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Una presentazione del mio collega Luigi Tenconi dedicata alle Biotecnologie

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(1)

BIOTECNOLOGIE

Per

BIOTECNOLOGIE

si intendono tutte le pratiche finalizzate all’utilizzo di

organismi viventi o di processi biologici con lo scopo di ottenere prodotti

utili

•Biotecnologie antiche

– si selezionavano gli organismi viventi a seconda

delle caratteristiche che comparivano

naturalmente

•Biotecnologie moderne

– Si provvede direttamente al miglioramento

genetico deli organismi viventi attraverso

• Incroci selettivi

(si spostano da un organismo all’altro interi gruppi

di geni dalla funzioni ignote)

• Ingegneria genetica

(si spostano da un organismo all’altro singoli

geni dalla funzioni note

)

(2)

DNA RICOMBINANTE

L’ informazione genetica contenuta nel DNA è specifica per ogni individuo di una

specie.

Unendo porzioni di DNA di due individui diversi, si ottiene un organismo dotato di

un genotipo ibrido che manifesta nel fenotipo le caratteristiche di entrambi gli

individui di partenza. Questo esperimento è stato realizzato per la prima volta nel

1973

da due genetisti americani:

Cohen e Boyer.

I due ricercatori trasferirono in un

batterio di E. coli, i geni per la resistenza di due antibiotici, provenienti ciascuno da

ceppi di batteri differenti. Il nuovo batterio era in grado di resistere a entrambi gli

antibiotici.

Con il termine di Dna ricombinante si indica ogni molecola di Dna in cui sia

presente informazione genetica proveniente da due o più organismi differenti

Fu l’ inizio dell’era del DNA ricombinante

(3)

La tecnica del DNA ricombinante si basa sui seguenti presupposti:

•Uniformità del codice genetico

•Complementarietà delle basi

•Disponibilità di forbici e colla molecolari

•Possibilità di amplificare enormemente la quantità di DNA

•Possibilità di coltivare in vitro, le cellule

Questa rivoluzionaria tecnica biologica è stata messa a punto in

seguito alla scoperta:

•della transcrittasi inversa

•degli enzimi di restrizione

(4)

TRASCRITTASI

INVERSA

pag 249

(5)
(6)

Uno degli enzimi di restrizione più usati è EcoRI (si legge eco-erre-uno). La sigla si riferisce al batterio in cui l’enzima è stato trovato, al ceppo del batterio e al momento in cui è stato individuato. Eco dalle iniziali di Escherichia coli, R indica il ceppo RY13 e I specifica che si tratta della prima endonucleasi trovata in questo batterio.

Estremità coesive o sfalsate

Gli enzimi di restrizione tagliano il DNA, idrolizzando il legame fosodiesterico tra due nucleotidi adiacenti.

La caratteristica degli enzimi di restrizione è che tagliano il DNA in corrispondenza di sequenze palindromiche del Dna producendo dei frammenti chiamati frammenti di restrizione Gli enzimi di restrizione funzionano pertanto come delle forbici

Palindromo- Frase che ha lo stesso significato

(7)

-CTATAG--GAT

-CTA

TAG-ESTREMITA’ PIATTE

EcoRV

(ECO-ERRE-CINQUE)

(8)

SEPARAZIONE DEI FRAMMENTI DI RESTRIZIONE

TRAMITE ELETTROFORESI

Poiché ogni individuo ha una particolare sequenza di basi

azotate lungo il filamento di DNA, il numero e la

lunghezza dei filamenti cdi restrizione che si ottengono

usando lo stesso enzima di restrizione , varia da individuo

a individuo. Questo fenomeno è noto come

POLIMRFISMO DELLA LUNGHEZZA DEI FRAMMENTI D I

RESTRIZIONE (RIFLIP).

I frammenti di restrizione possono essere separati

mediante ELETTROFORESI

(9)

Jake and Ema's four children

were grown and had families of

their own. Jake was murdered.

(10)

Molti batteri presentano piccole molecole di DNA circolare esterne al DNA, chiamate

plasmidi

.

I plasmidi si duplicano in sintonia con il cromosoma batterico e questo li rende dei vettori

ideali per trasferire dei geni all’interno di una cellula ricevente.

A questo scopo i plasmidi batterici sono stati modificati in laboratorio per ottenere dei vettori

plasmidici. Tutti i vettori plasmidici contengono tutta una serie di elementi essenziali

•Un Ori (origine della duplicazione

- per consentire una duplicazione tutte le volte che si

verifica una divisione cellulare

•Un gene reporter (o gene marker)

- che contiene uno o più geni per la resistenza ad

antibiotici) per consentire di selezionare le cellule contenenti il vettore. Come plasmidi si

possono usare anche quelli che hanno come reporter il gene per la proteina verde

fluorescente (GFP) che emette luminescenza verde quando è colpita da luce ultravioletta.

•Un sito multiplo di clonaggio

- Che contiene un certo numero di sequenze di riconoscimento

per diversi enzimi di restrizione . Queste sequenze sono poste una vicina all’altra (nella figura

1 sono indicate dalla freccia) in una regione dove avverrà l’inserimento del DNA esogeno.

figura 1

(11)

LA TECNICA DEL DNA-RICOMBINANTE

PER COSTRUIRE UN DNA RICOMBINANTE , SI PROCEDE IN QUESTO MODO:

1.Procurarsi il DNA che contiene i geni che interessano

2.Procurarsi un vettore plasmidico

3.Tagliare il DNA ed il vettore plasmidico, entrambi con lo stesso

enzima di restrizione, in modo da ottenere delle estremità coesive

4.Unire insieme le estremità coesive del DNA e del plasmidio. Per

questo si ricorre all’ enzima DNA ligasi che come una ’’colla ‘’ è in

grado di ricostituire il legame fosfodiesterico tra due nucleotidi

adiacenti.

5.Inserire il plasmide ricombinante all’interno della cellula ricevente

6.Selezionare le cellule riceventi contenenti il plasmide per ottenere

(12)
(13)

Temperatura ottimale teorica: 37°C Temperatura ottimale reale: 4°-16°C

(14)

ESISTE IL PERICOLO DELLA RICIRCOLARIZZAZIONE

• Bassa concentrazione di DNA favorisce le ricircolarizzazioni

Alta concentrazione di DNA favorisce il legame intermolecolare (inserto-vettore)

(15)

Riparate dagli enzimi della cellula ospite

La ricircolarizzazione si può evitare trattando il

vettore con fosfatasi alcalina per rimuovere i

gruppi fosfati

NICK

(16)

COME INSERIRE UN PLASMIDE RICOMBINANTE IN UNA CELULA RICEVENTE

L’ inserimento di un plasmide ricombinante in una cellula ricevente prende il

nome di

TRASFORMAZIONE

se la cellula è batterica o

TRASFEZIONE

se si tratta

di una cellula eucariotica.

Le principali tecniche per ottenere questo scopo sono le seguenti:

•SHOCK TERMICO

(per batteri) – Le cellule batteriche vengono immerse in un soluzione concentrata di ioni calcio a bassa temperatura (2-4 °C). Questi ioni, carichi positivamente si legano ai lipopolisaccaridi della parete batterica e attraggono il DNA che è negativo . La temperatura viene poi innalzata oltre i 40 °C e riportata velocemente a 2-4 °C . Questi shock termico provoca la dilatazione dei pori a livello della parete cellulare permettendo l’ingresso degli ioni calcio e quindidel vettore plasmidico.

•ELETTROPORAZIONE

(per batteri e cellule eucariotiche) – Le cellule sono sottoposte per pochi secondi a un campo elettrico che alterando il potenziale elettrico di membrana provoca l’ apertura di canali che consentono l’ ingresso del vettore.

