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La risposta della moda italiana alla crisi. La strategia CafèNoir

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Corso di Laurea in

Comunicazione d’Impresa e Politica delle Risorse Umane

Classe LM-59

a.a. 2015/2016

ABSTRACT:

La risposta della moda italiana alla crisi. La strategia CafèNoir

Candidato:

Relatore:

Alice Guglielmo

Prof. Luca Michelini

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Prefazione

Questo lavoro nasce dalla convinzione che nella “crisi” e per la “crisi” affiorino inventiva, scoperte e grandi strategie. L’idea di fondo è partire, nello specifico, dalla crisi che ha coinvolto il settore calzaturiero italiano per andare oltre la crisi, analizzando e presentando un modello d'azienda innovativo che permetta di cavalcare le criticità ambientali, crescere e poter essere d'esempio all’interno della caratteristica realtà aziendale locale, nazionale ed internazionale.

Introduzione

Per molto tempo il settore calzaturiero ha contribuito alla crescita dell’economia nazionale ed ha concorso all’affermazione del Made in Italy come sinonimo di prestigio, stile e moda. La Toscana, in particolare, ha rappresentato e rappresenta una delle principali regioni “calzaturiere” italiane. Da alcuni anni la produzione italiana di calzature evidenzia un ridimensionamento, a causa di varie minacce emergenti, tra cui: la concorrenza dei paesi di nuova industrializzazione e dei produttori asiatici; la crisi dei consumi; una inadeguata tutela da parte delle istituzioni nei confronti del settore; dumping etico e sociale; il fenomeno della contraffazione dei prodotti/marchi; il potere della grande distribuzione; la scarsa lungimiranza degli imprenditori del settore. Il rischio di confidare passivamente nell’intramontabile “genio italico” potrebbe condurre, e sempre più spesso conduce, all’obsolescenza ed a scelte non rispondenti adeguatamente alle richieste provenienti oggigiorno dal mercato. La crisi è frutto solo parzialmente di fenomeni congiunturali o ciclici: per la parte restante è legata alla possibilità (mancata) di radicali interventi di cambiamento attuabili (e non solo di “manutenzione”). È evidente che la sopravvivenza e lo sviluppo dell’azienda dipendano in buona parte dalla capacità di leggere ed interpretare i trends di evoluzione e cambiamento: un progressivo ed assai rapido spostamento del baricentro strategico della gestione aziendale dagli aspetti produttivi a quelli legati al marketing ed alla commercializzazione dei prodotti, al fine di acquisire un rapporto più stabile e duraturo con il mercato dei consumatori finali.

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Capitolo 1: Fenomeno Moda Ave, Moda (1.1)

Il mondo della moda condensa un complesso insieme di relazioni che corrono tra vita privata e sociale, funzioni estetiche e pratiche, gusti e bisogni di rappresentazione, nonché di significati relativi a paesi, territori, periodi, società, gruppi, individui; è ricca di senso e ne restituisce se ricostruita o decostruita in differenti aspetti e fasi.

Moda chiama Economia (1.2)

È indubbio che la moda generi effetti concreti e palpabili, in primis di natura economica. Il fenomeno moda è meno effimero di quanto non possa sembrare all’apparenza; il suo studio permette di risalire ad interi sistemi: produttivo, distributivo e di commercializzazione, di consumo.

Moda in Storia: da Re Sole a Instagram (1.3)

La moda è frutto di fattori politici, sociali, economici, culturali, tecnologici, psicologici. Dal punto di vista storico, il fenomeno “moda” ha cominciato a delinearsi tra il tardo Medioevo ed il primo Rinascimento, in concomitanza con la crescita del capitalismo mercantile quando, nelle città, l’offerta di capi d’abbigliamento si fece relativamente ampia, ed il “gioco delle apparenze” iniziò ad uscire dagli ambienti di corte, a coinvolgere quelli cittadini e chiamare in causa un’autonomia estetica individuale nella scelta del vestiario (non più intesa come un processo di diffusione dall’alto verso il basso). Basta un rapido excursus per poter constatare quanto rivoluzionario sia stato, e continua ad essere, il viaggio della moda: cambiano i leader influenti, per poi cambiare lo stesso concetto di leadership; gli strumenti di diffusione; i centri di irradiazione.

