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Caratterizzazione fisica del particolato diesel mediante strumentazioni avanzate.

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE ...1

CAPITOLO 1. IL MOTORE DIESEL ...3

1.1 CARATTERISTICHE GENERALI ... 3

1.2 ASPETTI INNOVATIVI NEI MOTORI DIESEL... 6

1.3 IL PROCESSO DI COMBUSTIONE ... 10

1.4 Il COMBUSTIBILE DIESEL ... 11

CAPITOLO 2. EMISSIONI DA MOTORE DIESEL ...14

2.1 INTRODUZIONE... 14

2.2 PARTICOLATO AMBIENTALE ... 17

2.3 PARTICOLATO DA MOTORI DIESEL ... 21

2.4 CARATTERIZZAZIONE DEL PARTICOLATO DIESEL ... 26

2.5 FATTORI INFLUENZANTI LA FORMAZIONE DI PARTICOLATO... 30

2.6 CARATTERIZZAZIONE DELLE EMISSIONI GASSOSE ... 35

2.7 QUADRO NORMATIVO ... 38

2.8 LA NORMATIVA EUROPEA SUI FILTRI ANTIPARTICOLATO OPEN-TRAP .. 41

2.9 EFFETTI SULLA SALUTE ... 42

CAPITOLO 3. SISTEMI DI TRATTAMENTO GAS DI SCARICO ...44

3.1 INTRODUZIONE... 44

3.2 SISTEMI DI ABBATTIMENTO GAS DI SCARICO ... 45

3.2.1 CATALIZZATORE OSSIDANTE ... 45

3.2.2 SISTEMI De-Nox ... 46

3.3 FILTRI ANTIPARTICOLATO (Diesel Particulate Filter – DPF)... 47

CAPITOLO 4. PARTE SPERIMENTALE ...52

4.1 STRUTTURA DELLA SPERIMENTAZIONE ... 52

4.2 VEICOLO DI PROVA E FILTRO ANTIPARTICOLATO... 53

4.3 STRUMENTAZIONE UTILIZZATA... 56

4.3.1 CAMPIONAMENTO EMISSIONI,,...56

4.3.2 IL PROTOCOLLO DI PROVA PMP (Particulate Measurament Programme)12, ...61

4.3.3 CARATTERIZZAZIONE FISICA DEL PARTICOLATO ... 64

4.4 CICLO DI GUIDA ... 71

CAPITOLO 5. RISULTATI ...72

5.1 INTRODUZIONE... 72

5.2 DISTRIBUZIONE GRANULOMETRICA IN MASSA... 73

5.3 DISTRIBUZIONE GRANULOMETRICA IN NUMERO ... 76

5.4 EMISSIONI REGOLAMENTATE ... 81

5.4.1 ISTOGRAMMI ... 81

5.4.2 DATI MODALI ... 84

5.5 COMPOSIZIONE DEL PARTICOLATO... 88

5.6 CONFRONTO CON DATI DI LETTERATURA... 90

5.6.1 DATI DEI COSTRUTTORI... 90

5.6.2 DATI PMP ... 93

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro di tesi ha riguardato la caratterizzazione fisica di emissioni di particolato proveniente da una autovettura diesel EURO 3, prima e dopo l’installazione di un sistema retrofit basato sulla tecnologia open-trap; lo studio ha come obiettivo principale quello di effettuare una caratterizzazione fisica del particolato diesel con strumentazioni avanzate e standard, tra cui riveste particolare importanza il conteggio del numero di particelle.

La Commissione Europea sta infatti lavorando da 3 anni alla definizione di nuovi standard di emissione (normativa Euro 5) che rivoluzioneranno l’attuale normativa; più in dettaglio è stato proposto, ed è tuttora in via di sperimentazione, il protocollo di prova PMP (Particulate Measurement Programme), secondo cui sarà necessario, nei prossimi anni, misurare il livello di inquinamento prodotto da una autovettura contando il numero di particelle emesso.

Il motivo principale che ha spinto la Commissione a incentrare l’interesse verso quest’ultimo aspetto deriva dal fatto che gli attuali veicoli diesel di nuova generazione, dotati di filtro antiparticolato (Peugeut, FIAT ecc), permettono abbattimenti delle particelle superiori al 99%; la misura della massa di particolato è quindi di difficile determinazione, per cui si è reso necessario tentare di contare anche le particelle emesse dalle autovetture.

Il protocollo servirà a garantire una veloce, economica e riproducibile omologazione delle autovetture; il problema principale è stato infatti quello di delineare una metodologia di prova che potesse essere rispettata da ogni laboratorio in tutta Europa (e nel mondo), ma che allo stesso tempo fornisse risultati confrontabili e attendibili, indipendentemente dal laboratorio utilizzato.

Il conteggio delle particelle pero’ presenta notevoli problemi sia di tipo strumentale, in quanto sono necessarie strumentazioni molto avanzate come gli SMPS o i CPC, sia di tipo operativo, in quanto il numero di particelle formate dipende notevolmente dalle procedure di campionamento.

Negli ultimi due anni il protocollo è stato ideato, teorizzato ed infine provato da tutti i laboratori della Commissione Europea, con il fine di valutarne la riproducibilità e

ripetitività; ad oggi si può già dire che è un metodo valido e le prove sono tutt’ora in corso per fornire ulteriore prove dell’efficacia di tale metodo.

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I precedenti studi hanno riguardato l’analisi, seguendo tale protocollo, di autovetture diesel euro IV provviste e sprovviste di filtro antiparticolato a rigenerazione discontinua, autovetture a benzina, ma mancano dati riguardanti l’utilizzo di trappole antiparticolato destinate a retrofit dei veicoli diesel pre-EURO IV.

I tema delle trappole antiparticolato destinate a retrofit è anch’esso di straordinaria attualità: negli ultimi anni infatti sono comparsi questi dispositivi, presenti soprattutto in Germania, destinati ad autovetture leggere e pesanti, che dovrebbero limitare, nei limiti del possibile, le emissioni di particolato delle autovetture di vecchia tecnologia su cui sono montati.

Tuttavia i dati in letteratura sono molto scarsi e i risultati che si trovano sono generalmente molto contraddittori; sono necessari quindi nuovi studi con strumentazioni avanzate che permettano di delineare le caratteristiche di tali dispositivi, per cercare di capire se e in quale misura sono efficaci nei confronti delle emissioni di particolato e gassose.

In tale contesto si inserisce il presente lavoro di tesi, che è volto in sostanza a:

1) Analizzare da un punto di vista prestazionale l’efficienza di un filtro antiparticolato di tipo open-trap destinato a retrofit di una autovettura diesel, con particolare attenzione verso la caratterizzazione fisica del particolato. Le strumentazioni utilizzate sono di tipo sia standard (come prescrive la normativa attuale) che avanzate (come suggerisce il PMP).

- Massa di particolato

- Distribuzione granulometrica in massa - Distribuzione granulometrica in numero - Numero totale di particelle emesse - Emissioni gassose (CO, CO2, HC, NOx) - Composizione chimica del particolato

2) Aggiungere nuovi dati riguardo alla tipologia di filtro e alla sperimentazione del protocollo PMP .

3) Confrontare i risultati ottenuti con gli altri dispositivi fino ad ora analizzati, per cercare di definire in quale posizione si dispongono tali filtri rispetto alle autovetture diesel classiche, dotate di filtri antiparticolato closed-trap, autovetture a benzina.

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CAPITOLO 1. IL MOTORE DIESEL

1.1 CARATTERISTICHE GENERALI

Il motore diesel è un motore ad accensione per compressione, nel quale il combustibile (gasolio) è iniettato sottoforma di getto atomizzato nei cilindri; il getto è poi miscelato con aria compressa ad alta temperatura, vaporizzato e sottoposto ad accensione spontanea (a causa della temperatura dell'aria stessa).

Il lavoro utile generato dalla combustione è trasmesso dai pistoni all'albero motore a gomito. Infatti, i pistoni, muovendosi nel cilindro tra il Punto Morto Superiore(PMS) e il Punto Morto Inferiore (PMI) mettono in rotazione, tramite le relative bielle, l'albero motore a gomito.

I motori diesel attualmente impiegati in campo automobilistico sono tutti funzionanti con cicli a quattro tempi, corrispondenti a quattro escursioni dei pistoni entro i cilindri:

Figura 1.1 Fasi del ciclo di un motore diesel (aspirazione, compressione, iniezione, combustione, espansione, scarico)

¾ Aspirazione

L'aria entra nel cilindro in seguito al movimento del pistone dal PMS al PMI. ¾ Compressione

Il pistone, muovendosi dal PMI al PMS comprime l'aria. A fine fase viene iniettato il gasolio e ha inizio la combustione.

¾ Iniezione, combustione, espansione

Si assiste ad un repentino innalzamento della temperatura e pressione causato dal calore di combustione; i prodotti di combustione si espandono e spingono il pistone del PMS al PMI.

