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Partecipazione dei sistemi di accumulo alla regolazione di frequenza in sistemi elettrici con elevata penetrazione di fonti rinnovabili

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettrica

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Partecipazione dei sistemi di accumulo alla regolazione di frequenza

in sistemi elettrici con elevata penetrazione di fonti rinnovabili

RELATORI

Prof. Stefano BARSALI

Ing. Massimo SCHIAVETTI

CANDIDATO

Alberto BASTIANELLI

(2)

II

Introduzione

Negli ultimi anni la questione energetica mondiale ha portato molti paesi a utilizzare e a incentivare fonti energetiche alternative che garantiscano un basso impatto ambientale e una loro rinnovabilità nel tempo, tutto ciò al fine di garantire un futuro sostenibile per la generazione attuale e per quelle future.

Gli obiettivi emanati dalla Commissione europea prevedono che entro il 2020 il 20% del fabbisogno energetico degli Stati membri sia ricavato da fonti rinnovabili, mentre per il 2050 l’impatto climatico dovrà essere pari a zero. Conseguentemente in Italia e in altri Stati europei l’aumento di produzione da “fonti rinnovabili non programmabili” (FRNP), costituite soprattutto da eolico e fotovoltaico, porta inevitabilmente a considerare una serie di tematiche gestionali del sistema elettrico legate ad esse.

Un primo problema riguarda la natura aleatoria delle FRNP e la difficoltà nel prevedere la loro disponibilità, la quale non permette un’adeguata regolazione primaria all’interno del sistema elettrico. Un secondo problema riguarda la diminuzione dell’inerzia di sistema dovuta alla crescente penetrazione delle FRNP all’interno di esso. L’inerzia di sistema, che è legata alla massa dei rotori collegati alla rete, si oppone ai transitori di frequenza nei primissimi istanti in cui essi si presentano, contribuendo così a rendere il sistema più stabile. Purtroppo alcuni tipi di generazione, come il fotovoltaico, non dispongono di masse rotanti che assolvano a questa funzione; per quanto riguarda le turbine eoliche, pur disponendo di un rotore in movimento, non permettono comunque di poter sfruttare il contributo inerziale a causa della configurazione delle machine elettriche che montano. Perciò per far fronte a problematiche di questo tipo si sta valutando sempre più l’idea di utilizzare dei sistemi di accumulo di energia non soltanto per coprire i deficit di potenza durante la regolazione primaria, ma anche per riprodurre quell’inerzia che le FRNP tipicamente non hanno. Gestori del sistema elettrico come Terna stanno infatti sperimentando questo tipo di tecnologie da collocare nei punti strategici della rete di trasmissione in cui sono presenti grandi quote di generazione eolica e fotovoltaica. Dall’altra parte, ciò non toglie la possibilità di poter sfruttare gli accumuli anche sulle reti di distribuzioni per poter dotare ciascun parco di generazione da FRNP di una propria riserva primaria e di inerzia.

L’obiettivo della tesi è di elaborare un ipotetico sistema di accumulo di energia con il suo relativo sistema di controllo al fine di valutare gli effetti che può apportare all’interno del sistema elettrico. Tramite l’utilizzo del software Matlab-Simulink verrà studiato il sistema complessivo dal punto di vista dinamico, affrontando le eventuali problematiche che potrebbero presentarsi e cercando di capire come i sistemi di accumulo potrebbero essere fondamentali per affrontare gli scenari di produzione futuri.

(3)

III

Indice

1

Le fonti rinnovabili all’interno del sistema elettrico italiano ... 1

1.1 Strategie e obiettivi climatici dell’Europa ... 1

1.2 La produzione dal rinnovabile e le previsioni future ... 2

1.3 Il ruolo degli accumuli energetici ... 4

1.4 Esempi di sistemi di accumulo installati ... 6

2

Concetti preliminari ... 8

2.1 La definizione di “inerzia di sistema” ... 8

2.2 Il concetto di “inerzia sintetica” ... 10

2.3 La regolazione primaria... 13

2.4 Considerazioni sul controllo proporzionale-derivativo ... 19

3

Il modello del sistema di accumulo ... 23

3.1 Il controllo del sistema di accumulo ... 23

3.2 Il PLL ... 27

4

Studio di stabilità ... 33

4.1 Lo scenario di produzione ... 33 4.2 Lo schema a blocchi ... 36 4.3 Controllo proporzionale ... 38 4.4 Controllo proporzionale-derivativo ... 44

5

Il modello di simulazione ... 51

5.1 Generazione idroelettrica ... 53

5.2 Generazione con turbine a vapore ... 55

5.3 Generazione con ciclo combinato ... 58

(4)

IV

6

Simulazioni ... 62

6.1 Scenario “RES 50” ... 63

6.1.1 Controllo proporzionale ... 64

6.1.2 Controllo proporzionale-derivativo ... 68

6.2 Effetti di un PLL più lento ... 73

6.3 Scenario “RES 75” ... 77

6.3.1 Controllo proporzionale ... 80

6.3.2 Controllo proporzionale-derivativo ... 83

7.

Conclusioni ... 87

A.

Appendice ... 89

A.2 RES 50 – Ulteriori simulazioni ... 89

A.2 RES 75 – Ulteriori simulazioni ... 97

(5)

1

1 Le fonti rinnovabili all’interno

del Sistema Elettrico Italiano

Con il passare dagli anni la minore disponibilità delle risorse, i problemi di inquinamento ambientale e la crescente domanda di energia, legata soprattutto all’enorme sviluppo economico che stanno attraversando paesi come India e Cina, ha portato molti stati ad accelerare il graduale passaggio dalle fonti non rinnovabili a quelle rinnovabili. Nell’ultimo decennio questo passaggio alle fonti rinnovabili ha interessato molto l’Italia che, in quanto stato europeo, ha aderito al pacchetto per il clima e l’energia emanato dalla Comunità Europea.

1.1 Strategie e obiettivi climatici dell’Europa

Le linee guida definite dall’Unione Europea in tema ambientale hanno lo scopo di assicurare la decarbonizzazione e un approvvigionamento energetico sicuro ed economico. Gli obiettivi principali fissati per il 2020 e per il 2030 sono elencati in tabella 1.1:

Tabella 1.1 (fonte Terna [8])

L’Italia è riuscita a raggiungere due dei quattro obiettivi europei attraverso una serie di politiche di incentivazione del rinnovabile. Nonostante i risultati raggiunti siano molto buoni, gli obiettivi del 2030 richiederanno un considerevole cambiamento dell’attuale assetto del sistema elettrico, senza considerare il fatto che per il 2050 l’obiettivo europeo è di raggiungere un impatto climatico pari a zero, il che molto probabilmente significherà che tutta la produzione di energia dovrà passare attraverso le fonti rinnovabili.

(6)

2

1.2 La produzione dal rinnovabile e le previsioni future

Gli obiettivi del 2020 hanno fatto sì che in Italia il consumo di energia rinnovabile sia sensibilmente aumentato superando l’obiettivo del 17%, il quale, nel 2016, era così ripartito:

Tabella 1.2 (fonte GSE [6])

Nel sistema elettrico la copertura della richiesta da parte delle fonti rinnovabili è aumentata fino ad assestarsi a valori superiori il 30% negli ultimi anni, ma c’è da sottolineare che è anche cambiata la ripartizione tra i vari tipi di fonti utilizzate (fig.1.1).

Figura 1.1 (fonte dati Terna)

Nei grafico in figura 1.2 si può ben vedere come gli impianti eolici e fotovoltaici siano notevolmente aumentati come produzione, costituendo circa il 13% della copertura nel 2017. Ciò è stato possibile grazie agli incentivi erogati negli ultimi anni con i quali sono stati installati

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

Copertura della richiesta con il rinnovabile (%)

idrico geotermico eolico fotovoltaico bioenergie

23,3% 24,8% 28,1% 35,2% 38,9% 35,1% 34,4% 32,4%

(7)

3

soprattutto impianti a energia solare, arrivando ad avere una potenza installata di eolico e fotovoltaico di quasi 30 GW nel 2016 (fig. 1.3).

Figura 1.2 (fonte Terna [7])

Figura 1.3 potenza del parco eolico e fotovoltaico installata in Italia negli anni passati (fonte Terna [7])

2,8 2,9 4,1 4,7 4,9 4,8 5,6 5,5 0,6 3,2 5,7 6,8 7,2 7,4 7,0 7,6 0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 12,0 14,0 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

Copertura della richiesta con eolico e fotovoltaico (%)

(8)

4

Inevitabilmente l’assetto del sistema elettrico sta letteralmente cambiando, passando da poche centrali in alta tensione a molti piccoli impianti di produzione, distribuiti sulle reti di media e bassa tensione e spesso collocati in siti di produzione lontani dai carichi con conseguenti problemi di congestioni interzonali.

