• Non ci sono risultati.

Traduzione e commento di La Maison Philibert di Jean Lorrain

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Traduzione e commento di La Maison Philibert di Jean Lorrain"

Copied!
167
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA

E LINGUISTICA

Corso di Laurea Magistrale in Traduzione Letteraria e

Saggistica

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Traduzione e commento di La Maison Philibert di Jean

Lorrain

CANDIDATO

RELATORE

Giuseppa Licari

Chiar.ma Prof.ssa Tiziana Goruppi

CORRELATORE

Chiar.mo Prof. Charles Barone

(2)

INDICE

Introduzione ... 4

1 Jean Lorrain e La Belle Époque ... 6

1.1 La Belle Époque... 6

1.2 Jean Lorrain: la vita e le opere ... 8

2 La prostituzione e il sistema delle case di tolleranza nel XIX secolo ... 15

2.1 La Maison Philibert ... 15

2.2 Studi antropologico-sociali sulla prostituzione ... 18

2.2.1 Categorie di prostitute e regolamentarismo ... 18

2.2.2 Le cause della prostituzione ... 21

2.2.3 Vizi e qualità delle prostitute ... 22

2.2.4 Le tribades ... 23

2.2.5 La casa di tolleranza e le sue diverse categorie ... 24

2.2.5.1 La dame de maison ... 28

2.2.5.2 La clientela ... 29

2.2.5.3 Il funzionamento dell'impresa ... 30

2.2.5.4 La vita quotidiana ... 34

(3)

3 Analisi linguistica e traduttologica de La Maison Philibert ... 37

3.1 L'argot ... 37

3.1.1 Le origini dell'argot ... 37

3.1.2 Processi di formazione dei termini argotici ... 39

3.1.3 Tratti distintivi del francese popolare e oralità ... 42

3.2 Commento traduttologico ... 48

3.2.1 Onomastica ... 48

3.2.2 Traduzione dei termini e delle espressioni argotiche ... 53

3.2.2.1 Il sistema della prostituzione ... 64

3.2.2.2 Il denaro ... 67

4 Conclusioni ... 70

5 Bibliografia ... 72 6 Traduzione ... I

(4)

4

Introduzione

Il presente lavoro nasce da un interesse per un autore minore del panorama letterario della Belle Époque, Jean Lorrain, di cui ho tradotto il romanzo La Maison Philibert, che tratta della prostituzione nelle periferie parigine del XIX secolo.

La prostituzione è un mestiere in cui la donna vende il proprio corpo, facendone uno strumento di lavoro. Nel XIX secolo essa diventa un vero e proprio fenomeno sociale, in quanto si estende progressivamente, e a dominare la scena del tempo è il bordello.

Nel suo romanzo Jean Lorrain, esperto conoscitore di tali luoghi di piacere, fornisce una ricca documentazione sulla grandezza e la decadenza della casa di tolleranza, rappresentando la vita condotta dalle pensionanti e dai tenutari della casa di Aubry-les-Épinettes.

Un altro aspetto che ha suscitato il mio interesse è stato la lingua impiegata dall’autore, l’argot del XIX secolo. Infatti la stessa Rachilde definisce La Maison Philibert come «un bon roman, écrit dans un argot très curieux, consciencieusement fouillé»1. La mia scelta è stata dettata dalla curiosità di tradurre un romanzo che presentasse una certa originalità e complessità linguistica.

L’elaborato consta di due macrosezioni, una costituita da un commento critico, l’altra dalla traduzione del romanzo in questione.

La prima macrosezione è articolata in tre capitoli.

Il primo capitolo si focalizza sul contesto storico-culturale della Belle Époque e sulla biografia dell’autore, un personaggio molto discusso.

Il secondo tratta de La Maison Philibert, della sua natura di documento sociale e degli studi sulla prostituzione parigina del XIX secolo, in particolare sul sistema delle case di tolleranza, quindi sul regolamentarismo,

1

(5)

5

le diverse categorie di bordelli, il ruolo delle tenutarie e il funzionamento generale delle imprese.

Infine, il terzo inizia con una breve esposizione delle origini dell’argot e i suoi processi di formazione, per poi concludersi con un’analisi linguistica del romanzo in questione e una delucidazione delle strategie impiegate durante il processo traduttivo.

(6)

6

CAPITOLO 1

Jean Lorrain e la Belle Époque

1.1 La Belle Époque

Prima di presentare la biografia di Jean Lorrain è opportuno un breve excursus sull’epoca in cui visse. Come sostiene Carminella Sipala, Jean Lorrain è stato uno degli autori capaci di «cogliere e di restituirci nella pagina scritta il “colore” di quella breve parentesi storica che va sotto il nome di Belle Époque»2, quell’epoca di progresso e prosperità che segue la Grande depressione di fine Ottocento fino alla prima guerra mondiale. Alcuni sociologi ritengono che il 1880 sia la data di inizio della Belle Époque, considerata la crescita finanziaria, la ripresa dell’edilizia e lo sviluppo dei commerci. Altri invece optano per il 1900, la data dell’Exposition Universelle3.

Il tempo della Belle Époque è quello della Terza Repubblica, che, in un primo momento, ha attraversato una fase molto instabile e conflittuale dovuta alla lotta politica tra i repubblicani e i monarchici che, nel 1873, porta alla caduta di Adolphe Thiers, sostituito dal maresciallo Mac-Mahon, il quale, alle elezioni dell’ottobre del 1877, viene a sua volta sconfitto dai repubblicani.

Il governo repubblicano si lancia in una serie di riforme, tra cui la laicizzazione dell’insegnamento pubblico, la libertà di riunione, di stampa, di commercio ambulante e nel 1884 la libertà sindacale.

2

SIPALA Carminella, Mutazioni di fine secolo: i romanzi di Jean Lorrain, Catania, Cooperativa Universitaria Editrice Catanese di Magistero, 1998, p.38.

3

(7)

7

In seguito alla minaccia di presa di potere da parte del generale Boulanger, avvenuta nel 1889, si assiste a un periodo di stabilità politica, nonostante il fallimento della Compagnia di Panama nel 1888 e il relativo scandalo, gli attentati anarchici e nel 1898 il caso Dreyfus, che sconvolge la vita nazionale francese facendo insorgere anche famosi scrittori, tra cui Emile Zola, il quale si attira un processo per diffamazione per aver scritto il J’accuse4.

Nell’ultimo decennio dell’Ottocento, la Terza Repubblica riesce a superare tutte le crisi e a consolidarsi. Come afferma lo storico François Furet, l’equilibrio che si è instaurato con la Terza Repubblica segna la fine del lungo periodo di instabilità che la Francia ha attraversato dalla Rivoluzione del 17895.

La Belle Époque è l’epoca della crescita demografica e di quella dell’alfabetizzazione, l’epoca dell’industrializzazione, dell’aumento della produzione del carbone, del ferro, dell’incremento delle strade ferrate e dell’attività dei porti, delle esportazioni di vini, seterie, profumi, pizzi e abiti femminili. È l’epoca del progresso medico, grazie alla scoperta del bacillo della peste da parte del francese Alexandre Yersin, del principio della sieroterapia di Charles Richet e della neuropatologia moderna di Jean Martin Charcot; l’epoca delle scoperte scientifiche, che hanno recato ricchezza e comodità, dell’invenzione del cinema, dell’automobile e dell’aeroplano, accolti festosamente dal mondo ricco del tempo; l’epoca dello sviluppo di nuove forme artistiche, come l’Impressionismo, delle grandi esposizioni, delle prime Olimpiadi dell’era moderna, dell’espansione coloniale e dell’emancipazione femminile.

Da ciò consegue il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e la diffusione di un senso di ottimismo. La società francese ha voglia di

4

«L’Aurore», 13 janvier 1898. 5

SCAIOLA Anna Maria (a cura di), Il romanzo francese dell’Ottocento, Bari-Roma, Laterza, 2008, p.104.

(8)

8

divertirsi e approfittare della prosperità della nazione, dimenticando gli sconvolgimenti che hanno caratterizzato la Francia dal 1789. La gente veste con eleganza, frequenta i grandi teatri come lo Châtelet, simbolo della frivolezza e del lusso e strumento di propaganda dell’ideologia borghese, e il circo, tra cui il «Nouveau Cirque», il vecchio Fernando, il «Cirque d’Hiver» e il «Cirque Métropole». È l’epoca dei caffè, dei cabarets e della nascita del caffè concerto, un nuovo tipo di spettacolo in cui i cantanti si esibiscono tra i tavolini dei clienti, come l’Eldorado, il Borel, il Du Sauvage e il Des Aveugles.

