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Specializzazione territoriale e intersettorialità dei settori culturali e creativi

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Academic year: 2021

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Quaderno on line

della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo

Fattore Cultura

Realtà e potenzialità

in provincia di Cuneo

A cura del Centro Studi Silvia Santagata Ebla

Novembre 2016

Analisi promossa e finanziata da

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Questa analisi è stata promossa e finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e condotta, con il coordinamento del Centro Studi della Fondazione, dal Centro Studi Silvia Santagata Ebla.

Centro Studi Fondazione CRC (coordinamento scientifico e redazionale): Elena Bottasso , Stefania Avetta, Renato Lanzetti.

Organizzazione della ricerca:

Capitolo 1: Giovanna Segre Capitolo 2: Luca Moreschini Capitolo 3

3.1, 3.2: Paola Borrione e Aldo Buzio 3.3: Maria della Lucia

Capitolo 4

4.1: Vittorio Falletti 4.2: Alessio Re 4.3: Aldo Buzio

4.4: Aldo Buzio e Luca Moreschini 4.5: Aldo Buzio

Capitolo 5:

5.1: Paola Borrione e Vittorio Falletti 5.2: Aldo Buzio

5.3 Aldo Buzio e Martha Friel

Capitolo 6: Paola Borrione, Aldo Buzio, Giuliana C. Galvagno, Giovanna Segre

Capitolo 7: Paola Borrione, Aldo Buzio, Vittorio Falletti, Martha Friel, Alessio Re, Giovanna Segre

Si ringraziano tutte le persone e le organizzazioni che hanno contribuito a vario titolo alla realizzazione di questo studio.

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Indice

Introduzione ... 7

1. Atmosfera Creativa, un modello economico per cultura e creatività ... 10

2. Il disegno istituzionale delle politiche culturali: novità e opportunità ... 15

2.1 Politiche europee per la cultura: dalle origini al 2013 ... 15

2.2 La cultura e il ciclo di programmazione 2014-2020: politica di Coesione con interventi per la ricerca e l’innovazione ... 19

2.3 La nuova strategia culturale europea ... 21

2.4 Cooperazione Territoriale Europea ... 26

2.5 Le politiche culturali in Italia 1970-2015 ... 28

2.6 Regione Piemonte... 33

2.7 Altri casi di politiche culturali o esperienze innovative ... 35

2.8 In sintesi ... 36

3. Fattore cultura in provincia di Cuneo: i numeri ... 39

3.1 Cuneo nelle classifiche italiane ... 39

3.2 Le imprese dei settori culturali e creativi ... 41

BOX 1. La SIAE in provincia di Cuneo ... 53

BOX 2. Il settore del non profit culturale in provincia di Cuneo ... 54

3.3 Specializzazione territoriale e intersettorialità dei settori culturali e creativi ... 55

4. I settori del Patrimonio culturale ... 64

4.1 Musei e Patrimonio culturale ... 64

4.2 Patrimonio naturale ... 71

4.3 Spettacolo dal vivo ... 75

4.4 Arte contemporanea ... 79

4.5 Architettura ... 82

5. I settori della Cultura materiale ... 85

5.1 Moda ... 85

5.2 Gusto ... 89

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6. I settori dei Media e New Media ... 97

7. Considerazioni di sintesi e suggerimenti di policy ... 109

7.1 Considerazioni di sintesi ... 109

7.2 Indicazioni di policy ... 113

Allegati ... 120

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Introduzione

Che la cultura, insieme alla creatività, sia un fattore cruciale per favorire crescita e sviluppo economico è opinione ormai diffusamente condivisa e comprovata a livello scientifico, specie quando si considerino luoghi e territori caratterizzati dalla produzione di beni e servizi di eccellenza. La messa a punto e l’adozione di politiche culturali mirate può produrre effetti rilevanti in termini di produzione, occupazione e qualità sociale, a condizione però che la cultura sia intesa come fattore dinamico e propulsivo, non solo come mero elemento di conservazione e perpetuazione di conoscenze o beni materiali.

Nel suo libro postumo del 2013, Il Governo della Cultura, il professor Walter Santagata evidenzia come una buona politica culturale debba sia preservare le eredità culturali (materiali e immateriali) della comunità sia favorire la produzione di nuova cultura, in misura tale da generare ricadute positive sul piano strettamente economico, ma anche di benessere e qualità sociale.

Tradizionalmente, in passato, parlando di cultura si faceva riferimento al patrimonio culturale, artistico e alle manifestazioni; invece negli ultimi anni la prospettiva di analisi si è allargata notevolmente, includendo nuovi fattori come quelli della cultura più intangibile e delle conoscenze tradizionali. Tutte componenti cardine di una logica più orientata a un’atmosfera creativa che a un elenco di emergenze puntuali.

Tale nuova prospettiva di lettura è già stata applicata al Piemonte, alla città di Milano e alla provincia di Ferrara, fornendo interessanti risultati descrittivi – che hanno anche evidenziato reti e sistemi complessi ‒, analitici e interpretativi, oltre a indicazioni di policy per l’azione pratica.

Sulla base di recenti indagini realizzate sulla provincia di Cuneo, sono emersi elementi strutturali e dinamiche meritevoli di approfondimento che hanno determinato la decisione di adottare la prospettiva di analisi di Atmosfera Creativa per il territorio cuneese.

In particolare, la provincia di Cuneo si caratterizza per un elevato livello di qualità della vita, collocandosi al settimo posto tra le province italiane, in base alla classifica 2015 del Sole 24 Ore, ma - per contro – realizza modesti posizionamenti per quanto riguarda

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la cultura (la provincia cuneese è al 21° posto per valore aggiunto nel settore cultura e all’85° per incidenza del numero di imprese a vocazione culturale, in base al rapporto

Symbola 2015) e la creatività ( nel 2005 Cuneo si classificava 87° su 103 nell’Indice di

Creatività Italiano e in ultima posizione per percentuale di classe creativa, nel rapporto

Italia nell’era creativa redatto dal Creativity Group Europe di Richard Florida e Irene

Tinagli).

Altri elementi che contraddistinguono la provincia Granda sono una struttura territoriale economicamente diversificata e caratterizzata da esperienze imprenditoriali in molteplici campi; performance economiche positive e buone capacità di resilienza alla crisi, nonostante una cospicua riduzione del numero delle piccole imprese che tradizionalmente ne caratterizzano il tessuto produttivo; livelli di istruzione significativamente inferiori a quelli medi del Piemonte; il permanere di localismi e campanilismi tipici delle realtà policentriche; presenza di un ricco tessuto di associazioni e organizzazioni non-profit. Tra le opportunità, va inoltre segnalato il recente inserimento dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe e Roero nella lista UNESCO dei Patrimoni dell’Umanità, insieme a quelli del Monferrato.

Un contesto così peculiare e per certi aspetti contraddittorio meritava approfondimenti, sia sul piano conoscitivo sia su quello delle possibili azioni di policy.

Scopi prioritari della presente indagine sono, da un lato, l’analisi del panorama culturale e creativo in provincia di Cuneo – finalizzata a mappare e mettere in luce punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce – e, dall’altro, l’indicazione di linee-guida per una programmazione volta allo sviluppo sostenibile del territorio basato su cultura e creatività.

Il presente rapporto si articola in sette capitoli.

Il primo si articola in un’indagine sulla letteratura internazionale e sulla definizione del modello di Atmosfera Creativa, con successiva disamina di alcune buone pratiche sia nazionali che internazionali. Lo scopo è descrivere in termini teorici e pratici quel passaggio cruciale nell’approccio alla cultura e alla sua funzione sociale ed economica. Una volta definito il modello di riferimento, nel secondo capitolo vengono analizzate le differenti tipologie di politiche culturali adottate a livello europeo, nazionale e locale. Il terzo capitolo analizza la rilevanza economica del fattore cultura nel cuneese, con particolare riguardo ai sistemi dell’impresa e del lavoro in ambito culturale e creativo,

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evidenziando il peso dei diversi settori creativi sia in termini assoluti sia di incidenza nelle diverse aree territoriali.