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¾ Scarico

I prodotti di combustione sono scaricati con movimento del pistone dal PMI al PMS, attraverso la valvola di scarico.

I motori diesel si differenziano dai motori a benzina per una serie di fattori, come si nota dalla seguente tabella:

Tabella 1.1 Valori di alcuni parametri caratteristici per motori benzina o diesel

Nei motori diesel (accensione spontanea) il combustibile è iniettato attorno alla fine della fase di compressione nella camera di combustione. In questo modo viene in contatto con l'aria compressa calda(P= 30-50 bar e T=700-900°C), che provoca l'accensione spontanea delle microgocce di gasolio. I motori diesel possono essere di due tipi:

a) Iniezione diretta(ID): il gasolio è iniettato direttamente in camera di combustione. b) Iniezione in precamera (IID): il gasolio è iniettato in una precamera e in seguito in

camera di combustione.

L'alto rapporto di compressione permette al motore di lavorare con miscele aria/combustibile globalmente magre, scarsa presenza di CO e quindi minori cosumi.

Nei motori a benzina (accensione comandata) il processo di combustione è avviato a seguito della miscelazione di aria e combustibile, con conseguente innesco da parte della candela. La miscela aria-combustibile è creata all'interno del cilindro.

Il basso rapporto di compressione permette al motore di lavorare con una miscela relativamente ricca di combustibile, che produce una significativa quantità di CO; i consumi in questo caso sono maggiori che nel diesel.

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Il corretto funzionamento dei motori diesel dipende da una serie di fattori che devono essere ottimizzati il più possibile:

- Impiegare un combustibile ad alto numero di cetano. - Scelta di un opportuno rapporto di compressione.

- Camera di combustione con una geometria opportuna per garantire un corretto miscelamento.

- Alte pressioni di iniezione del combustibile (migliore atomizzazione). - Scelta temperatura e pressione dell'aria di ingresso opportune.

- Utilizzo di sistemi avanzati per la gestione di tutte le fasi del motore(vedere in seguito). - E' necessario che la quantità di aria nella camera di combustione sia maggiore di quella stechiometrica, affinché si realizzi la totale combustione del combustibile iniettato. Il rapporto aria/combustibile influisce anche sulla potenza e sul consumo.

Da quanto detto appare chiaramente come sia possibile migliorare il rendimento, le prestazioni, ridurre le emissioni del motore agendo sulla tecnologia e la conduzione del motore.

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1.2 ASPETTI INNOVATIVI NEI MOTORI DIESEL

Negli ultimi anni la tecnologia diesel ha subito notevoli sviluppi in merito alle tecnologie, prestazioni del motore e riduzione delle emissioni. In questa sezione si analizzeranno i maggiori traguardi raggiunti nei motori Light Duty (autoveicoli leggeri).

Gran parte del merito è dovuto all'introduzione dell'elettronica in tutto il sistema, volta a migliorare l'efficienza delle iniezioni di combustibile e allo stesso tempo ridurre le emissioni.

• Sistemi di iniezione:

1) Pompa rotativa (motori IID)

Pompa composta da un distributore incorporato e due pistoncini opposti mossi da un anello a camme fissato al corpo della pompa. La pompa fornisce il combustibile in pressione agli iniettori dei vari cilindri.

2) Unit injector

Il sistema pompa-iniettore o Unit Injector System (UIS) prevede per ogni cilindro del motore la presenza di uno Unit Injector capace nel caso di motori automobilistici di generare una pressione pari fino a 2050 bar. L'ugello di iniezione integrato nell'Injector si innesta direttamente nella camera di combustione, consentendo in questo modo iniezioni precise di durata variabile. Il processo di iniezione che ne risulta e l'alta pressione producono livelli ottimi di combustione, il che si traduce in un rendimento maggiore ottenuto con un consumo minore di carburante e una riduzione delle emissioni di gas di scarico e di rumori.

3) Common rail

Il sistema di ultima generazione Common Rail è un sistema di iniezione che prevede una pressione elevatissima (circa 1600 bar) del combustibile all'interno di un unico condotto (il common rail appunto), che alimenta gli iniettori grazie ad una pompa elettrica.

Il momento e la durata dell'iniezione di ogni cilindro sono controllati da valvole elettromagnetiche ad alta prestazione comandate elettronicamente. In questo modo, mediante il disaccoppiamento funzionale del processo di generazione della pressione da quello di iniezione, si ha maggiore flessibilità e miglioramento del processo di combustione.

L'impiego di speciali iniettori piezoelettrici dall'azionamento particolarmente rapido, inoltre, consente alla terza generazione del Sistema Common Rail di ridurre il numero

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di emissioni di un ulteriore 20%, i consumi del 3% e di garantire una maggiore silenziosità.

Figura 1.2 Sistema di iniezione common rail

• Sistemi di alimentazione fluido comburente a) Valvola EGR (exhaust gas recirculation)

La valvola permette un ricircolo parziale dei gas di scarico verso l'aspirazione con conseguente abbassamento della temperatura di combustione, causata da una minore concentrazione di ossigeno, riducendo la formazione di NOx nella camera di combustione.

b) Sovralimentazione

La sovralimentazione è un sistema utilizzato per aumentare la potenza del motore senza incrementare la cilindrata. Per mezzo di un compressore si introduce all'interno della camera di combustione dell'aria con una pressione superiore a quella atmosferica. Il compressore (turbocharger) è azionato da una turbina che sfrutta l'energia proveniente dai gas di scarico.

c) Intercooler

Il sistema intercooler è solitamente accoppiato al turbocharger. L'aria in uscita dal compressore è inviata ai cilindri dopo essere stata raffreddata; in questo modo è possibile introdurre nel cilindro una maggiore quantità di aria (in quanto l'aria fredda occupa minore volume), di conseguenza le prestazioni del motore aumentano e diminuiscono le temperature massime del ciclo, con benefici riguardo alle sollecitazioni termiche delle parti meccaniche.

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Figura 1.3 Sovralimentazione e intercooler

• Sistemi di trattamento gas di scarico a) Marmitte catalitiche ossidanti

Le marmitte catalitiche ossidanti hanno lo scopo di ossidare HC, CO e la frazione solubile del particolato. La fase attiva della marmitta è generalmente Platino supportato su monolite ceramico con struttura a nido d'ape. I catalizzatori utilizzati nei motori diesel non hanno una grande efficienza se paragonati a quelli dei motori a benzina; infatti riescono a rimuovere efficacemente gli idrocarburi incombusti(75%) ed il CO(fino al 70%) ma non riescono a fare quasi niente sugli NOx. La spiegazione di tale fenomeno risiede nelle diverse condizioni di alimentazione in cui opera il motore diesel rispetto al benzina: la combustione in un motore diesel è effettuata con grande eccesso di aria e non allo stechiometrico come nel benzina; la riduzione degli NOx non è possibile perché la presenza di aria, e quindi ossigeno, non ne favorisce la riduzione ad opera del CO. Nel motore benzina l’ossidazione del CO è realizzata mediante l’NO presente nella miscela, mentre nel motore diesel il CO è ossidato per mezzo dell’ossigeno presente nell’aria e gli NOx non vengono ridotti.

Per quanto riguarda il particolato, questi catalizzatori sono efficaci nel ridurre la frazione organica solubile (SOF), mentre niente possono fare per la frazione carboniosa.

Negli ultimi anni si stanno studiando le marmitte catalitiche DeNOx, in grado di ridurre gli ossidi di azoto, ma che per il momento sono ancora insoddisfacenti come resa. Un ultimo sistema consiste nei sistemi SCR (Selective Catalitic Reduction) con iniezione di urea nei gas di scarico, che garantisce una buona rimozione degli NOx , anche se è molto complesso.

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b) Particulate traps

Le trappole per il particolato sono strutture porose disposte in modo da costringere i gas di scarico a passare dalle pareti, che agiscono come filtri in grado di trattenere le polveri sottili. Esistono molteplici tipi di trappole antiparticolato, che si differenziano in base ai materiali di costruzione ed ai principi di funzionamento.

Nel capitolo 3 saranno analizzate in dettaglio le varie tipologie di trappola, con particolare interesse verso la tecnologia open-trap destinata a retrofit di autovetture pre-Euro 4.

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1.3 IL PROCESSO DI COMBUSTIONE

Il processo di combustione nel cilindro di un motore diesel avviene secondo tre passaggi, durante in quali, come vedremo in seguito, cominciano a formarsi quei precursori che daranno origine al particolato:

¾ Atomizzazione:

Il carburante è alimentato sottoforma di spray all'interno della camera di combustione per mezzo di apposti ugelli; l'atomizzazione è necessaria per aumentare il più possibile la superficie di interfaccia liquido-gas, e quindi gli scambi di calore, di materia e di quantità di moto. In questo modo si riesce ad ottimizzare il processo di combustione tanto più le particelle sono piccole.

