• Non ci sono risultati.

L'impatto dei Big Data sull'assetto concorrenziale dei mercati digitali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'impatto dei Big Data sull'assetto concorrenziale dei mercati digitali"

Copied!
175
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

L’impatto dei Big Data sull’assetto concorrenziale dei

mercati digitali

Candidato: Relatore:

Marco Losito Prof.ssa Michela Passalacqua

(2)

I

INDICE

Introduzione………..V

CAPITOLO I: Cosa sono i Big Data

1. Breve inquadramento storico………...1

2. Caratteristiche tecniche dei Big Data……….3

3. Tipologie e classificazione dei Big Data………5

4. Big Data Value Chain………..11

(3)

II

CAPITOLO II: Caratteristiche economiche e mercato rilevante dei Big

Data

1. Le differenti teorie circa le caratteristiche economiche dei Big

Data……….23

2. Criteri di individuazione del mercato rilevante e caratteristiche dei mercati digitali……….32 3. Big Data come essential facilities e Big Data come

commodity………...36

(4)

III

CAPITOLO III: L’indagine antitrust sull’utilizzo dei Big Data nelle attività d’impresa

1. La necessaria rimodulazione degli strumenti antitrust………….45

2. La valutazione delle autorità antitrust sulle operazioni di mergers and acquisitions………...46

2.1. L’operazione di concentrazione Facebook/WhatsApp: un caso paradigmatico……….51

3. Potenziali condotte escludenti perpetrare dalle imprese………..78

3.1. Rifiuto di accesso ai dati……….81

3.2. Accesso discriminatorio ai dati………...85

3.3. Vendite legate e uso incrociato di dataset………...87

3.4. Contratti di esclusiva………..90

4. Big Data e prezzi personalizzati tra tutela del mercato e tutela della privacy………...101

(5)

IV Conclusioni………139 Bibliografia………146 Giurisprudenza………..154 Documentazione………155 Ringraziamenti………..161

(6)

V

Introduzione

Il presente elaborato si propone di approfondire il tema relativo all’impatto del fenomeno Big Data sulle dinamiche concorrenziali all’interno dei mercati digitali. L’interesse per il suddetto argomento nasce a seguito dell’evoluzione che il mondo dei traffici commerciali ha subito grazie alla centralità che internet ha assunto nella vita dei singoli individui.

Il World Wide Web, fin dalle sue origini, è stato considerato uno spazio libero e senza regolamentazione, all’interno del quale vi fosse la massima libertà di condivisione di idee, opinioni e scoperte. Ben presto però, le infinite potenzialità dello strumento in questione hanno permesso di orientare il suo utilizzo anche verso lo sviluppo dell’attività di impresa, rendendolo in poco tempo un elemento essenziale, grazie alla possibilità che esso offre all’imprenditore di connettere una moltitudine di individui variamente dislocati sul pianeta; si determina così il superamento delle classiche barriere naturali che si frapponevano

(7)

VI

al commercio e, conseguentemente, si ampliano esponenzialmente le prospettive di espansione e di guadagno.

Internet ha inoltre modificato in modo radicale le strategie e le

dinamiche imprenditoriali, dando vita a modelli di business inimmaginabili al di fuori del contesto digitale e che costituiscono il punto di partenza della c.d. quarta rivoluzione industriale, la quale vede come elemento centrale il settore dell’Information and Communication

Technology.

Il primo dato che caratterizza quest’epoca è sicuramente quello della velocità di evoluzione delle attività di impresa. Per citare qualche esempio, nel 2012 quando è avvenuta l’acquisizione di Instagram da parte di Facebook, la Kodak, fondata 132 anni prima, aveva dichiarato fallimento; nel 2013 la pubblicità su giornali cartacei è diminuita del 70% rispetto a dieci anni prima e, infine, tra il 1999 e il 2003 le vendite di musica registrata sono diminuite del 45%. Questo dimostra l’impossibilità di prevedere quali siano le prospettive future di sviluppo di un qualsiasi progetto imprenditoriale avviato in ambito digitale, e soprattutto la sua solidità nel tempo. Si passa quindi da una

(8)

VII

programmazione industriale su base biennale ad una su base tendenzialmente semestrale. Per citare forse il più eclatante degli esempi, basti pensare che Amazon nasce come rivenditore di libri cartacei ma, nel giro di qualche anno, dopo aver sviluppato il lettore digitale Kindle, ha repentinamente modificato il suo piano industriale trasformandosi in poco tempo in un multi-sided market dedito all’intermediazione commerciale di qualsiasi prodotto.

Il secondo elemento che caratterizza la rivoluzione digitale in atto, consiste nella forte dematerializzazione del lavoro, con il conseguente calo degli impiegati nel settore ICT, cui si somma l’innalzamento delle competenze richieste dagli occupati; si determina così un’influenza tanto sul sistema occupazionale degli Stati che su quello dell’istruzione complessivamente considerato.

Il terzo e ultimo aspetto si collega al tema della tutela della privacy, e discende direttamente dal meccanismo di funzionamento della maggior parte delle attività svolte in ambito digitale. Esse, infatti, hanno come linfa vitale l’utilizzo dei Data (che quindi viste le dimensioni del fenomeno sono stati denominati “Big”) degli utenti al fine di ottenere

(9)

VIII

una profilazione degli stessi, con lo scopo di offrire servizi e prodotti calibrati esattamente sulle loro esigenze. Questo meccanismo permette una riduzione dell’incidenza dei costi pubblicitari e un incremento dell’utilità dell’offerta, sia in termini di soddisfazione del cliente stesso, che in termini di guadagno per l’impresa. Vi è di più: i dati sono infatti diventati una “forma di pagamento” che gli utenti, consapevolmente o meno, utilizzano per poter usufruire gratuitamente di numerosi servizi offerti nel mercato. Diventa quindi centrale il tema della loro protezione, al fine di garantirne una condivisione e un utilizzo consapevole e responsabile, e di evitare che il loro sfruttamento da parte delle imprese possa condurre al compimento di attività illecite o discriminatorie a danno degli utenti stessi.

All’interno di tale scenario, il diritto antitrust ha assunto una centralità sempre maggiore a seguito di alcuni fenomeni sociali che prima dell’avvento di internet non erano prevedibili e che sono in grado di alterare rapidamente l’assetto concorrenziale del mercato. Si vuol fare riferimento al Network Effect e al Feedback Loops, i quali possono essere considerati, allo stesso tempo, causa ed effetto della rapidità con

(10)

IX

cui il contesto digitale si evolve e fattori determinanti per la possibilità di una variazione esponenziale del potere di mercato nel breve o addirittura brevissimo termine. Assume inoltre grade importanza, in termini antitrust, il ruolo che i Big Data svolgono all’interno del mercato, configurandosi come input privilegiato per la maggior parte delle attività imprenditoriali sviluppate in ambito digitale poiché idoneo a consentire una rapida e sensibile crescita delle imprese. Per citare qualche esempio, Amazon ha acquisito in pochi anni una quota di mercato pari a circa il 74%, mentre Facebook a seguito dell’acquisizione di Instagram raggiunge, nel mercato di riferimento, il 76%. Il diritto antitrust si trova quindi costretto ad una profonda trasformazione e ad un importante affinamento dei suoi strumenti e criteri valutativi, al fine di consentire uno sfruttamento a pieno delle potenzialità che l’economia digitale offre, consentendo, tramite la tutela del gioco concorrenziale, il prosieguo di un costante sviluppo dell’innovazione contro il rischio di un blocco della stessa derivante da una deleteria difesa di posizioni ormai acquisite nel mercato.

