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WITTGENSTEIN: la filosofia analitica

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Academic year: 2021

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WITTGENSTEIN

«Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere»

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IL TRACTATUS

LOGICO-PHILOSOPHICUS (1921)

Il fine del testo è mostrare che i problemi tradizionali della nostra filosofia sono pseudo problemi in quanto sono dovuti a fraintendimenti logici del nostro linguaggio. Se si delucida il linguaggio attraverso la logica, individuando a quali condizioni il linguaggio significa qualcosa, tali problemi scompariranno.

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Filosofia analitica

Così Wittgenstein si inserisce appieno nella tradizione di pensiero che nel ‘900 con Russel e Frege ha dato il via alla ricerca “analitica”, cioè a quella filosofia interessata alle questioni logiche, alla formalizzazione dei linguaggi secondo un criterio di esattezza matematica che già aveva rappresentato il punto di partenza di Husserl. Tale corrente proseguirà soprattutto in ambito anglosassone con Austin, Strawson, Ryle, Grice, Perelman e con essa prenderà vita quella che in seguito sarà chiamata

SVOLTA LINGUISTICA in filosofia

cioè una nuova attenzione a risolvere i problemi filosofici a partire dall’analisi del linguaggio

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La struttura del Tractatus logico-philosophicus

Il Tractatus è un testo dalla struttura originale: presenta brevissime proposizioni del tutto simili a riflessioni o aforismi, ordinate gerarchicamente e numerate per rendere chiara la struttura logica del ragionamento. Le proposizioni principali sono sette e tutte le altre sono commenti (per un totale di 526 proposizioni).

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Il punto di partenza

IL MONDO È TUTTO CIÒ CHE ACCADE (prop. 1)

Ciò che accade sono fatti che corrispondono ad una certa disposizione delle cose, gli oggetti che sono la sostanza del mondo

Es. (non di W.)

Le cose della mia stanza, la matita e il libro sulla scrivania, sono oggetti semplici o entità individuali

Essi però non sono alla rinfusa ma sono in una determinata posizione e in un determinato contesto.

Questi (cose in una disposizione o combinazione) costituiscono il FATTO ATOMICO che è reso possibile dalla comune

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Oggetti e stati di cose o fatti atomici

• Gli oggetti sono il fisso, il consistente • Le loro configurazioni in fatti cambiano

Dati tutti gli oggetti e le loro proprietà interne abbiamo tutti gli stati di cose possibili.

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Come si giustifica tale ontologia?

Per W. alla teoria della realtà corrisponde una teoria del linguaggio: la sua è in sostanza un’ontologia linguistica. Si parte dalla constatazione che vi sono proposizioni che

hanno senso.

Tale senso costituisce un’immagine del mondo altrimenti sarebbe impossibile la sua sensatezza. Infatti bisognerebbe spiegarla con altre proposizioni e queste ultime con altre ancora all’infinito. Ma allora non si arriverebbe mai a capire il senso di una proposizione. Dunque vi debbono essere degli oggetti cui la proposizione si riferisce.

(essi devono essere semplici per non andare all’infinito nella loro scomposizione: gli oggetti semplici sono quelli cui si riferisce il termine).

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Raffigurazione proiettiva della

realtà

Così il linguaggio deve essere una raffigurazione proiettiva della realtà: tutte le nostre proposizioni sono immagini di fatti. Essa ha in comune con la realtà

LA FORMA DELLA RAFFIGURAZIONE

cioè la relazione tra i termini di una proposizione significa la relazione tra gli oggetti.

(9)

RELAZIONE

X è su Y = relazione spaziale di un oggetto sopra un altro. X è più scuro di Y = relazione cromatica.

Ad ogni relazione può corrispondere una raffigurazione secondo una data forma.

Ma tutte le raffigurazioni hanno in comune la FORMA LOGICA

aRb

cioè A in relazione a B è la forma logica comune alle suddette proposizioni che indicano due diverse relazioni tra due oggetti. La logica ci dà la forma raffigurativa più astratta e capace di restituire ogni modo possibile di rappresentare la realtà.

(10)

Pensiero, linguaggio realtà

Se il linguaggio è raffigurazione proiettiva della realtà ad ogni elemento costitutivo del reale ne corrisponde uno nel

linguaggio-pensiero

Oggetto termine

Fatti atomici proposizioni elementari Proposizione complessa o molecolare

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VERO O FALSO

La proposizione atomica è la più piccola entità linguistica di cui si può predicare il vero o il falso

e la verità di una proposizione complessa è

funzione di verità delle proposizioni atomiche che la compongono.

Cioè se sono vere (tutte) le proposizioni atomiche che compongono una proposizione complessa, è

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L’antimetafisica di W.

