DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN STORIA E CIVILTA’
Tesi di Laurea Magistrale
PER UNO STUDIO SU CHIARA GAMBACORTA,
MONACA PISANA (secoli XIV-‐XV)
Candidato:
Relatrice:
Sonia Grilli
dott.ssa Cecilia Iannella
Correlatore:
dott. Alberto Cotza
Anno Accademico 2018/2019
Indice
Introduzione
Una donna del tardo medioevo a Pisa ... 6
1. Biografia di Chiara Gambacorta ... 13
1.1 La famiglia Gambacorta, cenni ... 13
1.2 Pietro Gambacorta ... 16
1.3 Vita della Beata Chiara ... 21
1.4 Caterina da Siena e Brigida di Svezia , la loro influenza spirituale su Chiara ... 26
1.4.1 Brigida di Svezia ... 26
1.4.2 Caterina da Siena ... 27
1.5 Corrispondenza epistolare con Francesco Datini e sua moglie Margherita ... 30 1.6 La Vita ... 32 1.6.1 I Manoscritti ... 32 1.6.2 La Diffusione ... 37 2. La fondazione del monastero di San Domenico ... 42
2.1 Le motivazioni ... 42
2.2 Le modalità della costruzione del monastero di San Domenico ... 44
2.3 Primi anni di vita del monastero di San Domenico ... 47
3. Monastero di San Domenico di Pisa, primo monastero
della riforma dell’Osservanza ... 49
3.1 Situazione dei monasteri domenicani nel XIV secolo ... 49
3.2 Riforma dell’Osservanza ... 52
3.2.1 Storiografia, genesi ed evoluzione della riforma Osservante ... 55
3.2.2 Riflessione di suor Tommasa su Obbedienza e Osservanza ... 60
3.3 La riforma dell’Osservanza a Pisa ... 62
3.4 La riforma dell’Osservanza oltre Pisa ... 67
3.5 La Beata Chiara, monaca perfetta ... 69
3.5.1 Cenni di cultura di una monaca domenicana ... 71
4. Il contributo alla cultura e all’arte del monastero di San Domenico ... 73
4.1 Monache committenti di opere d’arte ... 73
4.2 Descrizione di alcune opere d’arte ... 79
4.2.1 Cenni sulle icononografie dei dipinti ... 82
4.2.2 Focus sulla iconografia di Brigida di Svezia ... 85
Bibliografia ... 97
Indice iconografico
Fig. 1. Facciata della chiesa di San Domenico, Pisa ... 74 Fig. 2. Sepolcro della beata Chiara Gambacorta, lastra tombale,
chiesa di San Domenico Nuovo, Pisa ... 77 Fig. 3. Turino Vanni, Crocefissione con San Domenico e la beata Chiara,
sepolcro di Chiara in San Domenico, Pisa ... 79 Fig. 4. Turino Vanni, Crocefissione con San Domenico e la Beata Chiara
(particolare), chiesa di San Domenico, Pisa ... 80 Fig. 5. Martino di Bartolomeo e Giovanni di Pietro di Napoli, Sposalizio mistico
di Santa Caterina d’Alessandria con donatore, 1403, Museo Nazionale
San Matteo, Pisa ... 81 Fig. 6. Borghese di Piero, San Gerolamo penitente e nello studio con una devota
domenicana, Museo Nazionale San Matteo, Pisa ... 82 Fig. 7. Martino di Bartolomeo e Giovanni di Pietro, Pala d’altare della Madonna
con bambino in trono, 1404, Museo nazionale San Matteo, Pisa ... 86 Fig. 8. Martino di Bartolomeo, pannello sinistro Predella della Pala d’Altare
della Madonna in trono: Brigida scrive sotto dettatura dell’Angelo,
1404, Gemäldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin ... 89 Fig. 9. Martino di Bartolomeo, pannello sinistro Predella della Pala d’Altare
della Madonna in trono: Brigida scrive sotto dettatura di Gesù Cristo
e della Madonna, 1404, Gemäldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin ... 89 Fig. 10. Martino di Bartolomeo, pannello centrale Predella della Pala d’Altare
Madonna in Trono, La natività secondo la visione di Santa Brigida,
1404, Gemäldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin ... 90 Fig. 11. Martino di Bartolomeo, pannello destro della Predella della Pala d’Altare
Madonna in trono: Brigida appare in sogno ad una principessa svedese,
1404, Gemäldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin ... 90 Fig. 12. Martino di Bartolomeo, pannello destro della Predella della Pala d’Altare
Madonna in trono: Brigida salva dei pellegrini dal naufragio, 1404,
Gemäldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin ... 91 Fig. 13. Turino Vanni, La visione di Santa Brigida a Betlemme, 1395-‐1433,
Una donna del tardo medioevo a Pisa
Lo studio su Chiara Gambacorta offre una possibilità di analisi e di ricerca su diverse forme della conoscenza storica. Chiara è una donna del Trecento pisano, nata in una famiglia potente politicamente e anche economicamente quali erano i Gambacorta, emerge e si distingue per la sua determinazione, divenendo una testimone esemplare del suo tempo.
La storia della sua vita permette di conoscere realtà socio-‐religiose e artistico-‐culturali della città di Pisa, poiché si è prodigata in molteplici direzioni; dall’assistenza ai poveri alla fondazione di un monastero.