Capitolo 2: Il Bel Paese in Moda Moda-Italia: sarà l'aurora (2.1)

Nel corso dei secoli sono cambiate le aree dalle quali provenivano gli impulsi ai cambiamenti, le “mode”. Se alla fine del Medioevo e nella prima metà moderna alcuni ambienti italiani furono in grado di dettar mode, nel secondo Cinquecento fu la volta della Spagna, mentre dal Seicento all’Ottocento la Francia ha goduto

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di un primato pressoché incontrastato. Affrancarsi dalla dipendenza francese cominciò a costituire un progetto politico e culturale dopo l’Unità d’Italia, nell’ambito dell’emergente tema del culto dell’orgoglio nazionale. Al centro del progetto collochiamo il nesso fra arte e moda, nonché la coscienza della grandezza dell’arte e dell’artigianato italiani. Dopo la seconda guerra mondiale, quanto seminato in questa direzione poté essere recuperato all’interno di un programma volto non tanto a fare la guerra alla Francia, bensì a valorizzare ciò che si ideava e produceva in un’Italia che non poteva permettersi importazioni ed aveva, di contro, bisogno di esportare. Tale percorso evolutivo, in parte indotto, in parte naturale, condusse alla vera e propria nascita di una “moda italiana”.

Made in Italy: bello e ben fatto (2.2)

Capi ben fatti, sapienza artigianale, orgoglio del saper fare, in una connessione non banale e non solo strumentale con le bellezze naturali del paese, hanno sostenuto l’affermazione e la riconoscibilità del “fatto in Italia”. Alla costruzione sociale, economica e culturale del Made in Italy, concorsero una serie di elementi tipicamente italiani: artigianalità, fantasia, cultura, arte, capacità di reiventare la tradizione, personalità talentuose, creatività, prodotti innovativi, un quid di fantasioso e ben fatto. Tutto ciò ha reso possibile la creazione di un linguaggio globale, di uno stile contrassegnato da un’eleganza ed una bellezza trans-culturali e trans-epocali, nella trasformazione di materie prime e semilavorati in “belle merci”, in prodotti ben pensati e ben costruiti, curati nel minimo dettaglio. All’interno del Made in Italy, il settore della moda in particolare, si propone come

fattore di continuità con la tradizione storica dell’arte e dell’artigianato italiani. Oltre il Made in Italy, verso l'Italian Style (2.3)

Di fronte alle varie strategie messe in atto dalle aziende per rispondere alle sfide del mercato attuale, in una globalizzazione che tutto pervade, bisognerebbe arricchire ed ampliare il concetto standard di Made in Italy, guardando ad una sorta di Italian Style, che salvaguardi l’immagine del prodotto italiano,

indipendentemente dall’effettivo luogo di realizzazione fisica del prodotto. Bel Paese: quale futuro? (2.4)

Affrontando il dibattito sulla crisi e sul destino del Made in Italy, possiamo constatare come il Made in Italy sia, o possa divenire, un metabrand (metamarca),

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che veicola un’atmosfera, un alone, uno spirito condiviso. In tal modo si trasforma quella che oggi potrebbe apparire una categoria astratta (Made in Italy), in un concetto che porti con sé un’identità forte, immediatamente riconoscibile e desiderabile. Siamo approdati all’idea di Italian Concept.

Capitolo 3: Vita da distretto: una peculiarità tutta italiana Per una produzione oltre-confine (3.1)