“Il senso di una proposizione è il suo accordo o disaccordo con le possibilità di esistenza o non esistenza dei fatti atomici” (prop. 4.2)

“La sua verità o falsità consiste nell’accordo o disaccordo del suo senso con la realtà” (prop. 2.223)

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Per riassumere

Prop. atomic a È vera se Fatto atomic o Prop. comple ssa È vera se Vere propos izioni atomic he SENSO di una proposizio ne POSSIBILITÀ O IMPOSSIBILITÀ di esistenza o non esistenza di fatti atomici VERITÀ di una proposizion e Corrispond enza del suo SENSO a

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La filosofia

Le proposizioni che descrivono ciò che accade sono le uniche sensate: solo le scienze naturali hanno dunque senso.

La filosofia ha solo un compito elucidativo, quello 1)di mostrare la capacità dei segni linguistici di rappresentare il loro oggetto – con rapporto lingua realtà secondo un criterio raffigurativo,

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2) La logica

La logica pura non ha senso come le proposizioni empiriche, perché non riguarda stati di cose ma solo rapporti tra simboli. Essa dunque tratta di TAUTOLOGIE che sono vere a priori pur senza dire nulla.

p.es. se P allora Q; ma P allora Q. Ciò, secondo la logica, è valido per

ogni significato attribuibile a P e Q.

Ma se così è vero non si fa altro che formalizzare qualcosa che è già implicito in ogni proposizione che dice qualcosa nel senso della formulazione logica.

per es.:

se piove, mi bagno, ma piove, allora mi bagno

Ma visto che la proposizione logica “se p allora Q, ma P allora q” è già già

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La logica: tautologia e

contraddizione

La tautologia è sempre vera. Nel caso un asserto sia invece contraddittorio, esso è sempre falso

p. es. uno scapolo è sposato

è una contraddizione. Essa, come la tautologia, non è la raffigurazione di una realtà ma è tale “qualunque cosa accada”.

Tautologia e contraddizione non sono provviste di senso ma non sono nemmeno insensate, bensì assolvono il compito di rappresentare

la prima tutte le situazioni possibili,

(17)

L’attività della filosofia si estende anche alla chiarificazione degli asserti logici e di quelli matematici mentre ha il compito di dissolvere gli pseudo asserti della metafisica, che pretendendo di descrivere il mondo, non dicono assolutamente nulla:

Per es. la domanda se il bello sia

identico al bene e/o viceversa è

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Il mistico

I limiti del linguaggio sono i limiti del mondo che posso conoscere e indagare, di tutto ciò che posso capire ed esprimere.

Ma al di là di ciò vi è qualcosa che non posso esprimere: non COME è il mondo, MA IL FATTO CHE il mondo sia, cioè il suo valore e il suo perché.

Cioè in sostanza tutti i problemi esistenzialmente più importanti della nostra vita (compresi quelli etici e religiosi). Questi costituiscono il MISTICO: un complesso di questioni che non si può nemmeno porre e dei quali si deve dunque tacere:

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Wittgenstein e il neopositivismo 1

• Il neopositivismo (Schlick e il circolo di Vienna, Reichenbach, Neurath, Carnap etc.) è caratterizzato dal tentativo di fornire una legittimazione logica alla ricerca scientifica, cioè di analizzare logicamente gli asserti scientifici cercando di dare loro un rigore che

ne garantisse la certezza, distinguendo radicalmente gli asserti scientifici verificabili dagli asserti metafisici che non dicono nulla.

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Wittgenstein e il neopositivismo 2

• Sembrerebbe che il W. del Tractatus sia un neopositivista, tuttavia l’enfasi su “ciò che si può dire e ciò che si deve tacere” si fonda sul presupposto che per lui VI SIA QUALCOSA DI CUI TACERE. Cioè nel Tractaus vi è una parte neopositivista, che è quella scritta, e una parte non neopositivista che riguarda ciò che non è stato scritto perché non si può dire, ma di cui è riconosciuta tutta l’importanza: i problemi etici e religiosi.

(21)

Dopo il Tractatus

• Dalla pubblicazione del Tractatus W. smette di scrivere e di approfondire le sue tesi, visto che riteneva che tutto ciò che si poteva dire era stato detto. Tuttavia nel 1929 ritorna a Cambridge e comincia una seria revisione dell’idea principale del suo testo, secondo la quale “ogni parola ha un

significato, questo significato è associato alla parola ed è l’oggetto al posto del quale la parola sta”.

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Linguaggio ristretto o linguaggio in

senso ampio?

• In effetti il linguaggio descrittivo di stati di cose, in cui i termini sono nomi di oggetti, è solo una piccola parte del linguaggio che noi normalmente usiamo. Quando noi usiamo il linguaggio possiamo fare cose molto diverse dal semplice denominare cose e stabilire la corrispondenza di ciò che diciamo con la realtà in base alla dicotomia vero-falso (linguaggio

apofantico). Dunque il nostro linguaggio non è

solo descrittivo ma ha una molteplicità di USI che emergono dal linguaggio comune.