In breve, la Belle Époque fu quella del benessere, del divertimento, delle invenzioni e dello spettacolo, l’epoca in cui la gente godeva di un’esistenza tranquilla e di tutte le gioie del vivere.

1.2 Jean Lorrain: la vita e le opere

Jean Lorrain, pseudonimo di Martin Paul Alexandre Duval, è un autore minore, poco conosciuto nel panorama letterario della Belle Époque.

Nasce a Fécamp, il 9 agosto 1855. Figlio di Aimable-Martin Duval, un armatore del Pays de Caux, e di Elisabeth-Henriette-Pauline Mulat, di origine piccarda e appartenente a una famiglia di magistrati, la quale gli trasmette la passione per le lettere e le arti.

A dieci anni Paul frequenta il lycée du Prince Impérial a Vanves, dove resterà fino all’età di quattordici anni. Sarà proprio lì che, sopraffatto dalla nostalgia di casa, si rifugia nella poesia. A tredici anni infatti scrive L’Enfant du désert.

Successivamente frequenta l’école Albert-Legrand a Arcueil, dove vive nella solitudine fino ad ammalarsi.

(9)

9

Tornato a Fécamp, lo scrittore si innamora di Judith Gautier, alla quale dedica le raccolte Le Sang des Dieux6 e La Forêt bleue7.

L’infanzia e l’adolescenza di Paul Duval sono caratterizzate da delusioni sentimentali e da una visione pessimistica della natura umana. In un articolo del «Courrier Français», Jules Bois definisce l’infanzia dello scrittore in questi termini:

Déconcertante, bizarre, trop sensitive, en fleur de serre, exagérément soignée, gâtée en des câlineries de femmes, enfance où la délicatesse, jamais heurtée, se mettra en fureur, plus tard, aux contacts rudes de la vie. Des colères pour des riens et aussi des maladies, je ne sais quoi de souffreteux où devait s’élaborer la robustesse de l’homme qui me parle. La haine du collège aux promiscuités révulsantes, des fugues dans la campagne normande, à cheval, parfois au bord de la mer, le long des abruptes falaises, quitte à se casser le cou. Si on le contrarie… prenez garde! il se jettera par la fenêtre, cet enfant indompté et fou, tout élan… ou il s’empoisonnera… ou colères noires de solitaire… Par là-dessus l’envie d’être paré, le précoce chérissement des étoffes, des chamarrures, du décor, la tentation des fêtes foraines8.

A Fècamp, Paul conduce una vita dissoluta e non si interessa minimamente agli affari di famiglia. Dopo aver fatto in modo che il figlio frequenti la Faculté de Droit a Parigi per un paio d’anni, il padre, che dapprima non condivide la passione del giovane Paul per la poesia, accetta la sua vocazione, suggerendogli di usare uno pseudonimo. Sarà la madre a scegliere il nome Jean Lorrain.

Una volta a Parigi, Lorrain frequenta il quartiere latino e, tramite l’amico Charles Buet, conosce Huysmans, Paul e Victor Margueritte, Félix Fénon, Oscar Méténier, figlio del commissario di polizia del quartiere dell’Odéon,

6 Paris, Lemerre, 1882. 7 Paris, Lemerre, 1883. 8

«Le Courrier Français», 1er février 1891, in NORMANDY Georges , Jean Lorrain intime, p.43, in KYRIA, op.cit., p.12.

(10)

10

con il quale si legherà intimamente, e Jules Barbey d’Aurevilly. Successivamente farà parte della cerchia dello «Chat Noir», un locale di Montmartre fondato da Rodolphe Salis, e conoscerà Rachilde ed Edmond de Goncourt.

Nella capitale, Lorrain non frequenta solo i salotti e i cenacoli, ma anche i balli popolari, le bettole sulla riva della Senna, le periferie, conosce protettori di strada e prostitute, ama il travestimento e la perversione. Egli stesso scrive:

[…] J’y ai passé quatre jours enivrants à la fête de l’Esplanade des Invalides avec tous mes amis les lutteurs, les cambrioleurs, les assassins, les pitres, les souteneurs, etc. J’ai gîté avec eux rue Croix-Nivert, dans des costumes étourdissants, tout en velours gris, en chemise à carreaux roses débraillée, pantoufles en tapisseries, grand chapeau gris de fort de la halle ou de farinier. Des beuveries, des vacheries, des flâneries et des engueulements… et tous masseurs par désir9.

Dal 1883 al 1885 Lorrain torna nella sua città natale, dove scriverà una nuova raccolta di poesie, Modernités10, Viviane11 e il primo romanzo Les Lépillier12.

Il nome di Jean Lorrain è profondamente legato al giornalismo. A Parigi collabora con numerose riviste come «La Revue Indépendante», «Lutèce», «La Revue Normande», «L’Art et la Mode», «La Vie moderne» e con diversi giornali come il «Courrier Français», «L’Événement» e «L’Éco de Paris». Su questo giornale, Lorrain pubblica la rubrica Pall-Mall Semaine nel 1894. Nel 1895 inizia a collaborare con «Le Journal» e successivamente con le riviste «Gil Blas», «Le Gaulois» e «La Vie Parisienne». Bisogna

9

NORMANDY Georges, Jean Lorrain, p.78 in KYRIA, op.cit., p.18. 10 Paris, Giraud, 1885. 11 Paris, Giraud, 1885. 12 Paris, Giraud, 1885.

(11)

11

anche aggiungere le cronache, gli articoli e le poesie pubblicate in «La Grande Revue», «La Revue contemporaine», «La Nouvelle Revue», «La Revue illustrée», «La Lanterne de Bruant», «La Plume», «La Revue blanche», etc.

Nel 1891 pubblica Sonyeuse13, nel 1893 Buveurs d’âmes14, nel 1895 Sensations et Souvenirs15, La Petite Classe16 e Un démoniaque17; nel 1896 Une Femme par jour18, Poussières de Paris19 e il racconto La Princesse sous verre20. Nel 1897 Contes pour lire à la chandelle21, Loreley22, Monsieur de Bougrelon23 e nel 1898 Ames d’automne24. Nel 1899 è la volta di Madame Baringhel25 e nel 1900 di Histoire de masques26 e Vingt femmes27.

Nell’ultimo decennio dell’Ottocento Lorrain inizia a viaggiare. Visita la Spagna, l’Africa settentrionale, l’Italia e il sud della Francia finché si trasferisce a Nizza, lasciando una Parigi che ormai aveva preso in odio. Lo scrittore era affetto da un vero e proprio malessere, dovuto allo sfrenato stile di vita che conduceva e alle diverse disavventure giudiziarie legate alla sua attività di cronista. Nel 1891 appare un articolo su «L’ Éco de Paris», Autour de ces Dames, che ha scosso i difensori della morale pubblica. A seguito di questo articolo viene processato per oltraggio e sarà costretto a

13

Paris, Charpentier, 1891. 14

Paris, Charpentier et Fasquelle, 1893. 15

Paris, Charpentier et Fasquelle, 1895. 16 Paris, Ollendorff, 1895. 17 Paris, Dentu, 1895. 18 Paris, Borel, 1896. 19 Paris, Fayard, 1896. 20 Paris, Tallandier, 1896. 21

Paris, Mercure de France, 1897. 22

Paris, Borel, 1897. 23

Paris, Borel, 1897. 24

Paris, Charpentier et Fasquelle, 1898. 25 Paris, Fayard, 1899. 26 Paris, Ollendorff, 1900. 27 Paris, Nilsson, 1900.

(12)

12

pagare 3.000 franchi di danni. Nel 1903 sarà querelato per diffamazione da una pittrice, Jeanne Jacquemin, e condannato a pagare 25.000 franchi. Una volta trasferitosi a Nizza, Lorrain dà il via a numerose pubblicazioni, dai testi teatrali ai resoconti di viaggio. Nel 1901 pubblica Monsieur de Pochas28, nel 1902 Princesses d’ivoire et d’ivresse29 e Le Vice errant30; nel 1903 Quelques hommes31 e Fards et Poisons32 e nel 1904 La Maison Philibert33 e Propos d’âmes simples34; nel 1905 L’École des Vieilles Femmes35 e Le Crime des riches36; nel 1906 Ellen37 e Madame Monpalou38. Negli ultimi anni di vita il suo stato di salute è allarmante. Egli stesso scrive:

Maintenant je suis souffrant, je paie des hémorragies, des accidents, le staphylocoque, pullulant et précurseur du bacille de Koch me dévore. Je suis en observation médicale. On analyse mes urines et mon pus, on me rince au permanganate de potasse et, jusqu’à nouvel ordre, je suis immobilisé39.

