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Capitolo VIII
Roque Guinart, l’episodio del bandito giustiziere
Per concludere questa tesi sulla giustizia, considero il personaggio Roque Guinart, un famoso bandito, a cui Cervantes dedica i capitoli LX e LXI della Seconda parte. Egli, per affermare l’idea della giustizia distribuitiva, si serve paradossalmente del modo di amministrarla di un bandito.
Tra tutti i personaggi nati dalla sua immaginazione, Roque si caratterizza non solo per la sua esistenza storica, ma anche per essere stato attivo nelle campagne attorno a Barcellona proprio negli anni in cui
il cavaliere le attraversa e il suo creatore ne scrive le imprese1.
A Cervantes era certo giunta la fama del bandito, e la sua descrizione pare molto vicina alla reale fisionomia di un rispettato fuori legge trentaquattrenne che, dopo aver operato nel Montseny, nella zona di Segarra e nei dintorni di Barcellona, aveva ottenuto il perdono dal viceré Pedro Manrique a patto di entrare al servizio del re come capitano
del tercio di Napoli2.
Come osserva Martín de Riquer,3 diversamente dalle avventure
che don Quijote immagina o che gli fanno vivere gli altri personaggi, come ad esempio i duchi, nei capitoli in questione le avventure nascono e si sviluppano intorno ad un personaggio storico e ad un evento reale: il banditismo.
1
Martín de Riquer, Aproximación al Quijote, Editorial Teide, Barcelona, 1967, pp. 160-161
2 Ibidem.
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Nel capitolo LX del Quijote, la Catalogna, è raffigurata con un triste e veridico segno: uomini impiccati agli alberi sui monti che circondano la città, esponenti di quello che i poteri politici e giudiziari definivano «banditismo». L’impiccagione era infatti la condanna riservata ai banditi, eseguita spesso dalla Santa Hermandad. È proprio da questi cadaveri che don Quijote deduce di trovarsi nella regione catalana:
[...] estos pies y piernas que tientas y no vees sin duda son de algunos forajidos y bandoleros que en estos árboles están ahorcados, que por aquí los suele ahorcar la justicia, cuando los coge, de veinte en veinte y de treinta en treinta; por donde me doy a entender que debo de estar cerca de Barcelona4.
Tale visione spaventa i due, ma ancora di più li turba l’arrivo dei banditi vivi e vegeti: «más de cuarenta bandoleros vivos que de improviso les rodearon, diciéndoles en lengua catalana que estuviesen
quedos, y se detuviesen, hasta que llegase su capitán»5.
4 Quijote, II, cap. LX, pag. 1007 5 Ibidem.
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Don Quijote a questo punto afferma di conoscere e ammirare il loro capo, Roque Guinart, e ne esalta il valore e la fama: «Valeroso
Roque, cuya fama no hay límites en la tierra que la encierren!»6. Come
possiano notare, lo tratta da cavaliere, non da bandito.
Roque, da parte sua, impedisce ai suoi di derubare Sancho, e rivolgendosi a Don Quijote lo tranquillizza: «No estéis tan triste, buen hombre, porque no habéis caído en las manos de algún cruel Osiris, sino en las de Roque Guinart, que tienen más de compasivas que de
rigurosas»7. Possiamo affermare dunque che a Cervantes preme
soprattutto innalzare la figura di Roque al livello di Quijote per poterli accomunare nella difesa di principi e ideali cavallereschi. Appaiono infatti nel bandito nobiltà di spirito, audacia e cortesia, coraggio e generosità.
Lo vediamo infatti agire in difesa di Claudia Jerónima, una nyerra
che si era innamorata di un cadell, Vicente Torrellas8.
La ragazza, convinta del tradimento del giovane gli aveva sparato cinque colpi, poi, per paura dei cadells, aveva chiesto la protezione di Roque. Con un atteggiamento cavalleresco comparabile con quello di
Quijote, egli le aveva promesso di difenderela: «de todo el mundo, si
ofenderle quisiese»9.
