• Non ci sono risultati.

STUDIO RETROSPETTIVO SUGLI EFFETTI DELLA TERAPIA CHIRURGICO RIABILITATIVA NEI PAZIENTI PEDIATRICI CON CATARATTA CONGENITA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "STUDIO RETROSPETTIVO SUGLI EFFETTI DELLA TERAPIA CHIRURGICO RIABILITATIVA NEI PAZIENTI PEDIATRICI CON CATARATTA CONGENITA"

Copied!
60
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie

in Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Tesi di Laurea

STUDIO RETROSPETTIVO SUGLI EFFETTI DELLA

TERAPIA CHIRURGICO-RIABILITATIVA

NEI PAZIENTI PEDIATRICI

CON CATARATTA CONGENITA

CANDIDATO RELATRICE

Damiano Boldrini Dott.ssa Maria Cristina Ragone

(2)

2

INDICE

SOMMARIO ANALITICO ... 3

INTRODUZIONE ... 4

I. DEFINIZIONE DI MALATTIA ... 5

II. ANATOMIA E FISIOLOGIA ... 6

III. EPIDEMIOLOGIA ... 10

IV. EZIOLOGIA ... 11

GENETICA ... 12

V. CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA ... 15

VI. CLASSIFICAZIONE CLINICA ... 18

1. CATARATTA NON ASSOCIATA A PATOLOGIE SISTEMICHE ... 18

2. CATARATTA ASSOCIATA A MALATTIE SISTEMICHE ... 18

VII. CLINICA... 21

VIII. ITER DIAGNOSTICO ... 22

1. LO SCREENING: test del riflesso rosso ... 22

2. VISITA OCULISTICA ... 23

3. INDAGINI SISTEMICHE ... 24

IX. TRATTAMENTO ... 25

1. TECNICA CHIRURGICA ... 27

2. LA SCELTA DELLA CORREZIONE POST-INTERVENTO ... 31

3. SCELTA DELLA IOL ... 35

4. RIABILITAZIONE VISIVA E GESTIONE DELL’AMBLIOPIA ... 36

5. COMPLICANZE E FOLLOW-UP POST-OPERATORIO ... 39

STUDIO ... 41

X. OBIETTIVO ... 42

XI. MATERIALI E METODI... 43

XII. RISULTATI ... 50

XIII. DISCUSSIONE ... 55

XIV CONCLUSIONI... 56

(3)

3

SOMMARIO ANALITICO

La cataratta congenita è una patologia caratterizzata da un’opacizzazione del cristallino che si manifesta in un tempo compreso tra la nascita e il 12° mese di vita. Essa è una importante causa di ipovisione e cecità dell’infanzia in tutto il mondo.

La perdita o riduzione della vista è principalmente attribuibile alla non trasparenza del mezzo diottrico e alla concomitante ambliopia da deprivazione dello stimolo. Un’ alterazione delle immagini proiettate sulla retina nelle fasi precoci dello sviluppo impedisce in maniera irreversibile la corretta maturazione del sistema visivo nel suo complesso. Per tale motivo la diagnosi e il trattamento precoci sono indispensabili per evitare lo sviluppo di un’ipovisione grave.

La cataratta congenita è una delle patologie su cui pone maggior attenzione “Vision 2020: the right to sight”, l’iniziativa globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per ridurre le cause trattabili di ipovisione/cecità nel mondo. Attualmente in Italia i casi di cataratta congenita si attestano circa 4 casi/10.000 nuovi nati all’anno. In Toscana si attestano circa 18 nuovi casi ogni anno.

La gestione della malattia ha rappresentato una grande sfida per i medici e solo nelle ultime 2-3 decadi si sono visti significativi passi avanti nella diagnosi, nel trattamento chirurgico e nella riabilitazione visiva.

I più importanti miglioramenti nella gestione della cataratta congenita sono stati quelli riguardanti il sistema di screening, la terapia (micro)chirurgica, i mezzi protesici, e le tecniche riabilitative. I progressi fatti in tutti questi campi hanno determinato un miglioramento significativo nella prognosi dei bambini che vanno incontro a estrazione di cataratta; nonostante ciò, ancora oggi i risultati complessivi risultano non del tutto soddisfacenti.

Questo studio intende verificare gli attuali risultati nel trattamento della patologia, prendendo come campione una coorte di pazienti trattati e seguiti nell’ambulatorio di un reparto dell’AOUP dal 2000 al 2017.

(4)

4

(5)

5

I.

DEFINIZIONE DI MALATTIA

Si definisce cataratta qualsiasi opacità del cristallino acquisita o congenita in grado di determinare una riduzione più o meno marcata della capacità visiva.[1] Il termine deriva dalla parola greca “katarraktes”, letteralmente “qualcosa che cade dall’alto verso il basso”, la quale descrive perfettamente la sensazione riferita dal paziente (nel caso di cataratta senile) di una sorta di nebbia, che scende sull’occhio quando il cristallino progressivamente si opacizza: ciò è determinato da una perdita di trasparenza e da una riduzione della capacità di diffrazione della luce.[1]

Le cataratte acquisite rappresentano il 99% dei casi totali e si dividono in:

 Cataratta Senile: la più frequente, compare dopo i 60 anni ed è legata al rallentamento dei processi biochimici che mantengono la trasparenza del cristallino.

 Cataratta secondaria a traumi: ad es. traumi oculari perforanti, calore intenso, traumi chimici

 Cataratta secondaria a trattamenti farmacologici: ad es. cortisonici, antipsicotici come ad es. fenotiazine e altri

 Cataratta associata a malattie sistemiche: Diabete, Ipocalcemia, Malattia di Wilson, Distrofia Miotonica, Dermatiti Atopiche.

La cataratta congenita (1% dei casi) è quella forma di cataratta che si manifesta in un tempo compreso tra la nascita e il 12° mese di vita. Circa 2/3 dei casi risulta idiopatica, nel restante terzo si riconoscono cause legate a malattie ereditarie, a processi infettivi (es. rosolia contratta dalla madre durante la gravidanza), a processi metabolici, a radiazioni, a carenze vitaminiche. E’ una patologia importante perché, anche se relativamente poco frequente, rappresenta una causa trattabile di alterazione della vista, responsabile del 10% dei casi di ipovisione nei bambini in età prescolare.[3]

La forma congenita, a differenza della forma acquisita, se non adeguatamente trattata fin dalla nascita compromette in maniera permanente e irreversibile lo sviluppo complessivo dell’apparato visivo del bambino, determinando un deficit che va dall’ambliopia fino alla cecità. [2]

(6)

6

II. ANATOMIA E FISIOLOGIA

MACROSCOPIA

Il cristallino è una lente biconvessa trasparente, di consistenza elastica, con forma circolare e dimensioni di una lenticchia, posto dietro all’iride, davanti al vitreo ed in linea con il corpo ciliare. Anteriormente si affaccia nella camera anteriore dell’occhio e dista 3,5 mm dal vertice della cornea. La sua parte laterale si allontana gradualmente dall’iride e contribuisce a limitare la camera posteriore. La faccia posteriore è accolta nella fossa ialoidea in contatto con la superficie anteriore del corpo vitreo. Le due facce del cristallino, anteriore e posteriore sono unite da un margine arrotondato detto equatore. L’equatore è situato sul piano del corpo ciliare ed è collegato a questo per mezzo di un complesso sistema di fibre con funzione di contenzione detto “Zonula ciliare di Zinn”. Le due facce del cristallino sono incurvate in maniera differente: quella anteriore è ellissoide mentre la posteriore è paraboloide. [4]

MICROSCOPIA

Dal punto di vista strutturale nel cristallino si riconoscono 3 strutture fondamentali che sono la capsula, l’epitelio sottocapsulare e il parenchima.

 Capsula (o cristalloide): membrana continua estremamente sottile, flessibile e trasparente, che circonda completamente il cristallino. Al microscopio elettronico, la capsula risulta costituita da fibre elastiche che determinano la sua struttura lamellare di aspetto omogeneo. In corrispondenza dell'equatore, le fibre capsulari si congiungono con quelle dei legamenti sospensori nella zonula di Zinn.

 Epitelio sottocapsulare: riveste la superficie interna della capsula nel suo tratto anteriore ed equatoriale. L'epitelio del cristallino è uno strato semplice di cellule dal contorno poligonale, unite da ponti citoplasmatici e da cemento intercellulare. Procedendo verso l'equatore, le cellule epiteliali crescono in altezza, assumendo una forma sempre più allungata, e si dispongono in file radiali; da questi elementi così modificati, attraverso varie forme di transizione, si passa alle vere e proprie fibre cristalline. L'epitelio della regione equatoriale è caratterizzato da un'intensa attività mitotica, mentre nella regione posteriore risulta completamente assente.