Il 27 giugno 1906 Lorrain viene trovato disteso nel bagno dell’hôtel de l’Elysée, rue de Beaune. Sembra che si sia perforato l’intestino con l’intenzione di fare un clistere. Muore il 30 giugno 1906, all’età di cinquantun anni. 28 Paris, Ollendorff, 1901. 29 Paris, Ollendorff, 1902. 30 Paris, Ollendorff, 1902. 31 Paris, Nilsson, 1903. 32 Paris, Ollendorff, 1903. 33

Paris, Librairie Universelle, 1904. 34 Paris, Ollendorff, 1904. 35 Paris, Ollendorff, 1905. 36 Paris, Douville, 1905. 37 Paris, Douville, 1906. 38 Paris, Ollendorff, 1906. 39

(13)

13

Anche dopo la sua morte continuano le pubblicazioni. Alla fine del 1906 esce Le Tréteau. Roman de mœurs théâtrales et littéraires40, nel 1907 L’Aryenne41, nel 1908 Maison pour dames42, Hélie, garçon d’hôtel43 e Des belles et des bêtes44; nel 1910 è la volta di Pelléastres45 e nel 1911 Du temps que les bêtes parlaient46. Nel 1929 L’Art d’aimer47 e nel 1932 Femmes de 190048. Altre opere vengono solo accennate in alcune lettere ad amici, come Lady Viane Bestia e Quelques Vices, o in altre opere, come Le Châtiment de la lumière e Le Valet de gloire, di cui si parla in Princesses d’ivoire et d’ivresse e in Fards et Poisons o ancora La Dernière Roulotte e Le Jardin des complices in Fards et Poisons, che avrebbe dovuto trattare del caso Dreyfus. I biografi parlano anche di un manoscritto mai pubblicato, Les Pelures. Roman de mœurs littéraires.

Jean Lorrain fu un personaggio piuttosto singolare, tanto che nel volume Portraits d’Hommes 49 , Rachilde lo definisce «fanfaron du vice». Omosessuale, pederasta, sadico, eccentrico nell’abbigliamento e nel trucco, Lorrain viene descritto in questo modo:

Il est frais, onctueux comme un petit four et bagué, molasse, fardé, aux paupières bleuies […] Il a des yeux gothiques, saillants, encapotés, des maxillaires, assassins. Le cheveu roux est ramené vers le front, en toupet, changeant de couleur selon l’époque; la moustache bien fournie est teinte; elle pèse, conquérante, sur la bouche sensuelle et le menton volontaire. Il affectionne les déguisements et sa tenue de ville en garde toujours quelque chose; il se boutonne serré dans des redingotes savantes, se cravate de couleurs violentes ou suavement 40 Paris, Bosc, 1906. 41 Paris, Ollendorff, 1907. 42 Paris, Ollendorff, 1908. 43 Paris, Ollendorff, 1908. 44

Paris, La Renaissance du livre, 1908. 45

Paris, Méricant, 1910. 46

Paris, Courrier Français, 1911. 47

Paris, Baudinière, 1929. 48

Paris, Éditions de la Madeleine, 1932. 49

(14)

14 mourantes, se coiffe d’un feutre à larges bords, porte des costumes blancs, éclaire son revers de fleurs, se bague comme une reine d’Orient. Il passe le mufle bas ou l’air arrogant, il voit, il écoute, il observe, il rode. On le rencontre sur le boulevard, la poitrine en avant, les reins serrés, la nuque enfoncée dans ses épaules crâneuses, l’air d’un Maupassant de fantaisie, fatigué des conquêtes faciles, et méprisant avec désinvolture50.

La sua bizzarria emergeva persino dall’arredamento della sua abitazione, piena di ninnoli, mobili scuri, con tendaggi di velluto e strane sculture:

Son salon tenait du capharnaüm et du laboratoire de Faust, tel que l’imaginèrent les décorateurs d’opéra. Avec de lourds rideaux rouges, de vieux bois, des plâtres peints couleur de vieux bois, des cuivres, des étains, une tête de femme en plâtre qu’il était très fier d’avoir badigeonnée en décapitée, verte, les yeux révulsés, de larges gouttes de sang au cou, c’était assez le décor de l’Incarnation de Félicien Rops51.

50

KYRIA, op.cit., p.25. 51

(15)

15

CAPITOLO 2

La prostituzione e il sistema delle case di tolleranza nel XIX secolo

2.1 La Maison Philibert

La Maison Philibert rappresenta il sesto romanzo di Jean Lorrain, scritto per esigenze finanziarie in seguito a una querela per diffamazione da parte della pittrice Jeanne Jacquemin, la quale si riconosce nell’articolo Victime, pubblicato su «Le Journal» nel 1903. Lorrain è condannato a versare 25.000 franchi e a scontare due mesi di prigione. Le perdite economiche sono cospicue anche per il quotidiano, tanto che il direttore, Henri Letellier, gli chiede di scrivere La Maison Philibert.

Pubblicata nel 1904, La Maison Philibert costituisce «un formidable témoignage sur la vie quotidienne des bas-fonds de Paris autour de 1900»52. Lorrain sfrutta la sua professione di cronista per riportare nel testo letterario la vita delle periferie parigine. Come sostiene Carminella Sipala, «la continuità fra il pezzo d’autore e le notizie di cronaca che lo affiancano è di fatto assoluta: egli attinge volentieri storie e personaggi dalla cronaca mondana, curata personalmente, ma anche dalla cronaca nera, dai resoconti del giornalismo giudiziario»53. Per tale motivo il romanzo può essere considerato come un «document social»54 che tratta della Parigi notturna delle prostitute e dei loro protettori così come della vita che si svolge nelle case chiuse di provincia. Si tratta di un vero e proprio «reportage giornalistico»55, in cui il narratore intervista lenoni di città e di provincia, li

52

LORRAIN Jean, La Maison Philibert, Paris, Éditions du Boucher, 2007, p.6. 53 SIPALA, op.cit., p.34. 54 Ivi, p.35. 55 Ivi, p.104.

(16)

16

trattiene a pranzo per estorcere loro qualche aneddoto e li segue nei loro giri di lavoro.

La Maison Philibert è difficile da classificare. In Jean Lorrain: vices en écriture, Charles Grivel definisce il romanzo come:

Un écrit de genre inclassable, à la fois conte et récit, chronique et portrait, pastiche et fantaisie. En tout cas, les cartes sont brassées, participation à tel régime narratif qu’on voudra, clins d’œil en tout genre, sources déclinées, allusions pastichées. Son récit satisfait (ou insatisfait) deux fois, comme fiction légendaire et comme récit réaliste: d’une part, voici rassemblés tous les éléments du conte, d’autre part, les voici servir à la narration la plus crue56.

A Parigi, il giornalista Jacques Ménard, doppio dell’autore, incontra una vecchia conoscenza, Philibert Audigeon, tenutario di una casa chiusa a Aubry-les-Épinettes, e si interessa alle sue vicende. Insieme all’amico Ernest Beaudarmon, Philibert illustra al giornalista i segreti della sua attività, facendogli visitare perfino i luoghi dove avviene il commercio delle prostitute e invitandolo ad Aubry per conoscere la moglie e le sue pensionanti. Ma la casa è mandata in rovina dalla gelosia di alcune di loro e lo stesso Philibert, andato a Parigi alla ricerca di novizie, viene assassinato da un feroce protettore di strada parigino, «le Môme l’Affreux».

Al racconto primo se ne intrecciano altri, omogenei come tema ma vari per i personaggi e le circostanze che narrano, come ad esempio il racconto di Ernest Beaudarmon nel terzo capitolo, L’Œil du Maître, quello del tenutario della Normandia, Isidore Ledru, nell’ottavo capitolo, Les Superstitions de maître Isidore Ledru, o ancora l’episodio della scomparsa di due ragazzine e l’inchiesta che ne consegue. Questi racconti di secondo grado, definiti da

56

Charles Grivel, «Lorrain, l’air du faux» in Jean Lorrain : vices en écriture, numéro spécial de la Revue des Sciences Humaines, n° 230, 2, avril-juin 1993, p. 68 in LORRAIN,

(17)

17

Genette «metaracconti»57, sono trasmessi sia oralmente sia per iscritto, tramite articoli di giornali o lettere.

