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L'andamento del settore agroalimentare nel Veneto : prime valutazioni per il 2002

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Academic year: 2021

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Osservatorio Economico di

REGIONE Unione

VENETO Europea

L’ANDAMENTO DEL SETTORE

AGROALIMENTARE NEL VENETO

Prime valutazioni per il 2002

Di cemb re 2 002

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Lavoro eseguito con il contributo di Veneto Agricoltura sulla base di finanziamenti assegnati nell’ambito del Piano di sviluppo rurale della Regione Veneto, Sottomisura 14B – Istituzione del Centro di Informazione Permanente, dell’Osservatorio Innovazione e dell’Osservatorio Economico per il sistema agroalimentare e lo sviluppo rurale.

Il progetto di ricerca, coordinato dal dr. Alessandro Censori, dal dr. Carlo Giacomin e dal dr. Giu-seppe Rela di Veneto Agricoltura e dal dr. Andrea Povellato dell’INEA, prevede la pubblicazione di due Rapporti:

- L’andamento del settore agroalimentare nel Veneto. Prime valutazioni per il 2002 - Rapporto 2002 sulla congiuntura del settore agroalimentare veneto

Il presente Rapporto è stato realizzato da un gruppo di lavoro formato da Luigi Barella (ricercatore INEA), Manuel Benincà (ricercatore INEA), Davide Bortolozzo (ricercatore INEA), Irene Martini (ricercatore INEA), Andrea Povellato (primo ricercatore INEA) e Stefano Schiavon (ricercatore INEA).

Per quanto riguarda la stesura delle singole parti essa si deve a: - Capitolo 1: Andrea Povellato

- Capitolo 2: Davide Bortolozzo (2.2), Stefano Schiavon (2.1, 2.3, 2.4, 2.5)

- Capitolo 3: Luigi Barella (3.3), Manuel Benincà (3.7, 3.8), Davide Bortolozzo (3.2, 3.4, 3.5), Irene Martini (3.6)

Coordinamento per la stesura del testo a cura di Andrea Povellato. La supervisione dei testi è dovu-ta a Manuel Benincà, Davide Bortolozzo, Andrea Povellato e Stefano Schiavon (INEA), Giuseppe Rela e Renzo Rossetto (Settore Studi Economici di Veneto Agricoltura).

La redazione del testo è stata chiusa il 20 dicembre 2002.

La pubblicazione è edita da Veneto Agricoltura, Azienda regionale per i settori Agricolo forestale e agro-alimentare.

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I

NDICE

1 INTRODUZIONE 5

2 IL QUADRO CONGIUNTURALE 8

2.1 Il contesto economico nazionale e regionale 8

2.2 L’andamento produttivo nel settore agricolo 9

2.3 Le tendenze dell'industria alimentare 13

2.4 La dinamica delle imprese e dell’occupazione del settore agroalimentare 14 2.5 Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari 16 3 UN BILANCIO DELL’ANNATA AGRARIA 17

3.1 Andamento climatico 17 3.2 Cereali 19 3.3 Colture industriali 22 3.4 Colture orticole 26 3.5 Colture frutticole 28 3.6 Vite 33 3.7 Latte 35 3.8 Carne 36 BIBLIOGRAFIA 41

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1 INTRODUZIONE

Le prime valutazioni sull’andamento del settore agroalimentare del Veneto giungono a conclusione di un’annata segnata da una flessione generalizzata dei principali indicatori congiunturali, con qualche timido segnale di ripresa nell’ultima parte dell’anno per quanto riguarda il settore della trasformazione alimentare e in alcuni comparti agricoli che con-fermano il loro soddisfacente stato di salute. Ci si augura che la tempestività delle informa-zioni possa essere utile agli imprenditori agricoli e dell’industria alimentare e a quanti ope-rano a diretto contatto con il mondo produttivo agroalimentare al fine di confrontare le proprie scelte imprenditoriali e organizzative con quanto sta accadendo nel settore.

Per un’analisi interpretativa più approfondita si attendono le statistiche definitive che saranno disponibili tra qualche mese. Si tratta, peraltro, di una scelta quasi obbligata, dato che a fine anno si può disporre soltanto di informazioni ancora parzialmente provvisorie e in molti casi relative soltanto ad una parte dell’anno.

Per ottenere queste prime valutazioni ci si è avvalsi del confronto con varie fonti sta-tistiche e di informazioni raccolte presso una rete di testimoni privilegiati che hanno con-sentito di disegnare una quadro esaustivo, ancorché provvisorio, della congiuntura agroa-limentare veneta. L’analisi congiunturale riguarda il settore agricolo, quello dell’industria alimentare, alcuni aspetti della struttura produttiva e un primo esame dei flussi commercia-li. Molte informazioni congiunturali sono state ricavate da statistiche correnti di fonte ISTAT o di istituti di ricerca che si occupano di questi aspetti. Si tratta in alcuni casi pura-mente di valutazioni qualitative espresse dagli operatori del settore. Le informazioni ri-guardano soltanto una parte dell’anno appena trascorso e non sempre si riferiscono specifi-catamente alla situazione regionale. Sotto questo profilo, data la notevole rilevanza dell’economia regionale veneta nel contesto nazionale, si ritiene che alcuni giudizi espressi a livello nazionale possano essere adattati anche alla realtà regionale.

Per quanto riguarda il settore agricolo, seguendo una consuetudine nata nel 1988, l’INEA è in grado di fornire una valutazione quantitativa dell’annata agraria. Grazie alla collaborazione di numerosi uffici della Regione Veneto1, con opportune elaborazioni delle informazioni è possibile ottenere una prima stima della produzione lorda - il fatturato del settore agricolo - suddivisa per i principali comparti produttivi. Gli andamenti produttivi e mercantili registrati dalle principali produzioni agricole del Veneto sono stati stimati con un sufficiente grado di attendibilità. A questa data non sono ancora disponibili informazio-ni circostanziate sull’andamento dei costi, quindi non è possibile stimare il valore aggiunto

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Si ricorda - e si coglie l'occasione per ringraziare -, in primo luogo, l'Ufficio di Statistica e la Direzione regionale politiche agricole strutturali che forniscono i preziosi dati sulle superfici e sulle produzioni vegetali rilevati dagli Ispettorati regionali per l'agricoltura delle sette province venete, il Centro Meteorologico di Teolo dell’ARPAV che traccia una quadro sintetico, ma completo, dell’andamento climatico e delle sue relazioni con l’attività produttiva agricola e il Servizio fitosanitario regionale che predispone un esauriente resoconto sulle principali fitopatie che hanno interessato le coltivazioni. Si desidera inoltre ringraziare i re-sponsabili dell’Ufficio Servizio Agricolo degli zuccherifici di Pontelongo e Contarina e quanti con le loro

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agricolo, ma sono stati, comunque, evidenziati i principali andamenti dei prezzi dei mezzi tecnici e della manodopera.

Per avere un dettaglio più completo e informazioni definitive dalle consuete fonti uf-ficiali si dovrà aspettare ancora qualche mese. Per questo motivo il presente lavoro è com-plementare al rapporto che uscirà in tarda primavera, dove i dati congiunturali verranno presentati e interpretati con maggiore accuratezza, confrontando i risultati raggiunti nel 2002 dal settore agroalimentare veneto con quanto è avvenuto nel passato e con quanto è accaduto negli altri settori produttivi e a livello regionale, nazionale ed europeo.

Contrazione della produzione lorda agricola, probabile flessione del valore aggiunto nel settore primario, diminuzione della produzione dell'industria alimentare nei primi sei mesi bilanciata, forse, da un recupero nella seconda parte dell’anno, riduzione del numero di imprese e degli occupati in agricoltura, aumento del numero di imprese e lieve crescita dell'occupazione nell’industria alimentare e infine miglioramento del saldo commerciale con un aumento delle esportazioni e una diminuzione delle importazioni; sono questi i principali risultati emersi dall’analisi congiunturale condotta su dati ancora in buona misu-ra provvisori. Complessivamente il giudizio non può essere lusinghiero, sopmisu-rattutto se si osserva quanto sta accadendo nel settore agricolo, mentre nel caso dell’industria alimentare è comprensibile un rallentamento delle dinamiche alla luce delle continue difficoltà del settore industriale a livello mondiale.

La riduzione della produzione lorda agricola nel Veneto appare largamente in sinto-nia con le prime valutazioni espresse a livello nazionale e comunitario. Si prevede una con-trazione produttiva a livello nazionale e le prime stime fornite dall’EUROSTAT evidenziano situazioni di flessione in 10 paesi sugli attuali 15 membri dell'Unione Europea (Eidmann, 2002). La produzione lorda in valori correnti dovrebbe diminuire del -3,5% (del -1-2% nel Veneto) soprattutto a causa di una forte contrazione dei prezzi, e in particolare nella componente zootecnica (-8%), solo parzialmente bilanciata da un lieve aumento dei volumi produttivi, pari al +0,9% (-2-3% nel Veneto). In tutti i paesi europei prosegue la contra-zione degli addetti all'agricoltura (-2,9%) che prelude a nuovi incrementi della produttività del lavoro, ma crea anche gravi problemi sociali legati alla difficoltà nei processi di trasfe-rimento della manodopera eccedente nei mercati del lavoro extragricoli.