(7)

7

 Parenchima: è la sostanza propria del cristallino e ne costituisce la quasi totalità dell’organo. Essa è costituita da cellule prismatiche a forma di nastro arcuato (dette fibre cristalline), disposte in lamelle concentriche e cementate da

glicoproteine. La trasparenza del cristallino dipende dal fatto che queste fibre sono strettamente addossate fra loro e disposte in senso meridiano dalla parte anteriore a quella posteriore dell’organo. Nel parenchima, si distingue una porzione interna e centrale (nucleo) ed una porzione superficiale (strato corticale). [4]

Il cristallino è composto da acqua (63%), proteine (35%), da piccolissime quantità di lipidi, glucidi e sostanze inorganiche come K+ e Na+. Nella vita fetale è avvolto e nutrito da una rete di piccoli vasi sanguigni anteriore e posteriore che vanno incontro a degenerazione insieme alle arterie principali (derivanti dall’A. Ialoidea), quindi nell’adulto risulta semplicemente immerso nell’umore acqueo. L'integrità della capsula è indispensabile per gli scambi metabolici ed il mantenimento della trasparenza, proprietà essenziale del cristallino affinché i raggi luminosi possano facilmente attraversarlo per giungere a livello retinico. [3]

FUNZIONE

Il cristallino ha una funzione sostanzialmente rifrattiva, infatti serve a far convergere sulla retina i raggi luminosi provenienti dall’esterno. Il compito del cristallino consiste, in particolare, nel variare la distanza focale del sistema ottico, cambiando la propria forma, quindi il suo potere refrattivo, per adattarlo alla distanza dell'immagine osservata e renderne la visione nitida. L’indice di rifrazione medio è di 1,43 mentre il potere rifrattivo può variare dalle 10-12 diottrie a riposo fino a 18-20 diottrie in stato accomodativo. L’accomodazione è un riflesso neuro-muscolare, che agisce sul corpo ciliare con una doppia innervazione simpatico-parasimpatica finemente regolata, la cui contrazione comporta il rilascio delle fibre zonulari tonicamente stirate. Alla riduzione della tensione sulla capsula del cristallino consegue un aumento di curvatura della lente, specialmente nella porzione centrale della sua superficie anteriore, tale da modificare e annullare la divergenza dei fasci luminosi. Alla nitidezza dell’immagine sulla retina contribuiscono poi la convergenza e la miosi pupillare. [5]

(8)

8

SVILUPPO DELLA VISIONE

I bambini devono imparare a vedere, o più specificamente, il loro cervello deve apprendere come interpretare i segnali nervosi che vengono inviati dagli occhi tramite le vie ottiche. Sono necessari circa 3-5 anni prima che i bambini possano vedere chiaramente come gli adulti e fino a 7 anni prima che il sistema visivo completi il suo sviluppo. Il cervello e l'occhio lavorano insieme per analizzare ed elaborare le informazioni visive. La luce entra nell'occhio, dove la retina traduce l'immagine in segnali nervosi che vengono inviati, grazie alle vie ottiche, al cervello. Quest'ultimo combina gli stimoli visivi provenienti da ciascun occhio in un'immagine tridimensionale.

Se un deficit visivo colpisce uno o entrambi gli occhi durante la crescita, la qualità dei segnali risulta alterata, di conseguenza anche il sistema nervoso deputato alla processazione degli stimoli risulterà alterato in maniera irreversibile. Questo rappresenta la principale differenza tra la cataratta senile e la cataratta congenita: nella forma congenita un intervento tardivo di sostituzione del cristallino non permetterà il recupero di una soddisfacente capacità visiva, come avviene nel paziente adulto.

Nel bambino con cataratta le opacità estese e molto dense del cristallino che non vengono rimosse rappresentano la base per lo sviluppo di un’ambliopia più o meno grave. Avere una immagine retinica offuscata in questo lasso di tempo determinerà un ambliopia irreversibile, in quanto verrà alterata la maturazione dei corpi genicolati e della corteccia visiva (ambliopia da deprivazione di stimolo). [17] Nel caso della cataratta monolaterale il rischio ambliopico risulta più grave in quanto esiste una differenza non colmabile tra occhio sano ed occhio malato anche quando questo viene operato. Ciò significa che il bambino vedendo meno da un occhio tende ad affidare la propria visione all'altro. Questo processo di inibizione monolaterale può portare ad una diminuzione visiva più o meno grave ma sicuramente permanente che, a sviluppo conclamato, non potrà più essere corretta in nessuna maniera (né otticamente né chirurgicamente). Da tutto ciò si evince l’importanza di una diagnosi precoce della malattia, del rapido intervento chirurgico e del prolungato trattamento anti-ambliopico da effettuare per tutta l’infanzia. [1]

(9)

9

(10)

10

III.

EPIDEMIOLOGIA

Studi sulla prevalenza della cataratta congenita sono stati condotti in differenti regioni e popolazioni con varie caratteristiche epidemiologiche; i numeri sono abbastanza variabili ovvero spaziano tra gli 0.42 e i 13.6 casi per 10.000 nati vivi a seconda degli studi, dei fattori regionali e socioeconomici. Una recente “review” sistematica e meta-analitica, condotta tramite 17 studi di popolazione e su una base di 8 milioni di bambini, ha stimato che circa 200.000 bambini nel mondo sono ciechi a causa di cataratta congenita e stima l’incidenza della malattia a 4.24 casi per 10000 nati vivi. [6]

Uno studio danese su oltre 1000 casi di cataratta congenita riporta che il 64% dei casi di cataratta congenita si presenta ad entrambi gli occhi contro il 36% dei casi monolaterali. Nei maschi predomina la cataratta bilaterale, mentre nelle femmine predominano i casi unilaterali. Quasi 2/3 di tutti i casi sono idiopatici. I casi idiopatici mostrano una più elevata proporzione di forme unilaterali (87%), mentre nei casi di eziologia conosciuta si ha un 50% di bilateralità. [7]

(11)

11

IV.

EZIOLOGIA

La cause associate allo sviluppo di cataratta congenita sono molto varie e ancora in gran parte rimangono sconosciute. Si stimano un 63% di causa idiopatiche, un 23% di cause genetiche e un 11,5% di cause non ereditarie. [6]

Tra le cause genetiche abbiamo prevalentemente la trasmissione di geni mutati codificanti per le componenti del cristallino (vedi sezione “genetica”). Una minoranza dei casi invece è legata ad anomalie cromosomiche come trisomie (trisomia 13° S. di Patau; trisomia 18 o s. di Edwards, trisomia 21 o S. di Down) o la Sindrome di Turner.[8] La cataratta

congenita può essere associata a disordini metabolici ereditati come galattosemia, malattia di Wilson, ipocalcemia, ipoglicemia, diabete. Sono infine stati riportati casi di cataratta congenita associati con Sindromi come la Sindrome di Lowe, la sindrome di Hallermann-Streiff-Francois, la sindrome di Nance-Horan, la sindrome di Walker-Warburg e numerose altre rarissime sindromi associate ad altri disordini sistemici. [9] Le cause non ereditarie sono traumi, ipossia intrauterina, malnutrizione in gravidanza (carenze vitaminiche), esposizione alle radiazioni o farmaci, e in modo particolare infezioni intrauterine come Rosolia, Herpes simplex virus, Toxoplasma Gondii, citomegalovirus, varicella. [10]

(12)

12

GENETICA

La cataratta congenita mostra una grande variabilità clinica e genetica. La maggior parte delle forme ereditarie è Autosomica Dominante, ma alcune cataratte sono ereditate secondo eredità Autosomica Recessiva, X-linked o perfino dal Dna mitocondriale. I pazienti affetti mostrano spesso cataratte bilaterali, simmetriche di variabile severità. Con i passi avanti fatti nella mappatura del genoma umano, nelle tecnologie di sequenziamento e nell’analisi del “linkage genetico”, un grande numero di cataratte ereditarie è stato collegato a mutazioni in geni codificanti proteine del cristallino, acquaporine, proteine del citoscheletro e geni regolatori dello sviluppo, funzione e omeostasi della lente. [11,12]

26 dei 39 loci mappati sono stati associati a mutazioni in specifici geni, che codificano nel 50% dei casi per α-crystallin, β-crystallin, γ-crystallin (proteine “chaperone-like” importanti per il mantenimento della trasparenza del cristallino), nell’altro 25% per connessine (proteine costituenti delle gap-junction), nel restante 25% per altre proteine quali “heat shock transcription factor-4” (HSF4), “aquaporin-0” (AQP0), “beaded filament structural protein-2” (BFSP2). [13]

Per fare alcuni esempi abbiamo:

- Mutazioni dei geni delle cristalline

Rappresentano più del 50% di tutte le forme Autosomiche dominanti. Le cristalline sono le strutture proteiche più presenti nella lente, arrivando a costituire più del 90% delle proteine solubili della lente. Le cristalline presentano numerose isoforme alfa,beta e gamma cristalline codificate da numerosi geni. Le mutazioni identificate riguardano geni come il CRYAA, CRYAB, CRYBB1 etc [14]