(11)

X

Nel presente elaborato si è quindi cercato di individuare ed analizzare le problematiche, inerenti al diritto antitrust, che il fenomeno

Big Data ha fatto emergere.

Il primo capitolo della seguente trattazione definisce in generale cosa siano i Big Data e illustra la c.d. Big Data Value Chain, ossia il processo che porta dalla loro acquisizione al loro utilizzo, soffermandosi particolarmente sulle metodologie di acquisizione degli stessi e sulle implicazioni giuridiche che esse comportano. In questo contesto, si è inoltre voluto evidenziare quali siano le principali classificazioni che si individuano in materia: in primo luogo la distinzione tra dati strutturati, semi-strutturati e non strutturati; ma anche, relativamente all’aspetto contenutistico degli stessi, la distinzione tra dati comuni, personali e personalissimi. Infine, si è posto l’accento sul concreto ruolo che essi svolgono nella determinazione delle politiche imprenditoriali. I Big Data, infatti, vengono principalmente utilizzati per tre ordini di attività: migliorare i servizi offerti dall’impresa attraverso il monitoraggio del proprio processo produttivo; incrementare le potenzialità operative dell’impresa grazie

(12)

XI

all’attitudine a far emergere nuove opportunità di business; e, infine, permettere l’implementazione di modelli di business c.d. target

oriented.

Nel secondo capitolo, la trattazione prende avvio dall’individuazione delle caratteristiche economiche dei Big Data, confrontando tra di loro due differenti impostazioni che si sono affiancate nel corso degli anni. L’attenzione si sposta poi sul dibattito sorto attorno ai parametri idonei a identificare il mercato rilevante e al loro modellamento in ragione delle peculiarità che i mercati digitali presentano. Infine, si analizza il ruolo che, all’interno del mercato individuato, i Big Data possono svolgere; riproponendosi, in tal senso, la classica dicotomia tra essential facilities e semplici input.

Il terzo capitolo entra nel dettaglio dell’attività svolta dalle autorità antitrust al fine di esplicare, tramite l’analisi di una serie di casi, le problematiche e gli spunti di riflessione che il fenomeno Big Data ha fatto emergere. Prendendo come linea guida il report “Competition Law

and Data”, sviluppato congiuntamente delle autorità antitrust francese

(13)

XII

operazioni di concentrazione; le differenti condotte escludenti poste in essere dalle imprese (rifiuto di accesso ai dati; accesso discriminatorio ai dati; vendite legate e uso incrociato di dataset; patti di esclusiva); e, infine, le ipotesi di personalizzazione del prezzo, cercando di cogliere le peculiari implicazioni che, a causa del meccanismo di calcolo degli stessi, emergono in relazione alla nuova disciplina a tutela della privacy introdotta dal GDPR.

Nello studio dei temi oggetto del presente lavoro, l’attenzione è stata

rivolta principalmente all’esperienza europea, soffermandosi in particolare sull’attività antitrust svolta dalla Commissione europea e sulle pronunce in materia provenienti dagli organi giudiziari comunitari. Tuttavia, è sembrato doveroso, in alcuni casi, volgere lo sguardo anche a quanto accaduto fuori dall’Europa, in considerazione della globale rilevanza che l’argomento oggetto del presente elaborato ha assunto, e degli originali spunti di riflessione che possono emergere dalle decisioni delle autorità antitrust extra-europee.

(14)

1

CAPITOLO I: Cosa sono i Big Data

1. Breve inquadramento storico

Il fenomeno Big Data può essere certamente considerato come uno degli aspetti caratterizzanti la nostra epoca, non solo per quanto riguarda l’ambito giuridico-economico, ma perché pervasivo di ogni attività svolta dall’uomo contemporaneo.

Benché la raccolta dei Data sia sempre stata considerata un importantissimo strumento economico in grado di permettere alle imprese di raggiungere con maggior precisione i desideri e le esigenze dei consumatori, il suo sviluppo massivo è da collocarsi storicamente verso la fine degli anni Novanta. In questo periodo, infatti, viene esponenzialmente amplificato quel fenomeno, denominato data

(15)

2

scorso e che vede la propria crescita ed evoluzione andare di pari passo con quella tecnologica ed informatica1.

È tuttavia solo con l’avvento del nuovo millennio che si può iniziare a parlare di vera e propria information economy, per evidenziare la preponderante importanza che la raccolta e l’elaborazione dei Data hanno assunto nell’economia, prima, e nella quotidianità, poi. Questo passaggio ad una sorta di “mainstream” dell’uso dei Data trova le sue radici nell’evoluzione tecnologica. L’invenzione dei primi processori

Pentium e il conseguente sviluppo di strumenti informatici

estremamente veloci e con ampie capacità di archiviazione hanno permesso di prospettare infinite possibilità legate all’utilizzo dei Data, dando così avvio a quella che potremmo definire The Age of Big Data2. Il passaggio successivo si è poi concretizzato nell’esportazione dell’uso dei Data in settori diversi da quello dei rapporti giuridici, permettendo al fenomeno di raggiungere quella sopracitata pervasività che caratterizza ormai ogni aspetto della nostra vita. Questo secondo

1V. BAGNOLI, The Big Data relevant market, in Concorrenza e Mercato, XXIII, Milano,

Giuffrè, 2016, pag. 76.

(16)

3

passaggio è dovuto a fenomeni come l’ “Internet of Things (IoT)”3 ed il

“Cloud Computing”4 che si sostanziano, in linea di massima, in un fitto

scambio di dati e informazioni tra l’utente e l’apparato informatico di riferimento, al fine di personalizzare e plasmare la tecnologia alle abitudini ed alle necessità dell’utente stesso.

2. Caratteristiche tecniche dei Big Data

Passando ad un’analisi tecnica del fenomeno, per Big Data si intende un gigantesco archivio di dati che può essere posseduto da società, governi e organizzazioni, che viene studiato ed analizzato attraverso una serie di algoritmi volti ad estrapolare informazioni utili all’attività, per il cui svolgimento, viene posta in essere la raccolta

3M. CHEN S. MAO, Y. ZHANG, V.C.M. LEUNG, Big Data: related technologies, challenges and future prospects, Berlino, Springer, 2014, pp. 11-15: “the ability of many devices, such as computers, smartphones, “GPSs”, tablets, TV cameras, as well as cars, medical devices and badges, to communicate through engaged and connected to the internet sensors, enables a huge amount of data that is generated, transmitted, compiled and analyzed”.

4V. RAJARAMAN, Cloud Computing, in Resonance, XIX, issue 3, Berlino, Springer,

marzo 2014, p. 242-258: “In essence, computing is transitioning from an era of users

owning computers to one in which users do not own computers but have access to computing hardware and software maintained by providers. Users access the computing facility they need using a browser running on a ‘cloud access device’ and pay only for what they use.”.

(17)

4

stessa dei dati. Il fulcro del processo è, quindi, ciò che viene definito come Big Data Analytics, cioè l’estrapolazione di informazioni funzionali alla propria attività, attraverso il costante sviluppo di algoritmi che permettono di interpretare i dati raccolti in maniera sempre più varia, diversificata e precisa.

Dal momento in cui il fenomeno ha iniziato ad avere uno sviluppo massivo, esso è stato descritto tramite il c.d. modello “3V”: Volume (grande quantità di informazioni); Velocity (rapida acquisizione e analisi delle informazioni); Variety (molteplici tipologie di Data analizzabili). A questo primo modello ha fatto seguito un secondo che ha permesso un più accurato inquadramento del fenomeno in questione: si è infatti passati da un modello basato sulle originarie 3V, ad un modello che arriva a comprenderne ben sei5. Vengono cioè evidenziate

le caratteristiche della Value (la possibilità di estrapolare dei valori, intesi in senso qualitativo/quantitativo, dalle informazioni raccolte); della Veracity (veridicità dei dati, intesa come l’attitudine dei dati a far emergere la realtà dei fatti indagati attraverso il confronto e l’analisi

(18)

5

incrociata delle informazioni ottenute) e della Validation (la possibilità per determinati dati di fornire un’indicazione utile e funzionale all’utilizzatore quando raggruppati secondo diverse modalità, oppure analizzati attraverso una specifiche chiavi di lettura).

