Problemi di fisica del reattore ad acqua leggera e metodi di calcolo neutronico avanzati
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Rapporto Tecnico
Accordo di programma ENEA-MSE: tema di rice rca "Nuovo nucleare da fissione"
Reattori nucleari ad acqua leggera, Fisica del reattore
e
metodi di calcolo neutronico
Argomenti trattati:
Sommario
II presente rapporto espone Ieprincipali problematiche difisica dei reattori adacqua leggera in relazione al loro calcolo neutronico, con particolare riguardo all'utilizzo di tecniche, metodi ecodici avanzati di tipo deterministico. Vengono esposti e sintetizzati i principali progressi compiuti negli ultimi 15 anni circa, in relazione anche aile strutture a gruppi energetici ed ai metodi di cal colo piu idonei al
trattamento accurato delle sezioni d'urto efficaci e deli'autoschermo. Viene posta in evidenza I'importanza dell'aggiornamento delle sezioni d'urto associato al variare del burnup del combustibile ed aile variazioni spettrali connesse al buildup del plutonio 0 piu in generale diisotopi fortemente assorbenti. Sono poianalizzate Ieproblematiche derivanti dalla necessita diutilizzare combustibile ad alti burnup con ilconseguente ricorso a veleni bruciabili per ilcontenimento della reattivita a BOL ed iproblemi dimodellizzazione ad essi
associati. Analogamente
e
fatto cenno all'impatto sulle tecniche di calcolo dell'utilizzo di combustibile MOX ed aile differenze rispetto a combustibile UOX. Sono poi esaminate Ie problematiche connesse al calcolo di interfaccia tra nocciolo e riflettore. Infine so no presentate Ietecniche delle Probabilita diCollisione e del Metodo delle Caratteristiche perla risoluzione dell'equazione del trasporto dei neutroni per geometrie eterogenee complesse.II presente Rapporto costituisce pertanto una base per Ie discussioni tecniche e per gli approfondimenti scientifici che si terranno nell'ambito deli'accordo STC recentemente firmato da ENEA eCEA sull'utilizzo deicodici deterministici Apollo2 e Cronos2 per ilcalcolo degli LWR. Inparticolare contribuisce allo sviluppo edalia qualificazione dimetodi emodelli di analisi e simulazione dei piu recenti ed
avanzati reattori ad acqua leggera di Generazione III e111+.
Note
Autori: G. Glinatsis, G. Grasso, R. Pergreffi, F. Rocchi
Copia n. In carico a: NOME 2 FIRMA NOME 1 FIRMA
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Indice Generale
Indice Generale ... 2
1. Strutture a gruppi ed autoschermo ... 3
2. Modelli di Calcolo del Resonance Absorption per LWR ... 19
Modello di Fermi – Caso Omogeneo ... 19
Modello di Fermi – Caso Eterogeneo ... 22
Modello di Fermi – Caso Eterogeneo con zona risonante contenente anche materiale non risonante ... 25
Modello di Livolant-‐Jeanpierre – Caso Omogeneo ... 26
Modello di Livolant-‐Jeanpierre – Caso Eterogeneo ... 28
Modello di Livolant -‐Jeanpierre – Versioni avanzate ... 28
Il metodo delle Tabelle di Probabilità ... 29
Modelli semplificati del kernel di rallentamento per l’omogeneizzazione ... 32
Correzioni per considerare l’assorbimento da parte dei moderatori ... 33
3. Alto burnup: Boro, veleni bruciabili e Gadolinio ... 33
4. Il rapporto p/d ... 41
5. Cenni al Rim Effect ... 46
6. Combustibile MOX ... 49
7. Interfaccia nocciolo-‐riflettore nei codici deterministici ... 55
8. Alcuni codici utilizzati per la neutronica dei LWR ... 59
9. Introduzione al Metodo delle Caratteristiche ed al Metodo delle Probabilità di Collisione ... 61
Appendice 1: Struttura a gruppi SHEM-‐281 ... 70
Appendice 2: Struttura a gruppi WIMS-‐69 ... 73
Appendice 3: Struttura a gruppi XMAS-‐172 ... 74
Bibliografia ... 75
Indice delle Tabelle ... 77
1. Strutture a gruppi ed autoschermo
Il calcolo neutronico, sia esso di progetto o di verifica, dei reattori termici richiede, per la rilevanza industriale e dunque economica che oggigiorno tali reattori hanno e per il ruolo fondamentale che essi rivestono, una precisione ed un’accuratezza sempre maggiore. Non ci si può limitare a calcoli di massima o di semplice fattibilità, lasciando poi a valutazioni future il compito di affinare il progetto, ma occorre dare credibilità al design neutronico mediante l’utilizzo di modelli e metodi il più possibile rigorosi e raffinati, se di tale design si pretende poi un’implementazione industriale. E’ evidente che, secondo questo tipo di approccio, il progetto del nocciolo di un reattore termico dovrebbe avvenire in un modo che sia il più possibile consistente e coerente in ogni suo aspetto ed in ogni sua parte, non solo in quella neutronica ma anche in quella termoidraulica, termomeccanica, chimica, del combustibile ecc. Tale approccio integrato, alquanto oneroso sia per quanto riguarda la modellazione fisico-‐matematica che per la sua realizzazione computazionale, è in effetti ancora in fase di sviluppo. Si cerca oggigiorno non più di accoppiare in cascata i codici di neutronica ai codici di termoidraulica, ma di procedere ad una progettazione che fin dall’inizio tenga in conto le necessità ed i requisiti di ogni singolo aspetto; non più dunque una progettazione iterativa ma una progettazione di tipo multifisico. Sebbene si sia ancora lontani dal poter impiegare proficuamente tale approccio integrato, nondimeno si cerca di raffinare sempre più almeno le singole fasi, ancora purtroppo disgiunte, della progettazione.