•PISTOLA PER BOMBARDAMENTO BIOLISTICO

(per cellule vegetali) – I plasmidi da inserire vengono adesi a particelle di’ oro o tungsteno che poi vengono sparate attraverso la membrana cellulare , con una speciale pistola ad aria compressa, detta pistola genica

•MICROINIEZIONE

(per cellule embrionali) – Il vettore plasmidico viene iniettato direttamente all’ interno della cellula grazie a un minuscolo ago di vetro utilizzato al microscopio con l’aiuto di uno speciale strumento: il micromanipolatore

(17)

PISTOLA PER BOMBARDAMENTO BIOLISTICO

(18)

E’ necessaria una premessa. Per CLONAGGIO si intende la produzione di copie multiple di una data molecola; per

CLONAZIONE invece si intende la produzione di organismi geneticamente identici a quelli di partenza definiti CLONI. Per riconoscere tra i batteri quelli che effettivamente hanno incorporato il plasmide vettore, è sufficiente far crescere i batteri in corrispondenza dell’antibiotico specifico per il vettore utilizzato, dal momento che i vettori plasmidici contengono un gene marker per la resistenza a quello specifico antibiotico. Solo quelli che hanno incorporato il vettore e che quindi esprimono il gene per la resistenza, possono sopravvivere. In questo modo si ottiene un colonia batterica pura contenente il DNA esogeno. Tutte le volte che i batteri si dividono duplicano oltre che i loro geni anche quelli contenuti nel vettore. Da una singola cellula batterica, dopo 30 divisioni (circa 10 ore) si ottengono 230 cellule geneticamente identiche

(CLONAZIONE), corrispondenti a oltre un miliardo di copie del gene inserito, utili per l’analisi del gene stesso e la determinazione del suo prodotto (CLONAGGIO)

PLASMIDE RICOMBINANTE INSERITO IN BATTERI

FORMAZIONE DI COLONIE BATTERICHE

RICONOSCIMENTO DELLE CELLLULE TRASFORMATE E CLONAGGIO DEL DNA RICOMBINANTE

batteri

batteri

Batteri trasformati

batteri

(19)

Data l’elevata capacità di ricombinazione genetica da parte dei batteri c’è la probabilità di selezionare batteri che non hanno incorporato il plasmide, ma che sono diventati resistenti a quell’antibiotico per mutazione. In tal caso si può abbinare al marker per un antibiotico quello per la proteina verde fluorescente (GFP). I batteri trasformati, emettono una luminescenza verde quando sono illuminati da luce ultravioletta.

(20)

IMPIEGO DELL’ OPERONE-LAC PER UNA SELEZIONE PIU’ SICURA

(21)

Colonie non ricombinanti (blu) Colonie ricombinanti (bianche) Β-galattosidasi

(22)

Il plasmide contiene il gene selvatico (o wild type) lacZ+ che codifica la

beta-galattosidasi

, in grado di scindere il lattosio nei due monomeri glucosio e

galattosio.. All’interno di questo gene è presente il sito di clonaggio, in

corrispondenza del quale, avviene l’inserimento di DNA esogeno. Come si può

notare nella figura se un frammento di DNA viene inserito nella regione del sito

di clonaggio, si determina un’inserzione nel gene lacZ+; il codice di lettura per la

beta-galattosidasi viene interrotto e non può essere prodotta beta-galattosidasi

funzionale. Se una cellula batterica viene trasformata dal solo plasmide non

ricombinante, in presenza di

lattosio

e di un substrato cromogeno della

beta-galattosidasi, come l’

X-gal

(5-bromo-4-cloro-3-indolil-beta-galattoside), la

betagalattosidasi scinde l’X-gal in un prodotto colorato precursore dell’indaco. Le

colonie batteriche quindi assumeranno un colore blu. Se nel gene lacZ+ del

plasmide vettore è stato inserito del DNA estraneo, e quindi il vettore è diventato

un vettore ricombinante, le cellule batteriche trasformate non producono più

una betagalattosidasi. Pertanto in presenza di lattosio (l’induttore artificiale

dell’operone lac) e di X-gal, quest’ultimo in mancanza dell’enzima

beta-galattosidasi non può essere più trasformato nel precursore dell’indaco. Le

colonie batteriche quindi, trasformate con un vettore ricombinante, saranno

bianche

(23)

Trasferimento in E. Coli e riconoscimento dei

trasformanti

Assenza di lattosio nel mezzo significa assenza di espressione del transgene

Presenza di lattosio nel mezzo

significa espressione del transgene

La molecola del DNA ricombinante è formata da: 1.Gene umano per l’insulina (rosa)

2.DNA del plasmide (azzurro) che contiene

gene marcatore resistenza alla penicillina (verde)

promotore (nero) segnale regolativo che permette al gene di essere trascritto nelle cellula ospite

gene interruttore operone lac (giallo)

Coltivazione trasformanti PLASMIDE

(24)

VIRUS COME VETTORI

Come vettori possono essere utilizzati anche i VIRUS BATTERIOFAGI che svolgono un ciclo litico come il batteriofago lambda. Nel genoma di questi fagi si introduce un sito di clonaggio per un ‘enzima di restrizione ,in modo da consentire di saldare all’interno del genoma virale il DNA esogeno. Il vantaggio offerto dai batteriofagi lambda, è quello di poter ospitare frammenti di DNA più lunghi rispetto ai vettori plasmidici. Il gene esogeno non viene integrato, ma si comporta nelle cellule infetta come un plasmidio.

Per inserire stabilmente un gene all’interno del genoma della cellula ricevente si utilizzano i RETROVIRUS che sono in grado di integrare il loro genoma all’interno del genoma della cellula infettata

CICLO LITICO

(25)

5

5’

ESONE

ESONE

ESONE

3’ AAAAA

mRNA maturo

FIG. 2

FIG. 3

COME ISOLARE I GENI DA CLONARE

Premessa :geni discontinui e splicing libro biologia pag267-268

TRADUZIONE

(26)

COME ISOLARE I GENI DA CLONARE

Adesso che si sa come preparare una molecola di DNA ricombinante,

bisogna spiegare

come si fa ad isolare un frammento di DNA che contiene il

gene da clonare.

In merito sono necessarie alcune premesse.

I geni degli eucarioti sono discontinui; a porzioni codificanti dette

esoni

si

alternano porzioni non codificanti dette

introni

(vedi fig .2). Durante la

trascrizione vengono trascritti sia gli esoni che gli introni. Pertanto l’ mRNA

che si ottiene non può essere subito tradotto. A tal fine deve subire un

processo di maturazione ;

è necessario cioè che gli introni vengano rimossi.

Attraverso un processo chiamato di

SPLICING

(fig.3) gli introni vengono

tagliati e gli esoni vengono cuciti insieme. Al termine dello splilcing all’

esremità 3’ del filamento di mRNA si aggiunge una sequenza di 200 nucleotidi

A (coda poli A) con l’intento di facilitare il legame con i ribosomi.

Fatte queste premesse appare evidente che il

DNA genomico (il DNA del

nucleo)

non è il materiale ideale per isolare i geni. I geni infatti non sono

maturi perché contengono ancora gli introni.

