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Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario. Percorsi e sviluppi normativi.

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23 July 2021

AperTO - Archivio Istituzionale Open Access dell'Università di Torino

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Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario. Percorsi e sviluppi normativi.

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DOI:10.4399/97888255088027

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Aracne

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Mondi montani da governare

ISBN 978-88-255-0880-2 DOI 10.4399/97888255088027 pag. 57–95 (novembre 2017)

Abbandono dei terreni rurali

e associazionismo fondiario

Percorsi e sviluppi normativi

A C

. Premessa. Alle origini storiche del problema: l’esodo e l’abbandono dei terreni rurali e montani e collinari

Come ben noto i cruciali problemi delle proprietà agrarie e forestali hanno avuto origini lontane principalmente dovute all’esodo e al conseguente abbandono delle terre per mancanza di redditività già nella metà dell’Ottocento

. Il fenomeno, dapprima contrassegnato da un’emigrazione stagionale

, si è venuto aggravando tra le due guerre del Novecento con una emigrazione definitiva, impoverendo gravemente il tessuto sociale ed economico delle popolazioni locali alpine e col-linari (quelle che oggi con un neologismo vengono denominate “terre alte”)

.

. Dal  al , come noto, si verificò in Italia una grave crisi dell’agricoltura che colpì piccoli e grandi proprietari con rilevanti ripercussioni sull’economia e sulla politica del Paese. Anche se incerte e lacunose per questi tempi sono le statistiche, è un dato pacifico che tale crisi ha comportato una “fuga” dai “campi” con incremento di emigrazione dapprima stagionale e poi “permanente”. Su tale crisi e sulle sue ricadute, a mero titolo indicativo, soprattutto dopo gli esiti dell’Inchiesta agraria di S. Jacini, v. già C. B, L’economia

dell’agricoltura in Italia e la sua trasformazione secondo i dati dell’inchiesta agraria,Roma, ; nonché Ministero d’Agricoltura, Industria e Commercio, Notizie intorno alle condizioni dell’Agricoltura negli anni–, voll. I–III, Roma, –; quindi A. C, L’inchiesta agraria Jacini, Torino, ; S. B. C, Storia dell’economia

italiana dal ad oggi, Bologna, ; G. L, L’economia italiana dal  al , Milano, ; G. C, Storia dell’Italia moderna,Milano, , spec. vol. IV; F. M, L’Italia e gli emigranti, Milano, , vol. I,  ss. . L’emigrazione stagionale è storicamente risalente nelle vallate alpine come ha esattamente rilevato già R. B, Les Alpes Occidentales. Le versant piemontais, Grenoble–Paris, , Tome sixième,  e ; come pure G. C, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino, –; si segnala inoltre lo studio di G. P, Censimenti e popolazione in Piemonte nei secoli XVI, XVII e XVIII, in «Riv. di Sociologia», X,, ; della problematica sull’emigrazione italiana, oltre ai numerosi scritti economici e sociali, vi sono stati anche contributi giuridici risalenti: V. G, Emigrazione, in V. E. O (a cura di), Trattato di

diritto amministrativo,Milano, , vol. IV, parte II, –; L. R, L’emigrazione italiana nei suoi rapporti con il

diritto,Città di Castello, ; Id., La règlementation des migrations, Ginevra, ; G. D M, L’emigrazione

italiana: legislazione e statistiche,Palermo, ; L. V, Les émigrations internationales et leur règlementation, pubblicazione dell’Academie de droit International, .

. È interessante rilevare che nel  la figura dell’emigrante era giuridicamente così definita: «Emigrante. . . è il cittadino che si reca in paesi posti al di là del Canale di Suez, escluse le colonie e i protettorati italiani, il Paese posto al di là dello stretto di Gibilterra, escluse le coste dell’Europa, viaggiando in terza classe e in classe che il Commissariato dell’emigrazione dichiari equivalente alla terza» (l. /, art. ). La prima legge che garantiva

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 Alessandro Crosetti

L’abbandono e lo spopolamento hanno segnato diffusamente tutti i versanti delle Alpi assumendo proporzioni sempre più gravi con esiti irreversibili e con pesanti ricadute negative su tutta l’economia e la vita montana che hanno, da tempo, solle-citato studi

e ricerche volti a cercare di arginare, anche se ormai tardivamente, il fenomeno

.

Le conseguenze più pesanti derivanti dallo spopolamento e dalla riduzione dell’antropizzazione hanno comportato un diffuso frazionamento e una massiccia dispersione della proprietà rurale e forestale

. La dispersione dei terreni frammen-tati è, peraltro, problema risalente (v. infra). Molte volte gli appezzamenti di terreno appartenenti allo stesso proprietario mancano già in origine di continuità, perché divisi da altri e in quanto appartenenti a proprietari diversi. Questa parcellizzazione immobiliare è, da sempre, causa di molti inconvenienti che hanno generato gravi difficoltà nella coltivazione e conduzione dei fondi, conseguenti maggiori spese di lavorazione, diseconomie di gestione, necessità di organizzazione del lavoro, liti tra i proprietari confinanti e consequenziale abbandono della gestione delle terre. Questi ed altri reali danni all’economia, avvertiti da tempo, hanno dato luogo a diverse opinioni e differenti opzioni anche normative. Talune opzioni, in omaggio al principio di libertà, non hanno visto altro rimedio possibile se non l’opera spon-tanea degli stessi proprietari, che per mezzo sia di contratti di acquisto o di permuta, ma anche di forme di associazionismo potessero giungere alla compattazione di

la “libertà di emigrare” risaliva al , non senza problemi applicativi, e solo nel  si dispose un testo più organico con cui venivano istituiti il Commissariato per l’emigrazione ed un Consiglio dell’emigrazione. Nel  era stata poi riveduta la definizione di emigrante e la qualifica veniva estesa a tutti coloro che si recavano all’estero a scopo di lavoro manuale e ai loro familiari. Sul fenomeno e le cause di emigrazione in Italia ed in Europa nel Novecento sono impossibili citazioni di completezza stante la vasta letteratura sia di carattere sociologico che economico. Per una visione generale v. G. R e O. G, L’altra Italia, Roma, Centro Studi Emigrazione, ; G. B, L’emigrazione italiana in Europa, Milano, ; F. M, La polemica sull’emigrazione dall’Italia

unita fino alla prima guerra mondiale,in «Nuova rivista storica», ; E. S, L’emigrazione italiana dall’Unità alla

seconda guerra mondiale,Bologna, .

. Per ordine di importanza vanno anzitutto ricordati gli Atti della Giunta per l’Inchiesta agraria sulle condizioni

della classe agricola(decretata con legge  marzo ), Roma, –, dovuta all’intelligente opera di S. J. L’inchiesta aveva avuto per oggetto le caratteristiche della proprietà fondiaria, le colture e i metodi di coltivazione ed aveva rivelato come, a vent’anni dall’unificazione, permanessero diverse realtà ambientali e produttive, legate a consuetudini, usi e colture diverse, ove esistevano ampie estensioni incolte o poco produttive, a causa di metodi arcaici di coltivazione, accanto a vaste estensioni di latifondo. Sull’importante apporto di tale inchiesta assai poco recepita v. A. C, L’inchiesta agraria Jacini, Torino, .

. V. in proposito le conclusioni dell’importante inchiesta del Comitato della geografia e dell’Istituto di economia agraria INEA, Lo spopolamento montano in Italia,  voll., Roma, –, nonché M. F, Lo

spopolamento delle valli,Ufficio della Montagna, Cuneo, ; R. T, Per uno studio sistematico delle vallate

italiane,in Atti del XI congresso geografico italiano, Napoli, , vol. II; S. J, Nuovi lineamenti di una politica

dell’emigrazione,in Idea, , I, n. ,  ss; S. S, Ripercussioni demografiche e sociali della emigrazione italiana, in Prev. soc., ,  ss; v. inoltre C. B, L’esodo: conseguenze demografiche e sociali, in L’esodo rurale e lo

spopolamento della montagna nella società contemporanea. Atti del convegno italo–svizzero, Roma, UNESCO, – maggio , Milano, ,  ss; G. T, Spopolamento montano ed esodo rurale: misure e prospettive, ivi,ss, nonché gli Atti del Convegno internazionale Cuneo– giugno  su Migrazioni attraverso le Alpi occidentali, Regione Piemonte,  con vari contributi.