Con riferimento alla realtà aziendale italiana in generale, e distrettuale nello specifico, nell’ultimo decennio si è assistito ad un drastico ridimensionamento del settore calzaturiero. Per fronteggiare una tale situazione e rimanere sul mercato, più o meno proficuamente, molte aziende calzaturiere italiane hanno attuato strategie di delocalizzazione della produzione (in parte o in toto) rivolgendosi a Paesi esteri, al fine di ridurre i costi di lavorazione e/o cogliere le opportunità emergenti nei mercati europei o extraeuropei (abbattimento dei costi di produzione, minori vincoli burocratici all’insediamento produttivo, disponibilità dei fattori produttivi ecc.). La delocalizzazione produttiva, oltreché da investimenti produttivi all’estero, è rappresentata dal TPP (Traffico di Perfezionamento Passivo) - lavorazioni effettuate all’estero da terzisti - nonché da forme di outsourcing, mediante cui si affida la realizzazione di prodotti o parti di esso ad aziende esterne. La delocalizzazione di determinate attività non dovrebbe essere realizzata solo in funzione dello sfruttamento di opportunità di risparmio di costi, bensì rientrare in una definita scelta strategica di più ampio raggio. Di fronte alla perdita delle fasi di lavorazione più labour intensive, le aziende investono e

puntano sulle proprie core activities, distintive e rigorosamente internalizzate. Piccolo è bello (3.2)

Emerge una stretta relazione tra il “fatto in Italia” ed un’organizzazione produttiva squisitamente italiana, la realtà distrettuale. Smentendo nefaste profezie che ne prevedevano il definitivo tramonto, i distretti italiani sono spesso riusciti ad elaborare percorsi di cambiamento ed a trasformarsi per essere all’altezza delle sfide emergenti, continuando a costituire una componente estremamente significativa del nostro paese.

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Nelle analisi dei distretti sovente la singola azienda viene osservata con riferimento al complesso dei rapporti con l’ambiente locale in cui essa è immersa e vive. Ma un’eccessiva identificazione metodologica dell’impresa con il distretto rischia di “schiacciare” la considerazione delle individualità e delle peculiarità degli attori-impresa: sono le imprese a costituire dei baricentri (attivi, pro-attivi o passivi) rilevanti nel cambiamento della struttura e delle caratteristiche del distretto stesso. L’impresa di successo oggi è quella che riesce a configurarsi e ad organizzarsi come un’impresa “relazionale”, che basa la sua forza creativa e produttiva sulla capacità di attivare e gestire efficacemente, in senso economico ed organizzativo, un network di rapporti stabili con imprese che operano nei settori collaterali delle forniture e subforniture di parti, accessori e servizi. Il successo economico del sistema delle piccole e medie imprese del Made in Italy è dunque derivato non solo dall’elevato pregio della lavorazione delle materie prime o dall’originalità del disegno e dei dettagli, ma anche dalla particolare organizzazione del suo apparato industriale strutturato, soprattutto nel caso della moda, in una filiera integrata verticalmente che connette larga parte dei passaggi produttivi e distributivi.

I distretti toscani (3.4)

Sono molti i brand che hanno scelto di concentrare nell’area toscana le loro produzioni: il settore del fashion riveste un’importanza rilevante per l’economia locale, pur nella difficoltà che deriva dalla sovrapposizione di problemi congiunturali e strutturali. Per quanto riguarda le aree toscane ad alta vocazione calzaturiera, occorre menzionare: (1) la Lucchesia; (2) la Valdinievole; (3) il Valdarno Inferiore; (4) il Valdarno Superiore.

Modello distrettuale: in traiettoria evolutiva (3.5) Per quanto concerne la situazione futura, più o meno prossima, dei distretti

industriali italiani, possiamo ipotizzare che la loro presenza, fisica e sostanziale all’interno del sistema produttivo italiano, continui a costituire una struttura portante dell’economia italiana, ma chiami in causa caratteristiche diverse, suggerite o imposte dai cambiamenti intervenuti nell’economia mondiale. La direzione verso cui sembra intenzionata a muoversi l’esperienza distrettuale toscana, è quella di una sostanziale riorganizzazione del sistema della produzione

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nell’ottica di una sorta di “distretto integrato” o “allargato” orientato alla risoluzione di quelle difficoltà che hanno evidentemente afflitto i distretti toscani (ma non solo) nelle congiunture degli ultimi anni. In quest’ottica la filiera produttiva verrebbe ingegnosamente ridisegnata secondo una geometria variabile, allargata rispetto alla filiera settoriale. Si tratta di favorirne l’evoluzione settoriale, produttiva, dimensionale, organizzativa verso forme più adeguate all’attuale fase della competizione internazionale; di passare da un’attenzione specifica al binomio luogo-settore ad elevata specializzazione, alla ricerca dell’eccellenza innovativa che può scaturire da quei luoghi e da quei settori, ma rivolgersi anche ad altri luoghi, settori, attori (nazionali o internazionali).