La situazione nel comparto della trasformazione alimentare appare meno sfavorevole soprattutto se si osserva la drastica riduzione delle importazioni contestuale all’aumento delle esportazioni, indice di una migliore utilizzazione delle risorse interne alla regione e di un maggiore approvvigionamento sui mercati interni. L’industria alimentare veneta sembra rispondere in modo positivo ai deboli stimoli congiunturali evidenziando aumenti del fattu-rato e anche dell’occupazione. Le prospettive per il futuro - legate all’andamento degli ordinativi attualmente in calo - rimangono incerte, ma si prevede una nuova fase di espan-sione a seguito di una ripresa della domanda.

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In sostanza ciò che rende essenzialmente debole e instabile l’attuale congiuntura è la mancanza di nuovi incrementi della domanda per consumi. Il comparto agroalimentare tradizionalmente sembrerebbe meno influenzato da questa flessione, data la natura meno elastica della domanda per i beni di prima necessità. I segnali provenienti dall’industria alimentare e l’evoluzione nei flussi commerciali sembrano confermare queste aspettative. Bisogna, peraltro, tener conto che le continue modificazioni nei consumi alimentari hanno portato a una richiesta sempre più elevata di prodotti di alta qualità da parte di consumatori che sono disposti a spendere ancora quote consistenti del proprio reddito per un'alimenta-zione sana e genuina. La crescita della domanda per prodotti di qualità è un processo che in Italia si sta avviando verso dimensioni lontane dalle produzioni di nicchia di qualche anno fa. In un simile contesto, il settore agroalimentare viene sollecitato a produrre qualità per contrastare la concorrenza sui mercati interni ed esteri non soltanto sul piano dei costi ma anche su quello della garanzia di genuinità e salubrità dei prodotti. Sembra ragionevole attendersi che, data la correlazione tra domanda di prodotti di elevata qualità e reddito di-sponibile, in periodi di stagnazione dei consumi possano verificarsi riflessi negativi anche per le produzioni agroalimentari più pregiate che fanno leva sulla disponibilità del consu-matore a pagare la maggiore qualità. Il Veneto ha le carte in regola per inserirsi in questa nuova dimensione produttiva (potenzialità produttive, tradizioni locali, know-how indu-striale) ma gli operatori devono saper fare i conti con una domanda per certi versi più vola-tile e legata all’andamento congiunturale del reddito nazionale disponibile.

Per quanto riguarda l’agricoltura continuano a giocare un ruolo determinante le scelte di politica agraria e sotto questo profilo il 2002 ha riservato parecchie novità in termini di proposte di modifica degli attuali sistemi di sostegno del reddito agricolo e di prospettive determinate dall’adesione all’UE di dieci nuovi paesi nei prossimi anni. In merito al primo punto ci si attendeva la presentazione dei nuovi regolamenti applicativi della riforma di medio termine varata dalla Commissione europea nel luglio scorso. La radicalità di alcune proposte (disaccoppiamento completo del sostegno al reddito e modulazione degli aiuti) ha suggerito ai rappresentanti dei paesi membri un allungamento della fase di negoziazione, dove poter meglio difendere i propri interessi in gioco. Per il momento è stato deciso sol-tanto che l’ammontare degli aiuti rimarrà ancorato fino al 2013 alla spesa prevista nel 2006, con una probabile riduzione strisciante della spesa complessiva se l’inflazione do-vesse superare l’1% all’anno, soglia massima consentita di aumento della spesa agricola. Ma forse l’incognita maggiore è rappresentata dalla capacità dei nuovi dieci paesi membri di negoziare nel prossimo futuro una distribuzione degli aiuti a loro più favorevole.

Per quanto riguarda l’Italia sono stati già individuati alcuni aspetti della riforma che dovrebbero essere rivisti durante l’attuale fase di negoziazione: gli aiuti al grano duro, i premi alla macellazione per la carne bovina, le quote latte e la revisione di due organizza-zioni di mercato come il tabacco e l’olio d'oliva. Per il Veneto sarebbe essenziale riuscire a modificare il congelamento degli aiuti per la macellazione che altrimenti comporterebbe una riduzione intorno al 25% degli aiuti attualmente previsti. Anche l’argomento quote

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latte assume un valore strategico per l’economia agricola veneta, ma la valutazione deve essere molto ponderata, soprattutto se dovesse prevalere la scelta di eliminare le quote lat-te. In realtà l’attenzione ai singoli comparti produttivi rischia di far perdere di vista una valutazione complessiva della riforma, soprattutto per quanto riguarda il tentativo di favo-rire gli interventi per lo sviluppo rurale (il secondo pilastro) rispetto a quelli attualmente prevalenti destinati al sostegno del mercato (il primo pilastro). Il Consiglio ha escluso il blocco della spesa per lo sviluppo rurale che potrebbe anche aumentare se venissero attiva-ti meccanismi di spesa efficienattiva-ti e efficaci nel raggiungimento di alcuni obietattiva-tivi vantag-giosi per la collettività nel suo complesso. Le prossime sfide per il settore agroalimentare veneto si giocano sempre sui mercati, ma con una attenzione particolare verso nuove ini-ziative pubbliche per favorire lo sviluppo del mondo rurale al servizio dei consumatori e di tutti i cittadini.

2 IL QUADRO CONGIUNTURALE

2.1 Il contesto economico nazionale e regionale

Le previsioni di crescita del PIL nazionale, effettuate alla fine dello scorso anno per il 2002, si sono rivelate, alla luce di quanto osservato fino al mese di ottobre, alquanto otti-mistiche. Gli istituti che analizzano l’evoluzione delle principali variabili macroeconomi-che ipotizzano infatti una crescita della ricmacroeconomi-chezza prodotta dall’Italia compresa tra lo 0,3% e lo 0,7% (Unioncamere, 2002a). La ripresa economica sembra quindi tardare ed essere rimandata al 2003, quando il PIL dovrebbe subire un incremento, rispetto all’anno prece-dente, compreso tra l’1,5 e il 2,3%. Ciò a patto che si verifichino alcune importanti condi-zioni. In primo luogo deve migliorare in tempi brevi il quadro economico internazionale; negli Stati Uniti la situazione politica continua infatti ad essere particolarmente instabile, anche in vista di un possibile conflitto con l’Iraq, e l’Europa non sembra ancora in grado di esercitare una funzione preminente di traino dell’intera economia mondiale (Unioncamere, 2002b). In secondo luogo devono essere al più presto attuate in Italia alcune importanti scelte di politica economica, fra cui la realizzazione delle cosiddette grandi opere, l’incentivazione dell’occupazione - soprattutto nel Sud del paese - e la riduzione della pressione fiscale.

Le stime di crescita elaborate su base regionale da Unioncamere e Prometeia (Union-camere, 2002b) evidenziano situazioni alquanto differenziate. Fra le regioni di testa, con tassi di incremento del PIL superiori alla media nazionale, si trovano l’Abruzzo (+2,3%), il Lazio (+1,7%), le Marche (+1,5%), la Sicilia e la Campania (+1,3%), il Veneto e la Valle d’Aosta (+1,1%). Una crescita inferiore alla media nazionale è invece prevista per le rima-nenti regioni settentrionali, Emilia Romagna esclusa. Per il triennio 2003-2005 si ipotizza che i migliori risultati saranno ottenuti dalle regioni del Centro e del Sud Italia,

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permetten-do loro di ridurre parzialmente il divario che le separa dalle regioni del Nord. Per quanto riguarda il Veneto, si prevede che nel 2003, 2004 e 2005 la crescita del PIL potrà attestarsi su valori rispettivamente del +1,8%, del +2,7% e del +3%, e quindi leggermente superiori a quelli medi ipotizzati per l’Italia.

La sfavorevole situazione internazionale ha influenzato negativamente anche le a-spettative di imprese e consumatori. Le prime, soprattutto per effetto di una limitata cresci-ta della domanda interna e di una cercresci-ta flessione delle esporcresci-tazioni, hanno ridotto l’ammontare delle risorse investite, mentre la spesa delle famiglie non ha ancora ripreso a salire dopo la caduta osservata lo scorso anno. A livello territoriale le ripartizioni mag-giormente interessate dal calo delle esportazioni sono il Mezzogiorno (-0,4%) e il Nord-Est (-1,2%), con il Veneto che presenta un tasso di riduzione del -2%. Sul fronte delle spese per i consumi finali, non sembra invece emergere alcuna particolare differenziazione terri-toriale dei risultati.