(23)

L’essenza del linguaggio

• L’essenza del linguaggio, nel suo

senso veramente esaustivo, non può

essere dunque separato dall’uso che

se ne fa nella pratica linguistica.

• Dunque, essendo gli usi i più svariati,

si tratta di un’essenza non data in

modo completo e definito.

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Il significato della parola

• Il significato della parola non è dunque nell’oggetto denotato o denominato, ma “è

il suo uso nel linguaggio”. Ciò vale per

ogni tipo di espressione linguistica che dipende sempre da una concreta

PRATICA LINGUISTICA, ossia in

particolare da un gioco che noi giochiamo: IL GIOCO LINGUISTICO.

(25)

IL GIOCO LINGUISTICO

• Nelle Ricerche filosofiche, pubblicato postumo nel 1953, W. rielabora sistematicamente queste riflessioni e definisce il linguaggio come un gioco. E il gioco è per lui una sorta di

prassi secondo regole con una definizione

ottenuta confrontando empiricamente diverse forme di gioco e notando un’area di famiglia, una certa rete di somiglianze fra questi, secondo il suddetto possibile criterio.

(26)

Le regole del gioco

Il gioco è un modo di comportarsi secondo regole elastiche che derivano dal convivere assieme. In questo senso il linguaggio è una

forma di vita e trae il suo senso da un uso

comunicativo compiuto da persone in un contesto comunitario. Esso non ha una natura sua propria, ma assomiglia ad altre prassi ludiche e relazionali che avvengono in simili contesti.

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La forma di vita

E’ il modo in cui viviamo, interagendo assieme, compiendo atti interconnessi, somiglianti tra loro e reciprocamente influenzantisi. Diremmo, con una locuzione che NON APPARTIENE a W., che si tratta di un abitare un mondo comune che ci permette di condividere regole, le quali, a loro volta, si applicano ai più svariati ambiti della nostra quotidianità.

(28)

Gioco, linguaggio, grammatica

• Avendo una forma di vita in comune noi possiamo giocare assieme e nel corso della nostra vita veniamo addestrati a farlo. Uno dei giochi che possiamo

giocare è il linguaggio: le sue regole

basilari sono date dalla grammatica, sono pubbliche e sono in divenire, cioè adattabili a contesti vitali di volta in volta differenti.

(29)

Contro l’atomismo logico

• La proposizione linguistica non è dunque il riflesso atomico di un fatto atomico (come nel Tractatus), ma è gioco e forma di vita che assume significato diverso a

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Contro il mentalismo

• Il significato di una parola non è dato da una rappresentazione mentale del soggetto che a sua

volta è connessa indissolubilmente alla

denotazione di una cosa, ma è qualcosa che si

forma nell’interazione fra soggetti che comunicano fra loro nei contesti più differenti.

Da questi contesti sorge il significato. Es. la parola mattone detta da un insegnante di costruzioni indica l’oggetto mattone, detta da un muratore all’altro (mattone!) mentre lavorano sotto il sole vuol dire: “Passami quella roba lì e fai in fretta!”. Detta da un mio alunno, significa che io - e Wittgenstein – lo abbiamo stufato.

(31)

Contro l’essenzialismo

• Trai giochi vi sono solo somiglianze di

famiglia. Dunque anche il gioco linguistico

non è definibile tramite il ritrovamento di una sua ESSENZA. Anche al suo interno ciò che ci fa dire che si tratta di un gioco linguistico è il fatto che notiamo che è composto da famiglie di costrutti imparentate fra loro, senza poter determinare alcun tratto comune definitivo.

(32)

Contro l’essenzialismo 2

• Allo stesso modo la parola non denota una sostanza del mondo, ma è il gioco linguistico a determinare anche le caratteristiche di ciò che indico con la parola.

• Il termine “ordigno” per un artificiere indica una bomba, per me, ironicamente, indica un computer.

• Dunque l’essenza del mondo è pure essa mobile e la denominazione è variabile nei diversi usi.

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La filosofia

“Quando i filosofi usano una parola – sapere, essere, oggetto, io, proposizione, nome – e tentano di cogliere l’ESSENZA della cosa, ci si deve sempre chiedere: ‘Questa parola viene mai effettivamente usata così nel linguaggio, nel quale ha la sua patria’. Noi riportiamo le parola dal loro impiego metafisico, indietro al loro impiego quotidiano”.

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La filosofia tradizionale e no

• La filosofia tradizionale, è una malattia che crea edifici di cartapesta che non hanno alcun valore, mentre la FILOSOFIA in senso positivo è quella che chiarisce il

significato delle parole descrivendo il loro effettivo uso nel linguaggio. Essa fa

passare l’uomo dalla patologia del linguaggio alla sua fisiologia, imponendo di inserire le espressioni nei giochi linguistici corretti.

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