La famiglia Gambacorta, facente parte della fazione bergolina (che rappresentavano gli interessi mercantili), vive le vicende politiche tra momenti di sconfitta, come l’esilio e momenti di gloria, con il ritorno nella città del padre di Chiara, Pietro Gambacorta.
Per circa venti anni il governo di Pietro funziona e concede alla città un periodo di pace, grazie alla sua politica filo-‐fiorentina, concedendo ai fiorentini agevolazioni sui costi e permessi speciali per l’utilizzo del porto pisano.
Attraverso la biografia di Chiara conosciamo le vicende politiche della città e gli incontri con persone di rilievo come, Caterina da Siena e Alfonso Pecha da Vadeterra.
La corrispondenza che lei teneva con il mercante di Prato, Francesco Datini, offre diversi spunti di riflessione. Lo scrivere era per Chiara e per le
monache anche strumento di evangelizzazione, non potendo uscire dal convento, era una modalità di fare apostolato tra le “genti”.
Abbiamo analizzato il rapporto speciale con Caterina da Siena, conosciuta direttamente, prendendo solo in considerazione le parole e gli scritti in cui la Santa senese invita Chiara a seguire la propria volontà, senza preoccuparsi della famiglia e di essere salda sulla propria scelta vocazionale.
La vita stessa di Chiara ci introduce ad una storia simile a quella di molte ragazze del medioevo, con un matrimonio alla tenera età di tredici anni, scandalo per la nostra mentalità, ma in uso nel periodo medievale.
Dopo pochissimi anni Chiara rimane vedova e rinuncia ad un nuovo possibile matrimonio, per seguire la sua vocazione monacale. La famiglia per lei avrebbe voluto una nuova unione sponsale, non per strategie politiche o alleanze economiche, ma solo e soltanto per il suo bene. Questo aspetto ci invita a riflettere sulla questione relazionale all’interno delle famiglie potenti, dove c’era spazio anche per i sentimenti e non solo per combinazioni affaristiche come spesso è il comune pensare visto il periodo storico.
Oltre all’amicizia e venerazione per Caterina da Siena, Chiara è molto devota a Brigida di Svezia, conosciuta tramite Alfonso Pecha da Vadeterra, che era stato confessore e “discepolo” di Brigida durante il suo periodo romano. Chiara sente di essere molto vicina all’esperienza terrena della Santa svedese, ha per lei una considerevole ammirazione e si farà promotrice di divulgarne il culto tra le sue consorelle e nella città di Pisa.
Tutte le notizie biografiche sono state rese note grazie a Silvie Duval e Ann Roberts: entrambe si sono confrontate con la biografia scritta dal canonico Nicola Zucchelli, del 1904, che ha preso in esame i manoscritti relativa alla Vita. Siamo grati alla Duval per lo studio accurato sui manoscritti della Vita che vanno dal 1580 al 1620. Del 1588 la prima edizione a stampa: i manoscritti presi in esame si trovano presso l’Archivio Arcivescovile di Pisa -‐ fondo dell’Archivio del Capitolo e presso l’Archivio del Convento di San Marco (Firenze) -‐ fondo Monastero di San Domenico (Pisa).
La Vita è stata scritta sicuramente per le monache del convento di San Domenico, ma abbiamo anche indicazioni che il testo sia stato usato oltre le mura del convento, certamente nella città di Pisa. Però la Duval non è riuscita a trovare documentazione sufficiente che possa attestare la diffusione della Vita anche fuori della città pisana. Si può pensare che le monache che da San Domenico andavano in altri monasteri come a Genova, avessero con loro una copia del testo e contribuissero alla divulgazione della Vita.
Nel testo della Vita non ci sono miracoli sensazionali, non c’è un’esperienza mistica particolare, ma una donna dal volto umano, una priora attenta alle necessità fisiche e soprattutto spirituali della sua comunità.
Troviamo un testo diverso dalle vite dei santi medievali, quasi una scrittura che anticipa i temi prossimi dell’Umanesimo.
Siamo in presenza di una donna intelligente, determinata e allo stesso tempo umana e caritatevole, una donna che sa leggere nel cuore delle
persone ma anche dalla volontà ferrea, specialmente nella richiesta al padre di avere un monastero, dove poter mettere in atto le sue idee sulla riforma osservante.
Il monastero di San Domenico viene costruito in Pisa nella zona di Chinzica, a sud dell’Arno vicino alle mura cittadine nel 1392, viene poi ufficializzato con la bolla di papa Urbano VI nel 1395.
Qui Chiara con alcune consorelle, tra cui Maria Mancini, inizia la vita del monastero dedicato a San Domenico, dove realizza la sua volontà di vivere nelle regole dell’ordine applicando una stretta clausura.
Chiara e la comunità di consorelle sono promotrici della riforma dell’osservanza domenicana, distinguendosi per essere il primo esempio di comunità riformata osservante nel panorama italiano. Il nome di Chiara Gambacorta viene associato ai grandi riformatori come Raimondo da Capua e Giovanni Dominici. Promotrice della riforma e ideatrice dell’uso del panno sulla grata: al fine di concretizzare una stretta clausura, Chiara chiede di poter mettere il panno, affinché possa impedire alle monache di vedere e di essere viste dalle persone, a tutela della loro integrità morale e fisica.
