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Interventi per promuovere le abilità grosso-motorie nel Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria: revisione della letteratura

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Corrado Blandizzi

_____________________________________________________________________________

CORSO DI LAUREA IN CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

SCIENZE E TECNICHE DELLE ATTIVITA’ MOTORIE PREVENTIVE

ED ADATTATE

Presidente: Prof. Fabio Galetta

“Interventi per promuovere le abilità grosso-motorie nel

Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria:

revisione della letteratura”

CANDIDATA

Tenaglia Angela

RELATORE

Prof. Giovanni Cioni

TUTOR

Dott.ssa TNPEE Eleonora Bieber

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1

INDICE

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO 1 Il Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria – (Developmental Coordination Disorder, DCD) ... 5

1.1 Definizione di DCD ed evoluzione terminologica ... 5

1.2 Criteri Diagnostici secondo il DSM-V ... 7

1.3 Caratteristiche cliniche ... 8

1.4 Prevalenza ed epidemiologia ... 9

1.5 Eziologia e fattori di rischio ... 10

1.5.1 Ipotesi eziologiche basate su studi di neuroimaging ... 11

1.5.2 Ipotesi eziologiche basate su meccanismi fisiologici ... 12

1.6 Comorbidità... 15

1.7 Impatto del DCD sulla vita quotidiana ... 15

1.8 Trattamenti ... 16

1.9 Prognosi ... 20

CAPITOLO 2 La coordinazione motoria ... 22

2.1 Basi neurofisiologiche del movimento ... 22

2.2 Che cos’è la coordinazione motoria ... 25

2.3 Il controllo motorio ... 28

2.4 L’apprendimento motorio ... 28

2.4.1 Le fasi dell’apprendimento motorio ... 29

2.4.2 Modalità di apprendimento ... 31

CAPITOLO 3 Gli schemi motori di base nelle abilità grosso-motorie ... 33

(3)

2

4.1 Introduzione ... 35

4.2 Obiettivi della ricerca ... 36

4.3. Materiali e metodo ... 36

4.3.1 Strategie di ricerca ... 36

4.3.2 Identificazione degli studi ... 37

4.3.4 Estrazione dei dati raccolti ... 38

4.4. Risultati ... 39

4.4.1 Sintesi dei risultati e analisi tematica ... 40

4.5 Discussione ... 47

CONCLUSIONI ... 50

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3

INTRODUZIONE

Il Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria (Developmental Coordination Disorder, DCD) è considerato uno dei più comuni disordini motori nell’infanzia, con una prevalenza del 6% nei bambini della scuola primaria. Il DCD è caratterizzato da deficit nell’apprendimento e nell’automatizzazione di abilità motorie, ciò ha un impatto negativo sulla vita dei bambini con diagnosi.1

Secondo il DSM-V, i criteri che definiscono il DCD sono quattro: – presenza di abilità motorie al di sotto di quanto atteso per l'età; – difficoltà motorie che interferiscono con le normali attività quotidiane e/o scolastiche e con la partecipazione alla vita familiare e sociale; – esordio dei sintomi nel primo periodo di sviluppo; – assenza di condizioni mediche neurologiche (es. PCI, distrofia muscolare, disturbo degenerativo), deficit visivi o disabilità intellettiva.

Si tratta di un disturbo non unitario, spesso presente accanto ad altre difficoltà di apprendimento e di sviluppo.2

I bambini con DCD sperimentano frequentemente: difficoltà nell’acquisizione e nell’esecuzione delle autonomie personali e sociali, quali ad esempio lavarsi le mani, lavarsi i denti, vestirsi, abbottonare, avvitare e svitare, allacciare le scarpe, utilizzare le posate; insuccessi nelle attività sportive che richiedono maggiore coordinazione generale, oculo-manuale, controllo dell’equilibrio statico e dinamico, integrazione di più canali sensoriali; scarsi risultati, in relazione all’impegno profuso, nell’apprendimento scolastico, soprattutto nelle aree relative all’acquisizione della scrittura ed eventualmente, alle abilità logico-matematiche.

Pertanto le caratteristiche del DCD richiedono l'utilizzo di un approccio clinico multidisciplinare per una diagnosi che, con l'impiego di strumenti affidabili, stabilisca la severità del disturbo, escluda una causa medica ed indirizzi sull'opportunità o meno di un intervento riabilitativo. Il DCD, come altre difficoltà di apprendimento, richiede un'attenzione specialistica, poiché non migliorando spontaneamente con l'età, può riflettersi negativamente sull'autostima e sulle competenze sociali.3 Alcuni approcci

terapeutici utilizzati attualmente non sono ottimali, pertanto le evidenze scientifiche a supporto di queste tesi richiedono una valutazione più rigorosa.1

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4

Sulla base di queste considerazioni, il presente contributo rappresenta una revisione della letteratura circa gli interventi riabilitativi nei bambini con DCD, e ha lo scopo di fornire alcune chiarificazioni riguardo le tipologie di intervento attualmente utilizzate per promuovere le abilità grosso-motorie. L’acquisizione delle abilità grossolane riveste una grande importanza nella vita quotidiana, in quanto sono fondamentali per lo sviluppo di attività funzionali, nel gioco e nell’interazione sociale, e nei bambini più grandi, sostengono competenze motorie più complesse utili all’attività sportiva. In età scolare inoltre, le competenze grosso-motorie sono parte integrante della partecipazione sociale, ricreativa e scolastica e promuovono sia lo sviluppo cognitivo che una sana autostima. Il seguente elaborato è strutturato in quattro capitoli, di cui i primi tre rappresentano la parte teorica e il quarto la parte sperimentale. Dapprima verranno descritte le caratteristiche cliniche del DCD, dai criteri diagnostici all’impatto che questa diagnosi ha sulla vita quotidiana dei bambini, citando tutte le tipologie di trattamento che attualmente sono oggetto di discussione e sperimentazione scientifica. Affronteremo poi il tema della coordinazione motoria, inizialmente descrivendo le basi neurofisiologiche del movimento, per poi proseguire con alcune definizioni circa i concetti di controllo motorio e apprendimento motorio. Prima di introdurre il capitolo della parte sperimentale, descriveremo brevemente cosa si intende per schemi motori di base nelle abilità grossolane, essendo questo il focus di questa ricerca. Infine nel capitolo sperimentale esamineremo quelli che sono gli obiettivi di questa revisione: indagare le tipologie di trattamento sperimentate in letteratura e la loro efficacia, ponendo l’accento sui trial di ricerca che si occupano dell’intervento per promuovere le abilità grosso-motorie nei bambini con DCD di età compresa tra i 5 e i 15 anni.

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CAPITOLO 1 Il Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria

– (Developmental Coordination Disorder, DCD)

1.1 Definizione di DCD ed evoluzione terminologica

La definizione di Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione (Developmental Coordination Disorder, DCD) è stata oggetto di discussione nella comunità scientifica, ancora oggi infatti non vi sono criteri univoci e vengono quindi usate denominazioni diverse per l’inquadramento nosologico di questa entità clinica.2

Già la letteratura degli inizi del ventesimo secolo mostra interesse per bambini con problemi di sviluppo motorio, ma tale questione non è stata scientificamente studiata fino alla seconda metà del secolo scorso. Diversi infatti sono stati gli autori che hanno descritto bambini con difficoltà nell’eseguire atti motori adeguati alla loro età, nonostante un’intelligenza nella norma.4

Nel 1937 Orton descrisse per primo il disturbo, definendolo come "goffaggine" o "aprassia dello sviluppo" (developmental apraxia") e identificandolo come uno dei sei più comuni disordini dello sviluppo (gli altri cinque riguardavano l'area della comunicazione).5

Da allora sono state utilizzate varie etichette che descrivessero il medesimo concetto:6 goffaggine o sindrome del bambino goffo (clumsy children);7,8 disfunzione cerebrale minima (MBD, minimal brain dysfunction)9; difficoltà dell’apprendimento motorio; deficit dell’integrazione sensoriale (sensory integration dysfunction); disordine dell’attenzione e della percezione motoria (DAMP, disorder of attention and motor perception)10; disprassia evolutiva (DD, developmental dyspraxia); disturbo evolutivo

specifico della funzione motoria (SDDMF, specific developmental disorder of motor function)11; disturbo dello sviluppo della coordinazione motoria (DCD, developmental

coordination disorder).