La presenza contemporanea di queste caratteristiche è utile per identificare, soprattutto ai fini di un’accurata analisi economico-giuridica, quelli che vengono chiamati Virtuous Big Data6, e che sono

alla base della presente trattazione, allo scopo di comprendere e approfondire le problematiche giuridiche che questi implicano, e, segnatamente, quelle legate alle possibili distorsioni della concorrenza, che sono potenzialmente in grado di produrre.

3. Tipologie e classificazione dei Big Data

Dopo aver inquadrato in via generale cosa sono i Big Data e la loro evoluzione storica, passiamo ora ad analizzare le varie tipologie di Data e soprattutto le differenti caratteristiche rinvenibili tra di essi.

(19)

6

Premessa generale è che i Data possono riguardare qualsiasi aspetto della vita degli individui, potendosi quindi estendere, per esempio, da informazioni riguardati quelli che sono gli interessi ludico-sportivi del soggetto, fino ad arrivare ad ambiti estremamente personali, come quelli relativi a questioni mediche, religiose e politiche.

La prima e più importante distinzione che si deve operare, quindi, è quella tra dati definiti comuni, per i quali non vi sono specifiche indicazioni normative, e dati definiti personali e personalissimi. Tra di essi sussiste, tanto nella legislazione europea, quanto in quella nazionale, un differente livello di protezione che diventa tanto più alto quanto più i dati siano relativi a determinati aspetti della personalità del soggetto ritenuti particolarmente importanti e perciò meritevoli di una più forte salvaguardia. L’esigenza di un così imponente sistema di tutela e protezione dei dati personali e/o personalissimi è dovuta alla loro attitudine a fornire una descrizione così precisa e dettagliata di quelli che sono gli aspetti più intimi e caratterizzanti la personalità del soggetto, tale da poterlo esporre al rischio di una lesione dei propri

(20)

7

diritti soggettivi, nell’ipotesi in cui essi siano usati da soggetti terzi in modo e per scopi contrari a quanto previsto a livello normativo.

Per rispondere alle esigenze di tutela, l’UE ha emanato, in origine, la Dir. 95/46/EC, cui si sono adeguati gli Stati Membri attraverso l’attività legislativa interna. Nell’ordinamento europeo i dati personali sono definiti come “any information relating to an identified or

identifiable natural person”7 e per essi si prevedono delle precise regole

relative alla loro acquisizione ed al loro utilizzo. Si tratta, in particolare, della necessità di uno scopo specifico, esplicito e legittimo; dell’impossibilità di utilizzo dei dati in modo incompatibile a tale scopo; e, infine, della presenza di un consenso non ambiguo, circa l’utilizzo dei dati, da parte del titolare degli stessi.

Per i dati considerati personalissimi, poi, il regime di utilizzo è aggravato a tal punto da prevedere una generale divieto di trattamento: secondo la sopracitata Direttiva, infatti, “Member States shall prohibit

the processing of personal data revealing racial or ethnic origin,

7Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea, direttiva 95/46/EC, del 24 ottobre

(21)

8

political opinions, religious or philosophical beliefs, trade-union membership, and the processing of data concerning health or sex life”8. Per tale regime è poi concessa una parziale possibilità di deroga in alcuni casi specifici e secondo la disciplina interna dei singoli Stati membri. Come si argomenterà in seguito, la presente disciplina è stata profondamente innovata dal GDPR9, il quale ha determinato un nuovo punto di arrivo in materia, espandendo e perfezionando le tutele già presenti nelle fonti sopracitate.

La prima classificazione, quindi, è strettamente attinente alla tipologia di informazioni contenute all’interno dei dati acquisiti, e mette in luce la necessità di un coordinamento tra la disciplina sulla privacy, precedentemente accennata, e quella relativa alla concorrenza, il cui rapporto e le cui implicazioni derivanti da tale coordinamento saranno approfonditi in seguito nel presente elaborato.

La seconda fondamentale distinzione attiene non più al contenuto dei dati stessi, bensì al modo in cui questi sono rappresentati nel

8Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea, direttiva 95/46/EC, art.8.

(22)

9

momento in cui vengono acquisiti. La distinzione principale è quindi quella tra “dati strutturati” e “dati non strutturati”10.

Per “dati strutturati” si intende una serie di Data catalogati secondo un preciso schema organizzativo che risponde all’esigenza di estrapolare e analizzare determinate informazioni per l’ottenimento delle quali, quel preciso modello di raccolta e organizzazione è stato pensato e predisposto. Esempi di dati strutturati possono essere gli elenchi telefonici, oppure gli elenchi riportanti attività commerciali di una certa tipologia in un dato territorio11. Si comprende quindi, come, in presenza di dati strutturati sia molto più agevole per l’utilizzatore ricavare determinate informazioni aventi valenza economica, poiché è proprio in considerazioni dell’ottenimento di queste che viene predisposta la struttura organizzativa e lo schema di raccolta degli stessi.

10Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, 10 maggio

2016, p. 6.

(23)

10

Per “dati non strutturati”12, invece, si intende una serie di dati,

della più diversificata natura, che certamente sono espressivi di varie informazioni riguardanti il soggetto che li fornisce, ma che, al tempo stesso, necessitano di un algoritmo in grado di estrapolare e ricombinare le stesse al fine di ottenere dati economicamente rilevanti e necessari allo svolgimento di una certa attività compiuta dal soggetto analizzante. Esempi di dati non strutturati possono sicuramente essere testi; fotografie; rilevazioni compiute da sensori; ricerche on-line.

A metà tra queste due categorie possiamo poi trovare i “dati semi-strutturati”, ossia quei dati che presentano certamente una catalogazione e organizzazione secondo un preciso schema, ma queste risultano essere parziali o comunque non definitive ai fini dell’analisi economica dell’utilizzatore, facendo sorgere così la necessità di un’elaborazione degli stessi al fine di estrapolare le informazioni ricercate13.

Ovviamente, si deve sempre tenere presente che queste categorie descrittive tendono ad essere superate o reinterpretare quanto più si

12Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 6. 13Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 6.

(24)

11

evolve la tecnologia utilizzata per le attività di Data Analytics; è sempre possibile, infatti, la combinazione e l’elaborazione di tutte le tipologie di dati al fine di ottenere ulteriori informazioni non originariamente visibili. Ciò comporta che quanto più si allarghi lo spettro dell’analisi, tanto più la definizione tipologica dei dati è influenzata dalla prospettiva di analisi degli stessi. Pertanto, un certo dato che normalmente definiremmo strutturato può essere solo un elemento rientrante in una più ampia analisi, diventando quindi, ai fini di questa, parificato a un dato non strutturato, e come questo inserito in un processo di elaborazione algoritmica che permette una sua interpretazione differente rispetto a quella originariamente prevista dallo schema organizzativo e di raccolta predisposto.

4. Big Data Value Chain

Prima di passare ad un’analisi dettagliata delle implicazioni giuridiche che il fenomeno Big Data porta con sé, sembra opportuno soffermarsi brevemente sul processo di acquisizione e valorizzazione delle informazioni. Tale processo, definito appunto Big Data Value

(25)

12

Chain14, si articola in varie fasi e permette di ricavare, da semplici dati,

delle informazioni significative in termini economico-giuridici per l’utilizzatore dei Data stessi.