Colpisce la commozione del bandito, il quale si lascia influenzare
dal pianto di Claudia Jerónima: «Tales y tan tristes eran las quejas de
6 Ibidem, pag. 1008 7 Ibidem.
8 Francisco Rico, al proposito, precisa: los cadells (cachorros) y los nyarros o nyerros
(lechones) constituían las dos facciones rivales que dividían la sociedad catalana en todos sus estamentos. Quijote, nota 59, pag. 1017
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Claudia, que sacaron las lágrimas de los ojos de Roque, no
acostumbrados a verterlas en ninguna ocasión»10.
Esistono leggi e regolamenti all’interno della banda, ed il bottino si divide in base alla giustizia distributiva, che, spetta al capo applicare.
Nei tre giorni e tre notti che trascorre con Guinart, il cavaliere errante assiste alla cattura d’una comitiva di viaggiatori composta da due capitani della fanteria spagnola diretti in Sicilia, due pellegrini diretti a Roma, la moglie del magistrato di Napoli doña Guiomar de Quiñones con sua figlia, una damigella e una dama di compagnia.
Dopo aver realizzato un bottino di novecento scudi e sessanta reali, Roque si rende protagonista d’uno straordinario gesto di liberalità e cortesia. Non volendo scontentare la propria banda ma neppure spogliare così rispettabili vittime, tiene questo nobile discorso:
Vuesas mercedes, señores capitanes, por cortesía, sean servidos de prestarme sesenta escudos, y la señora regenta ochenta, para contentar esta escuadra que me acompaña, porque el abad, de lo que canta yanta, y luego puédense ir su camino libre y desembarazadamente, con un salvaconducto que yo les daré, para que si toparen otras de algunas escuadras mías que tengo divididas por estos contornos, no les hagan daño; que no es mi intención de agraviar a soldados, ni a mujer alguna, especialmente a las que son principales11.
10Ibidem.
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Un totale di centoquaranta scudi che così divide: due a ciascuno
dei «más de cuarenta»12 uomini della sua banda, cinque per ogni
pellegrino e dieci allo scudiero «porque pueda decir bien de esta
aventura»13.
Ecco un’autentica “giustizia distributiva”: [...] reparte el dinero a su compañia con tanta legalidad y prudencia que no pasó un punto, ni
defraudó nada de la justicia distribuitiva […]14.
Castro, al riguardo, sostiene che: «Cervantes se complace en oponer a la justicia espontánea, sencilla equitativa, en suma místicamente natural, a la legal y estatuida; no formula dogmáticamente esa doctrina en ninguna parte, pero los hechos la presuponen con la
mayor elocuencia»15. Roque così appare sulla scena del Quijote come
esempio vivo della giustizia al di sopra della legge, un esempio, per di più, circondato dal fascino dell’avventura fine a se stessa.
La sua figura straordinaria domina tutto il LX capitolo. A tal proposito Martin de Ríquer afferma: «don Quijote se eclipsa, se apaga y
se transforma en un mero espectador»16.
Tuttavia, c’è un momento in cui, a mio avviso, don Quijote riacquista il suo protagonismo. Quando Roque torna all’accampamento, dopo aver aiutato Claudia, trova Quijote nel bel mezzo di un discorso con cui cerca di convincere i banditi ad abbandonare la loro vita: «haciéndoles una plática en que les persuadía dejasen aquel modo de
12 Ibidem, pag. 1007 13Ibidem, pag. 1016 14 Ibidem, pag. 1013
15 Américo Castro, El pensamiento de Cervantes, Editorial Crítica, Barcelona, 1987, pag. 204 16 Martín de Riquer, Op, Cit., pag. 159
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vivir tan peligroso así para el alma como para el cuerpo»17. Osserviamo
come Quijote non si dimentica della sua missione principale, che è aiutare tutti senza fare male a nessuno.