Conviene pertanto partire dagli

mRNA maturi

dal momento che questi rappresentano i geni (circa il 5%) che

effettivamente sono espressi dalla cellula di un tessuto;

e i geni espressi

variano da tessuto a tessuto

(27)

COME ISOLARE GLI mRNA DA UNA CELLULA

Per isolare gli mRNA da una cellula si sfrutta la presenza alla loro estremità 3’ della coda poli A. Dapprima le cellule vengono frammentate in modo da liberare tutti gli acidi nucleici. Gli mRNA contenuti nell’estratto cellulare vengono messi in una colonna di separazione che contiene una resina a base di agarosio in cui sono presenti dei pezzetti di DNA a singolo filamento detti oligonucleotidi la cui sequenza è costituita solamente da timine (poli T). Gli oligonucleotidi poli T si appaiano alla coda poli A degli mRNA trattenendoli nella resina mentre gli altri acidi nucleici vengono eliminati con un lavaggio. Successivamente con l’aggiunta di un tampone gli mRNA purificati si staccano dalla resina e dai poli T e possono essere così recuperati.

IL PASSO SUCCESSIVO È QUELLO DI COSTITUIRE UNA GENOTECA O LIBRERIA DI cDNA

(28)

CELLULE

DNA genomico

(30000 geni)

taglio con enz. di restr.

Frammenti di DNA genomico

Molecole di DNA ricomb.

GENOTECA GENOMICA

Costituita da tanti cloni ognuno contenente un diverso frammento di DNA

si isola mRna totale presente in una cellula Trascrittasi inversa

Gli mRNA sono copiati in cDNA (a doppio filamento dalla trascrittasi inversa. I geni così ottenuti corrispondono al DNA maturo privato dagli esoni

Molecole di DNA ricomb

GENOTECA di cDNA

Costituita da tanti cloni contenente ciascuno un diverso cDNA. E ’diversa da tessuto a tessuto

Plasmidi PlasmidI

Introduzione plasmidi In batteri.

Selezione e clonaggio

(29)

GENOTECHE

•GENOMICHE

- contiene i geni ottenuti da tutto il DNA di un

cellula, anche quelli che non sono espressi . I geni non sono

maturi perché contengono ancora gli introni.

•di cDNA

- contiene solo i geni che si esprimono in una

cellula (circa il 5%) ottenuti a partire da mRNA maturo. I geni

sono privi di introni La biblioteca ottenuta sarà diversa per

ogni tipo di tessuto

(30)

LE SONDE PESCANO I cDNA NELLE GENOTECHE

(pag 173-174)

Cercare un singolo cDNA dentro una genoteca è come cercare un libro in una biblioteca senza catalogo, in cui i libri sono mescolati tra loro senza alcun ordine preciso

I cDNA vengono «pescati» usando come «esca» una sequenza nucleotidica (detta sonda)

complementare a quella del gene interessato

Le sonde sono pezzi di DNA o RNA a filamento singolo, naturali o artificiali, lunghi da 10 a 1000 nucleotidi, complementari ad una sequenza dei nucleotidi del gene che si vuole trovare e con il quale si ibridano.

cDNA ATTGACTTGATCAAGGCTA sonda TAACTGAACTAGTTCCGAT

Per renderla facilmente individuabile, la sonda viene marcata con isotopi radioattivi o con sostanze fluorescenti.

Volendo estrarre un gene specifico dalla genoteca, basterà mescolare la massa di cDNA con una certa quantità della sonda radioattiva che pescherà il cDNA voluto ibridandosi con esso.

L’allestimento della sonda implica la conoscenza a priori della sequenza del gene.

Se questa non è nota si parte dalla proteina e sfruttando il codice genetico si risale dalla sequenza amminoacidica alla corrispondente sequenza di nucleotidi.

Con tale sequenza si può costruire una sonda sintetica con cui pescare nella genoteca,PROTEINA DETERMINARE LA SEQUENZA

AMMINOACIDICA

SINTETIZZARE LA SONDA SETACCIARE UNA GENOTECA

(31)

• Sulla superficie di una piastra Petri, contenenti le colonie di una libreria cDNA, viene appoggiato un filtro di niitrocellulosa.

• Alcune cellule della colonia aderiscono al filtro che successivamente viene immerso in una soluzione in grado di lisare le cellule e liberare gli acidi nucleici. • Il DNA che ha carica negativa, rimane attaccato al filtro carico positivamente.

Il DNA così esposto viene quindi denaturato per separare i due filamenti

• A questo punto si introduce la sonda che si ibriderà con il CDNA specifico

• Poiché il filtro è una specie di fotografia della piastra da cui deriva, dalla posizione della sonda è possibile identificare quali cellule contenevano il cDNA che stiamo cercando. Le cellule sono prelevate e fatte moltiplicare in modo da ottenere una coltura pura.

Sonda radioattiva a DNA marcata con 32P

A contatto con il filtro la sonda si ibrida con il cDNA specifico

ISOLAMENTO DEL cDNA TRAMITE IBRIDAZIONE SU COLONIA

Trattasi di una variante del SOUTHERN BLOTTING

Sonda radioattiva cDNA

ATTGACTTG

TAACTGAAC

Filtro di nitrocellulosa Carico positivamente

(32)

ISOLAMENTO DEL DNA TRAMITE TECNICA DEL SOUTHERN BLOTTING

L’ intero genoma viene tagliato con enzimi di restrizione. I frammenti di restrizione vengono separati in base alla grandezza per elettroforesi

I frammenti di DNA vengono denaturati (95°C) e trasferiti su

un foglio di nitrocellulosa.

.

Foglio di nitrocellulosa

Sonda radioattiva a DNA marcata con 32P

N,B. Se il materiale da isolare è RNA e non DNA la tecnica è

sostanzialmente la stessa e per analogia viene chiamata NORTHERN BLOTTING

Questa tecnica prenede il nome dal suo ideatore il biologo britannico Edwin. Southern

Con il termine blotting si intede il trasferimento e l’immobilizzazione di acidi nucleici da un gel o una soluzione acquosa a un supporto solido, generalmente una membrana di nitrocellulosa o nylon.

(33)

Premessa duplicazione del DNA

REAZIONE A CATENA DELLA DNA POLIMERASI (PCR)

LA DUPLICAZIONE PROCEDE IN DIREZIONE 5’ – 3’

(34)

REAZIONE A CATENA DELLA DNA POLIMERASI (PCR)

La PCR è una tecnica che permette di ottenere molte copie di un gene

Prima dello sviluppo di questa tecnica (ideata dal chimico Kary Mullis nel 1985). L’unico metodo per ottenere molte copie di un gene era il clonaggio del DNA, che comporta come si è visto, l’inserimento di un gene in cellule batteriche che a loro volta replicano il gene quando si dividono.

Il processo della PCR si svolge invece in una singola provetta, mescolando semplicemente il DNA con una serie di reagenti e ponendo il tutto in un termociclatore.

Questo apparecchio mediante una serie ripetuta di di riscaldamento e di raffreddamento permette di ottenere in poche ore , partendo anche da una piccola quantità di DNA milioni di copie di un gene.

Questa tecnica richiede la presenza di: •Porzione di DNA che ci interessa

• I quattro desossiribonucleotidi del DNA( A, G, T, C) •Primers

•DNA polimerasi resistente al calore ricavata dal batterio Thermus aquaticus (Taq)

(35)

Per eseguire la PCR si usa qualunque porzione del Dna, di cui devono essere note le sequenze iniziali e finali, perchè in queste posizioni vanno inseriti i primers.

I primers sono piccoli filamenti di DNA, complementari alle sequenze d’ inizio dello stampo che provvedono a dare inizio al processo dal momento che la DNA polimerasi non è in grado da sola di sintetizzare ex novo filamenti di DNA

Un ciclo PCR consiste di tre tappe:

1.Denaturazione. Il DNA è scaldato a 94 °C per 5 minuti. A questa temperatura il Dna si denatura e i due filamenti si separano provvedendo ciascuno a fungere da stampo per la sintesi di nuovo DNA

2.Ibridazione. La temperatura del termociclatore viene abbassata a 40-45°C per permettere ai due primers di legarsi alle sequenze d’inizio. I primers delimitano la regione di DNA che deve essere copiata.