Le FRNP (fonti rinnovabili non programmabili) come l’eolico e il fotovoltaico hanno una generazione statica non modulabile come quella tradizionale, spesso discontinue a causa dell’aleatorietà del vento e del sole che non permettono di fare la programmazione della produzione.

Criticità particolarmente rilevante è soprattutto la progressiva diminuzione della capacità regolante e dell’inerzia di sistema le quali sono fondamentali per il controllo della frequenza della tensione. Le previsioni per il futuro (fig. 1.4) sono che le FRNP potrebbero raggiungere una potenza installata di 57 GW, mentre contemporaneamente la potenza installata dei gruppi termici potrebbe ridursi di 12 GW, amplificando i problemi di gestione della rete.

Figura 1.4 valori in GW della potenza installata di eolico, fotovoltaico e dei gruppi termici

negli anni passati e previsioni future (fonte Terna [8])

Tutto ciò lascia presagire che entro il 2030 più della metà della produzione elettrica sarà coperta da fonti rinnovabili, con punte di produzione del 70-80% in certe fasce orarie e in determinati giorni dell’anno.

1.3 Il ruolo degli accumuli energetici

In Italia, in base al Codice di Rete TERNA, il servizio di regolazione primaria deve essere obbligatoriamente fornito da tutte le unità di produzione con potenza efficiente non inferiore a 10 MW, ad eccezione di quelle alimentate da fonti rinnovabili non programmabili. Agli impianti di tipo FRNP rilevanti e alla generazione distribuita è per ora richiesto soltanto di

(9)

5

fornire un supporto alla difesa del sistema elettrico che, per quanto riguarda la regolazione di frequenza, è prevista la modulazione a scendere della potenza erogata durante situazioni di emergenza caratterizza da valori di frequenza superiori a 50,3 Hz.

In questa situazione normativa, se consideriamo anche il fatto che le fonti rinnovabili hanno priorità di dispacciamento rispetto a quelle tradizionali, si ha un inevitabile abbassamento della riserva primaria.

Un ulteriore problema delle FRNP è la mancanza dell’inerzia rotante, tipica invece dei gruppi termici tradizionali, che in caso di squilibrio interviene in tempi brevissimi per contrastare le variazioni di frequenza.

Figura 1.5 tipico andamento della frequenza durante le varie fasi di regolazione,

con i relativi tempi di intervento (fonte Anie [9])

Una possibile soluzione a questi problemi è l’impiego dei sistemi di accumulo (Sda) come riserve dalle quali poter generare, tramite l’impiego di sistemi elettronici, la potenza necessaria per assolvere le funzioni di regolazione primaria e di contributo inerziale.

I Sda hanno dei tempi di risposta molto rapidi, addirittura inferiori agli impianti di generazione rotante, tali da garantire dei tempi di inversione della potenza dell’ordine dei 200 ms e renderli così adatti per tali impieghi.

(10)

6

Figura 1.6 andamento nel tempo della potenza erogata da una batteria agli ioni di litio

durante un’inversione di potenza (fonte Terna [8])

Lo sviluppo tecnologico delle batterie agli ioni di litio ha fatto sì che questa tipologia di accumulo sia spesso scelta per effettuare la regolazione primaria, tuttavia negli ultimi tempi vengono presi in considerazione sistemi di accumulo basati su supercapacitori, i quali permettono di erogare potenze considerevoli in brevi intervalli di tempo con un elevatissimo numero di cicli di scarica.

1.4 Esempi di sistemi di accumulo installati

Molti impianti di accumulo installati in Italia si basano su tecnologie “Energy Intensive”, ovvero caratterizzate da un elevato rapporto tra energia accumulata e potenza installata. Applicazioni di questo tipo sono impiegate in contesti insulari dove non sono presenti interconnessioni con la penisola italiana, con scopi vari che possono essere lo spostamento nel tempo dell’energia rinnovabile producibile in determinate fasce orarie oppure per migliorare l’efficienza dei gruppi diesel, facendo assolvere alle batterie la funzione di regolazione frequenza-tensione. Un esempio di questo tipo è l’isola di Ventotene, nel Lazio, dove la crescente produzione da fonti rinnovabili costringe a far lavorare i generatori diesel a potenza parziale, con rendimenti più bassi e manutenzioni più frequenti; ciò ha spinto Enel Produzione a integrare alla generazione diesel un impianto di batterie a ioni di litio da 300 KW e 600 MWh per ottenere un esercizio più costante dei motori a regimi più efficienti. In altri casi gli accumuli Energy Intensive vengono utilizzati con lo scopo di risolvere le congestioni, come gli impianti installati da Terna

• Ginestra SANC (12 MW-80 MWh) nel comune di Castelfranco di Miscano (BN) • Flumeri SANC (12 MW-80 MWh) nel comune di Flumeri (AV)

(11)

7

che oltre a risolvere le congestioni dovute a una forte presenza di FRNP, svolgono anche una funzione, in via sperimentale, di regolazione primaria.

Le tecnologie “Power Intensive”, invece, sono caratterizzate dall’erogazione, per brevi tempi, di elevate potenze con lo scopo di fornire servizi di rete rapidi come la regolazione primaria e riprodurre gli effetti tipici dell’inerzia di rete. Attualmente questi tipi di accumuli sono in una fase sperimentale poiché le prestazioni richieste e il loro frequente sovraccarico li porta incontro a un rapido degrado.

L’impianto di Pietragalla (2 MW-2 MWh) installato da Enel Green Power in provincia di Potenza è un sistema agli ioni di litio che ricade nella categoria Power Intensive e tra le varie funzioni svolge anche quella di regolazione primaria.

Anche il progetto “Storage Lab” portato avanti da Terna è basato sulle tecnologie Power Intensive e prevede l’installazione di 16 MW di impianti di accumulo in Sardegna e in Sicilia: si tratta di un progetto in fase di completamento che prevede l’utilizzo di batterie a litio e ZEBRA (in futuro anche supercapacitori) in condizioni di forte stress e sovraccarico per effettuare i servizi di rete; lo scopo del progetto è di testare queste tecnologie per valutarne le prestazioni, il rendimento e l’invecchiamento.

E’ chiaro quindi che attualmente le varie tipologie di accumuli di energia hanno la potenzialità di effettuare la regolazione primaria e, in certi casi, anche l’inerzia sintetica, ma rimangono comunque da valutare una serie di problematiche che riguardano la sovraccaricabilità e il funzionamento in condizioni gravose. Tuttavia i progressi tecnologici raggiunti, come nel caso dei supercapacitori, fanno ben sperare in un fruttuoso impiego dei Sda anche per i servizi di rete più impegnativi dal punto di vista delle performance.

(12)

8

2 Concetti preliminari

In questo capitolo verranno enunciati i concetti teorici di cui si è fatto uso nella tesi per rendere più chiara la spiegazione del lavoro svolto.

2.1 La definizione di “inerzia di sistema”

L’inerzia del sistema elettrico è una grandezza legata alle masse rotanti connesse direttamente alla rete senza l’interposizione di convertitori elettronici, la quale si oppone alle variazioni di frequenza nei primi istanti in cui queste si verificano.

Un transitorio di frequenza è generalmente caratterizzato da 3 fasi: una brusca variazione di frequenza, seguita da una sovraelongazione e infine dall’assestamento a un nuovo valore di regime. La prima fase è influenzata dall’inerzia di sistema che interviene in tempi dell’ordine dei 500 millisecondi. La seconda fase dipende sia dai valori raggiunti dalla frequenza per effetto dell’inerzia, sia dall’intervento della regolazione primaria. Infine il valore a regime dipende, oltre che dal disturbo, dalla regolazione primaria che, secondo la norma, deve dare il suo contributo entro 30 secondi.