Pesanti riflessi si sono poi avuti anche sulla produzione e sul fatturato delle piccole e medie imprese industriali. I dati finora disponibili (terzo trimestre 2002) confermano fles-sioni, rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, del -2,3% per la produzione e del -1,8% per il fatturato (Unioncamere, 2002c). A livello territoriale le diminuzioni più con-tenute sono state registrate nelle imprese con più di 50 addetti del Sud e del Nord-Est, mentre dal punto di vista settoriale solo le industrie alimentari e delle bevande hanno man-tenuto a un livello sostanzialmente stabile la propria produzione e il proprio fatturato.

Le rilevazioni sui prezzi al consumo effettuate dall’ISTAT nel mese di novembre 2002 confermano una crescita media dell’inflazione negli ultimi 12 mesi del +2,5% (ISTAT, 2002). Dopo il rallentamento osservato nei mesi estivi, avrebbero contribuito maggiormen-te alla ripresa dell’inflazione i listini di alberghi, ristoranti e pubblici esercizi, i prezzi dei prodotti alimentari e bevande analcoliche e quelli per le attività ricreative, gli spettacoli e la cultura.

Sul fronte occupazionale il 2002 dovrebbe essere caratterizzato da una crescita delle unità di lavoro vicina al +1,2%. Le regioni contraddistinte dai maggiori incrementi sono quelle del Centro e del Sud Italia, mentre il Nord-Est si mantiene in linea con la media na-zionale. In Veneto l’occupazione totale dovrebbe aumentare di circa il +1%, grazie al posi-tivo contributo del settore delle costruzioni (+2,7%) e dei servizi (+1,8%), mentre il trend occupazionale nei settori agricolo e industriale sembra presentare segno negativo (rispetti-vamente -0,1% e -0,9%). La crescita dell’occupazione in Italia sarà senz’altro più marcata nei prossimi 2-3 anni, a condizione che il processo di riforma del mercato del lavoro che finora ha dato parziale fiducia agli imprenditori continui a non deludere le aspettative (U-nioncamere, 2002b).

2.2 L’andamento produttivo nel settore agricolo

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se-condo le prime stime elaborate su dati provvisori. Il 2002 si è presentato avaro soprattutto sotto l’aspetto produttivo, penalizzato da un andamento climatico alquanto anomalo. La produzione lorda ai prezzi di base a valori correnti è infatti scesa a circa 4.400 milioni di euro con una diminuzione intorno al -2% rispetto all’annata precedente. La riduzione della quantità prodotta non è stata controbilanciata dal recupero dei prezzi registrato per alcuni comparti sui principali mercati, come confermerebbe la diminuzione di circa il -2-3% osservata per la produzione lorda in termini reali. Deve peraltro essere messo in evidenza come, dopo l’introduzione del Sistema Europeo dei Conti Nazionali (SEC95), i contributi

erogati nell’ambito delle singole OCM incidano in misura significativa sul risultato econo-mico finale espresso in termini di produzione lorda. In particolare tale incidenza varia dal 5% a oltre il 40% in funzione della coltura o dell’allevamento considerati. Alla fine dell’anno le informazioni disponibili sui finanziamenti erogati dall’UE sono molto scarse o del tutto assenti, pertanto le stime vengono influenzate dall’effettiva erogazione di tali ri-sorse finanziarie, oltre che da eventuali riduzioni dei premi dovute a splafonamento.

Variazioni percentuali delle produzioni agricole del Veneto nel 2002 rispetto al 2001 a prezzi correnti A prezzi costanti Coltivazioni erbacee +4+6% +2+4% Coltivazioni legnose -2-4% -12-18% Prodotti degli allevamenti -4-8% -1-3%

Produzione Lorda -1-2% -2-3%

Fonte: stime INEA.

Alcuni segnali positivi provengono dal fronte dei costi di produzione: secondo le stime dell’ISMEA, nei primi sei mesi dell’anno si sarebbe verificata una diminuzione dello -0,7% dei costi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare le riduzioni maggiori avrebbero interessato i prodotti energetici 8%) e gli animali da allevamento (-10%), soprattutto per quanto riguarda bovini e suini da ristallo. Più contenute sono state invece le diminuzioni del costo del lavoro (-1%). Gli incrementi hanno invece riguardato sementi (+3%), antiparassitari (+1) e concimi (+1%); se si considera che l’andamento cli-matico di quest’anno ha reso necessaria una particolare attenzione dal punto di vista del controllo di specifiche avversità, emerge come l’incidenza del costo dei prodotti per la di-fesa delle colture possa gravare in modo significativo sul costo totale di produzione. Le aziende zootecniche sono state interessate da un aumento del costo dei mangimi del +2%. Deve essere infine rilevato il significativo incremento dei costi assicurativi (+13%) che segue all’aumento registrato lo scorso anno. In sostanza anche il valore aggiunto agricolo dovrebbe evidenziare la stessa contrazione registrata in termini di produzione lorda.

Il fatturato delle colture erbacee è stato di poco inferiore a 1.500 milioni di euro con una crescita del +4+6% alla quale hanno contribuito in misura determinante i cereali.

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L’aumento degli investimenti ha, infatti, interessato tutte le principali colture cerealicole e in particolare quelle autunno-vernine. Dopo una progressiva diminuzione la produzione lorda del frumento è infatti tornata ai livelli raggiunti alla metà degli anni novanta. Conti-nua a crescere ancora l’interesse degli agricoltori veneti per il mais, che rappresenta da tempo la prima coltura erbacea in termini di diffusione e di fatturato prodotto. Rispetto allo scorso anno si è avuto un incremento della produzione, limitata solo dai sfavorevoli eventi climatici, e un sostanziale miglioramento dei prezzi. Per questa coltura la produzione lorda finale, pari a circa 500 milioni di euro, è stata inoltre influenzata dall’entrata in vigore del nuovo piano di regionalizzazione, che ha unificato le rese di riferimento del mais con quel-le degli altri cereali, determinando quindi una diminuzione degli importi a ettaro.

Il comparto delle colture industriali ha manifestato una flessione del fatturato di circa il -4% soprattutto per la pesante riduzione osservata per la soia. Per questa proteoleaginosa l’annata è stata caratterizzata da un’elevata diminuzione delle superfici coltivate, conse-guente all’entrata a regime della riforma di Agenda 2000. L’equiparazione delle compen-sazioni comunitarie delle oleaginose con quelle dei cereali ha infatti determinato una ridu-zione dei premi ricevuti dagli agricoltori che coltivavano soia. Questa leguminosa, presente ormai da tempo nelle rotazioni colturali delle aziende venete, rischia di ridursi ulteriormen-te anche nei prossimi anni, vista la sostanziale conferma da parulteriormen-te della Commissione euro-pea delle linee politiche e di intervento in materia di semi oleosi. Il rischio di una continua riduzione negli investimenti potrebbe rivelarsi drammatico soprattutto a livello regionale e mette in evidenza la necessità di salvaguardare le sorti del comparto, evitando gli squilibri - agronomici ancora prima che economici - che potrebbero derivare dalla fuga verso altre colture (monocoltura cerealicola).

La barbabietola ha vissuto una delle peggiori campagne degli ultimi anni, nonostante l’incremento sostanziale delle semine fosse d’auspicio per una buona annata. L’andamento meteorologico ha, infatti, pesantemente condizionato i risultati produttivi, soprattutto dal punto di vista qualitativo: gli agricoltori hanno registrato basse polarizzazioni che si sono riflesse direttamente sulla riduzione della redditività della coltura. Nel complesso la produ-zione lorda della barbabietola si è attestata a circa 89 milioni di euro. La riduprodu-zione della redditività potrebbe influenzare negativamente le scelte future degli agricoltori veneti por-tando a una diminuzione degli investimenti nella prossima campagna. Per il tabacco la no-vità principale del 2002 è stata la conferma del regime di aiuti al settore, in attesa di una più sostanziale riforma prevista per i prossimi anni.

Le produzioni orticole hanno prodotto un fatturato di 508 milioni di euro (+3% circa rispetto all’anno precedente) favorito soprattutto da una crescita dei prezzi nella prima par-te dell’anno.

Nell’ambito delle coltivazioni agricole si è osservato un andamento nettamente diffe-renziato tra le produzioni erbacee e quelle arboree. In particolare sono state proprio quest’ultime a essere maggiormente penalizzate dalle avverse situazioni climatiche, che ne hanno limitato le potenzialità sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Nel

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com-plesso il fatturato del comparto è diminuito intorno al -3%, condizionato in particolare dal-la negativa annata vitivinicodal-la. Le produzioni di uva e di vino si sono infatti ridotte di circa il -20% rispetto all’anno precedente a causa delle avverse condizioni climatiche. Le gran-dinate hanno colpito duramente varie aree della regione e in particolare alcune tra le più importanti zone DOC del Veneto. L’incremento dei prezzi, seguito alla diminuzione dell’offerta sui mercati, ha limitato la diminuzione della produzione lorda di questo com-parto (-10%), attestatasi a 440 milioni di euro. Sui mercati continuano inoltre ad affermarsi i vini di qualità ed è stata segnalata, nella seconda parte dell’anno, una maggiore vivacità anche per i vini da tavola.

