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Validazione della tecnica di deglutizioni multiple ripetute durante manometria esofagea ad alta risoluzione per lo studio della riserva funzionale dell'esofago: studio prospettico.

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1   INTRODUZIONE   2  

2   ANATOMIA  NORMALE  DELL’ESOFAGO   3  

2.1   DEFINIZIONE   3  

2.2   FORMA,  POSIZIONE  E  RAPPORTI   3  

2.3   VASCOLARIZZAZIONE   6  

2.4   INNERVAZIONE   6  

2.5   ANATOMIA  MICROSCOPICA   8  

3   FISIOLOGIA  DELLA  FASE  ESOFAGEA  DELLA  DEGLUTIZIONE   10  

3.1   MECCANISMO  DI  TRASPORTO  DEL  BOLO  ATTRAVERSO  L’ESOFAGO   10  

3.2   NEUROFISIOLOGIA  DEL  UES   12  

3.3   NEUROFISIOLOGIA  DEL  CORPO  ESOFAGEO   13  

3.4   NEUROFISIOLOGIA  DELL’EGJ   18  

4   STUDIO  DELLA  FUNZIONE  CONTRATTILE  ESOFAGEA   24  

4.1   MANOMETRIA  STANDARD   25  

4.2   MANOMETRIA  AD  ALTA  RISOLUZIONE  (HRM)   32  

5   CLASSIFICAZIONE  DEI  DISTURBI  MOTORI  ESOFAGEI   44  

5.1   CLASSIFICAZIONE  DI  SPECHLER  E  CASTELL   45  

5.2   CLASSIFICAZIONE  DI  CHICAGO  (CC)  V3.0   48   6   PATOLOGIA  DA  REFLUSSO  GASTRO-­‐ESOFAGEO:  CENNI  DI  CLINICA  E  DIAGNOSI   55   6.1   DEFINIZIONE   55   6.2   EPIDEMIOLOGIA   55   6.3   FISIOPATOLOGIA   55   6.4   CLINICA   57   6.5   DIAGNOSI   59   7   STUDIO  CLINICO   61  

7.1   SCOPO  DELLO  STUDIO   61  

7.2   MATERIALI  E  METODI   62  

7.3   RISULTATI   65  

7.4   DISCUSSIONE   68  

8   BIBLIOGRAFIA   71  

 

(2)

1 Introduzione

Le patologie esofagee trovano ad oggi non solo una collocazione nell’ambito della gastroenterologia, ma un’attenzione specifica e specialistica che permette una sempre più accurata diagnosi e terapia.

La ricerca e la clinica si avvalgono, per lo studio della fisiopatologia esofagea, di strumentazioni diagnostiche quali l’endoscopia, la manometria e la pH-impedenziometria.

La manometria esofagea ad alta risoluzione (HRM) ed è indubbiamente lo strumento più raffinato per la diagnosi delle patologie della motilità esofagea.

I protocolli di esecuzione degli esami manometrici sono stati standardizzati e validati a livello internazionale, tuttavia si è notato che in alcuni casi, situazioni clinicamente patologiche corrispondevano a esami privi di alterazioni.

Sempre più studi hanno quindi supportato la generazione di test provocativi che analizzassero ancora più profondamente la fisiopatologia esofagea. Alcuni dei test che sono stati proposti sono:

• Multiple rapid swallow (MRS). • Viscous swallow.

• Multi water swallow (MWS). • Solid bolus swallow.

• Test meal1.

Fra questi il MRS è un test che indaga l’integrità neurale e dei processi motori nella muscolatura liscia esofagea2.

Questo test, come gli altri sopraelencati, non sono ancora stati inseriti in maniera standardizzata nei protocolli internazionali, ma si può a buona ragione affermare che presto troveranno un posto di rilievo nella diagnostica della fisiopatologia motoria esofagea.

(3)

2 Anatomia normale dell’esofago

 

2.1 Definizione

L’esofago è un tratto dell’apparato gastro intestinale, a decorso quasi verticale, che congiunge la faringe con lo stomaco3.

2.2 Forma, posizione e rapporti

L’esofago è un organo tubulare, impari e mediano, della lunghezza di 25-26 cm che si estende dal margine inferiore della faringe, a livello della 6a vertebra cervicale, fino al margine superiore dello stomaco, a livello della 10a vertebra toracica.

A causa della sua estensione questo organo si trova ad attraversare più regioni in base alle quali viene suddiviso in tratti, in senso cranio caudale:

• Tratto cervicale: 4-5 cm, dalla cartilagine cricoidea al margine superiore di T2.

• Tratto toracico o mediastinico : 16 cm, dal margine superiore di T2 allo iato diaframmatico.

• Tratto diaframmatico: 1-2 cm nello spessore del muscolo diaframma. • Tratto addominale: 3 cm, dallo iato diaframmatico al cardias.

Da sottolineare il fatto che questo fa dell’esofago l’unico organo sia cervicale che toracico che addominale.

La porzione cervicale dell’esofago è caratterizzata dalla presenza, a livello del suo margine rostrale, dello sfintere esofageo superiore (UES), il quale è costituito essenzialmente dal muscolo cricofaringeo e tireofaringeo. Sempre a questo livello la cartilagine cricoidea determina la formazione del restringimento cricoideo dell’esofago.

La porzione toracica dell’organo è un tratto tubulare caratterizzato da due piccoli restringimenti, aortico e bronchiale, dovuti all’incrocio con gli omonimi organi.

(4)

La porzione diaframmatica è caratterizzata dal passaggio attraverso l’orificio esofageo del diaframma. A questo livello si ha una formazione muscolo-aponeurotica che determina l’ancoraggio dell’esofago al diaframma. La componente connettivale (membrana di Laimar-Bertelli) o ligamento freno esofageo è costituita da fasci connettivali derivanti dalla fascia diaframmatica inferiore che distaccandosi dai bordi dell’orificio diaframmatico si porta ad abbracciare l’esofago sdoppiandosi in due componenti, una direzionata verso l’alto e l’altra direzionata verso il basso. La componente muscolare o muscolo freno esofageo è costituita da fascetti che rinforzano sia la porzione superiore (fibre di Juvara) che la porzione inferiore (fibre di Rouget) del ligamento. Nell’ambito di questo ligamento, al di sotto del diaframma si ritrova anche un piccolo accumulo di tessuto adiposo detto cuscinetto sottoiatale. Il rapporto di contatto dell’esofago con il diaframma non è stretto in quanto deve essere permessa una certa dilatazione dell’organo digestivo al passaggio del bolo alimentare.

La porzione addominale è caratterizzata dalla presenza dello sfintere esofageo

inferiore (LES) che delimita il confine distale dell’esofago. Questa struttura è

costituita dall’ispessimento delle fibre muscolari intrinseche dell’esofago, sia circolari che longitudinali. Queste fibre, nella porzione di confine fra esofago e stomaco, si suddividono in due componenti: una ad orientamento orizzontale che abbraccia la porzione apicale della piccola curvatura gastrica (clasp fibers) e una ad orientamento verticale che abbraccia l’incisura di His (sling fibers). Queste fibre, incrociandosi, formano cravatta svizzera o collare di Helvetius.

Alcuni autori preferiscono considerare le clasp e le sling fibers come sfintere

gastrico superiore (UGS)4.

Da un punto di vista funzionale è sicuramente più corretto parlare di giunzione esofago-gastrica (EGJ), definendola come quella porzione di transizione fra esofago e stomaco caratterizzata da una pressione basale aumentata rispetto a quella dell’EB e dello stomaco.

Tale zona si costituisce di più strutture che cooperano al meccanismo sfinteriale: • Fibre circolari distali della muscolatura esofagea

• Clasp e sling fibers

(5)

Il decorso dell’esofago è quasi verticale descrivendo tre leggere curvature, delle quali una sul piano sagittale (estesa per tutto il tratto cervicale e toracico, a concavità anteriore) e due sul piano frontale (a convessità sinistra la più craniale, estesa fino al livello dell’incrocio con l’arco aortico e a convessità destra la più caudale, estesa dall’incrocio con l’arco aortico fino all’orificio diaframmatico esofageo).