Questa ampia serie di termini riflette il mancato accordo tra professionisti relativamente alle cause e alle manifestazioni cliniche di DCD.4

La diagnosi e l’intervento presentano delle difficoltà riconducibili soprattutto all’attuale confusione terminologica circa i concetti di DCD e disprassia, per cui non è chiaro quali

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6

competenze appartengano alla funzione motoria o invece vadano intese come deficit delle abilità prassiche.12

In uno studio del 2007, Gibbs et al. affermano che i due termini dovrebbero essere considerati sinonimi.6 Più recentemente nel 2014, Murzio ritiene che alla luce degli sviluppi nel campo neuroscientifico, sia più coerente definire il DCD come un disturbo della capacità di esecuzione del movimento non finalizzato, e la disprassia come un disturbo della capacità di pianificazione, controllo ed esecuzione degli atti motori finalizzati (prassie e funzioni adattative). Secondo l’autore i bambini con disprassia, hanno difficoltà nella componente progettuale dell’atto motorio, non sanno “che cosa fare”, mentre i bambini con DCD hanno difficoltà nella componente esecutiva dell’atto motorio, non sanno “come fare”. Sempre secondo Murzio i due concetti possono essere considerati come due insiemi non coincidenti, che presentano però rapporti di inclusione, in quanto il controllo dell’esecuzione del movimento, aspetto critico nel DCD, è parte dell’atto motorio finalizzato, i cui deficit caratterizzano la disprassia.13

Nel 2012 l’Accademia Europea dei Bambini Disabili (European Academy of Childhood Diability, EACD) ha pubblicato le linee guida per la definizione, diagnosi e intervento di DCD, queste rappresentano un significativo passo avanti, nonostante restano ancora molte ambiguità nella definizione e diagnosi di DCD.2

Ciononostante, attualmente Developmental coordination disorder (DCD) è il termine maggiormente utilizzato da quando è stato aggiunto alla terza edizione del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), dove è rimasto anche nelle successive edizioni. Viene inoltre preferito nel 52,7% degli articoli scientifici.2 Infatti “Disturbo dello sviluppo della coordinazione motoria” (DCD) è il termine preferito nei paesi che utilizzano il DSM-IV. “Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria” (SDDMF) è invece preferito nei paesi in cui l’ICD-10 ha status legale. Nei paesi scandinavi viene utilizzato il termine “Disordine dell’attenzione e della percezione motoria” (DAMP).2 In Italia viene spesso preferito il termine “Disprassia Evolutiva” (DD).14

La London International Consensus Conference, tenutasi in Canada del 1994, ha stabilito che venga utilizzato il termine DCD come parola chiave nella letteratura.2

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7

Secondo l’EACD, i criteri del DSM-IV sono maggiormente definiti rispetto ai criteri dell’ICD-10, infatti il Leeds Consensus Group del 2006 ha riconfermato il Consensus di Londra e accettato i criteri e la terminologia del DSM-IV come i migliori attualmente disponibili.2

Dal momento che il termine DCD proposto dall’American Pyschiatric Association si è oggi imposto per superare la confusione terminologica che caratterizzava questo ambito clinico e di ricerca, di seguito verrà utilizzato l’acronimo DCD in riferimento al disturbo della coordinazione motoria in cui consideriamo sia le difficoltà di esecuzione motoria, sia le difficoltà di pianificazione, controllo ed esecuzione degli atti motori finalizzati.

1.2 Criteri Diagnostici secondo il DSM-V

Nella V edizione del DSM, il DCD viene indicato tra i Disturbi Motori, i quali sono classificati all’interno di una categoria più ampia, quella dei Disturbi Neuroevolutivi. Ciò che differisce dalla precedente edizione del DSM (DSM-IV-TR), è che il DCD si trovava nella categoria dei Disturbi dell’apprendimento; inoltre troviamo nel DSM-V un criterio aggiuntivo secondo cui l’esordio dei sintomi si verifica durante il periodo di sviluppo.15

Per la diagnosi occorre che vengano rispettati quattro criteri:

A. l’acquisizione e l’esecuzione di compiti motori coordinati è significativamente al di sotto del livello atteso rispetto all’età e alle opportunità di apprendere nuove abilità. Le difficoltà si manifestano con goffaggine (per es. cadere o sbattere contro gli oggetti), lentezza e inaccuratezza nello svolgimento delle attività motorie (per es. afferrare un oggetto, usare forbici o posate, scrivere a mano, guidare la bicicletta o partecipare ad attività sportive).

B. le difficoltà riscontrate e indicate nel Criterio A interferiscono significativamente con le attività della vita quotidiana adeguate all’età cronologica, e ha un impatto sulla produttività scolastica, sulle attività pre-professionali, sul tempo libero e il gioco;

C. l’esordio dei sintomi avviene nelle prime fasi di sviluppo;

D. le difficoltà motorie non sono meglio spiegabili da concomitanti disturbi dello sviluppo intellettivo o da deficit visivo e non sono attribuibili a condizioni

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8

neurologiche note che interessino il movimento (per es. paralisi cerebrale infantile, distrofia muscolare o disordini degenerativi).

La certificazione della diagnosi di DCD viene posta solo dopo i cinque anni di età, questo è giustificato dalla necessità di considerare le variabili correlate allo sviluppo individuale e alle caratteristiche ambientali e culturali (come le diverse possibilità di esperienza) per escludere falsi positivi16, tuttavia è possibile individuare dei segni in età più precoce (Criterio C). L’iter diagnostico prevede un’accurata anamnesi personale e familiare (nel caso di familiarità per disordini dello sviluppo) e un attento esame obiettivo, in modo da escludere la presenza di condizioni fisiche o neurologiche che possono spiegare il quadro clinico del bambino (Criterio D). È altresì importante ottenere una storia dettagliata in ambito medico, evolutivo e scolastico (Criterio A). Nella pratica clinica si richiede oggi che il criterio A venga supportato da una valutazione clinica oggettiva dello sviluppo motorio, effettuata attraverso test standardizzati, ne sono un esempio il Test of Motor Proficiency (BOT, Bruininks, 1978) o il più recente Movement Assessment Battery for Children (MABC, Henderson e Sugden, 1992).

1.3 Caratteristiche cliniche

È utile sottolineare che i bambini con DCD rappresentano un gruppo eterogeneo e le tipologie di disturbo di coordinazione motoria che sperimentano sono molto diverse da caso a caso. Come descritto dal DSM-V, i bambini con DCD hanno problemi di coordinazione che riguardano le abilità grosso-motorie (per es. correre, saltare, mantenersi in equilibrio), fini-motorie (per es. allacciarsi le scarpe, scrivere) o entrambe. Infatti alcuni bambini posso avere difficoltà con i movimenti fini delle dita, altri con la coordinazione degli occhi e delle mani, o avere scarso equilibrio, altri ancora possono aver raggiunto le tappe miliari dello sviluppo più tardi rispetto ai loro coetanei. Inoltre le difficoltà di coordinazione non riguardano una condizione medica o una malattia come ad esempio la paralisi cerebrale infantile, la distrofia muscolare, la disfunzione visiva o la disabilità intellettiva (Criterio D-DSM).15

Il DCD pertanto è definito come un problema di prestazione motoria che limita la capacità del bambino di partecipare pienamente alle attività di vita quotidiana,17 come le attività

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capacità motorie più colpite, le prestazioni motorie di questi bambini risultano essere lente, inaccurate e meno precise rispetto a quelle dei loro coetanei con sviluppo tipico.18 Le principali difficoltà riscontrate nei bambini con DCD riguardano l’esecuzione di un gesto o azione intenzionale, ovvero hanno difficoltà nel rappresentarsi, programmare, coordinare ed eseguire atti motori in serie (processi sequenziali), deputati e finalizzati ad un preciso scopo e obiettivo, con conseguenti difficoltà di apprendimento di nuove abilità e di automatizzazione di nuove strategie tipiche dell’infanzia.12

Una recente meta-analisi19 evidenzia la vasta gamma di difficoltà che i bambini con DCD sperimentano, identificando alcune categorie di deficit motorio: deficit del modello interno (feedforward) ovvero scarsa capacità di rappresentazione del proprio corpo, scarsa coordinazione ritmica e capacità motoria esecutiva; in particolare manifestano scarso controllo dell'equilibrio e della postura, difficoltà di modulazione della forza,18

deficit nel raggiungimento, cattura e intercettazione manuale, e deficit della funzione sensopercettiva.20