PARTE SECONDA

Capitolo 4: To think outside the box Imprenditori, onori e oneri (4.1)

“Pensare fuori dalla scatola” significa uscire da schemi che sembrano schiacciare le prospettive di uno sviluppo “altro”, auto-stimolarsi ad avviare una riflessione sul futuro possibile e/o probabile, e generare idee, visioni, proiezioni del desiderato, nel tentativo di uscire da schemi apparentemente consolidati. Affinché il cambiamento possa fare un salto dalla dimensione del probabile a quella del possibile, si ha bisogno di “materiale umano”, di particolari uomini che scelgano di vivere il rischio e nel rischio: gli imprenditori. La scintilla dell’imprenditorialità appare come una molla determinante: dinanzi a stasi o crisi che non sembrano poter essere superate con strumenti ordinari di gestione, viene spesso invocata un’iniezione di imprenditorialità che incorpora varie possibili forme di innovazione. Aggiustamento ed innovazione sono i due poli che fissano l’orizzonte dell’agire imprenditoriale.

Idee, creatività, innovazione: umanità in circolo (4.2)

Fare l'imprenditore oggi significa gestire l'innovazione, il cambiamento, prima sul fronte esterno, del mercato, e poi su quello interno, dell'organizzazione. È evidente che tutto questo non possa essere frutto di un risultato individuale bensì collegiale, mediante l'opera di esperti e specialisti, di dettagliate analisi e di sintesi sofisticate.

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All’uomo-imprenditore si sostituisce l'imprenditorialità, una sorta di “anima animatrice” aziendale. La capacità di condizionare l'ambiente esterno, interpretandone con notevole anticipo le forze trainanti ma al contempo immettendovi forze assolutamente nuove, esito naturale dell'efficientismo organizzativo, rappresenta il prodotto più elevato della nuova imprenditorialità. Il sistema-azienda ha la sua ragion d’essere nel sistema-umano, ed elemento centrale del sistema umano sono le idee. Per quanto riguarda la genesi delle stesse, chiamiamo in causa il concetto di creatività (imprenditoriale, manageriale, operativa), nonché quello di innovazione: se dobbiamo alla creatività la generazione di nuove idee, per innovazione intendiamo la traduzione di queste in un nuovo prodotto, in un servizio, in un metodo di produzione o in un processo.

Ci si è gradualmente spostati dalla gestione dei singoli cambiamenti al governo della dinamica del cambiamento: flessibilità, velocità, re-ingegnerizzazione, divengono questioni centrali del “fare azienda”; l’azienda deve, senza sosta, ripensare se stessa, governando la dinamica del sistema aziendale delle idee, oltre che delle operazioni.

Dalle grandi idee alle grandi aziende: il segreto dell'auto-riconfigurazione (4.3) Obiettivo della riconcettualizzazione aziendale sarà la riconfigurazione, ovvero la possibilità di passare da grandi idee a grandi aziende (aziende “grandi” non in senso dimensionale bensì figurato) tramite una rimodellazione organica secondo necessità.

Capitolo 5: Azienda Moda: Quo Vadis? Con stile, ma rapidamente (5.1)

L’aumento di complessità, la necessità di coordinamento e la drastica riduzione dei tempi del ciclo di progettazione-produzione-distribuzione-vendita, richiedono alle aziende operanti nell’industria della moda l’affinamento di saperi specialistici (dotazione di moderni strumenti previsionali e di informazione, programmazione e gestione, capacità di integrare competenze stilistico-creative, tecnico-produttive e di mercato). Il cambio di paradigma imposto ai modelli di organizzazione aziendale e di innovazione, ha trovato nell’industria della moda (snellita dalle nuove tecnologie, dal just-in-time, dalla time based competition, dalla

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frantumazione dei mercati di consumo), un protagonista preparato, a causa della naturale attitudine alla modernità ed a formule strettamente legate ai temi della flessibilità.