La problematica principale per ottimizzare il più possibile questa prima fase consiste nell’incremento della pressione di iniezione, che renda possibile l'ottenimento di spray sempre piu piccoli; questi studi in generale sono basati sull'esperienza e su prove "a freddo".

¾ Evaporazione:

Lo spray di combustibile deve evaporare per potersi miscelare con l'aria e dare luogo quindi alla combustione; la goccia di combustibile è sottoposta quindi ai seguenti passaggi:

• Riscaldamento • Evaporazione

• Pirolisi e ossidazione in fase liquida • Ignizione

Fanno parte del successivo step • Combustione

¾ Ignizione

L'ignizione dei vapori del combustibile avviene per mezzo del semplice riscaldamento per compressione; il fenomeno segue processi sia fisici (cessione di energia sotto forma di calore) che chimici (formazione/propagazione dei radicali). La fiamma che segue all'ignizione si autosostiene con il tempo, mediante il continuo apporto di miscela fresca.

La propagazione del fronte di fiamma è condizionato da: • Diffusione di calore

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1.4 Il COMBUSTIBILE DIESEL

La caratterizzazione del gasolio è molto importante per quantificarne le qualità. Si utilizzano a tale scopo metodi fisici e metodi chimici.

• METODI FISICI 1. Potere calorifico

Il potere calorifico rappresenta la quantità di calore espressa in chilocalorie o Megajoule prodotta da un chilogrammo di combustibile, quando quest'ultimo brucia completamente. Si distingue in:

- Potere calorifico superiore: quantità di calore che si rende disponibile per effetto della combustione completa a pressione costante della massa unitaria del combustibile, quando i prodotti della combustione siano riportati alla temperatura iniziale del combustibile e del comburente.

- Potere calorifico inferiore: quantità di calore che si rende possibile per effetto della combustione completa del combustibile, senza tenere conto del calore di condensazione del vapor d'acqua durante la combustione.

2. Densità

La densità di un idrocarburo corrisponde alla sua massa per unità di volume. In genere si fa riferimento alla densità alla temperatura di 20°C.

3. Peso specifico

Il peso specifico è il rapporto tra il peso di una sostanza e il peso di un uguale volume di acqua. La temperatura di riferimento è in genere 15.5°C.

4. Gravità API (American Petroleum Institute)

La gravità API è un Indice caratteristico dei greggi e dei prodotti petroliferi, che misura la loro densità relativa rispetto all’acqua, a parità di temperatura. La formula API è una funzione inversa della densità. I gradi API sono definiti come:

60/ 60

141.5

API 131.5

S

° = −

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5. Punto di infiammabilità (flash point)

Il punto di infiammabilià di un combustibile liquido consiste nella temperatura minima alla quale la tensione di vapore del liquido eguaglia la pressione parziale relativa al limite inferiore di infiammabilità.

Le benzine hanno punto di infiammabilità di circa 21°C, mentre i gasoli hanno un punto di infiammabilità di circa 55°C.

6. Temperatura di autoignizione

La temperatura di autoignizione è la temperatura alla quale i vapori di combustibile (es. gasolio) si innescano spontaneamente a seguito della miscelazione con aria.

7. Viscosità

La viscosità è la misura della resistenza al flusso. E' indicativa della facilità con cui il combustibile può essere pompato o atomizzato. In genere la viscosità decresce con l'aumentare della temperatura, motivo per cui i combustibili ad alta viscosità sono riscaldati prima di essere atomizzati.

8. Curva di distillazione

La curva di distillazione dà un indice della volatilità del combustibile. E' misurata riscaldando progressivamente il combustibile e misurandone la quantità di frazione evaporata.

• METODI CHIMICI 1. Residuo carbonioso

Il residuo carbonioso è la misura della tendenza di un combustibile a depositare del coke quando è portato ad alte temperature.

2. Rapporto carbonio/idrogeno

3. Contenuto di aromatici e poliaromatici 4. Numero di Cetano (CN) - (Valido per i gasoli)

Il numero di Cetano è la caratteristica qualitativa più importante di un gasolio diesel. Esso dà la misura della sua attitudine all’accensione, con combustione pronta e regolare, minima formazione di depositi, assenza di fumosità, agevole partenza “a freddo” del motore e suo buon rendimento complessivo. Il numero di cetano di un gasolio viene determinato in laboratorio mediante prova su motore standard, confrontandone il comportamento, secondo parametri prestabiliti, con

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quello di miscele campione di cetano (n.c. = 100 per definizione) e alfametilnaftalene (n.c. = 0 per definizione): il numero di cetano del gasolio in prova è la percentuale di cetano della miscela campione che mostra eguale comportamento sul motore standard. Un buon gasolio diesel ha numero di cetano non inferiore a 48 (estate) ÷ 50 (inverno).

Il numero di cetano di un combustibile dipende dalla struttura molecolare dello stesso. Più precisamente i composti paraffinici a catena lineare (a partire da n-ottano) sono quelli con maggiore capacità di autoignizione. I composti aromatici (alcoli) presentano invece peggiori capacità di autoignizione

Il gasolio utilizzato durante l’escuzione dei test per il presente lavoro è un gasolio unificato secondo la norma EN 590:2004, le cui caratteristiche sono riportate nella figura sottostante:

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CAPITOLO 2. EMISSIONI DA MOTORE DIESEL

2.1 INTRODUZIONE

Il particolato diesel costituisce l’emissione più caratteristica e importante dei motori ad accensione spontanea. Negli ultimi anni l’interesse dei produttori e soprattutto degli enti preposti a controllare l’inquinamento causato dai motori a combustione interna è aumentato sempre di più, portando alla creazione di motori diesel sempre più puliti e allo stesso tempo efficienti.

La classificazione dei motori diesel presenta essenzialmente due grandi gruppi:

1. Motori Light Duty (LD): autoveicoli leggeri, come automobili o piccoli trasporti 2. Motori Heavy Duty (HD): autoveicoli pesanti, come TIR o autobus

I motori HD sono stati fino a circa 15 anni fa appannaggio solo del grande trasporto, mentre solo negli ultimi anni è cresciuta la domanda verso veicoli LD alimentati a gasolio. Questo trend è dovuto ai notevoli sviluppi in campo motoristico che hanno fatto si che i motori diesel di ultima generazione possano essere eguagliati in termini di prestazioni e costi ai più moderni motori a benzina.

I grafici seguenti, ottenuti dai dati dell’ Annuario Statistico Aci 20061, motivano il grande interesse verso i veicoli ad alimentazione diesel ed il loro impatto ambientale

¾ Il numero di immatricolazioni di motori diesel è in costante crescita dal 1994 a oggi, con il superamento, nel 2004, delle immatricolazioni dei motori a benzina.

Nuove immatricolazioni secondo l'alimentazione - aggiornati a Maggio 2006 0 500.000 1.000.000 1.500.000 2.000.000 2.500.000 1990 1991 1992 1993 1994 199 5 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005* Anno Im matricolazioni Benzina Gasolio

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¾ Gran parte delle autovetture diesel facenti parte del parco veicolare italiano hanno una età compresa tra 2 e 10 anni(circa 10 milioni); questi tipi di autovetture non dispongono, eccetto alcuni casi, di filtri antiparticolato efficienti come quelli installati sulle moderne autovetture, pertanto il loro contributo all’inquinamento è elevato.

Consistenza del parco veicolare secondo l'età

0 500.000 1.000.000 1.500.000 2.000.000 2.500.000 0-1 2-3 4-5 6-7 8-9 10-11 12-13 14-15 16-17 18-19 OLT RE 2 0 Età N u m e ro a u to v e ttu re Benzina Gasolio

Figura 2.6 Consistenza del parco veicolare secondo l’età delle autovetture1

L’età media delle autovetture a benzina è 7-9 anni, mentre quella delle autovetture diesel è 3-4 anni.

CONSISTENZA PARCO AUTOVETTURE A BENZINA SECONDO L'ETA'

0 250000 500000 750000 1000000 1250000 1500000 1750000 2000000 2250000 2500000 et à medi ana Gr af i co 5 (Anno 2005)

CONSISTENZA PARCO AUTOVETTURE A GASOLIO SECONDO L'ETA'

0 200000 400000 600000 800000 1000000 1200000 1400000 1600000 et à medi ana Gr af i c o 6 (A nno 2005)

Figura 2.7 Consistena parco autovetture benzina e diesel secondo l’età1

La differenza in termini di emissioni tra il motore a benzina con quello diesel illustra come le emissioni diesel presentano maggiori problemi di controllo e limitazione rispetto ai motori benzina.

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• I motori a benzina convenzionali non producono particolato (se non in quantità trascurabili), hanno una bassa efficienza energetica, consumi alti. Allo stesso tempo pero’ garantiscono, tramite la marmitta catalitica trivalente, un efficiente abbattimento degli effluenti gassosi come CO, NOx, HC. I veicoli GDI hanno emissioni vicine a quelle di un buon diesel.