Analizziamo in dettaglio come si comporta l’inerzia rotante di un generatore sincrono quando è connessa a un carico. Nel caso in cui avvenga una riduzione del carico, la coppia meccanica del generatore è superiore alla coppia legata alla richiesta del carico e conseguentemente la macchina assorbe lo squilibrio di potenza accumulandolo sotto forma di energia cinetica e quindi aumentando la velocità. In caso contrario, quando il carico aumenta rispetto alla generazione, la macchina sincrona eroga potenza andando a diminuire la propria energia cinetica e quindi diminuendo la velocità. Questo comportamento è descritto dalla seguente equazione meccanica:

𝐶

𝑚

(𝑡) − 𝐶

𝑒

(𝑡) = 𝐽

𝑑𝛺(𝑡)

𝑑𝑡

(2.1)

dove 𝐶𝑚

(𝑡)

è la coppia meccanica all’albero 𝐶𝑒

(𝑡)

è la coppia elettromagnetica

𝐽è il momento d’inerzia delle masse rotanti

(13)

9

Dividendo per la coppia nominale 𝐶𝑛 si ottengono le grandezze in p.u. (indicate con la lettera minuscola) delle coppie:

𝑐

𝑚

(𝑡) − 𝑐

𝑒

(𝑡) =

𝐽

𝐶

𝑛

𝑑𝛺(𝑡)

𝑑𝑡

(2.2)

Moltiplicando al secondo membro per 𝛺𝑛𝛺𝑛, dove 𝛺𝑛 è la velocità nominale, si ottiene:

𝑐

𝑚

(𝑡) − 𝑐

𝑒

(𝑡) =

𝐽𝛺

𝑛

𝐶

𝑛

𝑑𝛺(𝑡)

𝛺

𝑛

𝑑𝑡

(2.3)

𝑐

𝑚

(𝑡) − 𝑐

𝑒

(𝑡) = 𝑇

𝑎

𝑑Ω(t)

Ω

𝑛

𝑑𝑡

(2.4) dove 𝑇𝑎

=

𝐽𝛺𝑛

𝐶𝑛

può essere riscritto come:

𝑇

𝑎

=

𝐽𝛺

𝑛

2

𝐴

𝑛

(2.5)

e corrisponde al tempo di avviamento, in secondi, dell’insieme motore primo-alternatore riferito alla potenza apparente nominale e alla velocità nominale. Se poniamo 𝑐𝑒= 0 e trascuriamo le perdite meccaniche, 𝑇𝑎 indica il tempo che impiega l’alternatore, partendo da fermo, a raggiungere la velocità nominale se ad esso applichiamo una coppia meccanica costante e pari a quella nominale. Dato che generalmente ci si riferisce alla potenza attiva nominale 𝑃𝑛 piuttosto che a quella apparente 𝐴𝑛, è opportuno precisare che 𝑃𝑛= 𝐴𝑛cos 𝜙𝑛 , ottenendo così:

𝑇

𝑎

=

𝐽Ω

𝑛

2

𝑃

𝑛

(2.6)

Di conseguenza, poiché in genere cos 𝜙𝑛= 0.8 ÷ 0.9 , si ottiene un 𝑇𝑎 leggermente superiore al caso riferito alla potenza apparente. E’ opportuno dire che in letterature è frequente riferirsi alla “costante di inerzia” 𝐻 = 𝑇𝑎/2, anch’essa espressa in secondi. In termini di potenze, la (2.4) diventa:

𝑝

𝑚

(𝑡) − 𝑝

𝑒

(𝑡) = 𝑇

𝑎𝛺(𝑡)

𝛺𝑛

𝑑𝛺(𝑡)

(14)

10

Sapendo che il legame tra velocità angolare elettrica 𝛺 (in rad/sec) e frequenza f (in hertz) è

𝑓 =

𝛺 2𝜋 e ponendo 𝛺(𝑡) 𝛺𝑛

= 1

,

si ottiene

𝑑𝑓(𝑡)

𝑑𝑡

=

𝑓

𝑛

𝑇

𝑎

[𝑝

𝑚

(𝑡) − 𝑝

𝑒

(𝑡)]

(2.8)

L’equazione (2.8), applicata a un contesto più ampio composto da un carico elettrico e da diversi generatori, rappresenta sinteticamente il concetto di inerzia di sistema: uno squilibrio in rete di qualunque tipo (che sia la perdita di un gruppo di generazione, variazione della richiesta del carico o un guasto di altro genere) corrisponde ad avere 𝑝𝑚(𝑡) − 𝑝𝑚(𝑡) ≠ 0; di conseguenza si ha una variazione di frequenza inversamente proporzionale all’inerzia 𝐽, dato che quest’ultima figura al denominatore all’interno della costante 𝑇𝑎.

Andando a rappresentare la (2.8) su un diagramma a blocchi in termini di trasformata di Laplace (per semplicità si omette la dipendenza delle varie grandezze dalla variabile s) otteniamo

Figura 2.1

2.2 Il concetto di “inerzia sintetica”

Come già accennato, il problema principale risiede nel fatto che alcuni tipi di generazione rinnovabile non hanno un “volano energetico” che reagisca agli squilibri in rete, per cui un possibile approccio è di riprodurre l’inerzia attraverso convertitori elettronici che, prelevando energia da un accumulo, riproducano un effetto simile a quello fornito dalla generazione rotante classica. Da qui nasce il termine di “inerzia sintetica” riconducendosi al fatto che essa

viene generata tramite l’impiego dell’elettronica di potenza. Esaminiamo il sistema di

figura 2.2 aggiungendo il contributo di potenza 𝛥𝑃𝑠𝑡𝑜dovuto a delle batterie

𝑃

𝑒

𝑓

+

-

𝑓

𝑛

𝑠𝑇

𝑎

𝑃

𝑛

𝑃

𝑚

(15)

11 Figura 2.2

L’idea è di generare una potenza 𝛥𝑃𝑠𝑡𝑜 attraverso le batterie che sia legata alla variazione della frequenza rispetto al tempo secondo la relazione:

𝛥𝑃

𝑠𝑡𝑜

= −𝐾

𝑑

𝑑𝛥𝑓(𝑡)

𝑑𝑡

(2.9)

dove 𝐾𝑑 è il guadagno associato all’azione derivativa del controllo.

Senza tener conto della potenza 𝛥𝑃𝑚 prodotta dalla generazione rotante, andiamo a inserire questo tipo di controllo all’interno dello schema a blocchi (fig. 2.3):

Figura 2.3

Per semplicità di trattazione, ricaviamo l’equazione (2.9) in p.u nel dominio di Laplace

𝛥𝑝(𝑠)

𝑠𝑡𝑜

= −𝐾

𝑑𝑃𝑛 𝑓𝑛 𝑑𝛥𝑓𝑝𝑢(𝑠) 𝑑𝑡

(2.10)

𝛥𝑃

𝑠𝑡𝑜

+

𝛥𝑃

𝑒

𝛥𝑓

+

-

𝑓

𝑛

𝑠𝑇

𝑎

𝑃

𝑛

𝛥𝑃

𝑚

𝛥𝑓

𝛥𝑃

𝑠𝑡𝑜

𝑓

𝑛

𝑠𝑇

𝑎

𝑃

𝑛

+

-

𝛥𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

−𝐾

𝑑

𝑠

(16)

12 che diventa

𝛥𝑝(𝑠)

𝑠𝑡𝑜

= −𝐻

𝑑

𝑃

𝑛

𝑓

𝑛

𝑑𝛥𝑓

𝑝𝑢

(𝑠)

𝑑𝑡

(2.11)

dove

𝐻

𝑑

= 𝐾

𝑑

𝑃

𝑛

𝑓

𝑛

Il diagramma a blocchi con le grandezze in p.u. (per semplicità di scrittura la dipendenza delle grandezze da s è omessa) sarà

Figura 2.4

Nel sistema non è stata presa in considerazione la potenza di generazione dovuta ai gruppi rotanti, ma è comunque presente l’inerzia di rete legata alla costante 𝑇𝑎; se ricaviamo la funzione di trasferimento otteniamo:

𝛥𝑓

𝑝𝑢

𝛥𝑝

𝑙𝑜𝑎𝑑

=

−1

(𝑇

𝑎

+ 𝐻

𝑑

)𝑠

(2.12)

dove possiamo notare che 𝐻𝑑

si somma alla costante 𝑇

𝑎= 2𝐻, dove 𝐻 è la costante di inerzia della rete. Conseguentemente possiamo affermare che la costante di guadagno 𝐻𝑑

corrisponde

all’inerzia sintetica legata alla potenza erogata in rete tramite le batterie in relazione alla derivata di frequenza di rete e viene espressa in secondi.

𝛥𝑓

𝑝𝑢

𝛥𝑝

𝑠𝑡𝑜

1

𝑠𝑇

𝑎

+

-

𝛥𝑝

𝑙𝑜𝑎𝑑

−𝐻

𝑑

𝑠

(17)

13

2.3 La regolazione primaria

Durante il suo esercizio il sistema elettrico deve lavorare a frequenza il più costante possibile per garantire il corretto funzionamento dei dispositivi ad esso connesso, generazione compresa. La regolazione primaria della velocità è definita come “l’insieme di operazioni avente l’obiettivo di mantenere in un sistema elettrico l’equilibrio tra generazione e fabbisogno”. La frequenza è strettamente legata alla velocità di rotazione delle macchine e si mantiene costante finché sussiste un equilibrio tra la coppia meccanica e la coppia elettromotrice risultanti. Perciò questo problema può essere ricondotto alla regolazione della velocità di un generatore sincrono.