. Su tale fenomeno v. già G. B. A, Lo spopolamento alpino e il frazionamento e la dispersione della proprietà

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Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario 

fondi più estesi e contigui; altre opzioni, invece, facendo leva sulla prevalenza che l’interesse pubblico della produzione e conduzione deve avere su quello privato, hanno sostenuto, quale via preferenziale, le procedure di permute e trasferimenti coattivi attraverso atti di imperio della pubblica amministrazione

.

Onde meglio comprendere le più recenti tendenze e soluzioni normative volte a cercare di risolvere o per lo meno arginare il problema della “fuga” dai terreni montani e collinari non appare inutile analizzare i non sempre lineari percorsi che sono stati battuti dal legislatore, sia prima che dopo la Carta costituzionale, per tentare di affrontare quella che, da tempo, è stata definita, con espressione assai generica (e quindi ambigua), la c.d. “questione agraria”

.

Quello della guida pubblica della proprietà e/o dell’impresa agraria e forestale è problema che, per l’Italia, si trascina dallo scorso secolo con dibattiti ed interventi legislativi assolutamente eterogenei e molto spesso incoerenti.

Da un lato, vi sono stati studiosi (segnatamente gli economisti) che hanno ritenuto che una guida pubblica della produzione agraria sia possibile solo nel quadro di una politica economica “autarchica”, altrimenti le leggi dei mercati internazionali agricoli avrebbero una prevalenza dominante; in tal senso, i pubblici poteri sarebbero chiamati a dare meri indirizzi ed assistenza tecnica al fine di con-seguire una produzione agricola e forestale qualificata e competitiva. L’esperienza ha, tuttavia, evidenziato che le imposizioni pubbliche di produzioni quantitative non hanno avuto gli esiti sperati, anzi hanno creato forti scompensi non tenendo in sufficiente conto le dinamiche del mercato sia interno che esterno.

Per contro, vi sono stati altri studiosi (segnatamente i giuristi) che hanno so-stenuto che lo Stato debba porsi come autorità, normativa ed amministrativa, nel settore della produzione e gestione agricola e forestale, onde evitare che si creino squilibri sia sociali che produttivi

.

. In questo dibattito si inseriscono i contributi già di V. P, L’Amministrazione pubblica dell’agricoltura, in V. E. O (a cura di), Trattato di diritto amministrativo di, Milano, , I, –; E. M, La funzione

sociale della proprietà fondiaria ed il soverchio frazionamento della terra,Piacenza, ; C. C, Le remembrement

de la propriété rurale,Paris, ; A. T, Frammentazione e ricomposizione dei fondi rurali, Firenze, . . La storia politico–amministrativa dell’agricoltura in Italia è in gran parte da riscrivere, avendo avuto il fat-tore politico, nel governo e nella gestione amministrativa nel setfat-tore, un’importanza enorme. Molto interessante, ancorché datata, è l’esposizione economico–politica di M. B, Cento anni di storia agraria italiana, Roma, ; sulle vicende delle strutture amministrative una breve sintesi è in P. C, L’amministrazione dell’agricoltura, INEA–ISAP, Bologna, ; ulteriori dati in L. A, Agricoltura (disciplina amministrativa), in «Enc. diritto», Milano, , I, pp.  ss; C. D, L’amministrazione dell’agricoltura, Roma, .

. Tali diverse opzioni sono da riconnettere al fitto dibattito che ha caratterizzato, già ad inizio del Novecento, l’azione, sia legislativa che amministrativa, dei poteri pubblici nel campo dell’economia. La posizione dello Stato e dell’ordinamento giuridico nei confronti dell’economia aveva imposto una riflessione in ordine alle relazioni tra norma giuridica e fatti economici. Sul punto si erano registrate diverse impostazioni, a seconda del presupposto teorico della neutralità o meno della norma giuridica rispetto al fatto economico. Si erano così contrapposte la concezione della neutralità della norma rispetto ai comportamenti anche economici dei privati, alla concezione più marcatamente funzionalistica secondo la quale la norma è strumento di conformazione della realtà anche economica. Parallelamente si erano altresì diffuse, da un lato, la dottrina c.d. individualistica, dall’altro lato, quella del collettivismo economico. In realtà, entrambe le concezioni erano condizionate dalle scelte di politica legislativa che di volta in volta i fatti economici suggerivano e talora imponevano. Sul tema sono impossibili citazioni con pretesa di completezza: tra i giuristi G. M, Il problema dell’adeguamento della norma giuridica al fatto economico.

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 Alessandro Crosetti

L’analisi di questo percorso normativo, come si avrà modo di constatare, è contrassegnato da svariati obiettivi, tra loro non sempre coerenti ed omogenei ed anzi spesso contraddittori, che vanno dal più razionale sfruttamento del suolo, ai più equilibrati rapporti sociali e demografici, ai recuperi di produttività agricola e forestale. Gli strumenti di intervento legislativo si presentano in modo assai dispa-rato, a seconda del momento storico e di tendenza. Vanno dagli obblighi e vincoli per la proprietà rurale privata, ai limiti sulla sua estensione secondo le regioni agrarie e forestali, agli interventi di bonifica delle terre agricole, alla limitazione e trasformazione del latifondo, nonché alla ricostituzione (volontaria o coattiva) delle unità produttive. Il ventaglio di tali strumenti normativi ha evidenziato, nel corso del tempo, tutta la episodicità e la conseguente fragilità (e talora inutilità) attuativa, con talvolta scarse, per non dire nulle, ricadute sui processi di degrado delle aree rurali

.

. Le normative agro–forestali per i terreni montani del periodo fascista Il primo intervento normativo, in ordine di tempo, volto ad affrontare le pro-blematiche economiche e sociali dei terreni montani, è stato certamente quello contenuto nel regio decreto  dicembre , n. , recante “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e terreni montani” (c.d. legge Serpieri dal suo autorevole propugnatore) con il quale il legislatore del regime pose mano ad una riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani prevalentemente con limitazioni vincolistiche alle trasformazioni dei boschi

. Tecnica giuridica e fatto economico,in Dir. econ., ,  ss, nonché E. C, Osservazioni sul cosiddetto diritto

amministrativo dell’economia,in Scritti per V.E. Orlando, Padova, ,  ss; G. B. M, Sulla subordinazione

del mondo economico al diritto, ivi, ,  ss; V. S V, Economia (disciplina dell’), in Nov. Dig. it., Torino, , vol. VI, nonché M.S. G, Economia (disciplina della), in «Enc. dir.», Milano, vol. XIV,  ss; il tema del c.d. governo dell’economia ha offerto sempre grande occasione di dibattito anche in tempi recenti: S. A. F L, L’amministrazione regolatrice, Torino, ; C. P, Mercati, amministrazioni e autonomie

territoriali,Torino, ; N. I, Economia di mercato e interesse pubblico, in «Riv. trim. dir. e proc. civ.», ,  ss; G. M, A. L S, Lo Stato regolatore, Bologna, ; M. A, Mercato e regolazione, Milano, ; L. G, Attività amministrativa e regolazione di sistema, Torino, , ; S. V, Diritto e istituzioni della

regolazione,Milano,  con riserva di ulteriori indicazioni sui rapporti tra diritto ed economia affrontati nei testi di Diritto pubblico dell’economia di M. S. G e di G. Q.

. Come messo in luce già fin dagli Atti della II Assemblea dell’Istituto di dir. agrario internazionale e comparato, Milano, ; F. B, Gli aspetti giuridici degli interventi pubblici in agricoltura, Bologna,  e nello studio di R. P, Aspetti giuridici della pianificazione in agricoltura, Milano, , nonché Id., Vicende organizzative

dell’amministrazione dell’agricoltura,in F. M (a cura di), La legislazione economica italiana dalla fine della guerra

al primo programma economico,Milano, ,  ss.

