi: - analisi statica lineare;

- analisi dinamica modale; - analisi statica non-lineare;

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- analisi dinamica non-lineare.

Relativamente alle strutture esistenti in c.a., il D.M. 14/01/2008 prevede due modalità di analisi lineare: l’analisi statica lineare con spettro elastico e l’analisi dinamica lineare con fattore q, il cui valore va scelto nel campo compreso fra 1,5 e 3.

Al cap. 8.4 della suddetta Norma si individuano inoltre le categorie di intervento, classificati in funzione del livello di sicurezza antisismica raggiunto:

- Intervento di adeguamento: si migliora il livello di sicurezza locale e globale della struttura, raggiungendo quello richiesto per le nuove costruzioni. È obbligo procedere all’adeguamento sismico ogni qual volta si voglia:

a) sopraelevare la costruzione;

b) ampliare la costruzione mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione;

c) apportare variazioni di classe e/o di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali in fondazione superiori al 10%;

d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente.

- Intervento di miglioramento: si interviene sia a livello globale che locale della struttura, senza raggiungere i livelli di sicurezza antisismiche richieste alle nuove strutture.

- Riparazione o intervento locale: gli interventi di questo tipo riguardano singole parti o elementi della struttura e porzioni limitate della costruzione, migliorando le condizioni di sicurezza locali.

Nei primi due casi, il progetto e le verifiche post – intervento dovranno riguardare l’intera struttura, mentre per la riparazione locale progetto e valutazione della sicurezza saranno limitate alle sole parti interessate dall’intervento.

2.3 Strategie di intervento

Nella pianificazione di un intervento è spesso utile valutare le strategie e i concetti a carattere generale che possono portare a soddisfare gli obiettivi prestazionali stabiliti, quindi selezionare i sistemi che meglio si adattano alle strategie scelte e alla struttura in esame ed infine definire i dettagli costruttivi del sistema scelto.

Le strategie possono essere due, adottate anche congiuntamente: 1. Aumentare la capacità di prestazione in termini di deformazione 2. Ridurre la domanda di prestazione.

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Se si percorre la strada dell’aumento della capacità sismica, con riferimento alla figura 2.6, si possono adottare tre tecniche di intervento. La linea nera del grafico rappresenta la prestazione sismica richiesta all’edificio. Dallo stato di fatto, la zona sicura si può raggiungere con il miglioramento della capacità deformativa globale della struttura (a), con l’incremento della resistenza globale (b) o con l’incremento contemporaneo di resistenza e duttilità (c):

Fig. 2.6 – Strategia di intervento di aumento della capacità Gli interventi quindi possono suddividersi in tre categorie:

- Rinforzo di elementi strutturali esistenti e incremento delle loro capacità deformative, tramite cerchiature o rinforzi in calcestruzzo, acciaio, fibre di carbonio o vetro e eventuali inserimenti di armature;

- Miglioramento delle connessioni fra elementi strutturali, ottenuto con l’introduzione di catene, tiranti o migliorando la rigidezza dei solai nel loro piano e il loro collegamento con travi e tamponature;

- Inserimento di nuovi elementi strutturali esterni o interni l’edificio, quali ad esempio pareti in calcestruzzo o telai in acciaio.

L’altra strada percorribile per gli interventi di adeguamento e miglioramento è la riduzione della domanda sismica in entrata, in termini di forza e deformazione, sui componenti fragili, aggiungendo rigidezza riguardo gli spostamenti orizzontali o riducendo l’input sismico.

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Fig. 2.7 – Strategia di intervento di riduzione della domanda Infatti si può:

- Introdurre dispositivi che riducono la risposta, riducendo l’energia in entrata, ma incrementando il periodo della struttura: ad esempio gli isolatori sismici in fondazione, che disaccoppiano il moto del terreno da quello della struttura introducendo una sconnessione alla base.

- Introdurre dispositivi che dissipano energia già in entrata, abbattendo lo spettro di risposta e irrigidendo la struttura: ad esempio i controventi dissipativi.

- Ridurre la massa. In certi casi è un metodo efficace e poco costoso che diminuisce il periodo proprio di oscillazione della struttura, le forze di inerzia e la domanda in spostamento.

Altre strategie di gestione potrebbero essere adottate in aggiunta o in sostituzione a queste, come il cambio di destinazione d’uso e la limitazione o completa cessazione dell’attività svolta nell’edificio.

Il panorama di interventi possibili è ampio e la loro scelta comprende sia criteri tecnici che socio – economici. Non esiste un’unica soluzione che li soddisfi al meglio tutti, ma va effettuata una selezione, cercando di individuare il progetto di intervento più idoneo per l’edificio esistente da migliorare.

La tabella seguente, estratta dal Bollettino FIB n.24/2003, riporta alcune delle tecniche di adeguamento volte all’incremento della capacità prestazionale dell’edificio:

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Fig. 2.8 - Tecniche di adeguamento sismico: descrizione di parametri sintetici utili alla selezione Fonte Bollettino FIB n°24/2003

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