Trascurando le perdite meccaniche, facciamo riferimento allo schema in figura 2.5.

Figura 2.5 dove

𝑓

frequenza

𝑓

𝑟𝑖𝑓 frequenza di riferimento,

𝜀

𝑓

= 𝑓

𝑟𝑖𝑓

− 𝑓

errore di frequenza

𝜃

uscita del regolatore di velocità (posizione di un organo meccanico)

𝐴

apertura delle valvole di ammissione del fluido in turbina,

𝑃

𝑚 potenza meccanica

𝑃

𝑒 potenza elettrica 𝜀𝑓 𝜃 𝐴 𝑃𝑚 𝑃𝑒 f 𝑓𝑟𝑖𝑓

-+

+

Sistema di comando delle valvole Sistema di adduzione e turbina Regolatore di velocità Inerzia del gruppo

(18)

-14 L’inerzia del gruppo è descritta dall’equazione:

𝑑𝑓(𝑡)

𝑑𝑡

=

𝑓

𝑛

𝑇

𝑎

[𝑝

𝑚

(𝑡) − 𝑝

𝑒

(𝑡)]

(2.13)

trattata nel paragrafo precedente. Introduciamo inoltre il coefficiente di inerzia

𝑀 =

𝑇

𝑎

𝑃

𝑛

𝛺

𝑛

(2.14)

da non confondere con la costante di inerzia 𝐻.

Pertanto esaminiamo il comportamento del sistema alle piccole variazioni (ovvero il sistema linearizzato) rappresentato in figura 2.6.

Figura 2.6

𝛥𝑓, 𝛥𝑃𝑚e 𝛥𝑃𝑐 rappresentano rispettivamente le trasformate di Laplace delle variazioni di frequenza, di potenza meccanica e del carico (quest’ultimo è di fatto il disturbo che si presenta in rete). La variazione di frequenza si esprime come:

𝛥𝑓 =

𝑓

𝑛

𝑠𝑇

𝑎

𝑃

𝑛

[𝛥𝑃

𝑚

− 𝛥𝑃

𝑐

− 𝐺

𝑐

(𝑠)𝛥𝑓]

(2.15)

in cui 𝐺𝑐(𝑠) tiene conto della dipendenza dei carichi dalla frequenza. Le funzioni di trasferimento (di deduzione immediata) sono le seguenti:

𝐺

𝑎

(𝑠) =

𝛥𝑃

𝑚

𝛥𝐴

𝐺

𝑣

(𝑠) =

𝛥𝐴

𝛥𝜃

ΔPm Δεf

-G

f(s) Δθ ΔA ΔPc Δf 𝛥𝑓𝑟𝑖𝑓

-+

+

G

v

(s)

G

a

(s)

G

r

(s)

𝑓𝑛 𝑠𝑇𝑎𝑃𝑛

-G

c

(s)

(19)

15

𝐺

𝑟

(𝑠) =

𝛥𝜃

𝛥𝜀

𝑓

𝐺

𝑓

(𝑠) = 𝐺

𝑎

(𝑠)𝐺

𝑣

(𝑠)𝐺

𝑟

(𝑠)

𝐺𝑣(𝑠) e 𝐺𝑎(𝑠), oltre che dal punto di equilibrio, dipendono dal tipo di impianto. Per individuare le caratteristiche di 𝐺𝑟(𝑠) possiamo trascurare 𝐺𝑐(𝑠) dato che i suoi effetti sono modesti. Per ottenere un errore a regime nullo (𝛥𝑓𝑟𝑖𝑓= 0) è necessario introdurre in 𝐺𝑓(𝑠) un effetto integrale, tuttavia un integratore puro non sarebbe accettabile poiché nell’equazione caratteristica si otterrebbe una coppia di poli immaginari coniugati che darebbero uno smorzamento nullo del sistema in seguito a un disturbo. Optiamo per una 𝐺𝑓(𝑠) proporzionale-integrale:

𝐺

𝑓

(𝑠) = 𝐾

𝑓

1 + 𝑠𝑇

2

𝑠

(2.16)

la cui equazione caratteristica è:

𝑀𝜆

2

+ 𝐾

𝑓

(1 + 𝜆𝑇

2

) = 0

(2.17) che diventa

𝜆

2

+

𝐾

𝑓

𝑇

2

𝑀

+

𝐾

𝑓

𝑀

= 0

(2.18) e ha come soluzioni

{

𝜆

1

= 𝛼 + ϳ𝜔

0

𝜆

2

= 𝛼 − ϳ𝜔

0

(2.19) con

{

𝛼 = −

1

2

𝐾

𝑓

𝑇

2

𝑀

𝜔

0

= √

𝐾

𝑓

𝑀

(𝐾

𝑓

𝑇

2

)

2

2𝑀

(2.20) ovvero

𝜆

1,2

= −ℒ𝜔

𝑛

± ϳ𝜔

𝑛

√1 − ℒ

2

(2.21)

(20)

16 con

{

𝜔

𝑛

= √

𝐾

𝑓

𝑀

= 𝜔

0 ′

ℒ =

1

2

𝑇

2

𝐾

𝑓

𝑀

(2.22)

La coppia di poli si trova nella zona di grafico a parte reale negativa, lungo la circonferenza avente centro nell’origine e raggio pari a 𝜔𝑛, come in figura 2.7. Lo smorzamento è positivo e quindi la regolazione della frequenza è stabile.

Figura 2.7 (immagine tratta da [1])

Se si rinuncia ad avere l’errore di frequenza nullo, la funzione di trasferimento si può riscrivere

𝐺

𝑓

(𝑠) = 𝐾

𝑓

𝑇

1

1 + 𝑠𝑇

2

1 + 𝑠𝑇

1

(2.23)

scegliendo 𝑇1 abbastanza grande così da avere l’errore di frequenza piuttosto piccolo a regime. Questa scelta è dettata dal fatto che, nel caso in cui ci siano più gruppi a effettuare la regolazione, i flussi di potenza si ripartiscano tra le varie generazioni.

Il guadagno statico della (2.23) si ottiene facendo tendere s a zero

𝐸

𝑝

= 𝐾

𝑓

𝑇

1

= 𝐺

𝑓

(0) =

𝛥𝑃

𝑚

𝛥𝜀

𝑓

(0) = [−

𝛥𝑃

𝑚

𝛥𝑓

(0)]

𝛥𝑓 𝑟𝑖𝑓=0

(2.24)

(21)

17

e viene definito come energia regolante permanente 𝐸𝑝, con unità di misura MW/Hz. Si definisce poi lo statismo permanente

𝑏

𝑝

= [−

𝛥𝑓

𝑓

𝑛

𝛥𝑃

𝑚

𝑃

𝑛

(0)]

𝛥𝑓𝑟𝑖𝑓=0

=

𝑃

𝑛

𝑓

𝑛

𝐾

𝑓

𝑇

1

(2.25)

e l’energia regolante può essere espressa come

𝐸

𝑝

=

1

𝑏

𝑝

𝑃

𝑛

𝑓

𝑛

(2.26)

In maniera analoga si può calcolare l’energia regolante transitoria 𝐸𝑡e lo statismo transitorio 𝑏𝑡:

𝐸

𝑡

= 𝐾

𝑓

𝑇

2

= 𝐺

𝑓

(∞) =

𝛥𝑃

𝑚

𝛥𝜀

𝑓

(∞) = [−

𝛥𝑃

𝑚

𝛥𝑓

(∞)]

𝛥𝑓 𝑟𝑖𝑓=0

(2.27)

𝑏

𝑡

= [−

𝛥𝑓

𝑓

𝑛

𝛥𝑃

𝑚

𝑃

𝑛

(∞)]

𝛥𝑓𝑟𝑖𝑓=0

=

𝑃

𝑛

𝑓

𝑛

𝐾

𝑓

𝑇

2

(2.28) ottenendo

{

𝑏

𝑡

=

𝑇

1

𝑇

2

𝑏

𝑝

𝐸

𝑡

=

𝑇

2

𝑇

1

𝐸

𝑝

(2.29)

che sostituite nella (2.23)

𝐺

𝑓

(𝑠) = 𝐸

𝑝

1 + 𝑠𝑇

2

1 + 𝑠𝑇

1

= 𝐸

𝑡

+

𝐸

𝑝

+ 𝐸

𝑡

(22)

18

𝐺

𝑓

(𝑠) =

𝑃

𝑛

𝑓

𝑛

[

1

𝑏

𝑝

1 + 𝑠𝑇

2

1 + 𝑠𝑇

1

] =

𝑃

𝑛

𝑓

𝑛

[

1

𝑏

𝑡

+

1

𝑏

𝑝

1

𝑏

𝑡

1 + 𝑠𝑇

1

]