Il ritorno ad una rigida clausura, come base indispensabile per garantire loro uno stato di sicurezza al fine di non avere tentazioni e di poter vivere perennemente in uno stato di grazia contemplativa, senza disturbi mondani.
La riforma dell’osservanza non è solo clausura, è anche impegno continuo per il bene della Chiesa, per una Chiesa riformata, che si riconosca nelle origini evangeliche; quella testimoniata negli “Atti degli Apostoli”.
Una continua tensione per poter eliminare gli orrori causati dalla ricchezza e dal potere temporale, lavorando sullo spirito e sul ritorno alle radici del messaggio di Cristo, alla ricerca di una povertà fisica per una maggior gloria dell’anima.
Chiara Gambacorta spende tutta la sua vita per la sua comunità monasteriale e per la città di Pisa.
Comunica, con i fedeli pisani attraverso le opere d’arte della chiesa nuova che farà erigere all’inizio del Quattrocento, lei stessa si fa promotrice del progetto, di reperire le finanze e di seguire i lavori della struttura dell’edificio.
La sua attenzione è grande, per le opere pittoriche di cui è committente durante il suo priorato, abbiamo ben individuato e analizzato i lavori di Martino di Bartolomeo e Turino Vanni realizzati su Brigida di Svezia.
Come abbiamo detto in precedenza, Chiara si impegna a divulgare il culto di Santa Brigida a Pisa, scegliendo di far rappresentare i momenti che ritiene essere più significativi del messaggio evangelico e le qualità umane di Brigida, per le quali essa diventa esempio da seguire.
Il motivo per cui Chiara realizza opere pittoriche è sicuramente per adornare, abbellire la chiesa, per comunicare i valori fondamentali in cui crede e perché la sua comunità abbia esempi reali a cui conformarsi, come appunto la storia di Brigida.
I dipinti sono come messaggi alle monache ma anche al popolo dei fedeli pisani, dato che diversi lavori pittorici erano nella parte pubblica, della chiesa e non nel chiostro.
Consapevole o meno, dà il suo contributo all’arte e alla cultura in un periodo storico di contrazione per la città della torre. Pisa ha perso la sua indipendenza, nel 1406 inizia il dominio fiorentino, pesante per una città che aveva vissuto anni di vera gloria, manifesti nelle opere architettoniche quali Piazza del Duomo e opere scultoree di artisti come Nicola Pisano.
Lo studio su Chiara Gambacorta, monaca pisana, ha permesso di esaminare diversi aspetti della storia, sia del quotidiano, vissuta da persone ai margini delle grandi imprese, che delle grandi gesta.
Una ragazza figlia di un potente pisano, che spende la sua esistenza terrena per realizzare il suo ideale, che rinuncia ad un secondo matrimonio per entrare in monastero, dove esige per sé e per la sua comunità una clausura stretta, promotrice di una riforma dell’osservanza impegnativa che la porta a confrontarsi con persone autorevoli dell’Ordine domenicano. Utilizza la corrispondenza per “uscire” dal convento, per evangelizzare e catechizzare e per creare la sua amicizia con persone come Caterina da Siena. In ultimo è committente di opere d’arte, di cui segue interamente la realizzazione indicando il tema, il soggetto e per cui si preoccupa di trovare i finanziamenti adeguati, come farà per la costruzione della nuova chiesa di San Domenico.
E ‘ la storia di una donna che ha raccolto la sfida del suo tempo terreno, che ha contribuito a creare “bellezza” e a migliorare il suo mondo vicino. Non solo per le opere visive, ma anche e soprattutto per le sue doti umane, doti che il popolo pisano le riconosce, anche con la partecipazione numerosa al suo funerale.
Quello che ho inteso sottolineare con questo lavoro è l’importanza dei personaggi minori, che non fanno cose eclatanti ma che, con il loro operato nel quotidiano, realizzano la storia. Quelli che ci permettono di capire meglio le dinamiche sociali, i valori del periodo e ci sorprendono con azioni che, talvolta, superano il comune pensare del loro tempo.
CAPITOLO 1
Biografia di Chiara Gambacorta
1.1 La famiglia Gambacorta, cenni
I Gambacorti o Gambacorta, antica famiglia di Pisa, furono protagonisti delle vicende economiche e politiche pisane e toscane fino alla fine del XIV secolo.
Sulle origini e provenienza della famiglia ci sono pareri discordanti. Secondo il Sansovino sarebbe originaria della Germania, venuta poi in Italia nel 1070 in occasione della discesa di Enrico IV; invece per il Fabiani sarebbe originaria del paese di Gambassi in Toscana1.
I Gambacorta riuscirono ad arricchirsi velocemente con l’attività di mercanti e ad acquistare grandi proprietà terriere, portandosi fra le prime famiglie di Pisa e giungendo ad esercitare un’azione politica importante dal terzo decennio del XIV secolo in poi, alla testa del partito dei mercanti e navigatori che sosteneva l’intesa con Firenze, la fazione dei Bergolini.
Personaggi importanti della famiglia verso la metà del XIV secolo furono Andrea, più volte membro dell’Anzianato, poi capo del governo pisano dopo il trionfo della propria parte nel 1347, e Francesco, il nipote, ucciso con i parenti Lotto e Bartolomeo nel 1355, quando in Pisa, alla venuta
1 N. Zucchelli, La Beata Chiara Gambacorta. La chiesa e il convento di San Domenico,
dell’imperatore Carlo IV di Lussemburgo, riprese il sopravvento il partito antifiorentino.