L’esofago decorre verso il basso tenendosi in rapporto posteriormente fino a T4 con la colonna vertebrale (con l’interposizione dello spazio retro-esofageo) per poi distaccarsene acquisendo il rapporto posteriore con il tratto toracico dell’aorta, le vene azigos ed emiazigos ed il dotto toracico.

La porzione anteriore dell’esofago contrae rapporto, dall’alto verso il basso, prima con la porzione membranosa della trachea, poi con il bronco sinistro nella sua parte più mediale, quindi con i linfonodi della biforcazione tracheale e con la faccia posteriore del pericardio, infine, dopo aver attraversato l’orificio diaframmatico, con il lobo sinistro del fegato.

Nella sua porzione cervicale, è da ricordare che l’esofago, in una porzione libera dal rapporto con la trachea, contrae anche rapporto all’avanti con il lobo sinistro della tiroide, i muscoli sternotiroideo e sternoioideo e ed il nervo ricorrente sinistro.

Il rapporto con la trachea e il bronco di sinistra è caratterizzato dalla presenza di fasci connettivali densi ed esili fasci muscolari lisci che costituiscono il muscolo tracheo-esofageo e il muscolo bronco-tracheo-esofageo.

Alla destra dell’esofago si ritrova, nella porzione cervicale, il nervo ricorrente di destra, il lobo destro della tiroide, le arterie tiroidee di destra e la carotide comune di destra. Nella porzione toracica prende invece rapporto con la vena azigos e la pleura, che forma un cul-de-sac, denominato seno interazigosesofageo. Nella porzione addominale il rapporto destro è con il lobo caudato del fegato.

Alla sinistra dell’esofago nella porzione cervicale si ritrova il lobo sinistro della tiroide, le arterie tiroidee di sinistra e il tronco carotideo comune di sinistra. Nella porzione toracica prende invece rapporto con l’aorta e la pleura che a sua volta forma un cul-de-sac denominato seno interaorticoesofageo. Nella porzione addominale il rapporto sinistro è con il fondo dello stomaco.

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2.3 Vascolarizzazione

Le arterie che irrorano l’esofago provengono nella porzione cervicale dall’arteria tiroidea inferiore, nella porzione toracica dalle arterie bronchiali, intercostali e direttamente dall’aorta, nella porzione addominale dalle arterie freniche e dall’arteria gastrica di sinistra.

Le vene sono organizzate in un plesso esofageo che è tributario per i due terzi superiori della vena cava superiore attraverso le vene tiroidee inferiori, bronchiali, pericardiche, azigos, emiazigos e freniche, per il terzo inferiore è invece tributario della vena gastrica di sinistra, che a sua volta sfocia nella vena cava.

Il plesso venoso esofageo di cui sopra drena a sua volta dal plesso esofageo sottomucoso a livello del quale si possono formare varicosità a seguito di un sovraccarico dello shunt porto-cavale in condizioni di ipertensione portale.

I vasi linfatici sono drenati dai gruppi linfonodali cervicali profondi, paratracheali, mediastinici posteriori e gastrici superiori.

2.4 Innervazione

L’innervazione dell’esofago è costituita dal plesso nervoso esofageo. Questo plesso è costituito da una componente derivante dal sistema parasimpatico, specificatamente tramite il tronco vagale anteriore (derivante dal nervo vago di sinistra) e dal tronco vagale posteriore (derivante dal nervo vago di destra). La restante parte del plesso è costituita dal sistema simpatico tramite i nervi provenienti dalla catena gangliare toracica.

Ø L’innervazione parasimpatica proviene dal nucleo motore dorsale (DMN) e dal nucleo ambiguo, provvedendo all’innervazione motoria dei muscoli esofagei e secretomotoria delle ghiandole esofagee.

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Le fibre provenienti dal nucleo ambiguo nella sua porzione più caudale (centro deglutitorio) sono responsabili dell’innervazione della porzione muscolare striata dell’esofago a livello della quale sinaptano tramite placche motrici.

Le fibre provenienti dal DMN sono invece responsabili dell’innervazione della porzione muscolare liscia dell’esofago.

A livello del DMN si distinguono due tipi di fibre:

• Fibre a lunga latenza: origine nella parte rostrale del DMN, sinapsi con i neuroni colinergici eccitatori postgangliari del plesso mienterico (di Auerbach)5, 6.

• Fibre a breve latenza: origine nella parte ventrale del DMN, sinapsi con i neuroni postgangliari inibitori nitrergici del plesso mienterico.

Ø L’innervazione simpatica proviene dalla colonna intermedio-laterale del midollo spinale da T1 a T10. Essa si fa carico della regolazione del tono vascolare, del tono sfinteriale, del rilassamento delle pareti muscolari e dell’aumento della secrezione ghiandolare.7

Lo sfintere esofageo superiore (UES) è innervato da fibre sia del nervo

glossofaringeo sia del vago e da fibre simpatiche provenienti dai gangli cervicali.

Lo sfintere esofageo inferiore (LES) è innervato in modo diverso nelle sue due

componenti:

• Clasp fibers: innervate principalmente da neuroni inibitori implicati nel mantenimento del tono sfinteriale.

• Sling fibers: innervate principalmente da neuroni eccitatori colinergici8, 9.

L’orificio esofageo e il muscolo freno-esofageo sono innervati da branche del nervo

frenico.

Il sistema nervoso intrinseco dell’esofago è costituito, come tutto il resto

(8)

• Plesso sottomucoso di Meissner, responsabile della regolazione di secrezione e motilità della muscolaris mucosae10, 11.

• Plesso mienterico di Auerbach, costituito da neuroni eccitatori secernenti Ach e sostanza P e inibitori secernenti NO e VIP.

Anche a livello esofageo sono presenti le cellule di Cajal (ICCs) con un ruolo importante nella trasmissione neuromuscolare8.

2.5 Anatomia microscopica

L’esofago si compone, ugualmente a tutto il tratto gastro-intestinale, si distinguono quindi, dall’interno verso l’esterno:

• Tonaca mucosa, si compone di:

o Epitelio pavimentoso stratificato non cheratinizzato. o Lamina propria, costituita da connettivo denso.

o Muscolaris mucosae, costituita da fascetti muscolari ad andamento longitudinale che aumentano di spessore nella parte distale dell’organo.

• Tonaca sottomucosa: costituita da tessuto connettivo lasso, contiene al suo interno le ghiandole esofagee (tubulari ramificate a secrezione mucosa) ed il plesso di Meissner.

• Tonaca muscolare propria: costituita da fibre muscolari striate per il terzo superiore dell’organo e lisce per i due terzi inferiori. La disposizione delle fibre, sia striate (che sono diretta continuazione dei muscoli faringei) sia delle lisce è su due strati, uno più interno ad andamento circolare e l’altro più esterno ad andamento longitudinale.

Il passaggio dalla componente muscolare striata alla liscia non è netto, ma sfumato; si definisce così, nella porzione centrale dell’esofago, la zona di

transizione. Questa zona composta da entrambe i tipi di fibre ha una lunghezza di

4-6 cm costituendo così circa il 35% dell’organo12.

Nella parte terminale dell’esofago le fibre muscolari si ispessiscono e si dispongono formano le due componenti del LES, le clasp fibers e le sling fibers. Fra i due strati di muscolatura si ritrova il plesso mioenterico di Auerbach.

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• Tonaca avventizia: si compone di tessuto connettivale in gran parte elastico.

A differenza della maggior parte del tratto gastro intestinale, l’esofago non presenta una tonaca sierosa se non nel suo tratto addominale, dove è rivestito dal peritoneo. La membrana peritoneale proviene dalla parete diaframmatica e si ribalta andando ad avvolgere l’esofago per poi continuarsi sullo stomaco.

(10)

3 Fisiologia della fase esofagea della deglutizione

La deglutizione è l’atto fisiologico che permette, attraverso una complessa coordinazione di movimenti volontari e non, il transito del bolo, liquido o solido, dalla cavità orale fino allo stomaco.

Possiamo suddividere quest’atto in più fasi: • Fase preparatoria

• Fase orale • Fase faringea • Fase esofagea

La fase esofagea ha inizio con l’apertura del UES e termina dopo la totale clearance del bolo dall’esofago e il ritorno di quest’organo nella sua situazione di riposo.

3.1 Meccanismo di trasporto del bolo attraverso l’esofago

I primi studi sui meccanismi della deglutizione esofagea risalgono al 1883 con Kronecker ed il suo studente Meltzer.