Come in tutti i romanzi di Lorrain, ne La Maison Philibert la narrazione si sviluppa come una conversazione tra due o più personaggi seduti attorno a una tavola imbandita o durante le passeggiate tra le strade di provincia o di Parigi. In apertura del romanzo, i narratori lorrainiani si trovano in uno stato di noia e inattività tali che vengono attratti da personaggi fuori dal comune, attrazione giustificata anche dalla loro formazione intellettuale:

Fallaci nella percezione diretta, latitanti laddove si consuma l’azione, schivi nell’agire da protagonisti, essi sono però degli ottimi ascoltatori, disponibili all’inverosimile, pazienti all’eccesso: essi ascoltano con gentile interesse i personaggi, protagonisti e no, che si raccontano, e se per caso questi mancano di venire a raccontare i loro casi sono gli stessi narratori che li cercano, li provocano, li forzano alla confidenza. Ed i loro racconti sono un accurato collage dei racconti così captati58.

Ne La Maison Philibert, Jacques Ménard è sedotto da un ruolo, quello di tenancier, metonimia del mondo della prostituzione. Ascoltando i racconti dei narratori intradiegetici, il narratore extradiegetico ne è influenzato e «subisce»59 la storia:

Essi non solo decidono a quali fonti può attingere e comunque non gli permettono di prendere la parola e di assumere iniziative nei luoghi pericolosi in cui lo accompagnano, ma stabiliscono anche cosa può essere osservato e cosa no, fissano il punto in cui egli può fermarsi e la distanza che deve mantenere rispetto all’oggetto da osservare; e soprattutto precedono il suo sguardo con una descrizione dettagliata che crea le aspettative e in un certo senso le esaurisce, dal

57

GENETTE Gérard, Figure III. Discorso del racconto, Torino, Einaudi, 1976, p.276. 58

SIPALA, op.cit., p.103. 59

(18)

18 momento che la visione diretta finirà inevitabilmente per ricalcare l’anticipazione verbale60.

La Maison Philibert è composta da trentuno capitoli che ruotano intorno al tema della prostituzione e della criminalità negli strati più bassi della popolazione urbana. Ai capitoli ambientati in provincia si alternano quelli ambientati a Parigi, in modo che la contrapposizione tra Parigi e provincia evidenzi due modi diversi di intendere la prostituzione. Infatti alle allegre chiacchierate nei giardini della casa chiusa di Aubry-les-Épinettes si contrappongono risse, scene di gelosia e minacce.

Il paragrafo che segue approfondirà la tematica della prostituzione nella Parigi del XIX secolo, in particolare il sistema delle case di tolleranza, con l’aggiunta di riferimenti al romanzo in questione.

2.2 Studi antropologico-sociali sulla prostituzione

2.2.1

Categorie di prostitute e regolamentarismo

Per quanto concerne la tematica della prostituzione, uno studio interessante è quello condotto da Alexandre Parent-Duchâtelet, il cui saggio, La prostitution à Paris au XIXe siècle, costituisce un modello nell’ambito di tale genere di letteratura. Parent-Duchâtelet definisce le prostitute come quelle donne che «par un concours de circonstances, et par des habitudes scandaleuses hardiment et constamment publiques, forment cette classe particulière de la société, que l’administration doit suivre et surveiller avec le plus grand soin […]»61.

60

Ivi, p.122. 61

PARENT-DUCHÂTELET Alexandre, La prostitution à Paris au XIXe

siècle, Paris, Seuil,

(19)

19

Come sostiene Alain Corbin, in Francia, la prostituzione si era diffusa durante la seconda metà del Secondo impero, estendendosi dai bassifondi a tutti i ceti sociali. Per impedire ogni eccesso, la prostituta doveva essere sottoposta a stretta sorveglianza e per tale motivo era stato elaborato un sistema regolamentarista, che si fondava su tre principi:

- Dare vita a un ambiente chiuso, lontano da bambini, ragazze e donne oneste.

- Tale ambiente chiuso doveva essere costantemente controllato dagli organi amministrativi.

- Tale ambiente doveva essere gerarchizzato e circoscritto per consentire un controllo efficace, evitando la commistione delle età e delle classi62.

Un primo passo del regolamentarismo era dato dall’iscrizione della prostituta nel registro della prefettura di polizia. Con l’iscrizione la donna entrava a far parte del mondo della prostituzione tollerata, diventando una fille soumise, ovvero una prostituta soggetta a controllo amministrativo e sanitario. Se sceglieva di praticare la sua attività in una casa chiusa diventava una fille à numéro e il suo nome veniva riportato nel registro della tenutaria. Se invece esercitava per conto proprio era una fille en carte. Basandosi su uno studio antropologico-sociale sulla prostituta pubblica, Parent-Duchâtelet fornisce un’ulteriore distinzione tra:

- le proxénètes, una classe a parte di prostitute che «se trouvent partout et elles ne sont nulle part: elles existent sous l’appareil du luxe le plus somptueux et sous les haillons de la misère, elles prennent mille formes, et trouvent presque toujours le moyen de se dérober à l’investigation de la police. En général, elles sont toutes adroites, insinuantes et persuasives, rarement de la première jeunesse, et ne prennent ce métier qu’après avoir acquis une longue expérience dans l’exercice de la prostitution»63.

62

CORBIN Alain, Donne di piacere. Miseria sessuale e prostituzione nel XIX secolo, Milano, Mondadori, 1985, p.16.

63

(20)

20

- le marcheuses, «des femmes surannées qui, ne pouvant plus faire leur métier, s’établissent dans les lieux de débauche, et y favorisent encore la prostitution […] Dans les maisons bien tenues, elles font les commissions, accompagnent les filles aux bains, les conduisent à la préfecture de police, quelquefois en ville chez des particuliers qui les demandent; le soir elles restent à la porte de la maison, pour indiquer aux passants la destination du local»64.

- le filles à soldats et des barrières, «un genre particulier de prostituées qui n’ont pas de demeure fixe, mais que l’on trouve plus particulièrement aux environs des barrières fréquentées par les soldats. Ces filles sont ordinairement d’une laideur repoussante qui les empêche d’être reçues dans les mauvais lieux de l’intérieur de la ville; elles ont une allure qui leur est particulière; leur mise n’est pas celle des prostituées ordinaires, et sous ce rapport elles ne diffèrent pas des ouvrières de la classe la plus subalterne avec laquelle elles se confondent facilement»65.

- le pierreuses ou femmes de terrain, «un genre particulier de femmes, qui ont vieilli dans l’exercice de la prostitution du plus bas étage; qui sont trop paresseuses pour chercher aucun travail, et trop repoussantes pour être accueillies nulle part […] C’est toujours sur des points très éloignés de leur demeure qu’elles exercent leur hideuse industrie: toujours deux de compagnie, on les trouve le plus ordinairement dans les places vagues et abandonnées, et surtout au milieu des pierres de taille, des bois et des matériaux qui encombrent les chantiers de construction, ce qui leur a fait donner le nom sous lequel on les désigne»66.

L’iscrizione delle prostitute pubbliche era per lo più un atto volontario, sebbene si presentassero dei casi in cui le ragazze erano obbligate dalla tenutaria o dagli ispettori. Per procedere con l’iscrizione, la prostituta

64 Ivi, p.124. 65 Ivi, p.125. 66 Ivi, p.126.

(21)

21

doveva presentare l’atto di nascita alla prefettura di polizia, rispondere a una serie di domande sulla sua condizione e su quella dei genitori, esporre i motivi per cui aveva deciso di iscriversi e, in seguito a un esame medico, poteva ottenere l’autorizzazione a esercitare.

Se l’iscrizione poteva essere considerata come una semplice operazione, la radiazione dal registro di polizia invece non lo era. Le motivazioni dovevano essere valide, ad esempio la malattia, la vecchiaia, il matrimonio, l’intenzione di diventaretenutarie o la morte.

2.2.2 Le cause della prostituzione

Le ragioni che inducevano le donne a prostituirsi erano molteplici. Come osserva Parent-Duchâtelet, la pigrizia e la miseria potevano costituire delle valide motivazioni. La maggior parte delle prostitute proveniva da famiglie di artigiani, tra cui tessitori, piastrellisti, muratori, calzolai, coltivatori, carpentieri, falegnami, fabbri, quindi da famiglie di umili condizioni che provvedevano a stento al mantenimento delle proprie figlie. In questi casi le ragazze decidevano di entrare a far parte del mondo della prostituzione per non morire di fame e contribuire alle spese di famiglia.

Tra le altre cause figuravano l’insipienza, la scostumatezza, la vanità, il desiderio di mettersi in mostra e il distacco dai mariti o dagli amanti, per lo più studenti in medicina o in legge, sarti, parrucchieri, commessi viaggiatori, che dopo averle sedotte e allontanate da casa con una serie di promesse, le abbandonavano a se stesse. A questo punto, non potendo far ritorno nel paese d’origine per aver disonorato la famiglia, le ragazze intraprendevano la strada della prostituzione.