La catastrofe del 1355 fu la fine del primo esperimento di una signoria gambacortiana in Pisa, costringendo all’esilio i superstiti membri della famiglia, fra i quali Pietro, figlio di Andrea, destinato a divenire il personaggio più famoso , quando nel febbraio del 1369, un nuovo rivolgimento interno a Pisa permise il ritorno degli esuli in patria e al potere.
Pietro divenne allora e rimase fino al 1392 l’effettivo signore della città pisana, mantenendo esteriormente immutate quasi tutte le vecchie forme di governo e istituzioni di popolo, accentrando i poteri e le cariche pubbliche principali nella sua persona e in altri membri della famiglia, procedimento comune alla formazione di altre signorie italiane dell’epoca. Il periodo del suo dominio, che precedette il definitivo tramonto dell’indipendenza e della potenza di Pisa, costituì l’ultimo tentativo di una politica d’accordo commerciale e politico con Firenze. Tentativo stroncato da un nuovo rivolgimento interno in Pisa nel 1392, quando contro la politica gambacortiana si rivolsero contemporaneamente gli intrighi di Gian Galeazzo Visconti, che mirava a trasformare Pisa in una base della sua politica antifiorentina, e il malcontento dei produttori pisani, i cui interessi erano sacrificati dagli accordi con Firenze2.
Una congiura promossa da Jacopo d’Appiano, fedele della famiglia Visconti, portò all’uccisione del vecchio Pietro, dei suoi figli Benedetto e
2 F. Ragone, Pietro Gambacorta in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1991,
Lorenzo e alla fine dell’egemonia della famiglia Gambacorta sulla città di Pisa. La città non ebbe più pace, nel 1399 Gherardo d’Appiano vendette Pisa alla famiglia Visconti, Signori di Milano, per duecentomila fiorini d’oro . La famiglia Visconti nella persona di Gabriele Maria, succeduto al padre GianGaleazzo morto nel 1402, avrebbe voluto dare Pisa ai Fiorentini in cambio di denaro, ma la città insorse e nel 1405 fu richiamato Giovanni Gambacorta. Purtroppo questi non riuscì a dare il lustro e il merito alla città, anche se il popolo di Pisa lo aveva incaricato come Cavaliere e Difensore del popolo. La storia documenta che si aprì la possibilità di conquista da parte di Firenze, grazie ai battenti di porta San Marco lasciati aperti per fare entrare le truppe fiorentine. Era il 9 Ottobre 14063.
1.2 Pietro Gambacorta
Figlio di Andrea di Gherardo, Pietro nacque a Pisa prima del 1319, dato che nel 1349 aveva già compiuto i trent’anni di età. Abbiamo poche notizie sulla sua formazione in età giovanile: sicuramente si impegnò nelle attività mercantili e imprenditoriali della famiglia, e fu anche avviato alla vita pubblica, in vista di una probabile successione del padre. Quando il suo nome comincia a ricorrere nei documenti, egli ha già ruoli di un certo rilievo nella vita pubblica della città. Nel 1349 per conto del governo cittadino fece parte della commissione dei Savi e fu Anziano per il bimestre novembre-‐dicembre 1350 e nel bimestre settembre-‐ottobre 1351.
Nel 1353 probabilmente morì il padre, nel 1354 venne scelto per partecipare all’ambasceria inviata in tardo autunno dal governo pisano all’imperatore eletto Carlo IV di Lussemburgo, che si apprestava a scendere in Italia per farsi incoronare dal papa.
Quando Carlo IV venne in Italia, fece il suo ingresso solenne in Pisa e fu ospite a casa di Pietro nella sua residenza, identificata probabilmente con uno degli edifici del complesso in carraia S. Gilio, nel quartiere di Chinzica.
La presenza in città dell’imperatore eletto, esasperò le contraddizioni interne, facendo precipitare la situazione. Nel violento scontro frontale tra le due maggiori fazioni, in cui si trasformò allora la lotta politica cittadina, il Gambacorta, ebbe insieme ai suoi familiari una parte di rilievo.
Condivise la sorte dei propri familiari, dopo i tragici eventi che nel maggio del 1355 posero fine al primo governo dei bergolini in Pisa e alla vita dei suoi maggiori esponenti: Francesco Lotto e Bartolo Gambacorta.
Pietro Gambacorta insieme ad altri membri della sua famiglia fu esiliato, il luogo dell’esilio non poteva essere nel territorio pisano. Infatti trovò rifugio prima a Venezia e poi a Firenze.
Nel 1362 con il fratello Gherardo e l’appoggio dei fiorentini che avevano conquistato Peccioli in Valdera, organizzò un piano per rientrare in Pisa, ma il tentativo non ebbe buon esito.
Durante il periodo dogato di Giovanni dell’Agnello (1364-‐1368), non abbiamo notizie certe dell’atteggiamento che tenne il Gambacorta. Poco sappiamo della sua vita in quegli anni. Dopo il moto popolare che portò alla caduta del regime dogale e alla restaurazione delle tradizionali forme di governo della città di Pisa, ci fu all’inizio del 1369 un atto di clemenza nei confronti degli esiliati, ad eccezione solo di Pietro Gambacorta4. Fu necessario per lui l’intervento e la collaborazione della compagnia di San Michele (organismo nato per controllare e contenere le tensioni che la lotta tra raspanti e bergolini aveva generato, costituita da cittadini moderati come artigiani e mercanti) per poter ritornare a casa.