- Mutazioni delle proteine della membrana della lente

Le mutazioni delle connessine, componenti di canali intercellulari Gap-Junction, sono le seconde mutazioni più frequenti e compromettono il trofismo lenticolare che avviene nell’adulto tramite l’umor acqueo. Tra i geni mutati ritroviamo la GJA3, GJA8. Mutazioni dell’acquaporine come MIP (major intrinsic protein) che altera il trasporto di acqua e gioca un ruolo importante nell’adesione cellulare. [11]

(13)

13

una sottofamiglia delle tirosin kinasi che giocano un ruolo nella migrazione cellulare durante lo sviluppo della lente. [11]

- Mutazioni dei geni del citoscheletro

Anche mutazioni dei 3 tipi di filamenti contenuti nel’epitelio del cristallino possono determinare cataratta a causa del cambio di forma e grandezza delle cellule stesse. Tra i geni mutati ritroviamo il BFSPs (1,2,3) codificante per un filamento intermedio[15] oppure FYC01 codifca per impalcature di microtubuli attivi nel trasporto autofagico delle vescicole. [16]

(14)

14

Figura 3 tratta da: A nationwide Danish study of 1027 cases of congenital/infantile cataracts:

(15)

15

V.

CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA

La classificazione morfologica della cataratta congenita è quella che si basa sulla localizzazione e sulla forma delle opacità all’interno della lente. Le caratteristiche morfologiche della cataratta congenita sono importanti perché possono essere indicative dell’eziologia, della modalità di trasmissione e degli effetti sulla vista. [1]

I vari tipi di forma sono:

Cataratta zonulare: in cui solo una piccola area del cristallino risulta opaca.

 Opacità nucleari: le opacità sono confinate al nucleo embrionario o fetale del cristallino e possono essere dense o pulverulente e fini (simili alla polvere).  Opacità lamellari: interessano una particolare lamella del cristallino sia

anteriormente sia posteriormente e in alcuni casi sono associate ad un’estensione radiale, detta “a cavaliere”. Possono essere a trasmissione autosomica dominante e si presentano in modo isolato oppure in neonati affetti da malattie metaboliche e infezioni intrauterine.

 Opacità capsulare: le opacità interessano la zona esterna anteriore o posteriore.  Opacità suturale: Segue le suture anteriori e posteriori a Y. Si presenta isolata o

associata ad altre forme di opacità.

Cataratta polare: in cui l’opacità segue le suture posteriori o anteriori a Y. Si presente isolata o associata ad altre forme di opacità:

 Anteriore: può essere piatta oppure proiettarsi come un cono piramidale in camera anteriore. Nel primo caso le opacità sono centrali, di diametro inferiore a 3 mm, bilaterali in un terzo dei casi e senza ripercussioni funzionali. Le opacità piramidali sono spesso circondate da un’area di opacità corticale che contribuisce a ridurre l’acuità visiva. Talvolta la cataratta polare anteriore può risultare associata a persistenza della membrana pupillare, a lenticono anteriore, anomalia di Peters e aniridia

 Posteriore: si può associare a persistenza della membrana ialoidea, lenticono posteriore e persistenza del vitreo primario iperplastico.

(16)

16

Altri tipi

 Cataratta coronarica (sopranucleare): Così chiamata perché nella sua localizzazione corticale profonda circonda il nucleo come una corona; è solitamente sporadica e solo occasionalmente ereditaria.

 Opacità puntiformi bluastre (cataratta puntata cerulea) non compromettono la visione, sono comuni e possono associarsi ad altre forme di cataratta.

 Cataratta completa (matura) frequentemente bilaterale e spesso esordisce sotto forma di cataratta lamellare o nucleare.

 Cataratta membranosa E’ una forma rara in cui il materiale lenticolare riassorbito in parte o in toto lascia formazioni bianche come il gesso comprese tra la capsula anteriore e quella posteriore. [1]

Figura 4 tratta da: Nadeem S, Ayub M, Fawad H,

Congenital Cataract: Morphology and Management, Pak J Ophthalmol 2013, Vol. 29 No. 3

In figura 4 è riportata la percentuale di presentazione delle varianti morfologiche. La cataratta lamellare e quella totale sono entrambe presenti nel 25% dei casi. La cataratta puntata cerulea in un 6%, mentre le opacità nucleari, la cataratta posteriore subcapsulare e la forma suturale si attestano attorno al 4% ciascuna. Nel restante 28% dei casi è invece ritrovato una associazione tra le varie forme presenti.

(17)

17

Figura 5: Cataratta lamellare

Lang, Ophthalmology © 2000 Thieme

Figura 6: cataratta suturale

Lang, Ophthalmology © 2000 Thieme

Figura 7: cataratta polare posteriore

(18)

18

VI.

CLASSIFICAZIONE CLINICA

La classificazione clinica divide la cataratta congenita in base alla tipologia della sua presentazione.

1. CATARATTA NON ASSOCIATA A PATOLOGIE SISTEMICHE

I. cataratta ereditaria isolata

Rappresenta circa il 25% dei casi. La modalità di trasmissione è più frequentemente autosomica dominante, ma può essere anche autosomica recessiva o X-linked. I genitori e i discendenti presentano analogie nella morfologia delle opacità e spesso anche nell’indicazione alla chirurgia. [1]

2. CATARATTA ASSOCIATA A MALATTIE SISTEMICHE

Molte condizioni pediatriche sistemiche si possono associare alla presenza di cataratta congenita. La grande maggioranza di queste forme di cataratta fortunatamente è estremamente rara.

I. Metaboliche

1. Galattosemia: malattia a ereditarietà di tipo autosomica recessiva, è caratterizzata da una grave compromissione dell’utilizzo del galattosio causata dalla mancanza dell’enzima galattosio-1-fosfato uridiltransferasi (GUPT). Le manifestazioni sistemiche di questa grave patologia compaiono durante l’infanzia e includono deficit della crescita, letargia, vomito e diarrea. L’esame delle urine dopo assunzione di latte permette di identificare la sostanza riducente. L’eliminazione di latte e derivati dalla dieta consente di evitare l’insorgenza di epatosplenomegalia, insufficienza renale, anemia, sordità e handicap mentale. La patologia può condurre all’exitus se non vengono adottate le adeguate precauzioni. La cataratta si presenta come un’opacità “a goccia d’olio” centrale che si sviluppa nei primi giorni o nelle prime settimane di vita in un’ampia percentuale di pazienti. L’eliminazione del galattosio dalla dieta previene la progressione della cataratta e induce una regressione delle modificazioni iniziali del cristallino.[1]

(19)

19

2. Malattia di Fabry: malattia metabolica in cui è alterato il metabolismo dei glicosfingolipidi, a seguito di un difetto di attività dell’enzima lisosomiale alfa-galattosidasi per mutazione del gene GLA (Xq21.3-q22). La diminuzione dell'attività provoca l'accumulo di globotriaosilceramide (Gb3) all'interno dei lisosomi e quindi nei tessuti viscerali e nell’endotelio vascolare di tutto l’organismo con danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso centrale tali da compromettere qualità e aspettativa di vita. Gli accumuli di Gb3 possono causare cataratta subcapsulare, distribuendosi sia nel versante anteriore che posteriore della lente. [7, 17]

3. Sindrome di Lowe (oculo-cerebro-renale): si tratta di un errore congenito del metabolismo degli aminoacidi trasmesso con modalità X-linked. Le manifestazioni sistemiche includono l’handicap mentale, la sindrome di Fanconi (a carico del tubulo renale prossimale), l’ipotonia muscolare, la fronte prominente e gli occhi incavati. E’ una delle poche condizioni in cui cataratta e glaucoma congeniti posso coesistere. La cataratta è sempre presente: il cristallino, piccolo, sottile e simile a un disco (microfachia) può essere caratterizzato da lentiglobo posteriore. La cataratta può essere capsulare, lamellare, nucleare o totale. I soggetti di sesso femminile affetti da questa sindrome manifestano piccole lesioni corticali puntiformi, senza compromissione visiva. Il glaucoma congenito è presente nel 50% dei casi. [1]

3. Ulteriori disordini metabolici associati alla cataratta congenita sono l’ipoparatiroidismo, lo pseudoiperparatiroidismo, la mannosidasi, l’ipoglicemia e diabete.