I due studiosi conclusero che l’esofago fosse principalmente un condotto che passivamente trasportava il bolo verso lo stomaco13.

Ingelfinger14 nel 1958 evidenziò, con uno studio di fluoroscopia, la presenza di un’onda peristaltica esofagea in volontari sani che deglutivano un bolo di bario in posizione antigravitaria. Successivi studi fluoroscopici15, 16 risolsero la controversia di questi primi lavori evidenziando che, in posizione eretta, la testa del bolo e maggior parte del “corpo” vengono trasportati per gravità, ma la coda viene spinta verso il basso da una contrazione peristaltica. In posizione antigravitaria anche il corpo del bolo è spinto dall’onda peristaltica.

Le conoscenze attuali spiegano la peristalsi esofagea suddividendola in due momenti: • Peristalsi primaria: dopo la propulsione del bolo tramite il UES da parte dell’onda peristaltica faringea, ha inizio una contrazione progressiva della muscolatura esofagea che permette la conduzione della gran parte del bolo attraverso l’esofago fino a farlo passare attraverso il LES rilassato.

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Questa onda dura normalmente 2-7 sec., propagandosi ad una velocità di 4 cm/sec.17. Le pressioni che si sviluppano sono: 53±9 mmHg, per la porzione prossimale, 35±6 mmHg, per la porzione centrale e 70±12 mmHg, per la porzione distale17.

• Peristalsi secondaria: questa onda peristaltica è provocata da un eventuale residuo di cibo nel canale esofageo. A differenza della peristalsi primaria non è associata a peristalsi faringea e rilasciamento del UES. Il controllo nervoso di questa peristalsi è centrale per quanto riguarda la porzione muscolare striata, come nella peristalsi primaria18, mentre per la porzione liscia del muscolo è un riflesso locale. Il trigger per l’inizio di questa peristalsi è la distensione della parete esofagea: essa determina verosimilmente l’attivazione di circuiti riflessi sia intrinseci che estrinseci che si espletano con l’attivazione di neuroni inibitori secernenti NO a valle del punto di dilatazione19.

Un importante evento nell’ambito della peristalsi esofagea è l’inibizione deglutitoria, ovvero una fase di inibizione della muscolatura liscia che precede l’insorgenza della peristalsi.

Studi di elettrofisiologia su animali hanno evidenziato, a livello del muscolo liscio esofageo, una fase di iperpolarizzazione precedente la contrazione peristaltica20-23. L’iperpolarizzazione determina una inibizione delle fibre muscolari e ad essa segue una fase di depolarizzazione che genera la contrazione peristaltica. L’iperpolarizzazione è inoltre caratterizzata da una latenza progressivamente maggiore dalle porzioni più alte alle più basse dell’esofago e la sua intensità modifica il timing della contrazione peristaltica.

Studi elettrofisiologici che confermassero questi meccanismi non sono mai stati realizzati sull’uomo, ma se ne è potuta supporre a buona ragione la presenza a seguito di studi che evidenziavano la presenza di una inibizione dell’attività del muscolo liscio esofageo conseguente ad un atto deglutitorio6, 24, 25.

Il primo studio che riportò un’evidenza di questa inibizione e della latenza crescente in senso discendente che la caratterizza fu quello di Sifrim et al.26

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Il LES per permettere il passaggio del bolo alimentare deve risultare rilassato, ciò avviene tramite un riflesso vagale mediato dal release di NO. Tale rilassamento ha inizio alcuni secondi dopo l’inizio della deglutizione e perdura per 5-8 sec. per poi concludersi talvolta anche seguito da un ipertono di rebound. Non è scorretto dire che il rilassamento del LES sia parte dell’inibizione deglutitoria.

In definitiva possiamo descrivere la peristalsi esofagea come una consecuzione di eventi con una embricazione elettro-meccanica:

• Iperpolarizzazione→ inibizione della muscolatura

• Depolarizzazione a latenza crescente in senso cranio-caudale→ contrazione della muscolatura con formazione della peristalsi primaria.

Se si ha permanenza di residuo alimentare nell’esofago:

• Depolarizzazione a latenza crescente in senso cranio-caudale → contrazione della muscolatura con formazione della peristalsi secondaria.

Come già detto precedentemente, la peristalsi primaria ha come trigger l’atto volontario della deglutizione, mentre la peristalsi secondaria ha come trigger la dilatazione del corpo esofageo. La presenza di inibizione deglutitoria non è dimostrata per la peristalsi secondaria27.

3.2 Neurofisiologia del UES

Il UES è una struttura anatomico-funzionale che, raccordando la faringe all’esofago, permette il trasferimento del bolo alimentare dall’organo più craniale a quello più caudale. Il UES determina anche un’azione di apertura selettiva del canale digerente e di quello respiratorio che proprio a questo livello si incontrano. I muscoli che intervengono nel rilasciamento di questo sfintere sono il crico-faringeo (CP) e i muscoli sopra-ioidei; il primo rilascia la sua contrazione tonica, mentre i secondi portano verso l’alto e l’avanti la laringe e lo ioide. La regolazione neurologica di questa struttura deve essere estremamente raffinata e sincrona al fine di evitare il passaggio del bolo nelle vie respiratorie (aspirazione).

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La meccanica dell’apertura del UES si può suddividere in cinque fasi: • Prima fase: inibizione vagale della contrazione tonica del CP.

• Seconda fase: apertura passiva del UES dovuta all’elevazione della struttura ioideo-laringea.

• Terza fase: ulteriore distensione del UES causata dal passaggio del bolo che riceve la propulsione tramite la peristalsi faringea.

• Quarta fase: rilassamento della precedente dilatazione generata dal bolo. • Quinta fase: chiusura del UES con ripresa di tono del CP28.

[La trattazione della fisiologia del UES è volutamente meno dettagliata rispetto a quella degli altri segmenti esofagei in quanto non è strettamente correlata agli scopi dello studio intrapreso con questa tesi.]

3.3 Neurofisiologia del corpo esofageo

Il corpo esofageo è caratterizzato da due componenti muscolari, striata e liscia, che differiscono anche dal punto di vista del controllo neurale.

La muscolatura striata è controllata esclusivamente dai neuroni motori del centro deglutitorio (nucleo ambiguo) situato nel tronco encefalico29.

Questi neuroni sinaptano a livello della muscolatura tramite placche motrici.

La muscolatura liscia è caratterizzata dalla presenza dei plessi nervosi intrinseci (sottomucoso e mienterico). Su questi plessi intervengono nervi estrinseci dal sistema simpatico e parasimpatico che modificano sia l’attività motoria che secretoria.

Gli studi di Christensen negli anni ’7030, 31 furono i primi a porre luce sui meccanismi nervosi intrinseci a livello esofageo. Questi studi dimostrarono come la muscolatura circolare liscia esofagea non si contraesse in seguito ad una stimolazione elettrica, ma solamente alla cessazione di questa, con un fenomeno di rebound; la latenza di insorgenza della contrazione era inoltre crescente in senso cranio caudale.

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Studi successivi di Crist et al.32 caratterizzarono le fibre presenti nella muscolatura liscia esofagea, distinguendone due tipi di fibre: colinergiche eccitatorie e non colinergiche inibitorie.

Venne inoltre provato che la stimolazione delle fibre colinergiche riduce il periodo di latenza della muscolatura circolare, mentre la stimolazione delle fibre non colinergiche determina un allungamento di questa.

E’inoltre presente un gradiente cranio-caudale di concentrazione, rispettivamente decrescente e crescente, per le fibre colinergiche e non-colinergiche. Le fibre colinergiche eccitatorie hanno quindi una influenza prominente sulla porzione prossimale della muscolatura liscia, mentre le fibre non colinergiche inibitorie hanno una influenza prominente sulla porzione distale.

Il controllo estrinseco della motilità esofagea è a carico del nervo vago.

La stimolazione vagale non determina, differentemente alla zona muscolare liscia, una contrazione spastica, ma una peristalsi simile a quella indotta dalla deglutizione33. Non è quindi il vago a trasportare un informazione organizzata che genera la peristalsi, ma uno stimolo semplice che determina l’attivazione del plesso mioenterico, il quale struttura la peristalsi.

