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La nuova tutela giuridica del design

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Academic year: 2021

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DESIGN E

PROTOTIPAZIONE

ALESSANDRO SPENNATO

Alessandro Spennato è un designer laureato presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze e frequenta il XXXI ciclo di Dottorato di Ricerca in Architettura e Design, curriculum in Design, presso l’Università degli Studi di Genova.

Dal 2008 è Cultore della Materia e assistente alle attività didattiche dei corsi di Laboratorio di Progettazione e dal 2011 collabora a progetti di Ricerca svolti presso il Dipartimento di Architettura dell’Ateneo fiorentino.

Dal 2013 è responsabile del Laboratorio Modelli per il Design del Sistema dei Laboratori DIDALabs del Dipartimento di Architettura DIDA di Firenze.

Nel corso della formazione universitaria ha collaborato a diverse iniziative di progettazione 3D ed elaborazione della comunicazione visiva per l’AreaDesign dell’Università degli Studi di Firenze. Il mondo del design sta cambiando la sua prospettiva progettuale grazie alle nuove tecnolgie di prototipazione rapida che permettono a tutti, designer e ai meno esperti del settore, di poter progettare/realizzare la propria idea.

Il libro vuole raccontare quali sono, ad oggi, gli aspetti del design sotto il profilo della digital fabrication attraverso la sua innovazione tecnologica, di come il designer sia una figura sempre più rapida nel processo del progetto e anche come preservare ed essere tutelati attraverso il diritto d’autore.

CODICE DES

Euro 12,00 www.editorialedelfino.it

9 788897 323631 ISBN 978-88-97323-63-1

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© 2016 Editoriale Delfino Srl Via Aurelio Saffi 9 - 20123 Milano Tel. 02.9578.4238 - Fax 02.7396.0387 www.editorialedelfino.it

Prima edizione 2016

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di dattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (microfilm, copie fotostatiche compresi), sono riservati per tutti i Paesi.

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.

Fotocomposizione: Matteo Ferriani - Morbegno (SO) Stampa: Mediagraf SpA - Noventa Padovana (PD) Finito di pubblicare nel mese di Novembre 2016 Prodotto interamente realizzato in Italia

ISBN: 978-88-97323-63-1

Alessandro Spennato PhD candidate Design

DSA | Dipartimento di Scienze per l’Architettura Università degli Studi di Genova

ORCID Autori

Gianpiero Alfarano orcid.org/0000-0001-7122-2100 Raffaella Fagnoni orcid.org/0000-0001-9136-3912 Jurji Filieri orcid.org/0000-0002-1197-7517 Aldo Fittante

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DESIGN E

PROTOTIPAZIONE

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Premessa

L’innovazione tecnologica della prototipazione nel progetto di design

• La Digital Fabrication

• Gli strumenti della Digital Fabrication • L’Open Source

• Le tecnologie additive

Esperienze di prototipazione applicate alla didattica

SAGGI SCIENTIFICI La rapidità del design

di Gianpiero Alfarano

Oltre la terza dimensione del progetto

di Jurji Filieri

La tutela giuridica dell’industrial design attraverso il diritto d’autore

di Aldo Fittante

Dal progetto al processo

di Gianpiero Alfarano

La forma del design

di Raffaella Fagnoni Tecnologie di stampa 3D Bibliografia 7 11 19 27 35 43 57 65 69 78

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aldo

fittante

Aldo Fittante Avvocato | Docente a contratto

Diritto della Proprietà Industriale - Università degli Studi di Firenze

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43 Il design è oggi profondamente radicato in ogni settore

merceologico in termini di contenuti, linguaggi, codici espressivi e formali, aspetti tecnici e funzionali.

Arredo, moda, accessori, progettazione di interni, car design, sono soltanto alcuni dei settori economici nei quali l’Industrial Design italiano rivela tutta la sua eccellenza, come espressione privilegiata del Made in Italy.

Il Design del nostro Paese rappresenta infatti una equilibrata sintesi di creatività, imprenditorialità, innovazione tecnologica e conoscenza del mercato che rende il nostro prodotto unico, conferendogli un appeal nel mercato che rappresenta un vero e proprio valore aggiunto da tutelare adeguatamente.

Ciò dà contezza dell’importanza, per i designers e gli operatori economici dei settori di riferimento, degli strumenti che

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l’ordinamento giuridico prevede a tutela dell’industrial design. Tra tali strumenti merita particolare menzione - accanto all’istituto del disegno o modello quale strumento “tipico” previsto dal nostro Legislatore per acquisire un’esclusiva sulle opere del disegno industriale - la tutela per diritto d’autore.