In particolare, per quanto riguarda la progettazione neutronica, non basta più ricorrere all’utilizzo di codici testati e validati; è necessario che tali codici siano impiegati con librerie di dati nucleari che siano state anch’esse altrettanto bene testate e validate mediante l’utilizzo dei medesimi codici. Non solo, ma anche un codice ben testato associato ad una libreria ben validata può dare origine ad errori grossolani se impiegato secondo procedure scorrette che non siano state previste da chi ha scritto il codice. A garanzia della qualità del risultato occorre quindi che sia ben definito, testato e validato, in altre parole ottimizzato, l’accoppiamento della terna: codici di calcolo – librerie di dati – schemi di calcolo. Questo è tanto più vero quanto più si deve fare ricorso a calcoli di tipo deterministico per la progettazione o per la verifica di noccioli termici. Se da un lato i codici deterministici devono adottare approssimazioni che ne limitano l’applicabilità a ben determinate situazioni, dall’altro lato sono proprio queste approssimazioni, se controllate e ben costruite, che rendono l’approccio deterministico elettivo per l’ambito industriale, dove molti calcoli, spesso parametrici, devono essere portati a termine in tempi ragionevolmente brevi. Si badi inoltre che calcoli di neutronica accoppiati alla termoidraulica sono necessari molto frequentemente anche durante l’esercizio di un impianto,
specie quando si devono determinare gli effetti di transitori o si vuole migliorare l’efficacia di bruciamento di un dato combustibile.
Analizzando le librerie di dati nucleari, in particolare di sezioni d’urto, va messo in evidenza che non solo queste devono essere aggiornate in relazione alla disponibilità di nuovi o più recenti file di sezioni d’urto valutate, ma devono essere rese disponibili al codice di cella in una struttura a gruppi energetici che sia confacente al tipo di calcolo di interesse. In un reattore a spettro veloce la particolare struttura fine a gruppi in zona epitermica e termica è molto meno importante della struttura a gruppi in zona veloce, proprio perché il flusso in zona di rallentamento è molto più basso di quello in prossimità delle energie di fissione. Viceversa in un reattore termico sarà necessario un infittimento in zona epitermica e termica proprio perché durante il rallentamento i neutroni attraversano la zona energetica delle risonanze risolte dei nuclidi di cui è composto il nocciolio; in zona veloce si può ricorrere più semplicemente ad una struttura a gruppi meno densa. Solo se il collassamento a pochi gruppi operato dal codice di cella, necessario per il successivo calcolo di nocciolo, tiene in conto in maniera efficace degli importanti fenomeni che avvengono in zona epitermica e termica (essenzialmente dovuti a catture neutroniche da parte di vari isotopi: prodotti di fissione, veleni neutronici ed attinidi di varia natura), sarà possibile un calcolo di intero reattore che riproduce fedelmente e con l’accuratezza richiesta il comportamento del nocciolo. E’ dunque evidente che se già la struttura a gruppi iniziale non è in grado di descrivere accuratamente i fenomeni in zona epitermica e termica, allora nemmeno le sezioni d’urto collassate a pochi gruppi potranno servire agli scopi della progettazione o verifica dei reattori termici. Va notato che non si tratta semplicemente di infittire od addensare i gruppi nelle zone energetiche di interesse allo scopo di migliorare la convergenza numerica di una procedura o di un particolare algoritmo di calcolo, oppure di poter disporre di un numero maggiore di punti rappresentativi sull’asse energetico, ma di poter mettere in evidenza gli effetti su larga scala spaziale (autoschermo spaziale) e temporale (variazione dello spettro a seguito del burnup) delle numerose risonanze degli isotopi presenti. Tali risonanze risultano infatti molto ravvicinate in energia, al punto da creare interferenza tra loro nonché mutuo autoschermo energetico (“mutual shielding”, es. tra 238U ed il prodotto di fissione 150Sm). Se le risonanze sono molto ravvicinate, sino al limite di sovrapporsi, e questo è proprio il caso dei reattori termici, non è più possibile impiegare nel calcolo delle sezioni d’urto efficaci i modelli di rallentamento che facciano ricorso alla soluzione asintotica per il flusso durante il rallentamento stesso (andamento 1/E), ma si instaureranno per lo spettro neutronico i tipici comportamenti descritti dalle discontinuità di Placzek. Sebbene in misura meno marcata, tale problema si presenta anche in zona intermedia o veloce per le risonanze degli isotopi del refrigerante
e degli strutturali; tra questi si possono citare 16O, 23Na, 27Al, 56Fe, 58Ni, 55Mn. In Figura 1 sono evidenziate le principali risonanze di assorbimento tra 0.25 e 4 eV; sono ben messe in evidenza le sovrapposizioni e le interferenze tra le risonanze di vari isotopi attorno a 0.3 eV, 0.6 eV, 1 eV, 1.3 eV, 2.5 eV, 3.8 eV ecc. In Figura 2 sono evidenziate invece le principali risonanze di assorbimento tra 4 e
23 eV. Analogamente in Figura 3 sono messe in evidenza le posizioni reciproche dei picchi di risonanza
per le sezioni d’urto totale tra 200 eV e 200 keV.