(2.31)

Infine il legame tra variazione di potenza meccanica e variazione di frequenza può essere riscritto

𝛥𝑃

𝑚

𝛥𝑓

= −𝐸

𝑝

1 + 𝑠𝑇

2

1 + 𝑠𝑇

1

(2.32) e in valori relativi

𝛥𝑃

𝑚

𝑃

𝑛

𝛥𝑓

𝑓

𝑛

= −

1

𝑏

𝑝

1 + 𝑠𝑇

2

1 + 𝑠𝑇

1

(2.33)

In condizioni di regime permanente la (2.33) può essere rappresentata come una retta a pendenza negativa (fig. 2.8)

Figura 2.8 dove

𝛼 = 𝑡𝑎𝑛

−1

(𝐸

𝑝

) (2.34)

𝑃

𝑛

α

𝑃

𝑚

[𝑀𝑊]

𝑓[𝐻𝑧]

(23)

19

Ciò significa che più elevata è l’energia regolante e più la retta tende a diventare orizzontale, in cui accade che per piccole variazioni di potenza gli impianti di generazione erogano una potenza elevata. In termini relativi, la caratteristica statica è rappresentata in (fig. 2.9), dove

β = 𝑡𝑎𝑛

−1

(𝑏

𝑝

) (2.35)

Dal punto di vista fisico lo statismo rappresenta la diminuzione, a regime, della frequenza in p.u. passando da 𝑃𝑚

𝑃𝑛

= 0

a 𝑃𝑚 𝑃𝑛

= 1

.

Figura 2.9

2.4 Considerazioni sul controllo proporzionale-derivativo

Volendo riprodurre gli effetti della regolazione primaria a regime e dell’inerzia di sistema, il tipo di controllo utilizzabile può essere di tipo proporzionale-derivato: la parte proporzionale è legata alla regolazione primaria, mentre quella derivativa all’inerzia sintetica. Lo schema di riferimento è Figura 2.10

1

β

𝑃

𝑚

𝑃

𝑛

𝑓

𝑓

𝑛 𝑢(𝑡) 𝑦(𝑡) 𝑒(𝑡) 𝑟(𝑡)

+

Regolatore PD

Sistema

G(t)

(24)

-20 L’uscita del controllo proporzionale-derivativo è

𝑢(𝑡) = 𝐾

𝑝

[𝑒(𝑡) + 𝑇

𝑑

𝑑𝑒(𝑡)

𝑑𝑡

]

(2.35)

dove 𝐾𝑝 è il guadagno del regolatore proporzionale e 𝐾𝑑 = 𝐾𝑝𝑇𝑑 è il guadagno del controllo derivativo. Considerando il controllo proporzionale, all’aumentare del guadagno 𝐾𝑝 l’uscita si discosterà sempre di meno dal valore di 𝑟(𝑡) senza però raggiungerlo a causa dell’errore a regime e allo stesso tempo il sistema si avvicina sempre di più all’instabilità.

Se, ad esempio, la funzione di sistema 𝐺(𝑠) è del secondo ordine definita come

𝐺(𝑠) =

𝜔

𝑛

2

𝑠

2

+

1

2

𝜁𝜔

𝑛

+ 𝜔

𝑛2

(2.36)

la risposta al gradino unitario è del tipo raffigurata in figura 2.11

Figura 2.11 risposta al gradino unitario del sistema ad anello chiuso per vari valori di Kp

dove per 𝐾𝑝 elevati si riduce l’offset ma aumenta la sovraelongazione.

Il controllo derivativo ha l’uscita che non dipende dall’errore presente o passato, ma dalla velocità con cui varia l’errore. Andiamo a valutare il controllo proporzionale-derivativo definito dalla funzione

𝐶(𝑠) =

𝑢(𝑠)

(25)

21

Considerando ancora una funzione di sistema del secondo ordine come la (2.36) e applicando in ingresso un gradino unitario si ottiene un andamento della risposta del tipo in figura 2.12 dalla quale si può vedere l’azione anticipatrice del blocco derivatore e la correzione delle oscillazioni, mentre l’errore a regime permane lo stesso.

Figura 2.12 risposta al gradino unitario del sistema ad anello chiuso per Td=0 e Td=1

Tuttavia il controllo 𝐶(𝑠) ha il grado del numeratore maggiore di quello del denominatore, rendendo il sistema improprio e quindi fisicamente irrealizzabile. Inoltre nel caso in cui fossero presenti ritardi di misura l’operazione di derivazione può essere critica specialmente alle alte frequenze, con rischio di instabilità del sistema. Pertanto è necessario aggiungere un polo ad alta frequenza, fuori dalla banda passante del sistema desiderato. Conseguentemente riscriviamo la (2.37) come

𝐶

𝑟

(𝑠) = 𝐾

𝑝

+ 𝐾

𝑑

𝑠

1 +

𝑓

1

𝑡

𝑠

(2.38)

dove 𝐶𝑟(𝑠) è la funzione di controllo reale e 𝑓𝑡 è la frequenza di taglio del polo aggiunto per rendere il sistema fisicamente realizzabile. Infatti se andiamo a confrontare il diagramma di bode della parte derivativa reale con quella di un derivativo puro (fig. 2.13) dove vediamo che il polo aggiunto a 10 Hz effettua un filtraggio delle alte frequenze, comportandosi così come un filtro passa-basso. Infatti se all’ingresso del controllo derivativo abbiamo dei segnali di disturbo a frequenze elevate, dovuti magari al sistema di misura, accade che in assenza di questo filtraggio i rumori in ingresso verrebbero amplificati a causa dello zero al numeratore. Perciò la scelta della frequenza di taglio deve essere fatta in maniera opportuna, poiché un valore troppo alto renderebbe la funzione di trasferimento simile a quella senza il filtraggio,

(26)

22

mentre un valore troppo basso andrebbe a influenzare la banda passante desiderata, rendendo il controllo lento e poco efficace.

Figura 2.13

derivativo puro: 𝑠 derivativo reale:

𝑠

1 +

10 𝑠

1

(27)

23

3 Il modello del sistema di accumulo

3.1 Il controllo del sistema di accumulo

Definiti i concetti di regolazione primaria e di inerzia sintetica nel capitolo precedente, elaboriamo un possibile controllo che sostituisca questi due tipi di “servizi”.

Dato che le batterie hanno una dinamica più rapida rispetto a quella di un generatore sincrono, per la regolazione primaria il controllo sarà di tipo proporzionale puro; per riprodurre l’inerzia sintetica il controllo sarà, invece, derivativo.

La dinamica del controllo proporzionale è descritta dalla seguente formula:

𝑃

𝑠𝑡𝑜

(𝑡) = 𝐾

𝑝

[𝑓

𝑟𝑖𝑓

− 𝑓

𝑚𝑖𝑠

(𝑡)]

(3.1)

La frequenza 𝑓𝑚𝑖𝑠(𝑡) corrisponde a quella misurata dal sistema di misura che verrà trattato nei prossimi paragrafi. Andiamo a valutare la (3.1) alle piccole variazioni, nel dominio di Laplace (per semplicità la dipendenza da s viene omessa):

𝛥𝑃

𝑠𝑡𝑜

= −𝐾

𝑝

𝛥𝑓

𝑚𝑖𝑠

(3.2) dove l’unità di misura di 𝐾𝑝 è [𝑀𝑊]

[𝐻𝑧].

Se nell’equazione (2.23) riferita alla regolazione primaria del generatore sincrono andiamo a eliminare le costanti 𝑇1 e 𝑇2 otteniamo che:

𝛥𝑃

𝑚

𝛥𝑓

= −𝐸

𝑝

(3.3)

Per cui si nota una certa analogia tra l’energia regolante 𝐸𝑝 e la costante 𝐾𝑝 che a questo punto può essere considerata come l’energia regolante delle batterie, tenendo però conto che in quest’ultimo caso non ha più senso distinguere l’energia regolante permanente da quella transitoria poiché il controllo agisce senza alcuna costante temporale (dato che non ci sono più 𝑇1 e 𝑇2).

In figura 3.1 è rappresentata la sua caratteristica di funzionamento che di fatto è una retta a pendenza negativa simile a quella riferita all’energia regolante permanente.

(28)

24 Figura 3.1

Va però precisato che in questo caso la caratteristica del controllo proporzionale vale anche in regime dinamico, dato che 𝐸𝑝ed 𝐸𝑡 coincidono.