Il 24 febbraio 1369 il Gambacorta rientrò a Pisa come capo riconosciuto della propria casata e come il massimo esponente della fazione bergolina. La situazione in Pisa non era assolutamente tranquilla e i tumulti continuarono così come gli scontri tra i bergolini e i raspanti senza che le autorità riuscissero a ristabilire l’ordine pubblico.
In aprile la fazione dei bergolini prese il potere: uomini fedeli al Gambacorta furono eletti Anziani con il sostegno della compagnia di San Michele. Il Gambacorta preferì non assumere cariche ufficiali; si fece
carico, in ogni modo, del compito di risollevare, attraverso il nuovo governo, di cui era anima e moderatore, le sorti del Comune pisano.
L’accordo con il Comune di Firenze, al quale da tempo la famiglia Gambacorta era vicina, fu rapidamente raggiunto.
Pisa accordò ai Fiorentini vantaggiose concessioni relative all’uso del porto. Nel 1370 Pisa aderì alla lega antiviscontea promossa da Firenze e dal papa Urbano V.
Pietro Gambacorta nell’autunno del 1370 fu eletto dagli Anziani, su mandato del loro consiglio e del Consiglio Generale, a due delle più importanti magistrature municipali: quella di “Capitano di Guerra e Difensore del popolo” e di “Soprastante delle masnade a cavallo del comune di Pisa”, carica che comportava il comando e dunque il controllo delle risorse militari del comune di Pisa.
Questo rappresentava il riconoscimento sul piano istituzionale della posizione di preminenza del Gambacorta, ma anche l’ampiezza del consenso di cui egli godeva tra i “poteri forti” cittadini.
Ottenuto dunque il riconoscimento ufficiale della sua posizione di dominio, il Gambacorta affrontò i problemi di Pisa. Sul versante della politica interna mirò a consolidare la propria autorità senza abolire le antiche istituzioni comunali, ma accentrando i poteri e le principali cariche pubbliche nella sua persona e in quelle dei membri della sua famiglia e della sua fazione o dei suoi alleati politici.
Sul piano economico e finanziario il Gambacorta seguì una politica di sostegno degli interessi mercantili.
Lo sforzo di incrementare le entrate del Comune si indirizzò verso lo sfruttamento del porto: tutte le tasse di ancoraggio furono aumentate, con la significativa eccezione di quelle dovute alle navi fiorentine che ne furono esentate.
In politica estera mirò a far svolgere a Pisa un ruolo di mediazione fra le potenze italiane, nel rispetto della fedeltà alla linea d’accordo con Firenze. Il suo governo rappresentò per Pisa un lungo periodo – oltre vent’anni – di pace. Il conflitto tra Milano e Firenze ebbe però effetti destabilizzanti nella situazione interna di Pisa e si inasprì l’attività dei filo-‐viscontei; Iacopo D’Appiano, insieme agli oppositori del regime del Gambacorta (famiglie pisane di produttori i cui interessi sembravano essere compromessi dagli accordi commerciali con Firenze), organizzò l’ennesimo colpo di stato.
Infatti, nuove tensioni tra ottobre 1389 e aprile 1390 provocarono la riapertura del conflitto, con gravissime conseguenze per il Gambacorta e il suo governo.
La parte filo-‐viscontea, guidata dalla famiglia D’Appiano si andò sempre più rafforzando, nello stesso momento a Pavia si stavano raccogliendo presso la corte dei Visconti numerosi esuli pisani.
Il 21 ottobre 1392, la famiglia D’Appiano pose fine alla vita di Pietro Gambacorta, dei suoi figli e del suo governo.
Il corpo di Pietro fu sepolto la notte del 23 ottobre nella chiesa di San Francesco a Pisa.
Pietro è ricordato anche per l’opera di abbellimento della città; degni di nota i lavori di ricostruzione in pietra del ponte Vecchio.
Lo storico Litta5 ci dice che la prima moglie, morì nel 1381, Pietro sposò in seconde nozze Oretta Doria. Ebbe cinque figli maschi: Benedetto, Andrea, Matteo, Lorenzo e Giuliano e anche una figlia, Tora.
Le proprietà nel contado alla data del 1386, erano concentrate nelle località di Livorno, Forcoli, Marti, Castel del Bosco, Casciana, Usigliano e Lari. Tutto questo per documentare quale forza e potenza significarono i Gambacorta per la città di Pisa6.
5 Pompeo Litta Bruni, storico, Famiglie celebri italiane, prima pubblicazione 1862. 6 F. Ragone, Gambacorta Pietro in Dizionario Biografico degli Italiani, Grafiche Abramo,
1.3 Vita della Beata Chiara
Nacque probabilmente a Firenze nel 1362, durante il periodo di esilio della famiglia, da Pietro e dalla prima moglie. Fu battezzata con il nome di Tora ( diminutivo di Theodora o Vittoria).
Il rientro della famiglia a Pisa nel 1369, è un fatto ammesso da tutti i cronisti. Nel testo del canonico Zucchelli, che concorda con documentazione certa, leggiamo la seguente citazione: “haveva la dicta
Fanciulla circa 7 anni quando fu la ritornata del suo Signor Padre”7.