3.Estensione . La DNA polimerasi sintetizza la regione di DNA compresa tra i due primers ad una temperatura di 72 °C. Come DNA polimerasi si usa quella del batterio Thermus aquaticus perché non si denatura alle alte temperature.

(36)

PCR (POLYMERASE CHAIN REACTION)

DNA Replication

PCR

DENATURING

DNA Helicase

Temperature

ANNEALING

RNA Primers

DNA Primers

EXTENSION

DNA Polimerase

Taq Polimerase

(37)

APPLICAZIONI DELLA PCR

• Applicazioni in criminologia perché permette di utilizzare anche

frammenti infinitesimali di DNA

• Per identificare la presenza di agenti infettivi come i virus dell’

HIV, della epatite e del papilloma virus

 in particolare permette di identificare in modo precoce il

virus dell’HIV all’interno delle cellule umane, a differenza della

diagnosi tradizionale che basandosi sulla presenza degli

anticorpi dà responsi settimane se non mesi dopo il contagio.

• Per identificare piccole mutazioni dei geni responsabili di

tumori o di malattie come la fibrosi cistica, l’ anemia falciformre la

fenilchetonuria, la distrofia muscolare

(38)

SEQUENZIAMENTO DEL DNA CON IL METODO DI SANGER

Confronto fra dNTP e ddNTP

La DNA polimerasi procede in direzione 5’ 3’ aggiungendo

desossiribonucleotidi all’estremità 3' dell’ ultimo nucleotide inserito.

Se l’ultimo nucleotide inserito, fosse un didesossiribonucleotide, l’assenza del gruppo –OH in posizione 3’, impedirebbe la formazione del legame fosfoestere e di conseguenza l’aggiunta di un altro nucleotide alla catena in crescita. Pertanto la sintesi si arresterebbe nella posizione in cui all’estremità in crescita è stato aggiunto il didesossinucleotide

(39)

SEQUENZIAMENTO DEL DNA

pag.179 (pag 302 Biologia)

Per sequenziare un tratto di DNA occorrono:

• Frammenti denaturati del tratto di DNA da sequenziare • DNA polimerasi

• Primers

• I quattro desossiribonucleosidi trifosfati

• i quattro didesossiribonucleosiditrifosfati ciascuno legato ad una sostanza fluorescente che emette una luce di diverso colore

ADENINA – GIALLO TIMINA – VERDE GUANINA – BLU CITOSINA - ROSSO

+

(40)

-5’

(41)

GENOMICA

Grazie alla possibilità di sequenziare il genoma è nata una nuova branca della

biologia molecolare: la genomica. Data l’enorme quantità di dati da elaborare e

visualizzare, questa nuova scienza si basa sulla bioinformatica.

Si riconoscono vari ambiti della genomica:

Genomica funzionale

– si prefigge lo scopo di determinare tutti i geni che

costituiscono il genoma di un specie

Genomica comparativa

– si prefigge di confrontare il genoma di due più specie

per definire i rapporti di parentela tra le specie stesse.

Metagenomica

– si occupa dell’analisi dei genomi d tutte le specie presenti in

un determinato ambiente al fine di determinarne la variabilità gennetica ossia

la biodivesità.

(42)

PROGETTO GENOMA UMANO

Il

Progetto genoma umano

(HGP, acronimo di Human Genome

Project) è stato un progetto di ricerca internazionale il cui obiettivo

principale era quello di determinare la sequenza delle coppie di basi

azotate che formano il DNA e di identificare e mappare i geni del

genoma umano.

Il progetto è stato completato il 22 giugno 2003 dal Genome

Bioinformatics Group della UCSC, composto da Jim Kent, Patrick

Gavin, Trrence Furey e David Kulp. Inoltre fu sostenuto da

Renato

Dulbecco

genetista premio Nobel ottenuto nel 1975.

Il sequenziamento del DNA umano ha riservato alcune sorprese:

•Il genoma umano è costituito solo per il 2 % da sequenze codificanti

pari a 21000 geni, molti meno rispetto agli 80000 – 15000 ipotizzati

• Il restante 98 % è costituito da DNA di cui non si conosce ancora a

fondo la funzione anche se ormai sembra coinvolto in processi di

regolazione.

•Mediamente i geni umani sono lunghi 27000 paia di basi azotate

•I geni non sono distribuiti uniformemente nel genoma. Ad es il

cromosoma 19 è densamente popolato di geni,mentre il cromosoma

8 ne è largamente sprovvisto

(43)

SONDE di DNA

POZZETTO

MICROARRAY

A livello pratico si procede in questo modo:

1.In laboratorio si sintetizzano oligonucleotidi a singolo filamento (sonde) che hanno una sequenza complementare a quella di ciascun gene del genoma Questa sequenza funge da etichetta del gene che lo identifica in maniera univoca. Queste sonde, nella quantità di pochi picogrammi (1 pg = 10 -12 ), vengono inserite in pozzetti (spot) presenti su sottili

supporti di silicio (microarray o Gene chip) di 1,5 cm di larghezza, 1,5 cm di lunghezza e 1 mm di spessore. Un microarray appare quindi come una griglia con migliaia di spot, in ciascuno dei quali c’è una sonda che corrisponde a un gene. Un microarray può contenere tutti i 20000 geni del genoma umano

TRANSCRITTOMICA E TECNOLOGIA MICROARRAY DI DNA

Benché tutte le cellule contengano lo stesso patrimonio genetico, soltanto alcuni geni vengono espressi a seconda di quale tessuto la cellula entra a far parte.

La trascrittomica è quella branca delle biologia molecolare che ha lo scopo di determinare quali geni e in che quantità, sono espressi in un determinato momento nelle cellule di un determinato tessuto.

(44)

cDNA mRNA

cDNA

cDNA a singolo filamento

Marcati con un gruppo fluorescente denaturazione Transcrittasi inversa Applicazione al microarray MARCATORE FLUORESCENTE IBRIDAZIONE TRA SONDA E cDNA

2. Dal tessuto che si vuole analizzare si estraggono gli mRNA che sono convertiti in cDNA tramite la transcrittasi inversa. Di seguito sono denaturati per convertirli in filamenti a singola elica e

marcati con un gruppo fluorescente. Infine sono applicati al microarray

3. Ciascun cDNA si ibrida alla sonda presente sul microarray con la sequenza a lui complementare. CELLULA

(45)

La lettura del microarray pemette quindi di stabilire quali geni sono espressi in

un dato momento nelle cellule di un determinato tessuto. Inoltre,

dall’intensità della fluorescenza è possibile stabilire l’ entità dell’espressione.

4. Illuminando il microarray con un raggio laser, i pozzetti corrispondenti alla presenza di un cDNA legato alla sua sonda , emettono radiazioni fluorescenti

(46)

Cellule normali Cellule tumorali mRNA mRNA cDNA cDNA Denaturazione e marcatura con sostanze fluorescenti

diverse

Ibridazione con le sonde della griglia Estrazione mRNA

Conversione in cDNA

Combinazioni In uguale quantità

Leucemia mieloide acuta Leucemia linfoide acuta APPLICAZIONI DELLA TECNOLOGIA DEI MICROARRAY DI DNA

FIG. 1 geni espressi tessuto normale geni espressi tessuto tumorale geni espressi in entrambi i tessuti geni non espressi

(47)

La tecnologia dei microarray trova diversi campi di applicazione in medicina, soprattutto nella diagnostica dove ad esempio si confronta l’espressione genica in un tessuto tumorale rispetto ad uno sano.