Nei capitoli dal quarto al sesto prende forma l’analisi più qualitativa dei sistemi culturali e creativi presenti in provincia di Cuneo, costituiti da industrie culturali di notevoli dimensioni e importanza internazionale, ma anche da un ampio numero di realtà più piccole la cui interazione a livello sia orizzontale sia verticale crea quelli che abbiamo definito «sistemi culturali».

Nel settimo e ultimo capitolo del rapporto sono riassunte le caratteristiche salienti di tali sistemi e fornite possibili indicazioni di policy rivolte ai settori culturali e creativi.

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1. Atmosfera Creativa, un modello economico per

cultura e creatività

All’interno della riflessione sull’importanza della cultura e della creatività dal punto di vista economico, questo studio si sviluppa a partire dal modello interpretativo riconducibile alla definizione di Atmosfera Creativa, un sistema analitico sviluppato dal Centro Studi CSS-Ebla per identificare e descrivere i principi cardine di uno sviluppo economico fondato su cultura e creatività, che è stato applicato per la prima volta al Piemonte nel 2011 (Bertacchini e Santagata, 2012).

Poggiando le basi sul Libro Bianco sulla Creatività (Santagata, 2009), che individua nel

patrimonio culturale, nella cultura materiale e nell’industria dei contenuti i tre

pilastri dello sviluppo a base culturale italiano, la prospettiva di analisi dell’Atmosfera

Creativa ne approfondisce il livello di indagine, concentrandosi sul livello territoriale.

Ulteriore scopo dello studio è cogliere l’esistenza di sistemi locali della creatività, ossia di quelle particolari condizioni produttive che, quando siano immerse in una concentrazione di talenti ed eccellenze sufficientemente densa, danno vita alla cosiddetta «Atmosfera Creativa». Quanto più in una città e nel territorio circostante si sviluppano sistemi creativi, tanto più l’atmosfera raggiunge la massa critica necessaria per produrre crescita economica locale che sia culture-driven. L’atmosfera creativa richiede dunque una fitta rete di protagonisti che interagiscano frequentemente e si sostengano reciprocamente nella produzione di beni e servizi ad alto contenuto culturale, innovativo e simbolico.

Lo studio delle potenzialità di sviluppo economico competitivo, basate sulla presenza di settori culturali e creativi, appare particolarmente interessante se condotto attraverso gli elementi costitutivi dello schema di Atmosfera Creativa. Un’analisi impostata sull’approfondimento dei tre pilastri dell’economia culturale e creativa italiana, infatti, permette di superare i limiti imposti dall’applicazione disgiunta di una definizione per singoli settori. Confinare l’analisi alla tradizionale classificazione dei settori produttivi significa infatti non considerare il peso economico, simbolico e culturale delle attività creative. I confini dei settori culturali e creativi, per loro natura e per l’intrinseca

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innovatività che ne caratterizza le dinamiche, sono di difficile determinazione e di elevata mutevolezza, il che porta non di rado gli economisti a trascurarli o considerarli in modo molto approssimativo.

Anche in questo studio sulla provincia di Cuneo, come prassi metodologica - adottata anche in analisi condotte in questo ambito dai più autorevoli enti internazionali (quali KEA, DCMS, WIPO, UNCTAD, UNESCO) - è stata prevista una fase di mappatura e valutazione delle consistenze economico-produttive. Tale esercizio è stato però preceduto da un’attenta definizione di quali settori produttivi debbano essere inclusi all’interno di un perimetro, quello delle industrie culturali e creative, su cui non vi è ancora una visione unitaria. Il quadro di riferimento statistico dell’UNESCO, sviluppato nel 1986, suddivide la cultura in settori e funzioni nella creazione di valore, ed è il primo approccio ad aver inserito il patrimonio naturale tra i settori culturali. L’approccio del Regno Unito (DCMS) include invece anche turismo e sport.

Negli anni hanno visto la luce alcuni importanti lavori di ricerca sull’Italia. Tra questi possono essere ricordati il Rapporto sull’economia della cultura in Italia 1990-2000 (Bodo e Spada, 2004), che individuava 4 settori principali, e il rapporto sviluppato dall’Istituto Tagliacarne nel 2007, che effettuava una prima ricognizione e comparazione tra i vari approcci metodologici, sottolineando la centralità data alle nuove tecnologie nelle ricerche di ispirazione più anglosassone, nonché la novità dell’introduzione della cultura materiale (principalmente artigianato, design ed enogastronomia) nella formulazione italiana. In tutti questi lavori, dove sono stati adottati modelli teorici di riferimento che prevedevano una suddivisione in funzione del tipo di prodotti o dell’importanza della componente creativa in essi contenuta, si identifica un numero di settori culturali e creativi mediamente compreso tra 10 e 15, quantità che varia in funzione delle caratteristiche del contesto di riferimento. Il Libro

Bianco sulla Creatività (Santagata, 2009), ad esempio, ne include 12.

Il testo di riferimento più efficace nel tracciare un modello interpretativo utile a definire il senso sottostante la gran parte delle classificazioni proposte per i settori culturali e creativi è quello definito dall’economista australiano David Throsby nel suo importante articolo del 2008: The concentric circles model of the cultural industries (Throsby, 2008). Throsby propone una suddivisione economico-politica del campo culturale in insiemi concentrici, con al centro le arti (arti visive, letteratura, musica,

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spettacolo) e nei cerchi più distanti le industrie culturali e creative a contenuto via via decrescente di creatività.

Nello specifico, i settori culturali e creativi presi in esame nella generalità delle analisi possono essere definiti in funzione dei tre pilastri dello sviluppo economico italiano a base culturale: patrimonio, industrie del contenuto e cultura materiale (fig. 1).

Figura 1. I settori culturali e creativi per lo studio di Atmosfera Creativa

La ripartizione presentata, anche se non perfettamente sovrapponibile, è inoltre confrontabile con la struttura adottata dal ben noto Rapporto di Symbola-Unioncamere

Io sono cultura, riproposto ogni anno dal 2011 (seppur pubblicato con un diverso titolo

nei primi due anni), che calcola il numero complessivo di imprese culturali e creative operanti in Italia e l’occupazione da esse generata, fornendo anche molti dati e infografiche sullo stato della produzione culturale, il trend degli ultimi anni e la correlazione con altre variabili socioeconomiche particolarmente rilevanti (dai tassi di attività femminile alla relazione tra spesa pubblica in cultura e dimensioni della città). Nella seconda parte del rapporto, ciascun settore culturale viene analizzato individuando

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alcune tematiche, esperienze o buone pratiche di particolare importanza anche sul fronte dell’innovazione.

Tuttavia, il modello generale dell’Atmosfera Creativa si caratterizza ulteriormente per il fatto che, a partire dai settori sopraelencati, studi anche l’articolazione delle varie parti della filiera che dalla produzione porta al consumo, da cui prendono vita i sistemi locali della creatività. Come detto, la scelta di adottare la nozione di “sistema” è introdotta principalmente al fine di superare la definizione di “industrie creative” o “culturali”. Questa classificazione, infatti, in molti casi è risultata poco efficace nello spiegare i fenomeni e le dinamiche che caratterizzano le attività creative, perché ogni sistema raggruppa attività il cui tasso di creatività favorisce la produzione di beni e servizi ad alto contenuto culturale e di valore simbolico, in grado di generare effetti positivi di sviluppo locale.