Secondo le consuetudini del tempo, Tora fu promessa sposa a Simone Massa8. Il matrimonio avvenne nel 1374, Tora aveva dodici anni.
Nel 1377 dopo una malattia il giovane Massa morì, e la figlia di Pietro rimase vedova a soli quindici anni.
Tora, come aveva già manifestato in tenera età, cominciò a dedicarsi ai poveri, ai malati e a pratiche penitenziali personali.
La famiglia la esortava a sposarsi nuovamente, ella però espresse il chiaro desiderio di una scelta religiosa, la sua intenzione era quella di farsi monaca.
La sua determinazione fu incoraggiata dalla conoscenza diretta con Caterina da Siena. Nel 1375 Caterina si trovava in Pisa e fu ospite della famiglia Gambacorta; come meglio diremo nel prossimo paragrafo. Tra le due donne ci fu una corrispondenza, in cui troviamo parole di esortazione
7 N. Zucchelli, La Beata Chiara Gambacorta, cit., p. 19.
8 Simone di Piero da Massa giovane pisano di ricca famiglia di San Martino in Chinziza,
politicamente vicina ai Gambacorta. A. Roberts, Dominican women and Reinassance Art, Aldershot 1952, p. 32.
per la giovane Tora a lasciare la vita secolare, per la scelta vocazionale e a non temere il parere contrario della famiglia.
Così Tora iniziò ad avere contatti epistolari con il convento delle clarisse di San Martino di Pisa, per chiederne l’ammissione.
Data la scarsa rispondenza dei genitori alle aspirazioni di Tora, lei entrò segretamente nel convento francescano di San Martino, dove assunse il nome di Chiara.
Il padre reagì con forza inviando i figli armati a riprendere la figlia dal convento per riportarla a casa.
L’anonima Vita sottolinea con particolare efficacia come l’avversione dei genitori alla scelta vocazionale fosse dovuta principalmente all’affetto per la “dilecta filia” e non per motivazioni di carattere politico ed economico9.
Dopo il ritorno a casa e la successiva reclusione nella stessa dimora, iniziò un periodo, di durata non precisata, durante il quale Chiara ebbe modo di fortificare la propria chiamata alla vita monastica.
Nell’autunno del 1378, Pietro Gambacorta chiese ad Alfonso Pecha da Vadaterra10, confessore di Brigida di Svezia, conosciuto da Pietro probabilmente durante il pellegrinaggio in Terra Santa, di convincere Chiara ad accettare un nuovo matrimonio e di non perseverare nella sua scelta di farsi monaca11. Dopo il colloquio che ebbe con la figlia di Pietro, il vescovo di Jaén rimase impressionato benevolmente dalla forza di volontà e dalla fede di Chiara, tanto che la incoraggiò a proseguire il suo cammino
9 C. Bruschi, Dizionario Biografico degli Italiani, cit., p. 6.
10 Alfonso Fernandez Pecha (Guadalajara 1330 – Roma 1389) vescovo di Jaén -‐ Spagna. 11 A. Roberts, Dominican Women and Renaissance Art, cit., p. 12.
vocazionale. Le propose come modello di “santità” Brigida di Svezia, di cui era segretario e collaboratore.
Nel novembre del 1379, Chiara entrò nel convento domenicano di Santa Croce in Fossabanda, non è spiegato nella Vita, il perché preferì il convento domenicano a quello francescano (dove era stata inizialmente) di San Martino in Chinzica12.
Fin da questo momento Chiara espresse al padre il desiderio di poter costruire un nuovo convento, per poter formare una nuova comunità.
Nel convento di Santa Croce in Fossabanda non trovò la vita che ella desiderava: non si pregava abbastanza, non c’era vita comunitaria, non c ‘era rigore e neppure silenzio. Chiese ed ottenne di vivere all’interno del convento in un luogo appartato dove poter pregare e vivere rigorosamente la propria vocazione.
Dopo la morte della madre di Chiara, Pietro Gambacorta sposò una nobile donna genovese, Oretta Doria, che ammirata dalla fede di Chiara, convinse il marito a soddisfare il desiderio della figlia, di costruire un nuovo convento.
Il 29 agosto del 1382, Chiara ed altre sue compagne fecero il loro ingresso nel nuovo monastero di San Domenico, realizzato dal padre di Chiara. Il convento di San Domenico viene comunemente considerato il primo monastero dell’Osservanza domenicana13.
La nuova comunità ricevette la sanzione ufficiale con la bolla di papa Urbano VI, in data 17 settembre 1385.
12 C. Bruschi, Gambacorta Chiara in Dizionario Biografico degli Italiani, cit., p. 6. 13 Ibid.
Pietro Gambacorta fu rettore e patrono del convento, Fra Domenico da Peccioli14 fu confessore e protettore delle monache fino alla sua morte (1408).
La vita di Chiara nella nuova famiglia fu tutta dedicata alla strettissima clausura. Due erano le direttive: da un lato l’ascesi personale, condotta con rigore in astinenza e povertà, dall’altro il nuovo compito di guida spirituale.
Nel 1392, il padre di Chiara fu ucciso a causa del colpo di stato di Jacopo d’Appiano.
