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L'emogasanalisi cordonale nella buona pratica clinica.

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Academic year: 2021

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INDICE

RIASSUNTO ... 3

INTRODUZIONE ... 5

1 Equilibrio acido-base ed emogasanalisi ... 5

1.1 PH e sistemi tampone ... 5

1.2 Disturbi dell’equilibrio acido-base ... 7

1.3 Meccanismi di compenso ... 7

1.4 L’emogasanalisi ... 8

2 Equilibrio acido-base nel feto e nel neonato ... 11

2.1 Produzione di acidi e sistemi tampone ... 11

2.2 Differenze nei meccanismi di compenso tra feto e neonato ... 12

3 Asfissia neonatale e danno cerebrale ... 13

3.1 L'asfissia perinatale ... 13

3.2 Encefalopatia ipossico-ischemica e Paralisi cerebrale ... 13

3.2.1 Apgar score ... 14

3.2.2 L'ipotermia ... 16

4 Valutazione dell’equilibrio acido-base nel feto/neonato ... 21

4.1 Tecnica di esecuzione del prelievo da cordone ombelicale postpartum ... 21

4.1.1 Il clampaggio e la recisione cordone ... 23

4.1.2 Il prelievo ... 24

4.1.3 La conservazione ... 26

4.2 Validazione ed interpretazione dei risultati ... 26

5 Principali errori nell’esecuzione dell’EGA cordonale ... 29

5.1 Errori di preparazione e campionamento ... 29

5.2 Errori di conservazione e preparazione per l’analisi ... 31

RAZIONALE DELLA TESI ... 33

6 Scopo della tesi ... 33

PAZIENTI E METODI ... 34

7 Pazienti ... 34

8 Variabili analizzate ... 34

9 Sistema di analisi dei campioni ematici ... 34

10 Analisi statistica ... 35

11 Risultati ... 35

(2)

2

CONCLUSIONI ... 42 BIBLIOGRAFIA ... 44

(3)

3

RIASSUNTO

Background: La compromissione dell’ossigenazione materna, la ridotta perfusione placentare o la presenza di un ostacolo al passaggio di sangue ossigenato a livello della placenta comportano un ridotto apporto di ossigeno al feto realizzando una condizione di ipossia con conseguente passaggio dal metabolismo aerobio a quello anaerobio. Il metabolismo anaerobio porta alla produzione di acidi organici che tendono ad accumularsi determinando variazioni del pH inizialmente compensate dall’azione dei sistemi tampone, quando questi si esauriscono compare acidosi metabolica o mista e si realizza una condizione definita asfissia perinatale, la sua persistenza danneggia il cervello del feto causando un quadro di encefalopatia ipossico-ischemica. Ad oggi il miglior approccio terapeutico per attenuare i danni dell’encefalopatia è l’ipotermia iniziata entro sei ore dalla nascita. Uno dei criteri necessari per definire se è opportuno iniziare il trattamento è rappresentato dalla presenza di pH < 7 e\o deficit di basi > 12 mmol\l all’emogasanalisi arteriosa cordonale eseguito entro la prima ora di vita. L’emogasanalisi cordonale è dunque un esame importante per valutare lo stato di salute del neonato ed occorre che sia eseguito correttamente per essere attendibile. Inoltre si discute ancora se sia opportuno eseguire il prelievo cordonale in tutti i neonati o piuttosto sia meglio eseguirlo selettivamente in presenza di specifiche indicazioni.

Obiettivi: Scopo della tesi è stato quello di valutare, nell’ottica della Good Clinical Practice, l’utilizzo dell’emogasanalisi cordonale come strumento di indice di sofferenza perinatale per poter individuare ed eventualmente correggere le non conformità, l’errato utilizzo del device ed i possibili rischi associati a questa pratica clinica. In particolar modo abbiamo cercato di individuare eventuali errori preanalitici nell’esecuzione dell’emogasanalisi cordonale al fine di ottimizzarne la procedura e di verificare se l’effettuazione universale dell’emogasanalisi cordonale in tutti i neonati rappresenta un vantaggio rispetto all’approccio più selettivo con indicazione all’esecuzione solo in casi codificati.

Metodi: In questo studio sono stati inclusi tutti i bambini nati presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana dal 1°gennaio 2015 al 15 aprile 2015 con età gestazionale ≥ 35 settimane e peso alla nascita ≥ 1800gr. Per ciascun neonato sono stati presi in esame i dati relativi all’anamnesi materna, al travaglio, al parto, all’adattamento extrauterino del neonato correlati all’emogasanalisi cordonale. Inoltre è stata esaminata la distribuzione dei neonati in relazione al turno di servizio (mattina-pomeriggio-notte).

Risultati: Dei 500 neonati screenati ne sono stati arruolati 424 (85%) per i quali è disponibile sia l’emogasanalisi arteriosa che quella venosa. 25 emogasanalisi (5,9%) sono risultate patologiche con pH arterioso < 7 e\o eccesso di basi > -12mmol/l. Rispetto ai criteri stabiliti in letteratura sono risultati attendibili 291 campioni (68,6%). Queste emogasanalisi vengono definite affidabili perché rispettano tutti e tre i parametri stabiliti: pH arterioso di almeno 0,02 punti ≤ a pH venoso, pCO₂ arteriosa di almeno 5,25 mmHg > della pCO₂ venosa e pCO₂

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4

venosa > 21,75 mmHg. Un ulteriore parametro di affidabilità che risulta rispettato in tutte le emogasanalisi è la pO₂ arteriosa < 38mmHg.

Il 31,4% delle emogasanalisi studiate vengono definite non affidabili (ai fini di una precisa diagnosi) perché il campione ottenuto nei due prelievi ha possibile origine venosa o da sangue misto. I nostri risultati mostrano come:

− In tutti i campioni di sangue non ci sono differenze tra Htc arterioso e venoso spie di una possibile confusione di campioni.

− Il tipo di parto e quindi la possibile presenza di condizioni di urgenza, ed il turno di servizio non hanno influenzato l’esecuzione del prelievo né nei neonati con emogasanalisi normale né in quelli con emogasanalisi patologica.

− Le diverse variabili considerate non hanno influenzato i valori dell’emogasanalisi (affidabili e non affidabili), eccetto che per le correlazioni tra pH arterioso e durata del travaglio e tra pH arterioso e punteggio di Apgar al 5’ caratterizzate rispettivamente da riduzione del pH all’aumentare della durata del travaglio e da riduzione del pH per valori bassi di punteggio di Apgar.

Conclusioni: L’emogasanalisi cordonale è risultata essere corretta nella maggior parte dei casi con prelievo eseguito sia dall’arteria che dalla vena ombelicale; non risultano errori preanalitici (bolle d’aria, emolisi, sedimentazione).

L’effettuazione dell’emogasanalisi cordonale in tutti i neonati favorisce maggiore praticità ed attenzione nell’esecuzione del prelievo. Questo porta ad avere un campione più affidabile ed utile nella sua interpretazione; inoltre essendo un esame sicuro, poco invasivo e fornendo importanti informazioni sulle condizioni cliniche dei neonati dopo il parto, si rivela un ottimo ausilio di routine. La quantità di campione di cui si necessita per l’analisi è minima e la sua raccolta non intralcia eventuali altre raccolte come la donazione di sangue cordonale. Poiché la raccolta di sangue cordonale, a cordone correttamente clampato e conservato, è possibile fino ad un’ora dopo il parto, l’esecuzione dell’emogasanalisi non va ad intralciare nemmeno la pratica del clampaggio ritardato.

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INTRODUZIONE

1 Equilibrio acido-base ed emogasanalisi

1.1 PH e sistemi tampone

Il metabolismo di un individuo adulto produce circa 15.000-20.000 mEq di acidi al giorno che devono essere eliminati per mantenere il funzionamento dei sistemi vitali.1

Cellule e tessuti infatti funzionano bene solo entro limiti molto stretti di concentrazione di idrogenioni (H+) compresi tra 30 e 70 nmol/l: per comodità si preferisce rappresentare la

concentrazione di H+ su scala logaritmica attraverso il pH che corrisponde al logaritmo

negativo della concentrazione di H+.

pH= - log [H+]

Il range di normalità del pH è tra 7.15 e 7.52, in media 7.40, corrispondente ad una concentrazione di H+ di 40 nmol/l. Come si può notare esiste una proporzionalità inversa tra

pH e [H+] perciò ad ogni riduzione del pH corrisponde un aumento della concentrazione di

H+. [H+] nmol/l pH 26 7.60 32 7.50 40 7.40 50 7.30 63 7.20

La concentrazione di H+ viene mantenuta entro i limiti accettabili dall’azione di alcuni

sistemi tampone intracellulari ed extracellulari: i tamponi intracellulari sono proteine, emoglobina e fosfati, quelli extracellulari sono fosfati e bicarbonato.