• I motori diesel producono una buona quantità di particolato (sottoforma di particelle di diametro compreso tra 30 e 1000 nm) ed NOx, hanno una elevata efficienza energetica e consumi contenuti. Il problema principale di questi motori consiste nel fatto che i sistemi di abbattimento degli effluenti (gassosi e solidi) non sono cosi’ efficienti come quelli dei motori a benzina; gran parte degli ultimi studi su questi tipi di motori sono volti a progettare sistemi, come le trappole per il particolato, che rimuovano efficacemente gli effluenti.

Le principali emissioni provenienti da un motore diesel possono essere classificate in :

• Particolato

• CO2 Anidride carbonica • CO Monossido di carbonio • NOx Ossidi di azoto • HC Idrocarburi totali

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2.2 PARTICOLATO AMBIENTALE

L'inquinamento da particolato, sia esso atmosferico o più specificatamente generato dal traffico autoveicolare , contribuisce enormemente e in maniera negativa alla salute dell'ambiente. Il particolato rappresenta, nelle aree urbane o a maggiore industrializzazione, l'inquinante con maggiore impatto ambientale.2, , , , ,3 4 5 6 7

E’ necessario prima di tutto soffermarci su due definizioni importanti:

• AEROSOL: è definito come l’insieme di particelle solide e liquide disperse in un mezzo gassoso. L’aerosol è definito facendo riferimento al numero di particelle (per un diesel circa 10^14 particelle/km).

• PARTICOLATO: consiste nella parte solida presente nell’aerosol che si deposita su un filtro di campionamento (secondo opportune condizioni).

Il particolato è definito facendo riferimento ai g/km che si depositano sul filtro.

Le caratteristiche dimensionali, morfologiche, chimiche delle particelle possono variare sensibilmente in funzione delle sorgenti da cui esse provengono e dei fenomeni di trasporto e trasformazione e a seconda della dimensione della particella è possibile assistere comportamenti governati da leggi fisiche diverse (come moto browniano o forze di gravità e inerzia).

La seguente tabella mostra la suddivisione delle sorgenti di particolato:

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Le sorgenti si differenziano innanzitutto in antropiche e naturali, a seconda che derivino da fenomeni naturali oppure dalle attività dell’uomo. Una ulteriore distinzione prevede la suddivisione in particolato primario e particolato secondario: il primo comprende il materiale particellare o aerosol emesso direttamente a seguito di numerosi processi; il secondo dipende dai fenomeni di trasformazione gas-particella mediante ossidazione di gas presenti in atmosfera con differenti specie.

E' opinione comune quella secondo cui le emissioni da sorgenti naturali superino di gran lunga quelle antropogeniche; tuttavia, mentre le sorgenti naturali sono ben distribuite sulla terra, quelle antropogeniche sono concentrate in piccole aree( generalmente quelle urbane e industrializzate), per cui il loro impatto è maggiore.

Il traffico veicolare, oggetto di questa tesi, contribuisce pesantemente alla formazione di particolato, in via diretta( emissioni, usura pneumatici e freni) e indiretta (la turbolenza generata dal moto causa il rimescolamento delle polveri depositate sul suolo).

La composizione chimica del particolato atmosferico è notevolmente diversificata a seconda dei meccanismi di formazione delle particelle; è tuttavia possibile definire una composizione tipica, che raccoglie tre tipologie di sostanze. Le tre componenti si trovano in proporzioni diverse su particelle di dimensioni differenti:

1. Componente carboniosa: è costituita da carbonio elementare (EC), carbonio organico (OC), sostanze organiche (IPA e nitro-IPA) e carbonati.

2. Ioni inorganici secondari: sono costituiti principalmente da NO3, NH3 e SO4 3. Acqua

La microfisica degli aerosol riguarda tutti i meccanismi che portano alla formazione delle particelle di diversa dimensione (e comportamento).

Le particelle possono essere immesse direttamente nell'atmosfera (primarie) o generate dalle reazioni gas-solido all'interno dell’atmosfera (secondarie) e la loro dimensione può variare dai pochi nanometri alle decine di micrometri. Una volta in sospensione le particelle possono mutare la loro dimensione e la loro composizione tramite processi di condensazione di vapori o evaporazione, coagulazione con altre particelle,

reazioni chimiche o attivazione, in presenza di vapore supersaturo, per divenire nubi o

goccioline.

Le loro concentrazioni numeriche raggiungono valori, per le particelle più fini, da 10 a 10000 unità per cm3 e meno di 10 per cm3 per le grossolane. La suddivisione in queste due classi è tradizionale e distingue le prime definite "fine" (Diametro Dp < 1 µm) dalle

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seconde "coarse" cioè grossolane (Dp > 1 µm); queste ultime sono per lo più di tipo primario, mentre le fini sono in gran parte generate da precursori gassosi e quindi di origine secondaria. Questa distinzione non è però valida a priori; d’altronde anche le particelle di grandi e medie dimensioni fungono da substrato per i gas che condensano e rappresentano per questo un tipo di particolato di origine secondaria, e parte della frazione fine è formata da particolato primario. Sicuramente le due classi si sovrappongono fortemente nell'intervallo dei diametri e che va dai circa 0,1 micrometri ad 1 micrometro.

La distribuzione delle particelle aerodisperse può essere facilmente descritta per mezzo di curve lognormali. La tabella seguente esprime quanto detto, con particolare attenzione ai meccanismi di formazione delle particelle.

Figura 2.8 Distribuzione della particelle in base alle dimensioni e numero8

E' possibile, secondo il grafico, definire 4 classi che comprendono determinati tipi di particelle:

1. Nucleation mode particles (Dp<0.01µm): sono particelle generate da processi di combustione ed emesse direttamente nell'atmosfera oppure particelle generate dalla condensazione di gas atmosferici in particelle primarie che poi coagulano in aggregati.

(21)

2. Aitken mode particles (0.01µm <Dp<0.1 µm)

3. Accumulation mode particles (0.1µm <Dp<1 µm): sono particelle di tipo nucei

mode aggregate tra di loro oppure gas atmosferici condensati.

4. Corse mode particles (Dp>1 µm): particelle generate principalmente da processi

meccanici, come le polveri trasportate dal vento, pollini, ecc..

Conseguentemente, le particelle sono distinte in due grandi classi, le Fine particles (in cui rientrano le Ultrafine particles) e le Coarse particles.

La quantificazione del contributo dato da ogni singola sorgente in merito al PM ambientale è di difficile determinazione; conseguentemente è altresì difficile valutare le sorgenti responsabili dell'impatto sulla salute umana. La composizione del particolato ambientale dipende fortemente dall'area geografica presa in considerazione: in un'area urbana molto trafficata, il particolato derivante dalla autotrazione sarà preponderante rispetto ad altri tipi di particolato; viceversa, in un'area rurale, il contributo maggiore sarà dato dalle sorgenti naturali (erosione suolo, frammenti di piante, ecc).

Figura 2.9 Sorgenti, composizione ed effetti del PM9

Da tutte queste considerazioni si evince come il problema del particolato ambientale investa gran parte dei settori industriali (autotrazione, produzione energia elettrica) ma anche le inevitabili fonti naturali. Sebbene non si possa fare nulla riguardo alla limitazione delle sorgenti naturali, l'impegno è rivolto verso la minimizzazione delle emissioni antropiche, e parallelamente allo sviluppo di nuove metodologie di investigazione sulla formazione del particolato e dei sue precursori gassosi.

Lo studio dei meccanismi di formazione del particolato proveniente da motori diesel è un ottimo punto di partenza per cercare, quantomeno, di capire in che modo si formano gli inquinanti e in quale modo è possibile contrastare la loro formazione.

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2.3 PARTICOLATO DA MOTORI DIESEL

10

Le particelle presenti nel particolato da motori diesel presentano varie dimensioni, come mostra la tabella seguente. Più in dettaglio si vedrà come le particelle più numerose siano quelle di dimensioni minori mentre le più pesanti quelle di dimensioni maggiori.8

Tabella 2.3 Classi di appartenenza delle particelle provenienti da motori diesel Diametro (μm) Diametro (nm)

PM10 d<10 μm d<10000 nm

Fini d<2.5 μm d<2500 nm

Ultrafini d<0.10 μm d<100 nm

Nanoparticelle d<0.05 μm d<50 nm

Il particolato diesel si forma fin dai primissimi istanti della fase di combustione, per cui è necessario controllare tutto il processo al fine di limitare o modificare le caratteristiche del particolato uscente.

La combustione in un motore diesel avviene generalmente con una miscela bifasica, dove il combustibile è alimentato sotto forma di spray all’interno della camera di combustione(cilindro). Il getto di combustibile è composto da numerose gocce che a seguito della miscelazione con aria compressa calda evaporano e si accendono spontaneamente dando luogo alla combustione.