Fashion Marketing (5.2)

Per operare in un territorio dinamico, innovativo e complesso qual è quello della moda, l’impresa dovrà impossessarsi di appropriate progettualità, di politiche e strategie di marketing determinanti nell’affrontare con professionalità, attualità e lungimiranza il mercato. Per quanto riguarda le funzioni che competono al fashion marketing, queste possono riassunte nelle seguenti: (1) funzione d’analisi e ricerca, (2) funzione di sviluppo prodotto, (3) funzione di distribuzione e vendita, (4) funzione d’animazione e promozione, (5) funzione di pianificazione, (6) funzione d’organizzazione, (7) funzione di controllo, (8) funzione d’integrazione, (9) funzione d’efficienza.

Obiettivo Customer Satisfaction (5.3)

Il marketing e la vendita hanno come punto di riferimento il cliente. Affinché si instauri un contatto azienda-cliente, è necessaria una conoscenza quanto più possibile approfondita, di ciò che diviene il fulcro di qualsiasi strategia: il consumatore.

Distribuzione cruciale (5.4)

Qualsiasi prodotto raggiungerà il consumatore passando attraverso canali di distribuzione (diretti, indiretti, misti), scelti considerando una serie di parametri: (1) potenziale di vendita, (2) costi, (3) consumatore. L’attenzione alle scelte distributive diviene cruciale per favorire un incontro ottimale tra domanda e offerta.

Occhio al prezzo (5.5)

Il prezzo nella moda costituisce una variabile aleatoria collegata primariamente alle aspettative del segmento cui il prodotto moda è destinato, non determinato dalle sole regole di costing. Per attivare un buon costing bisogna prestare attenzione ad una serie di passaggi: (a) scelta degli obiettivi di mercato, (b) immagine dell’azienda, (c) coordinamento con e nel marketing mix, (d) individuazione di una politica e relativa scelta del prezzo, (e) rispetto del prezzo concorrenziale, (f) confronto con la concorrenza, (g) rispetto delle norme

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legislative, (h) rispetto della situazione economica, (i) rispetto del grado d’accettabilità del consumatore, (l) rispetto del ciclo di vita.

Comunicazione: dal marketing al messaggio (5.6)

L’obiettivo principale che una politica di comunicazione dovrà conseguire sarà l’incremento delle vendite, quindi collateralmente obiettivi complementari (nuovi segmenti di mercato, crescita della domanda attuale, recupero di parte della domanda potenziale, rafforzamento dell’immagine aziendale e di prodotto, ecc.). La scelta degli strumenti da utilizzare è strettamente connessa agli obiettivi che si intendono raggiungere, al settore merceologico, al posizionamento di prezzo del brand, nonché subordinata ad una serie di condizioni caratterizzanti gli stessi strumenti: grado di diffusione, ricezione, penetrazione, ripetizione.

Per una pianificazione strategica (5.7)

Necessario ricomporre le varie attività aziendali in un quadro unitario di riferimento, ricorrendo all’elaborazione di un processo di pianificazione strategica, comprendente: (1) analisi strategica, (2) strategia, (3) attività, (4) tempi e costi, (5) strumenti di verifica raggiungimento obiettivi, (6) verifica presenza del piano.

Mutatis mutandis: sì, alla multicanalità (5.8)

Gli importanti cambiamenti emergenti dalla sfera societaria e tecnologica permetteranno a quelle imprese che per prime percepiranno il mutamento, rispondendovi con soluzioni originali, sostenibili ed innovative, di realizzare un vantaggio competitivo stabile e duraturo nei confronti di clienti e competitor. Quando la tradizione scende a patti con l’innovazione, la fusione perfetta tra passato e presente sfocia nella multicanalità: andiamo verso un unicum multicanale, che intreccia la sfera digitale con il mondo atomico, e la relativa capacità di gestirlo è, oggi, un elemento che può avere una forza assolutamente dirompente per le possibilità di successo di un brand. È fondamentale considerare tutti i punti di contatto azienda-cliente che possono essere impiegati, secondo un piano complessivo, in modo da poterne sfruttare la massima complementarietà, ottimizzando le performance dei vari canali e, di conseguenza, di quella complessiva.