Di questi il più importante è il tampone bicarbonato, costituito dal bicarbonato (HCO3ˉ) che

in presenza di idrogenioni forma acido carbonico (H2CO3) che a sua volta si dissocia in

anidride carbonica (CO2) e acqua (H2O), viceversa l’anidride carbonica in presenza di acqua

va incontro ad una reazione di idratazione (accelerata dall’enzima anidrasi carbonica) formando acido carbonico che si ionizza in bicarbonato ed idrogenioni.

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Come si può notare in questo sistema abbiamo due elementi principali, la CO₂ eliminata attraverso la ventilazione, che permette un’efficace regolazione della concentrazione degli acidi costituendo un meccanismo di compenso rapido ed il bicarbonato riassorbito a livello renale, che rappresenta una via di compenso più lenta ed efficace ottimizzata in alcuni giorni. Proprio per queste interazioni con il polmone e con il rene il tampone bicarbonato è l’unico sistema tampone “aperto” con ampi limiti di adattabilità a differenza degli altri sistemi che invece sono facilmente esauribili.

L’importanza del tampone bicarbonato nella regolazione del pH è evidente anche dalla risoluzione dell’equazione di Henderson-Hasselbach, che esprime la relazione quantitativa tra un acido debole (HA) e la sua base coniugata (Aˉ):

HA ↔ H+ + Aˉ da cui deriva che

[ ]∗[ ]

[ ]

= k

(costante di dissociazione) Applicata al nostro caso diventa

[ ]∗[ ]

[ ]∗[ ]

=k

Poiché gran parte della CO2 si trova in forma di gas e solo lo 0,3% come H2CO3,

considerando che la quantità di un gas in soluzione dipende dalla sua pressione parziale (pCO2) e dalla sua solubilità, l’equazione può essere riformulata come segue:

[ ]∗[ ]

, ∗

= k

0,03 è la costante di solubilità di CO2 a 37 ̊ C

Trasformandola in forma logaritmica otteniamo che

log

= log[

] +

log[

]

0,03 ∗

Ovvero

−log[

] = − log

+ log

[ ]

, ∗ Se -log[H

+] = pH e –log K = pK

= # + log

[

$

]

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7

1.2 Disturbi dell’equilibrio acido-base

Quando uno dei componenti del rapporto HCO3-/pCO2 si altera si verifica un disturbo

dell’equilibrio acido-base: se primariamente si determina una variazione del bicarbonato il disturbo che ne consegue è detto metabolico, se invece primariamente si determina una variazione della pCO2 il disturbo è detto respiratorio.

I disturbi respiratori sono detti acuti o cronici a seconda che si realizzino rispettivamente prima o dopo la completa attivazione del compenso renale.

La variazione dell’equilibrio acido-base comporta un aumento o una riduzione del pH, si parla di acidemia quando il pH scende al di sotto di 7.38 e di alcalemia quando il pH sale al di sopra di 7.42; in relazione a ciò si definisce acidosi il processo fisiopatologico che porta ad acidemia ed alcalosi il processo fisiopatologico che porta ad alcalemia.

↑HCO3- = ↑pH = Alcalosi metabolica

↓HCO3- = ↓pH= Acidosi metabolica

↑pCO2= ↓pH= Acidosi respiratoria (acuta o cronica)

↓pCO2= ↑pH= Alcalosi respiratoria (acuta o cronica)

È possibile avere la concomitanza di più disturbi dell’equilibrio acido-base, in tal caso si parla di disordini misti, se invece è presente un solo disturbo parliamo di disordine semplice. In caso di disturbo misto il pH segue quello più significativo o può essere normale se i due disordini sono opposti e della stessa entità.

1.3 Meccanismi di compenso

In presenza di un’alterazione del rapporto HCO3-/pCO2 l’organismo reagisce attivando dei

meccanismi di compenso volti a limitare le variazioni del pH.

Se il disturbo primario è metabolico il compenso sarà di tipo respiratorio, viceversa se il disturbo primario è respiratorio il compenso sarà di tipo metabolico; il compenso va sempre nello stesso senso del disturbo primario ovvero ad un aumento/diminuzione dell’HCO3- seguirà rispettivamente un aumento o una diminuzione della pCO2 mentre ad

un aumento/diminuzione della pCO2 seguirà rispettivamente un aumento o una

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Tabella 1 Disordini primitivi dell’equilibrio acido-base

L’entità del compenso è prevedibile in base a dei coefficienti come si può vedere dalla tabella sottostante (Tabella 2)

Tabella 2 Quantificazione del compenso atteso

1.4 L’emogasanalisi

L’emogasanalisi è un esame di rapida esecuzione che fornisce in tempo reale informazioni relative alla pressione parziale dei gas (pO2 e pCO2), alla concentrazione di bicarbonati

(HCO3-) ed alle concentrazioni dei principali elettroliti (Na+, K+, Cl-), consiste in un prelievo

di sangue eseguito generalmente dall’arteria radiale a livello della porzione prossimale del polso. (Fig.1)

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Attraverso i valori misurati nel sangue arterioso possiamo individuare la presenza di alterazioni dell’equilibrio acido-base, definire se il disturbo è semplice o misto e valutare se è stato attivato un adeguato compenso.

Fig.1 Prelievo di sangue arterioso dall’arteria radiale.

Per interpretare correttamente i dati forniti dall’EGA è utile conoscere anche la frazione inspirata di ossigeno (FiO2) e la frequenza respiratoria (FR) del paziente.

Ai fini dello studio dell’equilibrio acido-base i dati che andiamo a valutare sono pH, pCO2 e

HCO3-, iniziamo dal pH: • pH˂7.38 = Acidemia

• pH˃7.42 = Alcalosi

• pH “normale” con alterazioni significative della pCO2 e di conseguenza dell’HCO3- indica

un disturbo misto con disordini opposti (es. acidosi respiratoria ed alcalosi metabolica).

• pH estremamente acido o alcalino indica la mancanza di compenso o la presenza di due disturbi dello stesso senso (es. acidosi respiratoria ed acidosi metabolica).

Si passa poi alla pCO2:

pH˂7.38 e ↑pCO2 = Acidosi respiratoria

pH˂7.38 e ↓pCO2=Disturbo primitivo metabolico con compenso respiratorio • pH˃7.42 e ↓pCO2 = Alcalosi respiratoria

pH˃7.42 e ↑pCO2= Disturbo primitivo metabolico con compenso respiratorio.

Si conclude con l’HCO3-:

pH˂7.38 e ↓HCO3- = Acidosi metabolica

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pH˃7.42 e ↑HCO3- = Alcalosi metabolica

pH˃7.42 e ↓HCO3- = Disturbo primitivo respiratorio con compenso metabolico.

Dopo aver individuato il disturbo primario si valuta il compenso atteso, se questo è adeguato si tratterà di un disturbo semplice altrimenti di un disturbo misto.

Se il disturbo primitivo è un’acidosi metabolica bisogna calcolare il gap anionico (AG), cioè la differenza tra le concentrazioni ematiche di cationi ed anioni. In condizioni normali nell’organismo il numero di cariche positive (cationi) e quello delle cariche negative (anioni) sono uguali determinando uno stato di elettroneutralità importante per il mantenimento dell’omeostasi elettrica; quando si verificano variazioni a carico dell’acqua corporea, degli elettroliti e dell’equilibrio acido-base vengono attivati dei meccanismi di difesa che agiscono mantenendo prima l’elettroneutralità poi la volemia ed infine il pH.

Poiché le cariche elettriche negative delle proteine e molti anioni non sono solitamente dosate, la differenza tra cationi ed anioni è maggiore di zero.

AG= (Na+) – (Cl- + H CO

3-) = 8 ± 2 mEq/l Valore normale

L’EGA fornisce anche i valori dei principali elettroliti consentendo di calcolare il gap anionico che potrà essere normale o aumentato, distinguendo due tipi di acidosi metabolica con differenti cause.

AG normale = acidosi metabolica da perdita di HCO3- dal tratto gastroenterico o dal rene.

La perdita di cariche negative viene compensata dall’aumento del cloro (ipercloremia). AG aumentato = acidosi metabolica da consumo di HCO3- da acidi organici endogeni

(chetoacidi, acido lattico) o esogeni (salicilati, metanolo).

Valori di riferimento dei principali parametri emogasanalitici (Tabella 3)

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2 Equilibrio acido-base nel feto e nel neonato

2.1 Produzione di acidi e sistemi tampone

Anche nel feto il metabolismo porta alla produzione di acidi che devono essere tamponati per mantenere il pH entro limiti accettabili, sia acidi volatili come l’anidride carbonica, sia acidi fissi organici come il lattato ed i chetoacidi2.

Normalmente il metabolismo fetale è di tipo aerobio cioè associato al consumo di ossigeno (O2) con formazione di CO2 che nei globuli rossi in presenza di acqua e per effetto

dell’anidrasi carbonica viene convertita in acido carbonico (H2CO3).

Attraverso le arterie ombelicali il sangue refluo dal feto e ricco di CO2 raggiunge la placenta

dove la CO2 diffonde per poi essere eliminata dalla madre con la ventilazione polmonare; la

diffusione placentare è favorita dalla bassa concentrazione di CO2 arteriosa ed alveolare

materna per effetto dell’iperventilazione che si verifica in gravidanza.