La durata dell’intero processo di combustione (iniezione, evaporazione, miscelazione, combustione) deve essere il più breve possibile (1-10ms) e il tempo di ritardo tra l’ignizione e la combustione (ignition delay) influisce notevolmente sulla formazione di particolato; questo ritardo è dovuto essenzialmente alla facilità (o difficoltà) con la quale il combustibile iniettato riesce a bruciare, e dipende dalle condizioni di temperatura e pressione presenti nella camera di combustione.

Il particolato ha origine nelle zone centrali dello spray, dove il rapporto aria/combustibile è molto basso(Φ>1) e lontano dai valori per i quali si ha ignizione della miscela (ricca di combustibile). Il combustibile presente in queste zone è sottoposto a forte riscaldamento in presenza di poca aria ed a una serie di processi chimici che portano, grazie anche di precursori come gli IPA, alla formazione di particelle di soot.

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Figura 2.10 Zone di origine del particolato11

Il rapporto aria/combustibile è definito come: stechiometrico reale

(A / F) (A / F) Φ =

Il soot generato in questa fase viene in parte ossidato a CO e CO2 e in parte rilasciato nei fumi di combustione. In aggiunta al soot fuoriuscente dai fumi si ha la formazione di nuove particelle dovute alla condensazione di idrocarburi, solfati, acqua, sulle particelle solide emesse.

La fase di combustione in un motore diesel può essere suddivisa in due fasi, quella di

combustione premiscelata e quella di combustione in fase diffusiva; analizzando in

dettaglio la velocità di rilascio di calore in funzione dell’angolo di manovella, si nota come si distribuiscano nel tempo questi due tipi di diffusione.

Figura 2.11 Velocità di rilascio di calore in funzione dell’angolo di manovella; combustione premiscelata e diffusiva1

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L’ignition delay corrisponde al tempo che intercorre tra l’inizio dell’iniezione (Start Of Injection) e l’inizio della prima fase di combustione: in questi primi istanti, dell’ordine dei ms, il gasolio si miscela con l’aria fino a che si assiste all’accensione della miscela.

• Combustione premiscelata

Questa fase di combustione coinvolge la quantità di gasolio che, miscelatosi nei primi istanti con l’aria, ha raggiunto il campo di infiammabilità. Il fenomeno ha luogo in brevissimo tempo e con un aumento rapido della temperatura e della pressione, come evidenzia il picco in figura.

• Combustione diffusiva

Il gasolio che non è riuscito a bruciare nella prima fase di combustione (essenzialmente quello presente nel bulk dello spray) comincia a miscelarsi con l’aria con un regime di tipo diffusivo; il processo di combustione è più lento.

Il particolato è generato principalmente nella fase di combustione diffusiva, nelle zone con basso rapporto aria/combustibile. L’ignition delay, come si vedrà in seguito, influisce sulla formazione di particolato; si può affermare che per bassi ritardi di ignizione si ha maggiore formazione di particolato (e viceversa)

Il processo di formazione del particolato è determinato da numerosi step in serie, che partono dalla formazione di precursori di dimensioni microscopiche fino ad arrivare a particelle di dimensioni 0.1-1 μm12.

Figura 2.12 Processo di formazione del particolato

In dettaglio, è possibile caratterizzare ogni step del processo di formazione del particolato: 1. PIROLISI

La pirolisi è un processo endotermico, fortemente dipendente dalla temperatura, che porta alla formazione dei precursori del particolato; riguarda gli idrocarburi aromatici e quelli paraffinici.

Le molecole di idrocarburi si decompongono per cracking o deidrogenazione (in assenza o quasi di ossigeno) generando strutture molecolari cicliche esagonali di

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atomi di carbonio con rapporto C/H superiore a 10. Le strutture molecolari a loro volta si aggregano in strutture più grandi (diametro< 2 nm).

Il processo di pirolisi è molto rapido (dell'ordine dei μs) e inizia attraverso un meccanismo di tipo radicalico a catena.

2. NUCLEAZIONE (1-10 nm)

La nucleazione consiste nella crescita dei precursori per reazione con molecole di idrocarburi insaturi e di radicali ionizzati, prodotti dalla deidrogenazione degli idrocarburi, per formare strutture policromatiche.

La densità dei nuclei formatisi è di circa , con dimensione compresa tra 1-10 nm.

20 3

2.5 10 nuclei/m⋅

3. AGGREGAZIONE/OSSIDAZIONE (10-100 nm)

Alcune specie poliinsature (di tipo poliacetilenico) possono aggregarsi sulla superficie dei nuclei, portando ad una crescita superficiale delle particelle. Parallelamente si assiste ad una coagulazione delle particelle per formare agglomerati sempre più grandi, fino a raggiungere una forma sferica. Le particelle si aggregano tra di loro, formando strutture a forma di catena con elevato rapporto superficie/volume.

Il processo di ossidazione avviene nella zona di fiamma dove è presente un'alta concentrazione di specie ossidanti. Il processo coinvolge radicali ossigenati ed è influenzato dalle condizioni locali di temperatura, concentrazione delle specie e dal tempo di permanenza.

L'ossidazione si realizza contemporaneamente alla crescita e alla coagulazione delle microparticelle, ma in modo molto blando; essa diventa competitiva con il processo di aggregazione. Il processo dominante in questo ultimo caso è controllato dal rapporto locale C/O. E' noto, infatti, che la condizione teorica di formazione di particelle carboniose nella combustione si verifica quando nella reazione: m n 2 2 s n C H zO 2zCO H (m 2z)C 2 + → + + −

il rapporto critico C/O che porta alla formazione dei carbonio solido risulta superiore all'unità. Nella pratica, il valore critito C/O varia da 0.8 a 0.5, poichè la cinetica di reazione chimica risulta il fattore che governa l'intero processo di formazione del particolato.

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4. MISCELAZIONE CON ARIA, DISPERSIONE ATMOSFERICA

Le particelle espulse dal tubo di scappamento del motore si miscelano con l'aria e si disperdono in atmosfera. Durante quest'ultima fase assistiamo a numerosi processi chimico-fisici che coinvolgono le particelle, modificandone la struttura e la composizione:

- le particelle si raffreddano per contatto con l'aria circostante (quenching); - le sostanze a basa tensione di vapore (acqua, solfati, idrocarburi di elevato peso molecolare) condensano sulla superficie delle particelle.

Figura 2.13 Formazione di soot e IPA13

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2.4 CARATTERIZZAZIONE DEL PARTICOLATO DIESEL

La caratterizzazione del particolato necessita della definizione di alcune quantità molto importanti;

¾ Diametro geometrico: misurato direttamente.

¾ Diametro aerodinamico: diametro di una particella che presenta la stessa velocità di sedimentazione di una particella di densità 1gr/cm^3.

¾ Diametro di mobilità elettrica: diametro di una particella sferica che sotto le medesime condizioni di carica elettrica ha la stessa mobilità (velocità,traiettoria) della particella sotto osservazione.

Tutti e tre i diametri sono intesi come diametri equivalenti, questo perché la geometria delle particelle di DPM non è perfettamente sferica ma assume forme di diverso tipo, per cui risulta quasi impossibile definire una precisa geometria delle particelle.

La caratterizzazione dettagliata del DPM presenta le seguenti proprietà:5,14 15 16 17 18 19 20 21 22, , , , , , , ,

a) DISTRIBUZIONE DEI DIAMETRI:

La distribuzione dei diametri aerodinamici delle particelle carboniose ha carattere bimodale con struttura lognormale. Può essere valutata mediante strumenti come lo SMPS( Scanning Mobility Particle Sizer) o il ELPI (Electrical Low Pressure Impactator).

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Figura 2.14 Distribuzione dei diametri delle particelle, con carattere bimodale e struttura lognormale23

E' possibile evidenziare due grandi "gruppi" di particelle:

a) Particelle Nuclei mode: questi tipi di particelle hanno diametri piccoli, sono numerose e contribuiscono poco alla massa totale del particolato

b) Particelle Accumulation mode: questi tipi di particelle hanno diametri grandi, sono poco numerose e contribuiscono in maniera preponderante alla massa totale del particolato

b) CARATTERIZZAZIONE FISICA:

L'aspetto morfologico/fisico della particelle è valutato mediante l'utilizzo di microscopi a scansione elettronica come il SEM( Scanning Electron Microscope) o TEM (Transmissin Electron Microscope). Per determinare le distribuzioni dei diametri si fa riferimento a impattatori inerziali (ELPI) oppure a strumenti del tipo SMPS, che danno rispettivamente distribuzioni granulometriche in massa o in termini di numero di particelle.

Il particolato è formato da strutture fortemente irregolari, composte da microsfere di diametro variabile tra 10 e 80 nm, agglomerate tra di loro da una fase liquida adsorbita e da microgocce di acqua e idrocarburi condensati, legate sulla superficie.