La figura 1 mostra come confrontare l’espressione genica in due tipi cellulari diversi : cellule tumorali (rosse) , cellule normali (azzurre)

La preparazione del microarray richiede i seguenti passaggi. 1.Isolamento dell’mRNA dai due campioni cellulari.

2.Conversione in cDNA tramite transcrittasi inversa

3.Denaturazione e marcatura dei cDNA con marcatori fluorescenti (fluorocromi); rosso per le cellule tumorali, verde per le cellule normali

4.Il cDNA delle cellule tumorali, viene mescolato in egual quantità con il cDNA delle cellule normali. La miscela è versata sul microarray e lasciata incubare per 12 ore a 42 °C in modo che possa avvenire l’ibridazione tra le molecole di cDNA e le sonde

5.Dopo 12 ore il microarray è lavato per eliminare i cDNA che non si sono ibridati.

6.Con uno scanner si analizza il microarray. Si può notare che gli spot hanno diverso colore a. Spot luminosi verdi – corrispondono ai geni espressi in un tessuto normale

b. Spot luminosi rossi – corrispondono ai geni espressi in un tessuto tumorali

c. Spot luminosi gialli – corrispondono ai geni espressi in un tessuto normale e normale d. Spot luminosi neri – corrispondono ai geni non espressi .

7.Analisi.

 Il tumore è dovuto a mutazioni a carico dei geni che controllano la divisione cellulare. Sapere quali geni si esprimono in una forma tumorale aiuta a capire il meccanismo di formazione neoplastica.

 Differenti tipi di cancro esprimono gruppi di geni diversi. La tecnologia microarray aiuta a diagnosticare il tipo di tumore cui è affetto un paziente e quindi di scegliere tempestivamente la terapia più adeguata.

(48)

PROTEOMICA

La

proteomica

si prefigge lo scopo di determinare le proteine (

proteoma

) che

costituiscono l’espressione genica di una cellula. L’ analisi del proteoma consiste

nelle seguenti fasi:

•Estrazione delle proteine per centrifugazione

•Separazione delle proteine per elettroforesi - si sfuttano le differenti cariche

elettriche delle proteine

(49)

Proteina nativa

Carica netta - 4

Proteina trattata con SDS

Carica netta

(50)

-Un organismo che si trova ad avere nel proprio genoma un gene proveniente da

un’ altra specie, viene chiamato

organismo transgenico

, mentre il gene estraneo

è detto

transgene

.

Qualunque organismo il cui genoma sia stato modificato dall’ingegneria genetica,

non necessariamente per l’ aggiunta di un gene estraneo è detto organismo

geneticamente modificato o

OGM

• BIOTECNOLOGIE AGRARIE

• BIOTECNOLOGIE AMBIENTALI

• BIOTECNOLOGIE MEDICHE

APPLICAZIONI DELLA TECNICA

DEL DNA-RICOMBINANTE

(51)

BIOTECNOLOGIE

AGRARIE

(52)

PIANTE TRANSGENICHE

Se si prende un frammento del

tessuto di una pianta e lo si mette in

un terreno di coltura in presenza di

giusti

ormoni,

si

ottiene

una

masserella di cellule indifferenziate

detta

CALLO

Questo se coltivato in opportune

condizioni ambientali, darà origine ad

una pianta geneticamente identica

alla pianta madre.

Se nelle cellule del callo, prima della

rigenerazione si introducono alcuni

geni esogeni, si ottiene una pianta

transgenica

(53)

Per trasferire nuovi geni nelle piante si utilizza un particolare plasmide, detto

plasmide Ti

derivato dal batterio patogeno vegetale

Agrobacterium tumefaciens.

Quando questo batterio aderisce a una cellula vegetale, trasferisce al suo

interno una porzione del proprio plasmide Ti

(detta T-DNA)

integrandola nel

cromosoma della pianta. Il T-DNA contiene geni che inducono la proliferazione

delle cellule infette , generando tumori nella pianta colpita.

(54)

Nel T-DNA del plasmide Ti viene inserito ,ricorrendo agli enzimi di restrizione ,un DNA esogeno

(fig. 1, 2, 3). Il plasmide Ti-ricombinante è introdotto in cellule di Agrobacterium tumefaciens prive del plasmide Ti naturale (Fig. 4). A questo punto, infettando con l’ A. tumefaciens le cellule del CALLO, il gene inserito nel t-DNA, insieme a questo sarà trasferito e integrato nel cromosoma della cellula (fig.5-6). Da queste cellule trasformate si possono ottenere dei cloni di piantine tutte geneticamente identiche, contenenti il gene esogeno

(55)

GOLDEN RICE

ESEMPI DI PIANTE TRANSGENICHE

Piante ad elevato contenuto nutrizionale

Golden rice- La vitamina A è una vitamina presente in molti alimenti; quali carote, uova burro. Questa vitamina, svolge un ruolo importantissimo nella visione e nella differenzazione cellulare. Il riso , cereale alla base dell’alimentazione in vaste aree dell’ Asia, e tuttavia povero di Vitamina A . La conseguenza è che in India e in estremo oriente, 250 milioni di bambini soffrono di carenza di vitamina A, una condizione che causa 2 milioni di decessi all’anno ed è una delle principali cause di cecità infantile. Nel 2000, utilizzando A. tumefaciens è stato creato un riso transgenico contenente due geni per la sintesi della vitamina A che si accumula nei chicchi conferendo loro un caratteristico colore dorato da cui il nome Golden rice,

 Piante che producono oli ricchi di acidi grassi polinsaturi ω 3

 Patate con un contenuto solido maggiore, in modo d’ assorbire meno olio durante la frittura

(56)

Bacillus thuringensis

Piante resistenti ai parassiti (piante Bt)

Il batterio Bacillus thuringensis, un comune abitatore del suolo, contiene un gene detto gene cry

che codifica per una proteina tossica nei confronti di molti insetti parassiti. La tossina è specifica per le larve d’insetto, mentre è innocua per i vertebrati oltre che per insetti benefici come le api. Con la tecnica precedentemente descritta il gene cry è stato inserito in molte piante di interesse agricolo tra cui mais , cotone , riso, ecc.

Le piante transgeniche che esprimono il gene cry, dette piante Bt, sono quindi resistenti a molti parassiti, con il vantaggio immediato che non serve più utilizzare i pesticidi chimici per proteggere i raccolti.

