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L'Evoluzione del regime degli scambi nel commercio internazionale agroalimentare:dal Gatt alla Wto

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Università degli Studi di Salerno

DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E STATISTICHE

Antonio Guariglia*

L’

EVOLUZIONE DEL

R

EGIME DEGLI

S

CAMBI NEL

C

OMMERCIO

I

NTERNAZIONALE

A

GROALIMENTARE

:

DAL

GATT

ALLA

W

TO

WORKING PAPER 3.202

* Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche – Università degli Studi di Salerno Via Ponte Don Melillo, 84084, Fisciano (SA) – Italia, e-mail: guariglia@unisa.it

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1. IL GATT ... 3

2. L’AGRICOLTURA NEL GATT... 9

3. LA WTO ... 13

3.1 Struttura organizzativa ... 14

3.2. La soluzione delle dispute ... 17

3.4. Dall’Uruguay Round al Doha Round ... 23

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1. IL GATT

Il General Agreement on Tariffs and Trade (Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio, meglio conosciuto come GATT) è un accordo internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra da

23 paesi ed entrato in vigore nel gennaio 1948, che impegnò i

partecipanti a ridurre i dazi per il 50% del volume del commercio mondiale ed a stabilire le basi per un sistema multilaterale di

relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione

del commercio mondiale. E’ composto da 38 articoli ed è stato raggiunto dopo sette mesi di trattative.

Il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite si proponeva,invece, di realizzare un progetto ben più ambizioso: l’istituzione dell’International Trade Organization (ITO) (Organizzazione Internazionale del Commercio) come organizzazione permanente che regolasse il commercio mondiale, da affiancare alla Banca mondiale ed al Fondo Monetario Internazionale, istituite dalla Conferenza di Bretton Woods (accordo su un sistema di regole e procedure per regolare la politica monetaria internazionale, al fine di stabilizzare il tasso di cambio della moneta di ogni Paese ad un valore fisso rispetto al dollaro, che divenne,così, la valuta principale degli scambi), a cui parteciparono 44 Paesi, nel 1944.

Infatti la Conferenza sul Commercio e l’occupazione delle Nazioni Unite, tenutasi a L’Avana tra il 21 novembre 1947 ed il 24 marzo del 1948, approvò un Accordo, noto come Carta dell’Avana, sottoscritta da 53 Paesi, che conteneva lo statuto dell’ITO e l’impegno per lo sviluppo del commercio internazionale, dello sviluppo economico e della piena occupazione; esso fu bloccato, però, dalla mancata ratifica della maggior parte dei Paesi e dalle critiche del Senato statunitense (la bocciatura dell’accordo da parte americana fu dovuta, probabilmente, al timore che l’ITO potesse essere utilizzata per “regolare”, più che per “liberalizzare”, il commercio mondiale).

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Ecco perché il GATT iniziò a funzionare, pur privo di istituzioni permanenti, anche come organizzazione; il GATT è, quindi, sia l’accordo in sé e per sé, sia l’organizzazione nata per gestire e sviluppare questo accordo.

Il GATT è stata, dunque,un’organizzazione non riconosciuta come soggetto di diritto internazionale - essendo i paesi partecipanti indicati ufficialmente non come “paesi membri” (di un’organizzazione), bensì come “parti contraenti” (di un accordo) – nel cui ambito, dal 1948 al 1994, si sono discusse ed adottate le norme per regolare il commercio internazionale e sono stati affrontati e disciplinati i rapporti commerciali fra Stati Uniti, Comunità Europea e gli altri paesi ad economia di mercato, aderenti all’accordo.

Il principio, sul quale si è basato il GATT, è quello della non discriminazione che si concretizza nella clausola della “nazione più

favorita” (most favored nation): le condizioni applicate al paese

più favorito (vale a dire quello cui vengono applicate il minor numero di restrizioni e le tariffe o dazi più favorevoli) sono applicate a tutti i Paesi contraenti. L’articolo 1 dell’accordo riguardante il Trattamento generale della nazione più favorita sancisce infatti:

“1. Tutti i vantaggi, favori, privilegi o immunità, concessi da una Parte contraente a un prodotto originario da ogni altro Paese, o a esso destinato, saranno estesi, immediatamente e senza condizioni, a tutti i prodotti congeneri, originari del territorio di ogni altra Parte contraente, o a esso destinati. [...]

Altra clausola del principio di non discriminazione è quella del “Trattamento nazionale”: i prodotti importati, cioè, non possono avere un trattamento più sfavorevole rispetto agli stessi prodotti nazionali.

Gli articoli più importanti dell’Accordo sono l’XI (che vieta le Barriere non tariffarie) ed il XVI (che vieta le sovvenzioni alle

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esportazioni). Sono, però, previste anche eccezioni e deroghe:l’articolo XII consente restrizioni alle importazioni di un contraente quando vi siano crisi nella sua bilancia dei pagamenti;l’articolo XVIII consente ai PVS di praticare restrizioni quantitative alle importazioni per impedire l’indebolimento delle riserve valutarie; l’articolo XIX prevede restrizioni o sospensioni alle concessioni tariffarie per quei prodotti la cui importazione sia fortemente accresciuta e costituisca grave danno per la produzione interna (“Clausola di Salvaguardia”); per l’articolo XXIV, al fine di garantire una maggiore liberalizzazione in un ambito ristretto, si possono istituire aree di libero scambio o unioni doganali, senza che i paesi aderenti debbano estendere le stesse agevolazioni ai paesi terzi; la nuova tariffa esterna comune non dovrà però, essere più alta della tariffa media, vigente nei paesi membri, prima dell’istituzione dell’unione doganale.Questa eccezione ha permesso la nascita di grandi aree di libero scambio come la CEE, l’EFTA, il Nafta, il Mercosur, l’Asean, il Cacm, il Patto Andino, il G3, l’Ecowas, l’Uemoa, il Sadc, il Semac, il Visegrad, l’Apec.

Per quanto riguarda la Comunità Europea prima e l’Unione Europea dopo, l’articolo 113 del Trattato di Roma (come successivamente modificato dal Trattato di Maastricht) attribuisce alla CEE ed all’Unione Europea una competenza esclusiva in materia di politica commerciale:

“1. La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni.

[...]

3. Qualora si debbano negoziare accordi con uno o più Stati o organizzazioni internazionali, la Commissione presenta raccomandazioni al Consiglio, che l’autorizza ad aprire i negoziati necessari.

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Tali negoziati sono condotti dalla Commissione [...]”.

La CEE prima e l’Unione Europea dopo hanno partecipato,quindi, ai lavori del GATT, in nome e per conto degli stati membri, di cui hanno ereditato diritti ed obblighi.

La “istituzionalizzazione” del Gatt fu resa possibile dalla creazione di una struttura organizzativa, composta dal Segretariato generale, dall’ Assemblea delle parti contraenti e, a partire dal 1960, da un Consiglio dei rappresentanti. In tali organi, vigeva,in genere, il principio della decisione “consensuale”, basata, cioè, sull’unanimità dei partecipanti che ha rallentato, o, spesso,bloccato, le deliberazioni in quanto consentiva ai singoli paesi una specie di diritto di veto. Il Gatt ha organizzato otto cicli o round di negoziazioni multilaterali fra le parti contraenti, fino alla firma dell’atto finale dell’ ottavo ciclo di negoziati commerciali dell’Uruguay round (Ur), avvenuta a Marrakech nell’aprile del 1994, che sancì, tra l’alto, la nascita della Wto.

Nei primi anni, lo sforzo negoziale si concentrò soprattutto sulla riduzione della protezione daziaria dei prodotti manifatturieri. I primi quattro round negoziali si svolsero a Ginevra, Annecy, Torquay e poi di nuovo a Ginevra. Soprattutto i primi due round ottennero apprezzabili abbassamenti delle tariffe, che, all’epoca, risultavano in media assai elevate. Il Dillon round prese atto, sostanzialmente, della istituzione della Comunità Economica Europea e della sua politica tariffaria.