. Lo spirito riformatore della legge Serpieri partiva dalla convinzione che la precedente normativa forestale del  non desse un’adeguata risposta all’economia montana e alle possibilità di attivare anche i terreni agricoli e pascolivi, e non solo il bosco, per rinsaldare il suolo e regolare i deflussi delle acque attraverso adeguate sistemazioni e tecniche colturali. In questa diversa prospettiva, secondo Serpieri, doveva essere rivisto il vincolo d’uso dei diversi territori, mentre doveva farsi più incisiva l’azione dello Stato per sistemare i bacini montani più disastrati. Era sua convinzione che la difesa del bosco dalle forti pressioni delle popolazioni montane potesse essere meglio perseguita se, accanto alle misure di divieto di danneggiare e distruggere il manto boschivo, fossero

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Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario 

L’aspetto principale e maggiormente innovatore della legge del  era, però, rappresentato dalla previsione di interventi pubblici indirizzati all’avanzamento dell’economia montana. Lo Stato non soltanto era chiamato a compiere a proprie spese le opere di sistemazione idraulico–forestale dei bacini montani

; mentre per le opere di miglioramento lasciate all’iniziativa dei privati venivano previsti anche sussidi finanziari. A chi voleva rimboschire terreni, vincolati o non, la legge garantiva l’esenzione dell’imposta fondiaria, la direzione tecnica gratuita dei lavori, contributi fino a due terzi della spesa e, in caso di terreni vincolati, anche la fornitura gratuita dei semi e delle piantine, con larga predilezione per le piante di castagno, volano dell’economia montana

.

In effetti, con la legge del  furono mutati radicalmente i principi informatori di tutta la pregressa legislazione forestale italiana. Mentre, infatti, precedentemente la normativa si era ridotta ad imporre delle limitazioni (vincoli) alla proprietà terriera, senza tener conto dell’esistenza o meno del bosco, in funzione della stabilità di certi terreni e del regime delle acque, la legge Serpieri era venuta impo-nendo un particolare regime a tutte le aree boscate onde evitare che il territorio venisse ulteriormente depauperato delle sue risorse di legname con conseguente impoverimento economico e sociale delle popolazioni locali.

L’ampio progetto riformistico fu ben presto oggetto di modificazioni e revisioni circa la misura delle sanzioni pecuniarie, la conciliazione delle contravvenzioni, l’utilizzazione dei boschi non vincolati e la trasformazione di essi (r.d.l.  gennaio

state promosse azioni di risposta ai crescenti bisogni di tali popolazioni, migliorando e intensificando le colture agricole e lo sviluppo zootecnico. Sui criteri di politica legislativa sottesi alla legge del : v. soprattutto A. S, La politica agraria in Italia e i recenti provvedimenti legislativi, Piacenza, ; R. T, I criteri informatori

della nuova legge sui boschi e terreni di montagna, in «Riv. Dir. Agrario», ,  ss; Id., Concetto e limiti del diritto

forestale, in Annali R. Istituto forestale di Firenze, , V. v. altresì le osservazioni di L. T, Il vero spirito della

legge forestale: contributo critico e di conoscenza per una regolazione pluridisciplinare dell’ambiente montano, memoria al

Convegno sull’insediamento turistico e residenziale nell’ambiente montano nell’arco alpino, Rovereto, ,  ss. Su tali criteri di politica legislativa sia consentito il rinvio ad A. C, Note sulla politica legislativa forestale italiana tra

‘ e ‘: tra luci e ombre, in «Riv. Storia dir. it.», ,  ss.

. La legge del  aveva invero previsto perfino la possibilità di avviare espropriazioni ammesse nell’inte-resse della conservazione e dell’incremento del patrimonio forestale, in coerenza con l’obiettivo del progresso agricolo nazionale, delle bonifiche e delle trasformazioni agrarie. In tali ipotesi (art. , , – del r.d. /), la dichiarazione di pubblica utilità era costituita da un’autorizzazione ad espropriare emanata con decreto motivato del Ministro dell’agricoltura e delle foreste. L’ammontare dell’indennità, ove fosse mancato l’accordo delle parti, doveva essere fissato, su richiesta della parte più diligente, da tre arbitri, nominati, uno, dal proprietario dei beni, uno, dall’ente proponente l’espropriazione ed il terzo dagli arbitri così nominati e, in caso di mancato accordo, dal presidente del tribunale locale, fra gli ingegneri, i laureati in scienze agrarie, i periti forestali, i geometri, iscritti nell’apposito albo dei periti presso il tribunale. Va, peraltro, rilevato che tali ipotesi espropriative hanno trovato scarsissima applicazione anche in ragione degli eventi bellici contingenti.

. In base alle leggi forestali del  e del , si concedevano premi fissi; mentre, con la legge forestale del , il concorso poteva giungere ai / della spesa complessivamente sostenuta dal privato. Va poi avvertito che il problema del rimboschimento non era solo tecnico, ma anche e soprattutto sociale; esso non poteva perciò risolversi, se non inquadrandolo nel più vasto problema dell’equilibrio delle colture, delle relazioni fra pianura e montagna, della distribuzione della popolazione a seconda delle risorse attuali e potenziali del suolo. Sulle problematiche derivanti dalle direttive di rimboschimento dell’epoca: A. P, Le sistemazioni montane e i

rimboschimenti, Firenze, ; Id., La tecnica dei rimboschimenti secondo le più recenti vedute ed esperienze, Piacenza, ; A. A, Il problema dei rimboschimenti in Italia, Roma, .

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 Alessandro Crosetti

, n. ); il pascolo delle capre e la restrizione di esso (r.d.l.  gennaio , n.  e R. D.  agosto , n. ); nonché la gestione del demanio forestale (r.d.l.  febbraio , n. ; r.d.l.  agosto , n. ) con conseguente scarsa funzionalità dell’impianto normativo a favore delle popolazioni e delle proprietà agrarie e forestali.

Va, peraltro, evidenziato che l’attuazione della legge fu oltremodo e gravemente compromessa dallo scoppio della guerra ed il patrimonio boschivo nazionale fu ulteriormente depauperato con tagli straordinari per far fronte alle esigenze belliche

.

. Le normative volte alla bonifica dei terreni agricoli e montani in funzione consortile

La grave compromissione di vaste aree non solo di pianura ma anche collinari e montane spinse il legislatore ad orientarsi a favore di più ampi interventi c.d. di “bonifica”. In senso stretto, il termine bonifica aveva tradizionalmente avuto ad oggetto un complesso di lavori diretti al prosciugamento di laghi, di stagni, di terreni paludosi o acquitrinosi, con finalità prevalentemente igieniche e solo conseguentemente di valorizzazione agricola. Successivamente, la bonifica è venu-ta a comprendere tutti gli interventi pubblici che possono giovare alla migliore abitabilità delle campagne, alla migliore produttività dei terreni, alla comodità delle comunicazioni e dei trasporti in ordine alle necessità della produzione agraria e della vita degli agricoltori. Intesa in questo nuovo significato, la bonifica, de-nominata con maggiore precisione “bonifica integrale”, ha inteso comprendere, oltre l’originario prosciugamento dei terreni paludosi e malsani, ogni attività di trasformazione in produttivi di terreni agrari improduttivi, e quindi ad agire con interventi pubblici sulle economie dei territori abbandonati e marginali

. Tale nozione di bonifica è entrata nel nostro ordinamento soltanto nella legi-slazione fascista. In effetti, la prima legge italiana emanata dopo l’unificazione, in epoca tardo–liberale, la legge  luglio , n.  e le successive riforme del  luglio , n.  e  agosto , n.  avevano ad oggetto essenzialmente le opere di bonifica delle paludi come emerge dal titolo letterale del T.U.  marzo , n. . Anche le leggi  luglio , n.  e  luglio , n.  erano caratte-rizzate dallo stesso ordine di provvidenze. Analogo oggetto aveva il regio decreto

. Per i dati v. A. S, L’ordinamento dell’amministrazione forestale e i suoi vari compiti, in Regio Istituto

Superiore agrario e forestale,Firenze, ,  ss; v. inoltre M. R, La montagna in guerra e dopo la guerra, Roma, ; A. S, La montagna, i boschi e i pascoli, Roma, .

. Sulla nozione di bonifica e sulla relativa evoluzione anche normativa: C. M, Manuale

amministra-tivo delle bonificazioni,Milano, ; E. P, L’amministrazione pubblica dell’agricoltura, cit.,  ss; R. P,

Bonifiche,in Digesto it., Torino, ; quindi A.D. G, Il nuovo ordinamento legislativo delle bonificazioni, in

Acque e trasporti, ,  ss; E. I, Legislazione sulle bonifiche, sulle irrigazioni e sulle trasformazioni fondiarie, Vicenza, ; A. B, Le bonifiche in Italia nei riguardi geofisici, storici, tecnici ed economici, Roma, ; nonché A. D. G, Bonifica, in «Enc. it. Treccani», Roma, ,  ss.