La maggior parte dei sistemi individuati - in particolar modo le industrie del contenuto e quelle della cultura materiale - sono costituiti da prodotti che incorporano un alto grado di proprietà intellettuale, ma sono facilmente riproducibili e scalabili. Si pensi a prodotti culturali legati ai media come i film, i libri, la musica, o a opere di design, dove il costo di produzione del supporto è ormai nettamente inferiore ai costi di ideazione e creazione del contenuto: una volta concepito il prodotto, se nel territorio esistono specializzazioni e competenze nella sua produzione, la replicabilità a basso costo permette di raggiungere e soddisfare una domanda che va oltre la dimensione locale, favorendo rilevanti margini di profitto. Inoltre, i sistemi individuati generano prodotti e servizi “esperienziali”, dove il consumo è legato maggiormente agli elementi culturali di un luogo o all’esperienza sensoriale. In questo caso, il valore idiosincratico del bene porta a vantaggi competitivi per il territorio, poiché il consumo può avvenire solo visitando i luoghi, come nel caso dello spettacolo dal vivo o del turismo culturale, o verificando l’autenticità della provenienza dei prodotti, come avviene per i beni della cultura materiale. In questo quadro, è perciò cruciale delineare con attenzione il contesto locale di riferimento al fine di comprendere realmente come si formi e si strutturi sul territorio l’atmosfera creativa.

Per determinare gli elementi necessari alla costruzione del quadro completo necessario a tracciare la prospettiva dell’atmosfera creativa, la presente analisi ha esplorato quattro livelli analitici (fig. 2):

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1. la mappatura dei settori economici, finalizzata a rappresentare le specializzazioni produttive in ambito culturale e creativo e a fornire lo scenario entro cui collocare l’analisi degli altri tre elementi (le fabbriche della cultura, i micro-servizi dei settori creativi e culturali e i sistemi locali della creatività);

2. le fabbriche della cultura, ovvero le eccellenze, per dimensione o per importanza, presenti nel territorio;

3. i micro-servizi dei settori creativi e culturali, con cui si individuano quelle specializzazioni produttive di piccola scala al servizio dei settori culturali e creativi e a essi funzionali, che hanno molto peso nel favorire l’atmosfera creativa che lo studio si prefigge di individuare;

4. i sistemi locali della creatività, che rappresentano la necessità di porre attenzione anche alla presenza di legami e reti di soggetti lungo e tra le filiere produttive.

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2. Il disegno istituzionale delle politiche culturali:

novità e opportunità

In Europa, le politiche culturali pubbliche sono state per molto tempo una prerogativa degli Stati nazionali e degli enti territoriali e locali; tuttavia, negli ultimi anni il quadro è sostanzialmente mutato: le responsabilità e le competenze sono state suddivise tra i vari livelli di governo degli Stati membri e il nuovo quadro economico finanziario della UE ha fatto sentire i suoi vincoli in modo assai forte sulla capacità di spesa dei diversi livelli istituzionali.

In tale contesto, in cui l’influenza del quadro di riferimento sovranazionale è ormai imprescindibile in qualsiasi area di policy, anche nel settore culturale e creativo le istituzioni europee hanno assunto un rilievo inedito, tanto che in questi anni le fonti di finanziamento e le linee strategiche europee sono diventate il principale punto di riferimento per tutti gli stakeholder dei settori culturali e creativi. Le istituzioni pubbliche e private devono guardare all’Europa quando elaborano norme, strategie e strumenti di supporto finanziario e all’Europa guardano le industrie creative e gli operatori culturali alla ricerca di opportunità, idee, partner, mercati.

Per questo motivo e con il preciso obiettivo di delineare il contesto programmatico delle

cultural policies anche a livello locale, in questo capitolo viene ricostruita l’evoluzione

dell’azione pubblica nel settore culturale negli ultimi decenni e sono presentate le linee strategiche e alcune linee di intervento a livello europeo e nazionale, con particolare riferimento ai principali strumenti comunitari di finanziamento dei progetti culturali e delle industrie creative. Un breve accenno sarà fatto anche per il contesto regionale, attualmente ancora in via di definizione.

2.1 Politiche europee per la cultura: dalle origini al 2013

Già nel lontano 1954 la Convenzione culturale europea definiva gli intenti del Consiglio d’Europa in materia di cultura e patrimonio culturale (oltre che di educazione, gioventù e sport), auspicando linee d’azione comuni. Nel 1969 la medesima Convenzione

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includeva anche il patrimonio archeologico. Passeranno tuttavia lunghi anni prima che si vada oltre la dichiarazione di intenti e l’Europa inizi ad affermarsi come un attore fondamentale per le politiche culturali anche a livello nazionale e locale.

Nei primi decenni del percorso di unificazione europea, il ruolo dell’Unione era circoscritto e limitato alla promozione di politiche e interventi dedicati al patrimonio culturale ‒ le Giornate Europee del Patrimonio, il Premio per il Patrimonio Culturale, il Label Europeo del Patrimonio ‒, mentre la protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale erano considerate responsabilità e competenza degli Stati membri1.

Con il passare del tempo, è però maturata la consapevolezza che l’unione economica non potesse più fare a meno di un’integrazione anche politica e culturale; pertanto, prima con il Trattato di Maastricht del 19922 e poi, con ancora più evidenza, con il Trattato di Lisbona nel 2009 si è cercato di trovare una sintesi tra due obiettivi apparentemente in conflitto: la tutela della diversità tra i diversi popoli e lo sviluppo del patrimonio culturale comune europeo. Così, per la prima volta è stata assegnata all’Unione Europea una competenza specifica nel campo dei beni e delle attività culturali, rendendola di fatto un attore strategico e finanziario fondamentale nel panorama delle politiche culturali degli Stati membri.

A partire dagli anni novanta, parallelamente alla riflessione sull’importanza politica dell’azione culturale europea – in considerazione della sua capacità di creare integrazione tra i popoli ‒, si è sviluppata una consapevolezza sulla rilevanza della dimensione economica delle industrie culturali e creative del vecchio continente, supportata anche da un numero crescente di dati statistici e rapporti di ricerca3.

1

I Trattati Europei hanno sempre previsto una forte sussidiarietà per le politiche culturali, mantenendone la responsabilità in capo ai governi nazionali e alle autorità regionali e locali. (Sc6)

2 Alla cultura è dedicato il titolo XIII del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), nel quale è previsto, all’art. 167, che l’UE contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune.

3

Secondo uno studio del 2006 realizzato da KEA Affairs per conto della Commissione Europea, nel 2003 il settore delle industrie creative ha fatturato più di 654 miliardi di euro, a fronte dei 271 miliardi di euro fatturati nel 2001 dall’industria automobilistica e dei 541 miliardi di euro di fatturato generato dalle industrie delle Nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (NTIC) nel 2003 (cifre riferite a UE15); il settore delle industrie creative ha contribuito per il 2,6 % al PIL UE nel 2003 e la crescita globale del valore aggiunto del settore dal 1999 al 2003 è stata del 19,7%, superando del 12,3% la crescita economica globale dell’Unione Europea. KEA Affairs (2006) The Economy of Culture in Europe. Study

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Il percorso, iniziato alla fine del XX secolo, vede un momento importante con la firma della Convenzione di Faro del 2005 del Consiglio d'Europa4, che fa un ulteriore passo in avanti ponendosi l’obiettivo di promuovere un crescente riconoscimento a livello europeo, nazionale, regionale e locale della dimensione sociale del patrimonio culturale e dell’importanza di attivare sinergie tra i diversi stakeholder, con l’obiettivo di tutelare, sviluppare e trasmettere alle generazioni future il patrimonio culturale.

Nel 2009, infine, con la firma del Trattato di Lisbona, le politiche culturali trovano definitivo inserimento nei trattati europei.

Alle dichiarazioni di principio e alle assunzioni di responsabilità istituzionale ha poi fatto seguito l’elaborazione di uno specifico insieme di documenti strategici e di politiche e strumenti di intervento culturali europei, che possono, dal punto di vista delle

policy, essere divise in strumenti di natura regolamentare e in strumenti a carattere distributivo.