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Assistiamo ad una rivoluzione veloce, pervasiva, globale: i consumatori hanno nuovi poteri, l’informazione circola ovunque, tutto è più trasparente, errori compiuti dalle aziende compresi. “Social-aziendando” è un neologismo da me coniato per rendere evocativamente la fusione tra il mondo social ed un nuovo modo di “fare azienda”, rispondente alla diffusione di un “consumo sociale” (generato dalla condivisione di svariate intelligenze, memorie, esperienze, competenze). Web e Social Networks non sono più una scelta: clienti, dipendenti, concorrenti, finanziatori, testimonial, detrattori e sponsor sono sul web e sui Social Networks. È il “luogo d’ascolto” ad imporsi per poter avere accesso a conversazioni cruciali: le aziende devono essere consapevoli dell’impatto che la decisione di acquisto portata avanti da un consumatore può avere sul resto dei consumatori (socialità degli acquisti).

PARTE TERZA

Capitolo 6: La strategia CafèNoir Uso del "caso": non è un caso (6.1)

Alcune imprese calzaturiere del Paese hanno attraversato indenni, o quasi, le drammatiche fasi di mutamento del mercato; si tratta di quelle che: hanno saputo conquistare quote maggiori sul mercato nazionale ed estero lavorando sul rafforzamento del marchio e sulla qualificazione del canale distributivo ed hanno individuato un giusto mix tra stile, marca, qualità del prodotto/servizio interpretando la tendenza dei consumatori. Tra queste protagoniste CafèNoir, azienda riuscita con il proprio brand ad affermarsi in meno di un decennio tra i leader italiani del proprio segmento.

CafèNoir: dalla storia al successo (6.2)

La storia di CafèNoir è quella di un’azienda italiana operante nel mercato della calzatura e degli accessori per la persona, che nel corso degli anni ha saputo reinventarsi, mutare approccio, adottare una prospettiva strategica, conducente all’applicazione di processi logici, comuni a tutti i progetti aziendali, riassumibile nei seguenti passi: (1) analisi esterna, (2) analisi interna, (3) definizione degli

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obiettivi, (4) definizione di una strategia idonea al raggiungimento degli obiettivi preposti.

Thanks, Brand! (6.3)

La sensibilità al brand è molto forte nel consumatore di moda. Branding è la risultante di una strategia di fashion marketing e di tutta una serie di azioni che avvengono nel contesto produttivo e commerciale (eccellente produzione, validi prodotti, buon rapporto prezzo/qualità, buona distribuzione, mirata comunicazione, efficace promozione, continuo e puntuale servizio, ecc.). Un brand per essere valido, ora e nel tempo, dovrà assolvere, nei confronti del trade e del consumatore finale, ad alcune fondamentali funzioni: (1) funzione d’identificazione, (2) funzione d’orientamento, (3) funzione di garanzia, (4) funzione di differenziazione e personalizzazione, (5) funzione di praticità, (6) funzione di fidelizzazione. Il brand costituisce un valore aggiunto al prodotto. Strategia, ti faccio mia (6.4)

L’azienda ha progettato, nel corso degli anni, una serie di approcci strategici, riuscendo con successo a fronteggiare le criticità emergenti. I risultati raggiunti in questi anni di attività sono dovuti all’azione sinergica di diversi fattori competitivi: (1) vision imprenditoriale capace e lungimirante; (2) management giovane, dinamico, ricettivo e flessibile; (3) cultura organizzativa evoluta, favorevole al cambiamento; (4) processi aziendali basati su know-how interno condiviso; (5) approccio marketing oriented, attraverso analisi di dati e ricerche di settore, rivolte a canali di distribuzione, tendenze stilistiche e trends di consumo; (6) orientamento al cliente; (7) produzione in outsourcing, che conferisce al business grande flessibilità, in termini di costi ed offerta; (8) forte sensibilità di marca; (9) segmentazione del mercato e tenace presidio dei segmenti target di riferimento; (10) strategia di differenziazione, su segmento moda giovane.