Il fatturato delle produzioni frutticole è invece aumentato di circa il +10% raggiun-gendo 285 milioni di euro. Per le pomacee l’annata è stata caratterizzata da un parziale recupero delle quotazioni rispetto al 2001, mentre pesco e nettarine hanno incontrato diffi-coltà sui mercati per la non sempre elevata qualità della merce offerta e per la concorrenza del prodotto estero. Il maltempo ha inoltre colpito duramente alcune zone olivicole provo-cando una riduzione nella produzione di olio di oliva.

Il settore zootecnico ha ottenuto nel 2002 una produzione lorda di 1.800 milioni di euro con una flessione di circa il -4-8% rispetto all’anno precedente, tuttavia sono osser-vabili delle situazioni diverse in funzione del comparto considerato. In generale, per molti comparti, il confronto rispetto al 2001 è fortemente condizionato dalla crisi BSE che aveva caratterizzato l’annata. Tale fenomeno aveva infatti spostato gli orientamenti dei consuma-tori verso carni alternative a quelle bovine.

Il complessivo risultato negativo del settore zootecnico è la conseguenza di un deciso peggioramento nel comparto avicunicolo. Sia per gli avicoli che per i conigli si è infatti manifestata una riduzione della produzione in termini quantitativi, alla quale si è sommato anche uno sfavorevole andamento commerciale. Per il pollame la crisi è in parte legata all’incremento dell’offerta proveniente da altri paesi extracomunitari e decisamente grave è apparsa la situazione per il comparto cunicolo, dove le quotazioni sui mercati locali, in certi casi, sono risultate inferiori al costo di produzione. Per la carne bovina sono invece stati evidenziati positivi segnali di recupero dopo la crisi della BSE che aveva colpito il

settore negli anni scorsi. Nel corso del 2002 si è infatti avuto da un lato un graduale ritorno delle macellazioni sui livelli precedenti alla crisi e dall’altro la ripresa delle quotazioni sui mercati. Il fatturato prodotto alla fine dell’anno ha superato nel complesso i 500 milioni di euro. Il comparto della carne suina è stato caratterizzato da un’offerta pressoché costante rispetto al 2001 e da una consistente diminuzione delle quotazioni. In base a questo anda-mento la produzione lorda è scesa a 153 milioni di euro con una riduzione di oltre il -10% su base annua.

La produzione lorda del settore lattiero si è attestata a quasi 400 milioni di euro, con un lieve incremento rispetto al 2001. Tuttavia i risultati economici non possono nascondere i problemi che il settore affronta ormai da anni: nella campagna 2001-2002 è stata superata la quota nazionale che ha portato a una penalizzazione per il Veneto di 27 milioni di euro.

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Continua inoltre la crisi di alcuni formaggi a pasta dura e in particolare del Grana Padano, che si è resa evidente con una flessione dei prezzi sui principali mercati.

2.3 Le tendenze dell'industria alimentare

Secondo quanto riportato dalla consueta indagine congiunturale realizzata dalle Ca-mere di Commercio, i risultati raggiunti dall’industria alimentare veneta nel terzo trimestre 2002 evidenziano come il comparto si stia lentamente riprendendo dopo la sfavorevole congiuntura che ha contraddistinto tutto il 2001 e i primi sei mesi del 2002. Cumulando le variazioni osservate nei primi nove mesi dell’anno, quasi tutti gli indicatori utilizzati per misurarne lo stato di salute (livello degli ordini, livello delle vendite, differenziale fra prez-zi di vendita e costi, occupaprez-zione) presentano infatti un trend crescente (Unioncamere del Veneto, 2002). Solo la produzione appare in leggera diminuzione. Il comparto alimentare, come già anticipato nel paragrafo 2.1, si sarebbe quindi mosso in controtendenza rispetto a molti altri settori dell’industria manifatturiera veneta che stanno risentendo maggiormente della perdurante stagnazione economica.

Dopo la diminuzione registrata nei primi sei mesi del 2002, tra giugno e settembre il fatturato delle industrie alimentari venete ha ripreso a salire. Dato che l’indice della produ-zione è risultato in calo, l’incremento del volume d’affari deriverebbe, oltre che da una ripresa delle vendite osservata sia presso la grande distribuzione che nei piccoli punti ven-dita (INDIS, 2002a), dall’arresto della crescita dei costi (soprattutto quelli per l’acquisto di materie prime) e dall’ulteriore aumento dei prezzi di vendita. Rispetto al quarto trimestre del 2001 essi sarebbero aumentati del 7% e va segnalato che, seppure in diminuzione ri-spetto al mese di giugno, rimane alta la percentuale di intervistati che per i prossimi sei mesi prevedono nuovi aumenti dei prezzi per i prodotti alimentari. Anche a livello naziona-le l’inflazione alimentare è apparsa fra naziona-le più alte, nonostante si siano verificate riduzioni di una certa entità per alcuni prodotti (es. ortofrutticoli) (INDIS, 2002b).

In tutti i primi tre trimestri del 2002 l’indice della produzione alimentare veneta è ri-sultato in calo rispetto al quarto trimestre dell’anno precedente. Tale riri-sultato si discosta sia da quello relativo all’intera industria manifatturiera regionale, in cui i volumi prodotti sono cresciuti fino al mese di giugno, che rispetto all’industria alimentare italiana, caratterizzata da tassi di crescita della produzione positivi in ognuno dei primi tre trimestri dell’anno. Dall’analisi per comparto, possibile solamente a livello nazionale, emerge che i migliori risultati produttivi sono stati conseguiti dalle industrie che si occupano di lavorazione di frutta e ortaggi, riso, pesce e derivati e prodotti per l’alimentazione degli animali, mentre per i prodotti lattiero-caseari (soprattutto per effetto della forte contrazione osservata nell’industria del gelato), per gli oli e grassi vegetali e animali, per lo zucchero, per le paste alimentari e per i prodotti dietetici si sono avute le maggiori riduzioni (Federalimentare, 2002). Per i prossimi mesi gli operatori dell’industria alimentare veneta confermano quanto già ipotizzato, ma poi non verificatosi, nel corso delle precedenti indagini, ossia che i

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vo-lumi prodotti dovrebbero finalmente aumentare.

Le informazioni relative agli ordinativi sono interpretabili con una certa difficoltà, almeno per quanto riguarda la provenienza della domanda. Dall'indagine congiunturale condotta trimestralmente dalle CCIAA sembra infatti che sia il mercato interno ad essere più attivo, mentre dal rapporto sulla congiuntura economica realizzato da FedervenetoAPI

(2002) appare in maggiore crescita la domanda proveniente dall’esterno, dove le industrie alimentari venete avrebbero trovato nuove nicchie di mercato (ad esempio America Lati-na). Se le due indagini hanno portato, almeno in questo caso, a differenti risultati, va con-siderato che esse sono condotte su due diversi campioni di imprese, dei quali, fra l’altro, le industrie alimentari rappresentano una quota minoritaria2. Entrambi gli studi sono comun-que d’accordo sul fatto che nei prossimi mesi la domanda dovrebbe sensibilmente aumen-tare, soprattutto sul mercato interno.

In una situazione che si è mantenuta, almeno fino alla prima metà dell’anno, alquanto incerta, le industrie alimentari venete hanno ridotto il volume delle risorse investite, nono-stante il ricorso al credito sia risultato in aumento (FedervenetoAPI, 2002). Solo il 36% degli intervistati ha poi affermato che effettuerà investimenti nei prossimi mesi. Per quanto concerne la destinazione delle risorse investite, da uno studio condotto dalle Camere di Commercio delle regioni del Nord-Est emerge che nel 2002 solo il 38% delle piccole e medie imprese industriali ha investito in ricerca e sviluppo, mentre il 60% ha effettuato investimenti nell’innovazione (Benanzato, 2002). Da qui l’esigenza di dare la giusta im-portanza a conoscenza, ricerca e formazione del personale per sostenere la competitività e l’occupazione ed evitare di perdere ulteriori quote di commercio con l’estero.