Nei primi rientrano tutti gli interventi che mirano in primo luogo a garantire la libera circolazione all’interno dell’UE tanto degli operatori, persone e imprese, quanto dei beni e dei servizi culturali. Di maggiore interesse, in questa sede, sono le policy a carattere distributivo o erogativo, tra le quali, anche per la rilevanza della loro dotazione finanziaria, hanno assunto particolare rilievo:

 la Politica di Coesione. Finalizzata al riequilibrio dei livelli di sviluppo delle diverse regioni europee, attuata mediante i Fondi Strutturali e l’adozione di Programmi Operativi nazionali o, come in Italia, regionali, ha riservato nei periodi 2000-2006 e 2007-2013 un ruolo importante alle risorse culturali, considerandole asset rilevanti dei territori e delle comunità, soprattutto all’interno degli interventi finanziati con fondi FESR, destinati allo sviluppo regionale in particolare nelle aree a ritardo di sviluppo.

 Il Programma Cultura 2007-2013. Mediante la cooperazione culturale tra gli attori del sistema culturale europeo, il programma aveva l’obiettivo di sviluppare uno spazio culturale condiviso dai cittadini europei e basato su un comune patrimonio culturale, al fine di sostenere la crescita di una

4 Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la Società - CETS n. 199.

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cittadinanza europea, resa più complessa dal processo di allargamento degli Stati membri.

 Il Programma MEDIA. Esso aveva l’obiettivo di preservare e valorizzare la diversità culturale e linguistica del continente, di accrescere la circolazione e la visibilità delle opere audiovisive europee e di rafforzare il confronto e la concorrenza nel settore audiovisivo europeo.

 I Programmi Leonardo da Vinci, Erasmus, Erasmus Mundus, Grundtvig, Comenius. Rivolti ai settori dell’istruzione e della formazione, sono finalizzati a favorire gli scambi tra cittadini europei di diverse nazionalità, anche all’interno di progetti di istruzione e formazione artistica e culturale.  Gli Itinerari culturali. Negli ultimi anni il Parlamento europeo ha sviluppato

la sua capacità di azione a sostegno degli itinerari culturali europei sia con un investimento finanziario crescente sia con la creazione, nel 2010, dell’Accordo parziale allargato sugli Itinerari culturali, con l’obiettivo di farne una risorsa fondamentale per lo sviluppo territoriale5, il turismo in Europa e la valorizzazione del patrimonio culturale, artistico e religioso.

Accanto a questi strumenti di programmazione, nel 2007, nel tentativo di dare un quadro complessivo a tutti gli interventi europei e con l’obiettivo di concretizzare il cambiamento di atteggiamento dell’Unione Europea e di favorire il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati, è stata adottata l’Agenda Europea per la Cultura6, con tre obiettivi strategici:

a. Promozione della diversità culturale e del dialogo interculturale, da raggiungersi promuovendo la mobilità di artisti e professionisti culturali, la mobilità e la digitalizzazione delle collezioni e del patrimonio culturale e la crescita delle competenze interculturali dei cittadini.

5 Si pensi a quello che è certamente l’itinerario europeo più frequentato, il Cammino di Santiago di

Compostela, percorso ogni anno da oltre duecentomila “pellegrini”, ma anche alla Via Francigena, che

sta godendo di un sempre maggiore successo, in particolare tra i giovani. Questi – e molti altri – itinerari creano opportunità di lavoro e di sviluppo per tutta la filiera interessata, dall’accoglienza e la ristorazione, ai trekking e ai percorsi guidati, fino alle applicazioni per smartphone e tablet, di natura sia turistica sia culturale.

6 Approvata dal Consiglio dell’Unione Europea in una Risoluzione nel novembre 2007 e dal Parlamento europeo nell’aprile dell’anno successivo.

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b. Promozione della cultura quale catalizzatore della creatività. L’Agenda si inseriva nel quadro della strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione e promuoveva un costante e diffuso utilizzo delle sinergie tra istruzione, ricerca e cultura, mediante il sostegno all’istruzione artistica e la partecipazione dei cittadini alle attività culturali, con l’obiettivo di sviluppare la creatività e l’innovazione nella società europea. Assi fondamentali di questo obiettivo erano anche la diffusione di strutture di formazione in tema di management e imprenditorialità, specifiche per i settori culturali e creativi, e lo sviluppo delle industrie culturali e creative.

c. Promozione della cultura quale elemento essenziale delle relazioni

internazionali dell’Unione, attraverso un accresciuto ruolo della cultura nelle

relazioni esterne e nella politica di cooperazione allo sviluppo; sostegno della convenzione dell’Unesco su protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali; dialogo interculturale e interazione tra le società civili degli Stati membri dell’UE e i paesi terzi; sviluppo della cooperazione tra le istituzioni culturali degli Stati membri dell’UE, compresi gli istituti culturali, nei paesi terzi e con i loro omologhi in questi paesi.

2.2 La cultura e il ciclo di programmazione 2014-2020: politica di

Coesione con interventi per la ricerca e l’innovazione

.

Come precedentemente detto, a partire dagli anni novanta, la cultura ha assunto un ruolo crescente prima nella promozione dell’integrazione tra i cittadini e le diverse culture europee, poi nelle politiche sviluppo economico e sociale. Nel corso degli ultimi decenni, anche sul fronte dei rapporti istituzionali sono state realizzate alcune importanti iniziative con l’obiettivo di sviluppare un approccio comune e inserire stabilmente la cultura tra gli ambiti e gli strumenti delle politiche dell’Unione – tra cui l’European

Heritage Heads Forum, costituito nel 2006; il Reflection Group l’UE e il Patrimonio culturale, (2010); il Joint Programming Initiative Cultural Heritage and the Global Change, (2010) e l'European Heritage Alliance (2011) – che hanno contribuito a

sviluppare e migliorare il coordinamento europeo in particolare in tema di interventi sul patrimonio culturale. Nonostante questi progressi, l’integrazione della cultura all’interno del complesso delle politiche di sviluppo europee non è però ancora consolidato ed è

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stato perciò necessario un intervento correttivo del Parlamento europeo nel 2013 al fine di reintegrare il patrimonio culturale, inizialmente escluso, nel quadro programmatico pluriennale 2014-2020.

Dopo aver avuto un ruolo centrale nelle programmazioni precedenti, in particolare come motore di crescita (soprattutto nelle aree a ritardo di sviluppo), per il periodo 2014-2020 alla cultura è stato assegnato un ruolo più trasversale, tanto che non la si trova tra gli obiettivi tematici dell’Accordo di Partenariato. Questo non significa che cultura e creatività non abbiano più posto nella politica di coesione europea, ma che a esse è stato in genere assegnato un ruolo all’interno di altre strategie, in particolare negli interventi sull’innovazione e sulle politiche urbane Smartcity, previsti all’interno dell’obiettivo tematico 1; o nell’OT3, all’interno del quale possono trovare spazio regimi di aiuto alle imprese creative. Rispetto al passato, la cultura riveste un ruolo meno centrale nelle politiche di sviluppo territoriale, che, in particolare nel periodo 2017-2013, avevano fatto emergere in Italia – e , conseguentemente, anche in Piemonte - alcune esperienze significative di sviluppo integrato basato sui fattori culturali. Tuttavia spesso si sono tradotte in progetti frammentati, dispersi, a volte neppure conclusi e quasi sempre con un ridotto (e soprattutto poco dimostrato) effetto moltiplicatore, anche perché sono stati scarsamente sostenuti dall’azione pubblica e privata successiva al finanziamento comunitario. La mancata valorizzazione nella strategia 2014-2020 delle risorse culturali come asset fondamentali per lo sviluppo integrato dei territori non deve comunque far dimenticare il ruolo centrale che progetti integrati, reti di beni, servizi e attività culturali possono ancora avere nelle politiche europee di sviluppo, in particolare in quelle per l’innovazione.