Il Kennedy round, inaugurato a Ginevra il 4 maggio 1964, cui parteciparono 62 paesi, affrontò la questione delle barriere non tariffarie. Il Kennedy round è stato anche importante per i Paesi in via di sviluppo (Pvs): l’accordo generale venne modificato, riconoscendo la possibilità di non applicare fra paesi sviluppati e Pvs il principio di reciprocità e il principio di non discriminazione che ha consentito ai secondi di essere in parte esentati dagli obblighi di liberalizzazione concordati a livello multilaterale.

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L’elenco dei negoziati tenutisi nel corso degli anni è il seguente:

Negoziato Sede Argomenti Anni Paesi

Geneva

Round Ginevra

Entrata in vigore del GATT, riduzione delle

tariffe 1948 23

Annecy

Round Annecy Riduzione delle tariffe 1949 13

Torquay

Round Torquay

Riduzione media delle tariffe del 25% rispetto al

1948 1951 38

Fourth

Round Ginevra

Riduzione delle tariffe, definizione delle future strategie del GATT verso i Paesi in via di sviluppo (partecipanti all’accordo)

1956 26

Dillon

Round Ginevra

Riconoscimento tariffa esterna della PAC e riduzione del 20% delle tariffe industriali europee

1960-‘61 26

Kennedy

Round Ginevra

Riduzione del 50%, in cinque anni, dei dazi sulle automobili e del 35% di quelle sui prodotti industriali. Adozione del codice anti-dumping.

1964-‘67 62

Tokyo Round

Tokyo

Riduzione delle barriere non tariffarie al commercio, riduzione delle tariffe sui beni manifatturieri, elaborazione dei codici di condotta 1973-‘79 102 Uruguay Round Punta del Este Marrakech

Creazione del WTO, riduzione delle tariffe, dei sussidi e delle sovvenzioni all’esportazione e delle altre distorsioni di ostacolo ad un libero mercato,accordo sul commercio dei servizi e sugli aspetti commerciali dei diritti della proprietà intellettuale.

1986-‘94 123

Il Tokyo round, svoltosi dal 1973 al 1979, con 102 paesi partecipanti, affrontò nuovamente la questione delle barriere commerciali non tariffarie e realizzò un abbassamento medio di un terzo dei dazi doganali nei paesi sviluppati. Sulla questione del commercio agricolo, il Tokyo round non raggiunse risultati apprezzabili.

L’ultimo e più importante di tali negoziati, l’Uruguay Round (il nome di tale “round” deriva dal fatto che i negoziati iniziarono, il

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20 settembre 1986, a Punta del Este in Uruguay) è stato una vera e propria maratona di trattative che ha coinvolto 123 paesi ed è durata sette anni e mezzo (tra il 1986 ed il 1994), terminando con la firma degli accordi di Marrakech, il 15 aprile 1994 e con la creazione del WTO e la ratifica di tre accordi principali:

GATT (General Agreement on Tariffs and Trade): Accordo

generale sulle tariffe doganali ed il commercio

GATS (General Agreement on Trade in Service): Accordo

generale sul commercio dei servizi

TRIPS (Trade-Related Aspects of Intellectual Property

Rights): Aspetti commerciali dei diritti di proprietà

intellettuale

Tali accordi contengono le definizioni e i principi generali, rispettivamente, nei campi del commercio e delle tariffe (sui prodotti), dei servizi e della proprietà intellettuale (brevetti, marchi, copyright ed invenzioni industriali).

A seguito dei negoziati sono poi stati ratificati diversi altri accordi (una cinquantina) legati a settori specifici e sono stati stabiliti gli impegni dei singoli paesi per permettere ai prodotti stranieri di accedere ai rispettivi mercati; nell’ambito del GATT si tratta di

impegni vincolanti (binding commitments) sulle tariffe doganali

delle merci: per i prodotti agricoli gli accordi hanno riguardato le limitazioni relative ai prezzi ed alle quote di importazione; nell’ambito del GATS, gli impegni si riferiscono ad una lista di eccezioni, cioè di servizi per i quali i paesi dichiarano di non applicare il principio di non discriminazione della “nazione più

favorita”.

Riguardo ai brevetti sono stati approvati, in particolare, due articoli, rispettivamente relativi all’importazione forzata ed alla registrazione parallela che affermano il diritto dei paesi più poveri ad autorizzare l’importazione senza il pagamento di copyright o, in

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caso di rifiuto dei detentori del brevetto, a produrre in deroga (senza il pagamento di royalties) i prodotti o servizi ritenuti necessari; tale secondo articolo è stato invocato, tra l’altro, per la produzione di farmaci costosi e coperti da brevetto (soprattutto vaccini).

2. L’AGRICOLTURA NEL GATT

Nel Gatt, gli Usa, facendo leva sulla loro posizione di egemonia politica ed economica, ottennero di poter conservare il sostegno al settore agricolo introdotto con 1’Agricultural

Adjustment Act del 1933, ovvero la garanzia di un prezzo minimo

ai produttori (integrazione di prezzo), il controllo delle superfici coltivate e la gestione pubblica degli stock accumulati. Pertanto, l’art. XI del Gatt dovette introdurre alcune eccezioni al divieto di imporre misure protezionistiche all’importazione dei prodotti agricoli, come quando, nel caso degli USA, “sono necessarie all’applicazione di misure governative”.

Negli anni Cinquanta, gli Usa, ottennero anche una modifica dell’art. XVI (Sovvenzioni), che consentiva di concedere sovvenzioni all’esportazione dei prodotti di base, se ciò non determinava, per un paese,di «detenere più di una parte equa del commercio mondiale».A parte la genericità della formula, il pericolo di questa modifica era rappresentata dal fatto che, invece di una maggiore liberalizzazione degli scambi internazionali, si perseguisse una gestione del commercio mondiale attraverso l’attribuzione ad ogni paese esportatore di una determinata quota di mercato.

Gli anni Sessanta sono stati caratterizzati, soprattutto, dalla creazione della Comunità Europea e della sua politica agricola (Pac). Il Dillon round prese atto della “tariffa esterna comune”e dei meccanismi di protezione a carattere non tariffario da essa previsti (come, ad esempio, i prelievi variabili).

Nel Kennedy round l’agricoltura, al pari di altri settori come la chimica e la siderurgia, fu oggetto di negoziati separati e gli Usa, cambiando posizione rispetto al passato, sostenennero il libero

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scambio sui mercati mondiali dei prodotti agricoli e introdussero, per la prima volta, in seno al Gatt, le questioni del sostegno interno e della garanzia di accesso minimo alle importazioni. Si trattava di rinegoziare le basi stesse della PAC, cui la Comunità contrappose la proposta di consolidare i sussidi interni di ogni Paese ed il suo impegno a limitare la produzione cerealicola al 90% del suo fabbisogno. Gli USA e gli altri Paesi esportatori respinsero entrambe le proposte ed il negoziato si arenò.Va notato che la CEE passò da circa 10 milioni di tonnellate di cereali importati alla fine degli anni sessanta, ad oltre 20 milioni di tonnellate di cereali esportati nel 1990.

Le spiegazioni dell’accettazione di una politica protezionistica, come la Pac, in sede Gatt, sono le seguenti: 1) una sottovalutazione delle politiche di sostegno, come il prezzo minimo garantito, che avrebbero trasformato un’area d’importazione (quale era la CEE) nel secondo esportatore mondiale di prodotti agricoli;2) gli Usa erano disposti ad avere minori possibilità di esportazione sui mercati europei, in cambio di una maggiore coesione politica fra i paesi dell’Europa occidentale,anche perché avevano essi stessi chiesto, in passato, una deroga protezionistica per la propria agricoltura ;3) la Comunità dovette accettare l’eliminazione di qualsiasi protezione relativa a una serie di prodotti, fra cui i semi oleosi, il cotone e la manioca1, il consolidamento, a livello del 6%, del dazio relativo ai mangimi non derivati dai cereali e la riduzione delle tariffe doganali per molti prodotti ortofrutticoli e per alcune bevande e carni conservate.

Negli anni Settanta,si svolse il Tokyo Round in un contesto internazionale caratterizzato da un forte aumento dei prezzi delle materie prime, da quelle energetiche a quelle agricole. Le Barriere

1

La manioca (Manihot esculenta Crantz), anche nota come cassava/casava o yuca/yucca, è una pianta della famiglia delle Euphorbiaceae originaria del Sudamerica e dell'Africa subsahariana. Ha una radice a tubero commestibile, e per questo motivo è coltivata in gran parte delle regioni tropicali e subtropicali del mondo. La radice di manioca è in effetti la terza più importante fonte di carboidrati nell'alimentazione umana mondiale, ed è una delle principali fonti di cibo per molte popolazioni africane.

