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Ruolo dei Big Data nelle attività economiche

L’utilizzo di informazioni per la programmazione delle attività economiche non è di certo una novità. Anche in quella che potremmo definire economia pre-digitalizzata, le intere attività di marketing e di gestione del processo produttivo di un’impresa si svolgevano, e si

22J.M. CAVANILLAS, E. CURRY, W. WAHLSTER, New horizons for a data-driven economy, a roadmap for usage and xxploitation of Big Data in Europe, op. cit., p. 33.

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continuano a svolgere, attraverso le attività di raccolta e analisi dei dati. Ad esempio, indagini circa la propensione al consumo dei clienti, oppure la valutazione del rendimento di un determinato settore produttivo, non possono prescindere dalla raccolta e dall’analisi di dati che vengono poi utilizzati a supporto dell’attività decisionale. Ciò che tuttavia la rivoluzione tecnologica ha prodotto, è stato un imponente incremento delle possibilità di collezionare, analizzare e sfruttare a fini commerciali i Data raccolti attraverso i numerosi strumenti che la tecnologia stessa mette a disposizione. Questo ha fatto sì che l’attività di Data Analytics diventasse di centrale importanza nella vita di un’impresa (soprattutto per quelle imprese che operano nei mercati digitali), a tal punto da spingere le stesse a ingenti investimenti volti allo sfruttamento ottimale dei Data e delle loro potenzialità economiche.

Analizzando quindi il ruolo che hanno assunto i Data all’interno delle attività economiche, si può affermare che essi siano estremamente importanti per tre ordini di motivi.

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Innanzitutto, essi sono importanti per il miglioramento di prodotti e servizi offerti dall’impresa23. Questa attività, per quanto sia comune

ad ogni tipo di mercato, può essere facilmente osservata nei mercati digitali soprattutto analizzando l’attività dei motori di ricerca. Essi, infatti, tendono ad approssimare sempre di più le risposte date alle ricerche compiute dagli utenti, tramite l’analisi di quelle che sono le risorse effettivamente cliccate a seguito delle ricerche stesse. Così facendo, gli algoritmi vengono implementati e potenziati permettendo di migliorare l’esperienza di ricerca dell’utente, il quale vedrà comparire per prime le risorse maggiormente cliccate e quindi, tendenzialmente, ritenute più utili dalla maggior parte degli utenti che hanno compiuto la medesima ricerca. Un secondo ambito in cui questo effetto può essere apprezzato è quello dei social network, o in generale delle piattaforme multi-sided. Grazie al c.d. Network Effect24,

l’importanza dei Data si apprezza sia in merito alla possibilità di

23Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 9. 24P. LUARAN, J. YANG, Y. CHIU, The Network Effect on information dissemination on social network sites, in Computers in Human Behavior, New York, Elsevier, 2014, p.1-8.

Situazione in cui l’utilità che un consumatore trae dall’utilizzo di un bene o di un servizio dipende, in positivo o in negativo, dal numero di altri individui che utilizzano il medesimo bene o servizio. Si veda anche infra cap. III, p. 62.

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incrementare il servizio offerto, che in merito alla loro attitudine a far emergere quelle che sono nuove esigenze dei consumatori e quindi nuove opportunità di business25. Infatti, analizzando i dati raccolti attraverso nuovi algoritmi o differenti chiavi di lettura, le imprese possono proporre nuovi servizi e prodotti per rispondere a quelle esigenze che i consumatori hanno espresso, talvolta anche inconsapevolmente.

Infine, l’utilizzo dei Big Data permette alle imprese di progettare dei modelli di business c.d. target oriented26, ossia diretti e personalizzati sul soggetto i cui dati sono raccolti ed analizzati. È questo forse l’aspetto più interessante del fenomeno Big Data, perché, tramite la costante connessione del soggetto con i device da esso utilizzati (si pensi al fenomeno dell’Internet of Things precedentemente analizzato, oppure al sempre più ampio sfruttamento di servizi in Cloud) l’impresa che acquisisce ed analizza i dati forniti, volontariamente o involontariamente dall’utente, è in grado di sviluppare un profilo dello

25Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 10. 26Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 10.