Il primo step del processo in questione è quello del Data

Acquisition. Questa fase è sicuramente quella che richiede le più

importanti e complesse infrastrutture in grado di accumulare e processare un’enorme mole di dati a grandissima velocità; ed infatti, molto spesso, tale attività viene compiuta da soggetti terzi rispetto all’utilizzatore finale dei Data, i quali si specializzano esclusivamente in questa fase del processo e lucrano sulla rivendita dei dati acquisiti o sulla concessione degli stessi all’utilizzatore finale15. La procedura di

raccolta dei dati può essere compiuta in vario modo e tramite differenti strumenti. Solitamente l’acquisizione avviene attraverso una volontaria concessione da parte dei soggetti che usufruiscono di un determinato servizio. Un esempio di ciò può essere rinvenuto nell’inserimento dei

14J.M. CAVANILLAS, E. CURRY, W. WAHLSTER, New horizons for a data-driven economy, a roadmap for usage and exploitation of Big Data in Europe, Berlino, Springer

Open, 2016, p. 30.

15J.M. CAVANILLAS, E. CURRY, W. WAHLSTER, New horizons for a data-driven economy, a roadmap for usage and exploitation of Big Data in Europe, op. cit., p. 31.

(26)

13

dati anagrafici o degli strumenti di pagamento in una piattaforma di commercio online, oppure in un social network.

Talvolta, invece, l’acquisizione dei dati può avvenire attraverso il monitoraggio di quello che è il comportamento dell’utente all’interno del web, o in generale dei rapporti giuridici che esso intrattiene. Questo secondo modo di acquisizione dei dati si divide, in linea di massima, in tre sottocategorie: la prima, definita Crawling16, si configura come

l’acquisizione di informazioni tramite l’analisi dei “click” compiuti in rete dall’utente, di solito nell’ambito di risorse aperte come i motori di ricerca che manifestano l’interesse per un determinato risultato emerso a seguito della ricerca stessa. La seconda tecnica si caratterizza, invece, per un’analisi generale della navigazione compiuta dall’utente tra le varie pagine web, oppure all’interno della stessa pagina, cercando di cogliere su quali elementi l’attenzione dell’utente si sia maggiormente focalizzata17(permanenza del cursore su uno specifico elemento della pagina; tempo di chiusura degli annunci pubblicitari; apertura di link

16Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 7. 17Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 7.

(27)

14

che rimandano ad altre pagine web). Caratteristica di questo modo di acquisizione dei dati è che, molto spesso, l’utilizzatore della piattaforma

web o del servizio non è a conoscenza di tale attività compiuta nei suoi

confronti. L’unico strumento di protezione che hanno gli utilizzatori di tali piattaforme è perciò rappresentato dalla sopracitata normativa sulla protezione dei dati, che permette questo tipo di raccolta solo per determinati scopi e solo a seguito di un consenso definito dalla normativa stessa “non ambiguo”.

L’ultimo strumento di raccolta dei dati si ottiene attraverso un processo deduttivo che permette, tramite la combinazione di dati già acquisiti relativi ad un determinato soggetto, di risalire ad altri dati sempre riferibili allo stesso soggetto18. Questo strumento pur non consentendo di avere certezza circa la veridicità delle informazioni dedotte, permette sicuramente di avvicinarsi alla stessa attraverso curve di approssimazione che diventano tanto più precise, quanto più si monitora il comportamento del soggetto nel web. La questione più spinosa relativa a tale metodo riguarda il suo rapporto con la normativa

(28)

15

a tutela dei dati personali e personalissimi delle persone fisiche. Ci si chiede, infatti, come si debba porre il diritto dinanzi alla possibilità che dall’analisi di dati che potremmo definire comuni, e quindi non sottoposti ad un particolare regime di tutela, tramite un meccanismo deduttivo si possa risalire a dati personali o addirittura personalissimi del soggetto in questione. Un esempio a tal riguardo può sicuramente essere quello dell’individuazione dell’orientamento politico e/o religioso di appartenenza attraverso l’analisi delle ricerche o degli acquisiti compiuti dal soggetto osservato. La questione sarà tuttavia ripresa e meglio approfondita nel corso della presente trattazione.

La seconda fase del processo è quella definita Data Analysis19 ed

è volta al rimodellamento dei dati acquisiti per permettere l’estrapolazione dagli stessi di informazioni, non immediatamente percepibili, rilevanti ai fini dell’attività economica per cui i dati stessi sono raccolti. Questa fase si svolge per mezzo dell’elaborazione algoritmica dei dati raccolti. Proprio la complessità e il costo del know

19J.M. CAVANILLAS, E. CURRY, W. WAHLSTER, New horizons for a data-driven economy, a roadmap for usage and exploitation of Big Data in Europe, op. cit., p. 32.

(29)

16

how tecnologico per permettere tale elaborazione sono elementi centrali

dell’analisi antitrust, per la rilevazione di eventuali condotte lesive della concorrenza poste in essere da parte di quelle imprese che possano agilmente svolgere l’attività di Big Data Analytics a discapito di quelle che non sono dotate degli stessi strumenti di analisi.

La terza fase del processo viene definita Big Data Curation20, e riguarda quel complesso di attività volte all’organizzazione in “contenitori”, selezione, classificazione, trasformazione, validazione e conservazione delle informazioni ottenute a seguito del processo di analisi. A questo scopo, solitamente, è preposto un curatore dei Data, il quale è appunto responsabile delle suddette attività al fine di permettere una facile fruizione delle informazioni raccolte da parte del soggetto interessato al loro utilizzo.

La penultima fase del processo è quella definita Data Storage21, la

quale consiste nell’archiviazione delle informazioni, così come

20J.M. CAVANILLAS, E. CURRY, W. WAHLSTER, New horizons for a data-driven economy, a roadmap for usage and exploitation of Big Data in Europe, op. cit., p. 32. 21J.M. CAVANILLAS, E. CURRY, W. WAHLSTER, New horizons for a data-driven economy, a roadmap for usage and exploitation of Big Data in Europe, op. cit., p. 32.

(30)

17

organizzate, trasformate e classificate nella fase precedente, per permettere un rapido accesso alle stesse da parte dell’utilizzatore.

L’ultima fase, infine, è quella del Data Usage22, ossia lo

sfruttamento dei Data raccolti, analizzati, curati e conservati, per l’esecuzione concreta di quelle attività d’impresa per le quali è stata posta in essere l’attività ora descritta. Tali informazioni, infatti, vengono utilizzate a supporto all’attività decisionale in quanto permettono una più accurata scelta delle politiche aziendali, grazie al contenuto informativo derivante delle risultanze emergenti proprio dall’analisi dei dati raccolti.

5. Ruolo dei Big Data nelle attività economiche

L’utilizzo di informazioni per la programmazione delle attività economiche non è di certo una novità. Anche in quella che potremmo definire economia pre-digitalizzata, le intere attività di marketing e di gestione del processo produttivo di un’impresa si svolgevano, e si

22J.M. CAVANILLAS, E. CURRY, W. WAHLSTER, New horizons for a data-driven economy, a roadmap for usage and xxploitation of Big Data in Europe, op. cit., p. 33.