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non tariffarie furono al centro del dibattito e 1’agricoltura era uno dei settori dove queste erano maggiormente diffuse. Per quattro anni si discusse se la materia agricola dovesse essere negoziata separatamente, così com’era avvenuto nell’ ambito del Kennedy round, o se dovesse essere inclusa nella trattativa generale. La Comunità Economica Europea sostenne di separare l’agricoltura dagli altri temi in discussione e riuscì ad ottenere che i prodotti agricoli venissero esclusi dall’applicazione degli accordi raggiunti negli altri settori. In sostanza, la CEE riuscì a non farsi imporre lo smantellamento della PAC, ma dovette subire successivamente molti ricorsi per violazioni all’Accordo GATT riguardanti una serie di prodotti (zucchero, frutta trasformata, mele, carni bovine, pollame, pasta alimentare); molte decisioni dei collegi di esperti (panel ) furono a lei sfavorevoli, ma i compromessi cui fu costretta furono parziali e non intaccarono l’impianto normativo della sua politica agraria.

Alla vigilia dell’Uruguay round, l’agricoltura rappresentava uno dei settori più protetti (in particolare nei paesi sviluppati) e una delle materie di maggior conflittualità nelle relazioni economiche internazionali, a causa di una serie di deroghe ed eccezioni concesse a singoli paesi. Ciononostante,le esportazioni agricole mondiali si erano, negli ultimi venti anni, triplicate, mentre quelle degli altri prodotti erano aumentate di sette volte.

L’Uruguay Round ha previsto un periodo di attuazione degli accordi di sei anni per i Paesi sviluppati e di 10 anni per quelli PVS; inoltre, ha deciso la graduale riduzione dei sussidi alla produzione interna (20% per i Paesi sviluppati e 13% per i PVS, rispetto alla media degli anni 1986-88) ed all’esportazione (36% della spesa e 21% del volume per i Paesi sviluppati e del 24% e del 16% per i PVS, rispetto alla media degli anni 1986-90), e la facilitazione nell’accesso ai mercati attraverso la trasformazione in dazi fissi (che devono essere ridotti del 36% per i Paesi sviluppati e del 24% per i PVS) delle barriere non tariffarie (prelievi,quote, ecc.).La percentuale di riduzione delle tariffe è una media aritmetica semplice tra i singoli prodotti, con un minimo del 15%

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per i Paesi sviluppati e del 10% per i PVS. Inoltre, l’Accordo finale previde un accesso minimo ai vari mercati dal 3% al 5%, in sei anni, dei consumi interni nel periodo base (1986-88) e una clausola

di salvaguardia, consistente in dazi aggiuntivi, in caso di eccessive

importazioni o di elevata riduzione dei prezzi interni.

Tuttavia, nel corso del Round, la PAC era stata rivista (Riforma Mac Sharry) sia per quanto riguardava il sostegno interno (riduzione dei prezzi di intervento e di acquisto) sia per quanto concerneva le restrizioni all’accesso al mercato interno (diminuzione del prezzo soglia). Le decisioni del Round furono, così, in gran parte, anticipate e non causarono danni eccessivi ai produttori europei, grazie, anche, alle compensazioni dirette al reddito, compatibili con gli accordi di Marrakech, in quanto rientranti nella cosiddetta scatola blu (aiuti parzialmente disaccoppiati).Secondo molti Paesi, a cominciare dagli Usa, l’Unione Europea era riuscita a mantenere una forte protezione, gli aiuti alle esportazioni, la deroga della blu box ed un eccessivo sostegno interno, grazie al suo calcolo sull’intera produzione agricola invece che per prodotto. Solo la prospettiva di un nuovo negoziato a breve termine (art. 20) e la limitazione a nove anni della Clausola di Pace (impegno a non sollevare dispute su misure contenute nell’accordo, anche se non conformi alle regole WTO, come i sussidi alle esportazioni) aveva consentito il raggiungimento dell’Accordo. In definitiva, l’Uruguay Round ha assegnato un ruolo all’agricoltura maggiore di quanto lo fosse stato in passato, ma l’accordo raggiunto è stato importante più per l’influenza sulle successive politiche agrarie dei vari contraenti che per l’effettivo contributo alla liberalizzazione degli scambi agroalimentari.

L’agricoltura, nell’ambito del Gatt, fu al centro di numerose dispute. Delle controversie sollevate in sede Gatt, dalla sua nascita fino all’Uruguay Round, ben 100 hanno riguardato prodotti agricoli (il 42,9% dei casi totali) e molte di esse hanno visto una contrapposizione fra Usa e Ue.

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3. LA WTO

La World Trade Organization (WTO) o Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), è un’organizzazione

internazionale che si propone di sviluppare gli scambi attraverso l’abolizione o la riduzione delle barriere tariffarie tra gli stati membri. Vi aderiscono 153 Paesi, che rappresentano circa il 97% del commercio mondiale di beni e servizi.

Il WTO è stato istituito il 1 gennaio 1995, alla conclusione dell’Uruguay Round, nel quale, tra il 1986 e il 1994, i paesi contrenti del GATT hanno sviluppato trattative che sono sfociate nell’Accordo di Marrakech del 15 aprile 1994.

Il WTO ha sostituito, nella regolamentazione del commercio mondiale, il ruolo precedentemente svolto dal GATT: di quest’ultimo ha, infatti,ereditato gli accordi e le convenzioni stipulate (tra i più importanti il GATT, il GATS ed il TRIPS), nonché il principio di non discriminazione verso gli altri Stati membri attraverso le clausole della nazione più favorita e del

trattamento nazionale ; il WTO, inoltre, è un soggetto di diritto

internazionale ed ha una struttura paragonabile a quella di altri organismi internazionali, a differenza del GATT.

A norma dell’Articolo III dell’Accordo di Marrakech le funzioni dell’OMC sono le seguenti:

1. L’OMC favorisce l’attuazione, l’amministrazione e il

funzionamento del presente accordo e degli accordi commerciali multilaterali, ne persegue gli obiettivi e funge da quadro per l’attuazione, l’amministrazione e il funzionamento degli accordi commerciali plurilaterali.

2. L’OMC fornisce un contesto nel cui ambito si possono

svolgere negoziati tra i suoi membri per quanto riguarda le loro relazioni commerciali multilaterali nei settori contemplati dagli accordi riportati in allegato al presente accordo. L’OMC può inoltre fungere da ambito per

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ulteriori negoziati tra i suoi membri per quanto riguarda le loro relazioni commerciali multilaterali e da contesto per l’applicazione dei risultati di tali negoziati, secondo le modalità eventualmente decise da una Conferenza dei ministri.

3. L’OMC amministra l’intesa sulle norme e sulle procedure

che disciplinano la risoluzione delle controversie [...]

4. Al fine di rendere più coerente la determinazione delle

politiche economiche a livello globale, l’OMC coopera, se del caso, con il Fondo Monetario Internazionale e con la Banca mondiale e con le agenzie ad essa affiliate.

In definitiva,le funzioni della Wto sono essenzialmente le seguenti: ƒ ambito di negoziati multilaterali tra i suoi membri;

ƒ elaborazione di regole e controllo del loro rispetto; ƒ composizione delle controversie.

3.1 Struttura organizzativa

L'Articolo IV dell'Accordo Istitutivo prevede la seguente struttura organizzativa ( Fig.1):

una Conferenza dei Ministri (composta da rappresentanti di tutti gli stati membri del WTO) che si riunisce almeno una volta ogni due anni e che è l’organo decisionale principale dell’Organizzazione.

un Consiglio Generale, organo permanente, composto anch’esso dai rappresentanti di tutti gli stati membri (generalmente ambasciatori o diplomatici di pari livello). • un "Consiglio GATT" (che si occupa degli accordi

commerciali multilaterali relativi allo scambio di merci), un

"Consiglio GATS” (che si occupa dell'accordo sugli scambi

di servizi) ed un "Consiglio TRIPS” (che si occupa degli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio) ; questi tre Consigli operano sotto l'indirizzo

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del Consiglio Generale e svolgono le funzioni ad essi attribuite dai rispettivi accordi e dal Consiglio Generale.

comitati specifici che svolgono specifiche funzioni attribuite

loro dall'accordo istitutivo dell'OMC e dagli accordi commerciali multilaterali, nonché le ulteriori funzioni ad essi attribuite dal Consiglio Generale.

un Segretariato, diretto da un Direttore Generale.