I bambini con DCD mostrano prestazioni mediamente inferiori ai soggetti di controllo sia nei compiti di memoria a lungo termine sia nei compiti di memoria di lavoro verbale che visuo-spaziale.21 Si possono riscontrare infatti alterazioni nell’elaborazione delle

informazioni visuo-spaziali, ma i meccanismi alla base di tali deficit rimangono ancora sconosciuti.22

Questi soggetti hanno bisogno di tempi di esecuzione maggiori, presentano difficoltà di timing durante il compito, sono vulnerabili ai cambiamenti ambientali e risultano avere scarse capacità di problem solving, tendenza alla perseverazione e difficoltà a riprogrammare un compito.22

1.4 Prevalenza ed epidemiologia

Attualmente le previsioni riguardo la prevalenza del DCD variano dal 5 al 20%, tuttavia il valore più frequente citato in letteratura si attesta intorno al 5-6%. I dati epidemiologici variano in base alla ristrettezza dei criteri di diagnosi applicati. Inoltre il DCD è più comune nei maschi che nelle femmine, con un rapporto che varia da 2:1 a 7:1. Nonostante il DCD sia un disturbo relativamente comune, è ancora in gran parte non riconosciuto dai professionisti in ambito sanitario; pertanto il rischio è quello di ritardare preziosi

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interventi riabilitativi.2 In un recente studio online di 1297 genitori, insegnanti e medici,

solo il 41% dei pediatri e il 23% dei medici generici hanno avuto conoscenza della condizione; i medici intervistati provenivano dal Canada, dagli Stati Uniti e dal Regno Unito.23 Inoltre, solo il 23% dei pediatri e il 9% dei medici generici intervistati avevano posto diagnosi del disturbo dello sviluppo della coordinazione motoria. La grande maggioranza dei medici ha riferito la necessità di una maggiore educazione circa questa condizione.15

1.5 Eziologia e fattori di rischio

Il DCD è un disturbo idiopatico, sembrerebbe che le cause siano collegate ai processi di maturazione del sistema nervoso centrale, ma attualmente non esistono evidenze e accordi in tal senso.24

L’individuazione delle cause sottostanti il DCD risulta essere difficoltosa poiché questa diagnosi nonostante sia caratterizzata da fattori comuni include una popolazione eterogenea.

Il DCD è stato inizialmente descritto come una forma di disfunzione cerebrale minima (“minimal brain dysfunction”, MBD), caratterizzata da una serie di sintomi quali deficit di apprendimento, di attenzione e di coordinazione motoria. Successivamente MBD è stata successivamente sostituito dalla più complessa disfunzione neurologica minima (“minimal neurological dysfunction”, MND), in cui DCD viene così descritto: forma distinta di disfunzione cerebrale perinatale acquisita e probabilmente associata ad un deficit strutturale del sistema nervoso. La nascita pretermine è considerata uno dei fattori che più comunemente contribuiscono allo sviluppo di MND.18

Altri autori hanno proposto che i sintomi di DCD, dislessia e ADHD siano dovuti ad uno sviluppo cerebrale atipico (“atypical brain development”, ABD) che può esprimersi con una serie di sintomi comportamentali e deficit a seconda del momento di insorgenza, della localizzazione e della gravità del deficit di sviluppo.18

Nel corso degli anni sono state considerate diverse cause: prematurità; leucomalacia periventricolare in bambini nati pretermine; compromissione dell’emisfero cerebrale dominante; disordine dell’integrazione sensoriale; fattori prenatali, perinatali o neonatali consecutivi ad anossia o ipossia; disturbi nella connessione inter- o intra-emisferica;

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disfunzioni del cervello o dei gangli della base; disfunzioni parietali; ritardato o incompleto sviluppo del cervelletto. Inoltre, si è riscontrata un'alta incidenza di anomalie cerebrali, quali atrofia corticale o demielinizzazione, assottigliamento del corpo calloso e moderata dilatazione ventricolare.24

È noto anche che i bambini nati pretermine o con basso peso alla nascita sperimentano difficoltà motorie, comportamentali e scolastiche, più di frequente rispetto ai bambini nati a termine e con normale peso.25,26 In una recente revisione sistematica del 2011 si è stimato che il rischio di DCD è più alto nei bambini nati prima delle 32 settimane e in quelli con un peso alla nascita inferiore ai 1500 g, rispetto ai bambini nati a termine e di peso normale.25 Un successivo studio di coorte nazionale svolto su bambini danesi di età scolare, ha confermato l’aumentato rischio di DCD nei bambini nati prematuri, aggiungendo ulteriori fattori di rischio come SGA (small for gestational age) e la deambulazione autonoma raggiunta al 15esimo mese di vita in poi.27 Uno studio

retrospettivo che coinvolge bambini di età 4-5 anni ha confermato le associazioni con sesso maschile e basso peso alla nascita ed ha anche trovato un'associazione con l'esposizione postnatale agli steroidi.28

1.5.1 Ipotesi eziologiche basate su studi di neuroimaging

Nonostante esistano pochi i dati di neuroimaging, sembrerebbe che numerose aree cerebrali siano coinvolte nella neurofisiopatologia del DCD. Alcune tecniche, principalmente di risonanza magnetica morfologica, hanno dimostrato che in alcuni bambini con DCD si possono avere alterazioni di specifiche strutture ed aree cerebrali, fra cui il cervelletto, la corteccia prefrontale ed i gangli della base.22 Una delle prime strutture studiate per

spiegare la genesi del DCD è il cervelletto, questa area risulta implicata nei processi di coordinazione motoria, controllo posturale, esecuzione e controllo del movimento. Le altre strutture studiate sono: il lobo parietale per il suo coinvolgimento nei processi visuo-spaziali e nell’azione predittiva; i gangli della base per il loro ruolo nella fase iniziale di esecuzione del movimento e nell’apprendimento motorio.

Sono state riscontrate anche anomalie aspecifiche cerebrali, rilevate attraverso studi di risonanza magnetica funzionale come alterazioni a livello del lobo frontale e parietale22, assottigliamento del corpo calloso e dilatazione ventricolare.22,24

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In conclusione, molte aree cerebrali sembrano essere coinvolte nella neurologia del DCD, per questo ad oggi l’eziologia risulta essere multifattoriale, la ricerca futura dovrebbe concentrarsi sui meccanismi biologici responsabili di tali sviluppi atipici.22

1.5.2 Ipotesi eziologiche basate su meccanismi fisiologici

Come accennato nel precedente paragrafo, una delle prime strutture cerebrali studiate al fine di fornire un’ipotesi eziologica per questo disturbo, è il cervelletto. A tal proposito citiamo due interessanti teorie che suggeriscono un coinvolgimento cerebellare nei processi sottostanti il DCD:

1. Teoria del deficit di automatizzazione (Automatization Deficit Hypothesis)29 2. Teoria del deficit di rappresentazione interna (Internal Modeling Deficit

Hypothesis)30

Alla luce delle recenti scoperti in campo neuroscientifico, è stata introdotta anche una terza teoria, riguardante il sistema dei neuroni specchio:

3. Teoria del deficit del sistema dei neuroni specchio (Mirror Neuron System Deficit Hypothesis)20

Premettendo che la Teoria del deficit di automatizzazione è stata proposta per affronta le problematiche motorie nei bambini con dislessia (Developmental Dyslesia), questa teoria non si rivolge specificatamente ai bambini con DCD.31 Sappiamo che entrambi i disturbi (DD e DCD) hanno un’origine multifattoriale, e che esiste una sostanziale sovrapposizione di questi ultimi nella pratica clinica, ciò solleva la questione riguardo basi eziologiche condivise.32 Pertanto questa ipotesi fornisce una logica per la coesistenza di una serie di problematiche legati allo sviluppo, quali difficoltà di articolazione del linguaggio, di lettura, di coordinazione motoria e di attenzione, e potrebbe spiegare i sintomi di comorbidità tra DCD, ADHD e disturbi dell’apprendimento.31 Secondo questa teoria i bambini con DCD presentano difficoltà nella fase di automatizzazione del processo di apprendimento motorio, ciò spiegherebbe la causa delle difficoltà di acquisizione di abilità motorie sia fini che grossolane.31