Altra differenza sta nel fatto che per 𝑓𝑚𝑖𝑠 < 𝑓𝑟𝑖𝑓 le batterie erogano potenza, viceversa per 𝑓𝑚𝑖𝑠 > 𝑓𝑟𝑖𝑓 assorbono potenza, per cui la retta prosegue nella parte di grafico con ascissa negativa. L’angolo 𝜃 compreso tra l’asse delle ordinate e la retta del controllo proporzionale è definito:

𝜃 = 𝑡𝑎𝑛

−1

(𝐾

𝑝

)

(3.4) Conseguentemente maggiore è la costante di proporzionalità e più 𝜃 tende a 90° e conseguentemente per piccole variazioni della frequenza si hanno elevati valori di potenza messi in gioco dallo storage.

Riguardo alla parte derivativa, il controllo segue la seguente equazione:

𝛥𝑃

𝑠𝑡𝑜

= −𝐾

𝑑

𝑑𝑓

𝑑𝑡

(3.5)

dove l’unità di misura di 𝐾𝑑 è [𝑀𝑊][𝑠] [𝐻𝑧] .

Come si può ben vedere, l’equazione del controllo derivativo è analoga alla (2.9) e riprende il concetto di inerzia sintetica: alla derivata sul tempo della frequenza corrisponde l’erogazione (o l’assorbimento) di una certa potenza al fine di riportare il valore, sempre della frequenza, a un regime costante. A questo punto 𝐾𝑑 corrisponde a quel valore di inerzia sintetica enunciato al capitolo 1.

𝑓

𝑟𝑖𝑓

θ

𝑃

𝑠𝑡𝑜

[𝑀𝑊]

𝑓[Hz]

(29)

25

In sintesi i due controlli agiscono in maniera parallela ma con modalità diverse:

• il controllo proporzionale legge uno scostamento di frequenza 𝛥𝑓 = 𝑓𝑟𝑖𝑓− 𝑓𝑚𝑖𝑠 e porta il sistema a lavorare su un nuovo punto di funzionamento, continuando ad erogare potenza anche a regime;

• il controllo derivativo legge una derivata di frequenza df/dt ed eroga potenza fino a quando tale derivata non si annulla, per cui a regime il suo contributo è nullo.

Figura 3.2

In questo modello di simulazione entrambi i controlli fanno parte di una regolazione primaria, per cui alla fine del transitorio la frequenza avrà un nuovo valore di regime 𝑓 ≠ 𝑓𝑛; di conseguenza per poter ripristinare la frequenza di rete nominale è necessario che intervenga la regolazione secondaria, che non sarà trattata in questa tesi.

E’ opportuno introdurre un polo al controllo derivativo con lo scopo di filtrare le frequenze troppo alte che potrebbero creare dei disturbi, per cui lo schema di figura 3.2 diventa

Figura 3.3

Il sistema di accumulo e il relativo controllo dovrà essere inserito all’interno di un modello che rappresenti il sistema elettrico con la relativa inerzia e un eventuale blocco contenente la

𝑃

𝑠𝑡𝑜 𝑓𝑚𝑖𝑠 𝑓𝑟𝑖𝑓

-+

+

+

K

p

K

d

s

𝑃

𝑠𝑡𝑜 𝑓𝑚𝑖𝑠 𝑓𝑟𝑖𝑓

-+

+

+

𝐾

𝑝

𝐾

𝑑

𝑠

𝑠 + 10

(30)

26

funzione di regolazione primaria effettuata dai gruppi rotanti. Tale modello è rappresentato nel diagramma a blocchi, nel dominio di Laplace, in figura 3.4

Figura 3.4

Le grandezze nel diagramma sono in p.u. con grandezza di base quella del carico 𝑃𝑙𝑜𝑎𝑑 e rappresentate con la lettera minuscola per quanto riguarda le potenze; le frequenze sono espresse in p.u. con grandezza di base 𝑓𝑟𝑖𝑓. Per convenzione le potenze generate sono considerate positive.

Le grandezze riguardante i controlli sono così definite

𝑘

𝑝

=

𝐾

𝑝

𝑘

𝑏𝑎𝑡

𝑓

𝑟𝑖𝑓

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

(3.6)

𝑘

𝑑

=

𝐾

𝑑

𝑘

𝑏𝑎𝑡

𝑓

𝑟𝑖𝑓

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

(3.7)

𝑘

𝑏𝑎𝑡

=

𝑃

𝑏𝑎𝑡

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

(3.8)

𝑘

𝑏𝑎𝑡 corrisponde alla taglia della batteria in grandezza relativa alla potenza del carico.

Il blocco 𝐾𝑟1+𝑠𝑇2

1+𝑠𝑇1 corrisponde alla regolazione primaria effettuata dalla generazione rotante già spiegata al capitolo 2. Il blocco integratore contenente l’inerzia di sistema 1/𝑇𝑎restituisce in uscita la frequenza. Il blocco PLL (che sarà trattato più dettagliatamente nel prossimo paragrafo) è un sistema di misura che, leggendo l’errore di frequenza, invia il valore misurato di quest’ultima al controllo proporzionale-derivativo delle batterie. Infine il segnale in uscita alle batterie viene moltiplicato per la loro taglia 𝑘𝑏𝑎𝑡 e la potenza generata inviata al nodo sommatore.

+

+

-+

+

𝑝

𝑚

-

𝑝

𝑠𝑡𝑜

+

𝑓𝑚𝑖𝑠,𝑝𝑢 𝑓𝑟𝑖𝑓,𝑝𝑢 𝑘𝑏𝑎𝑡

PLL

𝑘𝑑 𝑠 𝑠 + 10 𝑘𝑝 𝑓𝑝𝑢

𝐾

𝑟

1 + 𝑠𝑇

2

1 + 𝑠𝑇

1

-

+

1

𝑠𝑇

𝑎

𝑝

𝑙𝑜𝑎𝑑 𝑓𝑟𝑖𝑓,𝑝𝑢

(31)

27

Va sottolineato il fatto che si possono ottenere gli stessi effetti di regolazione con differenti combinazioni di 𝑘𝑝 e 𝑘𝑏𝑎𝑡, ovvero si ottiene la stessa energia regolante dello storage

𝑒

𝑏𝑎𝑡

= 𝑘

𝑝

𝑘

𝑏𝑎𝑡

(3.9)

𝐸

𝑏𝑎𝑡

= 𝑒

𝑏𝑎𝑡

𝑃

𝑛

𝑓

𝑛

(3.10)

A titolo di esempio, le combinazioni caso A {

𝑘

𝑝

= 50

𝑘

𝑏𝑎𝑡

= 0.1

caso B {

𝑘

𝑝

= 100

𝑘

𝑏𝑎𝑡

= 0.05

restituiscono la stessa energia regolante 𝑒𝑠𝑡𝑜= 5, che in termini dimensionali, fissate le grandezze di base 𝑃𝑛= 50 𝐺𝑊 e 𝑓𝑛= 50 𝐻𝑧, è 𝐸𝑠𝑡𝑜 = 5 𝐺𝑊/𝐻𝑧: ciò significa che per ogni hertz di variazione della frequenza le batterie erogano 5 GW di potenza. Quindi in entrambi i casi a parità di squilibrio di carico viene erogata la stessa potenza, però il caso B, essendo costituito da una batteria di potenza inferiore, sarà più sovraccaricato rispetto al caso A. In sintesi, una volta definita l’energia regolante definiamo quanta potenza viene messa a disposizione dall’accumulo i base alla variazione della frequenza; la scelta della taglia e della tipologia di batterie è dettata non solo dall’energia regolante, ma da molti altri aspetti come le performance che devono soddisfare, l’invecchiamento e il fattore economico. Ragionamento analogo può essere fatto per il controllo derivativo.

3.2 Il PLL

Per pilotare un impianto di accumulo è necessario misurare la frequenza di rete nel punto in cui esso è connesso, così da conoscere 𝛥𝑓 e 𝑑𝑓/𝑑𝑡 indispensabili per poter eseguire i controlli proporzionale e derivativo. In generale questo tipo di misurazione viene effettuata utilizzando un circuito elettronico denominato PLL (Phase-Locked Loop), detto anche “anello ad aggancio di fase”.

Sono presenti in letteratura molte tipologie di PLL, ma in generale sono strutturati secondo lo schema di figura 3.5. Un comparatore di fase paragona il segnale di ingresso con quello di uscita prodotto da un oscillatore controllato di tensione VCO (Voltage Controlled Oscillator) e il segnale di errore entra nel filtro passa basso, eliminando le armoniche di disturbo. Il VCO genera un segnale di uscita proporzionale al segnale filtrato al suo ingresso. La retroazione dell’uscita sull’ingresso fa sì che a regime 𝑓𝑜𝑢𝑡= 𝑓𝑖𝑛 così da avere la sincronizzazione delle frequenze.