(31)

18

continuano a svolgere, attraverso le attività di raccolta e analisi dei dati. Ad esempio, indagini circa la propensione al consumo dei clienti, oppure la valutazione del rendimento di un determinato settore produttivo, non possono prescindere dalla raccolta e dall’analisi di dati che vengono poi utilizzati a supporto dell’attività decisionale. Ciò che tuttavia la rivoluzione tecnologica ha prodotto, è stato un imponente incremento delle possibilità di collezionare, analizzare e sfruttare a fini commerciali i Data raccolti attraverso i numerosi strumenti che la tecnologia stessa mette a disposizione. Questo ha fatto sì che l’attività di Data Analytics diventasse di centrale importanza nella vita di un’impresa (soprattutto per quelle imprese che operano nei mercati digitali), a tal punto da spingere le stesse a ingenti investimenti volti allo sfruttamento ottimale dei Data e delle loro potenzialità economiche.

Analizzando quindi il ruolo che hanno assunto i Data all’interno delle attività economiche, si può affermare che essi siano estremamente importanti per tre ordini di motivi.

(32)

19

Innanzitutto, essi sono importanti per il miglioramento di prodotti e servizi offerti dall’impresa23. Questa attività, per quanto sia comune

ad ogni tipo di mercato, può essere facilmente osservata nei mercati digitali soprattutto analizzando l’attività dei motori di ricerca. Essi, infatti, tendono ad approssimare sempre di più le risposte date alle ricerche compiute dagli utenti, tramite l’analisi di quelle che sono le risorse effettivamente cliccate a seguito delle ricerche stesse. Così facendo, gli algoritmi vengono implementati e potenziati permettendo di migliorare l’esperienza di ricerca dell’utente, il quale vedrà comparire per prime le risorse maggiormente cliccate e quindi, tendenzialmente, ritenute più utili dalla maggior parte degli utenti che hanno compiuto la medesima ricerca. Un secondo ambito in cui questo effetto può essere apprezzato è quello dei social network, o in generale delle piattaforme multi-sided. Grazie al c.d. Network Effect24,

l’importanza dei Data si apprezza sia in merito alla possibilità di

23Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 9. 24P. LUARAN, J. YANG, Y. CHIU, The Network Effect on information dissemination on social network sites, in Computers in Human Behavior, New York, Elsevier, 2014, p.1-8.

Situazione in cui l’utilità che un consumatore trae dall’utilizzo di un bene o di un servizio dipende, in positivo o in negativo, dal numero di altri individui che utilizzano il medesimo bene o servizio. Si veda anche infra cap. III, p. 62.

(33)

20

incrementare il servizio offerto, che in merito alla loro attitudine a far emergere quelle che sono nuove esigenze dei consumatori e quindi nuove opportunità di business25. Infatti, analizzando i dati raccolti attraverso nuovi algoritmi o differenti chiavi di lettura, le imprese possono proporre nuovi servizi e prodotti per rispondere a quelle esigenze che i consumatori hanno espresso, talvolta anche inconsapevolmente.

Infine, l’utilizzo dei Big Data permette alle imprese di progettare dei modelli di business c.d. target oriented26, ossia diretti e personalizzati sul soggetto i cui dati sono raccolti ed analizzati. È questo forse l’aspetto più interessante del fenomeno Big Data, perché, tramite la costante connessione del soggetto con i device da esso utilizzati (si pensi al fenomeno dell’Internet of Things precedentemente analizzato, oppure al sempre più ampio sfruttamento di servizi in Cloud) l’impresa che acquisisce ed analizza i dati forniti, volontariamente o involontariamente dall’utente, è in grado di sviluppare un profilo dello

25Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 10. 26Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 10.

(34)

21

stesso e di offrirgli prodotti e servizi in linea con il profilo creato. Ciò si traduce in quello che viene definito behavioral targeting27, ossia in politiche imprenditoriali volte alla proposizione di prezzi e prodotti personalizzati, o di pubblicità mirata, che vengono plasmati sulle esigenze che il cliente ha espresso o sulle preferenze manifestate attraverso il suo generale comportamento nel web. Tutto ciò permette un risparmio per l’impresa stessa che, riducendo i propri costi pubblicitari oppure riuscendo a soddisfare al meglio le esigenze degli acquirenti, è in grado di ottenere un vantaggio nel mercato in termini di costo finale e/o di qualità del servizio o del prodotto offerto.

Si può quindi concludere questo primo capitolo sottolineando come il fenomeno Big Data abbia assunto, in tempi recenti, delle dimensioni così estese da non poter più essere ignorato: basti pensare che la dimensione dei dati commercialmente utilizzabili è stimata intorno al valore di 16 zettabytes (16 trilioni di GB) nel 202028, e che è costantemente destinata a crescere di pari passo con il progresso

27Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 10. 28J.M. CAVANILLAS, E. CURRY, W. WAHLSTER, New horizons for a data-driven economy, a roadmap for usage and exploitation of Big Data in Europe, op. cit., p. 3.

(35)

22

tecnologico. Ciò comporta una necessaria presa di coscienza da parte del diritto, il quale non può più rifiutarsi di affrontare questa nuova sfida. L’obbiettivo da perseguire è quello di permettere che di questa incredibile risorsa possa beneficiarne l’economia mondiale e il libero mercato in un’ottica di tutela della concorrenza e del libero scambio, evitando, al contempo, che essa si traduca in un danno per il mercato stesso e per i suoi protagonisti.

(36)

23

CAPITOLO II: Caratteristiche economiche e mercato rilevante dei Big Data

1. Le differenti teorie circa le caratteristiche economiche dei Big

Data

L’individuazione delle caratteristiche economiche dei Big Data risulta essere il primo importante tassello per un’esaustiva analisi antitrust del fenomeno. Infatti, a tali caratteristiche è legata la valutazione circa le potenziali distorsioni della concorrenza che il loro utilizzo potrebbe produrre e, conseguentemente, l’individuazione dei profili di intervento antitrust maggiormente adeguati.

Sulla questione sono state elaborate due differenti impostazioni che, se pur sorte in momenti successivi, sono ad oggi concorrenti. La prima e più risalente impostazione pone l’accento sul fatto che i Big

Data non possano essere considerati una risorsa scarsa, inimitabile e

(37)

24

inidoneo a conseguire un vantaggio competitivo sul mercato1. Secondo

tale teoria, infatti, essi non possono essere considerati né beni esclusivi, in quanto nessuna impresa è in grado di controllarne l’intera produzione e diffusione; né beni rivali, poiché il loro sfruttamento da parte di un utilizzatore non riduce la possibilità di fruizione degli stessi da parte di altri2. Essi sono inoltre considerati semplici ed economici da collezionare in quanto hanno costi marginali di produzione e diffusione quasi nulli. Infine, hanno come caratteristica fondamentale, che li differenzia dai dati cartacei, quella dell’ubiquità: infatti, si suole affermare che “data is everywhere” 3, essendo possibile, oltre alla loro

acquisizione in proprio attraverso i vari modi precedentemente accennati, il loro acquisto da soggetti terzi specializzati nella loro raccolta e diffusione.

In secondo luogo, tale impostazione tende a sottolineare come, il valore dei dati acquisiti sia condizionato da alcuni importanti fattori:

1G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, in Mercato Concorrenza Regole, III, Bologna, Il Mulino, dicembre 2016, p. 429.

2G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 429.

3F. DI PORTO, La rivoluzione Big Data. Un’introduzione, in Concorrenza e Mercato,

(38)

25

essendo beni contingenti, infatti, il loro valore in termini economici è strettamente condizionato dalla tempestività e dall’accuratezza con cui vengono raccolti e analizzati4. Ciò significa, che il loro valore tende a diminuire con il passare del tempo e dipende fortemente dalla capacità dell’utilizzatore di estrapolare da essi le informazioni utili al conseguimento dello scopo per cui è posta in essere la raccolta stessa. Ciò che quindi è rilevante, non è tanto la grandezza del dataset posseduto, quanto la sua qualità e la possibilità per l’utilizzatore di estrapolare in tempi relativamente brevi, le informazioni ritenute economicamente rilevanti.