Il supporto tecnico-amministrativo ai consigli e ai comitati è assicurato dal Segretariato.

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Figura 1 - La struttura organizzativa della Wto

Fonte: De Filippis e Salvatici(2003)

CONFERENZA MINISTERIALE

CONSIGLIO GENERALE

Il Consiglio generale nelle vesti di:

ORGANO PER LA COMPOSIZIONE DELLE DISPUTE

Il Consiglio generale nelle vesti di:

ORGANO PER IL MONITORAGGIO DELLE POLITICHE COMMERCIALI

Organo d’appello Panel per la composizione delle dispute

Comitati:

ƒ Commercio e ambiente ƒ Commercio e sviluppo ƒ Accordi commerciali regionali ƒ Restrizioni derivanti da

squilibri nella bilancia dei pagamenti ƒ Bilancio, finanza e amministrazione Gruppi di lavoro: ƒ Adesione ƒ Commercio e investimenti ƒ Commercio e politiche della

concorrenza

ƒ Trasparenza negli appalti pubblici CONSIGLIO GATT CONSIGLIO TRIPS CONSIGLIO GATS Comitati: ƒ Accesso al mercato ƒ Agricoltura

ƒ Misure sanitarie e fitosanitarie ƒ Barriere tecniche al

commercio

ƒ Sussidi e misure compensative ƒ Pratiche anti-dumping ƒ Valutazioni doganali ƒ Regole di origine ƒ Licenze di importazione ƒ Investimenti industriali esteri ƒ Salvaguardie ƒ T ili Comitati: ƒ Commercio servizi finanziari ƒ Impegni specifici Gruppi di lavoro ƒ Legislazioni nazionali ƒ Regole Gats Adottato da Wto 2001

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3.2. La soluzione delle dispute

Nella Wto, rispetto al Gatt, è prevista una procedura più efficace per la soluzione delle controversie, quando uno o più membri Wto rilevano che altri paesi abbiano adottato politiche commerciali contrarie agli accordi. La procedura del Gatt non prevedeva scadenze e le decisioni potevano essere adottate solo con unanime consenso, con la conseguenza che le controversie duravano a lungo e spesso senza soluzione. Con la WTO, la procedura non dura più di un anno, o non più di 15 mesi se c’è ricorso in appello. La prima fase prevede consultazioni dirette fra i governi interessati,che possono anche chiedere la mediazione del direttore generale della Wto (Figura 2).

Il Consiglio generale diventa Organo per la composizione delle dispute (Dispute Settlement Body, Dsb), e nomina il collegio di esperti(panel) che esaminano il caso.

Al termine delle varie udienze, il collegio di esperti presenta il suo rapporto (final report) alle parti e al Dsb. Nel caso in cui venga stabilito che è stato violato uno degli accordi, il rapporto diviene una vera e propria sentenza del Dsb entro 60 giorni, a meno che non venga espresso un unanime dissenso verso di esso.

Dopo la sentenza del Dsb, una o entrambe le parti possono proporre appello che deve vertere su questioni di diritto e che viene esaminato da tre dei sette membri di un Organo permanente d’appello (Appellate Body, Ab), nominato dal Dsb . L’appello può accogliere, modificare o revocare le conclusioni del panel entro 60 o al massimo 90 giorni. Il Dsb deve accettare o respingere la decisione dell’Ab entro 30 giorni e il non accoglimento è possibile solo con un consenso unanime.

Dopo che è stato emesso il giudizio definitivo, il paese inadempiente deve modificare la propria politica commerciale secondo le raccomandazioni o le decisioni del panel, entro un tempo ragionevole concordato tra le parti (o stabilito dal panel stesso) e approvato dal Dsb.In mancanza, il paese inadempiente deve negoziare con i paesi danneggiati una compensazione, come

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la riduzione di tariffe per altri prodotti. Se non si giunge ad un accordo, il Dsb può permettere alle parti danneggiate di imporre particolari ritorsioni commerciali, di norma per prodotti ricadenti nello stesso settore della disputa, eccezionalmente per settori diversi.

Figura 2 - Le fasi del meccanismo di soluzione delle dispute

Fonte:De Filippis e Salvatici(2003)

Consultazioni

Nomina di un panel, da parte del Dsb

Il panel esamina il caso (2 incontri con le parti, 1 incontro con parti

terze: Interim report)

Panel report (mandato alle parti)

eventuale appello

Dsb adotta la decisione del panel o dell’organo d’appello

Implementazione (o accordo sulla compensazione)

Se manca un accordo sulla compensazione, sanzioni 60 giorni

6 mesi dalla nomina del panel, 3 mesi se urgente

9 mesi dalla nomina del

panel Panel report (mandato al Dsb)

massimo 3 mesi

60 giorni dal panel report, a meno di appello

Periodo di tempo ragionevole: la parte propone e il Dsb accetta,

oppure arbitrato

30 giorni dopo la fine del “periodo di tempo

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3.3 Composizione attuale della Wto

Alla Wto aderiscono attualmente da 153 paesi membri. Altri 30 paesi vengono definiti “osservatori” e hanno iniziato le procedure per diventare membri effettivi. Le tabelle 1e 2 riportano la lista dei paesi membri e osservatori, indicando la data di adesione e l’eventuale riconoscimento di paese a più basso livello di sviluppo (Least Developed Country, Lldc), secondo i criteri definiti dalle Nazioni Unite.

Non esiste alcuna definizione di paese “sviluppato” (developed) o “in via di sviluppo” (developing) all’interno della Wto;

Buona parte dei paesi(76) sono membri avendo firmato il trattato di Marrakech nell’ aprile 1994 o comunque avendovi aderito prima della sua data ufficiale di istituzione (1 ° gennaio 1995).Gli altri hanno aderito in date successive.

Tra i paesi entrati successivamente a far parte della Wto, il più importante è la Repubblica Popolare Cinese, divenuta il 143° membro Wto 1’11 dicembre 2001. La sua adesione è stata molto importante poiché si tratta di uno dei maggiori produttori agroalimentari al mondo. La Cina si è impegnata ad abbassare le tariffe su tutti i prodotti agricoli ed ad assicurare una maggiore apertura dei mercati ai produttori esteri per alcune commodities, attraverso il sistema delle quote d’importazione a tariffa ridotta.

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Tabella 1 - I paesi membri della Wto

MEMBRI FONDATORI (ADESIONE 1° GENNAIO 1995)

L’asterisco contraddistingue i membri fondatori del Gatt

MEMBRI CHE HANNO ADERITO IN TEMPI

SUCCESSIVI (IN ORDINE CRONOLOGICO)

DATA DI ADESIONE

MEMBRI CHE HANNO ADERITO IN TEMPI SUCCESSIVI (IN ORDINE CRONOLOGICO)