Le priorità e le strategie europee di sviluppo non sono però declinate allo stesso modo nei diversi Stati membri e nelle diverse regioni: il punto di incontro con quelle nazionali nell’attuale ciclo di programmazione si trova nell’Accordo di Partenariato con la Commissione europea, il quale contiene gli obiettivi che l’Italia considera strategici e che devono vincolare i programmi operativi regionali (POR), che sono tenuti a specificare i propri obiettivi, a descrivere le principali linee di intervento e a esplicitare e quantificare gli impatti attesi.

Concordemente con il mutato clima europeo nei confronti delle politiche culturali, è cambiata anche la natura delle azioni possibili nel settore dei beni culturali, anche in

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conseguenza di un approccio nuovo alle politiche di sviluppo territoriale basato sulle risorse place-based, un approccio che ha spostato l’attenzione dai tradizionali strumenti di tutela, tipici di una visione “patrimonialista” della cultura, a una strategia di intervento che vede le risorse culturali come creatrici “di servizi innovativi, che integrino i beni come risorse identitarie dei territori, garantendone logiche inclusive di fruizione e di valorizzazione, costituendo fattori di emancipazione in una visione ricca del policentrismo italiano”.

Il percorso che negli ultimi decenni ha condotto al riconoscimento della cultura come dimensione trasversale a tutte le politiche comunitarie ha quindi portato a un allargamento delle possibilità di intervento e delle fonti di finanziamento per il settore. Uno dei maggiori successi è stato raggiunto, dopo una non facile negoziazione in sede europea, con l’inserimento nel testo di Horizon 20207 di alcuni riferimenti relativi al patrimonio culturale, totalmente assenti dai programmi dedicati alla ricerca nelle precedenti programmazioni.

2.3 La nuova strategia culturale europea

Non è facile ricostruire la strategia dell’Unione Europea per la cultura sia perché manca un documento strategico unitario sia perché nel corso degli anni più recenti, anche per l’incertezza dei confini dell’azione comunitaria in questo ambito, si sono succedute moltissime iniziative, documenti di indirizzo, rapporti, comunicazioni. Tra questi, senza pretesa di completezza, possono essere ricordate:

a. Le Conclusioni del Consiglio del 26 novembre 2012 sulla governance culturale, che sottolineano l’importanza di renderla più aperta, efficace e coerente e invitano gli Stati membri a promuovere un approccio partecipativo al processo decisionale in campo culturale.

b. Le Conclusioni del Consiglio sul Patrimonio culturale come risorsa

strategica per un’Europa sostenibile del 21 maggio 2014, che

riconoscono come il patrimonio culturale abbia una rilevanza trasversale

7 Programma di finanziamento 2014-2020 dell'Unione Europea per la ricerca e l’innovazione. Sostituisce il VII Programma Quadro per la Ricerca 2007-2013.

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e intersettoriale e giochi un ruolo specifico nel raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020 per una crescita smart, sostenibile e inclusiva, e invitano gli Stati membri a promuovere modelli di policiy di lungo periodo per il patrimonio che siano evidence-based e guidati dai cittadini e dalla società civile.

c. La Comunicazione della Commissione Towards an integrated approach

to cultural heritage for Europe che riconosce che il patrimonio culturale

sia una risorsa condivisa e un bene comune e che per questo motivo la sua tutela sia una comune responsabilità8 (doc. 12150/14).

d. L’adozione di un approccio partecipato nella gestione delle iniziative europee Capitale europea della Cultura e European Heritage Label. e. Le Conclusioni del Consiglio sulla Governance partecipata del

patrimonio culturale. Questo documento, particolarmente significativo

nel delineare i principi dell’azione europea in campo culturale, riconosce che la governance partecipata del patrimonio culturale offre opportunità per incentivare la partecipazione democratica, la sostenibilità e la coesione sociale e auspica il coinvolgimento attivo di tutti gli

stakeholder nei processi decisionali pubblici: istituzioni pubbliche, attori

privati, società civile, ONG, volontariato devono partecipare in modo attivo al processo decisionale, alla realizzazione, monitoraggio e valutazione delle politiche e dei programmi culturali, per migliorare l’accountability e la trasparenza degli investimenti pubblici e rafforzare la fiducia dei cittadini nelle politiche culturali.

f. Le Conclusioni sui crossover creativi per stimolare l’innovazione, la sostenibilità economica e l’inclusione sociale.

g. Il Manuale sui Partenariati creativi del 20149.

h. La Conferenza di Torino del 24 settembre 2014 Patrimonio culturale

bene comune10, nella quale è stato messo in evidenza come «la

8 http://tinyurl.com/zrzkj3c.

9 Policy handbook on promotion of creative partnerships, Open method of coordination (OMC) working

group of eu member states’ experts on promotion of creative partnerships, marzo 2014.

http://ec.europa.eu/culture/library/reports/creative-partnerships_en.pdf. 10 http://tinyurl.com/hupkoje.

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percezione della limitatezza delle risorse è uno degli elementi di base perché una comunità possa sviluppare una “terza via alla governance” dei beni comuni a livello collettivo, riuscendo così a evitare il sovra-sfruttamento e il degrado delle risorse».

Si tratta di un elenco lungo e disomogeneo di documenti adottati in un periodo molto ristretto di tempo, fatto significativo se si considera che le ultime conclusioni del Consiglio incentrate sul patrimonio culturale erano del 1994. Un elenco frutto della presa d’atto delle difficoltà che l’Europa sta attraversando non soltanto sul fronte economico, ma anche su quello della costruzione di un’identità comune che si arricchisca delle differenze presenti in un numero di Stati membri molto superiore a quello da cui aveva preso avvio. In questa prospettiva, la cultura può essere uno degli strumenti principali per affrontare sfide che ormai superano i confini nazionali e la strategia culturale europea che si sta affermando mette al centro i cittadini, le persone, superando la divisione tra le risorse materiali, immateriali e digitali, tra beni tangibili e intangibili, tra creazione e conservazione, tra innovazione e sapere tradizionale.

Questo cambio di paradigma si traduce anche nel tentativo di promuovere un approccio partecipato alla gestione e alla valorizzazione del patrimonio culturale europeo che valorizzi il ruolo delle comunità e dei cittadini.

Rispetto ai piani di lavoro precedenti, gli Stati membri hanno deciso di concentrare le attività su un numero inferiore di aree prioritarie di intervento:

 cultura accessibile e inclusiva;  patrimonio culturale;

 settori culturali e creativi: economia creativa e innovazione;

 promozione della diversità culturale, presenza della cultura nelle relazioni esterne dell’UE e mobilità.

A queste aree si aggiunge un obiettivo trasversale fortemente sentito e condiviso dagli Stati, necessario per garantire che i programmi e gli interventi siano davvero

evidence-based: il «disporre di statistiche culturali affidabili, comparabili e aggiornate come base

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Le principali opportunità

Questo complesso e dinamico insieme di indirizzi e strategie trova attuazione in alcuni strumenti di intervento specifici a favore dei settori culturali e creativi. Anche se il presente rapporto non è la sede adatta per un approfondimento sulle opportunità esistenti in Europa per i prossimi anni, in questo paragrafo si cercherà di fornire una rapida panoramica delle opportunità a disposizione anche della provincia di Cuneo.

Lezioni dal passato. I dati sui progetti finanziati presenti sui siti dei programmi Cultura

e MEDIA dimostrano che in passato la presenza italiana è stata debole; infatti, ai beneficiari italiani è stato destinato circa il 10% del budget complessivo dei programmi, una percentuale che non è stata pari al peso che il suo patrimonio e le sue industrie culturali e creative dovrebbero e potrebbero avere. Il settore culturale in Italia è ancora poco aperto verso le opportunità offerte dal grande investimento politico, strategico ed economico dell’Unione Europea ed è necessario prendere atto delle nuove priorità europee, che puntano sull’integrazione, sulla partecipazione, sulla capacità della cultura di caratterizzare progetti innovativi trasversali. Nelle istituzioni e nelle industrie culturali italiane ‒ e anche piemontesi ‒ manca ancora la capacità di strutturarsi, prevedendo eventualmente la costruzione di specifiche competenze interne per rispondere in maniera efficace alla necessità di progettare e realizzare interventi in linea con le strategie europee.