L'apprendimento procedurale è di solito definito come un processo in cui vengono acquisite nuove competenze (motorie, percettive o cognitive) attraverso la ripetizione

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delle abilità stesse. Una volta acquisita una certa abilità, questa viene automatizzata. La mancanza di automatizzazione di un’abilità primaria (che dovrebbe già essere automatizzata) provoca come conseguenza la diminuzione delle prestazioni nell’abilità secondaria. In generale un compito completamente automatizzato non richiede alcuno sforzo di monitoraggio consapevole, infatti quando una certa abilità motoria viene automatizzata, siamo in grado di svolgere contemporaneamente a questa, un secondo compito non automatizzato, convogliando tutte le risorse attentive disponibili, senza mostrare alcuna difficoltà di prestazione. Si parlerà di deficit di automatizzazione quando le capacità di monitoraggio risultano disfunzionali.32

Uno dei punti di forza dell’ipotesi del deficit di automatizzazione è quello di ricondurre i problemi di apprendimento ad un deficit cerebellare, area che svolge un ruolo importante nell’apprendimento e nell’automatizzazione delle abilità motorie. Studi di brain imagery hanno dimostrato che l'automatizzazione e il sistema di apprendimento procedurale dipendono in gran parte dai circuiti corticostriatali e/o corticocerebellari. Nel caso specifico di DD e/o DCD, la disfunzione procedurale spiegherebbe sia le difficoltà di linguaggio sia i deficit motori, questa visione è supportata da dati sperimentali e studi di neuroimaging che rivelano anomalie cerebellari e/o striatali in entrambi i disturbi.32 Secondo la Teoria sul deficit di rappresentazione interna un adeguato controllo motorio è correlato alla rappresentazione di un modello interno che predice le conseguenze sensoriali del comando motorio stesso, permettendo di anticipare e compensare l’evento meccanico. Il modello interno pertanto fornisce stabilità al sistema motorio poiché svolge un’azione predittiva sull’atto motorio prima che questo venga compiuto, fornisce feedback sensomotori e funge da correttore rapido del movimento. Una ridotta funzionalità del modello interno avrebbe quindi un impatto molto importante sulla capacità di apprendimento motorio, elemento che si può osservare nei bambini con DCD. Infatti i bambini con DCD risultano avere prestazioni motorie lente e inaccurate nell’esecuzione, variabili e con maggior rischio di errori e fortemente dipendenti da feedback visivi.30

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Il processo di rappresentazione del modello interno è descritto schematicamente in figura 1 e mostra l’importanza del controllo predittivo dell’azione.

Figura 1. Forward model of motor control30

Le strutture deputate al controllo predittivo dell’azione sono il cervelletto, coinvolto nell’apprendimento e nel controllo motorio e la corteccia parietale posteriore, coinvolta nella pianificazione del movimento stesso. Il ritardo o la rottura dell'asse parieto-cerebellare può spiegare il deficit di rappresentazione interna. Questa rete è coinvolta specificamente nella generazione di modelli predittivi e nel processo di confronto dei feedback sensoriali riguardo l’azione stessa. Gli errori di previsione vengono rilevati in modo rapido, attraverso segnali esterni (inviati sia dal cervelletto che dalla parietale posteriore) utilizzati per modulare i segnali in uscita e modificare i modelli interni di azione come parte del processo di apprendimento motorio.30

La recente Teoria del sistema dei neuroni specchio, ipotizza che un deficit a livello di questi neuroni sia la causa delle difficoltà motorie sperimentate dai bambini con DCD. Il sistema dei neuroni specchio (MNS) è costituito da una classe di neuroni multimodali del sistema nervoso che si attivano sia quando si compie un’azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri. Si ritiene infatti che questa categoria di neuroni svolga un ruolo nei processi di apprendimento motorio, proprio perché essi si attivano durante varie fasi del controllo motorio: osservazione di un’azione, immaginazione motoria, esecuzione e limitazione. Proprio perché i MSN risultano essere coinvolti nell’imitazione e nei processi motori in generale, si ritiene che una disfunzione di questo sistema sia la causa dei problemi di apprendimento motorio dei DCD.20

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1.6 Comorbidità

Molte evidenze scientifiche sottolineano che il DCD sia associato ad altre condizioni, come la sindrome da deficit di attenzione ed iperattività (ADHD), disturbi dello spettro autistico (ASD), disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), disturbi specifici del linguaggio, oltre che problemi quali ansia e depressione.2

In particolare l’associazione tra DCD e ADHD è piuttosto forte, diversi sono gli studi che suggeriscono una comorbidità tra i due disturbi pari al 50%. 2,15

Il DCD è comune anche nei bambini con ASD (4-8%), in uno studio di popolazione è stata rilevata comorbidità con ASD in 10 su 122 bambini con DCD grave e in 9 su 222 bambini con DCD moderato.2

Il DCD è associato anche ai disturbi dell’apprendimento, questi bambini presentano difficoltà sia in compiti motori, come la scrittura, sia nella lettura e nel calcolo.

Altre problematiche comunemente associate al DCD sono difficoltà psicosociali, problematiche di salute mentale, sovrappeso o obesità, ipermobilità articolare, ridotta attività fisica rispetto ai coetanei.15 In alcuni bambini, non è sempre possibile determinare

se esse siano legate ad un disturbo coesistente o se siano conseguenze secondarie alle esperienze negative a cui sono sottoposti nella loro vita quotidiana.15

Il DCD è associato anche a disturbi d’ansia e a disturbi depressivi, infatti hanno un rischio

maggiore di sviluppare problemi di salute mentale, in parte causati da difficoltà di sviluppo, basso QI verbale, scarsa autostima e bullismo.33

1.7 Impatto del DCD sulla vita quotidiana

I bambini con DCD, rispetto ai loro coetanei, sperimentano notevoli limitazione nelle attività della vita quotidiana.

Le limitazioni riscontrate più frequentemente sono le seguenti:17

 a casa: vestirsi, mettere le scarpe o legare i lacci, mettere un paio di calze, abbottonare o chiudere una cerniera, lavarsi i denti o i capelli, e altre azioni della vita quotidiana e della cura di sé;

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 a scuola: scrittura lenta o disordinata, utilizzare le forbici o la colla, afferrare una matita, scarse competenze nel disegno, scarse prestazioni motorie nelle attività sportive;

 nel gioco: camminare e mantenersi in equilibrio, arrampicarsi, andare in bicicletta, pattinare, saltare, fare sport, lanciare, afferrare, calciare una palla.

Le sfide motorie a cui sono sottoposti questi bambini hanno un impatto sul contesto sociale, sulla motivazione e sulla percezione della qualità della vita,34 con conseguenze

anche sul processo di costruzione della personalità. Dal momento che queste attività risultano socialmente rilevanti, gli insuccessi, l’impaccio motorio o la vergogna spingono spesso questi bambini ad isolarsi dal gruppo, specie durante il periodo della preadolescenza e dell’adolescenza.16 Questi bambini sono spesso isolati, introversi,

facilmente frustrati e con bassa autostima, socialmente immaturi e hanno maggiori difficoltà dei coetanei nel fare nuove amicizie e nel mantenerle. I fattori emotivi pertanto giocano un ruolo significativo nella partecipazione alla vita quotidiana di questi bambini. L’impatto dei problemi di coordinazione sulla partecipazione all’attività fisica, per quanto influenzata da molteplici fattori (sociali, culturali, ambientali, e individuali), ha come conseguenze la ridotta partecipazione ad attività sportive, specialmente negli sport di squadra.2 Alcuni studi evidenziano inoltre gli effetti negativi del DCD sul fitness, principalmente attribuito alla minor partecipazione ad attività fisiche rispetto ai loro coetanei con sviluppo tipico. I bambini con DCD infatti sono a maggior rischio di essere in sovrappeso o obesi35,36 e di sviluppare problemi cardiorespiratori.37,38

1.8 Trattamenti

Nei bambini con DCD il trattamento è indicato quando vengono sono soddisfatti i criteri diagnostici del DSM-V, spesso però la realtà clinica individuale non consente di porre diagnosi pur essendoci problematiche legate all’esecuzione dei compiti quotidiani, ciò accade per esempio ai bambini con età inferiore ai 5 anni che pur mostrando significativi deficit motori non soddisfano i criteri diagnostici. In questi casi si dovrebbero fornire strategie educative e sociali che promuovano la partecipazione nei vari contesti ambientali.2