È per effetto della Direttiva 98/71/CE che si è aperta questa nuova frontiera di protezione giuridica dell’industrial design.

La regola comunitaria del cumulo tra la protezione come disegno o modello e la protezione per diritto d’autore delle opere del disegno industriale - prevista nell’art. 17 della citata Direttiva - è stata recepita nel nostro ordinamento attraverso l’art. 22 D. Lgs. n. 95 del 2001, per effetto del quale è stato abrogato nell’ambito della Legge sul Diritto d’Autore (L. n. 633 del 24 aprile 1941) il previgente criterio della scindibilità ed aggiunto all’art. 2 della medesima Legge un nuovo numero - il n. 10 - per effetto del quale sono state ricomprese “nella protezione [del diritto d’autore] le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”.

Il legislatore italiano non ha dunque operato un’estensione tout court della protezione del diritto d’autore alle opere dell’industrial design1, limitando l’accesso a tale tutela a quelle sole opere del

disegno industriale che “presentano di per sé carattere creativo e valore artistico”.

La dottrina e la giurisprudenza di merito nella “ardua” esegesi del presupposto del “di per sé valore artistico” ex art. 2 n. 10 LdA.

L’interpretazione dei due presupposti cui è subordinato nell’attuale disciplina normativa il riconoscimento alle opere del disegno industriale della tutela autorale, ha storicamente determinato una

1 Così come in altri ordinamenti e segnatamente nell’ordinamento francese nel quale non viene effettuata nessuna distinzione fra le opere di “arte pura” ed “arte applicata” e il Code de le propriété intellectuelle consente di cumulare la tutela del diritto d’autore con quella della proprietà industriale. Per un approfondimento sul tema cfr. cfr. FITTANTE, La nuova tutela dell’industrial design, Giuffrè, 2002, 71 ss.

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45 notevole incertezza in relazione al significato da attribuire a tali

requisiti, ed in particolare al presupposto del “di per sé valore artistico”.

Un dibattito vivace sia in dottrina2 sia in giurisprudenza: l’analisi

delle prime decisioni delle nostre Corti consente peraltro di evidenziare, almeno nelle primissime applicazioni3, una certa

“reviviscenza” del previgente criterio della scindibilità.

Ad esempio nell’ambito di due ordinanze del Tribunale di Monza (23 aprile 20024 e 16 luglio 20025) i nostri Giudici hanno ritenuto non

riconducibili alla categoria delle “opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico” i celebri modelli per arredamento d’interni ideati dall’Architetto Le Corbusier.

2 Sulle opinioni dottrinali emerse all’indomani della riforma della normativa nazionale sul tema si veda: FABIANI, Rivoluzione nella protezione dell’arte applicata e del disegno industriale, in Dir. aut. 2001, p. 185; DALLE VEDOVE, Dal modello ornamentale all’industrial design, in IDA, 2001, 234; M. PANUCCI, La nuova disciplina italiana dell’«industrial design», in Dir. ind., 2001, 313 ss.; GIUDICI, La protezione giuridica dei disegni e modelli, in Riv. dir. ind., 2001, 60; BONELLI, Industrial design e tutela del diritto d’autore, in Dir. Aut., 4, 2003, 519.

3 Cfr. Trib. Monza, ord. 23 aprile 2002 (in Dir. aut., 2002, 433 ss., con nota di FITTANTE Quale legittimità per il concetto di scindibilità in materia di tutela dell’industrial design?); Trib. Monza, ord. 16 luglio 2002 (in Dir. ind., 2003, 55 ss., con nota di FITTANTE); Trib. Bari, ord. 27 ottobre 2003 in Sez. spec. P.I., 2004, I, 2.

4 Trib. Monza, ord. 23 aprile 2002 – Cassina S.p.A. c. A Studio S.r.l. e altro, in Dir. aut., 2002, 433 ss., con nota di FITTANTE Quale legittimità per il concetto di scindibilità in materia di tutela dell’industrial design?. Tale pronuncia è significativa perché si tratta della prima pronuncia giudiziale successiva all’emanazione del Decreto Legislativo n. 95 del 2 febbraio 2001.