DATA DI ADESIONE

1. Antigua e Barbuda 39. Lussemburgo * 77. Trinidad e Tobago 1.3.1995 115. Haiti (Lldc) 30.1.1996 2. Argentina 40. Macao 78. Zimbawe * 5.3.1995 116. Ecuador 21.1.1996 3. Australia * 41. Malesia 79. Giamaica 9.3.1995 117. Saint Kitts and Nevis 21.2.1996 4. Austria 42. Malta 80. Rep. Dominicana 9.3.1995 118. Benin (Lldc) 22.2.1996 5. Bahrein 43. Marocco 81. Turchia 26.3.1995 119. Grenada 22.2.1996 6. Bangladesh (Lldc) 44. Mauritius 82. Tunisia 29.3.1995 120. Emirati Arabi Uniti 10.4.1996 7. Barbados 45. Messico 83. Cuba * 20.4.1995 121. Ruanda (Lldc) 22.5.1996 8. Belgio * 46. Namibia 84. Israele 21.4.1995 122. Papua Nuova Guinea 9.6.1996 9. Belize 47. Nigeria 85. Colombia 30.4.1995 123. Salomone (Lldc) 26.7.1996 10. Birmania * 48. Norvegia * 86. El Salvador 7.5.1995 124. Ciad (Lldc) 19.10.1996 11. Brasile 49. Nuova Zelanda * 87. Botswana 31.5.1995 125. Gambia 23.10.1996 12. Brunei 50. Olanda * 88. Gibuti (Lldc) 31.5.1995 126. Angola (Lldc) 23.11.1996 13. Canada 51. Pakistan * 89. Guinea Bissau (Lldc) 31.5.1995 127. Bulgaria 1.12.1996 14. Cile * 52. Paraguay 90. Lesotho (Lldc) 31.5.1995 128. Niger (Lldc) 13.12.1996 15. Comunità Europea 53. Perù 91. Malati (Lldc) 31.5.1995 129. Rep. Democratica del Congo (Lldc) 1.1.1997 16. Corea del Sud 54. Portogallo 92. Maldive (Lldc) 31.5.1995 130. Mongolia 29.1.1997 17. Costa d’Avorio 55. Regno Unito* 93. Mali (Lldc) 31.5.1995 131. Congo 27.3.1997 18. Costa Rica 56. Repubblica Ceca * 94. Mauritania (Lldc) 31.5.1995 132. Panama 6.9.1997 19. Danimarca 57. Repubblica Slovacca* 95. Rep. Centrafricana (Lldc) 31.5.1995 133. Kighizistan 20.12.1998 20. Dominica 58. Repubblica Sudafricana* 96. Togo (Lldc) 31.5.1995 134. Lettonia 10.2.1999

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21. Filippine 59. Romania 97. BurkinaFaso (Lldc) 3.6.1995 135. Estonia 13.11.1999 22. Finlandia 60. Saint Lucia 98. Egitto 30.6.1995 136. Giordania 11.4.2000 23. Francia * 61. Saint Vincent e Grenadine 99. Polonia 1.7.1995 137. Georgia 14.6.2000 24. Gabon 62. Senegal (Lldc) 100. Svizzera 1.7.1995 138. Albania 8.9.2000 25. Germania 63. Singapore 101. Guatemala 21.7.1995 139. Oman 9.11.2000 26. Ghana 64. Spagna 102. Burundi (Lldc) 23.7.1995 140. Croazia 30.11.2000 27. Giappone 65. Sri Lanka * 103. Sierra Leone 23.7.1995 141. Lituania 31.5.2001 28. Grecia 66. Stati Uniti d’America* 104. Cipro 30.7.1995 142. Moldavia 27.7.2001 29. Guyana 67. Suriname 105. Slovenia 30.7.1995 143. Cina * 11.12.2001 30. Honduras 68. Svezia 106. Monzambico (Lldc) 26.8.1995 144. Taipei 1.7.2002 31. Hong Kong 69. Swaziland 107. Liechtenstein 1.9.1995 145. Armenia 5.2.2003 32. India * 70. Tailandia 108. Nicaragua 3.9.1995 146. Ex Yugoslavia – Macedonia 4.4.2003 33. Indonesia 71. Tanzania (Lldc) 109. Bolivia 12.9.1995 147. Cambogia (Lldc) 13.10.2004 34. Irlanda 72. Uganda (Lldc) 110. Guinea (Lldc) 25.10.1995 148. Nepal (Lldc) 23.04.2004 35. Islanda 73. Ungheria 111. Madagascar (Lldc) 17.11.1995 149. Arabia Saudita 19.12.2005 36. Italia 74. Uruguay 112. Camerun 13.12.1995 150. Vietnam 11.01. 2007 37. Kenia 75. Venezuela 113. Qatar 13.1.1996 151. Tonga 27.07.2007 38. Kuwait 76. Zambia (Ldc) 114. Figi 14.1.1996 152. Capoverde 18.12.2007

153. Ucraina 16.05.2008

Fonte:Elaborazione dati WTO e De Filippis e Salvatici(2003)

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Tabella 2- Paesi Osservatori

Afghanistan Lao People’s Democratic Republic

Algeria Lebanese Republic

Andorra Liberia, Republic of

Azerbaijan Libya

Bahamas Montenegro

Belarus Russian Federation

Bhutan Samoa

Bosnia and Herzegovina Sao Tomé and Principe

Comoros Serbia

Equatorial Guinea Seychelles

Ethiopia Sudan

Holy See (Vatican) Tajikistan

Iran Uzbekistan

Iraq Vanuatu

Kazakhstan Yemen

Fonte: WTO

Tabella 3 - I principali gruppi negoziali del Wto

Gruppo di Cairns

È composto da 17 paesi sviluppati ed in via di sviluppo, grandi esportatori, che promuovono una decisa liberalizzazione dei mercati (Argentina, Australia, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costarica, Guatemala, Indonesia, Malaysia, Nuova Zelanda, Paraguay, Filippine, Sud Africa, Tailandia, Uruguay).

G-20

Questo gruppo, interamente composto da paesi in via di sviluppo, è guidato da Brasile, India, Cina; vi appartengono molti membri del Gruppo di Cairns; rappresenta quasi il 70% della popolazione agricola mondiale (Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Cuba, Egitto, India, Indonesia, Messico, Nigeria, Pakistan, Paraguay, Filippine, Sud Africa, Tailandia, Tanzania, Venezuela, Zimbabwe).

G-10

Si tratta per lo più di paesi sviluppati e con alti livelli di sostegno al settore agricolo, in generale contrari alla liberalizzazione (Bulgaria, Chinese Taipei, Islanda, Israele, Giappone, Corea, Lichtenstein, Svizzera, Mauritius, Norvegia).

G33 È costituito da paesi in via di sviluppo, ed è attivo nel presentare proposte sui cosiddetti

special products (tra gli altri, vi fanno parte Cina, India, Indonesia, Venezuela).

G90 Raggruppa i cosiddetti paesi ACP (Africa, Carabi e Pacifico), i PMA o Lldc (paesi

meno avanzati) ed i paesi facenti parte dell’Unione Africana.

FIP Vengono così indicati Usa, Ue, Australia, Brasile ed India.

QUAD Canada,Giappone, Unione Europea, Stati Uniti

NEW

QUAD Unione Europea, Stati Uniti, India, Brasile Fonte: Agriregionieuropa (2006)

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3.4. Dall’Uruguay Round al Doha Round

ƒ 1 maggio 1995: l’italiano Renato Ruggiero viene nominato Direttore Generale per i successivi quattro anni.

ƒ 9 dicembre - 13 dicembre 1996: prima Conferenza Ministeriale del WTO a Singapore. Nel corso della conferenza emergono disaccordi tra paesi in via di sviluppo e paesi industrializzati in merito a quattro tematiche: protezione degli investimenti esteri, politica della concorrenza, trasparenza negli appalti pubblici e agevolazioni al commercio internazionale (a tali controversie si farà riferimento, negli anni seguenti, come ai “Singapore issues”).Molti Paesi del gruppo di Cairns e dei PVS, inoltre, chiedono di anticipare dal 1999 al 1997 la ripresa delle trattative agricole, chiedendo, tra l’altro,

l’eliminazione della scatola blù.

ƒ 18 maggio - 20 maggio 1998: seconda Conferenza Ministeriale a Ginevra (Svizzera).Stati Uniti, Australia e Brasile fanno dichiarazioni polemiche verso la UE e ridimensionano la portata di Agenda 2000 dell’UE. Il Presidente della Commissione Europea propone un nuovo ciclo negoziale globale, definendolo “Millennium Round “. ƒ 30 novembre - 3 dicembre 1999: terza Conferenza

Ministeriale del WTO a Seattle (USA); la conferenza termina con un fallimento, perché i PVS denunciano il ruolo prevaricante dei Paesi sviluppati e si oppongono all’inizio di un nuovo Round; le dimostrazioni di massa contro il WTO e la globalizzazione ed i disordini a queste collegati attirano l’attenzione mondiale sull’incontro.