Logicamente, logistica (6.5)

La logistica si colloca oggigiorno tra le funzioni aziendali maggiormente creatrici di valore, in quanto: (1) la localizzazione fisica delle attività si è allargata in cerchi

sempre più ampi che giungono fino alla globalizzazione

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produttiva; (3) la frammentazione della domanda finale e l’incremento delle collezioni presentate a ritmi sempre più esasperati hanno fatto emergere lungo tutta la filiera nuove esigenze in termini di flessibilità, tempi di consegna, frantumazione dei lotti. Ne derivano importanti conseguenze per la geografia dei movimenti fisici dei prodotti, che deve essere governata con competenza, in quanto, nel settore calzaturiero in particolar modo, la puntualità delle consegne e la possibilità di effettuare ri-assortimenti in tempi brevi costituiscono un importante vantaggio competitivo.

Il posizionamento del brand sul mercato (6.6)

CafèNoir si colloca nella fascia di mercato e di prezzo definita della “massima vendibilità” (segmento sempre più strategico per i trends del mercato internazionale), detiene una leadership in Italia nel segmento “fashion accessibile” (prodotti di tendenza a prezzi congrui) e si fa esportatrice nel mondo di una chiara idea di Italian Style, curando le varie fasi della scelta delle fonti di approvvigionamento e del controllo della qualità. L’aver sposato un modello flessibile di impostazione del business (senza vincoli produttivi ed elevati costi fissi di struttura) consente all’azienda di presentarsi sul mercato con un’offerta di prodotti molto vasta e con collezioni trasversali per tipologia (articoli da donna, uomo, accessori), stile (classico, elegante, sportivo, ultima moda), qualità, categoria di prezzo.

Il ciclo della moda (6.7)

La moda deve incessantemente rispondere con innovazione alle continue stagionali richieste del mercato e con l’offerta che meglio dovrebbe/potrebbe soddisfare le esigenze della domanda. La struttura dell’intera filiera è il risultato della continua ricerca di soluzioni in grado di minimizzare il rischio di mismatching tra le scelte dei consumatori e quelle dei produttori. Una buona “visione” del mercato e la conseguente politica di prodotto che vi discende, consentono di interpretare costantemente i nuovi bisogni e gli stili di vita del consumatore moderno.

Esserci, distribuendo/distribuendosi (6.8)

Nel campo della moda, evidenziamo due punti focali, intorno ai quali ruota qualsiasi attività gestionale d’azienda: la distribuzione (numero punti vendita) e la

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penetrazione (ordini medi per punto vendita). Rispetto alla politica distributiva, la strategia d’azienda CafèNoir consiste nel presidiare i canali distributivi tradizionali in cui si è già presenti, introducendovi elementi innovativi ed attrattivi, e prestando sempre e comunque particolare attenzione alla ricerca di canali nuovi e/o emergenti. La sfida dei prossimi anni sarà quella di espandere e consolidare una tale presenza. L’evoluzione dei rapporti con la distribuzione, lo sviluppo delle competenze necessarie per la gestione diretta dei propri punti vendita, la creazione di un efficiente processo produttivo di negozi adeguati alla mission aziendale sono stati i presupposti su cui CafèNoir ha rivisto il proprio modello di business. Adottando una strategia di multicanalità, l’azienda si offre al mercato mediante una serie di canali “fisici” tradizionali cui ne affianca di “virtuali” (intangibili e legati alla componente tecnologica). Tra i primi: (1) Glam Store o monomarca, (2) Wholesale o multimarca, (3) Outlet; tra i canali virtuali: (1) Full Collection Shop; (2) E-Commerce – tramite Dropshipping ed Outlet digitale.

Tecnologia in potenza (6.9)

Un mondo nuovo è generato dalla rivoluzione tecnologica in atto, dematerializzato, “virtuale”, in quanto distinto da quello “fisico”. L’aspetto più interessante di questa separazione del mondo fisico dal mondo virtuale consiste nell’opportunità di ricompattare i due mondi con modalità del tutto nuove. Le aziende che non colgono in maniera proattiva tali opportunità di modificare il modello di business in base alle nuove regole di decompattazione e ricompattazione, avranno grossi problemi di competitività. La tecnologia invade, per naturale evoluzione del mondo circostante, il mondo intra-aziendale ed extra-aziendale, la distribuzione, i punti vendita, la clientela: non bisogna scegliere se partecipare alla sfida stessa, ma solo il modo in cui farlo. L’oggi impone la convivenza con la complementarità e la multicanalità, con i mashup, che possano valorizzare le caratteristiche peculiari di ogni canale.