Nei Programmi a gestione decentrata la direzione dei finanziamenti è affidata agli Stati membri attraverso le amministrazioni centrali e locali, come nei POR dei Fondi Strutturali, le cui risorse sono assegnate agli Stati membri, in particolare alle Regioni, con l’obiettivo di eliminare il divario di sviluppo tra le diverse aree europee e stimolare la coesione economica e sociale. In questo caso sono le Regioni stesse, sulla base di una programmazione periodica (programmi operativi) che deve essere approvata dalla Commissione europea, a disporne dell'uso secondo le rispettive priorità e scelte politico-economiche.

I Programmi Comunitari, invece, rappresentano lo strumento attraverso il quale vengono erogati i fondi a gestione diretta ossia quei finanziamenti gestiti direttamente dalla Commissione europea che è responsabile per le scelte e per il trasferimento dei fondi ai beneficiari. Questi programmi si differenziano dai Fondi Strutturali perché sono in genere concepiti per attuare le politiche comunitarie in specifiche aree di intervento e possono essere definiti anche programmi “settoriali” o “tematici”.

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Tra i programmi, il più rilevante nel settore culturale per il ciclo di programmazione 2014-2020 è sicuramente Europa Creativa, che va a sostituirne alcuni del periodo 2007-2013 ‒ i già citati Cultura, MEDIA e MEDIA Mundus ‒ e ha l’obiettivo di integrare l’azione in campo culturale e creativo degli altri programmi europei, che possono prevedere, tra le altre azioni, il restauro del patrimonio, le infrastrutture e i servizi culturali, i fondi per la digitalizzazione del patrimonio culturale e gli strumenti nel campo dell’allargamento e delle relazioni esterne.

Il Programma Europa Creativa supporta i settori europei della cultura e della creatività, intendendo come tali i settori «le cui attività sono basate su valori culturali e/o sull’espressione artistica e creativa, siano o meno market-oriented, e qualunque sia il tipo di struttura che le realizza». Tali attività «includono la creazione, la produzione, la disseminazione e la conservazione di beni e servizi che comportino l’espressione culturale artistica o creativa e le relative funzioni educative e di management». Si articola in:

- uno filone transettoriale che include lo strumento finanziario di garanzia dei prestiti, le politiche di cooperazione transnazionale, i desk Europa Creativa; - il subprogramma Cultura, destinato ai settori culturali e creativi, che può

finanziare diverse tipologie di progetti: dai partenariati strategici per la creazione di network e piattaforme web a supporto della formazione e del lavoro degli artisti, a più ampi progetti di cooperazione in qualunque area culturale;

- il subprogramma MEDIA, destinato al settore audiovisivo, che riguarda la produzione di film, cortometraggi, film d’animazione, documentari, compresa la formazione del personale addetto, come tecnici delle luci e del suono. MEDIA finanzia anche la produzione e commercializzazione di videogiochi.

Rispetto al passato il Programma presenta alcune novità11:

 un accento particolare sul valore duale della cultura: culturale in senso stretto ed economico;

 l’inclusione del patrimonio tangibile e intangibile;  lo strumento finanziario di garanzia sui prestiti;

 il filone transettoriale e le politiche di cooperazione transnazionale;

11 Silvia Costa, (2014) Europa Creativa e le politiche culturali europee 2014-2020, www.fondazionecariplo.it/static/upload/eur/europa_creativa_06032014_milano_costa.ppt.

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 l’accompagnamento dei settori culturali e creativi nell’era digitale;  la valorizzazione del ruolo di artisti, professionisti e creativi;  la valorizzazione della dimensione imprenditoriale;

 l’allargamento del pubblico e lo sviluppo di nuovi pubblici;  l’educazione culturale, ai media e al digitale.

Chi può accedere. Settori: architettura, archivi, biblioteche e musei, artigianato

artistico, patrimonio culturale tangibile e intangibile, design, festival, musica, letteratura, performing arts, editoria, radio, visual arts, audiovisivi. Soggetti: operatori culturali e creativi, professionisti, organizzazioni (profit o non profit), istituzioni, aziende incluse PMI (micro, piccole e medie imprese come definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE) attive nei settori culturali e creativi. Paesi: Stati membri, Paesi in procedura di adesione e di preadesione, Svizzera, Paesi dell’area di vicinato (secondo le procedure specifiche), Paesi EFTA, membri di EEA. Il Programma è aperto ad altri Paesi o regioni che accedono attraverso accordi bilaterali per azioni di cooperazione mirate (con stanziamenti aggiuntivi).

2.4 Cooperazione Territoriale Europea

Un discorso a parte meritano i programmi della Cooperazione Territoriale Europea (CTE), cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), che costituiscono uno strumento di attuazione del secondo obiettivo prioritario della Politica di Coesione: la Cooperazione Territoriale Europea12. La CTE mira a supportare lo «sviluppo armonioso» dell’Unione, individuando e affrontando sfide che prescindano dalle frontiere e richiedano l’utilizzo di comuni strumenti di cooperazione a un livello territoriale idoneo al raggiungimento del livello di massa critica più adeguato all’efficace risoluzione di specifici problemi (economie di scala). I progetti CTE richiedono quindi un partenariato composto da almeno due soggetti appartenenti ad

almeno due differenti Paesi, in base al tipo di programma e ai criteri e alle modalità

stabiliti da ciascun programma. Le possibili tipologie di cooperazione sono quella

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transfrontaliera (province di confine), quella transnazionale (macroaree) e quella interregionale (tutta l’Unione Europea).

Le aree di cooperazione nelle quali il Piemonte è coinvolto sono le seguenti:  programmi transfrontalieri Italia-Francia Alcotra e Italia-Svizzera;

programma transnazionale Alpine Space, che comprende le regioni di tutto l’arco alpino;

programma transnazionale Central Europe, che comprende una vasta area che va dal nord Adriatico fino al Baltico lungo il confine della vecchia cortina di ferro;

programma transnazionale Med, che comprende tutto il bacino del Mediterraneo.

Ai programmi transfrontalieri e transnazionali, la cui logica di cooperazione è geografica, si affiancano i programmi interregionali, che offrono l’opportunità di collaborare con soggetti dell’intera Unione Europea su temi comuni e senza limitazioni territoriali:

il programma Interreg Europe mira a migliorare l’efficacia delle politiche regionali attraverso lo scambio di esperienze e buone pratiche sui temi rilevanti di Europa 2020;

il programma Urbact offre l’opportunità di scambiare esperienze e buone pratiche nell’ambito delle politiche di sviluppo urbano;

il programma Espon finanzia studi volti a evidenziare e analizzare le tendenze di sviluppo in relazione agli obiettivi della coesione territoriale. Le linee strategiche europee, per la capacità delle risorse culturali e creative di valorizzare i territori e creare connessioni tra comunità e cittadini, nella strategia di Europa 2020 hanno riservato un posto centrale alla cultura. Questa natura trasversale trova particolare riconoscimento nei programmi di cooperazione che, facendo della valorizzazione dei territori e della capacità di creare reti i cardini della propria azione, aprono particolari opportunità per piani di lavoro che siano capaci di sviluppare ed enfatizzare il ruolo dell’innovazione e dell’imprenditorialità nei progetti culturali e di prevedere una dimensione culturale anche in quelli non specificatamente appartenenti a tale ambito.