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A differenza della diffusa opinione secondo cui i bambini affetti da DCD supereranno i problemi crescendo, studi scientifici hanno dimostrato che il 40% dei bambini a cui è stato diagnosticato un ritardo dello sviluppo motorio prima dell’età scolare, continuerà 10 anni dopo ad avere problemi motori. Queste cifre indicano che il DCD non è una condizione che si riscontra solo nella prima infanzia, pertanto la persistenza di questo disturbo in circa la metà degli individui con una diagnosi in età infantile sottolinea l’importanza di mirare all’intervento.39 I bambini con DCD richiedono un intervento

tempestivo affinché possano acquisire strategie che compensino le loro difficoltà di coordinazione motoria, nonché per promuovere la crescita personale e per prevenire l'insorgenza di altre problematiche secondarie.40

È ancor oggi molto dibattuto quale sia l’approccio ottimale per intervenire sulle sfide quotidiane a cui sono sottoposti i bambini con DCD, le tipologie di intervento si dividono in approcci di tipo terapeutico (fisioterapia e terapia occupazionale) e di tipo educativo (attività motoria, educazione scolastica e familiare), e di tipo medico (farmacologici e alimentaria).2 Nonostante in letteratura si possono riscontrare una varietà di termini che

descrivono gli interventi nei DCD, gli approcci possono essere raggruppanti in quattro categorie principali: process-oriented, task-oriented, (terapia occupazionale e fisioterapia tradizionale), e trattamenti farmacologici che rappresentano una nuova categoria di intervento (es. acidi grassi e metilfenidato).

L’approccio “process-oriented” mira alle componenti o alle funzioni corporee necessarie per svolgere un’attività. Esempi di approcci bottom-up sono l’integrazione sensoriale (sensory integration therapy, SIT, Ayres), metodo dell’allenamento cinestetico (kinaesthetic training, Laszlo and Bairstow) e terapia percettivo motoria (perceptual motor therapy, PMT). Secondo questo approccio le performance motorie quotidiane migliorano intervenendo sulle funzioni corporee che risultano disfunzionali quali percezione, integrazione sensoriale, forza muscolare, core stability, percezione visuo-motoria ecc.2

Questi metodi sono stati sviluppati negli anni '60 e '70 e si basano sulla premessa secondo cui le prestazioni motorie siano il risultato del corretto funzionamento dei sistemi nervoso e muscolo-scheletrico, la disfunzione pertanto è il risultato di anomalie nello sviluppo di uno o più di questi sistemi. L’intervento ha l’obiettivo di migliorare la funzione deficitaria

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attraverso il ripristino della funzione corporea danneggiata. Tutti richiedono un trattamento intensivo e di lunga durata.17

Le teorie meccanicistiche e gerarchiche degli anni 60 e ‘70 riguardo lo studio dei deficit motori nei bambini, sono state gradualmente sostituite da teorie cognitive sul controllo e sull’apprendimento motorio. La scienza contemporanea che studia il movimento umano ritiene che le prestazioni motorie non sono controllate unicamente dal sistema corporeo e indotte da stimoli sensoriali, ma che emergano da una dinamica interazione tra sistemi quali corpo, compito e ambiente. Poiché molti meccanismi alla base dei deficit motori nei DCD non sono ben compresi e il rapporto tra prestazione e funzione motoria non è diretto, alcuni ricercatori si sono avvicinati alla nuova prospettiva “task-oriented”.17

Gli approcci “task-oriented” tendono a focalizzarsi sulle prestazioni motorie, ad esempio sull’apprendimento di particolari competenze, dedicando particolare attenzione agli aspetti specifici dell’attività di performance che causano difficoltà al bambino. I principali esempi di approcci top-down sono: il “Neuromotor Task Training” (NTT), il “Cognitive Orientation to Daily Occupational Performance” (CO-OP), e l’Immaginazione Motoria (Motor Imagery-MI). In realtà questi approcci task-oriented sono tutti basati su una combinazione di principi attuali sul controllo motorio, sull’apprendimento motorio ed ecologici, con il relativo contributo di queste diverse discipline da un metodo all’altro.39 Il NTT, sviluppato in Olanda da Niemeijer A.S. può essere considerato un vero e proprio approccio ibrido poiché dalla teoria sull’apprendimento motorio, basa fortemente il concetto secondo cui la struttura del compito e la pianificazione sono fondamentali per il modo in cui le attività vengono svolte durante prove e sessioni ripetute di apprendimento; invece dagli approcci ecologici, considera come i compiti e le limitazioni ambientali possono essere manipolate a vantaggio di ogni singolo bambino con disfunzione motoria la quale non consente loro il movimento diretto e senza interruzioni in un particolare spazio di lavoro.39 Il fine ultimo è quello di insegnare a trasferire le abilità apprese durante il trattamento ad altri contesti della vita quotidiana.41 In questa metodologia i compiti o i vincoli ambientali vengono modificati per rendere le attività più difficili (o più semplici), ciò rende l’NTT adatto anche a bambini più piccoli e meno competenti a livello di linguaggio.2

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Il CO-OP è un approccio terapeutico centrato sul bambino, sviluppato dall’equipe canadese della terapista occupazionale Helen J. Polatajko, e può essere considerato l’esempio più puro di approccio top-down. Questo approccio si concentra sull’uso di strategie cognitive, che vengono individuate e verbalizzate nel corso del trattamento attraverso un processo di scoperta, guidato dal terapista per facilitare l’acquisizione delle abilità. Esso utilizza un metodo combinato, ovvero l’approccio problem-solving adattato con terapia comportamentale, in particolare prendendo spunto dalla struttura del problem solving di Meichenbaum42, riassunta con la formula “Goal Plan Do Chack” ovvero indentificare, pianificare, attuare e verificare. Lo scopo è quello di rendere il bambino capace di individuare autonomamente le strategie per superare i problemi riscontrati nelle attività di vita quotidiana, per questo viene incoraggiato a formare un modello mentale su come affrontare il compito motorio; sono portati ad identificare un obiettivo motorio, pianificarlo, attuarlo e a riflettere sulla performance verificandone il successo. In questo contesto l’utilizzo di strategie cognitivo-verbali fanno da ponte tra le abilità e la performance.39

Il Motor Imagery Training è stato sviluppato da Wilson in Australia, questo approccio utilizza il modello interno dei movimenti per facilitare il bambino a prevedere le azioni in assenza del movimento concreto. Nel tempo e con la pratica i bambini sfruttano la conoscenza del rapporto tra visione e cinestesia per formulare adeguate previsioni sulle conseguenze dei movimenti del proprio corpo, che ridurranno gli errori nella pianificazione avanzata (feedforward). Questo metodo sembra funzionare come strategie per l’apprendimento feedforward in alcuni bambini.2 I bambini con DCD hanno deficit

nella rappresentazione interna del proprio corpo, deficit nell’anticipare l’informazione percettiva, e/o difficoltà con la memoria visiva, che probabilmente limita la loro capacità di utilizzare le strategie visive necessarie alla formazione dell’immaginazione motoria. Ciò determina una difficoltà di controllo motorio e di apprendimento, e altera la capacità di elaborazione delle azioni nello spazio. Da questa ipotesi nasce il tentativo di sviluppare un programma di intervento basato sull’immaginazione motoria.39 Attualmente non esistono raccomandazioni sull’utilizzo dell’intervento IM in bambini con DCD, poiché esistono ancora pochi studi in letteratura. Una delle ricerche più recenti (2016) che ha lo scopo di esaminare l’efficacia del trattamento basato su MI è quello di Adams et al.;43 i

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Secondo gli approcci tradizionali di terapia occupazionale e di fisioterapia, il trattamento per i bambini con DCD si focalizza sull’acquisizione delle più importanti abilità motorie fini e grossolane (saltare, lanciare e catturare, tagliare, disegnare, scrivere) e delle abilità motorie di base che risultano essere prerequisiti necessari per attività più complesse (per esempio: la stabilità del tronco per alcune abilità fini-motorie). Questi approcci sono associati con approcci di tipo process-oriented con training diretto a specifici compiti; le ipotesi si riferiscono al concetto secondo cui le competenze motorie sono sviluppate secondo una sorta di gerarchia. Le abilità di base come il controllo posturale, la manipolazione, le competenze visuo-percettive, devono essere raffinate in combinazione all’insegnamento di competenze motorie più complesse.