(22)

22

2.2.3 Vizi e qualità delle prostitute

Non appena entravano a far parte del mondo della prostituzione, molte ragazze usavano degli pseudonimi che davano un’idea della società che frequentavano, dei libri che leggevano, quindi dell’istruzione che avevano ricevuto. Molti frutto di una scelta personale e altri attribuiti dalle compagne, gli pseudonimi più ricorrenti erano La Courtille, La Ruelle, Poil-Long, Belle-Cuisse, Boulotte, Calliope, Paméla, Arthémise, Delphine, Fanny67.

Parent-Duchâtelet ha messo in luce anche i vizi delle prostitute, tra cui l’ingordigia. Le ragazze mangiavano molto e amavano il vino e i liquori forti. Alcune consumavano anche lo champagne e il punch. Questa loro abitudine è evidente ne La Maison Philibert: «[…] mais Totote, goulue comme une qui, vingt ans de son existence, a jeûné chez des fermiers avares, avait flairé la godaille et, friande de champagne, était montée au bruit»68.

Come dice il tenutario della casa di Aubry-les-Épinettes «la menterie, c’est l’essence même de la femme»69. Infatti le prostitute erano molto inclini alla menzogna. C’era chi fuggiva l’autorità paterna, chi la polizia e chi voleva nascondere qualcosa.

Tipici delle prostitute erano gli eccessi di collera. Le ragazze venivano spesso alle mani per sciocchezze e si comportavano come bambine. Ma erano rare le volte in cui serbavano rancore e si rappacificavano subito dopo la lite. Infine non sono da sottovalutare il cicaleccio, la mania del gioco e delle spese superflue.

Oltre ai vizi, le prostitute possedevano delle qualità: molto religiose,

avevano il senso della solidarietà e della carità, erano altruiste e generose

67

Ivi, pp.101-102. 68

LORRAIN, La Maison cit., p.65. 69

(23)

23

anche nei confronti di coloro che non facevano parte della loro categoria, erano brave madri, molto attaccate ai figli e anche ai propri genitori, mostravano una certa predilezione per i fiori e affetto per gli animali, come è evidente ne La Maison Philibert:

Les canards, le cou orné de faveurs roses, faisaient, pendant huit jours, la joie des pensionnaires. Ces dames se les repassaient, se les disputaient avec des gestes enveloppants et des mots d’amour. Elles les berçaient dans leurs bras, les baisaient sur le bec, voulaient leur donner le sein, prises pour ces bestioles effarées de tendresse de nourrices, et les présentaient même aux clients; ils s’appelaient tour à tour Charles, Ernest ou Anatole, du nom du préféré de la semaine ou de la nuit, et cela jusqu’à ce qu’une émotion liquide d’un des volatiles trop palpé et pétri contaminât la soie d’un corsage ou la percale rose d’un peignoir70.

2.2.4 Le tribades

La ricerca di Parent-Duchâtelet ha messo in luce la presenza di donne lesbiche tra le prostitute, le cosiddette tribades. Molte lo erano per il forte sentimento di disgusto che provavano nei confronti del sesso maschile o anche a causa della stretta coabitazione71. In alcune case chiuse, le tribades erano ricercate perfino da una clientela femminile, per lo più donne del gran mondo. Chiuse nella loro passione, si isolavano dal mondo esterno e si facevano tatuare sul ventre l’una il nome dell’altra come pegno di fedeltà. Ne La Maison Philibert, una delle pensionanti, Rachel, intraprende una relazione con una novizia, Lionette:

70

Ivi, pp.36-37. 71

FIAUX Louis, Les maisons de tolérance, leur fermeture in ADLER Laure, La vita

(24)

24 […] Elle avait jeté son dévolu sur une petite nouvelle, une Nantaise, Lionette, une blonde cendrée avec une jolie figure et des manières douces, l’air gosse; et ce chameau de Rachel l’avait si bien embobinée, qu’elle, si avenante dans les premiers temps, ne frayait plus avec personne. À peine si elle vous adressait la parole, et, sauf les repas, qu’on prend ensemble, elle s’ensauvageait, toujours remontée dans sa chambre, ou à se promener seule, avec un livre, sous les ormes du parc, car la maison a un parc, à Aubry, ou du moins, un grand jardin et des ombrages72.

Tale categoria di donne era divorata dalla gelosia e nel caso in cui una delle due venisse lasciata, l’altra tramava vendetta, come spiega lo stesso Philibert:

Maintenant, tout ce qu’on a chez soi, c’est de la dèche. Toutes des filles à béguins, exploitées par un type ou bien des amies, des amies par couple; et alors, ça, il n’en faut plus. Ça, c’est la guerre et la folie dans la baraque, la Salpêtrière à domicile et le juge d’instruction. Terribles, les femmes à liaisons! Ça ferait battre des montagnes, ça ferait massacrer père et mère; et des crises, et des drames, et des scènes de jalousie, des faux suicides et des menaces de meurtre! L’Ambigu chez soi! La douche ou la camisole de force, on n’a que le choix73.

2.2.5 La casa di tolleranza e le sue diverse categorie

Come sostiene Laure Adler in La vita quotidiana nelle case chiuse in Francia (1830-1930),

il bordello è una casa, uno spazio retto secondo norme domestiche da una

maîtresse coadiuvata da un’aiutante a sua volta assistita da cameriere. All’interno

72

LORRAIN, La Maison cit., p.32. 73

(25)

25 vivono delle pensionanti che accettano più o meno di buon grado di piegarsi al regolamento. Il bordello è uno spazio chiuso, rassicurante per la polizia, angosciante per le prostitute, comodo per i clienti. È uno spazio sorvegliato: i medici vi eseguono visite sanitarie regolari, la polizia dispone di un registro dove è annotata l’identità delle pensionanti- donne che si sono sottoposte a un orario regolare e a un ritmo di lavoro massacrante-; i clienti stessi vengono esaminati, all’arrivo, dalla sotto-maîtresse che con discrezione ne giudica la forma fisica e ne verifica la solvibilità74.

Alain Corbin propone un quadro del funzionamento della casa di tolleranza nell’ultimo quarto del XIX secolo, tenendo conto di quattro tipi di testimonianze: quelle date dalla narrativa, quelle di medici, magistrati e funzionari di polizia che frequentavano i bordelli per motivi lavorativi, le testimonianze dei clienti e degli individui che si recavano in quei luoghi per iniziativa personale e quelle di giornalisti, pubblicisti, polemisti e uomini politici.

I bordelli sorgevano in diversi agglomerati urbani della Francia meridionale e delle città portuali. Alcuni regolamenti proibivano l’apertura di un postribolo nelle vicinanze di una scuola, di una chiesa, di una sinagoga e di qualsiasi altro edificio a destinazione pubblica o religiosa. Inoltre era vietata l’apertura di due bordelli nello stesso immobile. Con le trasformazioni urbanistiche c’era stata una modifica della loro distribuzione geografica. I postriboli cominciavano a concentrarsi in quartieri appositi e, con lo sviluppo delle linee di comunicazione, venivano aperti nelle vicinanze delle stazioni ferroviarie, dei mercati e dei nuovi porti. Infine la costruzione di nuove caserme militari aveva fatto sì che alcuni sorgessero in prossimità degli acquartieramenti militari, ad esempio quelli vicini all’École Militaire. A Parigi e in provincia le case di tolleranza si riconoscevano facilmente grazie alla presenza di una lanterna. Infatti alcuni regolamenti municipali

74

(26)

26

del 1904 esigevano che l’ingresso della casa venisse rischiarato non appena facesse buio. Un altro elemento di riconoscimento era il numero civico, che poteva raggiungere l’altezza di sessanta centimetri. Il cliente di passaggio in cerca di case chiuse poteva consultare l’Annuaire Reirum, Indicateur des adresses des maisons de société (dites de tolérance) de France, Algérie et Tunisie, et des principales villes de Suisse, Belgique, Hollande, Italie et Espagne, un opuscolo pubblicato nel 1892 da un certo Monsieur Paggiole, in cui si trovava l’ubicazione dei bordelli e il nome delle tenutarie. Inoltre l’indirizzo poteva essere riportato anche su cartoline illustrate che raffiguravano amorini, diffuse dalle maîtresses stesse.