ƒ 9 novembre - 13 novembre 2001: la quarta Conferenza Ministeriale a Doha (Qatar) dà inizio alla serie di negoziati denominati Doha Round; la Dichiarazione ministeriale finale prende il nome di Doha Development Agenda (Dda) e prevede, nell’ambito del negoziato agricolo, che entro il marzo del 2003 si sarebbe dovuto concordare una bozza di

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accordo sulla quantificazione degli impegni di liberalizzazione (modalities) su: accesso al mercato, sussidi alle esportazioni e sostegno interno. Per quanto riguarda l’Accordo Trips, nella Dda si afferma il principio del diritto alla salute, attraverso l’accesso a farmaci brevettati per una lotta più efficace all’AIDS, alla tubercolosi, alla malaria ed a molte epidemie cui erano interessati i PVS. Per la protezione delle indicazioni geografiche, si auspica il completamento dei negoziati per un registro multilaterale per vini ed alcolici, da estendersi ad altri prodotti. Trovano spazio anche i temi dell’ambiente, del commercio elettronico e dello sviluppo dei PVS e dei Paesi meno avanzati (PMA).La Dda stabilisce, altresì, che il negoziato debba concludersi entro il 2005, con un accordo complessivo su tutte le questioni in discussione (single undertaking).

ƒ 10 settembre - 14 settembre 2003: a Cancún (Messico) si tiene la quinta Conferenza Ministeriale della WTO; un’alleanza di 22 paesi del “sud del mondo”, il G20 (capitanata da India, Cina e Brasile), si oppone alla richiesta dei paesi del “nord del mondo” di raggiungere un accordo sui “Singapore issues”. Per quanto riguarda il negoziato agricolo, vengono presentati il documento di USA-UE (del 13 agosto) e quello di 13 PVS, tra i quali Brasile, India e Cina (del 20 agosto). USA ed UE propongono un taglio dei sussidi compresi nella scatola gialla, la fissazione di un limite ai sussidi previsti nella scatola blù, l’eliminazione degli aiuti e dei crediti alle esportazioni per un elenco di prodotti da concordare con i PVS esportatori, l’individuazione di prodotti “sensibili” per i PVS, per i quali prevedere misure di salvaguardia per limitare le importazioni.

Il documento dei 13 chiedeva, invece, l’eliminazione totale degli aiuti alle esportazioni, l’accesso senza tariffe, nei paesi sviluppati, dei prodotti tropicali e di quelli dei paesi

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meno avanzati, la riduzione del sostegno interno per i soli paesi sviluppati (comprese le politiche della scatola verde, tra le quali quelle per la ricerca, la formazione, l’assistenza tecnica e le calamità naturali), la clausola di salvaguardia limitata ai soli PVS. La radicale contrapposizione dei due documenti era evidente e tutti i tentativi di mediazione fallirono. La Riforma Fischler della PAC, del giugno 2003, non sortisce, quindi, gli effetti sperati sul negoziato; sembra, perciò, giusta la posizione di chi sosteneva che fosse stato un errore anticiparla, prima della conclusione dei negoziati.

ƒ agosto 2004: nei colloqui negoziali di Ginevra viene raggiunto un accordo quadro sul Doha Round. I paesi industrializzati si impegnano a diminuire i sussidi agricoli mentre, come contropartita, i paesi in via di sviluppo diminuiranno le barriere tariffarie ai beni manifatturieri. ƒ maggio 2005: si tengono nuovi colloqui negoziali a Parigi

volti a eliminare i problemi (principalmente tecnici) che impediscono, in vista della nuova conferenza ministeriale che si terrà ad Hong Kong, il raggiungimento di un accordo; i cinque partecipanti (Stati Uniti d’America, Australia, Unione Europea, Brasile ed India) non riescono a raggiungere un accordo su alcuni beni alimentari (in particolare: pollame, carni bovine e riso) mentre la Francia continua a contestare le restrizioni ai sussidi agli agricoltori. ƒ 13 dicembre - 18 dicembre 2005: ad Hong Kong si tiene la

sesta Conferenza Ministeriale del WTO.

Questi sono i principali punti dell’accordo raggiunto:

ƒ I paesi sviluppati si impegnano a eliminare i sussidi alle esportazioni agricole entro il 2013 e ad accelerare i tagli alle altre forme di sovvenzioni agricole.

ƒ I paesi sviluppati devono permettere le importazioni senza pagamento di dazi doganali o l’imposizione di quote di almeno il 97% dei prodotti provenienti dagli “Lldc”, ovvero i paesi meno sviluppati.

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ƒ I paesi sviluppati devono eliminare tutti i sussidi destinati a favorire l’esportazione del cotone entro il 2006.

ƒ Ai PVS è riservato un meccanismo speciale di salvaguardia che consente aumenti tariffari all’importazione per 12 o 6 mesi (prodotti stagionali).

ƒ Tutti i paesi membri si impegano ad apportare tagli sostanziali alle tariffe industriali, che verranno collegate a iniziative analoghe nel settore agricolo; per i paesi poveri viene prevista la possibilità di una maggiore flessibilità nell’adottare queste riforme.

ƒ L’apertura dei mercati nel settore dei servizi non sarà obbligatoria e mirerà a promuovere lo sviluppo economico nei paesi meno sviluppati; agli “Lldc” non è chiesto alcun nuovo impegno in questo settore.

ƒ Infine, i paesi membri si impegnano a promuovere il commercio e la cooperazione economica con gli “Lldc”, con l’obiettivo di favorirne l’integrazione nel sistema del commercio mondiale.

ƒ Il termine del negoziato viene fissato al 31 dicembre 2006. ƒ 2006-2008:

Nel 2006 sia la riunione ministeriale a Ginevra nel giugno, sia quella del Consiglio Generale di luglio, non hanno permesso il raggiungimento di alcun accordo. Stesso risultato si è registrato nel 2007 a Potsdam, dopo una riunione del G-4 (USA,UE, Brasile ed India). Va, a tal proposito, notato che la strada di un accordo deve, oggi, probabilmente, passare su un negoziato condotto dai più forti Paesi esportatori, come il G-4, magari allargato alla Cina, essendo non più verosimile che la soluzione possa trovarsi solo con una intesa USA-UE, come per l’Uruguay Round. Ecco perché il fallimento di Postdam non deve significare l’abbandono del suo tavolo negoziale.

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Ginevra nel luglio ha fatto registrare un’altra battuta di arresto. L’aumento dei Paesi partecipanti ha incrementato gli interessi in contrasto. Alle storiche contrapposizioni tra USA ed UE e tra Paesi Sviluppati e Paesi in via di Sviluppo si è aggiunta anche la posizione dei Paesi Meno Sviluppati (PMA), spesso portatori di esigenze autonome. In sostanza, le contrapposizioni principali, che hanno frenato verso una conclusione positiva del negoziato, sono state quelle tra i Paesi esportatori (gruppo di Cairns e G-20), interessati ad un maggior accesso ai mercati attraverso la riduzione dei dazi, e quelli importatori (G-33), preoccupati di difendersi da un livello troppo elevato di importazioni; mentre i secondi sono tutti PVS, i primi comprendono anche Paesi sviluppati (Canada, Australia e Nuova Zelanda). Entrambi i gruppi sono, poi, interessati ad un abbassamento del sostegno interno, più degli USA, che non hanno dimostrato sostanziali aperture su una riduzione del sostegno interno al cotone, che dell’EU, che, con la Riforma del 2003, ha trasformato in disaccoppiati gli aiuti parzialmente accoppiati inclusi in Agenda 2000 (cereali, semi oleosi, carni bovine ed ovicaprine) e che, tra il 2006 ed il 2008, ha attuato il disaccoppiamento del sostegno nei comparti del latte bovino, dell’olio di oliva, dello zucchero, degli agrumi e del vino;inoltre, la Commissione europea, nel novembre 2008, nell’ambito della cosiddetta health check, ha deciso il disaccoppiamento di tutti gli aiuti accoppiati ed il sostanziale smantellamento degli interventi di mercato. Va, infine, considerato che l’approssimarsi delle elezioni presidenziali ha reso meno flessibile le posizioni degli USA (come era già accaduto a Cancun) e che la crisi economica mondiale può avere indotto una più forte spinta protezionistica.