II. Infezioni intrauterine

1. Rosolia congenita: si associa a cataratta nel 15% dei casi. Sebbene le opacità lenticolari (mono- o bilaterali) siano di solito presenti alla nascita, possono occasionalmente svilupparsi dopo molte settimane o mesi. Le opacità possono essere nucleari, di aspetto denso e perlato, oppure coinvolgere diffusamente tutto il cristallino. Il virus può persistere nella lente fino a 3 anni dopo la nascita. [17]

(20)

20

2.Altre infezioni intrauterine ma molto meno frequenti che possono associarsi alla cataratta sono la toxoplasmosi, la varicella, l’infezione da CMV e da HSV.

III. Anomalie cromosomiche

1.Sindrome di Down (trisomia21): La cataratta si presenta circa nel 5% dei pazienti; le opacità, di vario tipo, sono solitamente simmetriche e si manifestano nella tarda infanzia.

2.Altre anomalie cromosomiche associate alla cataratta sono la sindrome di Patau (trisomia 13) e la sindrome di Edwards (trisomia 18). [8,17]

IV. Sindromi scheletriche

1. Sindrome di Hallermann-Streiff-Francois: è un disturbo sporadico che si manifesta con cataratta di tipo membranoso, fronte prominente e naso adunco, calvizie, progerie, micrognazia e ipodonzia, bassa statura

2. Sindrome di Nance-Horan: è un disturbo legato al cromosoma X che si associa a opacità suturali del cristallino e lieve microftalmo. Le manifestazioni sistemiche includono orecchie prominenti, incisivi soprannumerari, accorciamento dei metacarpi e “pinnae” antiverse.[1]

Per completezza di informazioni riporto anche la Warburg Micro syndrome (WARBM) dato che a 2 pazienti dello studio è stata diagnostica questo tipo di condizione. Essa rappresenta una rarissima e geneticamente eterogenea sindrome autosomica recessiva. Dal punto di vista clinico si caratterizza per la presenza di anomalie oculari,

neurologiche e endocrinologiche.

Le principali caratteristiche cliniche infatti sono: cataratta congenita, microftalmia, microcornea, microcefalia con grave ritardo dello sviluppo, ipotonia, e ipogonadismo ipogonadotropo.

(21)

21

VII.

CLINICA

I bambini con cataratta congenita non sono in grado di comunicare verbalmente il loro deficit visivo. Spesso in passato questi bambini giungevano all’attenzione medica solamente quando i genitori si accorgevano di segni e comportamenti anomali dei propri bambini. Il classico esempio è quello del genitore che si accorgeva della presenza di un riflesso pupillare biancastro (leucocoria) o dell’assenza del classico riflesso rosso da una fotografia scattata al figlio. [18]

Nei primi anni di vita sono fortemente sospetti i seguenti segni e comportamenti:  leucocoria= riflesso pupillare bianco

 Strabismo: caratteristico del paziente con cataratta monoculare

 fenomeno oculo-digitale: il bambino preme il dito contro gli occhi perché questo può produrre giochi di luce che il bambino trova interessante.

 Il bambino piange quando l’occhio sano è coperto  Il bambino ha difficoltà a camminare o afferrare oggetti  Movimenti erratici dell’occhio

 Nistagmo (insorge intorno al 3° mese di vita nei casi di cataratta bilaterale) La diagnosi di cataratta congenita dovrebbe essere effettuata il più precocemente possibile senza aspettare la comparsa di reperti più tardivi. In questo senso è risultato di grande aiuto l’introduzione dello screening con “test del riflesso rosso” in tutti i nuovi nati, test che deve essere effettuato nei primi giorni di vita dal neonatologo o dal pediatra

[19]

Figure tratte da : Lang, Ophthalmology – a short textbook © 2000 Thieme

- Figura 8: A sinistra l’aspetto in fotografia di un bambino con cataratta congenita.

(22)

22

VIII.

ITER DIAGNOSTICO

1.

LO SCREENING

: test del riflesso rosso

Selezionare i bambini che hanno bisogno di una visita oftalmologica approfondita è il primo passo nell’iter diagnostico della cataratta congenita. Questo deve essere realizzato il più precocemente possibile, già a partire dai primi giorni di vita.

Nello visita di routine effettuata dal neonatologo o dal pediatra sono da prendere in considerazione i seguenti fattori:

1) un’anamnesi familiare positiva per cataratta congenita o per altre malattie che si associano a cataratta congenita;

2) basso peso alla nascita [20] 3) anomalie del riflesso rosso.

Il test del riflesso rosso è usato per valutare la trasparenza dei mezzi diottrici. Si esegue o puntando una fonte luminosa in ciascun occhio oppure con il test di Bruckner (con un oftalmoscopio diretto che illumina contemporaneamente le due pupille).

L’esaminatore deve andare ad indagare:

 se il riflesso rosso è presente in entrambi gli occhi e se i riflessi sono simmetrici nei due occhi = condizione normale

 la presenza di un riflesso bianco (leucocoria) = condizione patologica

 la qualita del riflesso: macchie nere nel riflesso rosso, riflesso marcatamente diminuito = condizione sospetta

Se anche una di queste condizioni risulta anomala il test risulta positivo ed il bambino dovrà effettuare un esame di secondo livello in oftalmologia pediatrica. [18]

Vari studi hanno confermato l’utilità dello screening del riflesso rosso. In un recente studio condotto in Umbria su 22.000 nati circa 500 sono risultati avere il test del riflesso rosso equivoco o positivo. Dopo esame visivo di III liv. sono stati accertati circa 3 casi di cataratta congenita.[21] E’ un metodo semplice ed economico di screening, che ha dato

notevoli risultati nella diagnosi precoce; è perciò stato introdotto nei LEA del 2015 un esame con oftalmoscopio alla ricerca del riflesso rosso anomalo in tutti i nuovi nati dopo la nascita. [22]

(23)

23

2. VISITA OCULISTICA

La visita oculistica ha due obiettivi principali: fare diagnosi di certezza e stabilire il grado di compromissione della vista. Gli esami necessari per confermare la diagnosi sono l’esame con lampada a fessura e l’oftalmoscopia binoculare indiretta per l’osservazione del fondo dell’occhio. [23] Al momento della diagnosi sulla base dello screening il paziente

avrà preferibilmente una età inferiore ai 3 mesi di vita, in questa fascia di pazienti la maggior parte delle informazioni più importanti derivano dall’esame obiettivo e dalla valutazione morfologica della cataratta.[1] Al fine di quantificare il difetto visivo dovuto alla cataratta, è importante valutare acuità visiva, densità dell’opacità, morfologia e patologie oculari associate:

1) Acuità Visiva: in età preverbale la misurazione dell’acuità visiva nei bambini si limita alla valutazione qualitativa dei movimenti di inseguimento, della fissazione o dalla fissazione preferenziale, attirando l’attenzione del bambino verso il viso dell’esaminatore o di un genitore. Per i bambini con un deficit visivo monolaterale l’occlusione alternata degli occhi è una tecnica utilizzata per giudicare il grado di resistenza opposto all’occlusione dell’occhio sano, così valutando la qualità visiva relativa in entrambi gli occhi.

2) Densità della cataratta all’oftalmoscopio. È possibile trovare:

a) Cataratta talmente densa da impedire la visualizzazione oltre la pupilla con qualsiasi strumento. Questa condizione richiede l’intervento chirurgico

b) Cataratta con densità minore, ma limitante dal punto di vista funzionale, che permetta la visualizzazione dei vasi retinici con l’oftalmoscopia indiretta, ma non con quella diretta. Le opacità centrali o posteriori di diametro superiore a 3 mm sono causa di un significativo deficit visivo.

c) Opacità non responsabile di deficit visivo, che permette una corretta visualizzazione dei vasi retinici tramite l’oftalmoscopio diretto e indiretto. Anche le opacità centrali di diametro inferiore a 3 mm e le opacità puntiformi o anteriori non si correlano a riduzione del visus. [1]

(24)

24

3) Morfologia: la biomicroscopia con lampada a fessura può fornire importanti indicazioni sull’eziologia della cataratta. Le più frequentemente riscontrate sono: a) Cataratta polare anteriore o posteriore (con estensione molto variabile)

b) Cataratta lenticolare: coinvolgono lo stroma del cristallino e esistono di forme differenti come la zonulare, nucleare, corticale, assiale suturale

c) Cataratta capsulare anteriore o posteriore (generalmente non gravi)

È importante sottolineare come la maggior parte dei tipi di cataratte, se non trattate, diventeranno in maniera graduale cataratte totali. [24]

4) Assenza di fissazione centrale: il nistagmo e lo strabismo sono condizioni indicative di grave deficit visivo. In particolare il nistagmo è correlato ad una prognosi visiva infausta.