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2.5 Le politiche culturali in Italia 1970-2015

Parallelamente alla crescente importanza in ambito europeo, anche a livello nazionale le politiche culturali hanno attraversato, negli ultimi decenni, importanti trasformazioni, che si cercherà di ricostruire qui in modo sintetico.

Già a partire dagli anni settanta, le strategie d’azione delle politiche culturali italiane si sono caratterizzate per l’utilizzo di normative a prevalente carattere costitutivo13, come i provvedimenti che hanno istituito e regolamentato i due attori principali del sistema dei beni e delle attività culturali: nel 1974 il Ministero dei Beni Culturali - attualmente denominato Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBACT) - e le regioni a statuto ordinario nel 1970. L’istituzione di un Ministero dedicato al governo dell’intero settore dei beni culturali e ambientali è stato un passaggio fondamentale: da una parte, infatti, ha individuato un unico e definito interlocutore istituzionale che avesse il compito di accogliere e mettere a sistema i punti di vista e le istanze a di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale italiano, promuovendole nelle opportune sedi istituzionali; dall’altro, con una scelta forte sul piano della governance, ha creato le condizioni per una rinnovata riflessione politica e culturale sul tema. Anche la nascita delle Regioni, soggetti istituzionali con compiti di regolazione, programmazione e controllo verso gli enti locali, è stato il primo passo per la nascita di sistemi locali integrati dedicati (anche) alla valorizzazione delle risorse culturali dei territori e delle comunità.

A questa fase è seguito, a partire dagli anni ottanta, un periodo in cui l’attenzione si è spostata verso gli strumenti di tipo distributivo, con l’adozione di provvedimenti e interventi che hanno, in diversa misura, previsto l’erogazione al settore dei beni e delle attività culturali di risorse finanziarie rilevanti con risultati che nel complesso, anche per una scarsa coerenza degli interventi, non sono stati particolarmente positivi.

13 La classificazione elaborata da Theodor Lowi prevede le seguenti categorie di leggi:

a. a contenuto costitutivo, quando istituiscono o modificano apparati amministrativi pubblici o dettano norme per il loro funzionamento interno;

b. a contenuto distributivo, quando erogano risorse finanziarie;

c. a contenuto regolamentare, quando contengono norme rivolte alla generalità dei cittadini. (Cfr. Luigi Bobbio, La legislazione degli anni Ottanta, in Carla Bodo (a cura di), Rapporto

sull’economia della cultura in Italia 1980-1990, Associazione per l’economia della cultura –

Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma, 1994, pp. 167-168).

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Con un ulteriore cambio di direzione, anche come conseguenza dei fallimenti della strategia del decennio precedente, negli anni novanta è stato portato avanti un percorso di riflessione sugli aspetti legati alla gestione e alla governance delle risorse e delle politiche culturali che ha portato a una maggiore organicità ‒ sebbene non sempre efficace nella sua implementazione ‒ dell’organizzazione e del governo del sistema culturale italiano. In questi anni, la normativa si è mossa in diverse direzioni con contenuti a carattere costitutivo, regolamentativo e distributivo, cercando di perseguire tre obiettivi principali che, in parte, sono ancora alla base delle recenti riforme del settore:

 il decentramento di poteri e funzioni dallo Stato alle Regioni e agli Enti locali;

 la semplificazione organizzativa, normativa e procedimentale;

 l’apertura ai privati, attraverso nuovi strumenti di defiscalizzazione e politiche di cooperazione e collaborazione.

Con il nuovo millennio il processo di elaborazione delle politiche culturali è proseguito sulla strada avviata nel decennio precedente: nel 2004 è stato adottato il Codice dei beni culturali e del paesaggio, che aveva l’obiettivo di razionalizzare il quadro normativo, e a esso sono rapidamente seguite alcune modifiche14. Anche questa continua attività di regolamentazione e riorganizzazione non sembra però aver raggiunto gli obiettivi previsti, in parte proprio per il continuo mutare del quadro normativo entro il quale si organizzano le policy culturali. Modifiche che hanno a lungo costretto la struttura ministeriale e delle Sovrintendenze a concentrare l’attenzione sul funzionamento della “macchina” più che sulla direzione da seguire.

L’ultimo atto di questo tormentato percorso di riorganizzazione della governance della cultura in Italia è stata la recente riorganizzazione del Ministero nel 2014 ‒ attualmente denominato «dei beni e delle attività culturali e del turismo» (MIBACT) ‒, che trae origine, oltre che dal tentativo di rendere più efficace l’attività del Ministero e la tutela e promozione della cultura in Italia, anche dalle politiche di spending review che stanno interessando da qualche anno ogni comparto dell’amministrazione pubblica15.

14

Si veda d.lgs. 156/2006, 52/2008 e 63/2008.

15 Indirizzi che, tra l’altro, imponevano a ogni Ministero di dotarsi di un nuovo regolamento di organizzazione che recepisse le riduzioni di pianta organica.

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La riforma del 2014 si articola lungo corrispondenti linee di azione: 1. piena integrazione tra cultura e turismo;

2. semplificazione dell’amministrazione periferica e ammodernamento della struttura centrale;

3. valorizzazione e autonomia dei musei italiani che da semplici uffici delle Soprintendenze vengono dotati di un proprio bilancio e di un proprio statuto16; 4. valorizzazione delle arti, dell’architettura e della creatività contemporanee; 5. rilancio delle politiche di innovazione, formazione e valorizzazione del

personale MIBACT.

In ogni Regione, infine, sono stati previsti dei poli con l’obiettivo di favorire un dialogo continuo fra le diverse realtà museali pubbliche e private del territorio, al fine di sviluppare l’integrazione dell’offerta integrata al pubblico. La nuova articolazione territoriale, definita sulla base del numero di abitanti, della consistenza del patrimonio culturale e della dimensione dei territori, è stata realizzata con una distribuzione in 39

presidi. In Piemonte, prevede le seguenti Soprintendenze:

1. Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Torino, con sede a Torino.

2. Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo, con sede ad Alessandria.

3. Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli, con sede a Novara.

A questo rinnovato quadro istituzionale si è accompagnato il tentativo di articolare un organico quadro strategico, che ha trovato una prima concretizzazione nell’Atto di

indirizzo concernente l’individuazione delle priorità politiche da realizzarsi nel triennio 2016-2018, adottato nell’agosto 2015, che ‒ partendo dalla necessità di procedere un

programma di contenimento e razionalizzazione della spesa e dei costi, di semplificazione burocratica e di trasparenza dell’azione amministrativa ‒ contiene le priorità del MIBACT per i prossimi anni.

16 Viene creata, inoltre, una direzione generale per i musei con il compito di creare un sistema museale nazionale.

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 Priorità 1. Tutelare e valorizzare il patrimonio culturale; promuovere la conoscenza e la fruizione dei beni culturali e del paesaggio in Italia e all’estero anche favorendo la partecipazione dei privati; ottimizzare il Sistema museale italiano.

 Priorità 2. Sostenere il settore delle attività culturali e dello spettacolo.  Priorità 3. Attuare politiche nazionali innovative per la promozione del

sistema turistico italiano.

 Priorità 4. Migliorare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità complessive delle strutture operative e dell’attività istituzionale. Accrescere i livelli di trasparenza e di integrità.

Questi indirizzi strategici sono stati tradotti in strumenti di intervento dalla Legge di Stabilità 2016, la quale ha previsto una serie di provvedimenti che dovrebbero permettere di muovere l’azione del MIBACT nella direzione delle quattro priorità previste dall’Atto di indirizzo. In particolare:

 per la Priorità 1 sono stati previsti 20 milioni di euro in più ogni anno per il sistema museale, per spese di funzionamento e servizi per il pubblico e sono stati stanziati ulteriori 30 milioni annui per il periodo 2016-2019, destinati a interventi di conservazione, manutenzione, restauro e valorizzazione dei beni culturali17. Sono aumentate anche le risorse destinate al funzionamento di Archivi, Biblioteche e Istituti del Ministero e sono state raddoppiate le risorse per enti, istituti, associazioni e fondazioni del mondo della cultura. Infine, sono stati destinati 500 milioni di euro a interventi di riqualificazione urbana e sicurezza nelle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, che possono ricoprire un ruolo importante per i servizi, i beni e le attività culturali.