5 Trib. Monza, ord. 16 luglio 2002, Cassina S.p.A. c. Galliani Host Arredamenti S.r.l. + A Studio S.r.l., in Dir. ind., 2003, 55 ss., con nota di FITTANTE. La sentenza del Tribunale di Bari, 27 ottobre 2003, più avanti citata nel testo la si trova edita in Giurisprudenza locale, Bari, 2004.

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A detta conclusione i Giudici monzesi sono in particolare pervenuti sulla base di considerazioni sostanzialmente riconducibili

all’abrogato criterio della scindibilità che per decenni aveva in precedenza governato la complessa materia.

La disamina della dottrina e della giurisprudenza e successiva rivela invece l’emergere di indirizzi dottrinali e giurisprudenziali che - pur segnando il progressivo abbandono del criterio della scindibilità che il legislatore italiano aveva deciso di accantonare - non appaiono univocamente orientati rispetto all’esegesi del discusso presupposto di cui all’art. 2 n. 10 LdA.

Volendo isolare i due filoni ermeneutici evidenziatisi come prevalenti sul dibattuto tema, possiamo evidenziare un primo orientamento alla stregua del quale la sussistenza del requisito in parola

andrebbe riconosciuta rispetto ad oggetti di design che possano comunque vantare un valore autonomo nell’ambito del mercato degli oggetti d’arte.

Sul piano dottrinale sembra porsi sulla scia di tale indirizzo

ermeneutico un articolo del Prof. Massimo Montanari6, nel quale in

particolare l’Autore osserva: “Credo piuttosto che la questione della

tutela in base al diritto d’autore degli oggetti registrati come disegni e modelli vada affrontata leggendo l’espressione «valore artistico», cui l’art. 2, n. 10, l.a. la subordina, non come un rinvio ai principi della filosofia estetica, ma semplicemente come richiamo alla necessità che l’oggetto abbia un valore commerciale sul mercato dell’arte.

E poiché i pezzi quotati sul mercato dell’arte sono o unici, o numerati in piccola serie (si pensi alle stampe d’autore), viene così risolta negativamente la questione degli oggetti d’arte popolare, o dei mobili progettati da architetti famosi ma riprodotti in scala industriale”.

6 Massimo Montanari, L’industrial design tra modelli, marchi di forma e diritto d’autore, in Riv. Dir. Ind. n. 1/2010, pag. 7-25. Per un approfondimento sui precedenti dell’approccio dottrinale in discorso si veda anche G. GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2001 (p. 100 e ss.).

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47 Quanto alla giurisprudenza si iscrive in tale filone l’ordinanza del

Tribunale di Bologna dell’8 settembre 20057, nella quale si legge:

“Un disegno o modello dotato di carattere individuale non può beneficiare della tutela della legge sul diritto d’autore, alla stregua dell’art. 2, comma 1, n. 10 l.d.a., se non presenti - oltre al carattere creativo - l’ulteriore requisito del valore artistico, che implica non una maggiore creatività in termini quantitativi, ma una diversa attitudine dell’oggetto stesso, il quale, oltre ad essere espressione di una personale rappresentazione dell’oggetto, ha pure l’ulteriore caratteristica di essere un oggetto artistico, avente un valore autonomo nell’ambito di un separato circuito, cioè quello degli oggetti d’arte”.

Sempre il Tribunale di Bologna, con pronuncia del 10 novembre del 2010, ha ulteriormente precisato che: “Un prodotto di design è

protetto dal diritto d’autore solo quando può essere considerato un oggetto artistico dotato di un valore intrinseco autonomo riconosciuto nell’ambito del circuito separato degli oggetti d’arte”.

Anche il Tribunale di Venezia, con decisione del 10 dicembre 2010, ha ritenuto che: “Il requisito del “valore artistico” ex art. 2 n. 10 l.a.

richiede che l’oggetto abbia un valore commerciale sul mercato delle opere d’arte, ed anzi vi si presenti come un “pezzo d’arte unico nel suo genere”: e reciprocamente non è di per sé sufficiente a dimostrarlo la circostanza che l’oggetto sia stato esposto in musei, gallerie o manifestazioni fieristiche”.