Quando l’ossigenazione materna è compromessa (per esempio per malattie respiratorie) o la perfusione placentare è ridotta (per pre-eclampsia, ipertensione cronica, malattie cardiache, ipotensione-ipovolemia) o ancora il passaggio di sangue ossigenato a livello placentare è impedito (distacco di placenta, compressione del cordone ombelicale), si realizza una condizione di ipossia cioè di ridotto apporto di ossigeno ai tessuti, di conseguenza il metabolismo aerobio non può proseguire e viene attivato il metabolismo anaerobio.

I prodotti del metabolismo anaerobio sono rappresentati da acidi organici, soprattutto acido lattico, che non vengono facilmente escreti ed eliminati; il loro passaggio a livello placentare è lento perciò tendono ad accumularsi nel feto.

Poiché anche piccole variazioni del pH possono alterare significativamente la funzione dei principali sistemi fetali come il sistema nervoso e quello cardiovascolare i sistemi tampone si attivano cercando di mantenere il pH nei limiti. I sistemi tampone più importanti sono il bicarbonato e l’emoglobina mentre i fosfati inorganici, il bicarbonato eritrocitario e l’albumina svolgono un ruolo secondario.

L’accumulo di acidi organici porta all’esaurimento di questi sistemi con conseguente comparsa di acidosi metabolica o di acidosi mista.

↓pH ↓HCO3- pCO2 normale = acidosi metabolica

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2.2 Differenze nei meccanismi di compenso tra feto e neonato

Nel neonato un ruolo fondamentale nella regolazione dell’equilibrio acido-base è svolto dai polmoni e dai reni così che l’acidosi respiratoria e l’acidosi metabolica sono il risultato di condizioni cliniche diverse.

Nel feto invece il ruolo principale è svolto dalla placenta che sostituisce i polmoni e solo in misura minore intervengono i reni, ne consegue che la comparsa di acidosi metabolica è dovuta alla progressione di un quadro di ipoperfusione placentare che primariamente porta ad acidosi respiratoria e se persistente evolve verso l’acidosi metabolica. Ecco perché spesso nel feto ipossico si rileva un quadro di acidosi mista.

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3 Asfissia neonatale e danno cerebrale

3.1 L'asfissia perinatale

L'asfissia perinatale è definita come una condizione di alterato scambio di gas sanguigni che conduce, se persiste, a progressiva ipossiemia e ipercapnia con acidosi metabolica (Task

force on Neonatal Encephalopathy and Cerebral Palsy, American College of Obstetricians and Gynecologists, American Accademy of Pediatrics).

In risposta a questa condizione, inizialmente si determina vasocostrizione a livello di polmoni, reni, muscoli e cute con ridistribuzione del flusso ematico a cuore e cervello; secondariamente se l'asfissia persiste si altera la funzione del miocardio con riduzione della gittata e possibile comparsa di danno multiorgano.

3.2 Encefalopatia ipossico-ischemica e Paralisi cerebrale

Quando la riduzione dell'output cardiaco si realizza in risposta ad una condizione di ipossia si parla di ipossia-ischemia, se essa è talmente severa da danneggiare il cervello conduce in 12-36 ore ad encefalopatia neonatale nota come encefalopatia ipossico-ischemica.

Questa sindrome si presenta clinicamente con difficoltà ad iniziare/mantenere la respirazione, convulsioni, attività di tipo epilettico all'elettroencefalogramma, ipotonia, difficoltà nell'alimentazione e ridotto livello di coscienza che tipicamente dura 7-14 giorni.3

Nei casi più gravi all'encefalopatia ipossico-ischemica può seguire una condizione di paralisi cerebrale definita come un disordine neuromuscolare statico caratterizzato da anormale controllo del movimento o della postura comparso precocemente nella vita e che non è il risultato di una malattia progressiva riconosciuta.

La prevalenza della paralisi cerebrale è di circa 2 per 1000 nati vivi, in una gran parte di questi casi non si identifica la causa di danno cerebrale; nei casi in cui probabilmente l'asfissia ha avuto un ruolo la differenza nella tempistica dell'evento asfittico sembra alterare la condizione in cui si presenta il neonato ed il decorso clinico. Per esempio in alcuni casi il danno potrebbe essere insorto precocemente durante la gestazione ed il feto sopravvivere e nascere, mentre in altri il danno potrebbe essere comparso acutamente intrapartum ed il neonato morire se non si interviene.

Nel 1999 l'international Cerebral Palsy Task Force stabilì i criteri per la definizione retrospettiva dell'evento ipossico intrapartum in grado di causare paralisi cerebrale. Nel 2003 tali criteri sono stati ridefiniti dalla Task Force on Neonatal Encephalopathy and Cerebral

Palsy, dall'American Collage of Obstetricians and Gynecologists e dall'American Accademy of Pediatrics come segue4 :

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1. Evidenza di acidosi metabolica nel sangue ottenuto dall'arteria ombelicale alla nascita (pH<7 e\o deficit di basi di 12 mmol/l o più alto).

2. Precoce esordio di encefalopatia neonatale moderata o severa in bambini nati a 34 settimane di gestazione o più.

3. Paralisi cerebrale di tipo spastico quadriplegico o discinetico. 4. Esclusione di altre eziologie identificabili

• Criteri che collettivamente suggeriscono la tempistica intrapartum (entro, vicino, in prossimità del travaglio e del parto, per es.0-48h) ma non sono specifici per il danno asfittico.

1. Un evento ipossico sentinella che compare immediatamente prima o durante il travaglio.

2. Una improvvisa e prolungata bradicardia o l'assenza di variabilità della frequenza cardiaca fetale in presenza di persistente, tardiva o variabile decelerazione, solitamente dopo un evento ipossico sentinella quando il pattern era precedentemente normale.

3. Punteggio di Apgar di 0-3 a 5 minuti.

4. Esordio di compromissione multiorgano entro 72 ore dalla nascita. 5. Precoci studi di imaging mostrano alterazioni cerebrali acute non focali.

3.2.1 Apgar score

Il punteggio di Apgar è un metodo accettato, rapido e conveniente per valutare le condizioni cliniche del neonato alla nascita e la necessità di un pronto intervento di rianimazione. È stato introdotto nel 1952 dalla dr. Virginia Apgar e prende in considerazione cinque aspetti5:

1 Il colore della cute 2 La frequenza cardiaca 3 La reattività

4 Il tono muscolare 5 La respirazione

a ciascuno dei quali viene assegnato un punteggio da 0 a 2, in questo modo si quantificano i segni clinici di depressione neonatale come cianosi o pallore, bradicardia, riduzione della risposta agli stimoli, ipotonia ed apnea o respirazione difficoltosa.

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Il punteggio viene valutato al primo e al quinto minuto dopo la nascita per tutti i neonati e successivamente ad intervalli di cinque minuti fino a venti minuti per i neonati con score inferiore a 7. (Tabella 4)

Tabella 4 Punteggio di Apgar

Da solo il punteggio di Apgar non può essere considerato come evidenza o conseguenza di asfissia e non predice la mortalità neonatale o gli esiti neurologici; infatti è influenzato da diversi fattori come farmaci somministrati alla madre, traumi, malformazioni congenite, infezioni, ipovolemia, età gestazionale. Inoltre alcuni elementi che definiscono il punteggio quali tono muscolare, colore cutaneo e risposta agli stimoli, in parte dipendono dalla fisiologica maturità del neonato, quindi un basso punteggio di Apgar nel neonato perfettamente sano può essere dovuto solo all’immaturità. 5,6

Neonatal Encephalopathy and Neurologic Outcome second edition pubblicato nel 2014

definisce un punteggio di Apgar a 5 minuti nei neonati a termine e nei prematuri tardivi (35-36 settimane):

• tra 7 e 10 rassicurante

• tra 4 e 6 moderatamente anormale

• tra 0 e 3 basso

Uno score tra 0 e 3 a 5 minuti (o più) è considerato un segno aspecifico di malattia che potrebbe essere la prima espressione di encefalopatia, tuttavia gli studi eseguiti hanno mostrato che la maggior parte dei bambini con basso punteggio Apgar non sviluppa paralisi

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cerebrale. Ad ogni modo un basso punteggio di Apgar a cinque minuti si associa ad un aumentato rischio di paralisi cerebrale che è da 20 a 100 volte maggiore di quello dei bambini con score tra 7 e 10.

Il rischio di esiti neurologici aumenta quando il punteggio di Apgar è di 3 o meno a 10, 15 e 20 minuti.

3.2.2 L'ipotermia

L'ipotermia comporta una riduzione del metabolismo cerebrale di circa il 5% per ogni grado centigrado di diminuzione della temperatura corporea, ciò ritarda l'inizio del danno anossico; attraverso modelli sperimentali si è anche visto che l'ipotermia prolungata per 72h induce una riduzione della necrosi e dell'apoptosi neuronale7.