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stesso e di offrirgli prodotti e servizi in linea con il profilo creato. Ciò si traduce in quello che viene definito behavioral targeting27, ossia in politiche imprenditoriali volte alla proposizione di prezzi e prodotti personalizzati, o di pubblicità mirata, che vengono plasmati sulle esigenze che il cliente ha espresso o sulle preferenze manifestate attraverso il suo generale comportamento nel web. Tutto ciò permette un risparmio per l’impresa stessa che, riducendo i propri costi pubblicitari oppure riuscendo a soddisfare al meglio le esigenze degli acquirenti, è in grado di ottenere un vantaggio nel mercato in termini di costo finale e/o di qualità del servizio o del prodotto offerto.

Si può quindi concludere questo primo capitolo sottolineando come il fenomeno Big Data abbia assunto, in tempi recenti, delle dimensioni così estese da non poter più essere ignorato: basti pensare che la dimensione dei dati commercialmente utilizzabili è stimata intorno al valore di 16 zettabytes (16 trilioni di GB) nel 202028, e che è costantemente destinata a crescere di pari passo con il progresso

27Autorité de la concurrence e Bundeskartellamt, Competition Law and Data, cit., p. 10. 28J.M. CAVANILLAS, E. CURRY, W. WAHLSTER, New horizons for a data-driven economy, a roadmap for usage and exploitation of Big Data in Europe, op. cit., p. 3.

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tecnologico. Ciò comporta una necessaria presa di coscienza da parte del diritto, il quale non può più rifiutarsi di affrontare questa nuova sfida. L’obbiettivo da perseguire è quello di permettere che di questa incredibile risorsa possa beneficiarne l’economia mondiale e il libero mercato in un’ottica di tutela della concorrenza e del libero scambio, evitando, al contempo, che essa si traduca in un danno per il mercato stesso e per i suoi protagonisti.

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CAPITOLO II: Caratteristiche economiche e mercato rilevante dei Big Data

1. Le differenti teorie circa le caratteristiche economiche dei Big

Data

L’individuazione delle caratteristiche economiche dei Big Data risulta essere il primo importante tassello per un’esaustiva analisi antitrust del fenomeno. Infatti, a tali caratteristiche è legata la valutazione circa le potenziali distorsioni della concorrenza che il loro utilizzo potrebbe produrre e, conseguentemente, l’individuazione dei profili di intervento antitrust maggiormente adeguati.

Sulla questione sono state elaborate due differenti impostazioni che, se pur sorte in momenti successivi, sono ad oggi concorrenti. La prima e più risalente impostazione pone l’accento sul fatto che i Big

Data non possano essere considerati una risorsa scarsa, inimitabile e

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inidoneo a conseguire un vantaggio competitivo sul mercato1. Secondo

tale teoria, infatti, essi non possono essere considerati né beni esclusivi, in quanto nessuna impresa è in grado di controllarne l’intera produzione e diffusione; né beni rivali, poiché il loro sfruttamento da parte di un utilizzatore non riduce la possibilità di fruizione degli stessi da parte di altri2. Essi sono inoltre considerati semplici ed economici da collezionare in quanto hanno costi marginali di produzione e diffusione quasi nulli. Infine, hanno come caratteristica fondamentale, che li differenzia dai dati cartacei, quella dell’ubiquità: infatti, si suole affermare che “data is everywhere” 3, essendo possibile, oltre alla loro

acquisizione in proprio attraverso i vari modi precedentemente accennati, il loro acquisto da soggetti terzi specializzati nella loro raccolta e diffusione.

In secondo luogo, tale impostazione tende a sottolineare come, il valore dei dati acquisiti sia condizionato da alcuni importanti fattori:

1G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, in Mercato Concorrenza Regole, III, Bologna, Il Mulino, dicembre 2016, p. 429.

2G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 429.

3F. DI PORTO, La rivoluzione Big Data. Un’introduzione, in Concorrenza e Mercato,

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essendo beni contingenti, infatti, il loro valore in termini economici è strettamente condizionato dalla tempestività e dall’accuratezza con cui vengono raccolti e analizzati4. Ciò significa, che il loro valore tende a diminuire con il passare del tempo e dipende fortemente dalla capacità dell’utilizzatore di estrapolare da essi le informazioni utili al conseguimento dello scopo per cui è posta in essere la raccolta stessa. Ciò che quindi è rilevante, non è tanto la grandezza del dataset posseduto, quanto la sua qualità e la possibilità per l’utilizzatore di estrapolare in tempi relativamente brevi, le informazioni ritenute economicamente rilevanti.