5) Patologie oculari associate del segmento anteriore (opacità corneali, microftalmo, glaucoma, persistenza del vitreo primario iperplastistico) o posteriore (corioretinite, ipoplasia della fovea o di nervo ottico etc.). [1]

La scarsa visualizzazione del fundus fornisce importanti dati sulla significatività clinica, in termini di riduzione della capacita visiva. Inoltre alterazioni oculari quali strabismo e nistagmo suggeriscono una scarsa capacità visiva. [25]

3. INDAGINI SISTEMICHE

Sebbene la componente idiopatica ed ereditaria della patologia sia predominante è corretto effettuare ulteriori indagini nei bambini con cataratta bilaterale:

1) Esami sierologici per le infezioni intrauterine (TORCH = toxoplasmosi, rosolia, cytomegalovirus, herpes simplex) oppure la ricerca degli anticorpi anti Varicella-zoster virus.

2) Esame dell’ urine: permette di evidenziare diagnosticare la galattosemia, o la sindrome di Lowe

3) Altre indagini quali glicemia, calciemia e fosfema, valutazione dell’attività della GPUT eritrocitaria e della galattochinasi

4) Aspetti dismorfici o eventuali patologie sistemiche che il pediatra possa correlare a sindromi indagabili con l’analisi cromosomica. [1]

(25)

25

IX.

TRATTAMENTO

La gestione delle cataratte pediatriche è di gran lunga più complessa di quella degli adulti. Si avvale di un intervento chirurgico effettuato, quando possibile, nei primi giorni/primi mesi di vita e una successiva riabilitazione visiva protratta fino al 7°-8° anno di vita. La tempestività della chirurgia, la scelta della correzione post-chirurgica, il controllo dell’ambliopia, e la riabilitazione neuro-psico-sensoriale sono di fondamentale importanza per ottenere dei risultati buoni e duraturi anche una volta adulti.

Selezione dei pazienti da operare

Non tutti i pazienti che giungono all’attenzione dell’oculista richiedono l’intervento chirurgico: bambini con opacità disomogenee e subcliniche non sempre richiedono un approccio chirurgico precoce, ma necessitano comunque di uno stretto follow-up. È invece sicuramente indicata la chirurgia in quei pazienti che presentano opacità sull’asse visivo maggiori di 3 mm (visibili con pupilla non dilatata), le cataratte posteriori e le cataratte omogeneamente dense, dato che sono tutte lesioni associate a riduzione visiva maggiore. [28]

“Timing” dell’intervento

Il timing dell’intervento chirurgico attualmente è oggetto di un intenso dibattito scientifico. Il punto saliente è il raggiungimento del giusto equilibrio tra un intervento chirurgico precoce, che permette un migliore “outcome” visivo e lo sviluppo di complicanze post-operatorie che invece sono legate alla precocità stessa dell’intervento chirurgico[29]. Nel dettaglio il rispetto dei tempi chirurgici è motivato dagli esiti che produce la deprivazione visiva sulla stabilità oculare e sulla visione, in particolare sullo sviluppo di nistagmo e strabismo. [28]

Il timing dell’intervento tiene conto di molti fattori come età, lateralità, morfologia della cataratta nonché delle comorbidità oculari o sistemiche. Nonostante non ci sia ancora una concordanza univoca, l’opinione più condivisa è che, al fine di ottenere il miglior risultato clinico, la cataratta bilaterale densa vada operata entro i 2-3 mesi di vita mentre la cataratta monolaterale densa debba essere operata il più precocemente possibile entro 1-2 mesi di vita.[25,30,31]

(26)

26

Riassumendo possiamo quindi affermare:

 La presenza di una cataratta avanzata bilaterale necessita di un intervento precoce (entro le prime 6 settimane) per scongiurare il rischio di ambliopia da deprivazione e in caso di asimmetria nella gravità del difetto va data precedenza all’occhio peggiore.

 Se le opacità sono bilaterali ma parziali (le opacità sono disomogenee e subcliniche) può essere evitato l’intervento e adottato un comportamento attendistico con monitoraggio dell’evoluzione dell’opacità che possono essere eventualmente trattate in seguito.

 Nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una cataratta avanzata monolaterale è necessario l’intervento chirurgico urgente (prime settimane) seguito da un trattamento anti-ambliopico aggressivo, nonostante i risultati funzionali siano peggiori. L’intervento è inutile se la cataratta è diagnosticata dopo le 16 settimane di vita, poiché l’ambliopia risulterebbe refrattaria al trattamento.

 In presenza di cataratta parziale monolaterale, di tipo peri-centrale o inferiore ai 3 mm di diametro, che non influenza in modo significativo la visione, si può adottare un trattamento non chirurgico che prevede la dilatazione pupillare con Fenilefrina e l’occlusione dell’occhio controlaterale. [1]

(27)

27

1. TECNICA CHIRURGICA

La chirurgia della cataratta ha subito una vera e propria rivoluzione nel corso degli ultimi 20 anni, grazie al contributo dato dalla ricerca, dai chirurghi e dallo sviluppo di apparecchiature e materiali dedicati (suture , viscoelastici, cristallini artificiali): dalla vecchia estrazione intracapsulare (estrazione di tutto il cristallino compreso il suo sottile involucro, la capsula) si è passati a quella extracapsulare (rimozione del contenuto del cristallino mantenendo in sede la parte posteriore della capsula). Questo importante cambiamento è stato imposto dall’esigenza di trovare un supporto per il cristallino artificiale (IOL) il più vicino possibile alla sua sede naturale. [32]

Tuttavia l’estrazione extracapsulare richiedeva l’esecuzione di un taglio grande (circa 9-10 mm), responsabile di un indebolimento dell’occhio e di un astigmatismo post-operatorio elevato, che costringeva all’uso di lenti spesso mal tollerato dai pazienti e ancor più problematico nei bambini. Il passaggio successivo è stato quindi tentare di ridurre il più possibile l’ampiezza del taglio, cercando di frammentare all’interno dell’occhio il cristallino e di estrarne i piccoli pezzi da una piccola apertura, dapprima con l’aiuto di strumenti appositi (faco-frammentazione manuale); ma la svolta fondamentale è stata data dalla ideazione del facoemulsificatore, una apparecchiatura ad ultrasuoni in grado di frammentare ed aspirare il cristallino da una piccola apertura. L’evoluzione delle tecniche di facoemulsificazione consente oggi di eseguire l’intervento attraverso un taglio di poco più di 1 mm. Parallelamente è stato necessario riprogettare i cristallini artificiali, passando da lenti rigide, che richiedevano un taglio di 5-6 mm a lenti pieghevoli iniettabili attraverso un’apertura di poco più di 1 mm. Per ultimo ma non meno importante è diminuito anche il disagio per il paziente (anziano), permettendo il recupero di una soddisfacente acutezza visiva nell’arco di alcune ore (al massimo qualche giorno), di mantenere l’occhio sbendato, di ridurre l’incidenza di infezioni post-operatorie, di poter svolgere l’intervento ambulatorialmente o in “day-surgery”, di limitare la terapia a semplici colliri; tutto questo evita di condizionare significativamente le attività dell’operato. Per la rimozione della cataratta nei bambini esistono due principali accessi che sono uno attraverso la pars plana e l’altro è l’approccio limbare. Nel tempo ha prevalso l’approccio limbare, in quanto quest’ultimo consente una migliore preservazione del sacco capsulare, al fine del posizionamento della lente al suo interno. [32]

(28)

28

Gli occhi dei bambini sono più piccoli e i loro tessuti sono molto più morbidi, la risposta infiammatoria all’insulto chirurgico sembra essere più marcata, per cui per ottenere dei risultati ottimali sono necessari alcuni adattamenti e modificazioni della tecnica operatoria tipica dell’adulto. [3,24,26,27]

Riepilogo tecnica chirurgica nei bambini

1. Anestesia profonda eseguita da un anestesista esperto

2. Tunnel sclerale: Ingresso in camera anteriore con un bisturi e riempimento di camera anteriore con materiale viscoelastico

3. Capsuloressi circolare anteriore

4. Aspirazione con vitrectomo (o una cannula Simcoe) del materiale nel sacco capsulare

5. Capsuloressi posteriore di 4 mm di diametro 6. Vitrectomia anteriore

[nei bambini con più di 2 anni, la capsuloressi posteriore e la vitrectomia anteriore viene eseguita a discrezione del chirurgo]

7. Impianto di IOL (10,5-12mm) nel sacco capsulare, quando possibile. 8. Aspirazione completa della sostanza viscoelastica

9. Il tunnel viene chiuso con una idro-sutura dell’accesso corneale o con un punto di sutura corneo-congiuntivale

Talvolta è necessario eseguire una escissione di materiale lenticolare spesso o di placche lenticolari con forbici o pinze dedicate negli occhi affetti da persistenza di vitreo primario iperplastico.

Nel post-operatorio vengono utilizzati colliri costituiti da una combinazione di antibiotici, di corticosteroidi e un agente midriatico; nelle tre settimane successive i colliri vengono progressivamente ridotti.