Un drammatico passaggio che troviamo descritto nella Vita, ci racconta che in occasione degli scontri politici, si presentarono alle porte del monastero due dei fratelli di Chiara, feriti, chiesero aiuto alla sorella, sperando di poter entrare nella casa. Chiara fu irremovibile nel tenere fede alla regola che nessun uomo poteva accedere, all’interno delle mura del convento. Se li avesse fatti entrare sarebbe stata scomunicata15.
L’episodio, che la Vita propone come massimo esempio di virtù, propone un modello di fedeltà e obbedienza alle norme conventuali. La carità di Chiara si dimostra nel successivo episodio, nell’accoglienza in convento della moglie e delle figlie di Jacopo d’Appiano, responsabile della morte di suo padre.
Chiara divenne priora nel 1395, prima era stata sottopriora per dieci anni.
Aveva solo 33 anni, era molto giovane per quel ruolo, le Costituzioni domenicane indicavano un’età non inferiore a quaranta: questo evidenzia
14 S. Vecchio, Domenico da Peccioli, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1991,
Vol. 40, pp. 651-‐653, co-‐autore di Chronica antiqua del convento di Santa Caterina di Pisa.
le sue doti particolari di donna determinata a essere Guida della propria comunità.
Il carattere di Chiara emerge anche dalla corrispondenza che teneva sia con uomini di chiesa che con laici.
Scriveva al Maestro Generale dell’Ordine dei domenicani ; Raimondo da Capua, al vicario generale per l’osservanza in Italia; Giovanni Dominici, ma anche al mercante pratese Francesco Datini e con sua moglie Margherita, di cui sono sopravvissute ben quattordici lettere.
Riteniamo che Chiara attraverso la corrispondenza facesse azione di Apostolato, imitando Caterina da Siena e molte altre monache del periodo.16
Il convento di San Domenico insieme alla sua fondatrice fu esempio per altri conventi domenicani e non solo. Le qualità di Chiara, forza, determinazione, bontà, obbedienza e dolcezza, furono apprezzate dalle monache di San Domenico e anche dai cittadini di Pisa.
Chiara Gambacorta morì il 17 aprile 1419 e da subito fu venerata come una Beata. Le cronache del convento raccontano che circa quindicimila persone visitarono la piccola chiesa di San Domenico, sperando di intravedere il corpo di Chiara. Fu sepolta all’interno delle mura del coro delle monache, ai piedi dell’altare.
Il culto popolare nei confronti di Chiara non cessò mai di manifestarsi nel corso degli anni, tuttavia solo nel 1830 papa Pio VIII diede l’approvazione per la legittimità del culto17.
16 Ivi, p. 14.
1.4 Caterina da Siena e Brigida di Svezia, la loro influenza spirituale su Chiara
1.4.1 Brigida di Svezia
Brigida di Svezia, di nobile famiglia, nacque nel 1303 e morì a Roma nel 1373. All’età di quattordici anni si sposò con Ulf Gudmarsson, dal quale ebbe otto figli. Insieme al marito condivideva una propensione caritatevole verso i bisognosi, poveri e malati. Entrambi, Brigida e il marito, appartenevano all’ordine terziario francescano.
Nel 1344 rimase vedova e continuò a dedicarsi interamente alla sua attività di apostolato; oltre che prodigarsi per gli altri, desiderava una Chiesa migliore, non corrotta e soprattutto che il papa tornasse nella sua sede storica, nella città di Roma. Per questo scrisse diverse lettere, indirizzate alla sede papale ad Avignone, dove invita il successore di Pietro a tornare a Roma. Inoltre decise lei stessa di trasferirsi nella città eterna, seguita dalla figlia Caterina e da alcuni amici. Attraversò l’Europa devastata dalla peste e arrivò a Roma nel 1350 durante il Giubileo. In Italia iniziò così il secondo periodo della sua vita dedicato interamente allo studio e alla lotta per la riforma della Chiesa. Studiò molto bene la lingua latina, perché la riteneva essenziale e necessaria per proseguire il suo impegno di rinnovamento della Chiesa e della società del tempo.
A Roma conobbe Alfonso Pecha da Vadaterra che divenne suo segretario; il vescovo spagnolo che abbiamo ricordato essere stato il
confidente di Chiara. Fu lui ad aiutare Brigida a redigere il corpus completo delle Brigidine: le Revelationes, proprio da lui distinte in otto libri. Alfonso proveniva dall’Andalusia, dove fu vescovo di Jaén, aggregatosi al gruppo degli svedesi a Roma, rimase vicino a Brigida anche durante il pellegrinaggio a Gerusalemme. Si impegnò dopo la morte di Brigida nel processo di canonizzazione e nel divulgarne il culto, tanto è che quando conobbe Chiara Gambacorta, di cui rimase impressionato per la sua fede e il suo carattere determinato, le consigliò di fare di Santa Brigida: “La sua avvocata”18.
Brigida fu canonizzata nel 1391 dopo sei anni dalla fondazione del monastero di San Domenico. È evidente l’ammirazione di Chiara per la Santa Svedese, un’ammirazione resa manifesta anche dal programma iconografico della chiesa di San Domenico, destinato a diffondere il culto nella città di Pisa.19
1.4.2 Caterina da Siena
Caterina di Jacopo Benincasa nacque a Siena nel 1347 e morì a Roma nel 1380. Entrò giovanissima nell’ordine delle Mantellate20. Molto attiva nell’ospedale di Siena: Santa Maria della Scala.