E’ il più noto alimento transgenico molto più produttivo di quello naturale grazie alla presenza del gene cry che produce una tossina che uccide le larve di lepidotteri parassiti del mais

(57)

N2 + 8H+ + 8e- + 16 ATP → 2NH

3 + H2 + 16ADP + 16 Pi

L’ USO DELLE RELAZIONI COOPERATIVE NATURALI

ossia simbiosi tra piante e batteri azotofissatori o tra piante e funghi

(58)

Noduli radicali

(59)

ALTRE APPLICAZIONI IN CAMPO AGRARIO

• L’ allevamento animale • Fermentazioni

(60)

BIOTECNOLOGIE

AMBIENTALI

(61)

BIORISANAMENTO

L’ utilizzo di microorganismi per la rimozione di sostanze inquinanti presenti nell’ambiente è detto biorisanamento

IL CASO DELLA EXXON VALDEZ. Il 24 marzo 1989 la superpetroliera Exxon valdez, naufragò in prossimità delle coste

dell’Alaska, riversando in mare 40000 metri cubi di petrolio che contaminarono l’area costiera per 1500 Km. Per risanare il mare si fece ricorso non soltanto alle normali tecniche di risanamento (barriere, idrovore, ecc) ma si decise di sfruttare alcune specie di batteri geneticamente modificati, in particolare PSEUDOMONAS PUTIDA , in grado di utilizzare come fonte di carbonio, molti composti organici inquinanti presenti nel petrolio. Pseudomonas putida appartiene alla categoria dei batteri estremofili , capaci di vivere in condizioni ambientali estreme (geyser con tempetature prossime ai 100 gradi, laghi e mari molto salati, miniere ricche di minerali tossici, ecc.) Gli enzimi che permettono loro di vivere in condizioni così estreme sono chiamati estremozimi

(62)

BIOFILTRI I metalli pesanti come mercurio piombo, cadmio rilasciati dagli scarichi industriali, sono tra gli inquinanti più pericolosi e difficili da eliminare. Per questo sono allo studio batteri geneticamente modificati, in grado di rimuovere tali sostanze. Per esempio in batteri come E. coli, sono stati inseriti alcuni geni, provenienti da un batterio che permettono di assorbire mercurio attraverso la membrana cellulare. Ai batteri è stato introdotto anche il gene per la metallotionina , una proteina in grado di fissare il mercurio all’interno della cellula. I batteri ingegnerizzati, possono poi essere immobilizzati su un supporto solido per creare dei biofiltri in grado di assorbire il mercurio presente nell’acqua .

BIOSENSORI Sono batteri in grado di rilevare la presenza di inquinanti nell’acqua o nel suolo. A questo scopo si usano batteri ingegnerizzati con il gene per la proteina fluorescente verde GFP proveniente dalle meduse e con un promotore che si attiva solo quando nel mezzo di coltura è presente solo un certo inquinante . Pertanto quando la proteina viene sintetizzata il batterio diventa luminescente. Con questa tecnica sono stati realizzati biosensori per la rilevazione di metalli pesanti e idrocarburi.

GFP PROMOTORE

(63)

PRODUZIONE DI COMPOST

Il compostaggio è una delle più comuni applicazioni biotecnologiche industriali.

Si definisce compostaggio la trasformazione mediante fermentazioni, della frazione umida dei rifiuti solidi urbani e degli scarti della lavorazione agricola in terriccio, detto compost, da usare come fertilizzante.

• Nella prima fase del processo, intervengono i batteri mesofili, che lavorando a temperature comprese tra 25 °C e 45 °C, operano l’ ossidazione aerobica del materiale organico.

• Quando la temperatura degli strati interni supera i 50°C e l’ ambiente è saturo di CO2 , intervengono i batteri termofili anaerobi, che completano la fermentazione.

• A questa fase segue il processo di maturazione in cui sono coinvolti soprattutto i funghi che operano la demolizione delle sostanze più complesse come la lignina e le cellulosa e portano alla formazione del compost.

(64)
(65)

BIOCOMBUSTIBILI

Un’ alternativa ai combustibili fossili è rappresentata dai biocombustibili come il bioetanolo e il biodiesel , sintetizzati attraverso processi fermentativi di masse vegetali.

I biocombustibili hanno un impatto ambientale pressoché nullo in quanto liberano solo la CO2 fissata durante la vita della pianta e non quella intrappolata migliaia di anni fa.

Il bioetanolo si ottiene per fermentazione degli zuccheri a partire da mais, sorgo, canna da zucchero, legno di recupero, paglia, ecc. Il biodiesel si ottiene per raffinazione di oli vegetali come quello di colza, di soia di palma.

Una fonte particolarmente conveniente per la produzione di bioetanolo è rappresentata dagli scarti della lavorazione del legno, dalla paglia , dalla buccia dei frutti. Queste biomasse sono ricche di carboidrati, ma presentano anche molecole complesse a struttura fibrosa e molto resistenti alla decomposizione come la lignina e la cellulosa.

Per rendere sfruttabili questi scarti, è necessario, prima demolire queste sostanze liberando gli zuccheri di cui sono composti,.

A tal fine si sono creati dei batteri ingegnerizzati in cui si sono potenziate le vie enzimatiche di degradazioone la cellulosa e la lignina.

BIOMASSE

Paglia , rifiuti lavorazione legno, ecc

IDROLISI

ENZIMATICA

Si ottiene glucosio

FERMENTAZIONE

ETANOLO

batteri ingegnerizzati

(66)

BIOTECNOLOGIE

MEDICHE

(67)

Produzione di insulina da parte di batteri per curare

il diabete di tipo I dovuto ad una produzione insufficiente di insulina

(68)

mRNA insulina

traduzione

sequenza segnale

serve per la secrezione dell’ ormone all’esterno

A

C

B

Preproinsulina

(inattiva)

INSULINA

COME VIENE PRODOTTA L’ INSULINA NELLE CELLUE UMANE

A

B

L’ mRNA dell’insulina comprende il messaggio di quattro parti distinte della proteina:

•Sequenza segnale •Catena A

•Catena C •Catena B

(69)

Se forniamo ai batteri il gene dell’insulina, questi si attengono scrupolosamente

alla traduzione letterale del messaggio, formando preproinsulina inattiva

PORZIONE DI DNA CHE CODIFICA

PER CATENA A

PORZIONE DI DNA CHE CODIFICA

PER CATENA B

Ricombinazione con plasmidi

e inserzione in E. coli

Estrazione catena A Combinazione e sintesi Estrazione catena B

(70)

ANTICORPI MONOCLONALI – MAB

• circa 7000/mm

3

• FAGOCITI

• LINFOCITI

(71)

GRANULOCITI

•Presenza di grossi granuli

visibili dopo colorazione

•si dividono in:

•Neutrofili

(

coloranti neutri)

•Eosinofili

(coloranti acidi)

•Basofili

(coloranti basici)

(72)

MONOCITI

•sono i più grandi

(73)

• LINFOCITI B

• LINFOCITI T

LINFOCITI

risposta specifica (anticorpi)

LINFOCITA B

LINFOCITA T

Gli anticorpi sono proteine che riconoscono una specifica combinazione di

amminoacidi detta epitopo presente su di una proteina estranea (es. la proteina

di rivestimento esterno di un virus) che costituisce l’antigene

(74)

LINFOCITI B (bone marrow) -

IMMUNITÀ DI TIPO UMORALE

•I linfociti B (bone marrow) rimangono nel midollo osseo dove maturano

•agiscono all’esterno della cellula (gli anticorpi non possono entrare

all’internodi una cellula)

(75)

LINFOCITI T (da timo) - IMMUNITÀ DI TIPO CELLULARE

• I linfociti T (da timo) maturano nel timo

per trasferirsi dopo la loro maturazione nei linfonodi.

• Uccidono personalmente le cellule

(76)

COME SI PRODUCONO GLI

ANTICORPI MONOCLONALI

antigene milza IBRIDOMA Milstein Kohler Cellula tumorale di mieloma un tumore che

interessa i linfociti B

Da ogni singolo ibridoma si può far sviluppare un clone di cellule che producono un unico tipo di anticorpo detto monoclonale

Da ogni ibridoma è anche possibile isolare il gene corrispondente a quell’anticorpo per inserirlo in altri organismi, per esempio le piante di tabacco per a produzione su larga scala

(77)

In ambito diagnostico

• Test di gravidanza – grazie ai MAB è possibile rilevare nelle urine la presenza della

gonadotropina corionica , l’ormone secreto dall’embrione al momento

dell’annidamento.