Infine, viene evidenziato come l’accumulazione dei data, superata una certa soglia, produca delle diseconomie di scala tali da comportare una riduzione del vantaggio competitivo all’aumentare della mole dei dati raccolti5. Tale fenomeno si può certamente considerare causato

dall’incremento del tempo necessario e dall’aumento dei costi da sostenere per l’analisi dei data, circostanze queste, che generano

4G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 430. 5G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 430.

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inevitabilmente ripercussioni negative sull’output finale, in virtù della sopracitata natura di beni contingenti. Si rileva, infatti, un’inutilità economica degli stessi o qualora la loro analisi arrivi in un momento temporalmente così distante da quello della loro acquisizione tale da rendere inutili le informazioni estrapolate; oppure qualora il costo dell’analisi comporti un incremento del prezzo finale dell’output tale da eliminare il vantaggio competitivo che l’accumulazione dei data solitamente comporta. Ovviamente, si deve tenere presente che il punto limite superato il quale l’accumulazione dei data inizia a produrre diseconomie di scala varia a seconda delle capacità di analisi di cui dispone l’utilizzatore. Tanto più egli disponga di una tecnologia potente in termini di grandezza e velocità di raccolta ed analisi dei dati, tanto più si allontana il punto superato il quale si iniziano a produrre diseconomie di scala.

Di conseguenza, dal punto di vista antitrust non sussiste, per i fautori di questa impostazione, una barriera all’ingresso basata esclusivamente sul possesso dei dati da parte dei soggetti già presenti nel mercato, poiché gli stessi dati sono facilmente replicabili e

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reperibili. Tale teoria è supportata da recenti esempi che hanno confermato come pur in assenza di un dataset ampio e strutturato come quello di imprese già presenti nel mercato, alcune realtà imprenditoriali siano riuscite ad affermarsi senza subire alcuna barriera all’ingresso (si pensi a Whatsapp, Uber, Airbnb, Tinder)6, arrivando addirittura a consolidare in poco tempo una posizione dominante nel mercato.

La seconda impostazione si colloca in un momento storico successivo e pone le sue argomentazioni a contrasto della teoria precedente partendo dall’analisi del recente sviluppo e incremento delle piattaforme multi-sided7. Tali piattaforme svolgono un ruolo di

intermediazione digitale tra domanda e offerta e devono la loro crescita allo sfruttamento del Network Effect8. In quest’ottica, quindi, i fautori della seconda impostazione sottolineano come la capacità di aggregare dati attribuisca ad alcune piattaforme multi-sided, dotate di un importante know how tecnologico che ne permette la rapida e precisa elaborazione, un vantaggio rispetto alle altre, determinando una

6G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 431. 7G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 431. 8Vedi supra, cap I, p. 17, nota 23, e vedi infa, cap. III, p. 54.

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rilevante asimmetria informativa9 nei potenziali fruitori delle stesse;

questi saranno infatti propensi a orientarsi verso la piattaforma più grande in termini di dati e informazioni generate. Questo fenomeno comporterebbe la creazione di una barriera all’ingresso basata sul semplice possesso dei data, in virtù delle forti economie di scala che si generano a seguito del fenomeno del Feedback Loops10. Esso, infatti, provoca un rafforzamento degli effetti di rete tanto diretti, quanto indiretti11. In merito ai primi si può notare come l’aumento del numero

di utenti della piattaforma consenta a questa di acquisire sempre maggiori informazioni, incrementando, quindi, le asimmetrie informative rispetto alle altre; in merito ai secondi, invece, si evidenzia come l’accumulo di data comporti un incremento degli spill-overs12

positivi che si generano tra i diversi versanti della piattaforma, laddove

9G. COLANGELO, Big Data, Piattaforme digitali e antitrust, cit. p.431.

10Fenomeno in forza del quale, tanto più un elevato numero di utenti recensisce

positivamente/negativamente un determinato servizio, tanto più questo servizio sarà ricercato/abbandonato da un sempre maggior numero di utenti, con la conseguente creazione di una spirale di crescita/decrescita del servizio stesso.