2.4 La dinamica delle imprese e dell’occupazione del settore agroalimentare

Il numero di imprese agricole iscritte presso le Camere di Commercio venete è risul-tato in diminuzione anche nei primi nove mesi del 2002 (Infocamere-Movimprese, 2002). Rispetto ai dati relativi alla fine del 2001 (circa 107.000 imprese), nel corso dell’ultima indagine sono state infatti rilevate circa 102.700 imprese (-4%). Le cancellazioni continua-no ormai sin dal 1997, ancontinua-no un cui era stato introdotto, anche per le aziende agricole co-siddette “professionali”, l’obbligo di iscrizione al registro delle imprese. Se la diminuzione del numero di imprese agricole è stata anche confermata dai dati relativi al Censimento dell’agricoltura del 2000, va comunque sottolineato che in questi ultimi cinque anni molte aziende, pur continuando ad operare, si sarebbero progressivamente cancellate dal registro dopo aver appurato di non essere più in possesso dei requisiti che obbligano un’impresa all’iscrizione.

Dal punto di vista “giuridico” continua la leggera crescita delle forme societarie a

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L’indagine dell’Unioncamere si basa su un campione composto da 550-600 imprese, 35 circa delle quali operanti nel settore alimentare. Quella di FedervenetoAPI sintetizza i risultati delle interviste effettuate su un campione di 424 imprese, 22 delle quali appartenenti al settore alimentare.

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scapito delle ditte individuali, che rappresentano, comunque, ancora il 90% circa del nume-ro complessivo di imprese regionali. A livello “territoriale” le contrazioni più evidenti si sono avute nelle province di Venezia (-7,9%), Padova (-4,4%) e Rovigo (-4,4%), mentre a Verona il numero di aziende agricole appare sostanzialmente stabile (-0,8%).

Per le industrie alimentari la situazione è esattamente opposta in quanto il loro nume-ro continua a crescere da diversi anni. Nel terzo trimestre 2002 sono risultate iscritte presso le Camere di Commercio venete circa 6.900 imprese, il 2,2% in più rispetto al dato di di-cembre 2001 (6.790). In tutte le province, a esclusione di Belluno, sono state registrate variazioni positive comprese tra il +1,1% (Verona) e il +5% (Venezia). Quest’ultima pro-vincia, grazie alla crescita delle iscrizioni superiore alla media regionale, sta lentamente recuperando terreno rispetto alle province che detengono le quote maggiori di industrie alimentari (Treviso e Verona), mentre Belluno, in cui si trova solamente il 4% circa delle imprese regionali, continua a perdere terreno, probabilmente per le maggiori difficoltà in-frastrutturali che ne caratterizzano il territorio.

Dal punto di vista occupazionale, le prime due rilevazioni trimestrali del 2002 sulle forze di lavoro realizzate dall’ISTAT evidenziano una contrazione del numero di occupati

agricoli pari al -14,3% nel primo trimestre 2002 e al -10,8% nel secondo trimestre rispetto agli stessi periodi del 2001 (ISTAT, 2002a). Solamente la rilevazione di luglio avrebbe

con-fermato una netta ripresa del numero di occupati (+8,7%) rispetto allo stesso mese del 2001. Ciò dovrebbe consentire al Veneto di avere un numero di occupati agricoli, alla fine dell’anno, di circa 80.000 unità, a patto che i dati della rilevazione di ottobre 2002, non ancora disponibili, si mantengano in linea con quelli del quarto trimestre 2001. Se così fosse, si confermerebbe la perdita di altri 3.000 lavoratori agricoli. A livello italiano la ri-duzione del numero di occupati è apparsa più contenuta di quella osservata in Veneto, ma presente in ognuno dei tre trimestri del 2002 rispetto agli stessi periodi del 2001.

Per le industrie alimentari le tendenze occupazionali possono essere desunte sola-mente dalle indagini basate sui giudizi espressi dagli operatori di un ridotto campione di imprese (Unioncamere del Veneto, 2002; FedervenetoAPI, 2002). Dalla “Giuria della con-giuntura”, curata presso l’Unioncamere del Veneto, risulta una seppur debole crescita del numero di occupati in ognuna delle tre rilevazioni finora realizzate per il 2002. In questo modo si può stimare che il numero di occupati nel settore alimentare veneto sia pari a circa 57.800 unità, ossia 600 unità in più rispetto ai dati, anch’essi stimati, del quarto trimestre 2001.

Per il prossimo anno gli operatori del settore sono concordi nel ritenere l’occupazione delle industrie alimentari in ulteriore aumento (Unioncamere del Veneto, 2002), mentre quella del settore agricolo in sostanziale stabilità o in leggero calo (Union-camere, 2002b). Il numero di occupati sembra quindi rispecchiare le dinamiche osservate per il numero di imprese e confermare come sia in atto, tanto a livello regionale quanto a livello nazionale, un processo di trasferimento della manodopera dal settore agricolo a quello dell’industria e dei servizi.

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2.5 Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari

Nei primi nove mesi del 2002 il comparto agroalimentare veneto ha raggiunto risul-tati molto incoraggianti soprattutto se si considera che le esportazioni complessive regiona-li sono apparse, invece, in netta diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2001 per effet-to delle forti contrazioni che avrebbero interessaeffet-to i prodotti metalmeccanici, mezzi di tra-sporto esclusi, e il cuoio e i prodotti in cuoio (ISTAT, 2002b). La crisi economica che ha

investito tutti i mercati internazionali si è quindi ripercossa anche sugli scambi fra paesi e gli operatori del settore non sembrano in grado di prevedere quando potrà iniziare la ripre-sa.

Il saldo della bilancia commerciale dei prodotti agroalimentari veneti si è ridotto, nei primi tre trimestri del 2002, di oltre 20 punti percentuali, grazie ad un arretramento delle importazioni (-6,2%) e ad una crescita delle esportazioni (+1,4%). A livello nazionale la situazione appare leggermente diversa in quanto avrebbero contribuito maggiormente alla riduzione del deficit commerciale (di quasi 17 punti percentuali) l’aumento delle esporta-zioni (+4%) piuttosto che la contrazione delle importaesporta-zioni (-3,3%).

L’analisi per singolo prodotto, pur essendo limitata alle riaggregazioni effettuate sul-la base delsul-la csul-lassificazione nota come ATECO-33 (Bortolozzo et al., 2002), evidenzia come la riduzione dell’import agroalimentare veneto derivi soprattutto da un minor ricorso agli approvvigionamenti esteri da parte delle industrie alimentari (import in calo del -8,6%) piuttosto che dal settore primario (-2%). I prodotti dell’industria alimentare, per i quali si sono registrate le più consistenti riduzioni, risultano gli alimenti per animali, le carni e i prodotti a base di carne e le bevande, mentre fra i prodotti agricoli solo quelli della silvi-coltura hanno subito variazioni significative.

Sul fronte dell’export, i positivi risultati traggono invece origine esclusivamente dalla crescita dei flussi relativi ai prodotti alimentari (+2,1%), poiché per quelli agricoli si è veri-ficata una leggera caduta delle esportazioni (-1,1%), che a sua volta deriva in larga parte dalla maggior difficoltà - o dal minor interesse -, rispetto al 2001, a collocare fuori dai con-fini regionali i prodotti ittici. All’opposto, nel comparto della trasformazione alimentare sono i prodotti ittici conservati e trasformati, i prodotti della macinazione di cereali, semi e granaglie e le bevande (delle quali il vino rappresenta una quota importante) ad aver ri-scosso maggior successo fuori dai confini regionali nei primi nove mesi del 2002.

A livello territoriale si nota una leggera caduta delle esportazioni in 4 province su 7 (Verona, Vicenza, Belluno e Treviso), mentre a Venezia e a Rovigo si sono registrati i maggiori incrementi. In Veneto, solamente queste due province presentano infatti tassi di crescita positivi per i prodotti delle industrie alimentari; nel veneziano, per effetto di una forte crescita delle esportazioni di carni e prodotti a base di carne e prodotti lattiero-caseari

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e gelati; nel rodigino, grazie agli ottimi risultati conseguiti dai pesci conservati e trasforma-ti e dagli alimentrasforma-ti per animali.

I Paesi verso i quali i prodotti agroalimentari veneti sono maggiormente esportati so-no la Germania, l’Austria, gli Stati Uniti, il Regso-no Unito e la Francia, mentre i principali mercati esteri di approvvigionamento sia di prodotti agricoli che di prodotti alimentari si trovano in Germania, Francia, Paesi Bassi, America Centro-Meridionale e Spagna. Dal confronto tra i flussi relativi ai primi 9 mesi del 2002 e quelli dello stesso periodo del 2001 non emerge alcuna differenza in termini di importanza relativa dei vari mercati esteri di provenienza o di sbocco.

3 UN BILANCIO DELL’ANNATA AGRARIA

3.1 Andamento climatico4

Le caratteristiche meteo-climatiche dell’annata 2002 in Veneto risultano contraddi-stinte da una piovosità generalmente superiore alla norma, soprattutto a causa dei frequenti fenomeni pluviometrici intensi che hanno colpito maggiormente la pianura, durante la sta-gione estiva, e le zone montane in primavera e autunno. Il regime termometrico evidenzia ovunque valori al di sopra della media dell’ultimo decennio, specialmente nei valori mas-simi.