Alla fine del XIX secolo esistevano diverse tipologie di case chiuse. Al vertice della gerarchia si trovavano le grandi case di tolleranza, locali lussuosi ubicati nel cuore del centro commerciale di Parigi, nei quartieri della Madeleine, dell’Opéra e della Bourse. Laure Adler ne dà una descrizione precisa:

[…] Nel vestibolo isolato dai tendaggi stavano in attesa alcune domestiche in grembiule bianco che accompagnavano i clienti attraverso porte segrete, in corridoi con morbidi tappeti, o lungo scale adorne di vistosi arazzi […] L’uomo, dopo aver fatto la scelta, varcava altri salotti, altri corridoi adorni di folti tappeti e di specchi a profusione, di fiori, lampadari, soffitti dipinti, sedili bassi, ottomane. Alcuni bordelli erano caratterizzati da ambientazioni esotiche, soprattutto a partire dagli anni 1860 […] Nelle stanze l’immaginazione aveva libero corso. Per le comodità funzionali erano tutte dotate di un piccolo boudoir ammobiliato con una sdraio larga e bassa. Le pareti della stanza qualche volta erano interamente coperte di specchi. Il letto poteva avere i più vari aspetti: protetto da tendaggi neri, con lenzuola nere, illuminato da una luce fortissima, conferiva alla donna lo splendore marmoreo e abbagliante di una statua75.

75

(27)

27

Al secondo gradino della gerarchia si collocavano le case di tolleranza di second’ordine, chiamate maisons de passe, che potevano sorgere sia in città che in campagna e si distinguevano dalle altre abitazioni tramite finestre illuminate, da cui si affacciavano le pensionanti. Nelle camere di questo genere di case, «il letto era piatto, senza piumino, spesso circondato da specchi. Ogni stanza aveva il bagno con sanitari ad acqua corrente e, al muro, l’irrigatore obbligatorio»76. Questi locali erano forniti di donne straniere, talvolta anche donne sposate, ragazzine e attrici di secondo e terzo ordine, e vi si trovavano stanze di tortura per soddisfare i capricci più assurdi dei clienti.

In provincia il bordello aveva funzioni molteplici. In alcuni si vendeva frutta, vino e vari oggetti di merceria. Essi potevano sorgere all’estremità dei villaggi, nei quartieri tranquilli o nelle stradine poco trafficate non lontano dalla stazione, come è evidente dall’ubicazione del bordello di Aubry-les-Épinettes, ne La Maison Philibert: «Je n’avais qu’à le prévenir la veille et il viendrait me cueillir à la gare. Sa maison était tout à côté, la première rue à droite, puis la petite ruelle à gauche (tout le monde me dirait où), au coin d’un champ, derrière un grand mur […]»77.

In tutte queste case regna la stessa atmosfera rilassante, la stessa dolcezza che emana dalla campagna circostante. Vi si avvertono il palpito della natura, il ritmo delle stagioni, una pace quasi famigliare- la mamma del bordello, il papà e le pensionanti-, la lentezza del tempo che scorre, le ore che battono al pendolo, il gatto che sonnecchia, l’odore degli alberi d’estate e quello della stufa e delle marmellate d’inverno. Niente perversioni né violenza, niente istinti incontrollati o estri selvaggi. Sesso addomesticato78.

76

Ivi, p.69. 77

LORRAIN, La Maison cit., p.42. 78

(28)

28

All’estremità della gerarchia si collocava infine la casa di quart’ordine, che rappresentava un «negozio di carne fresca» 79 , dove le prostitute, giovanissime, si guadagnavano vitto e alloggio.

2.2.5.1 La dame de maison

Il bordello era diretto dalle tenutarie, le dames de maison. La maggior parte di esse era costituita da vecchie prostitute che avevano investito i propri risparmi, domestiche o donne di fiducia delle tenutarie che le sostituivano in seguito a morte o bancarotta oppure donne comuni che decidevano di gestire una casa chiusa per arricchirsi.

Per condurre una casa di tolleranza, la tenutaria doveva rispettare certe condizioni: doveva essere una donna di polso, abituata al comando; istruita; non troppo giovane, in modo da avere un certo ascendente sulle pensionanti; non soggetta all’ubriachezza e non doveva essere una pregiudicata80.

Nonostante il regolamento vietasse al marito della tenutaria di vivere all’interno del bordello, nella realtà dei fatti le cose andavano diversamente. Egli aiutava la moglie negli affari. Come osserva Laure Adler, «il tenutario spesso svolgeva la funzione di reclutatore, teneva ordine nella casa, cacciava i clienti irascibili e informava la polizia; la moglie teneva il registro, si occupava dell’abbigliamento e del cibo delle ragazze e sorvegliava il buon andamento dell’impresa»81.

Una bassa percentuale di tenutarie era proprietaria degli immobili, mentre la maggior parte di esse era affittuaria. In quest’ultimo caso gli immobili appartenevano ad avvocati, redditieri, imprenditori edili, droghieri, i quali

79 Ivi, p.77. 80 PARENT-DUCHÂTELET, op.cit.,pp.162-163. 81 ADLER, op.cit., p.86.

(29)

29

raddoppiavano il fitto non appena venivano a conoscenza che la destinazione del loro immobile sarebbe stata un bordello. La durata dei contratti si estendeva fino a nove anni e, in caso di richiesta di dilazione, il proprietario chiedeva un ulteriore aumento.

Le maîtresses erano responsabili di tutto ciò che avveniva all’interno dell’immobile. Erano tenute a registrare le proprie pensionanti entro ventiquattro ore dal momento in cui si presentavano nella casa, informare l’amministrazione dell’ingresso e dell’uscita delle donne e rendere conto di ogni incidente che si verificava.

Per quanto concerne il reclutamento delle prostitute, a Parigi esistevano degli uffici di collocamento specializzati. Le tenutarie avevano dei contatti in determinati ambienti e le mezzane, opportunamente ricompensate, adescavano le ragazze nelle stazioni, nelle piazze, nei locali pubblici, negli ospedali e nelle chiese.

Una volta arricchitesi, le tenutarie potevano decidere di cessare l’attività. Molte si ritiravano nelle case di campagna, altre aprivano dei ristoranti o caffè e altre ancora tornavano nel paese d’origine.

2.2.5.2 La clientela

La clientela delle case di tolleranza era costituita da uomini di varie categorie. In L’évolution de la prostitution, il dottor Félix Regnault distingue:

-I debosciati che amano il cambiamento e, per i loro desideri, vogliono un tipo di eccitazione che possono fornire solo delle donne esperte;

-i timidi e i principianti che non osano ancora corteggiare le donne; -i non dotati dalla natura;

(30)

30 -gli uomini sposati con donne malate che non possono riceverli e soprattutto la gran massa di coloro che non hanno abbastanza denaro né per fondare una famiglia né per mantenere un’amante82.

In testa all’elenco si collocavano i militari e i giovani, i quali frequentavano sia i bordelli di città che quelli di campagna.

Nei bordelli popolari la clientela era composta da braccianti, manovali, spazzini e lavoratori emigrati a cui si aggiungevano gli affetti da malattia venerea. Spesso si instaurava un rapporto amichevole tra pensionante e cliente tanto che la prostituta diventava quasi una confidente.

In una casa di second’ordine una pensionante riceveva in media quattro o cinque clienti, sebbene risultasse un aumento di numero nei fine settimana, nei giorni in cui si sorteggiavano i giovani che avrebbero dovuto prestare servizio militare o nei giorni di fiera e di mercato del bestiame.

2.2.5.3 Il funzionamento dell’impresa

Era raro che una prostituta che iniziasse a esercitare in una casa chiusa fosse una debuttante. Le pensionanti presentavano tratti somatici differenziati in modo che ognuna rappresentasse un aspetto della femminilità.

Ne La Maison Philibert le sette pensionanti vengono descritte in modo dettagliato. Oltre alla descrizione fisica, l’autore esplicita anche la classe sociale di provenienza, il livello di istruzione e l’origine geografica e razziale:

Il y avait Juliette, celle à la voix grasse et sentimentale qui soignait ses effets en filant la romance:

L’Aube naît et ta porte est close.

82

(31)

31 C’était une grande brune à profil régulier, les joues flétries par l’abus du maquillage et qui, à vingt ans, avait dû être belle. Elle n’avait pas plus de trente ans, mais le bistre de ses paupières, sa bouche détendue disaient l’horrible usure de cette chair à plaisir. Le nez busqué aux narines vibrantes et l’arc parfait des sourcils lui donnaient un air fatal et démodé d’héroïne de 1830; un peignoir de flanelle rose sur un jupon de satinette jaune retenait mal ses seins mous. Un faux camée, piqué dans ses cheveux serrés de bandelettes, disait la prétention de la fille. Juliette travaillait sa ressemblance avec les statues grecques. Juliette devait ennuyer les hommes.