Il danno cerebrale conseguente all'insulto ipossico-ischemico evolve in quattro fasi, la fase acuta o primaria, la fase di latenza, la fase secondaria e la fase terziaria; nella fase acuta alcune cellule vanno incontro a morte in rapporto alla severità ed alla durata dell’insulto. In assenza di substrati quali ossigeno e glucosio, la scorta neuronale di metaboliti ad alta energia come l’ATP si riduce fino a livelli critici, di conseguenza la sodio-potassio atpasi di membrana smette di funzionare ed i neuroni si depolarizzano con accumulo di glutammato nel vallo sinaptico.

Il glutammato attiva i recettori NMDA che insieme ai recettori AMPA determinano l’aumento del calcio (Ca2+) intracellulare, un ulteriore incremento del Ca2+ è sostenuto

dall’apertura di canali ionici, dall’attivazione di trasportatori e dal rilascio dai depositi intracellulari per danno ai mitocondri ed al reticolo endoplasmatico.

L’eccesso di calcio attiva meccanismi neurotossici infatti genera un gradiente osmotico che determina edema e lisi cellulare ed attiva l’ossido nitrico sintetasi responsabile della produzione di ossido nitrico che reagisce con l’anione superossido a formare perossinitrito. Il perossinitrito provoca danno mitocondriale attraverso perossidazione-nitrosilazione dei lipidi di membrana con massivo rilascio di superossido e conseguente consumo di antiossidanti come il glutatione. Il calcio attiva anche la fosfolipasi citosolica che aumenta il rilascio di eicosanoidi responsabili dell’infiammazione.

Alla fase acuta segue la fase di latenza in cui dopo riperfusione si ha parziale risoluzione dell’edema citotossico e dell’accumulo di amminoacidi eccitatori con apparente recupero del metabolismo ossidativo cerebrale. Si ritiene anche che in questa fase si abbia inibizione della cascata neurotossica.

Nel periodo precoce di recupero (2-8 h dall’insulto) la risonanza magnetica (RMN) fornisce informazioni sull’entità del danno; infatti un aumento della fosfocreatina sembra essere associato ad evoluzione favorevole mentre un aumento di lattato e fosfato inorganico ad evoluzione avversa.

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In base ai dati ottenuti dalla RMN la durata della fase di latenza risulta essere inversamente proporzionale alla gravità dell’insulto.

La fase secondaria che si presenta a distanza di 6-24 h dall’insulto si caratterizza alla RMN per deterioramento del metabolismo cerebrale; infatti nonostante adeguata perfusione ed ossigenazione si realizza riduzione della proteina C reattiva e dei nucleotidi trifosfati con aumento dell’inositolo fosfato. Queste condizioni insieme all’aumento del lattato e alla presenza di alcalosi intracellulare nei primi giorni dopo la nascita sono associate a deficit dello sviluppo neurologico e ad aumento della mortalità.

Questa fase si manifesta clinicamente con convulsioni, edema citotossico secondario, accumulo di citochine ed arresto dell’attività ossidativa mitocondriale principale causa di morte cellulare ritardata.

È stato osservato che il processo patologico rimane attivo per settimane, mesi, anni dopo l’insulto; infatti in bambini con esiti neurologici rivalutati ad un anno di età, la RMN mostra persistenza di alti livelli di acido lattico ed alcalosi intracellulare. Si parla perciò di fase terziaria, in cui il danno si realizza attraverso gliosi, attivazione persistente dell’infiammazione e cambiamenti epigenetici.

Da quanto detto appare evidente che il momento migliore per intervenire con l'ipotermia è in concomitanza con la fase di latenza prima dell'inizio della fase secondaria, quando i neuroni apoptotici possono ancora riprendersi8. Pertanto è stato stabilito che l'inizio

dell'ipotermia terapeutica nei casi di asfissia perinatale deve avvenire entro 6 ore dalla nascita infatti evidenze sperimentali confermano che questa è la miglior finestra terapeutica per inibire/ridurre il danno ipossico-ischemico.

Nel 2010 l'international Liaison Committee on Resuscitation (ILCOR) ha introdotto l'indicazione all'ipotermia terapeutica per ogni neonato a termine o vicino al termine che ha sviluppato un'encefalopatia ipossico-ischemica moderata o severa.

I criteri di inclusione indicati dall' ILCOR e dalla società brasiliana di pediatria sono9:

1) Evidenza di asfissia perinatale definita da almeno uno dei seguenti criteri:

• Emogasanalisi cordonale alla prima ora di vita con pH<7 e\o eccesso di basi (EB) < - 12 mmol/l

• O storia di evento acuto perinatale (distacco di placenta, prolasso del funicolo)

• O punteggio di Apgar ≤ 5 a 10 minuti di vita

• O bisogno di rianimazione con tubo endo-tracheale o maschera e pallone per più di 10 minuti

(18)

18

2) Evidenza di encefalopatia moderata o severa secondo la classificazione di Sarnat e Sarnat (Tabella 5), valutata tra 30-60 minuti di vita (convulsioni, livello di coscienza, attività spontanea, postura, tono muscolare, riflessi, sistema nervoso autonomo).

Criteri di esclusione

• Neonati con più di 6 ore di vita

• Anomalie congenite gravi

Nei neonati che soddisfano i criteri di inclusione, avvio della valutazione aEEG (attività elettroencefalografica) attraverso cerebral function monitor (CFM) o EEG per almeno 30 minuti, possibilmente prima della somministrazione di terapia sedativa/antiepilettica. Il normale tracciato aEEG è caratterizzato da cicli veglia-sonno della durata di 20 minuti con regolari variazioni del margine inferiore che deve essere sempre > 5µV, il margine superiore deve essere sempre > 10µV10,11 . Un’improvvisa modificazione della perfusione cerebrale

comporta alterazione dell’ampiezza e della continuità, possiamo quindi distinguere cinque possibili pattern:

1. Tracciato Continuo Normovoltato (CNV) (a) Presenza di cicli veglia-sonno

(b) Limite inferiore tra 7-10µV e limite superiore tra 10-25µV 2. Tracciato Discontinuo (DC)

Limite inferiore stabilmente < 5µV e limite superiore > 10µV 3. Tracciato Continuo Estremamente Ipovoltato (CLV)

Tracciato continuo con attività ≤ 5µV 4. Burst suppression (BS)

Tracciato discontinuo con periodi di attività a basso voltaggio intervallati da altri ad alto voltaggio

5. Tracciato Piatto (FC)

Tracciato isoelettrico con attività < 5µV

I pattern patologici che indicano la necessità di iniziare trattamento ipotermico sono:

a) Ampiezza moderatamente alterata, margine superiore > 10µV e margine inferiore < 5µV

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b) Ampiezza gravemente soppressa, margine superiore < 10µV e margine inferiore < 5µV spesso accompagnato da burst di attività ad alto voltaggio (BS)

Tabella 5 Principali caratteristiche dei tre stadi clinici dell’EH secondo Sarnate Sarnat

3.2.3 Efficacia dell’ipotermia

Molteplici studi hanno cercato di valutare l’efficacia dell’ipotermia moderata in bambini con encefalopatia ipossico-ischemica, i primi studi controllati randomizzati sono stati il cool cap

trial e quello condotto dal National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) che valutavano gli esiti a 18 mesi in bambini trattati alla nascita con ipotermia,

rispetto a bambini non sottoposti a raffreddamento12. Solo l’NICHD ha mostrato

significativa riduzione della mortalità e della disabilità con l’ipotermia.

Successivamente è stato eseguito lo studio Toby in cui alla nascita i bambini considerati eleggibili venivano suddivisi casualmente in due gruppi, uno sottoposto a terapia intensiva ed ipotermia dell’intero corpo per 72 ore, l’altro trattato con la sola terapia intensiva. Per minimizzare i fattori potenzialmente confondenti venne fornita una guida relativa al supporto cardiocircolatorio, al trattamento delle convulsioni, alla sedazione e all’idratazione. A 18 mesi in tutti i bambini venivano valutati, come esito primario, grave deficit dello sviluppo neurologico definito come un punteggio inferiore a 70 alla Bayley Scales of Infant

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Development 2 (BSDI 2), un punteggio tra 3 e 5 al Gross Motor Function Classification System (GMFCS) o danno bilaterale alla corteccia visiva con cecità.

Come esiti avversi: emorragia intracranica, ipotensione persistente, emorragia polmonare, ipertensione polmonare, prolungamento del tempo di coagulazione, enterocolite necrotizzante, aritmia cardiaca, trombocitopenia, trombosi venosa, insufficienza renale trattata con dialisi, polmonite e durata dell’ospedalizzazione.

Come esiti secondari: morte, deficit severo dello sviluppo neurologico, indice di sviluppo psicomotorio secondo la BSDI 2, paralisi cerebrale, perdita dell’udito, microcefalia, convulsioni trattate con anticonvulsivanti e sopravvivenza senza anormalità neurologiche. I risultati mostrarono significativo miglioramento degli esiti neurologici nei bambini sopravvissuti trattati con ipotermia ma non rilevarono differenze significative tra i due gruppi relativamente alla mortalità ed alla disabilità grave.