Figrura 10 tratta da: Lang,

Ophthalmology – a short textbook ©

(29)

29

Figura 11. Facoemulsificazione a quattro quadranti:

a) Incisione corneale; b) Capsuloressi; c) Idrodissezione;

d) Creazione del solco nel nucleo; e) Rottura del nucleo;

(30)

30

Figura 12. Completamento della facoemulsificazione:

a) Il materiale della lente corticale viene spinto centralmente e aspirato; b) Iniezione del materiale viscoelastico nel sacco capsulare;

c) Allargamento dell'incisione;

d) L'iniettore caricato con la IOL viene inserito attraverso l’incisione; e) Introduzione della IOL;

(31)

31

2. LA SCELTA DELLA CORREZIONE POST-INTERVENTO

Al completamento dell’intervento chirurgico il cristallino naturale è stato rimosso. In questa situazione si prospettano due possibilità:

a) lasciare il paziente afachico (privo di cristallino naturale) e correggere il difetto di rifrazione con Occhiali e Lenti a Contatto.

b) rendere il paziente pseudo-fachico impiantando delle lenti artificiali intraoculari, identificate con l’acronimo IOL (Intra-Ocular Lenses)

La tempistica e il tipo di correzione rimane ancora controversa e materia attuale di studio e discussione. Anche se la scelta avviene a discrezione del chirurgo, la soluzione più utilizzata è quello dell’utilizzo delle IOL.

L’impianto della IOL può essere primario ovvero nella stessa seduta dell’aspirazione della cataratta oppure secondario, cioè a distanza dalla chirurgia che rende afachico il paziente. [36] La prassi comunque è quella di impiantare la IOL primariamente, nonostante

sia necessario associare lenti a contatto o occhiali per compensare l’ipercorrezione e ridurre il rischio di ambliopia. L’altra possibilità è quella di utilizzare delle Lenti a contatto per garantire l’adeguato stato refrattivo iniziale e solo raggiunti i 3 anni di età impiantare secondariamente la IOL. [38]

Questo tipo di scelta è influenzata soprattutto dalla lateralità del difetto: infatti se nei piccoli operati di cataratta congenita monolaterale è da preferire l’impianto primario, nei casi operati bilateralmente e simultaneamente, si preferisce l’impianto secondario dopo i 3 anni di età. [36, 37,38]

Vediamo nel dettagli alcuni mezzi di correzione:

Occhiali

Gli occhiali per afachici permettono una correzione soddisfacente solo nei casi di afachia bilaterale; la maggior parte di questi pazienti sviluppa una buona acuità visiva, soprattutto se trattati con la riabilitazione visiva. Lo svantaggio principale degli occhiali è la scarsa qualità delle immagini che si formano sulla retina. Nello specifico ciò dipende dal fatto che sono lenti con un potere diottrico positivo elevato, il quale comporta importanti aberrazioni sferiche. La sfocatura delle immagini proiettate sulla retina risulterà quindi maggiore rispetto a quella prodotta dalle IOL e dalle LAC[1,3,26]

(32)

32

Lenti a contatto (LAC)

Esse forniscono una correzione ottica migliore rispetto agli occhiali e il loro potere diottrico può essere facilmente regolato durante lo sviluppo. Allo stesso tempo l’utilizzo di LAC può essere molto difficoltoso e costoso nei bambini: si possono avere infatti perdita delle lenti e infezioni ricorrenti. La maggior parte degli oftalmologi predilige comunque le LAC o la IOL all’uso degli occhiali. [3,26,27,33,34]

Lenti intraoculari (IOL)

L’impianto di una IOL in un occhio che si sta sviluppando seppur non sia una scelta ottimale, rappresenta quella più pratica e la più utilizzata. L’obiettivo delle IOL, al contrario delle lenti a contatto e degli occhiali, è quello di correggere in maniera permanente l’afachia. Esse tuttavia non risolvono in maniera esaustiva il difetto refrattivo. L’errore refrattivo restante deve essere corretto utilizzando occhiali o LAC che possono essere modificati facilmente durante la crescita del bambino.

Gli aspetti positivi che la rendono superiore all’utilizzo di occhiali e LAC sono una migliore qualità della visione e una correzione di base continuativa e indipendente dalla “compliance del paziente” alla terapia.

Lo svantaggio principale è rappresentato dalla possibilità che si sviluppino, in seguito al trattamento, delle complicanze post-chirurgiche. Tra le principali complicanze ritroviamo aumento della pressione intraoculare, edema corneale, opacizzazione della capsula posteriore e incarcemento dell’iride nella ferita. [ 26,27, 33, 34]

La lente intraoculare è formata dall’ottica (l’elemento refrattivo centrale) e dalle aptiche, prolungamenti che sono in contatto con le strutture oculari (sacco capsulare, solco ciliare, angolo camerulare) e permettono il centraggio cioè la stabilizzazione ottimale dell’ottica. Vengono posizionate attraverso l’utilizzo di una pinza oppure caricate in un iniettore o in un dispositivo dedicato. [35]

L’impianto di IOL in camera posteriore rappresenta il miglior metodo per la correzione dell’afachia in adulti e bambini. La moderna chirurgia della cataratta, che garantisce la conservazione del sacco capsulare, consente di posizionare la lente nella sua corretta collocazione, nel sacco capsulare. Tuttavia in caso di interventi complicati da rottura della capsula posteriore, la lente deve essere collocata in una posizione alternativa, sempre in camera posteriore, ma con le aptiche nel solco ciliare oppure in camera anteriore con le aptiche appoggiate nell’angolo camerulare.[1]

(33)

33

Tipi di lenti

La tipologia delle lenti è numerosa e in continua evoluzione.

1. IOL rigide: Sono composte interamente da PMMA (polimetilmetacrilato) e richiedono, per l’inserimento, un’incisione più larga del diametro dell’ottica. Risultano ancora utilizzate nei Paesi in via di sviluppo, in cui sono più economiche e di facile reperibilità. [1]

2. IOL pieghevoli: possono essere piegate e quindi inserite attraverso un’incisione più piccola.:

a) IOL in silicone. Sono correlate ad una minore incidenza di opacità della capsula posteriore rispetto alle PMMA. Sono meno frequentemente associate a contrazione della camera anteriore rispetto alle IOL acriliche.

i) Ne esistono di due tipi a) a tre pezzi con aptiche ad ansa b) monopezzo con le aptiche piatte.

b) IOL acriliche: analogamente a quelle in silicone esistono in tre pezzi e monopezzo, possono essere idrofobiche (contenuto in acqua <1%) o idrofiliche (contenuto in acqua 18-35%).

i) IOL acrile idrofobiche sono utilizzate nel 93% degli interventi di cataratta congenita. Infatti i materiali idrofobici possiedono un indice refrattivo molto più alto rispetto alle lenti idrofile e che quindi sono più sottili. Alcune IOL acriliche idrofobiche inibiscono l’opacizzazione della capsula posteriore.

c) IOL in hydrogel: sono simili alle lenti acriliche idrofiliche, ma hanno un contenuto d’acqua elevato (38%) e una maggiore incidenza di opacizzazione della capsula posteriore. [1]

3. IOL multifocali: consentono la visione da vicino e da lontano. In passato

venivano utilizzate solo negli adulti mentre adesso sono la terapia di elezione nel bambino con cataratta congenita.

(34)

34

Figura 13 : Esempio di Lenti per afachici

Figura 14. Differenti tipologie di IOL

(35)

35

3. SCELTA DELLA IOL

Prima di procedere all’impianto della lente è necessario decidere:

A) potere rifrattivo: La IOL ha un potere refrattivo fisso, che non varia nel tempo e che non segue la variazione fisiologica che si ha nel corso dello sviluppo oculare; questo rappresenta la problematica principale nella scelta del potere refrattivo della lente da impiantare.

I bambini alla nascita risultano ipermetropi, nel tempo si verifica un processo di progressiva “emmetropizzazione”. Ciò accade perché di pari passo con lo sviluppo corporeo generale si verifica una crescita oculare, che porta ad un aumento della lunghezza assiale del bulbo oculare. Questo ha come conseguenza una riduzione progressiva del potere rifrattivo del cristallino che passa dalle 34,4 alle 18,8D attorno all’ottavo anno di vita.[39]

Per evitare di dover sostituire la IOL con una di minor potere per adeguarla al nuovo stato refrattivo raggiunto al completamento dello sviluppo, è consigliabile impiantare una IOL ipocorretta, cosicchè a crescita terminata i bambini siano emmetropi o lievemente miopi. [40] Per la scelta del potere diottrico della IOL ci

basiamo sia sull’età del bambino che sui dati della biometria (lunghezza assiale). Generalmente il potere diottrico della IOL dovrebbere essere l’80-90% del potere diottrico necessario per essere emmetropi al momento della chirurgia. [42]

B) diametro del piatto: Le IOL pediatriche non devono superare i 12 mm di diametro totale, in quanto il diametro medio del corpo ciliare nel bambino supera raramente gli 11 mm.