• Immunoscintigrafia

IMPIEGO DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI IN MEDICINA

IMMUNOSCINTIGRAFIA Grazie alla scintigrafia è possibile vedere le zone dove si accumulano gli anticorpi marcati, identificando la presenza e la collocazione del tumore.

(78)

Nell’ambito della ricerca

•Microscopia a immunofluorescenza

Utilizzando i Mab è stato possibile marcare le

proteine che costituiscono i microtubuli del

fuso mitotico e seguire dettagliatamente la

sua formazione.

Nell'uomo la sintesi della struttura cellulare per la corretta ripartizione dei cromosomi nelle cellule uovo, il fuso mitotico, richiede un tempo molto elevato e sfrutta meccanismi leggermente diversi rispetto ad altre specie. Questa differenza spiega perché nella nostra specie c'è un tasso relativamente elevato di anomalie cromosomiche, che spesso portano ad aborti spontanei. Nella mitosi il fuso mitotico è sintetizzato da un'apposita struttura, il centrosoma, che però manca nelle cellule uovo di diverse specie, fra cui la nostra, dove è sostituito dai cosiddetti centri di organizzazione dei microtubuli (MTOC). Melina Schuh e colleghi, hanno ora scoperto che nell'uomo il fuso non è sintetizzato neppure dai MTOC, ma direttamente dai cromosomi. Questo meccanismo di sintesi è però molto più lento: mentre nel topo (in cui intervengono i MTOC) la creazione del fuso e il suo corretto posizionamento richiede 3-5 ore, nell'uomo si arriva alle 16-17 ore. Ciò fa sì che per 6-7 ore il fuso in formazione sia instabile: i microtubuli non sono abbastanza lunghi da agganciarsi al citoscheletro, ma lo sono abbastanza da potersi aggrovigliare. Se ciò avviene uno o più cromosomi possono essere tirati nella cellula figlia sbagliata. determinare trisomie come la sindrome

di Down

(79)

In ambito terapeutico

Terapia tumorale.

Sulla superficie delle cellule tumorali sono presenti degli

antigeni che non compaiono sulle cellule sane.

L’ anticorpo monoclonale specifico

per l’antigene tumorale

viene associato a delle molecole killer che dopo il

riconoscimento della cellula cancerosa entrano nel suo interno provocandone la

morte, senza danneggiare le cellule sane circostanti.

Immunizzazione passiva

- si intende la protezione immediata e di breve durata

verso le infezioni, ottenuta mediante la somministrazione di anticorpi sotto forma

di immunoglobuline o di antisieri. neonati di madri infette HBsAg positive (la

somministrazione avviene viene effettuata immediatamente dopo il parto o entro

le prime 12 h, combinata con la prima dose di vaccino.

(80)

TERAPIA ANTICANCRO CON GLI

ONCOREPRESSORI

Il 9% delle donne che ereditano un allele mutante BRCA1 ha il 60% di probabilità di di sviluppare un tumore al seno entro i 50 anni, percentuale che sale all’82% entro i 70 anni. Di contro nelle donne che hanno ereditato due alleli normali la percentuale di rischio è del 2%

Tramite la manipolazione genetica si potrebbe col tempo far in modo che la cellula riattivi un gene oncorepressore mutato in modo che si torni ad avere le due coppie normali.

BRCA1 è l’oncorepressore del

carcinoma ovarico-mammario

(81)

TERAPIA GENICA

Lo scopo della terapia genica è quello di sostituire i geni mancanti o difettosi con geni normali.

Un esempio è dato dall’ ADA-SCID ( Severe Combined Immuno Deficiencies) una grave malattia dovuta alla mancata produzione da parte dei globuli bianchi, dell’enzima

adenosina deaminasi (ADA). Quando manca l’ ADA, nell’organismo si accumulano tossine endogene che portano alla distruzione del sistema immunitario. In simili condizioni, lo organismo non è più in grado di difendersi infezioni banali, come un semplice raffreddore , che possono risultare mortali. La terapia ha dato timidi successi, l’unico inconveniente è che i vettori retrovirali, integrano il gene esogeno in posizioni casuali del genoma. Questo fatto può risultare un problema perché potrebbe bloccare l’espressione di un gene o alterarne la regolazione. Per questo motivo, si sono progettati vettori virali basati sul virus adeno-associato che integra il proprio genoma in un

punto ben definito sul cromosoma 19 che porta il gene ADA

1. Si prelevano cellule del midollo osseo che presentano la copia non funzionante del geneADA

2. Un retrovirus è ingegnerizzato attraverso l’inserzione del gene ADA funzionante

(82)

GENE NON SILENZIATO GENE SILENZIATO

TECNOLOGIA ANTISENSO

Un altra malattia genetica che si sta tentando di curare con la terapia genica di sostituzione è la COREA DI HUNTINGTON una malattia genetica neurodegenertiva che colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un declino cognitivo e a problemi psichiatrici. Esordisce tipicamente durante la mezza età; è la più frequente malattia a causa genetica nei quadri clinici neurologici con movimenti involontari anomali (che prendono il nome di còrea).

È molto più comune nelle persone di discendenza europea occidentale rispetto a chi è di origine asiatica o africana. La malattia è causata da una mutazione autosomica dominante in una delle due copie di alleli di un gene codificante una proteina chiamata huntingtina, Attualmente, però, i migliori risultati vengono dalla tecnologia antisenso che porta allo spegnimento del gene.

La tecnologia antisenso è usata per il silenziamento di alcuni geni al fine di evitare che esprimano le informazioni di cui sono portatori.

(83)

LE CELLULE SAMINALI NELLA TERAPIA GENICA

Un particolare tipo di terapia genica prevede l’impiego delle cellule staminali.

Le cellule staminali sono cellule primitive, non specializzate, dotate della capacità di

trasformarsi in diversi altri tipi di cellule del corpo attraverso un processo denominato

differenziamento cellulare.

Le cellule staminali vengono classificate in quattro gruppi principali:

• Staminali unipotenti

- possono dare origine a

un solo tipo

di cellula. Per esempio, nel

midollo osseo esistono cellule staminali che sono in grado di dare origine solo ai globuli

rossi e non ai globuli bianchi.

• Staminali multipotenti

- che possono dare origine

ad alcuni tipi

di cellule. Sempre nel

midollo osseo, esistono delle cellule staminali da cui si originano più tipi di staminali

unipotenti (per esempio, quelle che danno origine ai globuli rossi e quelle per i vari tipi di

globuli bianchi).

• Staminali pluripotenti

- originano tutti tipi di tipi di cellule MA NON POSSONO DARE

ORIGINE A UN INTERO ORGANISMO; sono un esempio di staminali pluripotenti le cellule

dell’ embrione nello stadio di blastula e del cordone ombelicale.

• Staminali totipotenti

- originano tutti tipi di tipi di cellule E POSSONO DARE ORIGINE A

UN INTERO ORGANISMO; sono un esempio di cellule staminali totipotenti le cellule

dell’embrione nello stadio di 4 cellule (morula).

(84)

CELLULE STAMINALI ADULTE EMATOPOIETICHE

Le cellule staminali unipotenti e multipotenti sono chiamate cellule staminali adulte (SSC) perché si

trovano anche i diversi tessuti dell’ individuo adulto. Le cellule staminali ematopoietiche del midollo

osseo, per esempio, possono essere differenziate in tutti i tipi cellulari delle linee linfoide e mieloide. Le cellule staminali pluripotenti e totipotenti sono chiamate cellule staminali embrionali (ESC)

(85)

CELLULE STAMINALI PLURIPOTENTI INDOTTE (Ipsc)

Oggigiorno è possibile isolare e coltivare in laboratorio sia le SSC che le ESC da cui poter

ottenere diversi tipi di cellule se non interi organi.