 Per il sostegno al settore culturale (Priorità 2) è stato reso permanente e fissato al 65% il credito d’imposta18, lo sconto fiscale introdotto dal decreto

17 Il Piano, già adottato nel 2015 e 2016 rispettivamente per 30 e 50 milioni di euro, riceve ulteriori risorse pari a 70 milioni per il 2017 e a 65 milioni dal 2018. Con il Piano strategico 2015 e 2016 sono già stati finanziati l’Arena del Colosseo, l’ampliamento degli Uffizi e altri progetti di interesse nazionale. 18 In un primo momento si era ipotizzata una detrazione al 100% per le donazioni dei privati. I fondi per i

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Art Bonus, ed è stata introdotta una carta elettronica con 500 euro per i

giovani che compiranno 18 anni nel 2016 da utilizzare per teatri, musei, aree archeologiche, mostre, eventi culturali e per l’acquisto di libri. Viene inoltre destinato il 10 per cento dei compensi percepiti dalla SIAE per copia privata al sostegno della creatività giovanile e alle attività di produzione culturale nazionale e internazionale.

 Per quanto riguarda il turismo (Priorità 3), un significativo intervento riguarda l’Enit, l’Agenzia nazionale italiana per il turismo, che avrà a disposizione 10 milioni di euro aggiuntivi annui per la promozione internazionale del Paese; mentre sono stati previsti 50 milioni di euro per un sistema nazionale di ciclovie turistiche e ciclostazioni, oltre a interventi per la sicurezza della mobilità ciclistica cittadina, e 3 milioni di euro per itinerari turistici a piedi.

 Infine, per quanto riguarda l’efficienza del sistema (Priorità 4) è stato previsto un concorso per 500 professionisti della cultura e sono state razionalizzate le società in house del MIBACT: Arcus sarà incorporata da Ales, che a sua volta sarà riorganizzata, con l’obiettivo di migliorare l’erogazione di servizi culturali, le attività di valorizzazione del patrimonio e le attività di fund raising.

«In tema di agevolazioni fiscali vale la pena segnalare che, con i recenti chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 87/E del 15 ottobre 2015, anche le fondazioni di origine bancaria avranno diritto all’Art Bonus. Per effetto di protocolli d’intesa con gli enti territoriali, le fondazioni di origine bancaria avranno diritto allo sconto fiscale per l’esecuzione di progetti di restauro e valorizzazione di un bene pubblico e tutelato dalla locale soprintendenza per i beni architettonici, del paesaggio e del patrimonio storico. Per l’Agenzia delle Entrate le fondazioni avranno diritto all’Art

bonus anche se non trasferiranno direttamente il denaro all’ente di competenza

previsti per il 2016, anche se permangono dubbi sull’utilizzabilità di una misura piuttosto complessa per il cittadino.

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territoriale ma provvederanno direttamente al pagamento delle fatture per la progettazione e l’esecuzione dei lavori»19.

2.6 Regione Piemonte

Per il settore Cultura, la strategia regionale per il periodo 2016-2020 è ancora in via di elaborazione, sulla base di un percorso che utilizzerà le risorse del POR FESR 2014-2020 e un approccio innovativo fondato sugli Stati generali della cultura in Piemonte.

POR FESR. A partire dalla Strategia Europa 2020, che pone la sostenibilità al centro

delle strategie di sviluppo, il POR FESR 2014-2020 regionale guarda particolarmente ai modelli di impiego delle risorse, anche culturali, e affianca alle azioni di tutela e protezione «interventi di valorizzazione del capitale naturale nonché di recupero del patrimonio storico e culturale, “patrimonio collettivo” capace di favorire la crescita del sistema socio-economico-territoriale, rafforzandone l’identità, l’attrattività e la competitività»20 con il duplice obiettivo di:

a. promuovere la tutela del patrimonio storico, culturale e ambientale regionale, tenendo conto delle positive esperienze passate;

b. rafforzare il sistema turistico, innovando le proposte di offerta turistica e attivando le sinergie possibili tra patrimonio paesaggistico-ambientale, culturale e produzioni agro-alimentare di pregio.

Gli Stati generali per la cultura. Un altro cardine della strategia regionale per la cultura

sono gli Stati generali della cultura, che costituiranno «l’occasione per definire insieme una visione di lungo periodo sul ruolo strategico della cultura in Piemonte». Attraverso una serie di incontri sul territorio da tenersi tra giugno e novembre 2016, la Regione intende realizzare un percorso partecipato di consultazione e progettazione che porti alla definizione di una strategia culturale integrata con tutti i sistemi economici e produttivi regionali.

19 http://allnews365.eu/finanza-legge-di-stabilita-2016-piu-soldi-alla-cultura-e-un-concorso-per-500-nuovi-funzionari.

20

Regione Piemonte, Deliberazione del Consiglio regionale 4 marzo 2014, n. 262 – 6902. Documento

strategico unitario della Regione Piemonte per la programmazione 2014 – 2020 dei fondi europei a finalità strutturale, BU 12 20/03/2014.

(34)

Nel confronto e nella discussione con gli attori dei sistemi culturali locali, un ruolo centrale lo avranno tutti i temi affrontati, che sono alla base della nuova strategia culturale europea: il rapporto con l’innovazione, la partecipazione dei cittadini, le nuove professionalità, l’integrazione con il turismo e con gli altri motori di sviluppo dei territori.

Attraverso cinque appuntamenti in diverse città del Piemonte, verranno fatte emergere le caratteristiche e le specificità dei diversi sistemi culturali locali, con l’obiettivo di individuare potenzialità, proposte e percorsi di sviluppo culture-based, che troveranno una sintesi finale al termine del 2016 in un documento di linee guida condivise.

Linee strategiche. A partire da questo quadro generale, nel corso del 2016

l’amministrazione regionale intende giungere prima all’individuazione, a prevalente regia regionale, delle aree “bersaglio” ossia dei territori che saranno interessati dagli interventi regionali e poi, attraverso un percorso condiviso con gli stakeholder, giungere entro l’inizio del 2017 alla stesura di un Disciplinare che permetta di individuare destinazioni d’uso capaci di garantire ricadute economiche sul territorio e sostenibilità gestionale.

In attesa di definire con l’approccio bottom-up le linee operative dettagliate, come sopra accennato, è possibile anticipare alcune linee strategiche generali.

Su un versante prevalentemente territoriale delle politiche saranno privilegiati interventi integrati di valorizzazione delle risorse ambientali, paesaggistiche, culturali e turistiche, rafforzando il ruolo dei privati nella gestione manageriale, promuovendo la formulazione di piani di gestione delle risorse culturali, incentivando i meccanismi di cooperazione tra pubblico e privato, collegandosi a network di città d’arte, innovando i servizi e valorizzando la contemporaneità delle città.

Alle azioni di tutela e protezione si affiancheranno e si intrecceranno quelle di valorizzazione del capitale naturale che, messo in relazione con il notevole patrimonio storico, paesaggistico e culturale, costituisce un patrimonio collettivo che può favorire la crescita del sistema produttivo rafforzandone l’identità, l’attrattività e la competitività. In tal senso si pone anche l'insieme di azioni volte a sostenere la competitività del settore turistico, a condizione però che esse vengano attuate con modalità sostenibili. In questa visione, il capitale naturale già tutelato del sistema dei Parchi e della Rete Natura 2000 rappresenta l’elemento di riferimento cui, insieme con la politica di coesione, va indirizzata una forte attenzione di investimento.

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