Infine, viene evidenziato come l’accumulazione dei data, superata una certa soglia, produca delle diseconomie di scala tali da comportare una riduzione del vantaggio competitivo all’aumentare della mole dei dati raccolti5. Tale fenomeno si può certamente considerare causato

dall’incremento del tempo necessario e dall’aumento dei costi da sostenere per l’analisi dei data, circostanze queste, che generano

4G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 430. 5G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 430.

(39)

26

inevitabilmente ripercussioni negative sull’output finale, in virtù della sopracitata natura di beni contingenti. Si rileva, infatti, un’inutilità economica degli stessi o qualora la loro analisi arrivi in un momento temporalmente così distante da quello della loro acquisizione tale da rendere inutili le informazioni estrapolate; oppure qualora il costo dell’analisi comporti un incremento del prezzo finale dell’output tale da eliminare il vantaggio competitivo che l’accumulazione dei data solitamente comporta. Ovviamente, si deve tenere presente che il punto limite superato il quale l’accumulazione dei data inizia a produrre diseconomie di scala varia a seconda delle capacità di analisi di cui dispone l’utilizzatore. Tanto più egli disponga di una tecnologia potente in termini di grandezza e velocità di raccolta ed analisi dei dati, tanto più si allontana il punto superato il quale si iniziano a produrre diseconomie di scala.

Di conseguenza, dal punto di vista antitrust non sussiste, per i fautori di questa impostazione, una barriera all’ingresso basata esclusivamente sul possesso dei dati da parte dei soggetti già presenti nel mercato, poiché gli stessi dati sono facilmente replicabili e

(40)

27

reperibili. Tale teoria è supportata da recenti esempi che hanno confermato come pur in assenza di un dataset ampio e strutturato come quello di imprese già presenti nel mercato, alcune realtà imprenditoriali siano riuscite ad affermarsi senza subire alcuna barriera all’ingresso (si pensi a Whatsapp, Uber, Airbnb, Tinder)6, arrivando addirittura a consolidare in poco tempo una posizione dominante nel mercato.

La seconda impostazione si colloca in un momento storico successivo e pone le sue argomentazioni a contrasto della teoria precedente partendo dall’analisi del recente sviluppo e incremento delle piattaforme multi-sided7. Tali piattaforme svolgono un ruolo di

intermediazione digitale tra domanda e offerta e devono la loro crescita allo sfruttamento del Network Effect8. In quest’ottica, quindi, i fautori della seconda impostazione sottolineano come la capacità di aggregare dati attribuisca ad alcune piattaforme multi-sided, dotate di un importante know how tecnologico che ne permette la rapida e precisa elaborazione, un vantaggio rispetto alle altre, determinando una

6G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 431. 7G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 431. 8Vedi supra, cap I, p. 17, nota 23, e vedi infa, cap. III, p. 54.

(41)

28

rilevante asimmetria informativa9 nei potenziali fruitori delle stesse;

questi saranno infatti propensi a orientarsi verso la piattaforma più grande in termini di dati e informazioni generate. Questo fenomeno comporterebbe la creazione di una barriera all’ingresso basata sul semplice possesso dei data, in virtù delle forti economie di scala che si generano a seguito del fenomeno del Feedback Loops10. Esso, infatti, provoca un rafforzamento degli effetti di rete tanto diretti, quanto indiretti11. In merito ai primi si può notare come l’aumento del numero

di utenti della piattaforma consenta a questa di acquisire sempre maggiori informazioni, incrementando, quindi, le asimmetrie informative rispetto alle altre; in merito ai secondi, invece, si evidenzia come l’accumulo di data comporti un incremento degli spill-overs12

positivi che si generano tra i diversi versanti della piattaforma, laddove

9G. COLANGELO, Big Data, Piattaforme digitali e antitrust, cit. p.431.

10Fenomeno in forza del quale, tanto più un elevato numero di utenti recensisce

positivamente/negativamente un determinato servizio, tanto più questo servizio sarà ricercato/abbandonato da un sempre maggior numero di utenti, con la conseguente creazione di una spirale di crescita/decrescita del servizio stesso.

11 Per una descrizione approfondita si veda infra, cap. III, p. 62.

12Nel linguaggio economico, termine con cui si indicano le esternalità (positive o negative),

ossia quelle operazioni che hanno effetti benefici o malefici su un altro individuo senza che questo paghi o venga pagato per tali effetti.

(42)

29

l’accumulazione di dati è funzionale al miglioramento sia della qualità dei servizi offerti che della piattaforma stessa13.

Viene poi criticata la ricostruzione che vede i data come beni non rivali. Infatti, secondo tale teoria, la natura non rivale dei data non implica automaticamente che tutte le imprese operanti nel mercato siano in grado di raccogliere e analizzare, in condizione di parità, gli stessi; questo è dimostrato dalla costante corsa delle imprese alla collezione di dataset sempre più ampi e dettagliati, arrivando anche ad offrire agli utenti prodotti o servizi gratuiti, richiedendo, come unico corrispettivo, l’accesso alle loro informazioni. Inoltre, anche la presenza di soggetti terzi che svolgono come principale attività quella di raccolta e di rivendita dei data può non essere sufficiente a garantire un’eguaglianza di informazioni a disposizione dei soggetti operanti o entranti nel mercato. Questo avviene soprattutto in quelle ipotesi in cui la libertà di concessione e di vendita da parte di questi soggetti terzi sia limitata da impedimenti legali, come ad esempio contratti di esclusiva

(43)

30

a favore di uno o più utilizzatori, oppure disposizioni concernenti la

privacy dei soggetti titolari dei dati14.

Ulteriormente criticata è poi la ricostruzione secondo cui i Big

Data siano beni diffusi, ossia rinvenibili sostanzialmente ovunque,

poiché si rischia di confondere il tema dell’accessibilità ai data con quello della loro sostituibilità15. Infatti, la rilevanza dei data varia a seconda del modello di business di riferimento e questo implica che la raccolta e l’analisi di determinati data secondo una specifica chiave interpretativa, utili per una certa piattaforma e/o per un modello di

business, possano non essere altrettanto funzionali ad altri modelli

imprenditoriali sviluppati da piattaforme concorrenti. Per esse, infatti, saranno inutilizzabili, seppur facilmente accessibili, i dati già raccolti ed analizzati da altri soggetti, qualora la chiave interpretativa utilizzata non risulti funzionale alle loro esigenze e al loro modello di business, comportando così la necessità di una nuova elaborazione tramite diversi algoritmi. Potrebbe quindi, in tal caso, sussistere un ostacolo

14G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 431. 15G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 432.

(44)

31

all’ingresso nel mercato tutte quelle volte in cui l’impresa non abbia concretamente la possibilità di procedervi.

Infine, la presenza di diseconomie di scala non permette di definire in modo chiaro e univoco un limite per tutti gli operatori del mercato circa l’ammontare dei dati al di sotto del quale un’impresa possa trovarsi in una posizione di svantaggio competitivo rispetto alle altre. Come osservato in precedenza, ciò dipende dal fatto che il punto critico superato il quale una determinata mole di informazioni inizi a produrre delle diseconomie di scala varia da impresa a impresa, in relazione al differente know how tecnologico. Non è così possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra incremento dei dati posseduti e vantaggio competitivo nel mercato, potendo benissimo sussistere, invece, una situazione in cui, all’incremento del dataset posseduto corrisponda, al contrario, una situazione di vero e proprio svantaggio competitivo rispetto agli altri soggetti presenti nel mercato.