Figura 1: Principali risonanze di assorbimento tra 0.25 e 4 eV.
Figura 2: Principali risonanze di assorbimento tra 4 e 23 eV.
Figura 3: Principali risonanze della sezione d'urto totale tra 200 eV e 200 keV.
Le principali risonanze degli attinidi sono raggruppate in Tabella 1. Le principali risonanze dei prodotti di fissione sono raggruppate in Tabella 2. Le principali risonanze degli assorbitori neutronici e dei
veleni bruciabili sono raggruppate in Tabella 3. Infine le principali risonanze dei materiali strutturali
sono raggruppate in Tabella 4.
Tabella 1: Principali risonanze degli attinidi. 234U ER = 5.2 eV
235U ER = 2.0, 2.8, 3.6, 4.8, 5.4, 6.4, 7.1, 8.8, 9.3, 11.7, 12.4, 14.0, 16.1, 16.7, 19.3, 21.1 eV 236U ER = 5.4 eV
238U ER = 6.7, 20.9 eV 237Np ER = 0.50, 1.5, 3.8, 5.8 eV 238Pu ER = 18.6eV
239Pu ER = 0.30, 7.8, 10.9, 11.9, 14.3, 14.7, 17.7, 22.3 eV 240Pu ER = 1.0, 20.5eV
241Pu ER = 0.26, 4.3, 8.6, 13.4, 14.8, 17.9 eV 242Pu ER = 2.7 eV
241Am ER = 0.31, 0.58, 1.3, 5.4, 5.9 eV 243Am ER = 1.36 eV 243Cm ER = 2.3 eV 244Cm ER = 7.7 eV
Tabella 2: Principali risonanze dei prodotti di fissione. 135Xe ER = 0.08 eV
149Sm ER = 0.10 eV 103Rh ER = 1.26 eV 131Xe ER = 14.4 eV 133Cs ER = 5.9 eV 147Pm ER = 5.4 eV 152Sm ER = 8.1 eV 99Tc ER = 5.6, 20.3 eV 145Nd ER = 4.3 eV 153Eu ER = 2.5 eV 95Mo ER = 44.9 eV 155Eu ER = 0.60 eV 154Eu ER = 0.20 eV
Tabella 3: Principali risonanze degli assorbitori e dei veleni neutronici. 107Ag ER = 16.3 eV
109Ag ER = 5.2 eV 113Cd ER = 0.18 eV 115In ER = 1.5, 3.8 eV 177Hf ER = 1.1, 2.4, 5.9, 6.6, 8.9, 22.0 eV 176Hf ER = 7.9 eV 178Hf ER = 7.8 eV 179Hf ER = 5.7 eV 155Gd ER = 2.6 eV 157Gd ER = 0.03, 16.8, 20.6 eV 167Er ER = 0.46, 0.58, 6.0 eV
Tabella 4: Principali risonanze dei materiali strutturali. 55Mn ER = 0.34, 1.1, 2.3 KeV
58Ni ER = 15.3 KeV 56Fe ER = 27.8 KeV 27Al ER = 34.7, 87.3, 120 KeV 23Na ER = 2.8, 53.7 KeV 16O ER = 434, 1000, 1312 KeV
Una struttura a gruppi che possa includere all’interno di ciascun intervallo energetico poche risonanze, od al limite una sola, evita a priori il problema dell’interferenza tra le risonanze stesse. Si può quindi evitare di impiegare per i gruppi così definiti i formalismi, più o meno accurati che siano, del self-‐shielding nel calcolo della sezione d’urto di gruppo. Negli ultimi dieci anni sono state dunque sviluppate ed introdotte apposite strutture a gruppi energetici in grado di minimizzare i problemi testé evidenziati. Ad esempio un importante e recente struttura a gruppi è quella denominata SHEM (dal nome degli scienziati che l’hanno introdotta nel 2005: “Santamarina-‐Hfaiedh Energy Mesh”); è composta da 281 gruppi. La necessità di sviluppare una struttura a gruppi più raffinata è nata dalla constatazione che la struttura a gruppi più comunemente utilizzata dai codici deterministici europei sino alla metà del primo decennio del 2000 era la XMAS-‐172, una struttura a 172 gruppi sviluppata congiuntamente da Francia e Gran Bretagna, nata però con molti vizi concettuali. Era stata infatti concepita come la semplice unione della struttura a 99 gruppi impiegata dal codice di cella francese Apollo1 e di quella a 69 gruppi del codice di cella britannico WIMS. In conseguenza di ciò la struttura XMAS presenta gruppi abnormi ed irregolari, e non ha raggiunto lo scopo di eliminare gli errori dovuti al self-‐shielding in zona termica (E<4.0 eV), in particolar modo quelli dovuti alla risonanza a 2.7 eV di 242Pu. La struttura SHEM è stata appositamente pensata per evitare a priori calcoli di self-‐shielding per energie inferiori a 23 eV: le risonanze degli attinidi, dei principali prodotti di fissione e degli assorbitori sono descritte ricorrendo ad una raffinamento della meshatura energetica. Nonostante il maggior numero di gruppi energetici rispetto alla XMAS, il tempo di calcolo di un codice di cella che impieghi la struttura SHEM non aumenta troppo poiché la struttura SHEM stessa è tale che il numero di gruppi per cui è richiesta l’applicazione dei formalismi di self-‐shielding è pressoché uguale a quello della struttura XMAS. I calcoli risultano tuttavia più accurati grazie ad una meshatura non solo più fitta ma anche più intelligente alle basse energie. Procedendo con la stessa filosofia di approccio, e forti dei miglioramenti introdotti con la struttura SHEM-‐281, Hébert e Santamarina hanno proposto nel 2008 un raffinamento a 361 gruppi della stessa, denominata SHEM-‐361. Le modifiche consistono nell’aumentare da 38 a 118 i gruppi nell’intervallo energetico da 22.5 eV a 11.14 keV. Per quanto noto a chi scrive, la struttura SHEM-‐361 è stata ad oggi implementata nel solo codice di cella Dragon,