Poiché l’ applicazione delle SSC è limitata l’ attenzione degli scienziati si è concentrata

sulle ESC.

Ora per ottenere cellule staminali pluripotenti è necessario sacrificare gli embrioni e nel

caso si tratti di embrioni umani questo comporta notevoli problemi di carattere etico.

Nel 2006 il ricercatore giapponese

Shinya Yamanaka,

premio Nobel per la Medicina nel

2012, mise a punto la tecnica per ottenere

cellule pluripotenti indotte (iPSC)

da cellule

adulte.

La tecnica prevede di

invertire il programma di differenziamento,

riportando le cellule già

differenziate a uno stato pluripotente simile a quello delle ESC.

Per ottenere questo scopo, si deve:

•introdurre nelle cellule adulte i geni per

4 fattori trascrizionali

caratteristici delle ESC.

L’espressione di questi geni causa il

de-differenziamento cellulare.

•Le iPSC possono poi essere fatte re-differenziare in tipi cellulari diversi da quello di

partenza.

(86)

CELLULE STAMINALI PLURIPOTENTI INDOTTE

3. Attraverso n vettore si introducono nelle cellule adulte i geni per 4 fattori trascrizionali caratteristici delle ESC. L’espressione di questi geni causa il

(87)

Le iPSC lasciano ben pensare ad un loro promettente impiego nella terapia genica

Come esempio si consideri una malattia del fegato chiamata

alfa-1.

Alfa 1 è causata da una mutazione recessiva. Come risultato, una proteina prodotta

nel fegato, e di solito rilasciata nel corpo per proteggerlo da danni, rimane

intrappolata nel fegato dove causa cirrosi. Alfa-1 è una delle malattie genetiche più

comuni e colpisce circa una persona su 2000. L'unico trattamento disponibile al

momento è il trapianto di fegato che è un importante intervento chirurgico che

tuttavia

implica prendere farmaci per tutta la vita per evitare il rigetto

dell'organo.

Per ovviare a questo inconveniente, i ricercatori hanno combinato la tecnologia

delle cellule staminali

iPSC

con la terapia genica.

Hanno preso delle cellule dalla pelle di un paziente con alfa-1 e le hanno

riprogrammate in cellule staminali

iPSC

.

Hanno poi corretto i difetto genetico inserendo il gene funzionale ed infinele hanno

trattate trattate per farle differenziare cellule del fegato.

Come cellule del fegato, hanno fatto un perfetto lavoro incluso una normale

produzione e rilascio della proteina sana.

(88)

LE CELLULE STAMINALI SONO ALLA BASE DELLA MEDICINA RIGENERATIVA

Le cellule staminali possono essere utilizzate, oltre che nella

terapia genica, anche per rigenerare tessuti danneggiati.

Ad esempio possono essere utilizzate :

Nei trapianti per sostituire cellule malate (ad es. le staminali

ematopoietiche vengono utilizzate per rigenerare il midollo in

pazienti affetti da leucemia).

Per rigenerare tessuti sani da impiantare nell’ospite al posto

di quelli malati (ad es. per curare il morbo di Parkinson o il

Diabete).

Per riparare tessuti danneggiati (ad es. la pelle ustionata o il

(89)
(90)

Su un gel di collagene si dispongono dei fibroblasti; le cellule del tessuto connettivale che producono la matrice extra cellulare. Su questo strato che funge da derma vengono fatte crescere delle cellule epidermiche.

Al posto del gel di collagene si utilizzano dei supporti polimerici.

epidermide

(91)

CLONAZIONE

DI MAMMIFERI

La pecora Dolly

1996

(92)

CLONAZIONE PRO E CONTRO

PRO

•Possibilità di ottenere un numero illimitato di copie con caratteristiche

identiche; caratteristica importante in zootecnia

•Salvaguardia e diffusione di specie minacciate dall’estinzione

•Possibilità di stabilire confronti tra animali con lo stesso patrimonio genetico nel

campo della patologia, dell’alimentazione , della farmacologia, ecc. (es quando si

testerà un farmaco in vivo si potrà sapere esattamente come agisce perché gli

animali trattati e quelli di controllo hanno la stessa fisiologia.

CONTRO

•Scarsissima possibilità di successo

•Danni al DNA con rischio di aumento di tumori o diminuzione della durata della

vita

(93)

Gli animali transgenici sono utilizzati in campo biomedico per:

• Utilizzare un mammifero come bioreattore per la

produzione di proteine umane

• Studiare la funzione di geni specifici

Per modificare un animale dal punto di vista genetico si possono

utilizzare due tecnologie

• Micro iniezione di uova fecondate

• Manipolazione di cellule staminali embrionali (ESC)

(94)

TOPO FEMMINA

Introduzione per microiniezione del retrovurus

contenente il gene per il fattore VIII per la coagulaz. sangue, ormone della crescita, ecc) e sua incorporazione nel DNA della cellula ospite

UOVO IMPIANTATO NELLA MADRE ADOTTIVA

TOPO MASCHIO

TOPI TRANSGENICI cellula uovo fecondata

MICROINIEZIONE DI UOVA FECONDATE

produzione del fattore VIII della coagulazione

RETROVIRUS ingegnerizzato

Dopo la nascita i topi vengono esaminati per verificare che il loro genoma contiene il gene per il fattore VIII. Il fattore VIII sarà prelevato dal sangue

I II III VIII coagulo COAGULAZIONE DEL SANGUE IV

(95)

Dopo i topi, queste tecniche sono state estese ad altre specie animali. Per

esempio sono state generate

mucche transgeniche

, in grado di produrre latte

umanizzato, ovvero contenente

lisozima

,

lattoferrina

(proteina globulare

multifunzionale con attività antimicrobica, sia battericida che fungicida) e

alfa-lattalbumina

(proteina che attiva i processi protettivi e assorbitivi intestinali,

mediante queste azioni modula lo sviluppo cerebrale) umane; questo latte, ha

quindi proprietà nutritive molto simile a quello materno.

Un’ applicazione molto interessante è il

PHARMING

che consiste nel creare,

utilizzando le tecniche dell’ingegneria genetica piante e animali transgenici che

producono proteine

di interesse farmacologico

. Ad esempio:

•Sono state create pecore il cui latte contiene alte quantità di ormone della

crescita umano, usato per curare patologie legate a ritardi della crescita nei

bambini.

•Sono state create piante di tabacco, di mais e di soia transgenici che producono

anticorpi umani utili nella cura di molte patologie (infezioni virali, cancro). In altri

casi le piante transgeniche, producono altre molecole come l’enzima

glucocerebrosidasi

, utilizzato nella terapia di una malattia neurodegenerativa; la

sindrome di Gaucher.

(96)

Prelievo di cellule ES da una blastula di topi marroni

Inserimento delle cellule ES In un embrione di topi bianchi

Inserimento del gene (verde) con un marker per la resistenza ad un antibiotico (rosso) nelle cellule ES

Selezione delle cellule ES trasfezionate

La balastocisti viene impiantata in una madre sostitutiva

Per avere un topo che porti l’allele in tutte le sue cellule i topi chimera si incrociano tra loro

MANIPOLAZIONE DELLECELLULE STAMINALI EMBRIONALI ES (Forme chimeriche).

Le parti del topo con pelo marrone discendono dalle cellule ES del topo marrone e contengono il transgene, le parti del topo con pelo bianco derivano dalla blastocisti del topo bianco

Figura

FIG. 1 geni espressi  tessuto normalegeni espressi  tessuto tumorale geni espressi in entrambi i tessuti geni  non espressi

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