Analizzando l’andamento stagionale, l'inverno 2002 (dicembre 2001-febbraio 2002) si caratterizza da un clima freddo, soprattutto in dicembre e nelle prime due decadi di gen-naio, e da un lungo periodo di siccità che da fine novembre si protrae, salvo alcuni brevi eventi nevosi anche in pianura, fino al 6 febbraio, primo vero episodio di precipitazione. Con il mese di febbraio l’ultima parte dell'inverno risulta molto più mite e con precipita-zioni generalmente superiori alla norma. In gennaio, i valori di temperatura registrati (sotto la norma) non sono stati tali da determinare danni alle colture. Anche la situazione siccito-sa, che è stata molto elevata in particolare nella fascia pedemontana, non ha determinato problemi alle colture in quanto le piante erano in fase di riposo vegetativo. Su pero e melo, inoltre, le basse temperature hanno potuto probabilmente sfavorire la virulenza del Colpo di Fuoco Batterico nelle aree colpite da questa malattia. Riguardo al settore orticolo, le piante di radicchio (varietà tardive) non hanno presentato problemi sanitari particolari, ma è aumentato il prodotto di scarto. Riguardo al frumento, la persistenza delle basse tempera-ture ha favorito, in alcune aree, degli ingiallimenti. Terminata la fase fredda, il frumento sembrava aver recuperato lo stress subìto apparendo in un ottimo stato fisiologico e

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Questa nuova serie, che a partire dal 1999 sostituisce la precedente basata sui gruppi merceologici, presenta alcuni limiti, i più evidenti dei quali riguardano il limitato grado di dettaglio relativo ai prodotti del settore agricolo e la pubblicazione delle sole informazioni relative ai flussi di scambio in valore.

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meteorologi-nitario.

In primavera le condizioni del tempo risultano in prevalenza variabili, con progressi-vo aumento dell'instabilità atmosferica nel corso del periodo. Una primavera di per sé clas-sica per il Veneto, con un’elevata piovosità nei mesi di aprile e maggio. Da segnalare an-che i primi fenomeni temporaleschi, specie da aprile, nonché alcune giornate ventose. Per quanto riguarda la temperatura, a partire da marzo si è assistito a un progressivo e consi-stente rialzo dei valori termici dopo il freddo inverno. Durante la terza decade (23-24 mar-zo) l’afflusso di aria fredda da nord-est ha portato le minime sotto la norma con gelate not-turne. Si sono registrati problemi, anche se contenuti, su pesco, albicocco, susino e su melo solo sulla Golden Delicious; i danni maggiori si sono osservati sul kiwi, specialmente lad-dove sono mancati gli impianti di irrigazione. Per le continue piogge di aprile si sono ma-nifestati vari attacchi fungini. Il frumento, negli impianti molto fitti, ha presentato sulle foglie basali attacchi di Oidio e di Fusarium. Si sono avviate le infezioni primarie di Tic-chiolatura. Sulla vite, le infezioni peronosporiche si sono mantenute ad alto rischio e, a partire dal 14 maggio, sono apparse le prime tipiche macchie d’olio sulle foglie. Sulla bie-tola c’è stata l’insorgenza della Ramularia, mentre su melone, si è osservato lo sviluppo in pieno campo di Didymella bryoniae (Cancro gommoso).

Dall’analisi delle situazioni meteorologiche che hanno caratterizzato l’estate 2002, non solo a livello regionale, ma di buona parte dell’Europa centro-meridionale, emerge, infatti, una grande anomalia legata all'anticiclone delle Azzorre. La sua influenza sull’Italia settentrionale è risultata infatti limitata, oltre che alla calda decade centrale di giugno, a soli 6-7 giorni nel periodo luglio-agosto, lasciando il via libera all’ingresso delle perturba-zioni dal nord Europa e dall’Atlantico. La stagione estiva 2002 è stata caratterizzata da maggior frequenza di situazioni termiche e pluviometriche estreme rispetto alla media. L’estate si è contraddistinta infatti per l’elevato numero di eventi piovosi di notevole inten-sità ma anche per un andamento termico un po’ bizzarro, con valori massimi assoluti rag-giunti nella seconda decade di giugno, anziché verso fine luglio-inizio agosto. Per il pomo-doro, la difesa dalla Peronospora è stata difficile; in quanto i temporali dei mesi estivi han-no dilavato i prodotti rendendo scoperta la vegetazione. L’evento grandinigehan-no, avvenuto nelle prime ore della giornata di domenica 4 agosto, ha colpito in modo particolare la parte occidentale della regione, (la pedemontana: comprensorio di Lazise, alta Valpolicella e Valpantena). Per le bietole, nella prima decade di agosto sono iniziati gli estirpi con produ-zioni ad ettaro medio alte ma con un grado polarimetrico basso sempre a causa delle piog-ge. Per la vite, nelle uve a raccolta tardiva si sono osservati focolai di Botrite. Riguardo all’olivo, la situazione fitosanitaria è stata buona, ma la produzione è risultata diversa in relazione alle zone e all’efficienza dei trattamenti eseguiti in particolare contro la Mosca.

L’autunno è trascorso all’insegna dell’elevata piovosità e di un clima generalmente mite soprattutto in novembre, con valori di temperatura minima che su tutta la regione so-no risultati particolarmente elevati a causa di persistenti condizioni di maltempo governate da intensi flussi sciroccali. Particolarmente significative, per gli apporti pluviometrici

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tota-li, sono risultate le ultime due settimane di novembre con quantitativi record in montagna. Dal punto di vista termometrico si sono contate soltanto 2 giornate con locali gelate anche in pianura, alla fine della prima decade di novembre.

3.2 Cereali

Nell’annata appena trascorsa la superficie investita a frumento tenero è stata di circa 62.700 ettari, con un notevole aumento (+63%) rispetto al 2001, sulla scia del generale incremento registrato in tutte le regioni centro-settentrionali. I maggiori investimenti sono stati in parte determinati dalla preoccupazione degli agricoltori per il non favorevole an-damento di mercato delle oleaginose e del mais e dalla sensibile riduzione degli aiuti per ettaro concessi alle oleaginose, ora omologati a quelli dei cereali. L’andamento meteorolo-gico ha influenzato le rese finali condizionando l’esito dei raccolti in alcuni comprensori produttivi, soprattutto a causa delle temperature superiori alla media verificatesi alla fine del ciclo produttivo e degli allettamenti. Gravi problemi sono stati arrecati dalla comparsa della fusariosi della spiga, favorita dalle abbondanti e frequenti precipitazioni primaverili. Le rese medie sono state di circa 5,4 t/ha, stabilizzandosi su valori lievemente inferiori a quelli dell’anno precedente; performance migliori sono state ottenute nelle province di Padova e Vicenza dove sono state superate le 6 t/ha. Per effetto delle maggiori semine la produzione raccolta in Veneto è peraltro fortemente aumentata, attestandosi a un livello di 335.000 tonnellate (+62% rispetto all’anno precedente). La qualità risulta buona sotto il profilo proteico, mentre meno positivi sono i risultati in termini di peso ettolitrico.

L’attesa di produzioni abbondanti e di un’offerta esuberante in tutta l’UE, i timori per il livello qualitativo del prodotto del Nord Italia e il massiccio arrivo di grano tenero dalle regioni del Mar Nero (fortemente competitivo per qualità e prezzo) hanno determina-to un diffuso ribasso delle quotazioni del prodotdetermina-to nazionale a inizio campagna di commer-cializzazione. Sulle principali piazze venete si sono riscontrati prezzi di 124-132 euro/t per il fino e di 113-126 euro/t per il buono mercantile, valori inferiori di oltre il 10% rispetto allo stesso periodo del 2001. Alla riapertura dei mercati la tradizionale ripresa dell’attività dei molini e delle aziende mangimistiche e il ritardo nella raccolta del mais hanno determi-nato un aumento del livello degli scambi e della domanda. L’aumento delle quotazioni del prodotto estero ha spinto le richieste verso il mercato interno, inducendo un progressivo aumento dei prezzi del grano tenero nazionale: a fine ottobre il fino ha toccato i 149 euro/t e il buono mercantile i 140 euro/t. La proposta di ridurre del 5% il prezzo di intervento e il probabile aumento per il 2003 dei prelievi all’importazione hanno suscitato preoccupazio-ne preoccupazio-nei produttori e preoccupazio-nelle industrie di prima trasformaziopreoccupazio-ne. La forte concorrenza del pro-dotto estero (Russia, Ucraina) potrebbe inoltre influenzare la prossima campagna cereali-cola, inducendo un più elevato investimento verso categorie produttive qualitativamente superiori e maggiormente richieste dall’industria molitoria.