tuttavia è facile immaginare che nel giro di pochi anni verrà ampiamente adottata. Secondo Hébert e Santamarina la struttura SHEM-‐361 potrebbe addirittura rimpiazzare, riducendo molto l’onere computazionale, l’attuale struttura a 1968 gruppi, basata su una griglia letargica di 1/120, tipica dei calcoli di cella per reattori veloci (es. codice ECCO). E’ stata studiata anche una griglia energetica intermedia a 295 gruppi non ancora pubblicata ma utilizzabile dal codice Dragon.
Figura 4: Confronto fra strutture a gruppi.
In Figura 4 vengono confrontate varie strutture a gruppi; si nota che il numero di gruppi diminuisce dall’alto al basso man mano che si passa da codici di cella (es. Apollo e WIMS) a codici di nocciolo (strutture a 2 e 4 gruppi per LWR). Nella figura non compaiono le strutture a 1968 gruppi e le SHEM. La struttura c.d. Universale rappresenta la suddivisione minima per poter fare calcoli accurati senza dover ricorrere a dei modelli per il self-‐shielding. La struttura a 25 gruppi FNR è usata per calcoli di reattori veloci. Le strutture collassate a 2 e 4 gruppi sono impiegate oggigiorno nei codici di nocciolo per calcoli legati ad esigenze industriali dei LWR; attualmente EdF usa solo due gruppi per la progettazione di reattori ad acqua pressurizzata. Ovviamente i valori delle sezioni d’urto collassate a due gruppi adottati da EdF provengono da calcoli di cella effettuati con strutture molto fini, tipo SHEM-‐281.
L’importanza di non dover ricorrere a calcoli di autoschermo grazie all’utilizzo di una struttura a gruppi ottimizzata è messa in evidenza da diversi vantaggi:
1) in un LWR, durante il bruciamento del combustibile, si ha la produzione di numerosi attinidi (es. gli isotopi del Pu) e di numerosi prodotti di fissione, specie se il reattore è ad alto burnup,
che, catturando molto efficacemente i neutroni durante il rallentamento grazie alle loro risonanze localizzate, sono in grado di alterare sensibilmente lo spettro neutronico, indurendolo, durante il bruciamento stesso. Questo comporta il dover ripetere molte volte il calcolo di cella al variare del burnup e ciò, se il calcolo non è accurato a causa di un autoschermo malamente valutato, comporta l’accumularsi e l’amplificarsi di errori che alla fine diventano inaccettabili. Se il calcolo di cella è semplificato da una struttura a gruppi ottimizzata in modo da minimizzare i calcoli approssimati di self-‐shielding, allora l’aggiornamento delle sezioni d’urto al variare del burnup risulterà più preciso. Le variazioni delle sezioni d’urto con il burnup sono molto più accentuate in un LWR che in un FR.
2) per quanto detto al punto precedente, in un LWR a UO2 o caricato in parte od in toto a MOX,
si ha uno spettro neutronico fortemente variabile con il burnup; questo richiede l’aggiornamento delle sezioni d’urto efficaci e dunque un impegno computazionale molto oneroso in termini di tempo di calcolo. Questo tempo di calcolo, a parità di accuratezza, può essere fortemente ridotto qualora si possa fare a meno di ricorrere, almeno in alcune zone energetiche, a modelli di autoschermo grazie all’adozione di una struttura a gruppi ottimizzata.
Per far capire quanto calcoli imprecisi di autoschermo (punto 1) sopra) possano portare a grandi
errori di valutazione di parametri globali quali k∞ si fa riferimento alla Figura 5 dove sono graficate le
differenze tra il Δk∞ di burnup per un assembly UOX calcolato ricorrendo ad una struttura XMAS e ad
una struttura SHEM-‐281. Si può notare che per il combustibile fresco la differenza è relativamente piccola, ma questa può arrivare a +650 pcm a 60 MWd/kg. Un’analisi dei bilanci di reaction rates indica, vedi Tabella 5, che questo effetto è imputabile ad una sovrastima da parte del calcolo con struttura XMAS dell’assorbimento in zona di risonanza da parte degli attinidi minori e dei prodotti di fissione.