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Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario 

legislativo  dicembre , n.  emanato quale T.U. per il riordinamento della complessa normativa pregressa.

Contemporaneamente, infatti, alla legge forestale venne emanato anche tale T.U. sulle bonifiche, il quale, pur continuando a riferirsi ai comprensori di bonifica idraulica di pianura veniva ad estendere notevolmente il campo di intervento dei progetti di bonifica anche per le sistemazioni montane con conseguenti riflessi sulle aree agro–forestali e non. L’impianto normativo era fondato su un modello che ha trovato recentemente nuova attenzione ed applicazione in quanto fonda-to sull’associazionismo dei proprietari agricoli e solo eventualmente su forme sostitutive di intervento autoritativo dei pubblici poteri (v. infra).

La successiva nuova legge Serpieri (l.  maggio , n. ), sulle trasformazio-ni fondiarie di pubblico interesse, introduceva, infatti, l’obiettivo della c.d. “botrasformazio-nifica integrale” tramite un piano generale che prevedeva l’esecuzione a carico dello Sta-to di varie opere favorevoli prevalentemente alla trasformazione agraria di pianura e secondariamente anche a quella montana e quindi forestale. Va avvertito che le leggi sulla bonifica si susseguirono, con stentata applicazione per insufficienza e discontinuità di stanziamenti, fino alla c.d. legge Mussolini sulla bonifica integrale (l.  dicembre , n. ) che nessun beneficio portò al miglioramento delle aree agro–forestali.

Nel  venne, infine, emanato il regio decreto  febbraio , n. , contenen-te nuove norme per la bonifica incontenen-tegrale, che coordinava ed incontenen-tegrava in un T.U. le leggi del  e del  sulle sistemazioni idrauliche e sulle sistemazioni montane. Questa legge, con intento innovativo, venne a disporre che potevano essere inclusi tra i comprensori di bonifica i terreni montani dissestati nei riguardi idrogeologici e forestali (art. ) e, in particolare, i bacini montani delimitati ai sensi del titolo II del T.U.  dicembre , n. . Venivano così considerate di competenza dello Stato, in quanto necessarie ai fini della bonifica, «le opere di rimboschimento e ricostituzione dei boschi deteriorati, di correzione dei tronchi montani dei corsi d’acqua, di rinsaldamento delle relative pendici, anche mediante la creazione di prati e pascoli alberati, di sistemazioni idraulico–agrarie delle pendici stesse, in quanto tali opere fossero volte ai fini pubblici della stabilità del terreno e del buon regime delle acque» (art. )

. A tali fini, la legge sulla bonifica integrale aveva previsto la possibilità di configurare come comprensori di bonifica i bacini montani delimitati ai sensi della legge forestale (art. ).

Un profilo saliente di tale normativa, per quanto più rileva in questa sede, è

. La bonifica, detta per maggior precisione “bonifica integrale”, comprendeva, oltre il prosciugamento dei terreni paludosi e malsani anche le sistemazioni idraulico forestali. Sull’estensione della nozione di bonifica e relativa evoluzione legislativa nel regime fascista v.: E. J, La nuova legge sulle bonifiche, in Rivista di diritto

agrario, , pp.  ss; Id., Le leggi sulla bonifica integrale, Padova, ; E. C, I precedenti storici, giuridici ed

economici della legge sulla bonifica integrale, Milano, ; A. S, La legge sulla bonifica integrale nei primi dieci

anni di applicazione, Roma, ; U. F, Aspetti giuridici della bonifica integrale, Roma, ; successivamente ancora A. S, Fra politica ed economia rurale, Firenze, , Id., La bonifica nella storia e nella dottrina, Bologna, ; v. inoltre D. B, Bonifica, in Noviss. Dig. It., Torino, , II,  ss; A. M, Bonifica, in «Enc. dir.», Milano, , V,  ss; cui adde A. C, Bonifica, in «Enc. giur. Treccani», Roma, , V,  ss; M. D’A,

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 Alessandro Crosetti

stata la previsione di costituzione di consorzi di bonifica (art. –) tra i proprietari dei terreni da migliorare con l’obiettivo principale del recupero della proprietà fondiaria e come scopo un qualunque vantaggio per l’uso, la conservazione ed il miglioramento dei fondi

. La partecipazione a tali consorzi era determinata unica-mente dalla qualità di proprietario o di possessore dei fondi compresi nel perimetro territoriale della bonifica. In questo senso, tali consorzi erano da considerare piut-tosto società di beni che di persone, nel senso che detti consorzi erano società di persone che trovavano nella proprietà il presupposto necessario ed indispensabile. Il modello consortile fu ripreso anche se non senza difficoltà in epoca successiva (v. infra).

Va tuttavia evidenziato che molto poveri furono i finanziamenti per le opere di bonifica nelle zone montane con conseguenti scarsi effetti positivi sulle aree rurali e boscate.

. Le normative del primo Novecento sulle terre incolte o mal coltivate: pro-fili critici

Il principio e l’obiettivo del dovere del proprietario di non lasciare incolti i terreni e di aumentarne la produttività entrò nel nostro ordinamento con una serie di decreti luogotenenziali e reali, emanati già durante la prima guerra mondiale e negli anni immediatamente successivi

. Tali provvedimenti furono poi raccolti nel T.U.  dicembre , n.  sulla coltivazione delle terre, che, a sua volta, fu modificato da vari provvedimenti successivi, e fu quindi abrogato con regio decreto  gennaio , n.  in coincidenza con le prime leggi sulla bonifica integrale e poi ripristinata nel .

Con tale abrogazione il governo fascista sembrò voler riaffermare il carattere essenzialmente individuale del diritto di proprietà con conseguente libertà di fronte allo Stato; senonché, successivamente, con regio decreto–legge  settembre , n. , sull’Opera nazionale dei combattenti, autorizzava l’Opera stessa a chiedere il trasferimento in sua proprietà degli immobili soggetti ad obblighi di bonifica o suscettibili di importanti trasformazioni fondiarie, quando tali opere non fossero state eseguite dai rispettivi proprietari (art. – in seguito modificati col r.d.l. 

. La costituzione del consorzio era fatta con decreto del Capo dello Stato, su proposta del Ministro per l’agricoltura e le foreste, anche su domanda dei proprietari che rappresentassero la maggior parte dei terreni. Tali consorzi di bonifica erano persone giuridiche pubbliche, chiamate a svolgere la loro attività entro i limiti stabiliti dalla legge e dagli statuti. Sulla natura e le attribuzioni di tali consorzi in dottrina v. già U. V, Sui consorzi

di bonifica, in Bonifica integrale, ,  ss; C. P, La natura giuridica dei consorzi di miglioramento fondiario, in Nuova rivista dei pubblici appalti, ,  ss; L. A, Consorzi in agricoltura, in «Enc. dir.», Milano, , vol. IX,  ss; C. P, Consorzi di bonifica integrale, in «Nov. Dig. It.» Torino, , vol. IV,  ss.

. Decreti  maggio , n. ;  febbraio , n. ;  settembre , n. ;  aprile , n.  e vari altri. Com’è stato evidenziato, tali molteplici provvedimenti risalgono alla legislazione di emergenza –, diretta anzitutto a soddisfare le aspirazioni delle masse contadine alla proprietà del fondo e spesso, sostanzialmente, a legittimare le occupazioni abusive di latifondo estensivo ad opera della manodopera bracciantile disoccupata e affamata di terra (A. C, Terre incolte (Concessione di), in «Enc. forense», Milano, , VII,  ss; Id.,

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Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario 

novembre , n. ). Tale indirizzo normativo ebbe ulteriore svolgimento nella citata legge n.  sulla bonifica integrale che, ponendo alcune opere a carico dei proprietari, ne sanzionava con l’espropriazione la relativa inadempienza (art. ).

La normativa sulle terre incolte, già abrogata con il citato decreto /, risorse a nuova vita con il regio decreto luogotenenziale  ottobre , n. , come risposta alle medesime tensioni sociali esplose, ancora una volta, a seguito della drammatica situazione congiunturale post bellica.