Per quanto riguarda i prodotti agroalimentari, le principali questioni che si sono frapposte all’Accordo sono state le seguenti:

Sostegno interno

E’ costituito dalla Misura aggregata del sostegno complessivo, dato dalla somma delle politiche comprese nelle cosiddette scatole gialla, blu e verde e della clausola de minimis, introdotta

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dall’Uruguay Round ( franchigia nella riduzione della MAS di un Paese, pari al 5% del valore di un prodotto o dell’intera produzione agricola; per i PVS, è pari al 10%). Secondo le ultime proposte, i membri del WTO sono collocati in tre bande, a seconda della rispettiva MAS, e le riduzioni previste ammontano al 75-85% per la prima ( UE ), al 66-73% per la seconda (USA e Giappone) ed al 50-60% per la terza, ripartite in cinque anni. Secondo alcune valutazioni, la Riforma Fischler e quella delle successive OCM, consentirebbero all’UE un taglio della MAS pari al 75%, mentre la riduzione a 15 miliardi di dollari, proposta dagli USA, rispetto ai 35 stanziati dal Farm Bill nella primavera del 2008, non sarebbe sufficiente rispetto alle diminuzioni proposte. Va, anche, ricordato che gli aiuti al cotone da parte degli USA sono stati oggetto di molte polemiche e che, per questo prodotto, nel giugno 2008, il panel del WTO ha rigettato l’appello statunitense, per cui il Brasile è autorizzato ad adottare misure di ritorsione commerciale per un importo di un miliardo di dollari all’anno.

Accesso al mercato

Per le tariffe alle importazioni, le bozze più recenti delle modalities prevedono riduzioni della metà per quelle fino al 20%, del 57% per quelle comprese tra il 20% ed il 50%, del 64% per quelle ricadenti tra il 50% ed il 75% e del 66%-73% per quelle superiori al 75%. I Paesi sviluppati possono indicare il 6%-8% dei propri prodotti come “sensibili”, soggetti, quindi, a minori riduzioni tariffarie, mentre gli altri Paesi ne possono indicare un terzo in più. Per questi prodotti, dovrebbero, comunque, essere garantite importazioni pari ad almeno il 4% dei consumi interni. I Paesi sviluppati, inoltre, possono godere della misura di salvaguardia (introdotta dall’Uruguay Round) solo per altri sette anni e solo per l’1% dei prodotti. I PVS possono individuare l’8%-20% dei propri prodotti come “speciali” e per essi le tariffe all’importazione sono ridotte, in media, solo del 15%. Il “Meccanismo speciale di Salvaguardia”, riservato solo ai PVS, ha rappresentato una delle questioni più controverse, insieme alla percentuale dei prodotti che possono essere individuati sensibili e speciali. Infatti, il motivo scatenante la

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rottura del negoziato è stata la proposta dell’India di far scattare il Meccanismo Speciale di Salvaguardia ad un livello di aumento delle importazioni pari al 10%, contro una proposta USA del 40%. Un altro problema spinoso è rappresentato dai prodotti tropicali : i Paesi dell’America Latina hanno richiesto lo stesso trattamento tariffario, da parte soprattutto dell’UE, riservato ai Paesi ACP (Africa, Carabi, Pacifico), che, ovviamente, si sono opposti “all’erosione delle preferenze” da essi godute. Il contrasto ha riguardato anche la lista dei prodotti da includere nell’accordo e l’Italia è interessata all’esclusione di riso, agrumi, ortofrutticoli e fiori. Va ricordato che il panel del WTO, nell’aprile 2008, ha deciso che il regime attuale europeo, sulle importazioni di banane, non rispetta la clausola della nazione più favorita, per cui l’Ecuador, maggior esportatore mondiale, potrebbe attuare misure commerciali di ritorsione, nonostante che l’UE, nel 2006, abbia, unilateralmente, adottato una tariffa unica di 175 Euro/tonnellata ed un contingente a tariffa zero di 775.000 tonnellate per i Paesi ACP; a Ginevra, nel 2008, la UE si è dichiarata disponibile a ridurre la tariffa doganale di 26 Euro dal primo anno e , in un arco di tempo da definire, a 116 Euro/tonnellata.

Sostegno alle esportazioni

Sembra vicino un Accordo che prevede che, entro il 2013, i Paesi sviluppati debbano eliminare tutti i sussidi( entro il 2010, però, dovranno essere eliminati per la metà e per l’intero quantitativo di cotone esportato). Per i PVS il termine massimo è il 2016. L’UE è, però, interessata alla contestuale risoluzione delle questioni riguardanti i crediti alle esportazioni e gli aiuti alimentari degli USA ed il ruolo delle imprese di Stato esportatrici di Paesi come il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda, nonché alla regolamentazione degli scambi dei prodotti ad indicazione geografica o di origine (quest’ultima nell’ambito del negoziato Trips). Occorre sottolineare che, circa un centinaio di Paesi membri, hanno sottoscritto una richiesta tesa ad includere nei negoziati il problema della istituzione di un registro internazionale

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per la tutela multilaterale dei vini, delle bevande alcoliche e dei prodotti a denominazione geografica, per sottrarli al costoso regime dei marchi commerciali registrati. Va ricordato che, nel settembre 2005, gli Usa e l’Ue riconoscono espressamente alle rispettive denominazioni vinicole lo status di“denominazione di origine” e che nel luglio 2007, infine, UE e Cina hanno riconosciuto lo status di indicazione geografica a dieci prodotti europei ed a dieci prodotti cinesi.

Le posizioni meno liberalizzatrici, in definitiva, non sono più sostenute, come nel passato,solo dai Paesi più Sviluppati,ma hanno trovato spesso sostegno anche negli altri Paesi, preoccupati di difendere le proprie produzioni agricole, su cui si basa ancora buona parte della loro economia. L’evoluzione del commercio internazionale deve, cioè, fare i conti con l’aumento dei Paesi da esso interessati e con le relative esigenze di cui sono portatori, con la debole esperienza negoziale dei nuovi Paesi membri e con la

regola del consenso, vigente nel WTO, che si situa tra l’unanimità

ed il sufficientemente unanime.

Nonostante lo stallo del negoziato WTO sulla riduzione delle tariffe per dare impulso agli scambi, il commercio agroalimentare mondiale ha registrato, tra il 2002 ed il 2006,un incremento di circa il 61% (Tab. 4). Secondo uno studio del Ministero dell’agricoltura spagnolo, se non si dovesse raggiungere nessun accordo, gli scambi mondiali sono, comunque, destinati a crescere di oltre il 3% all’anno, a causa, principalmente dell’espansione della domanda asiatica.

I Paesi, che hanno avuto un aumento della loro quota di mercato,sono stati:il Brasile (dal 3,3% al 4,2%), la Cina (dal 3,2% al 3,4%), l’India (dall’ 1,2% all’1,5%), l’Indonesia (dall’ 1,5% all’1,9%), l’Argentina e la Tailandia (entrambe dal 2,1 al 2,3%). Gli Stati Uniti (dall’11,7% al 9,8%), il Canada (dal 5,6% al 4,7%) e l’Australia (dal 2,9% al 2,3%) hanno subito le maggiori contrazioni.

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(43,2%), in virtù dell’incremento di quella dei nuovi 12 membri (dal 2,4% al 3,5%) e della Germania (dal 5,6% al 6,2%) e del decremento degli altri ed, in particolare,della Francia (dal 6,5% al 5,9%), del Regno Unito (dal 2,9% al 2,5%) e della Spagna (dal 3,5% al 3,2%). L’Italia è risultato il Paese europeo con la minore contrazione (dal 3,2% al 3,1%).

In definitiva, hanno guadagnato posizioni sui mercati internazionali i Paesi emergenti (Brasile, India, Tailandia, Argentina, Indonesia e Malesia) produttori di materie prime o commodity (cereali, oleaginose, ecc.) e di prodotti intermedi o semilavorati (oli vegetali grezzi, farine, amidi,ecc.), a discapito dei Paesi avanzati specializzati nelle stesse produzioni (USA, Australia e Nuova Zelanda). L’UE ha conservato, sostanzialmente, la sua quota di mercato, in quanto specializzata in prodotti finiti o destinati ai consumatori ed a maggior valore aggiunto (carni, formaggi, ortofrutta e bevande).

