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Academic year: 2021

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MARIAROSA MASOERO1 Università di Torino

INTRODUZIONE

Bruno Vasari ha vissuto una lunga vita, una vita che ha attraversato un secolo problematico, un secolo difficile, per tanti aspetti tragico, ma anche un secolo di notevole spessore e rilievo culturale, per tutta l’Italia, ma per il Piemonte

in particolare. E Bruno ha rappresentato bene entrambe queste anime novecentesche: da un lato la drammatica esperienza della deportazione a Mauthausen

– una vera e propria cesura nel suo vissuto – e poi l’impegno successivo della testimonianza, portata avanti senza risparmio di energie («Il riposo non è affar

nostro») per mezzo della scrittura, del racconto, della presenza, del comportamento, ecc. Ma Bruno ha pure incarnato i valori culturali del Novecento, attraverso

la conoscenza, la frequentazione e l’amicizia degli intellettuali più rappresentativi del secolo, scrittori e pittori soprattutto. E di questi fortunati incontri

parlava molto volentieri.

Ho avuto la fortuna di conoscere Bruno Vasari una ventina di anni fa; i rapporti si erano poi intensificati a partire dal 1995, allorché Marziano Guglielminetti avviò un rapporto istituzionale, stabile e solido, tra Aned e Università di

Torino; iniziato con un primo viaggio di studenti e docenti della Facoltà di Lettere e Filosofia a Mauthausen, Gusen 1 e 2, Ebensee, esso è stato portato avanti attraverso i seminari tenutisi regolarmente tutti gli anni presso la Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci e le numerose tesi di laurea discusse nella Facoltà di Lingue e in parte trasformate successivamente in libri (spesso con supporto multimediale) nella collana «Quaderni della memoria».

E allora Bruno Vasari divenne l’ineludibile e prezioso punto di riferimento, per consigli, notizie, ricerche, stimoli e suggerimenti. E mi piace ricordare di questo gentiluomo la finezza, il garbo, l’eleganza: arrivava sempre a tutto, in

1 Ci tengo a ringraziare tutti coloro che sono intervenuti al convegno, amici di Bruno Vasari, solleciti

e presenti come in quei tanti incontri, divenuti tradizionali, in occasione del suo compleanno, festeggiato negli anni con lui, con la sua parola, con il suo esempio, con i suoi valori.

Mariarosa Masoero

modo sensibile e discreto. C’era un compleanno, si era tenuto un evento significativo, si inauguravano i seminari al Gramsci? Se non poteva intervenire di persona,

nella buca trovavo un biglietto o una delle sue famose “buste”. Mi piace

condividere con voi queste due righe, da lui scritte in occasione dell’apertura di uno dei suddetti seminari sul valore culturale e letterario della memorialistica della deportazione. Non aveva potuto intervenire – non stava bene – e mi aveva fatto pervenire poche parole, essenziali e tanto più efficaci: «Mi sembra di poter richiamare l’attenzione dei ragazzi sui caratteri dell’attività culturale dell’Aned

di Torino: coerenza, costanza, rigore». E coerenza, costanza, rigore erano tre caratteristiche

fondamentali del suo vivere, del suo scrivere, del suo comportarsi.

La costanza, poi: quando era convinto della bontà di un’idea, per nulla al mondo la abbandonava, anzi la coltivava, la nutriva, con ostinazione, forza e tenacia. E se non gli si prestava la dovuta attenzione, se lo si “abbandonava”, ecco arrivare subito un bigliettino: «Ma c’è ancora un cantuccio, per me, per il mio progetto? ». Era un vulcano di idee ed era difficile stargli dietro, reggere i suoi ritmi. E poi era esclusivo: quando aveva una nuova proposta in mente, ti chiedeva di dedicarti interamente a quella fino alla sua realizzazione.

Ho portato qui solo alcuni dei tanti suoi progetti: anzitutto quello cui lui

teneva moltissimo, ovvero quel convegno su Poesia e Lager realizzato il 25 e 26 gennaio del 2005,2 e poi un altro, sulla resistenza morale dei prigionieri nei Lager,

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rimasto nei desideri. Mi scriveva: «Ecco una bozza-guida preliminare per un

eventuale convegno sulla resistenza morale nei Lager. Ti sarei molto grato se volessi dedicare un po’ del tuo tempo – era una formula cortese e gentile, in realtà

sottintendeva una richiesta energica, “impositiva” – per criticare e dare eventuali indicazioni per un completamento o riduzione in vista della possibilità di

una realizzazione» – e allegava una bozza-progetto. Ma aveva dimenticato qualcosa, e due giorni dopo arrivava un’altra delle sue lettere: «Cara Mariarosa ecco

un supplemento del progetto di quel convegno sulla resistenza morale nei Lager. Desidero esaminare con te queste carte e prospettare anche gli sviluppi. Conto sui tuoi illuminati consigli» ecc.

Era un dialogo che non si interrompeva mai: un dialogo di persona, un dialogo a distanza, la telefonata discreta, la lettera che compariva in buca, ecc. Ma

era un dialogo – e mi piace ricordare la grande umanità di Bruno – che coinvolgeva e toccava un po’ tutti gli aspetti della vita dell’uomo e i suoi interessi. Ho

2 Il convegno fu organizzato dall’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società

contemporanea “Giorgio Agosti” per il Giorno della memoria 2005. Gli atti sono stati pubblicati con il titolo Dal buio del sottosuolo: Poesia e Lager, a cura di Alberto Cavaglion, Milano, FrancoAngeli, 2006.

Introduzione

qui una stupenda fotografia di lui con Pino, il suo “grande” gatto. Eravamo entrambi gattofili convinti e Pino aveva subito solidarizzato con me: allora, dopo

una delle prime volte in cui era nato questo feeling tra me e Pino, Bruno mi aveva mandato questo bigliettino bellissimo dove diceva: «Ecco il mio caro Pino,

che mi fa e mi tiene tanta compagnia…» ecc.

Insomma, Bruno è stato un testimone e un intellettuale di primo piano. Quante volte e per quanto tempo abbiamo parlato di Carlo Levi, di Umberto

Saba, di Linuccia Saba e di tutti i grandi del Novecento, mentre la sera si affacciava alle finestre del suo salone, nel quale libri, carte, quadri, oggetti erano altrettanti segni e preziosi documenti della storia e della cultura del Novecento. E

lì, seduto in una imponente poltrona o sul divano antico, il testimone di Mauthausen, l’intellettuale di prim’ordine, il poeta fine e musicale, l’uomo dai mille

interessi, parlava sottovoce, con la calma e nello stesso tempo la fermezza che occorrono per portare avanti le cose in cui profondamente si crede.

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