L’iter del procedimento amministrativo di concessione era strutturato in modo assai sommario, assolutamente privo di contraddittorio (art.  d.lgt /). La Commissione provinciale aveva sia compiti istruttori che decisori con assoluta discrezionalità. Ma ciò che più rileva era la del tutto generica definizione contenuta nell’art.  di “terreni incolti o insufficientemente coltivati”, mentre completamente assente era l’indicazione dei requisiti che la cooperativa di contadini doveva posse-dere per beneficiare dell’assegnazione. Il decreto, genericamente, individuava quali soggetti attivi del rapporto “le associazioni di contadini, regolarmente costituite in cooperative o altri enti”, imponendo quindi la costituzione di un ente di natura economica.

Dall’ambiguità della disciplina emerge con chiarezza come l’obiettivo del prov-vedimento non fosse tanto quello di garantire più razionali sfruttamento ed utiliz-zazione delle terre, migliorandone il livello produttivo, bensì quello dell’“ordine pubblico”, di assorbire la disoccupazione bracciantile. La conferma di tale orienta-mento è stata data dalla giurisprudenza della Cassazione sulla “natura” del rapporto di concessione quale atto di imperio della pubblica amministrazione e non di libera volontà delle parti

.

I dati statistici hanno poi documentato un’applicazione “distorta” della normati-va: delle terre concesse alle cooperative, di fatto, solo il % fu gestito collettiva-mente.

L’istituto aveva poi trovato ulteriore codificazione nella “concessione delle terre incolte”, regolato in parte dall’art.  del Codice civile del 

. In questa sede, è opportuno mettere in luce che oggetto della disposizione non era soltanto la proprietà fondiaria, e quindi l’attività agricola, ma qualunque bene destinato alla produzione e qualunque forma di attività produttiva ivi compresa la coltura boschiva. I doveri che la legge imponeva ai proprietari non si limitavano alla conservazione e al miglioramento dei beni, ma si estendevano all’esercizio, ossia all’utilizzazione di essi, onde indurre il proprietario a dispiegare la necessaria

. Tra le molte, Cass. Sez. Un.,  luglio , n. ; Id., Sez. Un.  ottobre , n. , in «Giur. agr. it.» , .

. La normativa aveva, infatti, previsto anche provvedimenti di carattere coattivo, su cui: M. L, Le

ordinanze prefettizie per la gestione delle terre incolte,in «Riv. dir. agr.», ,  ss; S. P, L’occupazione e la

gestione coattiva delle terre incolte, ivi, ss; Id., Commentario al Codice civile, diretto da S. D’A, Torino, vol. III, ; sull’istituto dopo le riforme introdotte dall’ordinamento costituzionale del  agosto , n.  e del aprile , n. : G. L, Le concessioni di terre incolte ai contadini, Milano, ; Id., Natura giuridica delle

concessioni di terre incolte,in «Giur. Cass. Civ.», , II,  ss; M. L, Problemi ancora insoluti in materia di

concessione di terre incolte,in «Riv. dir. agr.», ,  ss; C. V, Principi fondamentali sulla concessione di terre incolte

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 Alessandro Crosetti

attività per farli produrre nel modo più economico e più redditizio. In caso di negligenza nella conservazione e nella utilizzazione dei beni la legislazione aveva portato a giustificare lo strumento dell’espropriazione quale conseguenza del grave danno comportato alla produzione ed all’economia generale

. È appena il caso di evidenziare che tali politiche non ebbero a portare alcun beneficio alle colture agricole e boschive oltremodo marginali agli obiettivi di incentivazione produttiva

.

Onde assicurare i diversi obiettivi e le finalità produttive, era ovvio che il sistema facesse perno su un’organizzazione fortemente accentrata e centralizzata che faceva capo al Ministero dell’agricoltura e delle foreste ed, in particolare, per quanto attiene al settore specificamente forestale, alla Direzione generale dell’economia montana e delle foreste e alla Direzione generale della bonifica e della colonizzazione

.

Le citate disposizioni rimasero in larga misura inattuate, l’avvento dello Stato democratico non ha ritenuto di abrogare tale normativa, ma ha, tuttavia, sostituito all’espropriazione, quale strumento coattivo (sostanzialmente e finanziariamente disatteso), la semplice sottrazione temporanea del godimento e dell’amministra-zione dei beni al proprietario e la concessione dei medesimi ad associazioni di contadini.

Gli articoli citati del Codice civile sono rimasti teoricamente in vigore per la generalità dei beni destinati alla produzione, anche se applicabili soltanto alla materia delle terre incolte.

Ai fini della presente indagine, è utile rilevare che l’art.  del decreto legislativo luogotenenziale  ottobre , n.  (modificato da successivi d.C.P.S.  settembre , n.  e  dicembre , n. , nonché dalle l.  agosto , n.  e  aprile , n. ) ha, per la prima volta, cercato di favorire l’associazionismo rurale disponendo: «Le associazioni di contadini, costituite in cooperative o in altri enti, possono ottenere la concessione di terreni di proprietà privata o di enti pubblici, che risultino incolti o insufficientemente coltivati, cioè tali da potervi praticare colture o metodi colturali più attivi ed intensivi, in relazione anche alle necessità della produzione agricola». Chiara emerge l’intenzione del legislatore di promuovere l’aggregazione dei fondi tramite strumenti di tipo associativo e

. L’espropriazione poteva essere pronunciata contro il proprietario non soltanto quale sanzione, ma anche quale mezzo che avrebbe potuto permettere allo Stato di ottenere, attraverso l’opera del successivo proprietario, quegli effetti produttivi di utilità generale che i beni stessi non avevano potuto ottenere con il precedente proprietario inattivo.

. Carenze messe in evidenza anche in successivi contributi: A. M, Terreni incolti, in Nuovo Dig. It., Torino, , XII; Id., Terre incolte (concessione di), in «Nov. Dig. It.», Torino, , XIX,  ss; A. Latessa, Le terre

incolte,Firenze, .

. Il Ministero dell’agricoltura e delle foreste era stato creato con r.d.  settembre , n.  e ad esso era stato affidato il compito di sovrintendere alla politica e all’amministrazione dell’economia nel campo dell’agricoltura, della bonifica, della conservazione e dell’incremento del patrimonio forestale. Sull’origine e sulle funzioni del Ministero dell’agricoltura e delle foreste, con separazione dall’antico Ministero dell’agricoltura, industria e commercio di cui al r.d.  giugno , n. : E. R, Il Ministero dell’agricoltura e delle foreste, Milano, Archivio ISAP, ,  ss; L. A, Agricoltura (disciplina amministrativa), cit.,  ss; cui adde F. Adornato, Il Ministero dell’agricoltura e delle foreste, Roma, .

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Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario 

cooperativo onde conseguire obiettivi di più adeguata e competitiva produttività agraria.

Il profilo più critico di tale formulazione normativa ha, tuttavia, evidenziato un ampio potere discrezionale dell’autorità amministrativa nel valutare la sufficiente o meno coltivazione dei terreni in relazione alle necessità della produzione agricola nazionale. Tale giudizio era, infatti, attribuito ad una Commissione provinciale, composta da un funzionario tecnico designato dal Ministero dell’agricoltura, quale presidente, e da quattro membri nominati dal prefetto su designazione delle ri-spettive organizzazioni sindacali, nonché da un funzionario della prefettura. La Commissione aveva il compito di svolgere un’istruttoria sulle condizioni dei terre-ni e sulle loro attituditerre-ni ad una più proficua coltivazione, al fine di decidere sulla concessione richiesta, stabilendo un’indennità da corrispondere al proprietario.

Va anche qui evidenziato che tale meccanismo di assegnazione non ha sortito gli effetti voluti dal legislatore, anche perché, a seguito del decreto di assegnazione, l’Ispettorato agrario era chiamato a predisporre il piano dei lavori di miglioramento e di coltivazione, che il concessionario era tenuto ad eseguire con conseguenti oneri sanzionatori in caso di inadempienza anche solo parziale.