[…] Petite boulotte à la chair moite, aux mains toujours humides, la gélatine de sa gorge contenue dans un jersey de soie mauve orné d’une collerette à la Pierrot, Angélina avait la bouche fraîche et le nez absent; espèce de poupée hilare, elle ne pouvait tenir en place, secouée d’une perpétuelle envie de rire et de jouer des farces et des tours. Elle faisait mille grimaces, tirait la langue à Juliette et trébuchait sur deux jambes courtes, aussi grosses à la cheville qu’aux mollets, guibolles effrontément gantées de chaussettes. «“Angélina-la-Teigne” ou la “Môme-aux-Poteaux”, épatante au travail, chuchotait Philibert, elle remue les puces aux clients et réveillerait un mort. Elle a du vif-argent dans les veines, et sans malice aucune», ajoutait le patron.

[…] Géraldine était une grande blonde à physionomie douce et réservée. La cernure de ses yeux bleus et la mollesse de sa taille trahissaient une extrême lassitude, mais elle luttait avec la lymphe et n’accusait pas plus de vingt-six ans. Géraldine eût été jolie sans une couperose équivoque qui rougissait le tour de ses lèvres; la veloutine dont elle s’emplâtrait la face aggravait de petites croûtes rosâtres cette mauvaise floraison. Géraldine était tout en blanc comme une communiante et portait au cou un nœud de velours noir. Elle s’était levée nonchalamment du banc, où elle était assise, et dissimulait un livre dans les plis de son peignoir: «Géraldine ou la femme du monde, gouaillait Philibert. Les sous-lieutenants du 16e chasseurs lui adressent des acrostiches. C’est une femme à béguins. Elle n’a que trois amants de cœur et tous dans l’armée, elle donne dans l’uniforme.

(32)

32 […] Totote, une espèce de maritorne large de croupe et basse sur pattes. Sa face camuse de chien bouledogue devait mettre en joie les maçons. En jupon court et en camisole, Totote reprisait prosaïquement une paire de bas; une chair grenue et picotée, comme celle des dindons, se découvrait dans l’entrebâillement de sa chemise; Totote avait les mains rouges et les dents saines, une encolure de lessiveuse; et ses cheveux bien lisses empestaient le jasmin. Eugénie ou la Limande était une pauvre fille à mine chafouine et au teint bis. Une robe montante en drap bleu marine et un petit col blanc en faisaient une espèce de sous-maîtresse ou d’institutrice. Eugénie festonnait une chemise de nuit et, sans desserrer les dents, nous adressait un petit salut protecteur: «Maternelle, celle-là, me soufflait Philibert dans l’oreille, excellente pour déniaiser les lourdauds de campagne, ceux qui veultent et qui n’ostent pas. Excellente aussi pour expédier les poivrots, l’air teigne, mais bonne comme le bon pain, borderait les clients dans leur lit. Une sœur de charité manquée. C’est elle qui nous soigne, quand nous sommes malades.

[…] Très grande, en robe de mousseline Liberty semée de pivoines jaunes, l’air altier et le cou serré d’un collier de sequins, la première était Rébecca. Le type de la Juive orientale sévissait en Rébecca. Elle avait le profil prétentieux et classique des Fatmas de chromos et des Rachel à la fontaine des estampes bibliques; parfaitement belle d’ailleurs si son œil gauche n’eût été gâté par une taie. Il roulait, laiteux et bleuâtre, entre les cils gouachés de khôl; une dent douteuse déparait aussi l’émail d’un sourire outrageusement frotté de fard. Sans ces deux tares, Rébecca eût été un superbe animal de luxe; son œil et sa dent la rabaissaient à l’étal.

Myrille, rousse à la peau crémeuse tavelée de son, ouvrait trop grand deux larges yeux de fièvre. Myrille était la plus jeune de toutes. Elle flamboyait dans un peignoir de surah vert de tout l’éclat de sa chair blanche et de sa toison fauve, mais elle avait une poitrine étroite, le dos un peu voûté et riait, énervée d’une étrange animation; elle sentait le musc et la créosote83.

83

(33)

33

Le case di tolleranza parigine reclutavano prostitute provenienti da tutto il territorio nazionale, mentre quelle di altre città attiravano le ragazze dei centri limitrofi. La maîtresse era tenuta a rinnovare spesso il personale per non annoiare gli habitués, i clienti abituali che facevano la fortuna dei bordelli. Di solito il rinnovo avveniva all’inizio della stagione estiva.

La durata della permanenza delle pensionanti nelle case era variabile. Infatti le prostitute avevano una forte tendenza alla mobilità. Prendendo in considerazione il numero delle pensionanti di tre case di tolleranza di Lione, Alain Corbin osserva che su 573 prostitute, 471 vi hanno soggiornato una sola volta, 76 vi hanno trascorso due periodi, 11 tre periodi, 6 quattro, 5 cinque e solo 4 più di cinque84. Tuttavia ogni casa comprendeva un gruppo di pensionanti fisse che davano l’esempio alle novizie. Tra le cause dei loro spostamenti, Parent-Duchâtelet individua l’amore per la libertà e l’indipendenza e il desiderio di raggiungere una felicità sfuggente. In ogni bordello le pensionanti erano tenute a rispettare un regolamento, la cui infrazione comportava il pagamento di un’ammenda. A loro spettava vitto, alloggio e abbigliamento mentre alla tenutaria i proventi delle prestazioni. Le prostitute dovevano accontentarsi delle mance e dei regali dei clienti, spesso sottratti dalle maîtresses. Le spese di viaggio, del parrucchiere, della manicure, della pedicure, dei medicinali e delle visite mediche, delle merci acquistate nello spaccio e di tutto ciò che ordinavano durante la giornata erano a carico della prostituta. La pensionante aveva il dovere di far consumare il cliente in modo che la tenutaria potesse ricavare un ulteriore guadagno. Se riusciva nel suo intento, la maîtresse le assegnava dei gettoni-premio.

Le prostitute dovevano lavorare anche se incinte o durante il periodo mestruale. Perfino la pensionante affetta da sifilide o gonorrea era tenuta a esercitare se la domanda era alta. In questi casi la vice maîtresse

84

(34)

34

provvedeva ad applicare dei «pezzetti di gomma leggera e colorata sulle lesioni e strati di belletto scarlatto sugli organi sessuali»85.

2.2.5.4 La vita quotidiana

Le pensionanti delle case di tolleranza conducevano un’esistenza oziosa. La mattina si alzavano tra le dieci e le undici e scendevano in sala da pranzo, dove consumavano il primo pasto della giornata, che comprendeva tre portate, un dessert e una bottiglia di vino. Subito dopo si recavano in salotto, dove passavano il pomeriggio in chiacchiere tra una sigaretta e l’altra, commentavano gli avvenimenti della notte precedente, lavoravano all’uncinetto, leggevano il giornale e giocavano a carte o a tombola. Alcune suonavano anche il pianoforte e altre leggevano un romanzo. Verso le quattro cominciavano a prepararsi dedicandosi al bagno, alla toilette e all’acconciatura dei capelli. Tra le cinque e le sei si svolgeva il secondo pasto della giornata, quello più sostanzioso, a cui partecipavano anche la tenutaria e il marito.

A Parigi le pensionanti cominciavano a esercitare dalle ventitré fino alle due del mattino, invece, in provincia, gli orari di apertura e chiusura variavano da città a città. Solitamente le pensionanti esercitavano a partire dalle venti come si evince da La Maison Philibert:

On avait beau s’être mis à table à cinq heures, à cause de la clientèle qui ne commence à donner que vers les huit heures et demie, à partir de six heures, il faut toujours qu’il y ait au moins deux dames dans la salle du bas. Il y a des ouvriers qui entrent là en revenant du travail, histoire de prendre un verre et de se mettre en train, avant de réintégrer la puanteur du taudis conjugal86.

85

Ivi, p.92. 86

(35)

35

2.2.6 La tratta delle bianche

Ne La Maison Philibert si trovano diversi riferimenti al fenomeno della tratta delle bianche, quel «commercio al quale sono costretti i tenutari, i mezzani e gli intermediari per reclutare e rinnovare la mano d’opera degli stabilimenti ufficialmente tollerati»87. L’epicentro di tale fenomeno è il continente europeo, da cui parte il maggior numero di esportazioni. Per tale motivo si parla di tratta delle «bianche». Essa è una delle conseguenze dell’emigrazione di milioni di europei, per lo più di sesso maschile, verso gli altri paesi, soprattutto Australia e America latina. Tale emigrazione comporta uno squilibrio dei sessi nei paesi di arrivo, che a sua volta porta alla crescita della domanda di prostitute. La tratta è dovuta anche al declino della casa chiusa nell’Occidente europeo.