Nel 1994 il London Consensus Group ha sviluppato una descrizione più dettagliata del DCD rispetto ai DSM-III (1987) e DSM-IV (1994), raggiungendo un importante traguardo nella ricerca e dando per la prima volta una visione scientifica uniforme su questa condizione. Dal 2004 al 2006, numerosi professionisti di diversi paesi si sono incontrati per ottenere un nuovo accordo su diagnosi, caratteristiche di intervento e comorbidità del DCD, ciò diede luogo alla dichiarazione del Leeds Consensus nel 2006. Il Consensus Leeds ha stabilito le seguenti linee guida che gli approcci di intervento dovrebbero soddisfare:

1. le attività dovrebbero essere funzionali e basate su obiettivi rilevanti per la vita quotidiana e significativi per il bambino;

2. queste dovrebbero migliorare la generalizzazione e l’applicazione nei vari contesti di vita quotidiana;

3. gli interventi devono essere basati su prove scientifiche e su teorie applicabili per comprendere i bambini con DCD.39

1.9 Prognosi

Come molti bambini con altri disturbi dello sviluppo, i bambini con DCD non "superano" le loro difficoltà. Tuttavia, in letteratura esistono pochi studi sulle questioni relative al DCD in età adulta. Diversi tra questi studi hanno valutato le funzioni psicosociali, motorie ed esecutive negli adulti con DCD. Studi osservativi con piccoli gruppi hanno rilevato che gli adulti con questo disturbo hanno livelli significativamente elevati di sintomi

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depressivi e ansia44,45, nonché diminuiti livelli di partecipazione alla vita quotidiana e

minor qualità di vita e soddisfazione.46 Inoltre, piccoli studi basati su dati raccolti hanno rilevato che le abilità motorie (ad esempio, praticare sport di squadra, parcheggiare una macchina, scrivere) e il funzionamento esecutivo (ad esempio, pianificazione e gestione del denaro) restano compromessi in età adulta.47,48 Un grande studio di controllo sul profilo funzionale di giovani adulti in Israele, basandosi sui punteggi del Questionario di Coordinazione degli Adolescenti e degli Adulti, ha rilevato che soggetti con probabile DCD sono risultati significativamente peggiori rispetto al gruppo di controllo nelle attività scolastiche (ad es. scrittura) e non scolastiche (ad es. attività di vita quotidiana che richiedono organizzazione e pianificazione).49

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CAPITOLO 2 La coordinazione motoria

2.1 Basi neurofisiologiche del movimento

Il nostro organismo interagisce continuamente con l'ambiente che lo circonda e per questo ogni atto motorio, dal più semplice al più complesso, presuppone un'elaborata interazione tra sistemi sensoriali, funzioni cognitive e tutte le strutture deputate al controllo motorio. Il movimento volontario si distingue dal movimento riflesso fondamentalmente per due aspetti:

 è migliorabile con la pratica e l’esercizio; quindi l’esperienza, la memoria e l’apprendimento ne aumentano l’efficacia in termini di precisione, velocità e minor richiesta di attenzione, con conseguente automatizzazione.

 può avvenire in modo autonomo, ovvero può essere evocato anche in assenza di uno stimolo sensoriale.

Il movimento volontario coinvolge in modo integrato il funzionamento di diverse aree e strutture cerebrali, sia a livello corticale sia sottocorticale, in stretto legame con i sistemi sensoriali. Inoltre, è necessario considerare che il buon funzionamento dei muscoli effettori e delle giunzioni neuromuscolari realizza il successo di un’azione volontaria e la sua correttezza.50

Per comprendere appieno le funzioni di ciascun livello della gerarchia di controllo motorio è necessario sapere come queste siano topograficamente correlate con le diverse aree cerebrali. Al livello più alto della gerarchia l'informazione sensoriale crea un'immagine mentale del corpo in relazione all'ambiente circostante. Al livello intermedio, le decisioni tattiche vengono basate sul ricordo dell'informazione sensoriale proveniente dai movimenti fatti in passato. Al livello più basso, il sistema sensoriale a retroazione negativa viene attivato per mantenere la postura, la lunghezza muscolare e la tensione prima e dopo ciascun movimento volontario.51 Si possono distinguere, infatti, diversi livelli di controllo motorio durante l’esecuzione di movimenti volontari, livelli gestiti da aree e strutture cerebrali differenti di cui cercheremo di descrivere le caratteristiche principali per offrire una miglior comprensione della complessità del sistema motorio.50

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Il primo e il più elevato livello del controllo motorio, è gestito da tre aree della corteccia cerebrale: la corteccia motoria primaria (M1, detta anche area 4 secondo la classificazione di Brodmann) e la corteccia motoria secondaria (M2, detta anche area 6 di Brodmann), la quale è composta da corteccia premotoria e area motoria supplementare. Da un punto di vista funzionale, la corteccia motoria primaria ha il ruolo d’iniziare il movimento, ma non di pianificarlo. Diversamente, la corteccia premotoria gestisce la preparazione dei muscoli posturali per l’inizio del movimento e per l’orientamento del corpo e del braccio verso uno stimolo target. Infine, la corteccia motoria supplementare ha un ruolo fondamentale nella programmazione di sequenze complesse dei movimenti piuttosto che a livello dell’esecuzione. Ciascuna di queste aree inviano impulsi nervosi al midollo spinale attraverso il tratto corticospinale ventrale e laterale (fasci piramidali) e indirettamente attraverso i sistemi motori del tronco dell’encefalo (fasci extrapiramidali). L’area premotoria e l’area motoria supplementare inviano segnali anche alla corteccia motoria primaria e realizzano funzioni importanti per la pianificazione e coordinazione di sequenze motorie complesse. Entrambe queste aree sono informate dalla corteccia associativa parietale posteriore circa l’orientamento e gli aspetti spaziali del movimento e dalla corteccia prefrontale per il mantenimento temporaneo dello schema d’azione basato sulle informazioni di natura spaziale.50,52

La maggior parte dei movimenti volontari avviati dalla corteccia cerebrale, vengono messi in atto tramite l'attivazione di pattern funzionali memorizzati in altre strutture del sistema nervoso centrale (cervelletto, nuclei della base, tronco encefalico e midollo spinale), le quali a loro volta inviano segnali di controllo specifici ai muscoli effettori. Per alcuni tipi di movimento tuttavia la corteccia cerebrale attiva direttamente i motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale, tramite la via corticospinale, specialmente nel controllo dei movimenti fini delle dita e delle mani.53

Il secondo livello è gestito da due aree sottocorticali: il cervelletto e i gangli della base, anch’essi importanti nella regolazione dell’attività motoria. Il cervelletto svolge una importante funzione sul controllo e l’apprendimento motorio; esercita sulla postura e sul movimento un controllo indiretto in quanto regola le uscite dei principali sistemi di motori discendenti del sistema nervoso centrale; corregge gli errori durante il movimento attraverso un confronto tra i comandi motori discendenti e le informazioni relative

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all’azione motoria realmente eseguita. Questa complessa funzione è resa possibile dal fatto che il cervelletto riceve informazioni riguardo al piano dei movimenti dalle strutture cerebrali che prendono parte alla pianificazione, realizzando un confronto on line tra la pianificazione del movimento, con relativo feedforward interno (detto scarica corollaria), e le informazioni provenienti dalla periferia (feedback esterno o riafferenze) su come il movimento è realmente eseguito. Per ottenere una modificazione dei movimenti in corso deve proiettare ai sistemi motori discendenti. Il cervelletto regola il tono muscolare, ricevendo afferenze dagli organi tendinei del Golgi e dai fusi neuromuscolari, ed è uno dei principali responsabili della coordinazione. Svolge anche la funzione di temporizzazione, ovvero controlla la ritmicità della contrazione muscolare.