Solo recentemente sono stati completati due studi relativi alla valutazione degli esiti a lungo termine in bambini trattati con ipotermia.13 Nel primo studio i bambini reclutati tra giugno

2000 e maggio 2003, considerati eleggibili se affetti alla nascita da encefalopatia ipossico-ischemica moderata/severa con acidosi grave o sottoposti a rianimazione dopo evento perinatale acuto, sono stati suddivisi in due gruppi uno trattato con ipotermia, l’altro trattato con cure standard.

I bambini sopravvissuti sono stati rivalutati a 6-7 anni quando gli esiti sono ritenuti definitivi. Come esito primario è stato considerato l’evento morte o un quoziente intellettivo (QI)˂70 e come esiti secondari morte o disabilità severa relativamente alla funzione motoria, alle funzioni cognitive superiori, a ritardi cognitivi gravi ed alla salute psicosociale.

I risultati non hanno mostrato una significativa differenza tra i due gruppi per quanto riguarda l’esito primario, tuttavia l’ipotermia sembra ridurre la mortalità e non aumentare la disabilità severa o il basso QI tra i sopravvissuti.

Anche nel secondo studio i neonati reclutati sono stati casualmente suddivisi in due gruppi, uno sottoposto a cure standard ed ipotermia l’altro solo a cure standard e rivalutati a 6-7 anni, relativamente alle funzioni neurocognitive14. Come esito primario è stata considerata

la frequenza di sopravvissuti con QI≥85.

75 bambini su 145 (52%) nel gruppo dell’ipotermia rispetto a 52 su 132 (39%) nel gruppo di controllo, sono sopravvissuti con QI≥85, mentre la mortalità è simile nei due gruppi. Più bambini nel gruppo sottoposto ad ipotermia sopravvivono senza anormalità neurologiche (45% vs 28%), hanno minor rischio di paralisi cerebrale (21% vs 36%) e di disabilità severe-moderate (22% vs 37%) ed hanno valutazione della funzione motoria significativamente migliore. In base a questi risultati i benefici dell’ipotermia moderata sembrano persistere anche nella media infanzia. Pertanto la Società Italiana di Neonatologia (SIN) raccomanda il follow-up neuro-psicomotorio dei bambini sottoposti ad ipotermia almeno fino ai due anni di età9.

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21

4 Valutazione dell’equilibrio acido-base nel feto/neonato

Durante la vita intrauterina la circolazione fetale avviene attraverso i vasi del cordone ombelicale che sono una vena e due arterie (Fig.2), la vena trasporta sangue ossigenato dalla placenta al feto e rispecchia quindi la funzione placentare, invece le arterie contengono sangue refluo dal feto ricco di CO2.

Fig.2 Rappresentazione dei vasi del codone ombelicale: la vena in rosso e le due arterie in blu.

Sulla base di quanto esposto precedentemente è chiaro che pH, pCO2 e deficit di basi (BD)

sono parametri importanti per valutare l’entità e le eventuali conseguenze di un evento ipossico-ischemico che si è realizzato durante il parto e quindi per definire le condizioni del neonato alla nascita. Questi parametri possono essere misurati nel postpartum attraverso il prelievo di sangue dal cordone ombelicale.

4.1 Tecnica di esecuzione del prelievo da cordone ombelicale postpartum

È un prelievo di sangue eseguito immediatamente dopo il parto dall’arteria e dalla vena ombelicale, non presenta controindicazioni assolute e le singole unità operative possono scegliere se eseguirlo routinariamente o solo in casi selezionati secondo criteri che in genere sono2:

• Punteggio di Apgar ˂ 5 a 5 e 10 minuiti

• Parto operativo per distress fetale

• Alterazioni della frequenza cardiaca fetale (Categoria 2 o 3)

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• Febbre intrapartum

• Gestazione multipla

Il prelievo selettivo è meno costoso ma si associa ad un maggior rischio di bambini con complicanze o paralisi cerebrale che non hanno una misura del pH nel sangue arterioso cordonale alla nascita15. Questo ha importanti conseguenze dal punto di vista legale. Un altro

svantaggio del prelievo selettivo è che la procedura può essere dimenticata in presenza di un’emergenza ostetrica.

Il prelievo routinario invece è più costoso e bambini sani e vigorosi potrebbero avere valori alterati di pH.

Due recenti studi mostrano evidenze a favore dell’approccio universale all’emogasanalisi cordonale, il primo studio ha preso in considerazione 19.646 bambini di età gestazionale ≥20 settimane, nati tra gennaio 2003 e dicembre 2006 al King Edward Memorial Hospital in Australia, in cui l’emogasanalisi cordonale viene eseguito routinariamente16. Questo studio

ha mostrato che l’inserimento dell’emogasanalisi in tutti i neonati ha comportato un miglioramento dei marker di acidosi metabolica, nello specifico una riduzione di pH, eccesso di basi e lattato, in associazione allo spostamento della distribuzione dei risultati dell’EGA verso la normalità. Inoltre ha comportato anche una riduzione del numero dei neonati ammessi nel reparto di assistenza speciale. Pertanto l’emogasanalisi routinario costituirebbe uno strumento di conoscenza che potenzialmente può migliorare il trattamento perinatale, rappresentando un beneficio clinico al di là dell’aspetto medico-legale.

Il secondo è uno studio svedese che ha incluso 155.235 bambini di età gestazionale ≥32 settimane, nati da gravidanza singola tra il 1°gennaio 2008 ed il 22 ottobre 2014, di questi 132.908 (86%) sono nati in ospedali in cui l’EGA veniva eseguito routinariamente, mentre 22.327 (14%) sono nati in ospedali in cui il prelievo cordonale veniva eseguito in casi selezionati17. Secondo questo studio l’EGA selettivo appare fortemente correlato con un

aumento del rischio di dimenticare il prelievo nei parti ad alto rischio ed in bambini con basso punteggio di Apgar e morbilità correlata con asfissia alla nascita, invece l’EGA routinario sarebbe associato ad una maggiore frequenza di doppio prelievo (artero-venoso) con differenza a-v di almeno 0,03 e quindi eseguito correttamente. È stato inoltre valutato se sia etico eseguire il test in tutti i bambini, anche quelli sani, per garantire i risultati in quei pochi neonati che possono beneficiarne, ed è stato concluso che l’emogasanalisi cordonale in bambini apparentemente sani potrebbe essere usato per una revisione del management del travaglio, fornendo importanti informazioni sulla gestione clinica ostetrica con particolare riguardo verso il pattern cardiotocografico. In aggiunta dimenticare il prelievo cordonale in bambini gravemente depressi potrebbe costare di più che eseguire l’esame in tutti i bambini.

(23)

23 4.1.1 Il clampaggio e la recisione cordone

Con l’ausilio dei guanti devono essere posizionate almeno tre clamp dopo aver estratto il cordone il più possibile senza traumatizzare i vasi, la prima clamp deve essere posizionata il più lontano possibile dal bambino (vicino all’introito vaginale o all’incisione uterina) per prevenire lo svuotamento delle arterie nella placenta18. La seconda clamp vicino al bambino

e la terza in prossimità della seconda, a questo punto il cordone viene reciso ottenendo un segmento di 10-20 cm da cui effettuare il prelievo. (Fig.3)

Fig.3 Segmento di cordone ombelicale e siringa eparinata per eseguire il prelievo ematico. Una tecnica alternativa consiste nel prelevare il sangue dal cordone pulsante non clampato evitando il clampaggio precoce per consentire la trasfusione di sangue dalla placenta al bambino.

Secondo uno studio prospettico osservazionale condotto su bambini nati a termine (≥37 settimane) con parto vaginale, dopo gravidanza non complicata, dal cui cordone venivano effettuati quattro prelievi sia prima che dopo clampaggio con emogasanalisi eseguita entro trenta minuti dal parto, nel sangue arterioso solo il deficit di basi (BD) era significativamente diverso nel campione ottenuto senza clampaggio mentre nel sangue venoso sia BD che saturazione di ossigeno (SaO2) e concentrazione di emoglobina (Hb) erano più alti nel

campione da cordone non clampato19.

Il clampaggio ritardato, dopo cessazione spontanea della pulsazione, favorisce il passaggio di sangue dalla placenta al bambino aumentando ematocrito, Hb, conta dei globuli rossi e volume ematico del neonato e riducendo l’incidenza di complicanze rispetto al clampaggio precoce entro trenta secondi dalla nascita.

Diversi studi confermano i benefici del clampaggio ritardato per il neonato, come riduzione del bisogno di trasfusioni, riduzione dell’incidenza di emorragia intracranica nel pretermine, riduzione dell’incidenza di anemia da deficit di ferro nei neonati a termine20. Sembra anche

che ad esso si associ un miglioramento del danno legato al parto pretermine, grazie al maggior contenuto di immunoglobuline e cellule staminali del sangue.