Il modello della concessione delle terre incolte ai contadini, ascrivibile agli interventi normativi di tipo autoritativo, non era, peraltro, una concessione in senso tecnico, in quanto si sostanziava essenzialmente nell’imposizione di obblighi produttivi al proprietario e, in caso di inerzia del medesimo, nella costituzione coattiva di un rapporto, di contenuto simile alla locazione, tra il proprietario ed una famiglia o una cooperativa colonica, alla quale veniva affidata la coltivazione del fondo. La debolezza di tale modello ha poi indotto il legislatore a soppiantare tale meccanismo con le leggi c.d. di riforma agraria del  anche se con scarsi effetti (su cui infra).

. Le normative sulla ricomposizione obbligatoria dei fondi frammentati. La lotta al “minifondo”, la c.d. “minima unità colturale” e le conseguenti inattuazioni

Nel solco della legislazione volta ad incentivare i terreni coltivabili e con lo scopo di contribuire a conservare ed aumentare l’efficienza produttiva dei fondi rurali, si sono inserite le limitazioni alla facoltà di disposizione delle proprietà agricole e forestali. Uno dei fattori che su questa politica legislativa ha avuto maggiore influenza era stata la loro estensione; se il latifondo può talora ostacolare la produ-zione, anche l’eccessivo frazionamento può presentare, dal punto di vista redditivo, gravi inconvenienti.

In questa prospettiva, vanno ascritte le normative volte alla ricomposizione dei terreni frammentati di cui si è già fatto cenno e che si inseriscono negli interventi autoritativi dello Stato nell’economia agraria per contrastare il c.d. minifondo. Con tale espressione sono state individuate due situazioni diverse: una, caratterizzata dalla frammentazione del fondo rustico in tante distanti porzioni di terreno tutte appartenenti allo stesso proprietario; l’altra, della c.d. polverizzazione del fondo,

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 Alessandro Crosetti

costituito da diversi “fazzoletti di terra”. Entrambi i fenomeni sono manifestazioni di diseconomie e di distruzione di ricchezza ed hanno, da sempre, sollecitato interventi dell’ordinamento volti a contrastare tali conseguenze.

Va peraltro avvertito che i fenomeni della frammentazione e della polverizzazio-ne dei fondi rurali sono, ab antiquo, causati soprattutto dalle regole di uguaglianza tra gli eredi e di divisione dei beni in natura che reggono, dal Codice Napoleone in poi, la disciplina della successione ereditaria. In conseguenza di tale regime successorio, si sono diffusamente verificate la frammentazione e la polverizzazione dei fondi e lo strumento ampiamente utilizzato è stato quello che è stato ascritto rispettivamente alla ricomposizione fondiaria o alla costituzione coattiva delle unità colturali.

La lotta al minifondo è risalente nel tempo e si è articolata lungo due filoni di rimedi: quelli a carattere preventivo (A) e quelli a carattere successivo (B).

A) Ai rimedi preventivi vanno ascritte le varie disposizioni che vietano i frazio-namenti inter vivos e mortis causa delle unità poderali in comprensori di bonifica (c.d. successioni anomale). In questa sede, di tale disciplina generale rileva mettere in evidenza, con riguardo alla successione dei figli, le tre regole fondamentali del-l’uguaglianza delle quote (art.  c.c.), del diritto di chiedere in ogni momento la divisione (art.  c.c.) e del diritto di pretendere la divisione in natura (art.  c.c.), principi che rappresentano una conquista della Rivoluzione francese sulla precedente disciplina ereditaria dei biens propres di spettanza del primo figlio ma-schio

. Ora, è proprio l’applicazione di tali regole che ha portato, in occasione di ogni eredità, ad una divisione del fondo che diventa, ogni volta, sempre più piccolo, specie nei periodi di maggiore incremento demografico, con il conseguen-te fenomeno della “polverizzazione”; parallelamenconseguen-te, l’esigenza di ogni erede di avere, nel patrimonio, porzioni di fondo rustico capaci di dare frutti nelle varie stagioni dell’anno e suscettibile di essere lavorate in tutti i dodici mesi, ha condotto alla perversa divisione per natura, ovvero al fenomeno della “frammentazione” caratterizzato dall’appartenenza, al medesimo proprietario, di particelle separate e distanti e quindi diseconomiche

.

Nelle ipotesi in cui l’unità poderale si fosse formata con esborso di risorse pubbliche, la normativa si era posta la finalità di mantenere siffatta unità anche dopo la morte del titolare. Ci si riferisce ai poderi costituiti nei citati comprensori

. Sugli effetti perversi delle c.d. successioni anomale v. ampiamente E. R, Aspetti dell’unità

aziendale in agricoltura,Milano, ; G. C, Agli albori di una disciplina successoria speciale per l’agricoltura, in Studi in onore di Bassanelli, Milano, ; F. P, La tutela dell’unità fondiaria, Napoli, ; A. G,

Sulla successione mortis causa nell’azienda agraria,in Scritti per Romagnoli, cit., ; Id., Successione in agricoltura, in

Dig. IV, Sez. civ., Torino, , vol. XIX,  ss; tra i manuali con la consueta efficacia A. G, Manuale di diritto

agrario,Torino, ,  ss.

. Insufficienti si sono dimostrati i rimedi contro la divisione di cui agli articoli ,  e  c.c. in quanto risolvibili esclusivamente tramite decisione giudiziaria e quindi oltremodo onerosi. La speranza che gli eredi, al momento della divisione, si accordino onde il fondo rustico faccia parte, tutto intero, di una sola quota, ha trovato scarsissimi risultati, in considerazione del fatto che il quotista deve pagare ai coeredi un conguaglio (art.  c.c.) per compensarli della quota–parte a cui hanno diritto in forza del principio di eguaglianza delle quote (art.  c.c.).

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Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario 

di bonifica e nelle terre di riforma (v. supra). In forza della legge  giugno , n. le unità poderali costituite nei consorzi di bonifica non potevano essere frazionate (pena una particolare forma di nullità) né inter vivos né mortis causa per un periodo di trent’anni. Anche in tale circostanza, ciò che veniva tutelato non era tanto la proprietà, quanto la gestione produttiva; infatti, in caso di morte dell’assegnatario, il podere poteva spettare o a tutti gli eredi in contitolarità e con gestione unitaria o ad un solo erede, designato dal testatore o scelto dai coeredi o dal giudice, o venduto nella sua piena consistenza

.

B) Tra i rimedi successivi, già la citata prima legge sulla bonifica integrale / (art. –) aveva introdotto una serie di disposizioni rivolte ad impedire l’estensione dei terreni appartenenti al medesimo proprietario e quindi a contra-stare il latifondo. Queste disposizioni sono, come noto, state sostituite ed in parte modificate dagli artt. – del Codice civile

.

Il principio generale di tale ricomposizione era che nessun fondo dovesse essere inferiore alla c.d. “minima unità colturale”, intendendosi per tale quella necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola, o se si fosse trattato di terreni non appoderati, per l’esercizio di una conveniente coltivazione, secondo le buone regole della tecnica agraria. Per dare attuazione a tale principio, il Codice imponeva varie limitazioni all’autonomia dei privati. Da queste norme derivavano le limitazioni imposte alla facoltà di disposizione dei terreni destinati a coltura:

a) nei trasferimenti di proprietà, nelle divisioni, nelle assegnazioni a qualun-que titolo dei terreni, nella costituzione di diritti reali sui medesimi, non doveva farsi luogo a frazionamenti che non avessero rispettato la minima unità colturale

. Era, infatti, vietato, a pena dell’annullamento del negozio

. Anche in questo caso di attribuzione preferenziale, i coeredi avevano diritto al conguaglio determinato secondo il valore che il podere aveva sul mercato. Su tale regime successorio atipico: B. G, Del regime

successorio nelle terre di riforma fondiaria,in «Dir. e giur. agr. e amb.», ,  ss; N. F, Il regime ereditario

nella normativa sull’assegnazione delle terre di riforma, in «Riv. dir. agr.», , II,  ss; L. P, I requisiti soggettivi

per il subentro mortis causa nella proprietà delle terre di riforma fondiaria, in «Dir. agr.», ,  ss; E. R B, I

diritti degli eredi esclusi dalla successione nel rapporto di assegnazione dei poderi in zona di riforma agraria, in «Giur. agr.», ,  ss,

. Per commenti a tali disposizioni: S. P, La ricomposizione delle proprietà frammentate secondo le nuove

norme sulla bonifica integrale, in Foro it., , IV,  ss; Id., Del riordinamento della proprietà rurale, in S. D’A (dir.), Commentario al Codice civile, vol. III, Firenze, ,  ss; S. I, La ricomposizione e l’arrotondamento

dei fondi rurali frammentati, Milano, .