11 Per una descrizione approfondita si veda infra, cap. III, p. 62.

12Nel linguaggio economico, termine con cui si indicano le esternalità (positive o negative),

ossia quelle operazioni che hanno effetti benefici o malefici su un altro individuo senza che questo paghi o venga pagato per tali effetti.

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l’accumulazione di dati è funzionale al miglioramento sia della qualità dei servizi offerti che della piattaforma stessa13.

Viene poi criticata la ricostruzione che vede i data come beni non rivali. Infatti, secondo tale teoria, la natura non rivale dei data non implica automaticamente che tutte le imprese operanti nel mercato siano in grado di raccogliere e analizzare, in condizione di parità, gli stessi; questo è dimostrato dalla costante corsa delle imprese alla collezione di dataset sempre più ampi e dettagliati, arrivando anche ad offrire agli utenti prodotti o servizi gratuiti, richiedendo, come unico corrispettivo, l’accesso alle loro informazioni. Inoltre, anche la presenza di soggetti terzi che svolgono come principale attività quella di raccolta e di rivendita dei data può non essere sufficiente a garantire un’eguaglianza di informazioni a disposizione dei soggetti operanti o entranti nel mercato. Questo avviene soprattutto in quelle ipotesi in cui la libertà di concessione e di vendita da parte di questi soggetti terzi sia limitata da impedimenti legali, come ad esempio contratti di esclusiva

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a favore di uno o più utilizzatori, oppure disposizioni concernenti la

privacy dei soggetti titolari dei dati14.

Ulteriormente criticata è poi la ricostruzione secondo cui i Big

Data siano beni diffusi, ossia rinvenibili sostanzialmente ovunque,

poiché si rischia di confondere il tema dell’accessibilità ai data con quello della loro sostituibilità15. Infatti, la rilevanza dei data varia a seconda del modello di business di riferimento e questo implica che la raccolta e l’analisi di determinati data secondo una specifica chiave interpretativa, utili per una certa piattaforma e/o per un modello di

business, possano non essere altrettanto funzionali ad altri modelli

imprenditoriali sviluppati da piattaforme concorrenti. Per esse, infatti, saranno inutilizzabili, seppur facilmente accessibili, i dati già raccolti ed analizzati da altri soggetti, qualora la chiave interpretativa utilizzata non risulti funzionale alle loro esigenze e al loro modello di business, comportando così la necessità di una nuova elaborazione tramite diversi algoritmi. Potrebbe quindi, in tal caso, sussistere un ostacolo

14G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 431. 15G. COLANGELO, Big Data, piattaforme digitali e antitrust, cit., p. 432.

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all’ingresso nel mercato tutte quelle volte in cui l’impresa non abbia concretamente la possibilità di procedervi.

Infine, la presenza di diseconomie di scala non permette di definire in modo chiaro e univoco un limite per tutti gli operatori del mercato circa l’ammontare dei dati al di sotto del quale un’impresa possa trovarsi in una posizione di svantaggio competitivo rispetto alle altre. Come osservato in precedenza, ciò dipende dal fatto che il punto critico superato il quale una determinata mole di informazioni inizi a produrre delle diseconomie di scala varia da impresa a impresa, in relazione al differente know how tecnologico. Non è così possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra incremento dei dati posseduti e vantaggio competitivo nel mercato, potendo benissimo sussistere, invece, una situazione in cui, all’incremento del dataset posseduto corrisponda, al contrario, una situazione di vero e proprio svantaggio competitivo rispetto agli altri soggetti presenti nel mercato.

Dalle considerazioni ora svolte si può notare come entrambe le teorie mettano in evidenza alcune caratteristiche fondamentali dei Big

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sull’altra. La loro veridicità, infatti, è condizionata dall’ambiente di riferimento in cui viene analizzato il fenomeno, facendo sì che l’analisi compiuta dalle autorità antitrust, non possa prescindere né da una valutazione caso per caso delle vicende, né, tantomeno, da un’attenta analisi di quelle che sono le caratteristiche del mercato in cui la condotta dell’impresa deve essere analizzata. Sarà poi proprio su queste caratteristiche che la valutazione antitrust dovrà modellarsi. Da ciò discende la necessità di indagare e comprendere quali possano essere i diversi mercati rilevanti per il fenomeno Big Data, al fine di individuare i profili di intervento dalle autorità antitrust più consoni allo scopo perseguito.