Parametri diversi di stimolazione del vago determinano inoltre una diversa velocità dell’onda peristaltica34.

Un’altra evidenza che è stata dimostrata riguardo all’influenza vagale è che stimolazioni ripetute del nervo rendono quiescente la muscolatura liscia, fino all’ultimo stimolo dopo il quale si genera una contrazione peristaltica35.

In definitiva possiamo quindi riassumere che la contrazione della muscolatura liscia esofagea si genera con un meccanismo di rebound post-stimolazione e si presenta una latenza progressivamente crescente dalle porzioni superiori alle inferiori.

La tonaca muscolare presenta al suo interno una architettura sinaptica che determina la strutturazione della contrazione peristaltica.

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Il periodo di latenza è regolato da due tipi di fibre presenti nell’ambito della muscolatura stessa:

• Fibre colinergiche eccitatorie: secernenti Ach e sostanza P, presenti in maggior concentrazione nelle porzioni più apicali. La loro stimolazione determina un accorciamento del periodo di latenza.

• Fibre non colinergiche inibitorie: secernenti NO, VIP e ATP, presenti in maggior concentrazione nelle porzioni più distali. La loro stimolazione determina un allungamento del periodo di latenza29.

La porzione muscolare striata è innervata direttamente dai neuroni centrali provenienti dal nucleo ambiguo (vd. innervazione) che sinaptano tramite placche motrici e generano direttamente la peristalsi a questo livello.

Il sistema nervoso centrale, con i neuroni del centro deglutitorio, esercita un ruolo di generatore e regolatore per la contrazione peristaltica a livello della muscolatura liscia. Essa riceve fibre dal DMN del vago. Le fibre preganglionari della porzione superiore di tale nucleo vanno a costituire le vie eccitatorie sinaptando con i neuroni colinergici, mentre le fibre preganglionari della parte più caudale costituiscono le vie inibitorie sinaptando con i neuroni non colinergici.

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Figura 1: innervazione della porzione muscolare striata(fonte: Hiroshi Mashimo and Raj K Goyal. Physiology of esophageal motility. GI Motility Online, www.GIMotilityonline.com; doi:10.1038/gimo3, 2006).

 

 

Figura 2: distribuzione delle fibre intrinseche, colinergiche e non colinergiche, nella muscolatura

liscia esofagea. (fonte: Crist J, Gidda JS, Goyal RK. Intramural mechanism of esophageal peristalsis: roles of cholinergic and noncholinergic nerves. Proc Natl Acad Sci USA 1984; 81(11):3595–3599 and Hiroshi Mashimo and Raj K Goyal. Physiology of esophageal motility. GI Motility Online, www.GIMotilityonline.com; doi:10.1038/gimo3, 2006).

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Figura 3: Innervazione estrinseca della muscolatura liscia esofagea da parte delle fibre vagali. (fonte:

Hiroshi Mashimo and Raj K Goyal. Physiology of esophageal motility. GI Motility Online, www.GIMotilityonline.com; doi:10.1038/gimo3, 2006).

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3.4 Neurofisiologia dell’EGJ

Come già detto precedentemente, l’EGJ è una struttura anatomica composta da più elementi che cooperano dal punto di vista funzionale.

La visione dell’EGJ come unità funzionale da considerare nel suo insieme è molto recente.

I meccanismi di funzionamento di questa regione sono stati per molto tempo poco chiari.

LES

I primi studi nei quali si parlava di fisiologia del LES formularono diverse teorie: una prima visione voleva un controllo da parte di fibre simpatiche e parasimpatiche; a questa ne seguirono altre che ritenevano responsabili del tono basale meccanismi intrinseci basati su neuroni colinergici eccitati dalla gastrina circolante36. Tutte queste spiegazioni sono però state smentite negli anni.

Christensen et al. nei primi anni ’70 isolarono su animali delle piccole strisce di tessuto muscolare dello sfintere e individuarono in esse proprietà contrattili differenti da quelle del corpo esofageo (EB). Queste strisce avevano un tono spontaneo e presentavano curve lunghezza-tensione più ripide37 rispetto a quelle misurate nella muscolatura del EB.

La presenza di un tono miogenico del LES fu in seguito dimostrata con esperimenti su opossum sotto anestesia e con controllo cardiocircolatorio, che provavano come la somministrazione di tetrodotossina, alle dosi che abolivano le risposte neurali nel LES, non determinava alcuna variazione nella pressione del LES38.

In seguito furono anche individuati i meccanismi cellulari del tomo miogenico, evidenziando la presenza di una attività di spike nelle miocellule del LES non presente nell’EB39 e una composizione delle fibre muscolari del LES diversa rispetto all’EB40.

Il controllo dello sfintere esofageo è a carico del vago, che appare procurare sia una innervazione eccitatoria sia inibitoria41.

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I neuroni preganglionari vagali sono unicamente colinergici. I neuroni postganglionari appartenenti al plesso mioenterico sono di due nature: eccitatori colinergici e inibitori non-colinergici (il neurotrasmettitore che caratterizza questi neuroni non è ancora chiaro, ma studi ci indirizzano verso l’NO42).

Le sinapsi fra neuroni preganglionari e postganglionari formano due diversi circuiti: eccitatorio ed inibitorio.

La via eccitatoria vede i nuclei dei neuroni preganglionari situati a livello della parte rostrale del DMN e la sinapsi periferica con i neuroni eccitatori colinergici, mentre la via inibitoria vede i nuclei dei neuroni preganglionari nella parte caudale del DMN e la sinapsi periferica con i neuroni inibitori non colinergici.

Sia la via inibitoria sia la via eccitatoria cooperano nel riflesso della deglutizione che genera il rilassamento sfinteriale.

Il rilassamento del LES non è tuttavia generato solamente dalla deglutizione, ma può verificarsi anche in altre situazioni come l’eruttazione, il vomito e le “transient LES relaxation (TLESR)43. Le TLESR sono un riflesso vago-vagale che coinvolge esclusivamente la via inibitoria ed è evocato dalla distensione gastrica.

Possiamo quindi riassumere il funzionamento del LES dicendo che questo sfintere è dotato di un tono miogenico basale e una regolazione proveniente dal centro deglutitorio e strutturata in modo uguale a quella dell’EB. Il rilassamento del LES nell’ambito del riflesso della deglutizione dura generalmente 5-8 sec. e la sua genesi coinvolge sia le vie eccitatorie che inibitorie.

Il tono miogenico del LES, oltre ad essere controllato dalle vie nervose è anche regolato da fattori umorali, si hanno difatti molecole che esercitano un’azione inibitoria su esso (nicotina, agonisti β-adrenergici, colecistochinina, secretina, VIP, adenosina, prostaglandina E, donatori di NO) e molecole che esercitano un’azione inibitoria su di esso (agonisti dei recettori muscarinici M2 e M3, agonisti α-adrenergici, gastrina, sostanza P, prostaglandina F2α).

(20)

 

Figura 4: innervazione estrinseca ed intrinseca dell’EB e del LES (fonte: Goyal RK, Chaudhury A.

(21)

Sling e clasp fibers

Recentemente sono stati intrapresi studi volti a indagare i meccanismi più fini di regolazione neurale di queste fibre.

Le evidenze che sono scaturite hanno dimostrato la presenza di differenze sia strutturali che funzionali, facendo supporre anche un ruolo differente nell’ambito della funzione sia fisiologica e fisiopatologica dell’EGJ.

In prima istanza si è notato che si poteva generare una contrazione sia delle clasp e delle sling fibers sia delle fibre circolari distali del LES (LEC) somministrando un agonista misto muscarinico e nicotinico a basse dosi. Incrementando le dosi si generava, ad un certo punto, un rilasciamento improvviso. Una delle prime evidenze è stata che le contrazioni erano maggiori nelle sling rispetto alle clasp fibers, mentre il contrario si verificava per il rilassamento44.

Precontraendo le fibre con un agonista muscarinico specifico (betanecolo) si poteva indurre successivamente il rilassamento somministrando nicotina, la quale, attivando i nervi enterici, determina il rilascio di diversi mediatori.