. Gli atti giuridici compiuti contro questo divieto potevano essere annullati dall’autorità giudiziaria su istanza del pubblico ministero (artt. – c.c.). Per lo stesso principio, se più terreni contigui e appartenenti a diversi proprietari sono di estensione inferiore alla minima unità colturale, possono essere riuniti in consorzio allo scopo di provvedere alla loro migliore utilizzazione: il consorzio è costituito dall’autorità amministrativa su istanza degli interessati o anche d’ufficio (art.  c.c.). Sulle originarie finalità ed i limiti attuativi dell’istituto della minima unità colturale v. già A. T, Frammentazione e ricomposizione dei fondi rurali, Firenze, ; R. T, La ricomposizione delle proprietà frammentate nella nuova legge sulla bonifica integrale, in Bonifica integrale, ,  ss; S. P, La ricomposizione delle unità frammentate secondo le nuove norme sulla bonifica integrale, cit., ss; A. M, Il regime giuridico della ricomposizione delle proprietà frammentate, Milano, ; S. I,

La ricomposizione dei fondi rurali frammentati, cit.; M. D’A, La piccola unità colturale indivisibile, in «Riv. dir. agr.», ,  ss; S. P, Del riordinamento della proprietà rurale, in M. D’A (dir.), Commentario al Codice

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 Alessandro Crosetti

(art.  c.c.), il frazionamento dei fondi rustici al di sotto della superficie necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia colonica (art.  c.c.); b) il proprietario dei terreni entro i quali erano compresi appezzamenti appar-tenenti ad altri, di estensione inferiore alla minima unità colturale, poteva richiedere il trasferimento della proprietà di questi ultimi (c.d. ingrossazione), pagandone il prezzo. In caso di contrasto era chiamata a decidere l’autorità giudiziaria (art.  c.c.), sentite le associazioni professionali;

c) qualora più terreni contigui e inferiori alla minima unità colturale appar-tenessero a diversi proprietari, poteva, su istanza di alcuni degli interessati o per iniziativa dell’autorità amministrativa, essere costituito un consorzio degli stessi proprietari, allo scopo di provvedere ad una ricomposizione fondiaria idonea alla migliore utilizzazione dei terreni stessi. Tale consorzio poteva, altresì, procedere a interventi espropriativi, a trasferimenti coattivi, a rettificazione di confini e ad arrotondamento di fondi (artt. –)

. Era, in altri termini, possibile che il proprietario del terreno intercluden-te, chiedesse l’acquisto coattivo della particella interclusa ed inferiore alla soglia della minima unità colturale, così come era possibile al Consorzio provvedere alla gestione unitaria delle particelle appartenenti a più pro-prietari e inferiori alla soglia della minima unità colturale (art.  c.c.) o procedere coattivamente ad espropri, trasferimenti, rettificazione di confini ed arrotondamenti al fine della migliore sistemazione delle unità fondiarie (art.  c.c.).

Tali operazioni prendevano il nome di ricomposizione fondiaria

in quanto fina-lizzate al riassetto delle proprietà frammentate attraverso l’accorpamento coattivo delle disperse particelle appartenenti allo stesso proprietario sì da formare unità colturali economicamente convenienti. La ricostituzione di un unico lotto accor-pato avrebbe operato sui diritti dominicali, implicando trasferimenti coattivi del diritto di proprietà e degli altri diritti reali dalle originarie alle nuove particelle, con una sorta di permuta che, per essere imposta in modo vincolante a seguito dell’approvazione del piano di ricomposizione, si traduceva nel sovvertimento della libertà di disposizione connaturata al diritto di proprietà con evidenti reazioni di avversità negative.

civile, Firenze, , vol. III,  ss; S. C, Sulla minima unità colturale, in Archivio ricerche giuridiche, , II,  ss; S. M, La minima unità colturale, in «Riv. Dir. Agrario», , I,  ss.

. Dai trasferimenti coattivi previsti da queste disposizioni erano esclusi gli appezzamenti forniti di casa di civile abitazione o colonica; i terreni costituenti dipendenze di fabbricati, le aree fabbricabili, gli orti, i giardini, i parchi, i terreni necessari per luoghi di deposito di stabilimenti industriali e commerciali (art. ).

. Ampi riferimenti su tale processo normativo in E. R, Aspetti dell’unità aziendale in agricoltura, Milano, ; Id., Riforma fondiaria e riforma agraria, in N. I (a cura di), Diritto agrario italiano, Torino, ,  ss; R, Appunti sulla ricomposizione fondiaria, Napoli, ; M. B, Dalla bonifica integrale alla riforma

agraria, Per una riflessione su proprietà e Stato, in «Nuovo dir. agr.», ,  ss; G. C, La riforma fondiaria

e agraria, in Trattato breve di diritto agrario italiano, cit.,  ss; L. R, Brevi considerazioni di fine secolo sulla

riforma fondiaria, in Scritti in onore di E. Romagnoli, Milano, ,  ss; F. P, La tutela dell’unità fondiaria, cit., ; N. F, Riordinamento della proprietà rurale, in «Dig. IV. (Sez. Civ.). Aggiornamento», Torino, , ss.

(16)

Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario 

Con riguardo a tale profilo merita rilevare che l’istituto della ricomposizione fondiaria coattiva fece la sua comparsa nell’ordinamento giuridico italiano con la richiamata legislazione sulla bonifica integrale del , allorché anche le operazioni di ricomposizione vennero assunte a strumento di riassetto di territori che «per viabilità, difetto di acque irrigue e, in generale, per gravi cause di ordine fisico e sociale si trovino in condizioni arretrate di coltura, mentre appaiono suscettibili di essere trasformati, con rilevanti risultati economici, tecnici e sociali».

Quando la legge speciale sulla bonifica integrale del  venne richiamata dall’art. c.c., quello della ricomposizione fondiaria da istituto eccezionale divenne il gene-rale istituto del riordinamento della proprietà rugene-rale, tanto da assumere la qualità di un’operazione indipendente dalla bonifica. Si vennero così a distinguere:

a) la ricomposizione fondiaria legata alla bonificazione e che si presentava come un procedimento nel più generale procedimento di bonifica, nel senso che essa faceva parte del complesso delle opere pubbliche e private funzionalizzate alla bonifica ed al miglioramento del suolo non soltanto sotto il profilo produttivo ma anche e soprattutto sotto quello sociale; b) la ricomposizione fondiaria di cui agli artt. – cc., che era un

pro-cedimento finalizzato al riassetto fondiario delle proprietà frammentate e polverizzate di generale applicazione e con scopi produttivi, la cui disci-plina, inserita nel Codice civile, avrebbe dovuto concorrere a determinare la fisionomia della stessa proprietà terriera connotandone, fin da allora, la funzione sociale.

La mancata indicazione dell’autorità amministrativa competente ad individuare le superfici secondo la regola della minima unità colturale ha prodotto l’inattuazione della disposizione e degli istituti di riordinamento fondiario regolati dall’art.  c.c. (acquisto in modo coattivo delle particelle da parte del proprietario del terreno intercludente) e degli artt.  (gestione unitaria delle particelle di dimensione insufficiente) e art.  c.c. (espropri e trasferimenti coattivi previsti dal piano di riordinamento predisposto dal Consorzio dei proprietari terrieri della zona) istituti basati tutti sulla minima unità colturale. L’istituto non ha poi trovato pratica appli-cazione anche in considerazione della profonda rivoluzione dell’economia agraria, in conseguenza della meccanizzazione e del rilevato fenomeno del massiccio esodo dalle campagne e dalle montagne

.