(32)

28

Figura 3.5 schema generale di un PLL

Tutto il processo ha inevitabilmente un ritardo nell’effettuare la misurazione e la sincronizzazione della frequenza, per cui è stato costruito un blocco che ne simulasse il suo comportamento.

Non volendo e non potendo simulare un sistema trifase, ma lavorando su un sistema sbarra è necessario valutare quale sia l'effetto che ha l'introduzione di un sistema di misura della frequenza nell'anello di controllo. In particolare quando il sistema di controllo deve agire rapidamente sfruttando anche la derivata del segnale misurato. Pertanto è stato necessario caratterizzare la risposta di un PLL e, per questo, è stato utilizzato Simulink.

Nella libreria di Simulink è presente il blocco PLL (3ph) che, simulando la logica del PLL, determina la fase e la componente fondamentale di un segnale trifase; di tale PLL è stata studiata la risposta a un disturbo a gradino e ricostruita la sua dinamica da inserire poi nella simulazione principale del sistema elettrico.

Figura 3.6 schema Simulink utilizzato per ricavare la risposta al gradino del PLL (3ph)

In figura 3.6 è rappresentato lo schema su Simulink utilizzato per caratterizzare il PLL. E’ presente il blocco “Three_Phase Progammable Generator” con il quale viene creato un segnale

𝑣

0

(𝜃

0

, 𝑓

0

)

+

-𝑣

𝑖

(𝜃

𝑖

, 𝑓

𝑖

)

comparatore

di fase

filtro

(33)

29

trifase simmetrico che viene fatto variare a gradino e poi inviato al PLL. Le caratteristiche del segnale sono le seguenti:

• ampiezza = 1 V • frequenza = 50 Hz

• gradino di frequenza di 0.1 Hz a t = 0.5 s.

L’uscita “abc” del generatore è il segnale trifase, mentre l’uscita “m” è un vettore contenente una serie di grandezze, riferite sempre al segnale generato, di cui è stata selezionata la frequenza della fondamentale abc definita come <Freq(Hz)>. Il blocco del PLL riceve il segnale trifase e in uscita restituisce i valori misurati della frequenza “Freq” e dell’angolo della fondamentale della sequenza “wt”.

Per visualizzare meglio la variazione a gradino e la misura della frequenza “Freq”, a entrambi i segnali è stato sottratto il valore nominale 𝑓𝑛= 50 𝐻𝑧 e messi a confronto sul diagramma (fig. 3.7): la risposta del PLL è riconducibile a quella di un sistema del secondo ordine, con un picco di 0.129 Hz dopo 0.0329 secondi dal momento in cui si è verificato il gradino.

Da questi dati è possibile ricostruire un sistema del secondo ordine che replichi, in maniera approssimata, la misurazione del PLL che verrà spiegata di seguito. Un sistema del II ordine ha la seguente equazione:

𝐺(𝑠) =

𝜔

𝑛 2

𝑠

2

+ 2𝛿𝜔

𝑛

𝑠 + 𝜔

𝑛2

(3.6) la cui risposta a gradino è:

𝑦(𝑡) = 𝐿

−1

[𝐺(𝑠)𝑈(𝑠)] = 𝐿

−1

[

𝜔

𝑛 2

𝑠

2

+ 2𝛿𝜔

𝑛

𝑠 + 𝜔

𝑛2

1

𝑠

]

(3.7) Definiamo con:

𝑆 la massima sovraelongazione, o più precisamente la differenza (in termini percentuali) tra il

valore massimo assunto dall’uscita e quello a regime;

(34)

30

Figura 3.7 gradino di frequenza e uscita del PLL a confronto Ponendo

𝑑𝑦(𝑡)

𝑑𝑡

= 0

(3.8)

è possibile trovare gli istanti dei massimi e dei minimi della funzione di uscita:

𝑡 =

𝑘𝜋

𝜔

𝑛

√1 − 𝛿

2

, 𝑘 ∊ 𝑁

(3.9)

Sostituendo la (3.9) in y(t) si ottiene, dopo vari passaggi, la seguente relazione tra 𝑆 e 𝛿:

𝑆 = 100 (

𝑦

𝑚𝑎𝑥

− 𝑦

𝑟𝑒𝑔

𝑦

𝑟𝑒𝑔

) = 100𝑒

−𝜋𝛿

√1−𝛿2

(3.10) Elaborando la (3.10) è possibile esplicitare 𝛿:

𝛿 = √

𝑙𝑛

2

(

𝑆

100)

𝜋

2

+ 𝑙𝑛

2

(

𝑆

100)

(3.11)

Se nella (3.9) poniamo k=1 otteniamo che 𝑡 = 𝑇𝑚 poiché la massima sovraelongazione corrisponde al primo punto di massimo che si presenta nella risposta, mentre per 𝑘 > 1 si ottengono i successivi picchi.

(35)

31

Così elaborando la (3.9) e ponendo 𝑘 = 1 ricaviamo che:

𝜔

𝑛

=

𝜋

𝑇

𝑚

√1 − 𝛿

2

(3.12)

A questo punto noti 𝑆 e 𝑇𝑚 è possibile ricavare 𝛿 dalla (3.11) grazie alla quale, a sua volta, è possibile ricavare 𝜔𝑛 dalla (3.12).

Nel nostro caso i valori ottenuti dalla simulazione sono:

𝑦

𝑚𝑎𝑥

= 0.129 𝐻𝑧

𝑦

𝑚𝑖𝑛

= 0.1 𝐻𝑧

𝑆 =

0.129 − 0.1

0.1

= 0.29 = 29%

𝜔

𝑛

= 102.64 𝑟𝑎𝑑/𝑠

𝛿 = 0.367

che sostituiti nella (3.6) restituiscono la funzione del PLL approssimata

𝐺(𝑠) =

10534

𝑠

2

+ 75.25𝑠 + 10534

(3.13)

i cui poli sono −37.63 ± 95.49𝑖.

Figura 3.8 confronto delle risposte al gradino di frequenza del il PLL(3ph) e del PLL ottenuto

(36)

32

Infine la risposta al gradino di frequenza della (3.13) è stata messa a confronto con quella del PLL(3ph) (fig. 3.8): possiamo concludere che la funzione del secondo ordine ottenuta per via analitica riproduce abbastanza fedelmente il comportamento del PLL(3ph).

(37)

33

4 Studio di stabilità

A questo punto è importante valutare la stabilità del modello esposto nel capitolo precedente secondo i metodi della teoria dei sistemi, in modo tale da capire se sono presenti delle criticità e quanto margine abbiamo sulla scelta delle varie costanti di controllo che entrano in gioco. Prima di affrontare lo studio del diagramma a blocchi, è opportuno introdurre il possibile scenario di generazione che ci servirà per definire l’inerzia di sistema del modello.

4.1 Lo scenario di produzione

Innanzitutto quando consideriamo la produzione rinnovabile, va tenuto conto che parte di essa fornisce un contributo in termini di inerzia al sistema poiché mettono in gioco la proprio massa rotante: è il caso dell’idroelettrico, delle biomasse e del geotermico. Le fonti energetiche che non forniscono contributo di inerzia al sistema sono sostanzialmente il fotovoltaico e l’eolico: quest’ultimo, per quanto abbia una massa rotante, generalmente monta macchine elettriche interfacciate con la rete attraverso un’elettronica di potenza che non permette di poter sfruttare il loro contributo inerziale rotante; tuttavia in letteratura ci sono studi riguardo la possibilità di mantenere un margine di riserva di potenza per le turbine eoliche, da erogare come regolazione primaria attraverso opportune strategie di controllo, però sono sempre in fase sperimentale. Per cui considereremo esclusivamente eolico e fotovoltaico come le uniche fonti con coefficiente di inerzia nullo.

E’ stato ipotizzato uno scenario in cui eolico e fotovoltaico coprano il 50% del carico, mentre la restante parte viene coperta dalla generazione rotante (fig. 4.1).

(38)

34 Figura 4.1

I tempi di avviamento 𝑇𝑎 delle varie tipologie di generazione sono stati così scelti: • Idroelettrico

𝑇

𝑎,𝑖

= 5 𝑠

• turbina a vapore

𝑇

𝑎,𝑣

= 10 𝑠

(4.1)

• ciclo combinato

𝑇

𝑎,𝑡𝑔

= 15 𝑠

Sono stati poi tenuti conto dei possibili punti di lavoro (espressi in percentuale rispetto alla potenza nominale di ciascun tipo di generazione) al quale sta lavorando la generazione rotante:

• idroelettrico

𝑃

0,𝑖

= 70%𝑃

𝑛,𝑖

• ciclo combinato

𝑃

0,𝑡𝑔

= 80%𝑃

𝑛,𝑡𝑔 (4.2)

• turbina a vapore

𝑃

0,𝑣

= 70%𝑃

𝑛,𝑣

dove 𝑃0 corrisponde alla potenza erogata inizialmente da quel tipo di generazione e 𝑃𝑛 corrisponde alla potenza nominale, sempre dello stesso gruppo di generazione.