Tramite questi studi si notò che, per indurre il rilassamento nelle clasp fibers, è sufficiente l’aumento intracellulare di cAMP indotto dall’attivazione dei recettori β-adrenergici, mentre per indurre il rilassamento delle sling fibers è necessario il contemporaneo aumento sia di cAMP, indotto dai β-adrenocettori, che di cloruro (Cl−) indotto dai recettori per il GABA di tipo GABAA45.

Sembra quindi che le clasp fibers non siano dotare di recettori per il GABA e che nelle sling fibers sia necessario un doppio stimolo, GABAergico e noradrenergico per indurre il rilassamento.

Successivamente si notò inoltre che la somministrazione di tetrodotossina per bloccare i potenziali d’azione impediva il rilassamento indotto dalla nicotina nelle clasp, ma non nelle sling fibers46. Questo fa supporre che a livello dei nervi enterici che proiettano sulle sling fibers si abbia la localizzazione dei recettori nicotinici vicino alla giunzione neuromuscolare, non essendo necessaria la trasmissione via

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potenziali d’azione, mentre nei neuroni sinaptanti con le clasp fibers, verosimilmente i recettori nicotinici saranno a livello dei somi.

Ulteriori evidenze hanno dimostrato che la somministrazione di nicotina in fibre non pre-rilassate induceva rilassamento delle clasp, ma contrazione delle sling fibers46.

Infine, pare che le sling fibers abbiano una maggiore tendenza a contrarsi in seguito agli stimoli colinergici che agiscono su recettori muscarinici, mentre le clasp fibers abbiano una maggiore tendenza a rilassarsi in seguito a stimoli colinergici che agiscono su recettori nicotinici4.

Possiamo quindi riassumere le principali differenze fra questi due tipi di fibre dicendo che:

• Per determinare il rilassamento delle fibre pre-contratte con betanecolo sono sufficienti, nelle clasp fibers, stimoli noradrenergici, mentre nelle sling fibers sono necessari sia stimoli noradrenergici che GABAergici.

• I recettori nicotinici dei nervi enterici si trovano sugli assoni in prossimità delle giunzioni neuromuscolari con le sling fibers, mentre si trovano sui somi per i neuroni che sinaptano con le clasp.

• La somministrazione di nicotina determina rilassamento delle clasp fibers e contrazione delle sling.

• L’acetilcolina determina rilassamento delle clasp fibers tramite recettori nicotinici, mentre determina contrazione delle sling fibers tramite recettori muscarinici.

 

 

Figura 5: Maggiori differenze fra sinapsi a livello di clasp e sling fibers. (fonte:  Miller L, Clave P, Farre R, Lecea B, Ruggieri MR, Ouyang A, et al. Physiology of the upper segment, body, and lower segment of the esophagus. Annals of the New York Academy of Sciences. 2013; 1300: 261-77)

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Muscolatura striata diaframmatica (diaphragmatic pinchcock)

Il ruolo di questa struttura è stato a lungo dibattuto; al momento, si ritiene che abbia un ruolo funzionale nell’ambito dell’EGJ.

Alcune manovre come l’inspirazione e la manovra di Valsalva modificano la pressione che il diaframma esercita sul LES.

La manovra di Valsalva determina un aumento della pressione dell’EGJ, l’inspirazione aumenta la pressione negativa intraesofagea e positiva intragastrica. Durante la respirazione e il rilassamento indotto dalla deglutizione LES e diaphragmatic pinchcock si muovono in modo solidale, ma possono disaccoppiarsi nella peristalsi e nelle TLES8.

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4 Studio della funzione contrattile esofagea

Lo studio della funzione motoria esofagea vede come metodica elettiva la manometria esofagea. Questa metodica, per la specificità della sua capacità diagnostica, è per forza di cose una metodica considerata di secondo livello utilizzata nell’ambito dei disturbi motori esofagei. Generalmente indagini di tipo radiologico o endoscopico sono precedentemente intraprese al fine di escludere lesioni organiche dell’esofago o dell’EGJ.

I casi in cui viene ritenuta corretta una richiesta di esecuzione di manometria esofagea sono:

• Pazienti con disfagia: dopo l’esclusione delle cause organiche e con il fine di classificare il disturbo motorio presente.

• Pazienti con dolore toracico: dopo l’esclusione delle cause cardio-polmonari e lo studio morfologico esofageo.

• Pazienti con patologie sistemiche che possano determinare coinvolgimento esofageo (es. collagenopatie): al fine di valutare un eventuale interessamento dell’organo.

• Pazienti con patologia da reflusso: nell’ambito delle indagini svolte prima di una correzione chirurgica della patologia.

• Pazienti in cui sia necessario il posizionamento di un catetere esofageo con allocazione precisa rispetto alle aree sfinteriali (es. sonda per pH-metria). La manometria esofagea può essere eseguita secondo due diverse metodologie che si avvalgono di apparecchiature tecnicamente diverse.

Si parla per ciò di manometria standard e manometria ad alta risoluzione (HRM). In linea temporale la manometria standard ha preceduto l’HRM, che risulta quindi essere ad oggi la metodica dotata di maggior sensibilità e precisione.

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4.1 Manometria standard

Strumentazione

La strumentazione utilizzata per questo tipo di esame si basa su un sistema a perfusione d’acqua.

L’apparecchiatura si compone di:

• Catetere: catetere multilume, in materiale inestensibile, della lunghezza di almeno 100 cm, graduato con sensibilità minima 1cm con aperture laterali (side holes) distanziate di almeno 5 cm per consentire un corretto studio della propagazione dell’onda peristaltica.

I cateteri generalmente utilizzati presentano 3 o 4 side holes distali disposti sullo stesso piano e orientati con angoli rispettivamente di 120o o 90o necessari per la misurazione delle pressioni dell’EGJ. Inoltre presentano altri 3 o 4 side holes disposti longitudinalmente e prossimalmente rispetto ai precedenti con distanziamento di almeno 5 cm, necessari per la misurazione delle pressioni a livello dell’EB.

• Pompa di perfusione: pompa pneumo-idraulica a bassa compliance che deve fornire un flusso costante (0,5-1 ml/min.) di acqua degasificata47. L’acqua utilizzata è bidistillata sterile e viene privata del gas mediante processi di aspirazione per evitare la dissoluzione in essa di particelle gassose viene mantenuta con un disco di plastica adagiato sulla superficie e viene posta in pressione tramite gas a bassa solubilità.

• Sistema di acquisizione: ciascun canale di perfusione è collegato ad un trasduttore che genera un segnale elettrico che a sua volta viene inviato ad un modulo di amplificazione ed infine ad un registratore analogico su carta o un sistema di rappresentazione e registrazione digitale.

La manometria standard è quindi una metodica in grado di registrare le variazioni pressorie lungo l’esofago mediante la rilevazione delle variazioni nella resistenza al flusso dai canali di perfusione.

Il posizionamento del catetere in questa metodica deve essere effettuato mediante una manovra detta pull-through che consiste nell’inserire il catetere fino allo stomaco

(26)

ottenere il posizionamento dei side holes radiali a livello dell’esofago nella porzione più distale.

Indicazioni e controindicazioni

Le indicazioni all’esecuzione di questo esame sono le indicazioni generali alla manometria elencate a inizio capitolo.

Le controindicazioni all’esecuzione di questo esame sono: • Assolute:

o Alterazioni bollose a livello della mucosa esofagea.

o Stenosi/ostruzione della faringe o della porzione superiore dell’esofago.

o Patologie cardiache che controindichino una stimolazione vagale. o Coagulopatie gravi e non controllate.

o Mancanza di compliance da parte del paziente. • Relative:

o Varici esofagee di grosse dimensioni.

o Diverticoli esofagei o crico-faringei di grosse dimensioni. o Neoplasie o ulcere esofagee.

Protocollo d’esame

L’esame manometrico viene eseguito secondo un protocollo standardizzato a livello internazionale.

L’esame deve essere effettuato con paziente digiuno da almeno sei ore per le sostanze solide e da due ore per le sostanze liquide. (Secondo alcuni autori il digiuno deve essere protratto da dodici ore se vi è sospetto di acalasia).

Deve essere effettuata una opportuna sospensione delle terapie che interferiscano con la motilità esofagea (farmaci contenenti caffeina, calcio antagonisti, nitrati, procinetici, loperamide, antagonisti β-adrenergici, agonisti e antagonisti degli oppioidi, anticolinergici, antidepressivi triciclici) con adeguata considerazione del benessere del paziente48.