. L’istituto è rimasto inattuato anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione che pur ha previsto (art. ) «la legge promuove la ricostituzione delle unità produttive»; sull’istituto e i suoi limiti in dottrina: A. T,

Proprietà rurale (Riordinamento della), in «Nov. Dig. It.», Torino, , XIV,  ss; A. M, Minima unità

colturale,in «Enc. dir.», Milano, , XXVI,  ss; A. C, Il riordinamento della proprietà rurale, in P. R (a cura di), Trattato di diritto civile, Torino, . In ogni caso va precisato che l’esigenza che il fondo rustico abbia una determinata estensione economicamente conveniente ha trovato forma nell’art.  della l.  maggio , n.  che non consente la conversione del contratto agrario associativo in affitto, allorché il fondo non costituisca una “unità produttiva sufficiente” ovvero non sia capace di assicurare «una produzione annua media dedotte le spese di coltivazione, escluse quelle di manodopera, pari almeno alla retribuzione annuale di un salariato fisso comune occupato in agricoltura».

(17)

 Alessandro Crosetti

Allo scopo di rendere possibile la bonifica di proprietà terriere appartenenti agli stessi proprietari, leggi successive avevano poi previsto l’espropriazione dei relativi latifondi e la loro divisione in altrettanti fondi relativamente piccoli, corrispondenti ad altrettante unità poderali, al duplice fine di attuare le necessarie opere di bonifica e di facilitare il sorgere di altrettante aziende agricole affidate a singole famiglie di coltivatori

. L’onerosità e l’ostilità nei confronti dello strumento espropriativo avevano sostanzialmente stemperato gli effetti del disegno normativo.

Né maggior fortuna hanno avuto i provvedimenti di sovvenzioni e premi as-sunti nei confronti di particolari tipi di produzione agraria, anche al di fuori di obiettivi di bonifica, quali il regio decreto–legge  agosto , n. , finalizzato ad incoraggiare la messa a coltura di pascoli montani con un concorso dello Sta-to fino al %, anche per nuove piantumazioni. Mentre, infatti, il regime aveva predisposto, con il regio decreto–legge  agosto , n. , sovvenzioni per l’incoraggiamento della coltivazione dell’ulivo con la concessione di premi a quei coltivatori che avessero dimostrato di aver maggiormente contribuito all’incremen-to della produzione olearia, per la diffusione del castagno venivano previsti solo incentivi all’interno delle direttive della politica montana di rimboschimento e di miglioramento fondiario.

In realtà, tale ordine di agevolazioni era diretto non tanto a favorire lo sviluppo di determinate colture, quanto piuttosto al fine politico economico di rendere più diffusa la piccola proprietà contadina e sostituire progressivamente questa ai latifondi e alle grandi proprietà

.

Del resto, anche tutta la politica di carattere creditizio era più direttamente finalizzata all’incentivazione delle aziende agricole di pianura che non alle esigenze di tipo selvicolturale delle zone montane

.

. A tal fine, con legge  dicembre , n.  venne costituita l’Opera per la valorizzazione dell’altipiano silano, che successivamente fu investita del potere di espropriazione dei territori di detto comprensorio nonché di eseguire le previste opere di bonifica dei relativi fondi e quindi affidare i medesimi alle singole famiglie che avrebbero provveduto alla coltivazione e valorizzazione delle terre (v. infra l.  maggio , n. ).

. Il contrasto al problema del latifondo (su cui per riferimenti generali v. già G. V, Il latifondo e la

sua possibile trasformazione,in Studi di politica agraria, ,  ss,  ss; F. Di R, Terre incolte e latifondo, in

Giornale degli economisti, , serie II,  ss; Z. Z, Latifondo e latifondismo, Palermo, ; R. C, Il problema

della terra,con pref. di G. Prato, Milano, ) aveva trovato in A. Serpieri un tenace sostenitore che affermava il dovere da parte dello Stato, in antitesi alle teorie liberiste, di intervenire mediante le opere di trasformazione fondiaria in tre fasi: opere pubbliche a carico dello Stato; opere di bonifica agraria e di colonizzazione sui vari fondi tramite il concorso pubblico e privato; opere di esclusiva esecuzione privata. Il disegno riformistico aveva formato oggetto del r.d.l.  maggio , n.  e della successiva citata legge sulla “bonifica integrale” del  dicembre . Sulle finalità e gli obiettivi di tali interventi normativi a contrasto del latifondo: A. S, Osservazioni sul disegno

di legge “Trasferimento del latifondo e colonizzazione interna”,Piacenza, ; Id., La politica agraria in Italia ed i recenti

provvedimenti legislativi,Piacenza, ; A. M, Note sull’agricoltura italiana dell’ultimo venticinquennio, Roma, ; F. V, L’Italia agricola odierna, con pref. di G. A, Milano, ; E. J, Bonifica integrale

e progresso della legislazione sulle opere pubbliche,Firenze, ; G. A, L’agricoltura italiana nei suoi problemi e

nelle sue necessità,Roma, ; R. C, Latifondo, in «Enc. it. Treccani», Roma, , XX,  ss.

. La materia aveva formato oggetto di un Testo unico approvato con r.d.  aprile , n. , sostituito poi con r.d.l.  luglio , n. , in parte modificato dalla legge di conversione  luglio , n. . Su tale normativa creditizia: G. F, L’ordinamento del credito agrario e i suoi difetti essenziali, in Studi in onore di C.

(18)

Abbandono dei terreni rurali e associazionismo fondiario 

. La disciplina costituzionale della proprietà agraria e relativi limiti

La seconda guerra mondiale inferse ulteriori duri colpi all’economia agraria e montana, soprattutto in relazione, al grave impoverimento demografico di tali aree. Il fattore più preoccupante era tuttavia rappresentato da uno stato di estrema miseria e povertà della popolazione rurale, come era emerso in termini allarmanti nel Convegno nazionale della montagna tenutosi a Firenze nel  per iniziativa dell’Accademia dei Georgofili e del conseguente massiccio esodo ed abbandono. Le esigenze derivanti dalla storica arretratezza dell’agricoltura italiana ebbero, in effetti, una forte risonanza anche all’interno dell’Assemblea costituente, che tentò di avviare la soluzione del problema mediante una specifica formazione, in cui inserire le linee di interventismo pubblico nel settore. Per questo motivo fu introdotto l’art. , il quale, in forma apparentemente autonoma dalle formazioni fondamentali degli artt.  e  ha disposto «Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabili equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane».

La direttiva rivolta al legislatore tesa alla fissazione di limiti di estensione della proprietà terriera era chiaramente finalizzata a eliminare o diminuire situazioni di disparità nella distribuzione della ricchezza terriera. Tale disposizione era da intendersi indirizzata a situazioni determinabili o in base a delimitazioni regionali che presentino specifiche caratteristiche o in base all’omogeneità delle culture o, in-fine, in base alla particolarità dei rapporti sociali. In senso generale, la disposizione avrebbe dovuto condurre alla determinazione di criteri oggettivi per il dimensiona-mento dei fondi, strumentali alla loro maggiore funzionalità economico–sociale. In tal modo si sarebbero soddisfatte anche altre finalità dell’art. , quali l’aiuto alla media e piccola proprietà e la ricomposizione dei fondi eccessivamente frazionati e la “ricostituzione delle unità produttive”

.

È già stato esattamente avvertito che l’introduzione dell’art.  nella Costituzio-ne fu un’operazioCostituzio-ne più emotiva che razionale, come emerge da alcuni interventi nel corso dei lavori dell’Assemblea costituente, svolti dai più accesi sostenito-ri dell’autonomia di disciplina della propsostenito-rietà tersostenito-riera sostenito-rispetto alla normazione costituzionale della proprietà tout court

.

riforma del credito agrario, in Atti del primo Congresso di diritto agrario, Firenze, ; A. N, Ordinamento del

credito agrario in Italia, Roma, .

. Tali le indicazioni di L. C, La proprietà agraria, in «Enc. dir.», Milano, , XXXVII,  ss; v. altresì A. G, La proprietà terriera privata, in L. C, E. C, G. S, Diritto agrario e forestale italiano, Padova, ,  ss.

. Come evidenziato già B. C e G. D P, Manuale di diritto pubblico dell’economia, Milano, , ss. Tale disposizione costituzionale, molto complessa, ha dato luogo ad accesi dibattiti nel campo politico ed in quello giuridico costituzionale, anche in relazione alla valenze programmatiche: già C. M, Indirizzi

costituzionali nella disciplina della proprietà fondiaria,in «Riv. dir. agr.», ,  ss; G. B, Proprietà fondiaria e

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