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Figura 2.15 Composizione del particolato

La presenza di catene e grappoli di particelle rende estremamente complessa la caratterizzazione fisica del articolato, in particolar modo la definizione delle dimensioni della particelle stesse. Per questo motivo, come già accennato in precedenza, è molto difficile fare riferimento al diametro geometrico di una particella; piuttosto si fa riferimento a diametri equivalenti come il diametro di mobilità elettrica oppure il diametro aerodinamico.

La struttura interna delle particelle può essere di tipo amorfo o grafitico a seconda del carico applicato al motore.

c) CARATTERIZZAZIONE CHIMICA

Numerosi studi hanno concluso che il particolato diesel è costituito essenzialmente dai seguenti composti, le percentuali dei quali variano a seconda dei molteplici parametri analizzati in seguito (tecnologia motoristica, qualità del combustibile, condizioni di funzionamento ecc..):

• Carbonio elementare (EC) • Carbonio organico (OC) • Idrocarburi incombusti (SOF) • Sostanze adsorbite sulla superficie • Tracce di metalli pesanti

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Figura 2.16 Esempio di composizione chimica del particolato24

La frazione di SOF è legata alla quantità di idrocarburi incombusti emessa dal motore (provenienti dal gasolio e dall’olio lubrificante). Nella frazione organica sono presenti anche gli Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e loro derivati (nitro-IPA), che negli ultimi anni hanno richiamato l’attenzione dei ricercatori in quanto sospettati di azione cancerogena.

Gli idrocarburi policiclici aromatici sono idrocarburi costituiti da due o più anelli benzenici uniti fra loro, in un’unica struttura piana, attraverso coppie di atomi di carbonio condivisi fra anelli adiacenti.

I meccanismi che portano alla presenza di IPA nei fumi di scarico sono numerosi e presentano diversa origine:

• IPA presenti nel combustibile che “sfuggono” al processo di combustione:

Gli IPA contenuti nel combustibile contribuiscono alla quantità di IPA presenti nei gas di scarico. Dipendono sia dalla facilità con cui ciascun composto brucia, sia dall’efficienza di combustione del motore, a sua volta funzione di vari parametri caratteristici come le caratteristiche tecniche del motore o lo stato della manutenzione), sia dal’interazione tra qualità del combustibile e motore stesso.

• Formazione di IPA da composti non IPA:

Il mecanismo è dovuto principalmente alla ripolimerizzazione di frammenti di idrocarburo che si formano durante il processo noto come craking, vale a dire la frammentazione in numerose parti delle molecole del combustibile a contatto con il fuoco. La reazione di ripolimerizzazione avviene soprattutto in condizioni di carenza di ossigeno; in genere la velocità di formazione degli IPA aumenta con il diminuire del rapporto ossigeno/combustibile: i frammenti spesso perdono qualche atomo di idrogeno, che genera acqua dopo essersi combinato con l’ossigeno durante la varie fasi della reazione: i frammenti ricchi di carbonio si combinano in modo tale da formare gli idrocarburi aromatici policiclici, che rappresentano le molecole più stabili, con un rapporto C/H elevato.

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i composti polinucleari contenuti nel combustibile possono essere modificati e trasformati in altri composti che, sfuggendo alla combustione, si trovano nei gas di scarico.

• Contributo dell’olio lubrificante

I lubrificanti di nuova generazione contengono basse percentuali di IPA. Tuttavia l’olio può assorbire lentamente gli IPA presenti nel combustibile e quelli prodotti durante la reazione di combustione. Con il passare del tempo, l’olio diventa una sorgente di IPA, specialmente nel momento in cui si satura di tali composti e diventa una fonte di emissione.

I primi due meccanismi sono quelli a maggiore contributo per la presenza di IPA nei fumi di scarico.

2.5 FATTORI INFLUENZANTI LA FORMAZIONE DI PARTICOLATO

I fattori che influenzano maggiormente la formazione di particolato da motori diesel sono di molteplici tipi e sono tenuti da conto in fase di progettazione del motore:

• VARIAZIONE RAPPORTO ARIA/COMBUSTIBILE IN FUNZIONE DELLA VELOCITA’ E DEL CARICO

L’eccesso di aria disponibile per la combustione diminuisce all’aumentare del carico; le emissioni sono funzione del rapporto aria/combustibile e tendono a crescere quanto quest’ultimo tende a raggiungere il valore stechiometrico.

• TECNOLOGIA MOTORISTICA

La tecnologia motoristica influenza più di tutti la formazione di particolato; agendo proprio sulla tecnologia motoristica è stato possibile raggiungere gli attuali livelli di emissione EURO IV e i precedenti EURO III, senza penalizzare il consumo e le prestazioni del motore.

Come già detto in precedenza si può affermare che, in termini di emissioni, esiste un preciso trade-off tra emissioni di particolato e NOx, per cui la riduzione dell’uno implica necessariamente l’aumento dell’altro. Le attuali tecnologie motoristiche

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devono trovare un compromesso per non eccedere in una direzione o l’altra. Un grande aiuto è stato fornito dall’elettronica, che garantisce istante per istante un ideale funzionamento del motore e permette di raggiungere un compromesso nelle emissioni di particolato e NOx.

a) Sistema di iniezione

Il livello di emissione di particolato è sensibile al tipo e alla regolazione del sistema di iniezione, in quanto questi sistemi influiscono sul grado di atomizzazione del combustibile e quindi della sua interazione con il comburente nella camera di combustione.

La riduzione dell’anticipo del sistema di iniezione provoca un incremento dell’emissione di particolato, dovuto alla cattiva miscelazione del gasolio con l’aria. La quantità di particolato emesso dipende fortemente dal carico e dalla velocità di rotazione del motore.

In generale, ad aumenti di pressione dell’iniettore corrisponde una minore formazione di particolato, dovuta al fatto che l’atomizzazione è più spinta e quindi la miscelazione è migliore; parallelamente, alla diminuzione di particolato segue un aumento dell’emissione di NOx.

b) Geometria della camera di combustione

L’ottimizzazione della camera di combustione favorisce il movimento rotazionale della massa di aria aspirata e, quindi, promuove la ricombustione della fuliggine formata nel cilindro, nelle zone in cui la miscela risulta più ricca.

c) EGR

L’EGR consiste nella ricircolazione dei gas di combustione all’interno del cilindro, al fine di ridurre la formazione di Nox: la riduzione avviene per mezzo di molteplici fattori:

- Diluizione: la portata di gas di scarico ricircolata in camera di combustione diminuisce la concentrazione di ossigeno e pertanto si assiste ad una riduzione della temperatura massima raggiunta (la combustione è rallentata).

- Effetto termico: i gas di scarico, con la loro elevata capacità termica, permettono un abbassamento della temperatura in camera di combustione.

- Effetto chimico: la CO2 è sottoposta a dissociazione termica con conseguente influenza positiva sulla combustione

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La qualità del gasolio influenza significativamente i meccanismi di formazione del particolato, sebbene in misura minore della tecnologia motoristica; negli ultimi anni la ricerca ha cercato di definire correlazioni tra le caratteristiche del combustibile e l’emissione di particolato, anche se in realtà, la sua formazione dipende da molti altri fattori. Inoltre sono state evidenziate le maggiori caratteristiche del combustibili importanti al fine di limitare la formazione di soot.

- Correlazioni PM-caratteristiche gasolio(Programma EPEFE)

La correlazione tra caratteristiche del gasolio e PM formato permette ai produttori di carburanti di creare miscele opportune che rispettino i limiti in termini di formazione di particolato. Le formule usate sono di tipo lineare e ciascuna formula è valida in un ben preciso campo di validità e per differenti tipi di motorizzazioni.

Di seguito si riportano le correlazioni fornite dal programma EPEFE25 (European Programme on Emissions, Fuels, Engine tecnologies) per i motori LD e HD. Light Duty: -4 -4 -4 -4 -4 PM (g/km) = [-0.38799+4.4677 10 4.488 10 4.098 10 +7.88 10 95] [1 1.6 10 ] Den Poly NC T S ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅ ⋅ + Heavy Duty: -2 -5 -4 -5 -5 PM (g/km) = [6.959 10 +6 10 6.5 10 1 10 ] [1 8.6 10 (450 )] Den Poly NC S ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅ ⋅ − ⋅ Campo di validità:

Tabella 2.4 campo di validità per l’applicazione delle formule del programma EPEFE

Densità Den = 827 Æ 857 kg/m3 Poliaromatici Poly = 0.9 Æ 8 % vol Numero di Cetano NC = 49.5Æ57.1

T95 T95= 326 Æ 371°C

Zolfo S = 400 Æ 470 mg/kg

- Densità

La densità influenza la combustione in quanto da essa dipende la quantità di gasolio iniettato in camera di combustione (il sistema di pompa/inettore eroga quantità volumetriche di carburante). A parità di volume, un gasolio con

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densità maggiore provoca un aumento del rapporto aria/combustibile; in queste condizioni la formazione di particolato è maggiore.