Figura 5: Differenze sul reactivity loss tra strutture SHEM e XMAS.
In particolare si può notare come la sovrapposizione tra le risonanze di cattura radiativa del 238U e del 150Sm (vedi Figura 6) a 20.65 eV e 20.8 eV rispettivamente causino a 60 MWd/kg una discrepanza nel calcolo di circa 90 pcm. Con la struttura SHEM l’avvelenamento da Samario è ridotto di un 30% circa!
Tabella 5: Bilancio delle reaction rates: confronto XMAS vs SHEM.
Figura 6: Risonanze sovrapposte in zona termica di 238U e 150Sm.
Per dare invece un’idea della grande variabilità delle sezioni d’urto efficaci indotte da variazioni dello spettro al variare del burnup nei reattori termici si fa riferimento all’esempio di Figura 7. E’ ivi graficata la sezione d’urto microscopica efficace di assorbimento per 240Pu al variare del burnup per un tipico assembly di PWR con un arricchimento iniziale in 235U del 3% in massa, una densità
dell’acqua di 0.7135 g/cm3, ed irraggiato a 40 MW/MTU per 1500 giorni (tratta dal manuale del
codice OrigenArp).
Una giustificazione a tale grande variazione (superiore ad un fattore 2) può essere fornita esaminando le grosse differenze tra gli spettri in funzione della letargia neutronica in zona termica (qui definita da E<3.38 eV, corrispondente agli ultimi 48 gruppi della struttura a 99 gruppi) di uno stesso PWR caricato a UOX (3.7% 235U) ed a MOX (6.5% Pu) rispettivamente, Figura 8.
Figura 8: Spettri in zona termica per PWR a UOX e MOX.
Nella stessa figura è rappresentato a linea tratteggiata lo spettro maxwelliano all’energia kT = 0.0499 eV (corrispondente a T=305°C) normalizzato allo stesso numero di neutroni dello spettro per UOX; si può notare come tale spettro riproduca quello dell’UOX a meno del tipico shift alle basse energie (absorption cooling). La principale differenza tra le situazioni UOX e MOX che salta subito agli occhi è che il numero di neutroni in zona termica è molto più basso per il caso MOX: circa 4 volte meno. Si parlava infatti poco sopra di indurimento dello spettro. Ciò è dovuto al maggiore assorbimento neutronico in zona termica di un combustibile che contenga Pu rispetto ad un combustibile privo di Pu. Si possono citare tre spiegazioni distinte a questo fenomeno:
-‐ il contenuto di plutonio che sostituisce 235U è solamente circa 2/3 fissile rispetto al contenuto di 235U; è infatti ottenuto dal reprocessing di combustibile precedentemente irraggiato di un PWR. Il vettore isotopico del Pu è pertanto composto da:
i cui isotopi ad A pari sono fissionabili ma non fissili;
-‐ le sezioni d’urto microscopiche di assorbimento a 2200 m/s (0.025 eV) sono più alte per gli isotopi fissili del plutonio che per 235U;
-‐ la presenza di potenti risonanze molto larghe per gli isotopi di Pu: 0.3 eV per 239Pu e 241 Pu; 1.06 eV per 240Pu e 2.5 eV per 242Pu (vedi Figura 1).
Le risonanze a 0.3 e 1.06 eV sono in grado di generare le spettacolari depressioni visibili nello spettro di Figura 8 e quindi di indurire molto lo spettro stesso rispetto al caso UOX. La risonanza di 242Pu a 2.5 eV è malamente descritta proprio a causa della struttura a gruppi troppo povera.
Un’altra diretta conseguenza dello scostamento di uno spettro di fuel contenente plutonio da un andamento maxwelliano è proprio l’impossibilità, pena produrre gravi errori, di ricorrere ad uno spettro maxwelliano per produrre sezioni d’urto efficaci.
L’evoluzione di un combustibile UOX all’aumentare del burnup può essere, almeno in prima approssimazione, immaginato avere degli effetti sullo spettro tali da far evolvere lo spettro stesso da quello tipico dell’UOX (BOL) a quello tipico del MOX (EOL), passando per tutte le forme intermedie. E’ evidente che questo ha pesanti ripercussioni a livello fisico (alcune saranno evidenziate successivamente) ma anche a livello computazionale. Ad esempio se si vuole evitare di ricorrere ai modelli per l’autoschermo, sempre approssimati (si veda oltre) ed onerosi in termini di tempo macchina, impiegando una struttura a gruppi più fine per gli intervalli energetici di interesse, è necessario utilizzare una struttura che già sin dall’inizio preveda la presenza ad alto burnup di quegli isotopi che hanno forti e potenti risonanze il cui effetto si manifesta al crescere del burnup. Questo è proprio il ruolo di una struttura tipo SHEM.
In Figura 9 è evidenziata l’evoluzione al variare del burnup per gli isotopi del plutonio in un LWR inizialmente arricchito al 4.5% in 235U.
Figura 9: Evoluzione degli isotopi del plutonio in un LWR.