I gangli della base sono costituiti da nuclei sottocorticali, di cui i principali sono il putamen ed il nucleo caudato, strettamente interconnessi, che non stabiliscono connessioni con il midollo spinale, ma proiettano principalmente alla corteccia motoria e da questa ricevono la quasi totalità delle afferenze. Questi nuclei sottocorticali prendono parte al controllo cognitivo dell’attività motoria elicitando quali schemi di movimento eseguire e con quale sequenza per raggiungere l’obiettivo dell’azione motoria. Questa funzione di controllo superiore è possibile solo grazie alle strette connessioni che intercorrono con le aree motorie corticali, con la corteccia prefrontale e con le aree di associazione corticali. In definitiva, i nuclei della base regolano i movimenti involontari che accompagnano i movimenti volontari, ad esempio la postura del corpo durante il lancio di una palla.50,52

Il terzo livello è regolato da altre aree della corteccia cerebrale. Un’azione complessa sul piano motorio richiede, necessariamente, l’integrazione tra l’attività delle aree deputate al controllo motorio e le aree deputate all’elaborazione e all’integrazione delle informazioni sensoriali (corteccia sensoriale e corteccia associativa). Sono possibili due tipi di connessioni tra queste aree e le aree deputate al controllo del movimento: una prima connessione prevede afferenze alla corteccia prefrontale e a quella premotoria che provengono da diverse zone della corteccia sensoriale di ordine superiore le quali proiettano direttamente alla corteccia motoria primaria; un secondo tipo di connessione si stabilisce tra le parti della corteccia sensoriale di ordine superiore che proiettano prima all’area associativa prefrontale, la quale proietta in un secondo tempo alla corteccia premotoria e poi a quella motoria primaria.

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Infine, il quarto livello di controllo motorio è gestito dai sistemi sensoriali periferici: vista, udito, tatto (inteso come senso per ottenere informazioni sugli oggetti che ci circondano e sui rapporti spaziali tra il nostro corpo e l’ambiente attraverso segnali provenienti dai recettori periferici disposti sulla superficie corporea) e propriocezione.52

In definitiva, un’azione volontaria è il prodotto di una sinergia che coinvolge, a diversi livelli di funzionamento, aree corticali differenti che, nella loro specificità, contribuiscono a determinare il migliore adattamento possibile all’ambiente.50

Nell’ottica di una così ampia multicomponenzialità, ogni atto motorio costituisce un sistema dinamico che trova la sua continuità, precisione, velocità e automatizzazione nel tempo, nell’esperienza, nella motivazione, nella memoria e nell’apprendimento.

2.2 Che cos’è la coordinazione motoria

La coordinazione motoria si può definire come la capacità di eseguire l’idea mentale di un movimento semplice o complesso con la massima efficacia e il minor dispendio di energia. Infatti la coordinazione si manifesta nella qualità delle azioni motorie che vogliamo realizzare, che possono consistere nel semplice alzarsi dalla sedia per andare alla cattedra o nella più complessa esecuzione di una battuta di tennis. Come indica la parola, “coordinazione” corrisponde all’attività neurofisiologica volta a regolare il sincronismo e l’entità della contrazione e del rilasciamento dei muscoli, allo scopo di realizzare un movimento finale quanto più armonico ed equilibrato possibile.54

Secondo questa ottica, il movimento, o per meglio dire la motricità, si estrinseca attraverso il concorso di fattori di varia natura (anatomo-fisiologici, psichici, cognitivi, socio-culturali, ecc.); le capacità motorie pertanto costituiscono i presupposti funzionali per l’effettuazione di qualsiasi attività motoria e sportiva. Rientrano nella classificazione delle capacità motorie, le capacità coordinative e quelle condizionali che verranno descritte brevemente di seguito.

Le capacità coordinative si possono definire come l’insieme delle capacità che consentono di organizzare, regolare e controllare il movimento. Esse dipendono dal grado di maturazione e dall’efficienza del sistema nervoso centrale, nonché dai processi informativi che consentono di ricevere e decodificare segnali provenienti dall’ambiente circostante e dal proprio corpo, determinando procedure di risposte motorie integrate ed

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appropriate. Invece, le capacità condizionali (capacità di forza, di resistenza e di rapidità) sono l’insieme dei fattori legati alle caratteristiche morfo-funzionali e all’efficienza dei processi bio-energetici; sono quindi direttamente connessi alle condizioni organico-muscolari individuali. Qualsiasi manifestazione motoria è il risultato di una interazione di fattori condizionali e coordinativi, infatti se il processo di formazione delle capacità coordinative è influenzato dal livello delle capacità condizionali, il grado di sviluppo delle prime consente la piena espressione delle potenzialità delle seconde.54

L’utilizzo integrato delle capacità motorie coordinative e condizionali consente al bambino nel corso del suo processo evolutivo la costruzione, lo sviluppo e il mantenimento di specifiche abilità motorie. In ogni abilità o saper fare dell’uomo possiamo infatti individuare la presenza integrata a differenti livelli quantitativi e qualitativi di tutte queste componenti parziali.

La classificazione delle capacità coordinative più attuale e largamente condivisa prevede la distinzione in capacità coordinative generali e capacità coordinative speciali.

Le capacità coordinative generali sono classificate in:

1. Apprendimento motorio: è la capacità di acquisire nuovi movimenti, sia semplici che complessi, i cui parametri determinanti sono il numero di ripetizioni e il tempo necessario affinché l’atto motorio diventi automatizzato.

2. Controllo motorio: è la capacità di controllare il movimento in fase esecutiva, rispettando i parametri ritmici, spaziali e temporali, al fine di perseguire il programma dell’azione motoria prefissato.

3. Adattamento e trasformazione: è la capacità di modificare il movimento, adattandolo o trasformandolo, in rapporto all’improvviso variare delle condizioni esterne o interne, senza pregiudicare la risuscita del risultato.

Per quanto riguarda invece le capacità coordinative speciali, esistono varie classificazioni di diversi autori, riportiamo quelle maggiormente condivise:

1. Capacità di equilibrio: capacità di mantenere il corpo in condizioni di equilibrio o di mantenere o ristabilire tale condizione nel corso degli spostamenti a riposo o in movimento in opposizione alla forza di gravità; l’equilibrio è la risultante neurofisiologica delle afferenze provenienti dai vari analizzatori interessati e della

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conseguente regolazione dei gruppi muscolari deputati al mantenimento e al ripristino del medesimo. Al fine di mantenere una postura contro la forza di gravità distinguiamo l’equilibrio statico (a riposo) e l’equilibrio dinamico (in movimento).

2. Capacità di reazione: è la capacità di eseguire rapide azioni motorie in risposta ad uno stimolo; gli elementi che caratterizzano tali risposte sono la tempestività e l’adeguatezza, e la rapidità di esecuzione.

3. Capacità di differenziazione (regolazione del tono): è la capacità di esprimere una grande precisione ed economia tra singole fasi del movimento o tra movimenti di varie parti del corpo.

4. Coordinazione dinamica generale: capacità di controllare i movimenti che avvengono nello spazio e che comportano un aggiustamento dell’insieme delle parti del corpo; di conseguenza è coinvolto lo spostamento del centro di gravità. Va considerata come l’evoluzione di schemi motori primari, acquisiti nel corso dei primi anni di vita (1-4 anni circa) che in relazione alla maturazione costate del sistema nervoso determina un primo livello di coordinazione.

5. Coordinazione oculo-segmentaria (manuale e podalica): capacità di

controllare e regolare i movimenti connessi alle azioni di manipolazione, lancio, presa e ricezione, colpo al volo, di oggetti e di attrezzi; tali azioni richiedono un ruolo primario dell’analizzatore visivo e possono essere effettuate con le mani, con i piedi e con altre parti del corpo (per es. il capo, le ginocchia, ecc).

6. Coordinazione spazio-temporale (orientamento e ritmo): è la capacità di determinare e variare la posizione e i movimenti del corpo nello spazio e nel tempo (traiettorie, velocità di spostamento, ritmi esecutivi) in relazione a punti fi riferimento definiti (oggetti o persone).

7. Coordinazione intersegmentaria (capacità di coordinazione di movimenti): capacità di relazionare, coordinare e armonizzare opportunatamente tra di loro i movimenti dei segmenti del corpo, successioni di movimenti o singole fasi di movimento per la realizzazione di un movimento globale finalizzato.54

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2.3 Il controllo motorio

Quando parliamo di “controllo motorio” ci riferiamo al modo in cui vengono controllati, pianificati ed eseguiti i movimenti, e a come il sistema nervoso centrale si collega alle percezioni e all’atto motorio vero e proprio. In particolare il controllo motorio studia le posture, le azioni da quelle semplici a quelle complesse ed il cambiamento di queste; studia pertanto le interazioni fra i programmi e/o comandi centrali ed i feedback periferici. Per eseguire un movimento in maniera corretta e fluida è necessario che tutte le componenti del movimento seguano un determinato ritmo, o timing, di attivazione. Soltanto quando questo timing di attivazione/disattivazione dei muscoli e segmenti corporei diventa armonico, si può parlare di controllo motorio.