Il calcolo del diametro esatto si basa principalmente dalla sede di impianto, cioè se la IOL verrà impiantata nel sacco capsulare o nel solco ciliare.

C) tipologia di lente: Per quanto riguarda la tipologia di lente, possiamo scegliere lenti monofocali o multifocali. La lente multifocale è di gran lunga la più utilizzata.

NB: La rimozione del cristallino provoca la perdita della capacità di accomodazione. Attualmente il problema si è molto ridimensionato grazie all’impianto di IOL multifocali che non generano questo tipo di problema. Con l’utilizzo invece di IOL monofocali, la perdita di accomodazione rimane e deve essere corretta tramite l’utilizzo di lenti bifocali o multifocali a partire dal terzo anno di vita.[32]

(36)

36

4. RIABILITAZIONE VISIVA E GESTIONE DELL’AMBLIOPIA

La gestione dell’ambliopia rappresenta una parte integrante fondamentale del trattamento della cataratta congenita.

Il deficit visivo presente in uno o entrambi gli occhi di un paziente affetto da cataratta congenita risulterà tanto più importante quanto più precoce, duraturo e forte sarà il mancato stimolo neurosensoriale (ambliopia da deprivazione) afferente alle vie nervose e alle aree del cervello deputate alla processazione dello stimolo visivo.

Per tale motivo la terapia riabilitativa deve essere iniziata subito dopo la chirurgia e deve essere continuata per gran parte dell’infanzia.

I casi di cataratta monolaterale sono più difficili da gestire ed hanno un prognosi nettamente peggiore, in quanto l’occhio “pigro” è notevolmente più svantaggiato rispetto all’occhio sano, che sarà sfruttato preferenzialmente dal bambino. Nei casi bilaterali invece entrambi gli occhi hanno verosimilmente un simile livello di deficit visivo, per cui con una corretta gestione riabilitativa si possono frequentemente raggiungere anche i 10/10 di acuità visiva in entrambi gli occhi.

Il trattamento riabilitativo si basa su una azione di penalizzazione, ossia riduzione della visione dell’occhio sano per stimolare al massimo l’utilizzo dell’occhio con il deficit visivo. La penalizzazione può essere fatta con:

• Bendaggio ovvero applicazione sull’occhio sano di un cerotto/benda che impedisca completamente la visione.

• Mezzi ottici (occhiali con lenti di gradazione particolare) o filtri opachi da posizionare sugli occhiali stessi

(37)

37

La tecnica più utilizzata è quella del bendaggio che consiste nell’occlusione continua dell’occhio sano – 1 giorno per ogni mese di età del paziente: un neonato di 3 mesi fa una occlusione per 3 giorni consecutivi ad esempio, uno di 4 mesi per 4 giorni e così via. In seguito l’occlusione viene progressivamente ridotta fino ad arrivare a metà delle ore in cui il paziente è sveglio.

In caso di difetto monolaterale si procede con un bendaggio monolaterale dell’occhio sano mentre il bendaggio è alternato nei due occhi in caso di cataratta bilaterale [43,44] Durante il periodo di occlusione sarà necessario lo stretto controllo specialistico che sarà effettuato dall’oculistica e dall’ortottista in modi e tempi differenti per ogni bambino e per ogni grado di ambliopia. Il regime di occlusione viene modificato in base ai miglioramenti che vengono attestati duranti i vari controlli.

I pazienti pseudo-fachici unilaterlalmente devono continuare a portare una benda fino ai 6 anni di età; successivamente, il tempo viene gradualmente ridotto e regolato rispetto all’acuità visiva ottenuta. In ogni caso non bisognerebbe terminare prima dei 7-8 anni. [44]

I casi di pseudo-fachia bilaterale, nonostante la migliore prognosi, dovrebbero essere monitorati strettamente per trattare l’ambliopia relativa. [45]

La scarsa “compliance” con il regime occlusivo è il singolo più forte fattore associato a ridotta acuità visiva nei casi bilaterali e ancor più negli unilaterali, suggerendo l’importanza della cura e l’aderenza che i genitori devono tenere nei confronti della terapia riabilitativa. [46,47,48]

Nel caso di scarsa “compliance”, come terapia di seconda scelta si prende in considerazione la terapia farmacologica con atropina. La dilatazione della pupilla provocata dall’atropina determina una sfocatura dell’immagine sufficiente a ridurre il vantaggio dell’occhio dominante rispetto all’occhio ambliope.[43]

(38)

38

Fig 15. Terapia di bendaggio monolaterale

Fig 16. Riabilitazione neuro-psico-sensoriale: Gioco delle coppie - Forme

(39)

39

5. COMPLICANZE E FOLLOW-UP POST-OPERATORIO

Grazie alle moderne tecniche chirurgiche mini-invasive gli effetti collaterali della chirurgia si sono notevolmente ridotti. Le complicanze che si possono sviluppare in seguito alla rimozione del cristallino e al posizionamento della IOL possono essere divise in base al tempo di presentazione in:

a) complicanze post-operatorie immediate:

- aumento della pressione intraoculare (ipertono) - edema corneale

- l’uveite plastica anteriore

- l’incarceramento dell’iride nella ferita - l’endoftalmite.

b) complicanze tardive:

- formazione di membrane secondarie fibrose - opacizzazione della capsula posteriore - dislocazione della IOL

- glaucoma - irite cronica - distacco di retina

Un attento follow-up dei bambini operati è essenziale per il riconoscimento precoce di eventuali complicanze post-operatorie.In generale i bambini afachici e pseudoafachici sono da seguire per tutta l’infanzia e preferibilmente per tutta la vita, questo perché l’incidenza di complicanze dopo estrazione di cataratta è maggiore nei bambini rispetto agli adulti. [18] Dal momento che il periodo più critico è quello più vicino all’operazione chirurgica il protocollo della sorveglianza prevede nuove visite: dopo 1 giorno, dopo 1 settimana, dopo 1 mese, dopo 3 mesi, infine ogni 6 mesi. Nel caso in cui il bambino risulti non essere collaborante, la visita può essere effettuata in narcosi. [32]

(40)

40

Il glaucoma è la complicanza più frequentemente associata all’intervento chirurgico e si verifica nel 20-30% dei casi. Nell’immediato periodo post-operatorio si può sviluppare in occhi con microftalmo un glaucoma ad angolo chiuso per il blocco pupillare secondario. Il glaucoma secondario ad angolo aperto si può sviluppare anche a distanza di anni dall’intervento, per questo la pressione intraoculare va misurata per molti anni in successivamente all’intervento chirurgico.

L’opacizzazione della capsula posteriore è una complicanza significativa nei bambini poiché può ridurre il recupero visivo. È una condizione pressoché inevitabile nel momento in cui non venga eseguita la capsuloressi posteriore. L’opacizzazione della ialoide anteriore può essere evitata associando la vitrectomia anteriore alla capsulotomia posteriore.

La formazione di membrane secondarie fibrose avviene in sede pupillare. E’ una eventualità favorita dal microftalmo ma può presentarsi anche nell’occhio normale affetto da uveite cronica associata o meno all’intervento chirurgico. Le membrane se sottili possono essere trattate con YAG laser, altrimenti se hanno uno spessore maggiore è richiesto l’approccio chirurgico.

(41)

41

(42)

42

X. OBIETTIVO

Questo studio osservazionale retrospettivo si propone di valutare gli effettivi benefici in termini di Acutezza Visiva (AV) in un gruppo di pazienti pediatrici trattati nell’Azienda Ospedaliero-Univesitaria Pisana dal 2000 al 2017. Tutti i pazienti hanno beneficiato dei migliori trattamenti chirurgico-riabilitativi disponibili, individuali e personalizzati per le specifiche del paziente. A tal fine i bambini sono stati inseriti in un percorso di follow-up di almeno 7 anni. Tutto ciò è avvenuto in maniera tale da stabilire se e quanto sia un obiettivo realistico, quello di far raggiungere ai pazienti affetti da cataratta congenita, una Acuità Visiva compatibile con un buona qualità di vita. Questo intento viene perseguito analizzando un parametro importante e facilmente misurabile e comunicabile come l’acutezza visiva espressa in decimi nei pazienti selezionati.

(43)

43

XI. MATERIALI E METODI

Selezione dei Pazienti

Tutte le informazioni sono state ricavate dall'archivio di un ambulatorio del reparto di Oculistica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e tutti i dati sensibili sono stai trattati secondo l'attuale normativa sulla privacy.

Attraverso il database sono stati in primo luogo selezionati tutti i casi di cataratta congenita registrati a partire dal 2000 fino al 2017.