Alain Corbin illustra il modo in cui le donne vengono reclutate: la presentazione delle ragazze «avviene in strada, in un giardino pubblico, talvolta in un caffè, mai comunque due volte nello stesso posto… La donna ingaggiata riceve a questo punto un po’ di denaro… Quando è riuscito a reclutare un certo numero di donne, il fornitore forma quello che si chiama un convoglio e lo smista verso la provincia o verso un porto dove verrà imbarcato per un altro paese»88. La maggior parte delle donne sono domestiche e commesse di negozio, spesso oggetto di inganno da parte di fornitori che, dietro uno pseudonimo, si spacciano per viaggiatori, mercanti di vini, albergatori, rappresentanti di commercio e le smistano su Trieste e Genova, da cui partono per il resto del mondo. Le prostitute francesi, le più apprezzate nel mercato nordamericano, tanto da essere pagate il doppio o il triplo rispetto alle altre donne, vengono condotte per lo più in Belgio, Olanda e Russia.

87

CORBIN, op.cit., p.300. 88

(36)

36

Alcune organizzazioni internazionali, ad esempio la National Vigilance Association di Londra, hanno intrapreso una lotta contro tale fenomeno. Sono nate anche numerose associazioni caritative che si sono schierate a favore della protezione della giovane, ad esempio l’Unione internazionale delle amiche della giovane, fondata a Ginevra nel 1877, l’Opera cattolica internazionale per la protezione della giovane, la Jewish association for the Protection of Girls and Women e l’Alliance Israélite.

La tratta delle bianche ha avuto una grande influenza sulla società del XIX secolo tanto che in un articolo della «République» viene definita come «uno dei peggiori flagelli del nostro tempo, che infuria con sempre maggiore intensità in tutti i paesi civilizzati»89.

89

(37)

37

CAPITOLO 3

Analisi linguistica e traduttologica de La Maison Philibert

3.1 L’argot

3.1.1 Le origini dell’argot

Jean Lorrain non riprende dalla quotidianità solo personaggi, ambienti e situazioni di cui scrivere ma anche la scrittura stessa90.

I protagonisti de La Maison Philibert sono tenutari, protettori, prostitute e malviventi e, nel suo romanzo, l’autore riproduce il loro linguaggio, l’argot, quel «registro linguistico proprio di un gruppo sociale, il cui scopo è escludere gli estranei dalla comunicazione, criptando i messaggi scambiati»91 . Si tratta di un linguaggio limitato a un piccolo gruppo ristretto e non comprensibile ai non-iniziati.

Alcuni studiosi sostengono che il termine «argot» derivi dalla città greca di Argo, altri dalla parola francese «argoter», ovvero «se quereller», «litigare». Altri ancora lo associano a Ragot, il nome di un famoso malvivente del XVI secolo, al termine «ragot», «chiacchiera», e al termine latino «ergo», «dunque». Ma la supposizione più probabile è che «argot» sia un’alterazione del termine «jargon»92, che nel XVII secolo designava il «langage des gueux»93, ovvero il linguaggio proprio della corporazione dei briganti, che lo utilizzavano per evitare che il resto del popolo e soprattutto i gendarmi potessero comprenderli. Quindi l’argot rappresentava il linguaggio della malavita.

90

SIPALA, op.cit., p.36. 91

ARLOTTA Ivan, CATALANO Marisabel, Le lingue in movimento, Roma, Aracne, 2009, p.43.

92

MERLE Pierre, Argot, verlan et tchatches, Toulouse, Milan, 2006, p.9. 93

(38)

38

Le prime fonti dell’argot risalgono al XV secolo, in particolare al processo dei Coquillards, una banda di malviventi che si spacciavano per pellegrini diretti a Santiago di Compostela e che utilizzavano un gergo particolare. Durante il processo, tenutosi a Digione nel 1455, molti di loro svelano alcuni elementi del loro linguaggio, il jobelin o jargon jobelin. Ma il termine «argot» appare solo nel 1628 dopo la pubblicazione della seconda edizione di Le jargon ou Langage de l’argot réformé94 da parte di Olivier Chéreau, un negoziante di tessuti di lana originario di Tours. Da allora tale linguaggio comincia a essere impiegato anche da altri gruppi sociali.

Un grande contributo alla diffusione dell’argot è dato dalla letteratura. Nel 1725 Granval pubblica Le vice puni, ou Cartouche95, che ruota intorno alla figura di Cartouche, il celebre brigante a capo di una banda parigina, e contenente un glossario argotico. Nel 1800 è la volta di Histoire des bandits d’Orgères96 di Leclaire, che contiene un gran numero di termini argotici impiegati dalla banda degli Chauffeurs d’Orgères. Ma la più importante testimonianza sull’argot del XIX secolo è data dalle pubblicazioni di François-Eugène Vidocq, Mémoires97 e Les voleurs98.

L’argot comincia a diventare oggetto di studio a partire da Études de philologie sur l’argot et sur les idiomes analogues parlés en Europe et en Asie99 di Francisque Michel. Si tratta di interpretazioni dei documenti a disposizione dell’autore e non più di testimonianze dirette. Alla pubblicazione di Michel ne seguono altre tra cui il Dictionnaire de la langue verte100 di Alfred Delvau nel 1866, il Dictionnaire historique d’argot101 e il Nouveau supplément du Dictionnaire d’argot102 di Loredan

94 Troyes, Oudot, 1628. 95 Paris, Prault, 1725. 96 Chartres, Lacombe, 1800. 97 Paris, Tenon, 1828-1829. 98 Paris, Vidocq , 1837. 99

Paris, Firmin Didot frères, 1856. 100

Paris, Dentu, 1866. 101

(39)

39

Larchey, rispettivamente nel 1878 e nel 1889, Sources de l’argot ancien103 di Lazare Sainéan nel 1912 e Les argots104 di Albert Dauzat nel 1929. Tra le pubblicazioni più recenti figurano il Dictionnaire historique des argots français105 di Gaston Esnault nel 1965, Le jargon de Villon ou le Gai Savoir de la Coquille106 di Pierre Guiraud nel 1968 e il Dictionnaire du français non conventionnel107 di Alain Rey e Jacques Cellard nel 1980.

È importante sottolineare la distinzione tra l’antico argot dei ladri, l’argot moderno proprio di un determinato gruppo o di una determinata professione e l’argot contemporaneo che non rispetta le convenzioni sociali tradizionali108. Oggi l’argot è parlato dai giovani adolescenti delle cités, ovvero i complessi residenziali delle periferie parigine.

3.1.2 Processi di formazione dei termini argotici

Pierre Guiraud individua tre tipi di lessico argotico:

-un vocabulaire technique, en relation avec les pratiques et le mode de vie de la pègre.

-un vocabulaire secret né des exigences d’une activité malfaisante et disposant de moyens de créations verbales originaux.

-un vocabulaire «argotique» enfin, anciens mots secrets qui survivent à leur fonction première comme un signum différenciateur par lequel l’argotier reconnaît et affirme son identité et son originalité109.

102 Paris, Dentu, 1889. 103 Paris, Champion, 1912. 104 Paris, Delagrave, 1929. 105 Paris, Larousse, 1965. 106 Paris, Gallimard, 1968. 107 Paris, Hachette, 1980. 108

ARLOTTA, CATALANO, op.cit., p.47. 109

GUIRAUD Pierre, L’argot, Paris, Presses universitaires de France, 1956, p.5 in CALVET,

Riferimenti

Documenti correlati

Dopo 48 ore dall’avvio della terapia steroidea, si assi- steva a un rapido miglioramento delle condizioni genera- li: Alessandro durante il ricovero non ha più

In the most recent report for 2012, it was again noted that Azerbaijan is a source, transit and destination country for men, women, and children who are subject to forced labour,

Family planning services have been fundamental in order to slow population growth by improving reproductive health of women and men and enabling them to choose the

Analizzando le attività fluviali è emerso come la maggior parte degli operatori turistici più rilevanti del settore svolgano attività di navigazione turistica

Foreign journalists who could fly to Saigon with a presentation letter of any newspaper of the world were “immediately appointed Major of the United States Army in order to go,

Il mio lavoro di traduzione non è stato svolto seguendo dall’inizio alla fine una strategia traduttiva ben precisa come possono essere quelle descritte da

bianchi» della Romania sono oltre 350 mila: sono i figli delle donne che lavorano come badanti in Italia e in Spagna, i due Paesi che attualmente necessitano maggiormente di