Un altro grosso impatto di questi fenomeni legati alla variazione dello spettro con il burnup è sulle procedure consigliate, o se si preferisce il termine, sugli schemi computazionali consigliati per un dato tipo di calcolo. Più sopra si parlava dell’esigenza dell’utilizzo di una terna ottimizzata codici di calcolo – librerie di dati – schemi di calcolo; sinora si è accennato parzialmente all’impatto delle librerie di dati e solo marginalmente ai codici di calcolo, ma quanto appena detto impatta direttamente anche sullo schema di calcolo. Infatti occorrerà avere a priori un’idea su quante volte, ed a quali valori di burnup, ripetere il calcolo di cella per avere una buona descrizione dell’evoluzione del fuel e quindi dello spettro di un LWR. Questo fa parte delle best-‐practices che vengono consigliate dagli sviluppatori di codici, in funzione anche delle librerie utilizzate. Un esempio verrà dato successivamente quando si affronteranno le modalità di calcolo per il gadolinio usato come veleno bruciabile. Può essere dato qua un altro esempio, che ha più a che fare con la fisica dell’autoschermo cui si accennerà a breve, tratto dalle best-‐practices consigliate dal CEA per l’utilizzo di Apollo2.
Sino al 2004, cioè prima dell’introduzione delle librerie con struttura SHEM, il CEA raccomandava per l’analisi dei LWR la catena o terna Apollo2.5/CEA-‐97/CEA93.V6. La versione del codice di cella consigliato era la 2.5 di Apollo, unitamente alle librerie CEA93 versione 6, basate sulla struttura XMAS
a 172 gruppi e con xs derivate da JEF 2.2, e lo schema di calcolo era quello codificato come CEA-‐97. Come si vedrà, lo schema di calcolo era alquanto complicato, anche a causa della struttura XMAS. Esso consisteva nelle seguenti raccomandazioni:
-‐ Calcolo del Flusso: -‐ uso del metodo UP1;
-‐ gap di acqua tra gli assembly integrato nelle sole celle periferiche di un assembly;
-‐ raggruppamento delle celle con flusso simile in un’unica cella “fisica”; per un assembly 17x17 ad UOX ciò consiste nell’adozione di 18 celle fisiche per il fuel, 2 celle fisiche per i tubi guida ed una cella fisica per il tubo strumentato;
-‐ le pellet devono essere splittate volumetricamente in almeno quattro anelli concentrici;
-‐ gli assembly con ossido di Gadolinio non devono avere celle fisiche; -‐ Calcolo del self-‐shielding: -‐ 238U, 235U, 236U, 239Pu, 240Pu, 241Pu, 242Pu, 241Am e gli
isotopi dello Zirconio devono essere sottoposti a calcolo di autoschermo;
-‐ per le risonanze larghe di 238U si deve ricorrere al metodo UP1,
mentre per gli altri isotopi è bastevole il metodo UP0;
-‐ l’autoschermo spaziale deve essere tenuto in conto mendiante il
metodo della Matrice di Background;
-‐ per 238U tre pin devono essere differenziate per tenere in conto le
differenze sul coefficiente di Dancoff a causa del gradiente di flusso in prossimità dei tubi guida;
-‐ Calcolo di depletion: -‐ è consigliato di ricalcolare il self-‐shielding ai seguenti step: 0, 37, 75,
112.5, 150, 325, 500, 750, 1000, 1500, 2000, 2500, 3000 e poi a step
di 1000 MWd/tm;
-‐ per gli assembly gadoliniati la spaziatura temporale è più fine; la
discretizzazione del volume è in 11 anelli concentrici;
-‐ la catena deve prevedere almeno 20 attinidi (da 234U a 247Cm) e
85 FP; -‐ Collassamento e omogeneizzazione:
-‐ condensazione da 172 a 20 gruppi;
-‐ utilizzo del metodo SPH;
-‐ Calcoli di nocciolo: -‐ trasporto P1/S8;
-‐ schema nodale lineare/lineare.
Siccome la più parte del tempo di calcolo è impiegata nella parte relativa al self-‐shielding, è evidente che ogni miglioria in questo ambito (es.: XMAS → SHEM) è ben vista.
Dal 2005, a seguito anche dell’introduzione della struttura SHEM e dell’implementazione in Apollo del Metodo delle Caratteristiche (MOC), il CEA ha istituito una nuova “route” di calcolo, indicata con Apollo2.8/REL2005/CEA2005-‐SHEM. La libreria a 281 gruppi CEA2005-‐SHEM è basata sulle
valutazioni JEFF 3.11. Lo schema REL2005 può essere descritto come un approccio a due livelli
costituito da un primo calcolo fine in energia ma grossolano in spazio, seguito poi da un raffinamento che consiste in un calcolo grossolano in energia ma fine in spazio. Nel primo step lo spettro
neutronico è calcolato ricorrendo alle probabilità di collisione Pij (UP1) su quello che è definito
“mezzo di primo livello”; le pellets devono essere discretizzate in 4 anelli concentrici (UOX) o 6 anelli concentrici (pellets gadoliniate) per dare un’adeguata rappresentazione dell’assorbimento di 238U e degli isotopi pari del Gadolinio. L’autoschermo è calcolato solo per E>23 eV, come previsto dalla struttura SHEM; al di sopra di tale energia il self-‐shielding è calcolato sempre con il metodo della Matrice di Background. Calcolato lo spettro, le sezioni d’urto vengono collassate, senza alcuna omogeneizzazione spaziale, non più a 20 gruppi ma a 26 gruppi. La struttura a 26 gruppi è stata adottata poiché un’analisi dettagliata del bilancio neutronico per assembly MOX aveva mostrato alcuni problemi causati dalla mancanza di discretizzazione della risonanza a 1.06 eV di 240Pu. Il gruppo che includeva questa risonanza è stato splittato in 7 gruppi, portando la struttura dai vecchi 20 agli attuali 26 gruppi; questa struttura è consigliata sia per assembly UOX che MOX.