(27)

Prima dell’inserimento del catetere è opportuno dispensare al paziente una chiara spiegazione della procedura e dei rischi nei quali può incorrere, che sono: dolore nasale, sanguinamento nasale, dolore alla gola, nausea, vomito, dolore toracico e dispnea. Non sono mai stati riportati casi di perforazione esofagea.

Il posizionamento del catetere deve essere effettuato per via trans-nasale dopo adeguata lubrificazione con appositi preparati.

Il posizionamento del catetere deve essere seguito da un periodo di cinque minuti di rilassamento per il paziente.

Lo studio manometrico si articola a questo punto in due fasi essenziali:

• Rilevazione delle pressioni di riposo: il paziente in posizione supina non deve deglutire per 30 secondi, dopo i quali viene chiesto di compiere un profondo atto inspiratorio che evidenzia il corretto posizionamento del catetere. I tre o quattro canali distali posizionati nello stomaco vengono azzerati considerando la pressione intragastrica come basale, dopo di che si procede alla manovra di retrazione pull-throug fino al posizionamento dei canali di perfusione distali a livello dell’EGJ.

• Studio della peristalsi: Il paziente in posizione supina viene sottoposto alla somministrazione di 10 boli da 5 ml di acqua con un intervallo temporale di almeno 30 sec.

Parametri rilevati e calcolati

Lo studio manometrico prende in esame dei parametri che possono essere classificati in base alla regione esofagea che analizzano.

L’esame è costituito da una serie standardizzata di parametri essenziali che può essere integrata con altri parametri opzionali.

A seguito sono riportati i vari parametri analizzati con breve spiegazione del loro significato fisiologico.

(28)

Studio dell’EGJ:

• Studio dell’attività tonica: o Misurazioni essenziali:

1. Margine inferiore dell’EGJ: punto dove la traccia pressoria si eleva di 2-3 mmHg rispetto alla pressione intragastrica. Misurazione della distanza dalle narici. 2. Individuazione del punto di inversione pressoria (PIP):

punto in cui le deflessioni positive del profilo pressorio a livello dello sfintere in fase inspiratoria diventano bruscamente negative nella medesima fase. Rappresenta il punto di passaggio nel canale diaframmatico. Misurazione della distanza dalle narici. 3. Pressione di riposo del EGJ: valore in mmHg a livello

del PIP a metà ciclo espiratorio o valore massimo a fine espirazione in base ai valori di normalità considerati.

4. Margine superiore del EGJ: punto in cui la pressione raggiunge i valori endo-esofagei. Misurazione della distanza dalle narici.

5. Lunghezza dell’EGJ: calcolata come differenza fra margine inferiore e margine superiore.

o Misurazioni opzionali:

1. Lunghezza del tratto addominale dell’EGJ: calcolato dal margine distale dell’EGJ al PIP.

• Studio dell’attività fasica: o Misurazioni essenziali:

1. Percentuale di rilasciamenti completi post-deglutitori: vengono considerati completi i rilasciamenti in cui, in fase di inibizione deglutitoria, la pressione residua minima non supera di 5 mmHg la pressione intragastrica.

(29)

1. Percentuali di rilasciamenti incompleti: rilasciamenti in fase di inibizione deglutitoria che hanno una pressione minima superiore ai 5 mmHg.

2. Percentuale di rilasciamenti assenti: deglutizione non seguita da alcuna deflessione a livello sfinteriale. 3. Durata media del rilasciamento: calcolata in secondi

dall’inizio della rapida discesa pressoria post-deglutitoria al ritorno alla pressione basale.

4. Percentuale media di rilasciamento: calcolata come (Pbasale−Presidua)x100

5. Pressione residua media: valore medio di ogni valore minimo di rilasciamento deglutitorio.

6. Percentuale di rilasciamenti coordinati con la contrazione esofagea: si considerano coordinati i rilasciamenti che comprendono totalmente la deflessione positiva del corpo esofageo misurata a 5 cm di distanza dall’EGJ.

Studio del corpo esofageo:

• Studio dell’attività tonica: o Misurazioni essenziali:

1. Pressione di riposo. o Misurazioni opzionali:

1. Lunghezza totale.

• Studio dell’attività fasica post-deglutitoria:

(le misurazioni sono ripetute a 5, 10 e 15 cm al di sopra dell’EGJ) o Misurazioni essenziali:

1. Ampiezza media delle contrazioni: calcolata dalla linea basale agli apici dei picchi pressori.

(30)

tutti i canali con temporizzazione progressiva in senso cranio-caudale.

3. Percentuale di deglutizioni che provocano onde peristaltiche simultanee: comparsa dell’incremento pressorio su tutti i canali in modo sincrono.

4. Percentuale di onde peristaltiche non trasmesse: mancanza di evento motorio post-deglutitorio.

5. Percentuale di onde peristaltiche interrotte: eventi motori assenti o sincroni sui punti di registrazione prossimali e normo-trasmessi sui punti distali.

6. Percentuale di onde di contrazione dropped: evento motorio normotrasmesso nei punti prossimali e assente o sincrono nei punti distali.

7. Percentuali di eventi deglutitori che provocano onde di contrazione retrograde: comparsa dell’elevamento pressorio su tutti i canali, ma in senso caudo-craniale. o Misurazioni opzionali:

1. Durata media delle contrazioni: calcolata dall’inizio dell’ascesa della linea pressoria fino al ritorno ai valori basali.

2. Percentuale di contrazioni ripetitive o multifasiche a doppio picco.

3. Percentuale di contrazioni ripetitive o multifasiche a triplo picco.

4. Percentuale di onde ipotoniche. 5. Percentuale di onde ipertoniche.

Studio del UES (opzionale)

• Studio dell’attività tonica:

1. Margine inferiore del UES. 2. Margine superiore del UES. 3. Lunghezza del UES.

(31)

• Studio dell’attività fasica:

1. Percentuale di rilasciamenti completi.

2. Percentuale di rilasciamenti coordinati con la contrazione faringea.

3. Durata media del rilasciamento. 4. Percentuale di rilasciamento media. 5. Pressione residua media.

Studio della faringe (opzionale) :

Se effettuato, lo studio di questa porzione viene suddiviso in una parte più prossimale e una più distale per ciascuna delle quali si misura ampiezza e durata medie delle contrazioni.

(32)

4.2 Manometria ad alta risoluzione (HRM)

Strumentazione

La strumentazione utilizzata per questo esame si basa su un sistema di rilevazione pressoria di tipo elettro-meccanico.

La strumentazione si compone quindi di:

• Catetere: dotato di estensimetri elettrici a resistenza (vedi fig. 6). I rilevatori, fino a 36 lungo tutto il catetere, sono disposti a breve distanza.

• Sistema di acquisizione: il segnale elettrico generato dagli estensimetri viene inviato ad un apparecchio di amplificazione e quindi a un programma di rappresentazione che, avvalendosi anche di un meccanismo di interpolazione tra i vari rilevatori, crea un plot pressorio topografico (esophageal pressure topography plot, EPT)49. L’EPT si basa sulla rappresentazione delle zone isobariche diverse con colori diversi su di un piano le cui ascisse sono costituite dal tempo e le ordinate dalle distanze lungo catetere; corrispondenti quindi alle distanze lungo l’esofago (vedi fig. 7).

Il sistema manometrico ad alta risoluzione è, ad oggi, altrettanto economico rispetto al sistema a perfusione e presenta un netto vantaggio per quanto riguarda la risoluzione delle informazioni acquisite.

Grazie alla rappresentazione topografica delle pressioni intra-esofagee si possono inoltre calcolare parametri diversi e più raffinati rispetto alla manometria standard. Tali parametri correlano logicamente anche con una maggior accuratezza diagnostica.

Altri vantaggi di questo sistema sono la non necessità di eseguire la manovra di pull-through al fine di posizionare correttamente il catetere in quanto quello della HRM è costituito da trasduttori uguali lungo tutta la sua lunghezza e l’EGJ viene facilmente individuata visivamente sui plot pressori.

Infine anche la praticità della calibrazione dell’apparecchio e la minore inclinazione a presentare guasti di tipo tecnico cooperano a rendere, ad oggi, l’HRM la migliore metodica per lo studio della motilità esofagea.