Tuttavia ritardare il clampaggio può mettere a rischio una tempestiva rianimazione soprattutto nel pretermine ed aumentare il rischio di eccesiva trasfusione placentare di

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sangue con possibile comparsa di policitemia neonatale, in particolare in presenza di fattori di rischio quali diabete materno e ritardo di crescita intrauterino severo. Pertanto secondo le ultime linee guida per la rianimazione cardiopolmonare e la gestione delle emergenze cardiovascolari nel neonato, rilasciate dall’American Heart Association e dall’ American

Academy of Pediatrics ad ottobre 2015, il clampaggio dovrebbe essere ritardato di 30-60

secondi per la maggior parte dei nati a termine e dei pretermine vigorosi, mentre dovrebbe essere eseguito immediatamente dopo la nascita in presenza di alterazioni della circolazione placentare quali 21: distacco di placenta, sanguinamento di placenta previa, avulsione del

cordone ombelicale. Non ci sono invece evidenze sufficienti per raccomandare un approccio al clampaggio del cordone nel neonato che necessita di rianimazione.

4.1.2 Il prelievo

Il prelievo deve essere eseguito utilizzando siringhe contenenti eparina per prevenire la coagulazione del sangue, la concentrazione di eparina raccomandata è tra 20 e 50 UI/ml, se si usa eparina in soluzione la concentrazione dovrebbe essere di 1000 UI/ml18. Solitamente

le siringhe in commercio contengono palline di eparina liofilizzata che determinano la concentrazione ottimale prevenendo l’errore da eccesso di eparina legato alla sua natura acida.

Per l’emogasanalisi sono sufficienti 0,25ml di sangue ma la maggior parte delle siringhe disponibili devono essere riempite per 1-2ml per mantenere la giusta concentrazione di eparina. (Fig.4)

Fig.4 Siringhe eparinate

Le siringhe utilizzate per i prelievi devono essere etichettate riportando sull’etichetta:

• Nome del paziente

• Numero di identificazione

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• Vaso da cui è stato ottenuto il campione

Il sangue viene prelevato sia dall’arteria che dalla vena ombelicale per due motivi, primo perché attraverso le differenze che si osservano nei valori ottenuti dai due campioni –in arteria pH, pO2, SaO2 sono più bassi e BD e pCO2 più alti- abbiamo la conferma di aver

punto l’arteria; secondo perché mentre il sangue in arteria riflette le condizioni fetali, il sangue in vena riflette la funzione placentare e quindi le influenze materne sull’eventuale distress fetale. È noto infatti che i livelli di O2 e CO2 fetali risentono della funzione placentare

preesistente oltre ad essere influenzati dalle condizioni relative al travaglio come la frequenza delle contrazioni e l’utilizzo dell’epidurale.

Si consiglia di eseguire il prelievo prima dall’arteria e poi dalla vena, infatti il prelievo dall’arteria è più complesso perché il lume è più piccolo, la parete è più spessa e contiene meno sangue, perciò può essere più facile iniziare dall’arteria visto che la vena dilatata la supporta15. (Fig.5)

È possibile anche eseguire il prelievo dai vasi placentari, le arterie piccole e con la parete spessa passano sopra le vene più larghe e con la parete sottile, sul lato corionico della placenta. (Fig.6)

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Fig.6 Faccia corionica della placenta

4.1.3 La conservazione

Le siringhe contenenti il sangue possono essere conservate a temperatura ambiente per massimo 60 minuti, di meno se si sospetta trombocitosi o leucocitosi, se i campioni non possono essere analizzati entro 15 minuti dal prelievo è consigliabile conservarli in ghiaccio ed analizzarli comunque entro due ore18. Infatti si è visto che a 37° il metabolismo delle

cellule ematiche prosegue con glicolisi anaerobia che porta a produzione di acido lattico con aumento di BD e pCO2 e riduzione di pH e pO2; se poi le siringhe di plastica sono poste in

ghiaccio si verifica anche diffusione di O2 dall’acqua al campione. In relazione a ciò è stato

dimostrato che fino ad un’ora a temperatura ambiente il campione si mantiene relativamente stabile senza interferire con i risultati dell’analisi.

Solitamente si conserva anche un segmento di cordone ombelicale doppiamente clampato sia per eseguire il prelievo in un secondo momento, dopo il secondamento della placenta, sia per effettuare un secondo prelievo nel caso il primo dia risultati non attendibili22. Anche il

segmento di cordone sembra mantenersi stabile per 60 minuti a temperatura ambiente, 90 secondo recenti studi in cui il pH mostrava una riduzione nel tempo di 0,05 a 30 min. 0,087 a 60 min e 0,112 a 90 min.

Prima di metterlo nell’emogasanalizzatore, il campione, deve essere risospeso ruotando la siringa per almeno 10 secondi e rigirandola tra le mani per altri 10 secondi; per essere sicuri che non si sono formati coaguli far fuoriuscire qualche goccia di sangue su un batuffolo di cotone.

4.2 Validazione ed interpretazione dei risultati

I parametri valutati con l’emogasanalisi sono pH, pCO2, pO2, CO2 e concentrazione di Hb

misurati direttamente, HCO3-, SaO2 e BD calcolati, quelli più importanti nella valutazione

(27)

27

pH fetale è di 0,1 unità più basso rispetto a quello materno, i valori medi sono simili nel nato a termine e nel pretermine; i bambini nati a termine con cesareo programmato (senza travaglio) hanno valori medi simili a quelli dei nati a termine con parto vaginale, con piccole variazioni legate all’anestesia. Questi valori nel sangue dell’arteria ombelicale sono: pH 7.27, pCO2 49 mmHg, BD 4mEq/l.

Come già detto l’acidemia fetale viene identificata da un pH˂ 7,00 che tuttavia si riscontra anche 3,7/1000 neonati a termine sani, è stato invece proposto un pH> 7,00 e < 7,20 o 7,10 come riferimento per identificare i feti con alterazione del tracciato della frequenza cardiaca che potrebbero beneficiare di un intervento precoce prima di sviluppare acidosi patologica e danno.

La maggior parte dei neonati con pH< 7,00 ha un decorso non complicato senza aumento del rischio di sviluppare problemi neurologici o comportamentali in età scolare, in uno studio condotto su nati a termine con pH< 7,00 su 93 neonati il 97,8% non aveva encefalopatia ipossico-ischemica, il 94,6% non aveva convulsioni, l’89,2% non ha avuto bisogno di rianimazione ed il 60,2% non ha richiesto intubazione.

Insieme al pH viene valutato anche il BD (deficit di basi) che permette di distinguere tra l’acidosi respiratoria e l’acidosi metabolica associata ad aumento del rischio di morbilità e mortalità neonatale. Il deficit di basi è una misura della concentrazione dei sistemi tampone soprattutto del tampone bicarbonato ed ha una relazione lineare con l’accumulo di acido lattico correlato con il rischio di danno neurologico, si accetta come predittivo dell’aumento del rischio di complicanze moderate-severe un BD≥ 12 mmol/l. In particolare valori tra 12 e 16 mmol/l sono associati ad aumento della mortalità infantile, dell’encefalopatia moderata-severa, di insufficienza multiorgano e di disfunzioni neurologiche a lungo termine.

Il valore di pO2 è invece meno importante in quanto non è un fattore di rischio indipendente

per morbilità e mortalità neonatale e non è chiaro il limite oltre il quale l’insulto ipossico-ischemico si associa ad aumento della necrosi neuronale.

Controverso è il ruolo del lattato, ad oggi non è stato possibile individuare un valore di riferimento del lattato predittivo del decorso a breve termine del neonato poiché i valori misurati variano in relazione al tipo di campione, sangue intero o emolizzato, e allo strumento utilizzato. In uno studio su grande scala un valore di 5,70 mmol/l correlava con encefalopatia ipossico-ischemica moderata-severa con sensibilità del 69% e specificità dell’88% in un altro che insieme al lattato considerava anche la necessità di intubazione, la necessità di ventilazione meccanica, la presenza di sindrome da aspirazione di meconio, la presenza di encefalopatia, il ricorso all’ipotermia terapeutica e la morte, una concentrazione di lattato di 3,90 mmol/l risultava predittiva di morbilità importante con sensibilità dell’84% e specificità del 74%. In questo studio il lattato era un predittore migliore del pH.

Per poter ritenere i prelievi ematici attendibili devono essere riscontrate specifiche differenze tra il campione arterioso e quello venoso, infatti è possibile invertire i due campioni o eseguire due volte il prelievo dalla vena invece che da vena ed arteria23. Nel primo caso

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avremo una differenza negativa tra pH venoso ed arterioso e tra pCO2 arteriosa e venosa

mentre normalmente il pH e la pCO2 in arteria sono rispettivamente più basso e più alta di

quelli in vena. Nel secondo caso avremo valori artero-venosi troppo simili tra loro.

