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Cucine in rete

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Academic year: 2021

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Massimo Montanari

Cucine in rete

[A stampa in Bologna grassa. La costruzione di un mito, a cura di M. Montanari, Bologna 2004 © dell’autore - Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”]

Di “Bologna grassa”, della sua tradizione gastronomica e del suo mito inossidabile si è scritto tantissimo, con oscillazioni ad ampio spettro fra la ricerca d’archivio e il luogo comune, l’indagine sul campo e la leggenda d’occasione. L’autocompiacimento e il campanilismo hanno giocato un ruolo importante in queste ricostruzioni, che solitamente hanno affrontato il tema in termini di merito ossia dimostrando, o piuttosto postulando, l’eccellenza della cucina locale. Questo libro, frutto di un convegno tenuto alcuni anni fa (ottobre 2000) all’Università di Bologna, vuole suggerire un’idea nuova e del tutto diversa: che l’immagine di Bologna capitale gastronomica, affermatasi nei secoli come elemento costitutivo dell’identità cittadina, si fonda non tanto sulla qualità intrinseca della cucina “locale” quanto sulla sua capacità di “mettersi in rete”, ossia di integrare questa identità in un complesso sistema di relazioni materiali e intellettuali, alimentato dalla dimensione internazionale che fin dal Medioevo caratterizzò la vita della città grazie alla presenza dello Studio - la più antica Università europea. Il caso di Bologna, lungi dal chiudersi in se stesso, diviene in tal modo paradigmatico di una più ampia riflessione: le identità culturali sono tanto più forti e radicate quanto più sono aperte all’esterno e quanto più si inseriscono in circuiti di scambio, di incrocio e di contaminazione.

Ciò, si badi, non esclude affatto che alla base del mito bolognese vi siano corpose motivazioni legate alla sua cucina e ai prodotti del suo territorio: i saggi raccolti nel volume lo mostrano, con riferimento alla documentazione scritta e iconografica, alla tradizione agronomica, alla letteratura e alla trattatistica locale. Ma proprio mentre si cercano le specificità di questa cultura, i tratti distintivi che consentano di giustificare l’eccellenza della cucina bolognese e l’immagine che essa si è conquistata nel mondo (“quando sentite parlare della cucina bolognese”, scriveva Pellegrino Artusi, “fate una riverenza, ché se la merita”), proprio allora ci si accorge che quella immagine non esisterebbe senza un contesto come quello dell’Università, senza una cultura dell’accoglienza e dello scambio che rappresenta, questa sì in modo forte e riconoscibile, il nodo centrale dell’identità cittadina.

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