Il tempo di avviamento equivalente di tutta la rete lo calcoliamo facendo una sorta di media pesata sul carico 𝑃𝑙𝑜𝑎𝑑 delle potenze nominali, dato che l’inerzia messa in gioco da ogni generatore è proporzionale alla potenza di macchina (non alla potenza a cui sta lavorando):

50%

30%

10%

10%

(39)

35

𝑇

𝑎,𝑒𝑞

=

𝑇

𝑎,𝑖

𝑃

𝑛,𝑖

+ 𝑇

𝑎,𝑡𝑔

𝑃

𝑛,𝑡𝑔

+ 𝑇

𝑎,𝑣

𝑃

𝑛,𝑣

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

(4.3)

In termini relativi, utilizzando la potenza del carico 𝑃𝑙𝑜𝑎𝑑 come grandezza di base e indicando con la lettera minuscola i termini in p.u., scriviamo

𝑝

0,𝑖

=

𝑃

0,𝑖

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

= 10%

𝑝

0,𝑡𝑔

=

𝑃

0,𝑡𝑔

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

= 30% (4.4)

𝑝

0,𝑣

=

𝑃

0,𝑣

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

= 10%

e le potenze nominali le possiamo riscrivere

𝑃

𝑛,𝑖

=

𝑃

0,𝑖

70%

=

𝑝

0,𝑖

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

70%

𝑃

𝑛,𝑡𝑔

=

𝑃

0,𝑡𝑔

80%

=

𝑝

0,𝑡𝑔

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

80%

(4.5)

𝑃

𝑛,𝑣

=

𝑃

0,𝑣

80%

=

𝑝

0,𝑣

𝑃

𝑙𝑜𝑎𝑑

80%

Andando a sostituire le potenze nominali nella (4.3)

𝑇

𝑎,𝑒𝑞

= 𝑇

𝑎,𝑖

𝑝

0,𝑖

70%

+ 𝑇

𝑎,𝑡𝑔

𝑝

0,𝑡𝑔

80%

+ 𝑇

𝑎,𝑣

𝑝

0,𝑣

80%

(4.6)

dove, per ciascun tipo di generazione, 𝑝0 è la percentuale di carico coperta, 𝑇𝑎 è il tempo di avviamento e la percentuale al denominatore è il punto di lavoro.

(40)

36

4.2 Lo schema a blocchi

Riprendiamo il diagramma a blocchi sviluppato al capitolo 3 e studiamolo , alle piccole variazioni, nel dominio di Laplace.

Figura 4.2 I valori del regolatore primario sono

𝑇

1

= 10𝑠

𝑇

2

= 3𝑠 (4.7)

𝐾

𝑟

= 20

I valori di 𝑇1, 𝑇2 e 𝐾𝑟 sono quelli tipici che si possono trovare in letteratura. Per quanto riguarda 𝑇𝑎, è stata ricavata utilizzando la (4.6). Il blocco PLL contiene la funzione descritta al paragrafo 3.3 che simula la risposta del sistema di misura. I blocchi della regolazione primaria rotante e dell’inerzia di sistema sono stati rinominati rispettivamente 𝐻(𝑠) e 𝑇𝑗(𝑠). Lo scopo della prova è valutare, al variare delle costanti 𝑘𝑝e 𝑘𝑑, se il sistema è stabile e allo stesso tempo capire quanto è possibile modificare il valore dell’accumulo 𝑘𝑏𝑎𝑡 prima di andare incontro a fenomeni

di instabilità.

La variazione di frequenza è espressa

𝛥𝑓

𝑝𝑢

=

1

𝑠𝑇

𝑎

[𝛥

𝑝

𝑚

+

𝛥

𝑝

𝑠𝑡𝑜

𝛥

𝑝

𝑙𝑜𝑎𝑑

]

(4.8)

-

𝑇𝑗 H

+

+

𝛥𝑝𝑠𝑡𝑜 𝛥𝑝𝑚

-+

𝛥𝑓𝑚𝑖𝑠,𝑝𝑢

+

+

𝛥𝑓𝑟𝑖𝑓,𝑝𝑢 𝑘𝑏𝑎𝑡

PL

L

𝑘𝑑 𝑠 𝑠 + 10 𝑘𝑝 𝛥𝑓𝑝𝑢

𝐾

𝑟

1 + 𝑠𝑇

2

1 + 𝑠𝑇

1

-

+

1

𝑠𝑇

𝑎 𝛥𝑝𝑙𝑜𝑎𝑑 𝛥𝑓𝑟𝑖𝑓,𝑝𝑢

(41)

37

Per rendere più intuitivo il diagramma a blocchi, effettuiamo alcuni accorpamenti

Figura 4.3 dove

𝐺

1

(𝑠) =

𝑇

𝑗

(𝑠)

1 + 𝑇

𝑗

(𝑠)𝐻(𝑠)

(4.9)

Per comodità gli ingressi 𝛥𝑝𝑙𝑜𝑎𝑑 e 𝛥𝑝𝑠𝑡𝑜 sono stati invertiti di segno ed è stato aggiunto il segno negativo a 𝐺1(𝑠), così da ottenere un sistema equivalente con la retroazione negativa del ramo contenente 𝑘𝑏𝑎𝑡.

A questo punto possiamo valutare la stabilità del sistema con l’uscita retroazionata negativamente sull’ingresso, il che equivale a valutare la stabilità al variare della taglia delle batterie 𝑘𝑏𝑎𝑡. Definita

𝐺

2

(𝑠) = 𝐺

1

(𝑠)𝑃𝐿𝐿(𝑠) [𝑘

𝑝

+ 𝑘

𝑑

1

𝑠 + 10

]

(4.10)

La funzione di trasferimento da studiare è la seguente (la dipendenza dalla variabile s è omessa)

𝛥𝑝

𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜𝑙

𝛥𝑝

𝑙𝑜𝑎𝑑

=

𝐺

2

1 + 𝑘

𝑏𝑎𝑡

𝐺

2

(4.11)

Per effettuare lo sviluppo dei diagrammi di bode e del luogo delle radici è stato utilizzato un software matematico e ciò verrà trattato nel paragrafo successivo.

𝛥𝑝𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜𝑙

+

+

𝛥𝑝𝑠𝑡𝑜 𝛥𝑓𝑚𝑖𝑠,𝑝𝑢 𝑘𝑏𝑎𝑡

PLL

𝑘𝑑 𝑠 𝑠 + 10 𝑘𝑝 𝛥𝑓𝑝𝑢

−𝐺

1

+

𝛥𝑝𝑙𝑜𝑎𝑑

-

-1

(42)

38

4.3 Controllo proporzionale

In prima battuta è stata fatta una simulazione con un controllo sulle batterie puramente proporzionale, variando il valore di 𝑘𝑝 e valutando i diagrammi di Bode e il luogo delle radici. Dal diagramma di Bode si può vedere che per 𝑘𝑝= 50 abbiamo un buon margine di guadagno e di fase pari rispettivamente a 19.7 dB e 93.6 deg.

Nel luogo delle radici notiamo subito i due poli complessi coniugati introdotti dal PLL posti in 37.6 ± 95.5𝑖, dai quali la curva parte per poi migrare nella zona a parte reale positiva. Nel punto in cui il luogo delle radici interseca l’asse delle ordinate si ha che il valore del guadagno sulla retroazione dell’anello, che di fatto corrisponde alla potenza dello storage, è pari a 9.62, il che significa una potenza delle batterie 9.62 volte quella del carico nominale di rete. In figura 4.4 è rappresentato in dettaglio il luogo delle radici in prossimità dell’origine, con i poli complessi coniugati introdotti dal blocco dell’inerzia 𝑇𝑗 retroazionato sul blocco 𝐻 e da ciò vediamo che non ci sono altri punti di migrazione nella zona a parte reale positiva.

(43)

39 Figu ra 4 .4 d ia gra m m a di bo de per k p =50

(44)

40

Figura 4.5 luogo delle radici per kp=50

Figura 4.6 ingrandimento nei pressi dell’origine del luogo delle radici per kp=50

Impostando 𝑘𝑝= 400 il sistema permane stabile, ma con margini di guadagno e di fase più ristretti, mentre il 𝑘𝑐𝑟 = 1.2. Questo risultato potrebbe far pensare che per valori di 𝑘𝑝 di poco superiori a 400 il sistema che andremo a simulare su Simulink sarà instabile; in realtà va

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