I principali criteri di inclusione sono i seguenti:

1. cataratta totale o opacità assiali lenticolari superiori a 5mm in corrispondenza dell’asse visivo

2. lensectomia extracapsulare con/senza vitrectomia anteriore e con/senza impianto di lente intraoculare

3. precoce correzione ottica post-chirurgica per l’occhio afachico/pseudo-fachico 4. bendaggio post-chirurgico nei casi bilaterali e monolaterali

5. follow-up post-chirurgico fino al raggiungimento del 7-8° anno di vita

Al fine di valutare il quadro complessivo sono stati inclusi i pazienti che rientravano nei criteri di inclusione indipendentemente dal tipo di trattamento terapeutico eseguito. Ovvero sono stati inclusi sia quei pazienti che sono andati incontro a intervento chirurgico che coloro che hanno beneficiato della sola terapia riabilitativa.

Nei casi non trattati chirurgicamente a Pisa, ai parenti è stato richiesto di portare i bambini per ulteriori accertamenti assieme a tutta la documentazione, se non è stato possibile sono stati esclusi.

Quei pazienti con severe malformazioni sistemiche e/o ritardo mentale, i pazienti incapaci di rispondere ai test di determinazione dell’acuità visiva, i non collaboranti e chi non ha completato le visite per il follow-up della riabilitazione visiva sono state escluse.

(44)

44

Valutazione clinica e follow-up

Il programma di follow-up è stato deciso su misura e in maniera personalizzata per ciascun paziente; nel complesso dei casi presi nello studio, il follow-up è terminato entro il decimo anno di vita. I pazienti inclusi nello studio sono stati valutati attraverso visite oculistiche seriali volte a registrare nuove comorbidità, visus, eventuali complicanze dell’intervento chirurgico, oltre ai risultati della riabilitazione visiva.

I dati raccolti per ciascun paziente possono essere così riassunti:  diagnosi primaria e comorbidità

 acutezza visiva iniziale e finale (BCVA)

 età di rimozione della cataratta (quando effettuata)  serie complicazioni post-chirurgiche

 sviluppo di strabismo e nistagmo  periodo di follow-up

Acutezza visiva

L’acutezza visiva è l’abilità dell’occhio di risolvere e percepire i dettagli di un oggetto; è altresì la capacità dell’occhio di distinguere due punti distinti, data dall’angolo minimo sotto cui devono essere visti perché l’occhio li percepisca separatamente. Secondo la definizione di Snellen è “la capacità di riconoscere una lettera dell’ottotipo quando un suo dettaglio sottende un angolo di 1 minuto d'arco”. Ciò equivale nelle varie unità di misura a 20/20 (Snellen), 6/6 (Snellen), 10/10 (Monoyer), 1.0 (decimale) o 0.0 logMAR. Alla nascita i bambini presentano una acuità visiva approssimabile a 1/20, il raggiungimento della acuità visiva massimale di 10/10 avviene mediamente solo al 5° anno di vita.

Per la misurazione dell’acuità visiva esistono vari metodi. In ogni misurazione dell’acutezza visiva viene valutata la risposta del soggetto e le descrizioni fatte dall’ individuo delle sue sensazioni. Questi metodi risultano piuttosto semplici nel paziente adulto che garantisce una collaborazione attiva. Nel paziente pediatrico una risposta chiara e oggettivabile risulta tanto più difficile quanto più piccolo è il bambino.

(45)

45

Nei casi in cui la collaborazione del bambino è assente o insufficiente, l’acutezza visiva può essere misurata utilizzando altri tipi di risposte con test valutabili oggettivamente. [53]

I metodi per valutare l’acutezza visiva possono essere suddivisi in:

1) Metodi soggettivi: In questi metodi vengono impiegati degli ottotipi, rappresentazioni grafiche di lettere o simboli. Quelli maggiormente usati sono le tabelle di Snellen, le E di Albini e le C di Landolt. (Sheeley, 2014).

2) Metodi obiettivi: sono quei test che possono essere applicati in soggetti non collaboranti o in pazienti in età preverbale: sono ad esempio il nistagmo optocinetico, i potenziali evocati visivi, la direzione preferenziale di sguardo .

I Test per la misurazione dell’acuità visiva in infanti possono essere suddivisi in base alle fasce di età in cui vengono utilizzati.

I test usati per valutare l’acutezza visiva nei neonati sono:

 Nistagmo optocinetico: Viene utilizzato un tamburo rotante a strisce verticali bianche e nere che viene ruotato a sinistra e a destra. Lo stimolo viene presentato in un’area extrafoveale e il soggetto compirà un movimento saccadico per portare l’immagine dell’oggetto sulla fovea. La presenza del movimento dà un’indicazione sul visus del soggetto. Una indicazione sull’acutezza visiva può essere data anche dalla frequenza spaziale del reticolo presentato.

 Potenziali evocati visivi: sono rappresentati da variazioni elettriche di potenziali registrabili dall’attività elettro-encefalica alla presentazione di stimoli visivi. Questi testano comunque esclusivamente la percezione dello stimolo luminoso.  Direzione preferenziale di sguardo: è valutato tramite un test comportamentale

basato sulle osservazioni di Fantz secondo cui un neonato, tra due stimoli vicini, preferisce guardare lo stimolo strutturato con righe verticali. Si propone al neonato un cartello con uno stimolo bianco da un lato e uno a barre bianco/nere sull’altro. La ripetuta osservazione dello stimolo strutturato dimostra che il soggetto vede lo stimolo. La progressiva riduzione della frequenza spaziale tra le barre consente di quantificare la capacità di risoluzione del bambino (Teller acuity cards).

(46)

46

Nei bambini con età compresa tra 1 e 2 anni, non ancora in grado di instaurare un dialogo, l’esaminatore per confrontare il valore di acutezza dei due occhi utilizzerà:

 Bock Candy Test: è un test di prova utilizzato per capire se il bambino possa percepire o meno lo stimolo presentato. Si invita il bambino a raccogliere con le mani le caramelle poste sul nostro palmo della mano. Non si possono paragonare i risultati ottenuti con questo test con i risultati di altri test, ma rimane un buon punto di partenza per capire se il piccolo sia in grado di rispondere alle nostre richieste.

Nei bambini con 2-3 anni di età utilizzeremo:

 New York Lighthouse Flashcard test/LEA hyvarinen test: le immagini utilizzate sono una mela, una casa e un ombrello. Le immagini sono stampate su cartoncini aventi sette diverse dimensioni. Progettato per bambini che non sono in grado di rispondere a domande complesse, come il riconoscimento di lettere.

 Ffooks Symbol test: costituito da 3 immagini di uso comune (quadrato, cerchio e triangolo) che vengono presentate attraverso un libro con 2 o 4 immagini per pagina. Il bambino ha in mano il test guida e deve indicare ciò che vede. Il libro ha 8 pagine e vanno presentate immagini di dimensioni sempre minori, fino al momento in cui il bambino non è più in grado di vederle.

Per i bambini all’età di 4 anni utilizzeremo invece:

 Allen Picture Cards: viene somministrato a bambini che non sono in grado di riconoscere le lettere o il loro orientamento. Su dei cartoncini bianchi sono raffigurate immagini comuni all’occhio del bambino (sole, pesce, ombrello etc). Nel caso in cui il bambino non sia in grado di parlare possiamo valutare il visus per confronto, facendoci indicare l’oggetto corrispondente a quello che indichiamo. Esso permette di valutare l’acuità visiva in settimi.

Riferimenti

Documenti correlati

La quantità più elevata di errori non individuati è invece da attribuire alla revisione effettuata immediatamente dopo la stesura del testo, così come per gli errori individuati

INIZIO DEI LAVORI PREPARAZIONE DEL CORSO DI FORMAZIONE STESURA DEFINITIVA ALGORITMI LIVELLO A STRUTTURAZIONE DEFINITIVA DEL CORSO DI LIVELLO A PRIMI CORSI PER LIVELLO A... Istituita

Alla fine del follow-up, la terapia medica è risultata efficace in 3 dei 6 pazienti sintomatici e in 3 dei 17 asintomatici, sia in termini di risoluzione ecografica (calcoli non

Raccolta prospettica di dati riguardanti le caratteristiche demografiche dei pazienti sottoposti a videocapsula, il tipo di malattia (Colite Ulcerosa, Morbo di Crohn,

Un esempio reale in cui può essere fatta questa scelta per il coeciente di diusione è il caso di una modellizzazione della temperatura in un materiale omogeneo come una sbarra

Inizialmente le mirror therapy hanno mostrato la loro efficacia nel trattamento dei pazienti con arto fantasma che accusavano dolore ad un arto che di fatto non avevano più

As per fruit average was considered, the sensor showed that full sunlight exposed and partial shade kiwifruits possessed a higher content of chlorophyll than shaded kiwifruits

11912 - Corte di Cassazione - sezione II penale - reato di ricettazione contestato a soggetti apicali in seno all’ente - coinvolgimento di un gruppo criminale organizzato