(33)

 

Figura 6: Rappresentazione schematica di un estensimetro elettrico a resistenza. Il rilevatore è

costituito da un filo elettrico incollato ad un supporto di materiale plastico le deformazioni del quale determinano quindi deformazioni analoghe del filo, generando quindi alterazioni rilevabili della resistenza elettrica.

 

 

Figura 7: Funzionamento dell’HRM. (A) Rappresentazione del catetere con 30 rilevatori posizionato

in esofago. (B) output dei dati dai vari trasduttori durante una deglutizione. (C) Rappresentazione dei dati elaborati su EPT. (Fonte:  Gyawali  CP,  Bredenoord  AJ,  Conklin  JL,  Fox  M,  Pandolfino  JE,  Peters  JH,  et  al.   Evaluation   of   esophageal   motor   function   in   clinical   practice.   Neurogastroenterology   and   motility   :   the   official  journal  of  the  European  Gastrointestinal  Motility  Society.  2013;  25(2):  99-­‐133)

(34)

Indicazioni e controindicazioni

Le indicazioni e le controindicazioni all’esecuzione di questo esame sono le medesime elencate precedentemente nelle discussione generale dello studio della motilità esofagea e specifica della manometria standard.

Protocollo d’esame

La procedura di esecuzione dell’esame segue, come per la manometria standard, un protocollo universale approvato a livello internazionale.

Le fasi dell’esame possono essere suddivise in:

• Preparazione del paziente: come per la manometria standard il paziente deve sottoporsi ad un periodo di digiuno di almeno 6 ore per i solidi e 2 ore per i liquidi precedente l’esecuzione dell’esame.

Devono essere interrotte in accordo con il benessere del paziente le terapie che possano determinare una variazione nella motilità esofagea.

Deve essere esposta al paziente una dettagliata spiegazione della procedura a cui verrà sottoposto e dei rischi ai quali può andare incontro.

• Posizionamento del catetere e rilevazione dei valori di riposo:

Il posizionamento del catetere, adeguatamente lubrificato, deve essere effettuato con paziente seduto per via trans-nasale.

Il catetere deve essere situato con le zone di registrazione dall’ipofaringe allo stomaco con almeno tre sensori in quest’ultimo.

L’individuazione di due zone di alta pressione rappresentanti il UES e l’EGJ sui plot pressori indicano un corretto posizionamento. L’esecuzione di un atto inspiratorio profondo è utile al fine di evidenziare il PIP, ovvero il livello della pinza diaframmatica.

• Protocollo di deglutizione per la valutazione dell’attività motoria:

Dopo 30 secondi di registrazione a riposo si procede alla somministrazione di dieci boli da 5 ml di acqua temporalmente distanziati di almeno 20-30 secondi (non ci sono in letteratura analisi sistematiche che abbiano

(35)

determinato quale sia il numero minimo di deglutizioni utili per la diagnosi dei disturbi motori, tuttavia review di larga scala raccomandano un minimo di sette deglutizioni per una buona accuratezza diagnostica50).

• Test aggiuntivi:

L’esame manometrico può essere coronato con alcuni test, la cui modalità di esecuzione è attualmente ancora in via di standardizzazione. Tali test hanno la funzione di definire con maggior precisione la fisiopatologia della motilità esofagea, raffinando quindi le capacità diagnostiche dell’esame.

I test si basano essenzialmente sul far deglutire sostanze in consistenza e quantità più simili al cibo normalmente assunto da una persona, cercando quindi di analizzare la funzione esofagea in situazioni più possibile simili alla realtà.

o High volume multiple water swallows (MWS): si somministra al paziente una quantità di 200 ml di acqua da bere senza interruzione in posizione seduta. Lo scopo di tale test è valutare l’inibizione deglutitoria, la contrazione peristaltica di intensità maggiorata che si crea a seguito di essa e l’eventuale pressurizzazione a livello dell’EGJ.

Uno degli obbiettivi primari del test è quindi la valutazione della

riserva esofagea, cioè la forza massima con cui la muscolatura

esofagea è in grado di generare un’onda peristaltica. (Vd. Fig. 8) o Multiple rapid swallaws (MRS): somministrazione di 5 boli di acqua

da 2 ml ciascuno in rapida successione nell’arco di 10 secondi. Paziente in posizione supina.

Anche questo test si basa sulla generazione di onde di inibizione multiple che esitano in una peristalsi finale di intensità maggiorata. Il test permette quindi la valutazione della riserva esofagea e dell’inibizione deglutitoria. (vd. Fig. 8)

o Viscous swallow: somministrazione al paziente in posizione supina o seduta di 5 ml di purea di mela ripetuto da 5 a 10 volte distanziate di almeno 30 sec.

(36)

Il test è volto a valutare il vigore della peristalsi nei confronti di sostanze a maggiore densità e l’eventuale pressurizzazione a livello dell’EGJ. (Vd. Fig. 8)

o Solid swallow: somministrazione al paziente di 4 cm2 di sostanza solida (cracker o torta di yogurt), ripetibile con distanziamento temporale di almeno 30 sec.

Il test è volto a valutare il vigore della peristalsi nei confronti degli alimenti solidi e l’eventuale presenza di pressurizzazioni a livello dell’EGJ. (Vd. Fig. 8)

(37)

(A) (B)

(C) (D)

(E)

Figura 8: Test manometrici : (A) deglutizione di 5 ml di acqua, (B) multiple water swallows, (C)

multiple rapid swallows, (D) viscous swallow, (E) solid swallow. (Fonti: Gyawali CP, Bredenoord AJ, Conklin JL, Fox M, Pandolfino JE, Peters JH, et al. Evaluation of esophageal motor function in clinical practice. Neurogastroenterology and motility: the official journal of the European Gastrointestinal Motility Society. 2013; 25(2): 99-133. Price LH, Li Y, Patel A, Gyawali CP. Reproducibility patterns of multiple rapid swallows during high resolution esophageal manometry provide insights into esophageal pathophysiology. Neurogastroenterology and motility: the official journal of the European Gastrointestinal Motility Society. 2014; 26(5): 646-53.)

(38)

Parametri rilevati e calcolati

I parametri utilizzati nella manometria ad alta risoluzione, pur andando ad indagare le stesse entità fisiopatologiche, differiscono profondamente da quelli usati nella manometria standard.

Anche nella manometria ad alta risoluzione possiamo raggruppare i parametri in due gruppi che analizzano rispettivamente lo stato di riposo e di attività peristaltica dell’esofago.

• Riferimenti anatomici (parametri statici):

o Localizzazione degli sfinteri: sia il UES che il LES sono facilmente individuati come un netto cambio di pressione lungo il piano assiale1. o Morfologia dell’EGJ: la distinzione delle zone di aumentata pressione

generate da LES e pinza diaframmatica permettono la valutazione della morfologia dell’EGJ. La separazione del LES dalla pinza diaframmatica definisce inoltre l’ernia iatale51.

o Segmenti di contrazione: la contrazione esofagea può essere suddivisa in quattro segmenti visualizzabili sull’EPT in quanto delimitati da tre punti di minimo (prossimale, medio e distale)52 nel contorno isobarico. Il primo segmento di contrazione è in diretta continuazione con la contrazione faringea e del UES, l’ultimo segmento corrisponde al LES, il secondo e terzo segmento appartengono al corpo esofageo e talvolta non sono distinti.

o Punto di transizione: questo parametro, definito come il punto di minore pressione fra primo e secondo segmento contrattile, pare rispecchiare il passaggio dalla zona di controllo centrale della muscolatura esofagea a quella di controllo periferico53, 54.

o Contractile deceleration point (CDP): definito come punto dove si riscontra la maggiore decelerazione dell’onda peristaltica situato entro 3 cm dal margine superiore dell’EGJ55. Questo punto viene individuato mediante l’intersezione fra due tangenti al contorno isobarico dei 30 mmHg: una che si estende distalmente dalla zona di transizione e l’altra che si estende prossimalmente dall’EGJ una volta che questa ha ristabilito la sua normale posizione post-deglutitoria1.

(39)

Dal punto di vista fisiologico tale punto rappresenta il passaggio dalla clearance esofagea del bolo allo svuotamento dell’ampolla frenica55 (dilatazione funzionale dell’esofago distale).