Pertanto i criteri considerati per validare i campioni sono la differenza artero-venosa di pH e pCO2, la relazione tra pH e pCO2 arteriosi e la pCO2 venosa; recenti studi condotti da Kro

e coll. hanno confermato il valore già proposto da Westgat e coll. per la differenza artero-venosa di pH corrispondente a 0,02 (5° percentile) mentre hanno individuato un diverso valore per la differenza artero-venosa di pCO2 uguale a 0,7 kPa (rispetto a 0,5 kPa).

Inoltre i percentili di pCO2 arteriosa devono essere in accordo con il pH arterioso (Tabella

6)

Tabella 6 Percentili di pCO2 in arteria ombelicale in accordo con il pH arterioso

Per quanto riguarda la pCO2 venosa questa è influenzata dalle condizioni materne perciò non

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Riassumendo per la validazione dei campioni ematici ottenuti dai vasi del cordone ombelicale possiamo utilizzare il seguente algoritmo:

Infine un aspetto importante da considerare è che non si riscontrano differenze di pH arterioso, pCO₂ arteriosa e HCO₃⁻ tra neonato sano a termine e neonato sano pretermine infatti nei primi si evidenzia in media pH arterioso di 7,27, pCO₂ di 50,3 mmHg, HCO₃⁻ di 22 mEq\l e nei secondi in media pH arterioso di 7,28, pCO₂ di 50,2 mmHg, HCO₃⁻ di 22,4 mEq\l2.

5 Principali errori nell’esecuzione dell’EGA cordonale

5.1 Errori di preparazione e campionamento

Uno dei più comuni errori della fase preanalitica è la mancata o non corretta identificazione dei campioni che comporta una sbagliata valutazione dei risultati e quindi potenzialmente un inadeguato trattamento, oltre alla necessità di ripetere il prelievo24.

Per evitare tutto ciò si consiglia di:

Utilizzare due identificativi per paziente (ad esempio nome/cognome e numero di braccialetto)

Assicurarsi che il dispositivo per il prelievo abbia un’etichetta identificativa (Fig.7) Utilizzare dispositivi con codici a barre integrati

Ottenere un campione di sangue sia dalla vena ombelicale sia da una delle arterie ombelicali

pH arterioso almeno 0,02 ˂ pH venoso

pCO2 arteriosa almeno 0,7 kPa ˃ pCO2 venosa

pCO2 venosa di almeno 2,9 kPa

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30

Inserire un identificatore del paziente nell’analizzatore

Fig.7 Siringa eparinata etichettata

Insieme alle informazioni relative al paziente deve essere riportato sull’etichetta anche il tipo di prelievo arterioso o venoso.

Altri errori sono quelli che si possono verificare durante il campionamento come la presenza di bolle d’aria e la formazione di coaguli per inadeguata concentrazione di eparina nella siringa o non corretta miscelazione24.

Per quanto riguarda le bolle d’aria il loro effetto sui risultati dipende dalle loro dimensioni, dalla durata dell’esposizione e della miscelazione e dalla pO2 originaria del campione, le

conseguenze sono ↑di pH e pO2 e ↓pCO2.

Raccomandazioni per evitarle sono:

Ispezionare il campione per verificare la presenza di bolle d’aria

Smuovere le bolle picchiettando delicatamente su un lato del dispositvo Espellere le bolle subito dopo il prelievo e prima della miscelazione (Fig.8)

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Affinché il sangue non coaguli è molto importante miscelarlo con eparina subito dopo il prelievo infatti il sangue coagulato non è utilizzabile, sia perché non omogeneo e quindi fonte di risultati inattendibili (si associa ad ↑K+ per liberazione dalle cellule), sia perché

potrebbe intasare l’analizzatore ed inficiare gli esami correnti e futuri. Pertanto si suggerisce di:

Utilizzare dispositivi pre-eparinati con eparina secca bilanciata per gli elettroliti per evitare coaguli e distorsioni sugli elettroliti

Evitare l’uso di eparina liquida poiché diluisce il campione

Miscelare il campione in due direzioni facendolo rotolare tra le mani e capovolgendolo verticalmente (Fig.9)

Fig. 9 Miscelazione del campione

5.2 Errori di conservazione e preparazione per l’analisi

Altri errori sono quelli relativi alla conservazione ed alla preparazione del campione prima di metterlo nell’emogasanalizzatore, in primo luogo è fondamentale considerare la durata della conservazione infatti anche dopo il prelievo il metabolismo cellulare prosegue con ↓pH, pO2, glucosio e ↑pCO2, calcio e lattato rendendo il campione non rappresentativo dello

stato reale del paziente24. (Fig.10)

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Per evitare tutto ciò occorre:

Analizzare immediatamente il campione o se non è possibile farlo entro 30 minuti Se è necessario conservare il campione per più di 30 minuti utilizzare una siringa di

vetro e porla in acqua e ghiaccio

Se disponibili utilizzare analizzatori che tengono conto del tempo di conservazione. In secondo luogo bisogna evitare che si verifichi emolisi cioè rottura dei globuli rossi che si realizza se il sangue viene raffreddato direttamente in ghiaccio o viene agitato troppo violentemente. Questo comporta ↑K+ e ↓Na+ e Ca2+. (Fig.11)

Fig.11 Emolisi dei globuli rossi

Di conseguenza è consigliabile:

Non conservare il campione direttamente a contatto con cubetti di ghiaccio Non miscelare con eccessiva forza

Evitare turbolenze dovute a

• Diametro dell’ago troppo piccolo

• Aspirazione manuale troppo rapida

• Ostruzioni sul percorso del campione

Infine è importante rimiscelare il sangue prima di metterlo nell’analizzatore; infatti durante la conservazione i globuli rossi tendono a sedimentarsi separandosi dal plasma, questo rende il campione non omogeneo provocando distorsioni nei valori dell’emoglobina. (Fig.12)

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Fig. 12 Sedimentazione: globuli rossi si separano dal plasma Perciò bisogna:

Miscelare il campione in due direzioni, facendolo rotolare tra le mani e capovolgendolo verticalmente

Se il campione è visibilmente sedimentato occorre miscelarlo per diversi minuti Se disponibile utilizzare un analizzatore con sistema di miscelazione automatica

RAZIONALE DELLA TESI

6 Scopo della tesi

Nell’ottica della buona pratica clinica è stata studiata l’emogasanalisi cordonale come strumento di valutazione dello stato di salute del neonato dopo il parto per poter individuare e correggere eventuali sprechi, difformità e rischi associati alla procedura. Nel dettaglio gli obiettivi della tesi sono stati due, in primo luogo indentificare eventuali errori compiuti nell’esecuzione del prelievo di sangue dal cordone ombelicale, nella conservazione e nell’analisi del campione ematico al fine di proporre specifici accorgimenti ed ottimizzare l’utilizzo dell’emogasanalisi cordonale nel riconoscimento dei neonati che, essendo stati sottoposti durante il parto, ad una condizione di ipossia, sono più a rischio di sviluppare asfissia e conseguentemente encefalopatia ipossico-ischemica potendo pertanto beneficiare del trattamento con ipotermia.

In secondo luogo valutare se l’esecuzione routinaria dell’EGA cordonale in tutti i neonati piuttosto che in casi selezionati, rappresenti un vantaggio permettendo una più accurata identificazione dei neonati ad alto rischio di asfissia o invece sia eccessiva sottoponendo anche bambini sani ad un esame non necessario.

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PAZIENTI E METODI

7 Pazienti

Nello studio sono stati inclusi tutti i bambini nati presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana e degenti presso l’UO di Neonatologia dal 1°gennaio 2015 al 15 aprile 2015, con età gestazionale(EG) ≥ 35 settimane e peso alla nascita(PN) ≥1800gr.

8 Variabili analizzate

Per ciascun neonato sono stati considerati oltre ad età gestazionale e peso alla nascita, punteggio di Apgar a 5’, durata del travaglio, tipo di parto -spontaneo, indotto, operativo, taglio cesareo- tipo di anestesia -epidurale, spinale, generale, combinata spinale\epidurale- eventuale rianimazione -solo respiratoria, respiratoria e cardiaca, farmacologica- peso della placenta, intervallo di tempo tra rottura delle membrane e nascita, intervallo di tempo tra nascita ed esecuzione EGA cordonale, risultati emogasanalisi arteriosa e venosa, esame neurologico alla nascita, ad un’ora ed eventuale CFM, anomalie del funicolo strutturali e\o di posizione, condizioni particolari quali distacco di placenta e gestosi, patologie materne -diabete, patologie tiroidee ed autoimmuni- uso di sostanze e fumo in gravidanza, tampone vaginale positivo, giorni di ricovero e diagnosi di dimissione.

Inoltre è stato preso in considerazione il turno di servizio- mattina, pomeriggio, notte- per verificare, in presenza di eventuali errori nell’esecuzione dell’EGA cordonale, la loro distribuzione nei tre turni lavorativi.