Ed ancora nell’ordinanza del Tribunale di Firenze del 31.03/04.04 del 20118 il Giudice fiorentino ha concluso nel senso di ritenere:

“sulla base della lettera e della ratio della norma, per come anche desumibile dalla Relazione al C.P.I. (cfr. doc. 14 prodotto da parte resistente) - che il concetto di «valore artistico in sé» non possa farsi derivare, sic et simpliciter, dal particolare pregio estetico dell’opera, né dalla sua ideazione ad opera di un artista riconosciuto, né da

7 In GADI, 2006, 4983. 8 In Riv. Dir. Ind. 11, ord., II, 308.

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un giudizio ex post circa il consolidato apprezzamento da parte del pubblico o del mercato, ma attenga ad un carattere intrinseco dell’opera, che sia apprezzabile in sé e per sé quale «oggetto

d’arte» autonomamente valutabile nel circuito delle opere artistiche, a prescindere dalla riproducibilità in serie e dalla destinazione al mercato dei prodotti industriali”.

Un secondo orientamento è espressione di un indirizzo diverso rispetto all’interpretazione del “di per sé valore artistico”: una opzione ermeneutica che si trova espressa in numerose pronunce delle nostre Corti ed affonda le proprie radici nelle opinioni

espresse da autorevole dottrina.

In particolare in dottrina si segnala A. Vanzetti-V. Di Cataldo9.

Gli autori testè citati sottolineano anzitutto che “La regola generale,

che concede la tutela d’autore senza condizionarla ad una

valutazione di meritevolezza, non crea tensioni nel campo dell’arte pura, per il quale è nata, ma non è trasponibile nel campo dell’arte applicata e del design. Infatti, arte applicata e design interessano il mercato, e il mercato, soprattutto oggi, non può tollerare un diritto di privativa tanto esteso nel tempo come la privativa d’autore senza un controllo di meritevolezza”.

Partendo da tale presupposto - e prendendo necessariamente atto del fatto che “Rimane difficile individuare lo standard che

condiziona l’accesso delle opere di design alla tutela d’autore”

- A. Vanzetti e V. Di Cataldo ritengono che per valutare la sussistenza o meno del “di per sé valore artistico” ex art. 2 n. 10) Legge sul diritto d’autore rispetto ad una determinata opera di design “Probabilmente si dovrà fare riferimento ad una sorta

di riconoscimento collettivo, deducibile da mostre, esposizioni, recensioni, valutazioni di esperti”.

In giurisprudenza va registrata l’esistenza di molteplici e recenti pronunce giurisprudenziali chiara espressione dell’opinione degli Autori appena citati.

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49 Tra queste merita anzitutto menzione l’ordinanza del Tribunale

di Milano del 22 febbraio 201010 ove, in riferimento ad

alcuni modelli di sedia, si precisa che: “Acquista particolare

significatività della qualità artistica di un’opera di design il diffuso riconoscimento che più istituzioni culturali abbiano espresso in favore dell’appartenenza di essa ad un ambito di espressività che trae fondamento e costituisce espressione di tendenze e influenze di movimenti artistici, e ciò per effetto delle capacità rappresentative e comunicative che essa possiede e che ad essa vengono riconosciute da un ambito di soggetti più ampio del solo consumatore di quello specifico oggetto. Così l’effettivo ambito di applicabilità della tutela del diritto d’autore viene limitato a quei (pochi) oggetti del design industriale ai quali risulta diffusamente conferita una consolidata e permanente capacità rappresentativa ed evocativa specifica”.

Espressione del medesimo indirizzo ermeneutico anche la pronuncia del Tribunale di Milano del 22 aprile 201011, nella quale

il Giudice meneghino si è trovato a valutare la sussistenza o meno del presupposto del “di per sé valore artistico” rispetto ad alcuni monili. In essa il Collegio milanese precisa che: “Per valutare la

presenza del “valore artistico” richiesto dall’art. 2, 10° comma l.d.a. al fine della tutela tramite il diritto d’autore delle opere di industrial design è necessario rilevare nella maniera più oggettiva possibile la percezione che di una determinata opera del design possa essersi consolidata nella collettività ed in particolare negli ambienti culturali in senso lato, estranei cioè ai soggetti più immediatamente coinvolti nella produzione e commercializzazione per un verso e nell’acquisto di un bene economico dall’altro. In questa prospettiva acquista particolare positiva significatività della qualità artistica di un’opera del design il diffuso riconoscimento che più istituzioni culturali abbiano espresso in favore dell’appartenenza di essa ad

10 In GADI, 2011 n. 5636, pag. 219 e ss. 11 In GADI, 2011 n. 5643, pag. 313 e ss.

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un ambito di espressività che trae fondamento e che costituisce espressione di tendenze ed influenze di movimenti artistici, al di là della intenzione e della stessa consapevolezza del suo autore”.