2. Criteri di individuazione del mercato rilevante e caratteristiche dei mercati digitali

L’individuazione del mercato rilevante risulta quindi essere il primo passo per comprendere i profili di intervento delle autorità antitrust. Per fare ciò è necessario individuare quali prodotti o servizi sono offerti in un dato mercato; quali soggetti ne facciano parte e i loro

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interessi; quale sia la sua grandezza; se vi siano barriere all’ingresso e la possibile sussistenza di posizioni dominati o di potere di mercato al suo interno16. In generale, per individuare il mercato rilevante tramite la valutazione di tali elementi vengono solitamente utilizzati tre differenti criteri: quello relativo al mercato dei prodotti; quello relativo al mercato geografico e infine quello relativo all’orizzonte temporale di riferimento.

Il primo identifica i prodotti e i servizi intercambiabili o sostituibili in ragione del loro prezzo e della loro utilità, ma anche le preferenze dei consumatori relative a tali prodotti; il secondo analizza l’area geografica all’interno della quale avviene la competizione tra le imprese; il terzo criterio, infine, prende in considerazione quali siano le abitudini dei consumatori e gli effetti del progresso tecnologico in un dato periodo storico17.

Si deve tenere presente che, benché l’utilizzo di data sia individuabile, e anzi abbia avuto origine proprio nei mercati non

16V. BAGNOLI, The Big Data relevant market, cit., p. 81. 17V. BAGNOLI, The Big Data relevant market, cit., p. 81.

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digitali, il modello principale di mercato quando si parla di Big Data è tendenzialmente un modello digitale. Questo, come suggerisce parte della dottrina18, è individuabile per ogni fase della c.d. Big Data Value

Chain e si articola, a sua volta, in altri sotto mercati in cui i Big Data

possono atteggiarsi in modo diverso e svolgere differenti funzioni. Il modello digitale di mercato, inoltre, presenta un nucleo di caratteristiche peculiari ed omogenee rispetto ai mercati non digitali, tali da differenziarlo nettamente da questi. Come accuratamente osservato dall’OCED nel suo report “The Digital Economy”19, I mercati

digitali si caratterizzano, anzitutto, per la presenza di piattaforme multi-

sided e per il preponderante peso che, in esse, ha il Network Effect; per

gli ingenti costi di investimento per poter operare al loro interno; per gli esigui costi marginali; per la frenetica e costante innovazione; e, infine, come conseguenza di tutto ciò, per la possibilità del c.d. winner takes

all effect, ossia la possibilità che il soggetto risultante vittorioso dalla

18V. BAGNOLI, The Big Data relevant market, cit., p. 81.

19OECD, Directorate for financial and enterprise affairs, competition committee, The Digital Economy, DAF/COMP (2012)22, del 7 febbraio 2013, p. 5.

Disponibile all’indirizzo: http://www.oecd.org/daf/competition/The-Digital-Economy-

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competizione con gli altri riesca a dominare l’intero mercato, acquisendo sostanzialmente una posizione di monopolio. Tuttavia, a differenza degli altri mercati, proprio la rapidità con cui il mercato digitale si evolve permette una repentina e costante alternanza del ciclo innovazione – sviluppo – rottura, tale da far sì che il potere di mercato acquisito possa non essere così stabile e duraturo come in altri contesti. Ci si è quindi posti il problema, viste tali peculiarità, di quali siano i criteri di analisi da utilizzarsi per l’individuazione del mercato rilevante, e se essi siano coincidenti o meno con i criteri generalmente utilizzati per i mercati non digitali. La soluzione al quesito è stata prospettata dall’Australian Consumer and Competition Authority20 nel

2015, la quale ha ritenuto comunque applicabili ai mercati digitali i sopracitati criteri generali di analisi utilizzati per ogni altro tipo di mercato, tenendo ovviamente in considerazione le tipicità di questi ultimi. Queste peculiarità, infatti, devono essere considerate al fine di modellare su di esse tali criteri, per evitare di focalizzarsi su problemi

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