Inoltre don Quijote riesce a fare anche qualcos’altro: «Roque,
confiadamente, le abre su alma»18.
le confieso que no hay modo de vivir más inquieto ni más sobresaltado que el nuestro. A mí me han puesto en él no sé qué deseos de venganza, que tienen fuerza de turbar los más sosegados corazones. Yo de mi natural soy compasivo y bienintencionado, pero, como tengo dicho, el querer vengarme de un agravio que se
me hizo, así da con todas mis buenas inclinaciones en tierra, que
persevero en este estado, a despecho y pesar de lo que entiendo; y como un abismo llama a otro y un pecado a otro pecado, hanse eslabonado las venganzas de manera que no solo las mías, pero las ajenas tomo a mi cargo. Pero Dios es servido de que, aunque me
veo en la mitad del laberinto de mis confusiones, no pierdo la esperanza de salir dél a puerto seguro19.
Il suo darsi alla mala vita è la conseguenza di un’offesa subita. Roque ammette di condurre un’esistenza che gli è stata imposta e che non corrisponde alla sua vera indole. Le cause concrete che lo hanno portato in quella situazione restano sconosciute, ma egli allude ad un desiderio di vendetta. Ha paura di essere punito per le sue azioni, che riconosce ingiuste, e aspira al perdono di Dio.
In questa scena è possibile intuire una critica di Cervantes nei confronti della società spagnola, che crea delinquenza. Egli allude al fatto che il banditismo è nato soprattutto da ragioni cogenti, tanto da
17
Quijote, II, cap. LX, pag. 1012
18 Carlos Varo, Génesis y evolución del Quijote, Ediciones Alcalá, Madrid, 1968, pag 517 19 Quijote, II, cap. LX, pag. 1014 . Corsivo mio
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apparire quasi giustificato da una sorta di stato di necessità che si impone ai suoi esponenti: «forzado de cumplir con las obligaciones precisas de
su mal oficio»20, dice Roque a doña Guiomar.
Così egli, nonostante tutte le sue buone intenzioni, non smette di rubare, terrorizzare ed uccidere.
Don Quijote rimane ammirato nel sentire la confessione di Roque: «porque él se pensaba que entre los de oficios semejantes de robar, matar
y saltear no podía haber alguno que tuviese buen discurso»21.
Notiamo come Don Quijote lo apprezzi, anche se sa che è un fuorilegge ricercato dalla giustizia, e questo non stupisce dal momento che Roque si oppone alla legge dello Stato con la propria legalità. Anche l’hidalgo, come abbiamo visto nei precedenti capitoli, non ha nessun timore ad affrontare l'autorità e a sfidare le leggi quando queste contrastano con il suo concetto di giustizia e di libertà.
Colpisce il modo in cui Cervantes riesce a trasmettere sia l’ammirazione che il suo personaggio sente e prova verso Roque, il bandito gentiluomo- «Tres días y tres noches estuvo don Quijote con Roque, y si estuviera trescientos años, no le faltara qué mirar y admirar
en su modo de vida»-22, sia l’angoscia che vive lo stesso Roque,
costretto a vivere come un ricercato: non c’è luogo in cui possa riposarsi in pace; non c’è città in cui possa camminare a viso aperto; non c’è riposo che non venga interrotto da una qualche fuga improvvisa.
20
Ibidem, pag. 1016
21 Ibidem, pag. 1014
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unas veces huían, sin saber de quién, y otras esperaban, sin saber a quién. [...] Todo era poner espías, escuchar centinelas, soplar las cuerdas de los arcabuces, aunque traían pocos, porque todos se servían de pedreñales. Roque pasaba las noches apartado de los suyos, en partes y lugares donde ellos no pudiesen saber dónde estaba porque los muchos bandos que el visorrey de Barcelona había echado sobre su vida le traían inquieto y temeroso, y no se osaba fiar de ninguno, temiendo que los mismos suyos, o le habían de matar, o entregar a la justicia: vida, por cierto, miserable y enfadosa23.
L’immagine positiva del bandito catalano è dunque evidente. Cervantes dimostra come la letteratura possa idealizzare le proprie fonti d’ispirazione anche quando siano strettamente contemporanee. L’immagine del bandito pone in luce proiezioni fantastiche, aspirazioni e valori che trascendono le radici economiche e sociali del banditismo: libertà, audacia, desiderio di giustizia.