9 Sistema di analisi dei campioni ematici

Per l’analisi dei campioni ematici prelevati dai vasi cordonali è stato usato l’emogasanalizzatore GEM Premier 4000 con iQM (Fig.13) che attualmente è il sistema più completo in grado di determinare pH, pCO₂, pO₂, Na⁺, K⁺, Ca⁺⁺, Cl⁻, Glu, lattato, ematocrito, CO-ossimetria e bilirubina totale con un unico campionamento. Dispone di controllo di qualità iQM (Intelligent Quality Management) cheha ricevuto l’approvazione da parte della FDA quale soluzione in grado di garantire, in modo del tutto automatico, la qualità dei risultati analitici.

Il Controllo di Qualità iQM™ è equivalente a tutti gli effetti ai Controlli di Qualità tradizionali come attestato da Food and Drug Administration USA e condiviso dalla Comunità Scientifica.

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35

Fig.13Emogasanalizzatore GEM premie4000

10 Analisi statistica

I valori di pH arterioso e venoso e tutti i valori dell’EGA cordonale risultano avere distribuzione normale gaussiana. Per il confronto delle medie dei gruppi indipendenti è stato utilizzato il T-test per campioni indipendenti. Per studiare le relazioni tra le variabili quantitative è stato calcolato il coefficiente di correlazione di Pearson.

11 Risultati

Nel periodo dal 1°gennaio 2015 al 15 aprile 2015 i neonati con EG ≥35 settimane e PN ≥1800gr sono stati 500 di questi 429 disponevano di EGA da arteria ombelicale e 449 di EGA da vena ombelicale, solo 424 (85%) disponevano di EGA sia arterioso che venoso (Fig.14). L’analisi dei dati è stata pertanto elaborata su 424 neonati con EG media di 39,14 settimane e PN medio di 3271,53gr.

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36

Fig.14 Neonati con EGA arterioso e venoso reclutati nello studio

Dei 424 pazienti inclusi 280 sono nati con parto spontaneo, 5 con parto indotto, 10 con parto operativo e 129 con parto cesareo; il travaglio è durato in media 4h e mezzo mentre il punteggio di Apgar al 5’ è risultato essere in media di 8,97 (min 6, max 10). Solo 15 Pz. Su 424 sono stati sottoposti a rianimazione in particolare, 11 a rianimazione solo respiratoria, 3 a rianimazione respiratoria e cardiaca, 1 a rianimazione farmacologica. (Fig.15).

Fig.15 Neonati rianimati e tipo di rianimazione

Relativamente al turno di servizio 161 bambini sono nati durante il turno di mattina, 117 durante quello pomeridiano e 146 durante quello di notte (Fig.16). L’intervallo di tempo tra la nascita e l’esecuzione dell’EGA è stato in media di 10,50 minuti, i valori di pH arterioso

85% 15%

Neonati con EG≥35sett e PN≥1800gr

Neonati con EGA arterioso e venoso

Neonati senza EGA arterioso o venoso 96% 3% 1% 0%

Rianimazione

Nessuna Solo respiratoria Respiratoria e cardiaca Farmacologica

(37)

37

per tutti i pz sono compresi tra 7,02 e 7,47 con una media di 7,27 mentre quelli di pH venoso sono compresi tra 7,03 e 7,51 con una media di 7,33.

Fig.16 Distribuzione dei 424 neonati rispetto al turno di servizio

Per individuare gli EGA patologici, in accordo con quanto stabilito dall’ILCOR ('international Liaison Committee on Resuscitation) riguardo ai criteri di selezione dei neonati da sottoporre ad ipotermia terapeutica, sono stati considerati pH arterioso (apH)<7 e\o eccesso di basi (EB)> -12mmol/l. Sono pertanto risultati patologici 25 emogasanalisi. Tra i neonati a cui essi si riferiscono 23 (92%) non sono stati rianimati mentre 2 (8%) sono stati sottoposti a rianimazione respiratoria, per tutti è stato eseguito l’esame neurologico alla nascita semplificato (solo tono assiale e riflesso di Moro), secondo le indicazioni della Società Italiana di Neonatologia (SIN), che si è rivelato normale in 21 pz (84%) e alterato in 4 pz (16%) di cui uno mostrava iporeattività, uno ipomobilità dell’arto superiore sinistro e due lieve ipotonia (Fig.17). Per questi ultimi 4 neonati è stato ripetuto l’esame neurologico dopo 1h che è risultato normale. In nessun caso è stato necessario monitorare l’attività cerebrale. Non si evidenziano differenze significative tra neonati con EGA patologico e neonati con EGA non patologico relativamente al tipo di parto ed alla distribuzione rispetto al turno di servizio.

38%

28% 34%

Distribuzione in relazione al turno di

servizio

Mattina Pomeriggio Notte

(38)

38

Fig.17 Esame neurologico alla nascita nei 25 neonati con EGA patologico

Al fine di verificare l’attendibilità dell’EGA cordonale è stato utilizzato l’algoritmo di validazione proposto da Kro e coll secondo il quale è necessario che il pH arterioso (apH) sia di almeno 0,02 < del pH venoso (vpH), la pCO₂ arteriosa sia almeno di 0,7 KPa (5,25 mmHg) > di pCO₂ venosa e la pCO₂ venosa sia almeno di 2,9 KPa (21,75 mmHg). (1KPa=7,50 mmHg). Dei 424 campioni arteriosi e venosi studiati 291 sono risultati attendibili (Fig.18).

Fig.18 EGA attendibili ed EGA non attendibili

84% 4%

8%4%

Esame neurologico alla nascita

Normale Iporeattività

Ipomobilità arto superiore sx. Lieve ipotonia

70% 30%

EGA attendibili EGA non attendibili

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39

Tra quelli non attendibili 57 non avevano apH di 0,02≤ vpH, 128 non avevano apCO₂ di 5,25 mmHg ≥ vpCO₂ e 11 non avevano vpCO₂≥ 21,75 mmHg. (Fig.19)

Fig.19 Cause di inattendibilità dell’EGA

In alcuni casi più di un criterio non appare soddisfatto, nel dettaglio in 133 casi apH non era di 0,02≤ vpH e apCO₂ di 5,25mmHg ≥vpCO₂, in 65 apH non era di 0,02≤ vpH e vpCO₂ ≥21,75mmHg e in 128 apCO₂ non era di 5,25mmHg ≥ vpCO₂ e vpCO₂ ≥ 21,75mmHg. (Fig.20)

Fig.20 Criteri non rispettati nella validazione dell’EGA cordonale

Un ulteriore parametro indicativo di affidabilità dell’EGA è la pO₂ arteriosa < 38 mmHg, questo risulta rispettato in tutti i campioni.

29% 65% 6% No apH di 0,02≤ vpH No apCO₂ di 5,25mmHg ≥ vpCO₂ No vpCO₂ ≥ 21,75 mmHg 20% 41% 39% No apH di 0,02 ≤ vpH e No vpCO₂ ≥ 21,75 mmHg No apH di 0,02≤ vpH e No apCO₂ di 5,25 mmHg ≥ vpCO₂ No apCO₂ di 5,25mmHg ≥ vpCO₂ e No vpCO₂ ≥ 21,75 mmHg

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Il confronto delle diverse variabili non mostra differenze significative tra neonati con EGA attendibile e neonati con EGA non attendibile, è invece rilevante la mancanza di differenza tra ematocrito (Htc) arterioso e venoso e la normalità dei valori di Na⁺, K⁺ e Ca⁺⁺, indicativi rispettivamente dell’assenza di sedimentazione e di emolisi e quindi di adeguata conservazione del campione.

Dallo studio del pH arterioso in relazione alle diverse variabili considerate è emersa una correlazione del pH con la durata del travaglio e con il punteggio di Apgar al 5’, infatti è evidente una riduzione di apH all’aumentare della durata del travaglio (R-0,139; P 0,025) (Fig.21) e una riduzione di apH per bassi valori del punteggio di Apgar (R 0,190; P 0,000) (Fig.22).

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Fig.22 Relazione tra pH arterioso e punteggio di Apgar al 5’

DISCUSSIONE

Dall’analisi dei dati risulta che nella maggior parte dei casi (291 su 424 reclutati) il prelievo dai vasi cordonali viene eseguito correttamente ottenendo sia un campione venoso che un campione arterioso ritenuti affidabili. Gli EGA non affidabili sono probabilmente dovuti alla difficoltà di individuare l’arteria ombelicale rispetto alla vena ombelicale con il rischio di eseguire entrambe i prelievi dalla vena infatti le arterie hanno un caratteristico decorso a spirale, lume più piccolo e parete più spessa rendendo il prelievo complesso, è per questo che solitamente si consiglia di eseguire il prelievo prima dall’arteria in quanto la vena dilatata la supporta.

La conservazione dei campioni sembra adeguata infatti in ogni caso la pO₂ arteriosa è inferiore a 38 mmHg ad indicare l’assenza di bolle d’aria, non si ha sedimentazione poiché non si evidenziano differenze tra ematocrito arterioso e venoso, né emolisi in quanto i valori di potassio non risultano aumentati e quelli di sodio e calcio ridotti.

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