Dagli studi riguardanti il controllo dei movimenti sono derivati due modelli, sostanzialmente opposti, sul controllo motorio, definiti: modello a circuito chiuso e modello a circuito aperto. Il primo modello interviene nel controllo di movimenti complessi e lenti, ed è un tipo di controllo basato prevalentemente su feedback periferici, infatti durante l’esecuzione del movimento una serie di informazioni sensoriali sono inviate verso il sistema centrale, effettuando la funzione di correzione. Il secondo modello invece interviene nel controllo e nell’esecuzione di movimenti veloci, ed è una modalità di controllo centrale che non necessiti delle informazioni provenienti dalla periferia, infatti il sistema centrale riesce ad introdurre tutte le informazioni utili all’esecuzione del movimento senza necessità di correzione.55

2.4 L’apprendimento motorio

L’apprendimento motorio è un processo complesso che coinvolge una molteplicità di fattori, relativi alle modalità di funzionamento dei meccanismi sottostanti l’acquisizione di abilità motorie, alle caratteristiche del compito (complessità, quantità di muscoli coinvolti, durata), alle particolari condizioni didattiche (quantità, variabilità), alle differenze individuali (strategie personali, gradi di abilità, motivazioni).

L’apprendimento in generale, e l’apprendimento motorio in particolare, è stato definito in molti modi. Nella definizione sono comprese quattro specifiche caratteristiche:

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 L’apprendimento è un processo di acquisizione della idoneità a produrre azioni eseguite con maestria. Ovvero l’apprendimento è la serie di eventi sottostanti, avvenimenti o cambiamenti che si verificano quando l’allenamento rende le persone in grado di specializzarsi in qualche compito.

 L’apprendimento avviene come risultato diretto dell’allenamento e dell’esperienza.

 L’apprendimento non può essere osservato direttamente, perché i processi che portano ai cambiamenti nel comportamento sono interni e non sono di solito disponibili per un esame diretto; piuttosto di deve supporre che i processi di apprendimento si verifichino sulla base di cambiamenti nel comportamento che possono essere osservati.

 Si ritiene che l’apprendimento produca cambiamenti relativamente permanenti nell’idoneità ad un comportamento di abilità, per tale ragione non si ritiene che siano dovuti all’apprendimento i cambiamenti nel comportamento causati da alterazioni facilmente reversibili nell’umore, nella motivazione o negli stati interni (ad esempio: nella sensazione di stanchezza).

Una sintesi di questi quattro aspetti produce la seguente definizione: l’apprendimento motorio è una serie di processi associati all’allenamento e all’esperienza che portano a cambiamenti relativamente permanenti nella possibilità di effettuare un movimento abile.56

2.4.1 Le fasi dell’apprendimento motorio

Molti autori suggeriscono che l’apprendimento di competenze sensomotorie si realizza in tappe successive con passaggio graduale da una fase di comprensione del compito e di coordinazione grezza ad una fase di comprensione approfondita e sviluppo di automatismi esecutivi. Per esempio, Fitts nel 1964 propose che il processo di acquisizione di nuove abilità motorie si raggiunge attraverso tre fasi.57 Anche altri autori hanno

presentato versioni di suddivisioni in fasi dell’apprendimento motorio, con lievi variazioni nel numero e nelle caratteristiche degli stadi. Alcune di queste differenze potrebbero essere dovute al fatto che tali modelli riguardano differenti tipi di competenze.57

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Vi è comunque in letteratura un generale accordo nel distinguere tre stadi relativamente differenziati, in cui i momenti di passaggio da uno stadio all’altro non sono sempre riconoscibili in maniera esatta e sono anche possibili fasi di stasi e regressioni.58

Nella prima fase di apprendimento (rapido), definita fase cognitivo-verbale o di sviluppo della coordinazione grezza, i soggetti trovandosi nella condizione di dover affrontare una serie di difficoltà imposte da un compito nuovo, si sforzano di comprendere strategie e requisiti utili allo svolgimento dell’attività stessa.57 Per far fronte a queste difficoltà il soggetto tende a verbalizzare per controllare l’azione, le procedure da utilizzare, le modalità di realizzazione e i criteri di riuscita. Questa strategia spontanea è utile per conseguire una prima approssimazione del gesto, tuttavia risulta alquanto dispendiosa poiché impegna processi attentivi e ostacola l’elaborazione simultanea di altre informazioni. Negli stadi successivi, pertanto la guida verbale perderà gradualmente di importanza. In generale questo primo stadio è caratterizzato da prestazioni scadenti, errori frequenti e movimenti poco economici, nello stesso tempo però l’acquisizione degli elementi base dell’azione risulta essere piuttosto rapida, con miglioramenti superiori rispetto agli altri stadi di apprendimento motorio.32,58

Nella seconda fase di apprendimento (lento), anche definita stadio motorio o di sviluppo della coordinazione fine, assistiamo ad un incremento delle prestazioni motorie, l’azione viene perfezionata e i feedback di controllo e correzione sono utilizzati con successo. L’azione diventa più precisa, regolare e fluida, anche grazie all’apporto di infomazioni multisensoriali che arricchiscono la rappresentazione mentale del gesto; i costi energetici si riducono e il processo di verbalizzazione viene gradualmente abbandonato. Le unità motorie che compongono l’azione vengono progressivamente integrate in unità di livello superiore; ciò rende il soggetto capace di applicare una supervisione intermittente, evitando un controllo continuo e dispendioso da parte dei processi attentivi. In condizioni favorevoli, il compito è svolto facilmente, in conformità ad un modello di rappresentazione interna, mentre in situazioni difficili o impreviste emergono imperfezioni ed errori tipici della prima fase di apprendimento. I cambiamenti in questo stadio risultano più lenti e graduali della fase precedente, in quanto possono protrarsi per diversi giorni, settimane o mesi.

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La terza fase, detta di automatizzazione, si raggiunge a seguito di una grande quantità di pratica, e potenzialmente non si conclude mai. Questo stadio consente di passare da una prestazione controllata ad una più efficiente; l’abilità motoria raggiunge un elevato livello di perfezionamento: risulta controllata, coordinata, efficace ed eseguita con sicurezza anche in situazioni difficili, variate ed impreviste. La rappresentazione mentale multisensoriale consente la correzione del movimento attraverso un preciso confronto fra risultato atteso e risultato reale. L’automatizzazione di molte operazioni mentali, dalla percezione all’esecuzione, consente di utilizzare le risorse attentive disponibili per l’analisi di informazioni ambientali o per il controllo di un’attività non ancora automatizzata. In questo stadio i miglioramenti risultano lenti e di minore entità rispetto alle due fasi precedenti, ma comunque possibili.58

2.4.2 Modalità di apprendimento

L’apprendimento motorio avviene grazie all’intervento integrato e coordinato di quattro sistemi: il sistema propriocettivo che ci consente di raccogliere le afferenze che provengono dall’ambiente esterno e dall’interno del corpo; il sistema elaborativo che organizza le percezioni e elabora e/o sceglie a livello mentale lo schema ideo-motorio dell’azione da compiere; il sistema effettore che coordina, organizza e attua la risposta e in ultimo il sistema di controllo che utilizza i feedback per verificare la corrispondenza tra i risultati ottenuti e quelli attesi. Nel processo di apprendimento l’importanza di questo sistema è palese in quanto interviene per farci continuare, modificare e correggere il movimento in corso. Descriviamo ore le modalità che un soggetto in età evolutiva può utilizzare per apprendere uno schema motorio:59

Apprendimento per imitazione: avviene imitando gli altri che rappresentano il “modello” a cui rapportarsi. È immediata, spontanea e naturale, ma può anche risultare difficile, imprecisa e con lunghi tempi di riuscita. Coinvolge in prevalenza competenze cognitive elementari. Indicata prevalentemente per l’apprendimento di abilità globali e parziali semplici o per variazione di attività già padroneggiate.

Apprendimento per tentativi, errori e intuizione: avviene in presenza di un problema motorio da risolvere e in mancanza di un modello da imitare. Sollecita competenze cognitive superiori e rispetta i tempi personali di apprendimento, di

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