Coloro che si dichiarano pessimisti circa una conclusione positiva del negoziato, devono tenere conto che gli ultimi due Round sono durati sei (Tokyo) ed otto anni (Uruguay), con i Paesi contraenti che erano meno della metà di quelli attuali; inoltre, l’Uruguay Round si è concluso con una Presidenza Statunitense diversa da quella che l’aveva iniziata. Non bisogna, neanche, sottovalutare le pressioni che gli altri settori economici, per i quali si era, sostanzialmente, raggiunta una intesa, eserciteranno sui negoziatori

agricoli, per ammorbidirne le posizioni. Anche perché, in caso di

non accordo o di una dilazione eccessivamente lunga, le relazioni commerciali si collocherebbero nell’ambito di accordi bilaterali e/o regionali o, addirittura, di un aumento dei conflitti e delle ritorsioni, all’interno e/o all’esterno del WTO. Uno scenario, quest’ultimo, che non conviene: a) ai Pvs più competitivi ( G-20), perché hanno preferenze commerciali limitate e non potrebbero incrementare le esportazioni; b) ai Paesi più poveri( Unione africana e G-33), perché vedrebbero accentuati i loro problemi di insicurezza alimentare; c) ai Paesi sviluppati, perché non si possono permettere un aumento ulteriore dei prezzi dei beni alimentari, all’interno di

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una recessione mondiale dai connotati e dai tempi difficilmente decifrabili e prevedibili. Ecco perché è auspicabile e, forse, anche, prevedibile che il negoziato riprenda e sbocchi in un accordo

sufficientemente unanime.

Tabella 4 - Quote di mercato dei principali paesi esportatori 2002 2006 Paesi

Mld di $ % sul totale Mld di $ % sul totale

Var. % 2006/2002 Ue 27 252,8 43,0% 408 43,2% 61,4% di cui Paesi Bassi 47,0 8,0% 72,7 7,7% 54,7% Germania 32,8 5,6% 58,6 6,2% 78,7% Francia 38,2 6,5% 55,7 5,9% 45,8% Belgio 21,8 3,7% 34,0 3,6% 56,0% Spagna 20,7 3,5% 30,2 3,2% 45,9% Italia 18,8 3,2% 29,5 3,1% 56,9% Regno Unito 17,1 2,9% 23,6 2,5% 38,0% Danimarca 12,9 2,2% 18,9 2,0% 46,5% 12 Nuovi membri 14,1 2,4% 33,1 3,5% 134,8% Stati Uniti 68,8 11,7% 92,6 9,8% 34,6% Canada 32,6 5,5% 44,4 4,7% 36,2% Brasile 19,2 3,3% 39,7 4,2% 106,8% Argentina 12,2 2,1% 21,7 2,3% 77,9% Messico 8,9 1,5% 15,1 1,6% 69,7% Cina 18,8 3,2% 32,1 3,4% 70,7% Australia 17,3 2,9% 21,7 2,3% 25,4% Tailandia 12,1 2,1% 21,7 2,3% 79,3% Indonesia 9,0 1,5% 17,9 1,9% 98,9% Russia 9,1 1,5% 17,0 1,8% 86,8% Malesia 9,1 1,5% 15,1 1,6% 65,9% India 7,0 1,2% 14,2 1,5% 102,9% N. Zelanda 8,6 1,5% 13,2 1,4% 53,5% Altri 131,3 22,4% 221,8 23,5% 68,9% MONDO 587,4 100,0% 944,5 100,0% 60,8%

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Riferimenti bibliografici

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La misurazione delle risorse e dei risultati delle attività innovative: una valu-tazione dei risultati dell'indagine CNR- ISTAT sull'innovazione tecnologica.

1990, 3.6 Luigi ESPOSITO - Pasquale PERSICO

Sviluppo tecnologico ed occupazionale: il caso Italia negli anni '80.

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Matrici di contabilità sociale ed analisi ambientale.

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Linkages e input-output: una nota su alcune recenti critiche.

1990, 3.9 Concetto Paolo VINCI

I modelli econometrici sul mercato del lavoro in Italia.

1990, 3.10 Concetto Paolo VINCI

Il dibattito sul tasso di partecipazione in Italia: una rivisitazione a 20 anni di distanza.

1990, 3.11 Giuseppina AUTIERO

Limiti della coerenza interna ai modelli con la R.E.H..

1990, 3.12 Gaetano Fausto ESPOSITO

Evoluzione nei distretti industriali e domanda di istituzione.

1990, 3.13 Guido CELLA

Measuring spatial linkages: input-output and shadow prices.

1990, 3.14 Emanuele SALSANO

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1990, 3.15 Emanuele SALSANO

Investimenti, valore aggiunto e occupazione in Italia in contesto biregionale: una prima analisi dei dati 1970/1982.

1990, 3.16 Alessandro PETRETTO- Giuseppe PISAURO

Uniformità vs selettività nella teoria della ottima tassazione e dei sistemi tributari ottimali.

1990, 3.17 Adalgiso AMENDOLA

Inflazione, disoccupazione e aspettative. Aspetti teorici dell'introduzione di aspettative endogene nel dibattito sulla curva di Phillips.

1990, 3.18 Pasquale PERSICO

Il Mezzogiorno e le politiche di sviluppo industriale.

1990, 3.19 Pasquale PERSICO

Priorità delle politiche strutturali e strategie di intervento.

1990, 3.20 Adriana BARONE - Concetto Paolo VINCI

La produttività nella curva di Phillips.

1990, 3.21 Emiddio GALLO

Varianze ed invarianze socio-spaziali nella transizione demografica dell'Ita-lia post-industriale.

1991, 3.22 Alfonso GAMBARDELLA

I gruppi etnici in Nicaragua. Autonomia politica ed economica.

1991, 3.23 Maria SCATTAGLIA

La stima empirica dell'offerta di lavoro in Italia: una rassegna.

1991, 3.24 Giuseppe CELI

La teoria delle aree valutarie: una rassegna.

1991, 3.25 Paola ADINOLFI

Relazioni industriali e gestione delle risorse umane nelle imprese italiane.

1991, 3.26 Antonio e Bruno PELOSI

Sviluppo locale ed occupazione giovanile: nuovi bisogni formativi.

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La formazione del prezzo nel settore dell'intermediazione commerciale.

1991, 3.28 Maria PROTO

Risorse naturali, merci e ambiente: il caso dello zolfo.

1991, 3.29 Salvatore GIORDANO

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Crisi debitoria e politiche macroeconomiche nei paesi in via di sviluppo negli anni 80.

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Circuiti economici semplici, complessi, ed integrati.

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Imprese ed istituzioni nel Mezzogiorno: spunti analitici e modalità di relazio-ne.

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Un modello per l'analisi del sistema pensionistico.

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Il comparto dei succhi di agrumi: un caso di analisi interorganizzativa.

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Analisi multicriterio e scelte pubbliche.

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Cooperazione nel dilemma del prigioniero ripetuto e disoccupazione invo-lontaria.

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Le istituzioni come regolarità di comportamento.

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Lo sfruttamento degli idrocarburi offshore tra sviluppo economico e tutela dell'ambiente.

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Un'analisi di alcuni dei limiti strutturali alle politiche di stabilizzazione nei LCDs.

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Modelli di contrattazione salariale e ruolo del sindacato.

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Cambi reali e commercio estero: una riflessione sulle recenti interpretazioni teoriche.

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The TAR models: an application on italian financial time series.

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Fondi pensione: equilibrio economico-finanziario delle imprese.

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Economia e struttura produttiva nel salernitano dal secondo dopoguerra ad oggi.

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Empirical likelihood and linear combinations of functions of order statistics.

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L’uso del bootstrap nella verosimiglianza empirica.

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Le politiche CEE per lo sviluppo dei sistemi locali: esame delle diverse tipo-logie di intervento e tentativo di specificazione tassonomica.

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Gli effetti della mobilizzazione della riserva obbligatoria. Analisi sull’efficienza del suo utilizzo.

1996, 3.53 Massimo SPAGNOLO

A model of fish price formation in the north sea and the Mediterranean.

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RTFL: problemi e soluzioni per i dati Panel.

1996, 3.55 Angela SPAGNUOLO

Concentrazione industriale e dimensione del mercato: il ruolo della spesa per pubblicità e R&D.

1996, 3.56 Giuseppina AUTIERO

The economic case for social norms.

1996, 3.57 Francesco GIORDANO

Sulla convergenza degli stimatori Kernel.

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