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investimento degli agricoltori veneti interessando solo 1.300 ettari. Tuttavia, è stata evi-denziata una decisa inversione di tendenza rispetto al 2001 con una superficie coltivata che è quasi raddoppiata. Le province dove tale cereale è maggiormente diffuso sono Rovigo, con 850 ettari, e Treviso (325 ettari). Le precipitazioni abbastanza frequenti di aprile-maggio hanno reso possibile una buona ripresa del ciclo vegetativo favorendo, però, anche l’insorgere di attacchi di fusariosi della spiga, che hanno penalizzato la qualità finale della granella. La produzione è stata di quasi 6.000 tonnellate, mentre la resa media regionale si è attestata sulle 4,5 t/ha (-10% rispetto al 2001). Le patologie fungine hanno influenzato la qualità della granella soprattutto nella provincia di Rovigo, con decrementi consistenti del peso ettolitrico. Il nuovo prodotto è stato quotato a circa 150156 euro/t con riduzioni del -1520% rispetto alla precedente campagna e solo con la riduzione dell’offerta nei mesi successivi si è avuto un incremento dei prezzi a 175-179 euro/t. Sugli orientamenti per il prossimo futuro potrebbe pesare l’incertezza dovuta alla proposta contenuta nella revisione della PAC di abolire l’aiuto supplementare concesso ai produttori nelle aree non tradizio-nali e il nuovo superamento della superficie massima garantita che produrrà una decurta-zione degli aiuti comunitari.

Anche per l’orzo l’ultima campagna è stata caratterizzata da un deciso incremento delle superfici coltivate (+48%) che hanno raggiunto quasi 12.000 ettari. Tale crescita ri-porta, peraltro, la coltura sui livelli raggiunti nel 2000. Le province maggiormente interes-sate da questa coltivazione sono Verona, Treviso e Vicenza che assorbono oltre il 70% della superficie coltivata. La campagna di raccolta è iniziata verso la metà di giugno e si è svolta in modo piuttosto regolare, dopo un’annata sostanzialmente favorevole alla coltura dal punto di vista climatico. La qualità mercantile della granella è stata buona e la resa si è attestata su un valore medio di 5,2 t/ha, segnando una crescita di circa il +5% rispetto all’anno precedente. Anche la produzione ha registrato un notevole aumento: si sono infatti raccolte circa 62.600 tonnellate di prodotto, con un incremento del +55% rispetto al 2001. All’apertura della campagna di commercializzazione il prodotto del nuovo raccolto ha spuntato prezzi variabili tra 110 e 115 euro/t, inferiori del -5-7% rispetto allo stesso peri-odo del 2001, per poi risalire a 125 euro/t nel mese di settembre. Su tale andamento hanno influito il raccolto abbondante degli altri paesi comunitari e l’immissione sul mercato di ingenti quantità di cereali foraggeri da paesi terzi.

La superficie investita a mais è aumentata per il quarto anno consecutivo raggiun-gendo i 293.000 ettari, con una crescita di circa il +3% rispetto alla precedente campagna. Le province dove tale coltivazione è più diffusa sono Padova (68.100 ettari) e Rovigo (55.000 ettari), mentre è nel veneziano che si è osservato il maggior incremento delle se-mine (+15%). Dal punto di vista meteorologico e fitosanitario si è avuta una stagione ano-mala caratterizzata da ripetuto maltempo, piogge intense, temporali e grandine. Da fine luglio a metà settembre si sono verificate ondate di cattivo tempo che hanno determinato un ridimensionamento quantitativo delle rese e ricadute sul livello qualitativo del raccolto. Le prolungate basse temperature e l’elevato tasso di umidità hanno rallentato lo sviluppo

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della coltura favorendo la comparsa di patogeni responsabili del peggioramento dello stato sanitario e qualitativo della cariosside. In particolare problemi maggiori sono stati arrecati da Piralide, Ragnetto rosso, Elmintosporiosi e Fusarium. Inoltre, in alcuni comprensori maidicoli, le piogge cadute in settembre hanno causato rallentamenti e ritardi nelle opera-zioni di raccolta ed eccessiva umidità della granella trebbiata. Rispetto allo scorso anno non sono stati osservati nuovi focolai di Diabrotica virgifera, mentre il Servizio Fitosanita-rio Regionale ha segnalato la ricomparsa della Peronospora del mais e la presenza di mar-ciumi del fusto in alcune aree. La resa media regionale è stata condizionata dall’andamento climatico e patologico, rimanendo a livelli di circa 9,8 t/ha. Non sono peraltro mancate rese superiori alle 10 t/ha, come riscontrato, in media, nelle province di Treviso, Venezia e Vi-cenza. La produzione veneta ha comunque raggiunto complessivamente un livello di 2,9 milioni di tonnellate (+4% rispetto al 2001), ritornando ai valori del 1998.

A luglio-agosto la ridotta disponibilità di prodotto e i timori di raccolti compromessi dal maltempo hanno innescato forti tensioni sui mercati, nonché atteggiamenti speculativi, di conseguenza i prezzi sono lievitati fino a 150-160 euro/t. A settembre l’arrivo delle pri-me partite della nuova campagna e le previsioni di un aupri-mento di produzione e di una bas-sa qualità della granella hanno provocato un diffuso ribasso delle quotazioni (115-125 eu-ro/t, riportando i prezzi su valori uguali o di poco superiori rispetto a quelli registrati nel settembre 2001). Solo in seguito la maggiore domanda del comparto zootecnico e mangi-mistico e gli aumenti di prezzo del frumento hanno sostenuto le quotazioni del mais a 130-134 euro/t. Per il futuro gli operatori del settore ipotizzano un andamento di mercato stabi-le o in stabi-leggero ribasso, similmente a quanto accaduto nella precedente campagna.

A partire dalla campagna 2002-03 sono entrate in vigore le recenti disposizioni pre-viste dalle normative europee che prevedono l’adozione di una resa unica per tutti i cereali in sostituzione della differenziazione tra mais e altre colture cerealicole. Il progressivo au-mento delle semine di mais aveva infatti determinato, anche nel 2001, lo splafonaau-mento dell’area di base nazionale in misura pari all’11,6%, riflettendosi in un corrispondente de-cremento delle compensazioni. Secondo il nuovo piano di regionalizzazione del MiPAF, nelle regioni settentrionali 73 aree omogenee sono passate dal regime di resa distinta per il mais a un regime di resa unica, mentre nelle rimanenti 38 aree omogenee non è stata ap-portata alcuna modifica. Per quanto riguarda il Veneto solo nell’area omogenea “Verona montagna interna” verrebbe mantenuta la distinzione tra rese mais e altri cereali. Inoltre il piano di regionalizzazione ha individuato in circa 5,8 milioni di ettari la nuova area di base nazionale per tutti i seminativi. È peraltro previsto il mantenimento di una superficie speci-fica per il mais, pari a 400.800 ettari. Sulla base delle prime informazioni, nel corso del 2002 non è stata superata l’area di base nazionale per i seminativi, mentre è stato rilevato uno splafonamento di circa il 3% nelle zone con resa specifica per il mais.

Il riso ha mantenuto la sua natura di produzione di nicchia, interessando circa 4.400 ettari, con una flessione del -5% rispetto al 2001. Verona e Rovigo si confermano le pro-vince a maggiore tradizione risicola, peraltro nei comprensori produttivi polesani si è

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os-servata una riduzione più marcata della superficie coltivata. Nonostante l’andamento mete-orologico abbia rallentato le operazioni di mietitura, la produzione è risultata complessi-vamente buona sia in termini qualitativi che quantitativi, con rendimenti alla lavorazione superiori a quelli del 2001. Rispetto alla precedente campagna di commercializzazione, i prezzi del risone sono stati inizialmente inferiori di oltre il -10%: nel mese di ottobre, infat-ti, le quotazioni dell’Arborio sul mercato di Verona si sono attestate attorno ai 320-330 euro/t, mentre i prezzi delle varietà Carnaroli e Vialone Nano hanno oscillato tra 360 e 380 euro/t. Il riso è da anni interessato da difficoltà commerciali legate ai bassi prezzi del pro-dotto sui mercati internazionali. Peraltro alcune produzioni di qualità, come il Vialone Na-no IGP coltivato nel veronese, hanno beneficiato di un incremento della domanda da parte

del consumatore finale anche grazie alle iniziative di valorizzazione del prodotto, come la recente costituzione della “Strada del Riso Vialone Nano Veronese IGP”.