È ascrivibile al medesimo indirizzo giurisprudenziale anche la sentenza del Tribunale di Milano n. 9906 del 12 settembre 2012 avente ad oggetto il riconoscimento del “valore artistico di per

sé” della nota lampada Arco di Pier Giacomo Castiglioni e Achille

Castiglioni.

Nella sentenza sulla lampada Arco, quanto al “valore artistico” di cui all’art. 2 n. 10 LdA, il Tribunale precisa che la sua sussistenza va valutata rilevando “nella

maniera più oggettiva possibile la percezione che di una determinata opera del design possa essersi consolidata nella collettività ed in particolare negli

ambienti culturali in senso lato (…).

La ricerca di obiettivi e verificabili riscontri esterni appare dunque un criterio utile al fine di verificare se esista o meno una consolidata e diffusa opinione maturata e confermata nel tempo rispetto

al riconoscimento, ad una determinata opera di design, di un significato e di un valore che trascende la mera attitudine della sua forma esteriore ad attirare l’attenzione del consumatore e a dare ad oggetti di uso comune una loro peculiarità estetica”.

Anche nell’ambito della sentenza del Tribunale di Milano del 13 settembre 2012 si riconosce la sussistenza del “valore artistico

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di per sé” della famosa poltrona con poggiapiedi dei designers

Charles e Ray Eames qui rappresentata.

Nella pronuncia del 13 settembre 2012 i giudici meneghini

concludono in particolare nel senso che: “… il criterio del “valore

artistico in sé» […] si fonda sulla valorizzazione del riconoscimento che l’oggetto di design ha ricevuto da parte degli ambienti culturali ed istituzionali di qualità estetiche ed artistiche che consentano di attribuire a detto oggetto un

valore ed un significato che trascende quello della stretta funzionalità dell’oggetto e della mera eleganza e gradevolezza delle forme”.

Identiche conclusioni si leggono anche nella sentenza sempre del Tribunale di Milano n. 9917 del 17 settembre 2012 che ha riconosciuto il “valore artistico

di per sé” della celebre Panton

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Il recente arresto della Suprema Corte di Cassazione in ordine all’interpretazione del “valore artistico di per sé” ex art. 2 n. 10) LdA.

La dibattuta questione dell’interpretazione del concetto di “valore artistico di per sè” di cui alla Legge sul diritto d’autore - e le oscillazioni dottrinali e giurisprudenziali inevitabilmente indotte dalla necessità di applicare un requisito normativo fondato su dati puramente concettuali - è recentemente approdata innanzi alla Suprema Corte di Cassazione che, con la recente sentenza n. 23292 del 13 novembre 2015, ha avuto modo di affrontare la problematica questione, relativa in particolare alla sussistenza o meno del discusso presupposto della tutela autorale rispetto al modello di panchina per arredo.

Pronunciandosi sul concetto di valore artistico - ed abdicando al tentativo di individuare una definizione omnicomprensiva di valore artistico - il Supremo Collegio ha ritenuto più appropriato individuare una serie di parametri cui l’interprete possa far

riferimento per accertare in concreto la sussistenza del discusso Libre panchine (2010)

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53 presupposto sulla base di una valutazione, ha ulteriormente

precisato il Giudice di legittimità, da effettuare comunque caso per caso.

Detti parametri, ha evidenziato la Cassazione, presentano

indubbiamente “aspetti sia di carattere soggettivo che oggettivo”. I Giudici della Suprema Corte - compiendo una ricognizione dei principali orientamenti storicamente affermatisi sul piano dei criteri soggettivi - registrano il ricorso della dottrina e della giurisprudenza al parametro che si fonda sull’idoneità dell’opera del disegno industriale a suscitare emozioni estetiche, nonché al criterio che sul piano comparativo valorizza una “maggiore creatività o originalità delle forme” dell’opera del disegno

industriale in ipotesi considerata “rispetto a quelle normalmente riscontrabili nei prodotti similari presenti sul mercato e che trascenda dalla funzionalità pratica del bene per assumere una propria autonoma e distinta rilevanza”.

Partendo da tale dato - e nella consapevolezza dei limiti di un accertamento che rischia di fondarsi su componenti soggettive inevitabilmente influenzate “dal senso estetico di chi effettua la valutazione, dalla sua cultura, dalla sua sensibilità artistica, dal suo gusto, dal suo sistema percettivo e da quant’altro” e del conseguente rischio di una “rilevante diversità di valutazioni che possono essere effettuate dai diversi soggetti sul valore artistico della stessa opera” - la Suprema Corte ha ritenuto necessaria “l’individuazione di una serie di parametri maggiormente oggettivi che, corroborando e dando consistenza alle impressioni

soggettive, possano tendere ad uniformare le possibili decisioni assunte dai giudici sulla medesima fattispecie”.