La formazione di particolato è influenzata notevolmente dalla densità del carburante per i LD, mentre è poco significativo per gli HD.

- Contenuto di zolfo

Lo zolfo presente nel gasolio è ossidato a a ; in taluni casi (1-3%), l’anidride solforica può combinarsi con vapor d’acqua per dare acido solforico che si adsorbe sulle particelle carboniose, incrementando la quantità di particolato formatosi.

2

SO SO3

L’abbassamento del tenore di zolfo nei combustibili per motori diesel riduce sensibilmente la formazione di particolato.

- Numero di cetano

Il numero di Cetano (NC) indica la capacità da parte del gasolio di accendersi con più o meno difficoltà. Secondo gli studi del Concawe, incrementi del NC provocano riduzione delle emissioni di particolato sia in motori diesel a inezione diretta che a precamera.

- Idrocarburi policiclici aromatici(IPA)

Gli IPA sono presenti nella frazione organica del particolato e nella fase gassosa dei gas esausti; l’interesse rivolto a questi composti nasce dal fatto che sono stati ritenuti dannosi per la salute umana (probabili cancerogeni). Secondo il Concawe, gli IPA con 4 o più anelli sono adsorbiti sulla superficie delle particelle, mentre gli altri sono presenti in fase gassosa.

- Volatilità

Il termine che indica la volatilità del gasolio è la T95 o la T90, ovvero la temperatura alla quale distilla il 95% o il 90% in volume del combustibile. Un decremento della T90 implica una riduzione dell’emissione di particolato; lo stesso comportamento si assiste con la T95, ovviamente con risultati variabili da caso a caso.

• LUBRIFICANTE

La qualità del lubrificante gioca un ruolo importante nelle emissioni di particolato; l’entità del suo ruolo in termini di emissioni dipende da numerosi fattori come il tipo di motore, lo stato di invecchiamento dell’olio, il suo

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• ADDITIVI PER LA RIDUZIONE DI PARTICOLATO

Gli additivi per la riduzione del particolato sono di vario tipo e con diversa funzione:

a) Cetane improver

Questi additivi hanno lo scopo di aumentare il numero di Cetano del gasolio, agendo sull’ignition delay e modificando quindi la quantità di gasolio che brucia in fase premiscelata e diffusiva.

b) Combustion improver

Gli additivi combustion improver, a base di metalli come Bario, Calcio, Manganese, Ferro, hanno una funzione catalitica nella fase di combustione del gasolio che risulta più completa e provoca minori emissioni di incombusti.

c) Additivi detergenti

Contribuiscono a tenere puliti ed efficienti gli organi che compongono il motore. In questo modo si limitano problemi come l’intasamento degli iniettori e la formazione di depositi in camera di combustione

d) Additivi per la rigenerazione delle trappole

Come gli additivi detergenti, questi composti non agiscono direttamente sulla formazione del particolato, ma contribuiscono ad abbassare le temperature di rigenerazione nelle trappole del particolato.

• SISTEMI DI POST-TRATTAMENTO

Ai sistemi di post-trattamento dei gas di scarico e ai sistemi di rimozione e riduzione di particolato sarà dedicato il successivo capitolo (3)

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2.6 CARATTERIZZAZIONE DELLE EMISSIONI GASSOSE

Le emissioni gassose provenienti da motori diesel sono di vario tipo. Oltre agli elementi primari, come azoto, ossigeno, vapore acqueo, biossido di carbonio, sono presenti altri composti più dannosi, tra i quali ritroviamo il monossido di carbonio, ossidi di zolfo, ossidi di azoto (NOx), idrocarburi (HC).

• Monossido di carbonio (CO)

Il monossido di carbonio è un gas inodore e incolore, la cui presenza in atmosfera deriva dalla combustione incompleta di combustibili fossili. La sorgente principale di monossido di carbonio è costituita dal traffico veicolare.

Le emissioni di CO dipendono dal rapporto aria-combustibile nella camera di combustione, dalle caratteristiche tecniche e dallo stato di usura del motore e dei sistemi di controllo delle emissioni, nonché dalle condizioni di marcia del veicolo. L’esposizione a elevate concentrazioni di CO provoca effetti sul sistema nervoso, sull’apparato cardiaco e respiratorio. La sua dannosità è dovuta alla capacità del monossido di carbonio di sostituirsi all’ossigeno nell’emoglobina, formando la carbossiemoglobina e riducendo la capacità del sangue di trasportare ossigeno.

Il CO è visto come indicatore della qualità della conversione energetica del motore e la sua presenza eccessiva è indice di problemi relativi al processo di combustione.

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• Biossido di carbonio (CO2)

L'anidride carbonica è il prodotto principale della combustione, in presenza di ossigeno, dei composti organici (idrocarburi). Sebbene non sia considerato dannoso per l'uomo, è da considerarsi molto pericoloso per l'ambiente in quanto contribuisce ad aumentare il riscaldamento del globo a causa dell' "effetto serra".

Nei recenti provvedimenti adottati dagli stati a seguito del protocollo di Kyoto, si richiede una diminuzione delle emissioni di CO2, utilizzando in alcuni casi i biocarduranti.

• Ossidi di azoto (NOx)

Gli ossidi di azoto che si formano nel processo di combustione sono indicati come NOx; tuttavia il 90-95% di essi è costituito da NO mentre la restante parte da NO2. In seguito al rilascio in atmosfera il NO è in parte ossidato a NO2.

Questi composti sono considerati come inquinanti in quanto:

a) Sono regolatori della concentrazione di ozono nell'atmosfera.

Nella troposfera (fino a 10-16km di altitudine) l'ossigeno dell'aria viene ossidato per via fotochimica ad ozono dagli NOx. Negli strati più bassi dell'atmosfera, l'ozono è indesiderabile in quanto è un componente principale dello smog fotochimica ed ha una azione ossidante molto aggressiva.

Nella stratosfera (12-50 km di altitudine) l'ozono viene distrutto dalla presenza di basse concentrazioni di NOx, con conseguente minore capacità filtrante contro i raggi ultravioletti.

b) Hanno una azione dannosa sugli esseri viventi:

Gli ossidi di azoto causano effetti negativi sul sistema respiratorio umano, la cui gravità dipende dalle concentrazioni e dal tempo di esposizione. Più in dettaglio Da un punto di vista tossicologico, il biossido di azoto è molto solubile in acqua e dopo inalazione viene assorbito lungo l'albero tracheobronchiale, provocando effetti irritativi sull'apparato respiratorio.

Gli NOx si formano ad alta temperatura, nelle zone periferiche dello spray, dove sono presenti elevate concentrazioni di ossigeno e tempi di permanenza sufficientemente lunghi.

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a) Dosatura:

Al crescere del carico, gli Nox tendono ad aumentare, dal momento che aumentano sia le temperature che l’estensione delle zone in cui si trovano concentrazioni di ossigeno prossime al valore stechiometrico.

b) Anticipo dell’iniezione:

Al diminuire dell’anticipo le emissioni di NOx diminuiscono, in quando la pressione e la temperatura massima diminuiscono.

c) Tenore dei gas residui

La presenza di gas combusti residui della combustione ricircolati nel cilindro provoca una diluizione in termini di tenore di ossigeno, con conseguente diminuzione della temperatura di picco raggiunta e quindi di NOx: su tale principio di fonda il funzionamento della valvola EGR.

• Idrocarburi totali (HC)

Gli idrocarburi totali includono composti derivanti dalla incompleta combustione del combustibile; si formano principalmente in due zone:

a) All’estrema periferia dello spray, dove la fiamma non riesce a propagarsi per la bassa concentrazione del combustibile e possono verificarsi quindi una ossidazione parziale e il cracking termico del combustibile.

b) Nella zona centrale del getto, dove le gocce non trovano l’ossigeno necessario alla combustione.

La composizione del combustibile influisce significativamente sulla composizione e quantità di HC.

• VOC (Volatile Organic Compound)

I composti organici volatili costituiscono la frazione volatile degli idrocarburi totali emessi; la loro presenza è dovuta principalmente alla combustione incompleta di molecole di combustibile e olio lubrificante.

I più importanti VOC sono il Benzene e l' 1,3-Butadiene, con effetti dannosi, e nel caso di benzene, cancerogeni, sull'uomo.

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Inoltre i VOC contribuiscono in varia misura all'effetto serra, concorrendo, assieme agli ossidi di azoto, alla formazione di ozono a livello del suolo.