Nel secondo step di REL2005 viene fatto un calcolo in geometria eterogenea esatta (“mezzo di secondo livello”) a 26 gruppi, ricorrendo alla potenza delle mesh non strutturate, che consentono di descrivere esattamente la geometria senza approssimazioni, ed alla possibilità di trattare scattering anisotropo tipiche del Metodo delle Caratteristiche (MOC).
Se è richiesto un calcolo di bruciamento, questo è fatto solo per i mezzi di secondo livello con i flussi calcolati dal MOC con le nuove concentrazioni che vengono passate ai mezzi di primo livello al fine di ripetere i calcoli di spettro su struttura fine SHEM-‐281, e così via. Gli step di bruciamento consigliati per l’aggiornamento delle sezioni d’urto sono: 4, 8, 12, 24, 36, 48 ecc. MWd/kg.
1 L’utilizzo delle librerie valutate JEFF3.1 al posto delle precedenti JEF 2.2 ha consentito tra l’altro di risolvere
alcuni problemi nel calcolo degli LWR, tra cui le discrepanze osservate nelle previsioni di buildup di 236U, 237Np e 242Pu, sia in fuel UOX che MOX.
La meshatura spaziale deve essere fatta cercando anche di seguire la forma spaziale del flusso termico che è quello soggetto ai più forti gradienti spaziali in prossimità delle zone di assorbimento. Lo schema REL2005 è illustrato in Figura 10.
Figura 10: Schema di calcolo CEA REL2005.
Per dare un esempio delle potenzialità del nuovo schema di calcolo si può citare che alcuni benchmark effettuati nel 2008 hanno evidenziato come il calcolo dell’efficacia delle barre di controllo a carburo di boro per un BWR sia affetto da un errore di sovrastima; tale errore è stato ridotto da un +2.1% usando lo schema di calcolo Apollo2.5/CEA-‐97/CEA93.V6 ad un +1.4% usando lo schema REL2005.
Un altro importante improvement in Apollo2.8 è stato l’introduzione di un raffinato metodo di trattamento del self-‐shielding in miscele di isotopi risonanti per le energie intermedie (33 – 200 eV) che consente di tenere rigorosamente in conto il mutuo autoschermo (“mutual self-‐shielding”) delle risonanze degli attinidi minori. Questo metodo sofisticato è richiesto per gli assembly MOX e nella parte superiore dei noccioli BWR (caratterizzata da alte frazioni di vuoto); particolare attenzione è
rivolta alla sovrapposizione delle risonanze di 238U/240Pu a 37 eV, di 238U/240Pu/239Pu a 66 eV (quarta risonanza di 238U, gruppo 85 della struttura SHEM, vedi Figura 11).
Per capire quanto questa parte della Fisica del Reattore sia complessa e purtroppo approssimata, occorre fare una breve panoramica sui principali modelli e metodi usati per il calcolo dell’autoschermo nei reticoli dei LWR.
Figura 11: Sovrapposizione risonanze di 238U, 239Pu e 240 Pu a 66 eV.
2. Modelli di Calcolo del Resonance Absorption per LWR
Modello di Fermi – Caso Omogeneo
Si distinguono solo un materiale risonante (denotato con il pedice 0) ed un materiale non risonante (puramente moderante, denotato con il pedice 1). L’equazione di bilancio neutronico durante il rallentamento si scrive come:
Σ!+ Σ! Φ ! = !
dove D è la densità di neutroni che giungono per scattering alla letargia u. Le sezioni d’urto macroscopiche sono ovviamente da intendersi come totali, in quanto devono esprimere la rimozione
dalla letargia u. Si nota che Σ1 e D sono funzioni regolari e lentamente variabili con u (D lo è poiché il
rallentamento da parte del materiale risonante 0 è considerato trascurabile); viceversa Σ0 e φ hanno
una struttura alquanto complicata e molto rapidamente variabile a causa delle risonanze. Per separare l’andamento risonante e complicato da quello regolare si è soliti scomporre l’espressione per il flusso nel prodotto di due fattori
Φ ! = ! Σ!+ Σ! = Ψ! = ! Σ! Σ! Σ!+ Σ!
il primo dei quali Ψ =!!! viene chiamato flusso macroscopico o flusso regolare ed il secondo
! = !!
!!!!! è il c.d. fattore di autoschermo. Quest’ultimo fattore descrive gli effetti delle risonanze
sulla struttura fine del flusso; si nota che quanto più Σ0 è grande rispetto a Σ1, ad esempio nell’intorno
di una risonanza, tanto più piccolo è il fattore di autoschermo e tanto più depresso risulterà nello stesso intorno il flusso neutronico (prodotto del flusso regolare per il fattore di autoschermo). In Figura 12 è schematizzata la decomposizione del flusso nella sua parte regolare macroscopica e nella parte periodica di struttura fine.