Un “decalogo” di criteri oggettivamente orientati cui vengono chiamati ad attingere, volta per volta, gli interpreti chiamati a saggiare nelle singole fattispecie la presenza o meno del “valore artistico di per sé” ex art. 2 n. 10 LdA dell’opera del disegno industriale in ipotesi rivendicata.

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In tal senso il Giudice di legittimità ha ritenuto che “il criterio forse più rilevante appare essere quello del riconoscimento che l’oggetto di design ha ricevuto da parte degli ambienti culturali ed istituzionali circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche che consentano di attribuire a detto oggetto un valore ed un significato che trascende quello della sua stretta funzionalità e della mera eleganza e gradevolezza delle forme”.

“Le circostanze che evidenziano siffatto riconoscimento” - ha precisato la Cassazione - “possono essere, tra l’altro, l’esposizione dell’opera in mostre o in musei, la pubblicazione su riviste specializzate non a carattere commerciale, la

partecipazione a manifestazioni artistiche, l’attribuzione di

premi, gli articoli di critici esperti del settore e quant’altro” possa evidenziare l’attribuzione all’opera dell’industrial design in ipotesi considerata di un riconoscimento ad opera degli ambienti culturali interessati.

Sempre sul piano oggettivo altro parametro che la Corte di Cassazione ha ritenuto di valorizzare è la “circostanza che un opera di design industriale divenga oggetto di vendita nel mercato artistico e non già in quello puramente commerciale oppure che in quest’ultimo mercato l’opera acquisti un valore particolarmente elevato da lasciare intendere che al valore puramente

commerciale si sia aggiunto nella valutazione del pubblico anche quello artistico”, ritenendo in tal modo che il “valore artistico di per sé” ex art. 2 n. 10 LdA valga a conferire “un valore diverso ed aggiunto al prodotto rispetto a quello della sua funzionalità”. La sentenza n. 23292 del 13 novembre 2015 della Suprema Corte - sostanzialmente recependo gli orientamenti precedentemente evidenziati come prevalenti in dottrina e giurisprudenza in tema di interpretazione “valore artistico di per sé” - è destinata a segnare uno spartiacque rispetto al vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale tradizionalmente dedicato al non poco discusso tema.

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55 L’arresto della Cassazione segna infatti un punto fermo sul piano

dei parametri cui i nostri Giudici sono chiamati ad attenersi nella delicata valutazione della sussistenza o meno rispetto all’opera del disegno industriale in ipotesi oggetto di accertamento del “valore artistico di per sé” ex art. 2 n. 10) della Legge sul diritto d’autore. Un “decalogo” di criteri di carattere oggettivo specificamente individuati dal Giudice di Legittimità e cui l’interprete dovrà attingere per compiere una valutazione che - comunque - è ed è destinata a rimanere soggettivamente molto connotata ed affidata in larga parte alla sensibilità del Giudice del caso singolo.

Una volta uniformati i criteri cui sono chiamati ad attenersi nel caso singolo gli interpreti, resta l’auspicio che dalle decisioni di questi ultimi emergano best practice in grado di evidenziare con sufficiente certezza lo standard che - nei diversi settori di applicazione dell’industrial design - fa scattare concretamente l’operatività della tutela per diritto d’autore.

BIBLIOGRAFIA

• Bonelli, Industrial design e tutela del diritto d’autore, in Dir. Aut., 4, 2003 • Dalle Vedove, Dal modello ornamentale all’industrial design, in IDA, 2001

• Fabiani, Rivoluzione nella protezione dell’arte applicata e del disegno industriale,

in Dir. aut. 2001

• Fittante, La nuova tutela dell’industrial design

Giuffrè, Milano, 2002

• Ghidini, Profili evolutivi del diritto industriale

Giuffrè, Milano, 2001

• Giudici, La protezione giuridica dei disegni e modelli, in Riv. dir. ind., 2001, 60 • Montanari, L’industrial design tra modelli, marchi di forma e diritto d’autore, in Riv.

Dir. Ind. n. 1/2010

• Panucci, La nuova disciplina italiana dell’industrial design, in Dir. ind., 2001 • Vanzetti, Di Cataldo, Manuale di diritto industriale

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