Innovazione. Firmato CafèNoir (6.10)

CafèNoir mostra una particolare attitudine aziendale di gestione strategica, consistente nella costante accettazione e nella non-opposizione alla formulazione di nuove idee emergenti. Molti successi imprenditoriali non hanno avuto come

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base una radicale e complessa innovazione tecnologica (di processo o prodotto), bensì un’innovazione imprenditoriale, talora fondata su concetti semplici, volti a modificare le “regole” del sistema competitivo.

Stile CafèNoir (6.11)

CafèNoir tende a fornire ai propri clienti una gamma completa di prodotti (total look), in modo da poter sfruttare al massimo grado la potenzialità del brand. Un portafoglio di prodotti ben gestito ed in armonia con le scelte aziendali è un ottimo mezzo per incrementare le possibilità di penetrazione del mercato, per ridurre notevolmente i rischi connessi, per finanziare ed aiutare i prodotti che si trovano in fase di studio o di lancio e che richiedono notevoli investimenti: in quest’ottica l’azienda può al contempo innovare, innovarsi, diversificarsi ed essere in grado di soddisfare il mercato.

Marketing & Advertising (6.12)

Una politica di advertising coerente e costantemente sviluppata negli anni, costruita integrando canali tradizionali e meno tradizionali, ha fatto di CafèNoir un brand dalla forte identità, assolutamente riconoscibile dal consumatore finale. Totale: qualità (6.13)

Rapidità di adattamento ai cambiamenti del mercato, immagine di marca e marketing, design, qualità: in un settore maturo e turbolento come il calzaturiero, per distinguersi dagli altri competitors occorre saper gestire questi fattori critici in maniera diversa e superiore, in modo da trasformare un “atto di acquisto” in una “esperienza d’acquisto”, con conseguente identificazione nel marchio dell’impresa. Qualità deve essere sinonimo di buona produzione, ma anche di buon marketing, di buona distribuzione, di buona vendita, di buona comunicazione, di buona promozione, di buon servizio, di buona post-vendita, ecc.: solo agglomerando tutte queste caratterizzazioni la qualità diventa totale. La ricerca della qualità va intesa non come assenza di difetti, ma come abbondanza di pregi e diventa un plus rispetto alla penetrazione del mercato.

Re Cliente (6.14)

I nuovi scenari competitivi e di mercato pongono il consumatore in una posizione di prestigio: è il cliente-re che, con le sue scelte di acquisto, determina i risultati di un’azienda ed oggi queste scelte assumono sempre più carattere “emozionale”

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e qualitativo. CafèNoir ha colto anzitempo l’importanza dell’orientamento al cliente. In questo contesto inseriamo l’esperimento di stesura di un vadevecum contenente le basi di una vendita firmata “CafèNoir”: ad esperienze sul campo e casistiche specifiche, il libretto integra riflessioni e spunti teorici sull’approfondimento della gestione retail a 360° (tra i contenuti: vendita emozionale, fasi della vendita, esercizi per il venditore – shopping experience, venditore standard vs. venditore CafèNoir).

Appendice CafèNoir

Sezione I: Carte Geografiche Parlanti, contiene cartine orientate alla resa grafica delle scelte distributive aziendali (rivenditori autorizzati CafèNoir in Italia suddivisi per numero di punti vendita presenti in ogni singola regione; rivenditori CafèNoir in Italia utilizzanti il canale Full Collection Shop suddivisi per numero di punti vendita presenti in regione; Monomarca (Glam Store) CafèNoir presenti in Italia; Outlet CafèNoir presenti in Italia).

Sezione II: Intervista, contiene intervista sottoposta dalla sottoscritta a Stefano Peruzzi (socio e consigliere delegato CafèNoir).

Sezione III: Questionario, contiene questionario sottoposto con intervista diretta a Stefano Peruzzi (socio e consigliere delegato CafèNoir).

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