2.7 QUADRO NORMATIVO

Le emissioni di inquinanti da autoveicoli sono state oggetto di regolamentazione fino dai primi anni 70, e soprattuto a partire dagli anni 90 sono stati fatti enormi progressi in campo di contenimento delle emissioni. I maggiori risultati sono ottenuti a partire dal 1992 con la definizione della normativa Euro 1, cui sono seguite negli anni Euro 2, Euro 3 ed Euro 4. Il succedersi di questi step normativi ha abbassato notevolmente i limiti di emissione, che sono destinati a calare sempre di più con le future normative attualmente in fase di definizione(Euro 5 ed Euro 6).

Le tabelle seguenti mostrano l’evoluzione della normativa a partire da Euro 1 per veicoli a benzina e diesel; si nota come in queste tabelle sia presente anche la nuova normativa Euro 5, i cui valori indicati sono quelli proposti dalla Commissione Europea.

Tabella 2.5. Evoluzione della normativa per motori Benzina e Diesel [g/km] Benzina

EURO 1 (‘92) EURO 2 (‘96) EURO 3 (‘00) EURO 4 (‘05) EURO 5 (‘0?)

HC 0.2 0.1 0.075

CO 2.72 2,2 2.3 1 1

(40)

NOX 0.15 0,08 0,06

PM 0,005*

Diesel

EURO 1 (‘92) EURO 2 (‘96) EURO 3 (‘00) EURO 4 (‘05) EURO 5 (‘0?) HC

CO 2.72 1 0.64 0.5 0.5

HC+NOX 0.97 0.7 0.56 0.3 0.25

NOX 0.5 0.25 0.2

PM 0.14 0.08 0.05 0.025 0.005

*=solo per i veicoli a iniezione diretta con combustione magra stratificata

Evoluzione normativa Euro

0,05 0,025 0,005 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7

EURO 3 (2000) EURO 4 (2005) EURO 5 (200?)

CO HC+NOX NOX PM

Figura 2.17 Evoluzione della normativa Euro – Motori Diesel

A partire dalla fase EURO III, la normativa europea prevede l'introduzione obbligatoria negli autoveicoli di una serie di strumenti diagnostici ( la "On Board

Diagnostic", OBD). Il sistema di diagnostica deve essere in grado di individuare tutti i

possibili malfunzionamenti o guasti in grado di causare un aumento delle emissioni inquinanti. I malfunzionamenti devono essere segnalati da una apposita spia e memorizzati mediante un codice di guasto.

• Motori ad accensione comandata:

- possibile riduzione efficienza catalizzatore per abbattimento HC; - accensioni irregolari o mancate;

- avaria sonda lambda. • Motori diesel:

(41)

- possibile riduzione efficienza trappola particolato; - quantità e fasatura iniezione combustibile.

Attualmente la proposta per i nuovi standards EURO 5 è in fase di discussione a livello del Parlamento Europeo ed una decisione finale sia sui limiti che sulla data di implementazione e’ attesa entro i prossimi mesi. La proposta EURO 5 potrebbe essere integrata con un ulteriore set di limiti che verrebbero implementati in una seconda fase (EURO 6) e che sostanzialmente introdurrebbero limiti uguali per veicoli diesel e benzina.. Nella normativa Euro 5, i limiti di emissione per il particolato vengono infatti ridotti di 5 volte (da 25 a 5 mg/km) proprio con l’intenzione dichiarata di forzare l’utilizzo dei filtri per il particolato. Inoltre, a testimonianza che si è voluto ridurre quanto più possibile il contributo del traffico alle emissioni di particolato primario, è stato indotto un limite in massa anche per una categoria di veicoli a benzina, quelli ad iniezione diretta con combustione magra stratificata.

Questi ultimi infatti hanno emissioni di particolato in termini di massa tipicamente prossime o addirittura superiori ai 5 mg/km che è appunto il nuovo limite per i veicoli diesel; naturale quindi che tale limite sia stato esteso anche a questa categoria.

Inoltre, è intenzione della Commissione affiancare al limite in massa del particolato un nuovo limite basato sulla misura del numero di particelle; ciò ha un obiettivo dichiarato: forzare l’uso di dispositivi di abbattimento delle emissioni di particolato che abbiano una efficienza elevatissima quale appunto quella tipica dei filtri per il particolato di tipo chiuso ed evitare che sia possibile rispettare i nuovi limiti facendo ricorso a sistemi che non assicurino la stessa efficienza sotto tutti i punti di vista.

Il campionamento delle emissioni dei veicoli diesel è regolato da test unificati su base europea, caratteristici del tipo di autovettura (LD o HD) e del tipo studio che si vuole eseguire sul mezzo. La tabella seguente illustra le diverse tipologie di prove che possono essere condotte.

Il test più utilizzato per il veicoli Light Duty è il test NEDC, composto da una fase urbana (ECE) e una extraurbana (EUDC)

(42)

Figura 3.18 Differenti tipi di test

2.8 LA NORMATIVA EUROPEA SUI FILTRI ANTIPARTICOLATO

OPEN-TRAP

Come già detto, l’interesse verso i filtri antiparticolato di tipologia open-trap non è dettata dal caso ma è dovuta in gran parte alla approvazione di una legge del 2006 in Germania, che prevedeva sconti fiscali ai possessori di autovetture dotate di filtro antiparticolato open-trap e closed-trap; questo spiega perché il mercato dei filtri destinati a retrofit è al momento prettamente tedesco: i produttori sono principalmente tedeschi o austriaci.

Sebbene in italia non ci sia una vera e propria legge a riguardo, l’interesse si è diffuso anche da noi, e più precisamente in Trentino Alto Adige (provincia autonoma di Bolzano). Secondo tre delibere della Giunta Provinciale di Bolzano26,27 28, , si permettono agevolazioni fiscali ai veicoli dotati di filtro antiparticolato; più in dettaglio i proprietari sono esentati dal pagamento di due annualità tassa automobilistica, nonché possono circolare nella provincia anche durante le giornate di blocco del traffico.

La Giunta ha anche definito una lista di produttori dai quali potere acquistare i filtri, che devono rispettare una riduzione media della massa di particolato del 30% e una riduzione media delle particelle ultrafini del 75%.29

(43)

Europea; questo vuol dire che in Italia, oltre che nella provincia di Bolzano, sarà presto possibile l’adozione di tali filtri per il controllo del particolato30. Il problema principale sarà quello di convincere gli automobilisti a installare, con spese comprese tra 500 e 1000 euro, tali dispositivi sulle loro autovetture.

2.9 EFFETTI SULLA SALUTE

Gli effetti sulla salute del particolato sono stati oggetto di numerosi studi; in questo paragrafo si vuole dare soltanto una panoramica del problema, senza entrare nei dettagli più specifici; in linea di massima, dipendono dalle caratteristiche chimico-fisiche delle particelle:

- Concentrazione massiva

- Distribuzione dimensionale delle particelle - Concentrazione numerica

- Area superficiale - Composizione chimica

Le varie parti del sistema respiratorio si comportano come un impattatore multistadio in quanto sono in grado di intercettare e rimuovere particelle con diametri sempre più piccoli. Le ciglia e le cavità nasali intercettano le particelle più grandi, ma non riescono a bloccare la polvere con Dp< 10μm; una volta catturate le particelle sono rimosse tramite tosse o starnuti.

Nella trachea e nei bronchi primari la polvere di dimensione superiore ai 5μm viene intercettata dal muco, che tramite un movimento ciliare viene trasportato fino alla faringe de eliminato per espettorazione o deglutizione.

(44)

Dp>0.65μm negli alveoli polmonari. Il particolato di dimensione inferiori non viene efficacemente intercettato, quindi tende in parte ad essere espirato. La sedimentazione all’interno dell’apparato respiratorio è generalmente più efficace nel range 2-4μm .

In base alla capacità di penetrazione nell’apparato respiratorio, il particolato viene classificato in:

• frazione inalabile, quella che entra nelle vie respiratorie superiori (Inalable PM, IPM);

• frazione toracica, che raggiunge i polmoni (Toracic PM, TPM);

• frazione respirabile, quella che va più in profondità, raggiungendo gli alveoli (Respirable PM, RPM).

Figura 2.19 Penetrazione delle particelle di particolato nell’apparato respiratorio umano

Dalle dimensioni riportate in figura è chiaro come le particelle prodotte da motori diesel (che come visto sono dell’ordine dei nm) giungano fino agli alveoli (frazione respirabile).

Il particolato diesel è considerato dannoso per la salute umana sia per il fatto che giunge nel profondo dell’apparato respiratorio e in secondo luogo porta con sé, adsorbite sulla superficie, tutte quelle sostanze cancerogene ed irritanti che si formano in fase di combustione.

Figura

Tabella 1.1 Valori di alcuni parametri caratteristici per motori benzina o diesel
Figura 2.5 Nuove immatricolazioni secondo il tipo di alimentazione 1
Figura 2.6 Consistenza del parco veicolare secondo l’età delle autovetture 1
Tabella 2.2 Suddivisione delle sorgenti di particolato in antropiche/naturali e primarie/secondarie
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Riferimenti

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