Dalle considerazioni ora svolte si può notare come entrambe le teorie mettano in evidenza alcune caratteristiche fondamentali dei Big

(45)

32

sull’altra. La loro veridicità, infatti, è condizionata dall’ambiente di riferimento in cui viene analizzato il fenomeno, facendo sì che l’analisi compiuta dalle autorità antitrust, non possa prescindere né da una valutazione caso per caso delle vicende, né, tantomeno, da un’attenta analisi di quelle che sono le caratteristiche del mercato in cui la condotta dell’impresa deve essere analizzata. Sarà poi proprio su queste caratteristiche che la valutazione antitrust dovrà modellarsi. Da ciò discende la necessità di indagare e comprendere quali possano essere i diversi mercati rilevanti per il fenomeno Big Data, al fine di individuare i profili di intervento dalle autorità antitrust più consoni allo scopo perseguito.

2. Criteri di individuazione del mercato rilevante e caratteristiche dei mercati digitali

L’individuazione del mercato rilevante risulta quindi essere il primo passo per comprendere i profili di intervento delle autorità antitrust. Per fare ciò è necessario individuare quali prodotti o servizi sono offerti in un dato mercato; quali soggetti ne facciano parte e i loro

(46)

33

interessi; quale sia la sua grandezza; se vi siano barriere all’ingresso e la possibile sussistenza di posizioni dominati o di potere di mercato al suo interno16. In generale, per individuare il mercato rilevante tramite la valutazione di tali elementi vengono solitamente utilizzati tre differenti criteri: quello relativo al mercato dei prodotti; quello relativo al mercato geografico e infine quello relativo all’orizzonte temporale di riferimento.

Il primo identifica i prodotti e i servizi intercambiabili o sostituibili in ragione del loro prezzo e della loro utilità, ma anche le preferenze dei consumatori relative a tali prodotti; il secondo analizza l’area geografica all’interno della quale avviene la competizione tra le imprese; il terzo criterio, infine, prende in considerazione quali siano le abitudini dei consumatori e gli effetti del progresso tecnologico in un dato periodo storico17.

Si deve tenere presente che, benché l’utilizzo di data sia individuabile, e anzi abbia avuto origine proprio nei mercati non

16V. BAGNOLI, The Big Data relevant market, cit., p. 81. 17V. BAGNOLI, The Big Data relevant market, cit., p. 81.

(47)

34

digitali, il modello principale di mercato quando si parla di Big Data è tendenzialmente un modello digitale. Questo, come suggerisce parte della dottrina18, è individuabile per ogni fase della c.d. Big Data Value

Chain e si articola, a sua volta, in altri sotto mercati in cui i Big Data

possono atteggiarsi in modo diverso e svolgere differenti funzioni. Il modello digitale di mercato, inoltre, presenta un nucleo di caratteristiche peculiari ed omogenee rispetto ai mercati non digitali, tali da differenziarlo nettamente da questi. Come accuratamente osservato dall’OCED nel suo report “The Digital Economy”19, I mercati

digitali si caratterizzano, anzitutto, per la presenza di piattaforme

multi-sided e per il preponderante peso che, in esse, ha il Network Effect; per

gli ingenti costi di investimento per poter operare al loro interno; per gli esigui costi marginali; per la frenetica e costante innovazione; e, infine, come conseguenza di tutto ciò, per la possibilità del c.d. winner takes

all effect, ossia la possibilità che il soggetto risultante vittorioso dalla

18V. BAGNOLI, The Big Data relevant market, cit., p. 81.

19OECD, Directorate for financial and enterprise affairs, competition committee, The Digital Economy, DAF/COMP (2012)22, del 7 febbraio 2013, p. 5.

Disponibile all’indirizzo:

(48)

35

competizione con gli altri riesca a dominare l’intero mercato, acquisendo sostanzialmente una posizione di monopolio. Tuttavia, a differenza degli altri mercati, proprio la rapidità con cui il mercato digitale si evolve permette una repentina e costante alternanza del ciclo innovazione – sviluppo – rottura, tale da far sì che il potere di mercato acquisito possa non essere così stabile e duraturo come in altri contesti. Ci si è quindi posti il problema, viste tali peculiarità, di quali siano i criteri di analisi da utilizzarsi per l’individuazione del mercato rilevante, e se essi siano coincidenti o meno con i criteri generalmente utilizzati per i mercati non digitali. La soluzione al quesito è stata prospettata dall’Australian Consumer and Competition Authority20 nel

2015, la quale ha ritenuto comunque applicabili ai mercati digitali i sopracitati criteri generali di analisi utilizzati per ogni altro tipo di mercato, tenendo ovviamente in considerazione le tipicità di questi ultimi. Queste peculiarità, infatti, devono essere considerate al fine di modellare su di esse tali criteri, per evitare di focalizzarsi su problemi

20Australian Consumer and Competition Authority, Online vertical restraints special project report, in International Competition Network Annual Meeting, 2015, p. 2.

Disponibile all’indirizzo:

(49)

36

non esistenti nel contesto di riferimento o di trascurarne alcuni che, proprio in tale contesto, risultano invece di importante rilevanza.

Conclusa questa iniziale disamina sui i criteri di individuazione del mercato e sulle caratteristiche generali dei mercati digitali in cui solitamente vengono in rilievo i Big Data, si può ora focalizzare l’attenzione sui vari ruoli che, in tali mercati, essi possono svolgere nel gioco competitivo tra le varie imprese.

3. Big Data come essential facilities e Big Data come commodity

Circa il ruolo che i Big Data svolgono nel mercato sono emerse due differenti impostazioni: la prima vede gli stessi come essential

facilities, cioè come un elemento fondamentale e imprescindibile per

un’impresa, al fine di competere in un dato mercato21. Va ricordato che,

con l’espressione essential facilities, si fa riferimento a un istituto di diritto industriale che impone al proprietario di un certo input di

21G. PITRUZZALLA, Big Data, competition and privacy: a look from the antitrust perspective, in Concorrenza e mercato, XXIII, Milano, Giuffrè, 2016, p. 15.

(50)

37

concederne l’utilizzo ai terzi, quando sussistano tre requisiti fondamentali: innanzitutto, l’input deve essere essenziale per lo svolgimento dell’attività in questione; in secondo luogo, esso deve essere insostituibile e materialmente accessibile da parte del richiedente; infine, non devono sussistere obbiettivi e ragioni che giustifichino un rifiuto da parte del soggetto titolare dell’input. Se ritenuti tali, i Big Data controllati da imprese in posizione dominante possono allora considerarsi idonei a costituire una barriera all’ingresso e a consolidare le posizioni di mercato; creando così un pregiudizio ad esso ed agli acquirenti finali e giustificando, di conseguenza, un intervento delle autorità antitrust. Una seconda impostazione considera invece i Big Data come semplici commodity22, ossia input che non avendo un ruolo determinante per la competizione e per l’ingresso di nuovi operatori nel mercato, ma limitandosi ad essere uno strumento di analisi dello stesso al fine di proporre nuovi beni e servizi ai clienti, non creino alcuna problematica dal punto di vista antitrust potendo essere sempre reperiti o tramite la raccolta in proprio, oppure tramite

22G. PITRUZZALLA, Big Data, competition and privacy: a look from the antitrust perspective, cit., p. 15.

(51)

38

l’acquisto da terze parti23. In base a questa seconda impostazione,

quindi, non costituiscono alcun problema le condotte volte a limitare la circolazione dei data nei confronti di impese operanti o subentranti nel mercato di riferimento, perpetrate da quegli operatori che godano in esso di una posizione dominante.