Certamente, non possiamo in questa sede dilungarci molto su tutto quello che Caterina ha realizzato e significato nella storia della Chiesa. Ci
18 S. Duval, La Beata Chiara Conduttrice, Roma 2016, p. 10.
19 M.T. Brolis, Storie di donne nel Medioevo, Bologna 2016, pp. 55-‐67. 20 Mantellate, Terzo Ordine Domenicano, movimento penitenziale laico.
limiteremo ad analizzare il periodo della sua presenza a Pisa, nell’anno 1375, invitata da Pietro Gambacorta per assistere malati colpiti da epidemie come la peste. Secondo la tradizione, nella chiesa di Santa Cristina ricevette le stimmate21.
Il vescovo Alfonso Pecha e Chiara Gambacorta conobbero personalmente Caterina da Siena. L’influenza della mantellata senese sulla nostra Chiara, ma anche su altre religiose che parteciparono al primo gruppo di riformatrici di San Domenico, fu determinante.
La Vita di Maria Mancini, ricorda gli incontri avuti con Caterina, Maria era una discepola della santa22. La Vita di Chiara Gambacorta invece non dice nulla di Caterina, anche se in diverse occasioni ci sono allusioni. Solo attraverso le lettere tra Chiara e Caterina abbiamo notizie della loro amicizia.
Dalla corrispondenza, apprendiamo che la santa senese, guidò la giovane Chiara nel suo cammino vocazionale, chiedendole di diventare monaca e Chiara le obbedì prontamente.
Gli indizi dell’esistenza del culto di Santa Caterina nel monastero di San Domenico di Pisa, fin dal priorato di Chiara Gambacorta, sono numerosi. Lo dimostrano, in particolare, opere d’arte all’interno della chiesa come il matrimonio mistico di Caterina da Siena23.
21 E. Dupré Theseider, Caterina da Siena, in Dizionario Biografico degli Italiani, cit.,
Roma 1979,Vol 22, pp. 361-‐379
22 Maria Mancini, discepola di Caterina da Siena, alla morte di Chiara Gambacorta
(1419), divenne priora del monastero di San Domenico -‐ Pisa, fino alla morte, avvenuta nel 1431. Cfr. S. Duval, «La beata Chiara conduttrice». Le vite di Chiara Gambacorta e Maria Mancini e i testi dell'osservanza domenicana pisana, Roma 2016, pp. 75-‐83.
Caterina è presente indirettamente nel testo della Vita di Chiara Gambacorta, attraverso il ricordo della seconda lettera che indirizzò a Tora, nel 1378. In questa lettera Caterina chiese a Tora di non risposarsi più, di resistere alle tentazioni mondane ai demoni e alla sua famiglia e di entrare a far parte dell’ordine, cioè di diventare monaca24.
1.5 Corrispondenza epistolare con Francesco Datini e sua moglie Margherita
Francesco Datini (1335-‐1410), mercante di Prato, fu fondatore di un grande sistema di aziende. Il suo archivio ci è pervenuto praticamente integro, depositato presso la sezione di Archivio di Stato di Prato, esso consta di centoquarantamila lettere, cinquecento registri, libri di conto e migliaia di documenti25.
Era sposato con Margherita di Domenico Bandini, di Firenze. La corrispondenza con il notaio e amico Lapo Mazzei è veicolo fondamentale per la conoscenza del mercante e per conoscere meglio la realtà socio culturale del periodo, come la divulgazione del culto di Santa Brigida.
Una delle migliori prove di questa diffusione è la lettera del notaio a Francesco Datini, che descrive Brigida come una Santa più grande, addirittura, di Francesco d’Assisi. In questa lettera il notaio Lapo fa riferimento alla comunità di San Domenico di Pisa. Sappiamo bene che il Datini conosceva Chiara Gambacorta, con la quale intratteneva una corrispondenza. Chiara, in molte lettere, chiede aiuto per le varie necessità del convento, specialmente dopo la morte del padre, in queste lettere, lo ringrazia per la carità ricevuta, lo conforta nella vita cristiana. Tutto questo è ben evidenziato nella lettera di Chiara alla moglie Margherita: “(1395, verso Natale):” Alla reverendissima e carissima donna monna Margherita donna di Francesco Datini (…) Ho un gran piacere che sapete legiere e
25 M. Luzzati, Francesco Datini, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1987,
pregovi che l’usiate. Però se sii afatiganno i Santi in fare libri a ciò che in essi ci ispecchiassimo e adornassimoci di virtù e levassimo da noi le macchie di peccati che sossano la anima (…) e solertate il vostro compagno alla sua salute in vivere virtuosamente e in sovenire i bisognosi e non pigliare tanta superbia sollecitudine che l’anima sia privata del suo cibo”26. È chiaro l’invito alla lettura e ad una vita attenta ai bisogni del prossimo.
Chiara esorta i coniugi Datini ad una sempre attenta e consapevole spiritualità, a dedicare tempo alla preghiera, ad una sempre rinnovata fede cristiana.
Inoltre l’amicizia con il mercante di Prato sarà di notevole aiuto per Chiara, quando dovrà reperire i fondi per la costruzione della nuova chiesa di San Domenico.