3.3 Colture industriali

A causa di un andamento climatico fortemente avverso la barbabietola da zucchero ha chiuso una delle peggiori campagne degli ultimi anni, in termini soprattutto di flessione del titolo zuccherino medio. Rispetto alle riduzioni osservate nelle ultime quattro campa-gne, la superficie regionale ha registrato un incremento di poco inferiore al +30%, supe-rando i 45.000 ettari. Le condizioni climatiche hanno permesso di iniziare tempestivamente le lavorazioni e di anticipare le semine alla prima quindicina di marzo. La carenza di piog-ge dopo le semine ha determinato una diffusa scalarità delle nascite, soprattutto nei terreni argillosi, e solo le successive precipitazioni primaverili hanno consentito un regolare svi-luppo delle colture. Una forte ondata di caldo nella seconda metà di giugno, con temperatu-re e umidità superiori alla norma, ha favorito infezioni piuttosto intense di cercospora. Nel corso della stagione sono stati necessari in media 2-3 trattamenti fitosanitari per il controllo di questa avversità e solo la tempestività di intervento ha potuto limitare la virulenza e i danni arrecati alla coltura. Le precipitazioni cadute dopo la metà di agosto hanno, tuttavia, favorito nuovi attacchi di cercospora, più rilevanti nelle zone dove i primi trattamenti erano stati effettuati in ritardo. La fase di raccolta è stata fortemente condizionata dal tempo in-stabile e dal perdurare delle piogge, che hanno causato inagibilità dei terreni, difficoltà e ritardi nell'estirpazione e prolungato più del previsto la campagna di raccolta, conclusasi solo nella prima decade di novembre.

Le rese unitarie evidenziano un calo del -5-7% a seconda del comprensorio produt-tivo, attestandosi a 55 t/ha e con punte di quasi 60 t/ha nelle aree di coltivazione più meri-dionali della regione. La produzione complessiva di radici è stata di circa 2,5 milioni di tonnellate con una crescita di quasi il +20% rispetto al 2001. Il valore medio di polarizza-zione, a causa delle continue e intense piogge estive, si è ridotto di oltre un punto rispetto alla precedente campagna, attestandosi attorno a 12,6-12,9°; anche la purezza del sugo denso evidenzia un calo di circa un punto percentuale, collocandosi su valori di

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90,6-91,4%, per una qualità comunque discreta del prodotto. In conseguenza della ridotta pola-rizzazione più marcata è stata la diminuzione della quantità di saccarosio ottenuta dalla lavorazione (-10-15%) che in media è scesa a circa 7,4 t/ha.

Dal lato della commercializzazione, il prezzo base per l’attuale campagna è stato fis-sato sugli stessi livelli dell’anno scorso (44,30 euro/t a 16°) in virtù delle disposizioni dell’accordo interprofessionale raggiunto nel gennaio 2002, col quale si è cercato di intro-durre per le campagne dal 2001/02 al 2003/04 condizioni di sostanziale stabilità dei prezzi per il sistema bieticolo-saccarifero italiano. È stato inoltre previsto un premio di qualità da assegnare alle produzioni migliori attraverso un finanziamento complessivo di 7,75 milioni di euro. Tuttavia, la diminuzione del grado polarimetrico si rifletterà in una riduzione della redditività della coltura rispetto all’anno scorso.

La deludente annata e gli orientamenti degli agricoltori verso l’inserimento in rota-zione di altre colture (in particolare il mais) fanno prevedere per l'anno prossimo una ridu-zione del -10-20% della superficie bieticola in Veneto. Peraltro l’elevata importanza a-gronomica della barbabietola renderebbe necessaria una strategia per mantenere l’interesse degli agricoltori verso questa coltura e per rilanciarne la produttività. La fine dell’anno ha visto la nascita di Italia Zuccheri una nuova società nel settore saccarifero che ha rilevato sei degli 8 zuccherifici (tra i quali Pontelongo e Contarina) derivanti dallo scorporamento di Eridania-Isi. La novità principale riguarda la presenza dei bieticoltori: Italia Zuccheri è infatti costituita da Co.Pro.B (cooperativa italiana formata da produttori bieticoli) e da Fin-bieticola (finanziaria delle associazioni bieticole). Questo nuovo raggruppamento societa-rio ha previsto un piano di investimenti triennale di 55 milioni di euro. Da segnalare infine come sia definitivamente tramontata l’ipotesi di una riapertura dello stabilimento di Ceg-gia: la parte industriale ha infatti confermato la decisione presa due anni fa ritenendo non economico il mantenimento in attività dello zuccherificio. Tuttavia questa situazione priva di un impianto di trasformazione del prodotto uno dei comprensori bieticoli più produttivi a livello nazionale. Ciò implica, inoltre, lo studio di soluzioni alternative per il trasporto dei fittoni dalla zona di produzione agli zuccherifici presenti in regione o in quelle limitro-fe.

La superficie a tabacco è cresciuta di circa il +10% raggiungendo quasi 8.700 ettari e si trova concentrata per oltre l’80% nei comprensori produttivi veronesi e vicentini. Dal punto di vista climatico, durante l’estate fenomeni di grandine, vento e piogge intense han-no causato in diverse zone danni di una certa rilevanza alle coltivazioni e alle strutture a-ziendali. In particolare le grandinate di inizio agosto hanno colpito pesantemente 600 ettari di colture della varietà Bright in prossimità della raccolta nella Bassa Veronese (zona di Minerbe e Legnago), comportando una perdita stimata di circa 20.000 quintali di produ-zione. Dal punto di vista fitosanitario anche quest'anno si sono registrati focolai di virus del mosaico del tabacco, contro i quali diviene fondamentale l’esecuzione di accurati interventi di prevenzione. Per il Bright veneto si sono osservate, per la campagna 2002, buone rese e un’ottima qualità. Le rese si sono attestate infatti attorno a 2,9-3,0 t/ha, in linea con i valori

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del 2001. La campagna di commercializzazione è iniziata a metà settembre e ha avuto uno svolgimento regolare. Il raccolto ha spuntato prezzi medi lievemente superiori a quelli del 2001 confermando il trend positivo osservato negli ultimi anni, grazie anche al progressivo incremento della qualità del prodotto.

Nel marzo 2002 è stata confermata, nelle sue linee principali, la struttura dell’OCM

tabacco con la proroga del regime di aiuti e sostegni attualmente in vigore. La conferma del livello attuale dei sussidi (a eccezione della varietà V Sun-cured) garantisce ai produt-tori per il triennio 2002-2004 una certa tranquillità nella programmazione della loro attivi-tà, almeno fino alla più radicale riforma programmata dopo il 2004. Il regolamento CE

546/2002 ha comunque apportato alcune significative modifiche, tra le quali una riduzione delle soglie di produzione nazionali, che scenderanno nel 2004 a circa 127.000 tonnellate, e una conferma del Fondo comunitario del tabacco. Tale Fondo sarà finanziato attraverso una ritenuta del 2% sul premio per il raccolto 2002, che salirà al 3% per le due campagne successive, e sarà finalizzato a favorire la riconversione dei produttori verso altre colture e a informare i consumatori sugli effetti nocivi del tabacco. Per il futuro la Commissione sembra orientata verso una più profonda riforma dell’OCM che non esclude la graduale

riduzione degli aiuti. A luglio le maggiori organizzazioni tabacchicole si sono riunite a formare l'Organizzazione nazionale tabacco (ONT Italia) allo scopo di tutelare gli interessi

economici dei soggetti coinvolti e migliorare la competitività della filiera italiana.

La diminuzione della superficie investita a soia, iniziata nel corso della precedente campagna, è proseguita in misura preoccupante anche nel 2002. L’area coltivata è, infatti, scesa a circa 67.400 ettari con una diminuzione di oltre il -20% rispetto al 2001, in analo-gia con il ridimensionamento subito dalla coltura a livello nazionale. La riduzione delle superfici ha interessato tutte le province, con decrementi maggiori a Padova e Verona. Ve-nezia è la provincia che detiene la quota di coltivazione più importante (20.800 ettari), se-guita da Rovigo e Treviso (con circa 14.000 ettari ciascuna). L’andamento stagionale è risultato nel complesso abbastanza favorevole e la raccolta è stata accompagnata da condi-zioni climatiche relativamente buone, procedendo senza particolari complicacondi-zioni. La resa media è stata di 3,9 t/ha, in lieve flessione rispetto al 2001, con performance migliori nelle aziende veronesi e veneziane (4,2-4,3 t/ha) e punte anche di 5 t/ha. La produzione raccolta ha evidenziato una flessione superiore al -20% rispetto alla precedente campagna, raggiun-gendo circa 262.000 tonnellate.

Per quanto riguarda la commercializzazione, nella prima metà del 2002 i prezzi della soia hanno mostrato un andamento cedente rispetto allo stesso periodo dell’anno preceden-te (-5-8%). A fine setpreceden-tembre le prime partipreceden-te del nuovo raccolto hanno spuntato prezzi di 230-240 euro/t, superiori del +10% circa rispetto al 2001. Nelle settimane successive le quotazioni hanno presentato un andamento altalenante, legato alle variazioni dei mercati internazionali, mantenendosi comunque su valori prossimi a quelli registrati a inizio cam-pagna. Secondo gli operatori del settore, nel breve periodo la scarsità di offerta dei semi oleosi e la continua crescita della domanda potrebbero portare a un ulteriore aumento delle

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