Si deve tenere presente che, in linea di principio, entrambe le ricostruzioni circa la natura e il ruolo dei Big Data nei mercati di riferimento sono astrattamente corrette. Ciò impone, quindi, la necessità di una valutazione complessiva del ruolo che essi possono svolgere in un preciso mercato, al fine di individuare e determinare quali siano i profili di intervento delle autorità antitrust, necessari ad evitare che venga falsata la concorrenza da parte degli stessi soggetti che in esso vi operano.

23G. PITRUZZALLA, Big Data, competition and privacy: a look from the antitrust perspective, cit., p. 15.

(52)

39

4. Profili di intervento antitrust

Per comprendere lo spettro entro cui le autorità antitrust possano operare, risulta importante sottolineare come, l’oggetto dell’analisi antitrust, non sia volto ad impedire l’ottenimento di un vantaggio competitivo o la costituzione di barriere all’ingresso nel mercato da parte di un’impresa già operante in esso, bensì ad impedire un abuso di posizione dominante tale che, le condotte poste in essere dall’impresa, possano arrecare un pregiudizio all’assetto concorrenziale del mercato arrivando a danneggiare in ultima istanza l’acquirente finale24.

Possiamo quindi affermare che, anche nelle ipotesi in cui i Big

Data siano da considerarsi essential facilities, questo non sia

sufficiente, di per sé, a giustificare un intervento delle autorità antitrust, anche qualora le condotte tenute dalle imprese posseditrici siano tali da limitare la fruizione dei data ai concorrenti. Prendendo ad esempio la legislazione Comunitaria in materia, si nota che, per giustificare un

24G. PITRUZZALLA, Big Data, competition and privacy: a look from the antitrust perspective, cit., p. 22.

(53)

40

intervento delle autorità secondo la disciplina dell’art. 102 TFUE25, è

ulteriormente necessario che il rifiuto provenga da un’impresa che abbia una posizione dominante nel mercato; e che questa limitazione della concorrenza possa pregiudicare il commercio tra Stati membri, e quindi l’assetto concorrenziale del mercato, con ripercussioni sull’acquirente finale.

Questa limitazione dell’intervento antitrust è da ascriversi alla necessità di rendere la competizione tra imprese sempre maggiore, al fine di ottenere un beneficio per gli acquirenti attraverso l’abbassamento dei prezzi e/o tramite il miglioramento di prodotti e servizi offerti. Infatti, sebbene tali condotte possano costituire una limitazione della concorrenza tramite la costituzione di una barriera

25“È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo. Tali pratiche abusive possono consistere in particolare: a) nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque; b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori; c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza; d) nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi”.

(54)

41

all’ingresso, sarebbe altamente disincentivante l’imposizione di un

obligation to supply26 in capo alle imprese posseditrici di dataset, poiché spingerebbe le stesse a non investire in innovazione e sviluppo in quelle attività che richiedono l’utilizzo di Big Data, consapevoli dell’impossibilità di acquisire un vantaggio in termini di profitti nel mercato di riferimento. Come conseguenza di ciò si avrebbe una sensibile riduzione dell’innovazione e il conseguente rischio della costituzione di cartelli tra le imprese al fine di massimizzare i profitti, non potendo, appunto, ottenere tale risultato attraverso l’acquisizione di un ampio potere di mercato.

Tali considerazioni si rivelano utili per comprendere, in definitiva, quale sia il mercato rilevante dei Big Data entro il quale debbano muoversi le autorità antitrust, al fine di tutelarne l’assetto concorrenziale. Ebbene, si devono considerare esistenti due macro-mercati in cui i data possano essere al centro di un’analisi antitrust: innanzitutto vi è il mercato dei Big Data. Esso si comporta

26G. PITRUZZALLA, Big Data, competition and privacy: a look from the antitrust perspective, cit., p. 22.

(55)

42

sostanzialmente come un qualsiasi altro mercato ed ha, come oggetto degli scambi, proprio i data acquisiti dai vari operatori che agiscono al suo interno. In secondo luogo, vi è da considerare l’influenza che l’uso dei data ha all’interno di tutti gli altri mercati di beni e servizi. In tale contesto è sicuramente da respingere l’ipotesi secondo cui, non essendo i data stessi l’oggetto delle transazioni tra gli operatori economici, essi non possano essere al centro di un’analisi antitrust27. Questo perché,

quando l’analisi ha ad oggetto varie fattispecie che potrebbero comportare limitazioni degli input necessari a competere non è necessario, per configurare un’ipotesi sanzionabile dall’antitrust, che tali input siano effettivamente commercializzati nel mercato in questione. La chiave di lettura del fenomeno, quindi, si sostanzia in una valutazione circa l’esistenza di attuali o potenziali sostituti degli input mancanti a seguito delle più svariate operazioni compiute dalle imprese, e se, l’eventuale mancanza degli stessi, possa in qualche modo

27G. PITRUZZALLA, Big Data, competition and privacy: a look from the antitrust perspective, cit., p. 23.

(56)

43

comportare una possibile lesione per l’assetto concorrenziale del mercato e per gli acquirenti finali28.

Un esempio importante di ciò può rinvenirsi nelle valutazioni compiute dalle autorità antitrust in merito alle operazioni mergers and

acquisitions. Tali operazioni pur essendo delle pratiche d’impresa che

non hanno come oggetto la commercializzazione e lo scambio di data, vengono sottoposte al vaglio delle autorità antitrust proprio perché, a seguito di esse, potrebbe crearsi un nuovo soggetto giuridico nel mercato dotato di una così imponente mole di dati e di un’ampia capacità di analisi degli stessi, tale da poter destare delle preoccupazioni per quanto riguarda le dinamiche concorrenziali e le conseguenze che potrebbero subire gli acquirenti finali. Tutto questo in virtù del nuovo assetto del mercato che risulterebbe dall’operazione compiuta, e che si caratterizzerebbe inevitabilmente per la presenza di nuove dinamiche e di nuovi equilibri al suo interno.

28G. PITRUZZALLA, Big Data, competition and privacy: a look from the antitrust

(57)

44

Tali situazioni, ovviamente, necessitano di un’analisi caso per caso, non essendo possibile individuare una regola generale applicabile ad ogni evenienza. Si procederà quindi, nel successivo capitolo, alla analisi delle fattispecie e delle condotte che potenzialmente possono destare, in un’ottica antitrust, le maggiori preoccupazioni per la regolarità della competizione nel mercato e per i diritti degli utenti finali.

Riferimenti

Documenti correlati

Illustrazione del profilo italiano dei metadati DCAT-AP IT, Giorgia Lodi (AgID) e Antonio Rotundo. Valorizzazione

12:15 Gestire dati, informazioni e contenuti digitali, Gianluigi Cogo (Funzionario pubblico, esperto di innovazione digitale).

Saper utilizzare le principali fonti pubbliche (es. Istat, OCSE) per la raccolta di dati e informazioni utili ad attività di approfondimento, analisi e confronto, anche a

Tenendo conto dello stato dell'arte e dei costi di attuazione, nonché della natura, dell'ambito di applicazione, del contesto e delle finalità del trattamento, come anche dei

Rilasciato il nuovo plugin RNDT per GeoNetwork 3.10.x allineato all’ultima versione delle linee guida nazionali ed europee (INSPIRE) e delle relative guide operative sui metadati

a) ottenere la conferma dell’esistenza di dati personali che lo riguardano, anche  se non ancora registrati, e la comunicazione in forma intelligibile dei medesimi  dati e della

Per il perseguimento delle finalità descritte al precedente punto 3, i dati personali vengono trattati dai dipendenti della Fondazione, dal personale assimilato e dai collaboratori

13-14 del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati Personali (Reg. 2016/679 o GDPR), con riferimento al trattamento dei dati personali nell’ambito