Figura 12: Schematizzazione di reticolo piano con flusso macroscopico e struttura fine.
Per chiudere il modello occorre trovare una relazione tra la densità di collisione per unità di letargia
D o la densità di rallentamento Q, ed il flusso macroscopico. Si ricorda che la funzione Q è definita
!"
!" = −Σ!!Φ
nell’ipotesi che l’assorbimento sia dovuto al materiale 0 e che i contributi diretti delle sorgenti di fissione possano essere trascurati nel range energetico delle risonanze.
Il più vecchio modo di chiudere il modello è quello proposto da Fermi, che collega Q al flusso regolare:
! ≅ !Σ! !Ψ
Si ha allora un sistema di due equazioni in due incognite: !" !" = −Σ!!Φ = −Σ!!!Ψ ! ≅ !Σ! !Ψ
che fornisce l’equazione !"!" = − !!!!
!!! !! ovvero ! ! = ! 0 !! !!!! !!! !!! ! ! ! = ! ! ! 0
in cui il fattore di fuga alle risonanze p può essere riscritto come: ! = !"# −!! !! !!"" !σ! !
con l’integrale di risonanza definito come:
!!"" = !!!!""!"
e la sezione d’urto effettiva definita come:
!!!!"" = !!!!
Per ogni dato nuclide risonante e per ogni data temperatura, la sezione d’urto effettiva e l’integrale di risonanza dipendono dunque da un solo parametro che prende il nome di sezione d’urto di
diluizione o sezione d’urto di background !! = Σ! !!, dato che la struttura fine del flusso può essere
scritta come:
! ! = !!
!!+!!
Poiché in pratica la sezione d’urto di diluizione è costante, e dunque facilmente tabulabile, il modello qui presentato può essere impiegato abbastanza facilmente, a patto di disporre di dette tabulazioni.
Modello di Fermi – Caso Eterogeneo
Nel caso eterogeneo è sufficiente sostituire le probabilità di prima collisione Σ! Σ!+Σ! e
Σ! Σ!+Σ! del caso omogeneo con quelle calcolate per il mezzo eterogeneo, ad esempio con il
metodo delle Probabilità di Collisione, P00 e P01, che rappresentano la probabilità che un neutrone
generato nel materiale 0 subisca la sua prima collisione nel materiale 0 stesso o nel materiale 1 rispettivamente. Si ottiene:
! = !"# −!!!! !!!! !!"" !σ! !
ed al posto della sezione d’urto di diluizione !! si deve usare la sezione d’urto di diluizione
equivalente !!, pari a
!! = !!
1 − !!!
!!!
Ora però nasce il problema che la sezione d’urto equivalente è una funzione risonante poiché
dipende da !! e dipende non solo dai materiali ma anche dalla geometria tramite le Probabilità di
Collisione (a loro volta anch’esse dipendenti da !!); è quindi molto complicato tabulare tali sezioni
d’urto. Fortunatamente nei casi pratici la variazione di !! con u è di poche diecine di %,
contrariamente alla variazione di !! che è molto maggiore, in genere alcune diecine di volte. In
usare nell’espressione dell’integrale di risonanza del caso omogeneo come approssimazione all’integrale di risonanza del caso eterogeneo. Questa approssimazione viene solitamente indicata come “equivalenza eterogeneo-‐omogeneo”, e può essere interpretata come l’approssimazione di
Wigner-‐Bell della probabilità P00: la geometria reale viene normalizzata ad una geometria omogenea
equivalente il cui integrale di risonanza può essere tabulato a priori.
Secondo la teoria di Wigner-‐Bell la probabilità P00 può essere espressa dalla seguente
approssimazione razionale: !!!≅ !Σ! 1 + !Σ!
in cui l è il valor medio della corda della zona risonante, pari a ! =!!!
!!, con V0 volume della zona
risonante ed S0 superficie della zona risonante. Con l’approssimazione di Wigner-‐Bell la sezione
d’urto di diluizione equivalente risulta esattamente costante, dunque tabulabile, e pari a
!! ≅
1
!!!
in cui il prodotto !!! (in genere espresso in barn-‐1) è talvolta, sebbene impropriamente, denominato
opacità poiché quanto più esso è grande tanto più la sezione d’urto di diluizione tende a zero. Per
rendersi conto della validità dell’approssimazione di Wigner-‐Bell è utile graficare (vedi Figura 13) l’andamento del c.d. Fattore di Bell b in funzione dell’opacità; tale fattore è una correzione che viene
introdotta a P00 ed a !! nella forma
!!!≅ !Σ! ! + !Σ! !! ≅ ! !!!
Si nota che all’aumentare dell’opacità il Fattore di Bell si avvicina sempre più ad 1, valore che è ottenuto costantemente ed identicamente per un mezzo omogeneo.
Occorre spendere qualche parola in più sul concetto di opacità. Va notato che il concetto di opacità è utilizzabile per stabilire se un determinato volume o mezzo è “grande” o “piccolo”. Se è grande, le