(A) (B)

(C)

Figura 9: Punti di riferimento anatomici in HRM. (A) Sfinteri esofagei e punto di transizione. (B)

Segmenti di contrazione. (C) Contractile deceleration point. (Fonti: Clouse RE, Staiano A. Topography of the esophageal peristaltic pressure wave. The American journal of physiology. 1991; 261(4 Pt 1): G677-84. Pandolfino JE, Leslie E, Luger D, Mitchell B, Kwiatek MA, Kahrilas PJ. The contractile deceleration point: an important physiologic landmark on oesophageal pressure topography. Neurogastroenterology and motility: the

official journal of the European Gastrointestinal Motility Society. 2010; 22(4): 395-400, e90.)

 

Ankur Sheth, MD, MPH, CNSC

High Resolution Manometry: Anatomical Landmarks UES UES Relaxation Thorax Transition Point LES EGJ Relax… Stomach

How to Interpret the HRM data?

ACG/LGS Regional Postgraduate Course - New Orleans, LA Copyright 2013 American College of Gastroenterology

5

through the UOS,4oesophageal body5and

oesophago-gastric junction (OGJ).6However, minimal data exist on the direct correlation between an independent measure of bolus transit (fluoroscopy or intraluminal impedance recording) and OPT plots akin to studies using conven-tional manometry or impedance recording in the

tubu-lar oesophagus7,8 or phrenic ampulla.9 Of particular

interest are the concurrent high resolution manometry/ fluoroscopy studies by Lin et al. proposing that the termination of bolus emptying into the stomach is a postperistaltic event. Peristalsis terminates within the LOS after which emptying is completed by the combi-nation of a sustained hydrostatic pressure gradient across the hiatal canal and re-elongation of the oesoph-agus attributable to longitudinal muscle relaxation and elastic recoil of the phrenoesophageal membrane. These features cannot be appreciated with conventional manometry but might be discernible on OPT plots, given their enhanced spatial resolution and ability to

image oesophageal shortening.10

With the experience of analyzing more than 3000 OPT studies, we have observed that peristaltic propa-gation slows in the distal oesophagus with a deceler-ation point in contractile front velocity localized in the distal oesophagus (Fig. 1). We hypothesized that this deceleration point is related to formation of the phrenic ampulla during the latter stages of oesophageal emp-tying. Thus, the goal of this study was to establish the pressure topography correlates of bolus transit using

concurrent OPT/fluoroscopy and to test the hypothesis that the deceleration point in contractile front velocity represented a transition from peristaltic transport to ampullary emptying. Special emphasis was given to validating methodology for localization of the deceler-ation point in contractile front velocity.

METHODS Patients

Eighteen asymptomatic volunteers (seven male, ages 20 to 45) were recruited by advertisement or word of mouth for concurrent OPT/fluoroscopy studies. An additional group of 68 OPT studies done without concurrent fluoroscopy on another group of asymp-tomatic volunteers (35 male, ages 19 to 48) was utilized to develop normative ranges for OPT measures. The Northwestern Univer-sity Institutional Review Board approved the study protocol and informed consent was obtained from each subject.

Oesophageal pressure topography protocol

A solid-state manometric assembly with 36 circumferential sensors spaced at 1 cm intervals (outer diameter 4.2 mm) was used for all OPT studies (Sierra Scientific Instruments Inc., Los Angeles, CA, USA), as previously described.11Prior to recording, the transducers were calibrated at 0 and 100 mmHg using externally applied pressure.

Subjects underwent transnasal placement of the manometric assembly and were studied in a supine position after at least a 4-h fast. The manometric assembly was positioned to record from the hypopharynx to the stomach with at least three intragastric

Normal Swallow

A BHypotensive Swallow CElevated IBP/Hypertensive

5 1

Length along the oesophagus (cm)

10 15 Tangent line along CFV fast Tangent line along CFV fast Tangent line along CFV fast 30 20 25 Tangent line along

CFVslow Tangent line along CFV slow

Tangent line along CFV slow

35

5 seconds 5 seconds 10 seconds

-10.0 -5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150.0

Figure 1 Representative examples of oesophageal pressure topography (OPT) plots of normal (A), hypotensive peristalsis (B) and elevated intrabolus pressure (IBP) and hypertensive peristalsis (C) illustrating the localization of regions of fast and slow Contraction Front Velocity (CFV) separated by a user-defined deceleration point (pink circle). Note that measurements are made at the default isobaric contour pressure (black outline) of 30 mmHg in the normal contraction while a lesser pressure is used with the hypotensive contraction (20 mmHg) and a greater pressure (50 mmHg) with the increased intrabolus pressure evident in panel C and outlined with the dashed white line. Although the deceleration point (pink circle) can usually be identified visually by noting the location of the sharpest deceleration in CFV, a more objective alternative method is to fit two tangential lines to the initial and terminal portions of the 30 mmHg isobaric contour and note the intersection of the lines. The first tangent skirts the 30 mmHg isobaric contour distal to the transition zone without intersecting it. The second tangent originates from the termination point at which the oesophageal contraction intersects the postswallow oesophagogastric junction (OGJ) (be that the native position of the lower oesophageal sphincter (LOS) or OGJ depending on the individual!s anatomy) and skirts the 30 mmHg isobaric contour in the retrograde direction without intersecting it. A horizontal line is then drawn through the intersection of these tangents to the 30 mmHg isobaric contour to localize the contractile deceleration point (CDP) (white line arrow). This technique closely estimates the CDP that was determined using visual inspection.

J. E. Pandolfino et al. Neurogastroenterology and Motility

! 2009 Blackwell Publishing Ltd

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• Parametri di analisi della funzione motoria esofagea:

o Integrated relaxation pressure(IRP): questo complesso parametro misura la resistenza al passaggio del bolo attraverso l’EGJ56

. Il calcolo di tale parametro si basa su una accurata individuazione dei margini dell’EGJ. In seguito a questo viene selezionata una finestra di 10 secondi che inizi in corrispondenza del rilasciamento del UES all’interno della quale viene misurata simultaneamente la pressione lungo 6 cm a cavallo del LES mediante un sistema chiamato eSleeve. Infine tramite un algoritmo si calcola la media dei 4 secondi in cui si registrano i valori pressori minimi nell’ambito della finestra delimitata. L’utilizzo di questo metodo permette di minimizzare gli artefatti vascolari e gli effetti dovuti alle contrazioni diaframmatiche. Il pattern deglutitorio potrà tuttavia alterare questo parametro.

o Distal latency (DL): questo parametro valuta la tempistica della contrazione peristaltica ed è influenzato fondamentalmente dall’inibizione deglutitoria piuttosto che dalla velocità della peristalsi57

. La misura di questo valore viene effettuata dall’inizio del rilassamento del UES al CDP. Il correlato fisiologico principale di questo parametro è quindi l’integrità neuromuscolare della funzione inibitoria.

o Distal contractile integral(DCI): questo parametro permette di valutare la forza della contrazione peristaltica a livello dell’esofago distale. Il calcolo di tale valore viene effettuato in un lasso di tempo che va dal punto di minimo pressorio prossimale a quello distale, comprendendo quindi il secondo e terzo segmento di contrazione58

. Il calcolo del parametro viene effettuato moltiplicando ampiezza per durata per lunghezza (mmHg*s*cm) delle pressioni eccedenti la linea isobarica dei 20 mmHg nel lasso di tempo sopra descritto. I valori sotto i 20 mmHg vengono eliminati per diminuire gli artefatti vascolari e respiratori. Il DCI permette quindi di classificare il vigore della contrazione peristaltica. Il parametro può essere riportato come valore medio delle 10 deglutizioni o come valore singolo di ogni

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deglutizione al fine di evidenziare valori singolarmente abnormi58

. o Integrità della peristalsi (PI): questo parametro valuta l’eventuale

presenza di interruzioni nel contorno isobarico dei 20 mmHg della contrazione peristaltica. Si classificano come piccoli difetti quelli di lunghezza compresa fra 2 e 5 cm, difetti ampi quelli di lunghezza maggiore di 5 cm.

o Contractile front velocity (CFV): questo parametro permette di caratterizzare la velocità dell’onda peristaltica. Il valore viene calcolato ricercando la tangente che meglio si adatti al contorno isobarico dei 30 mmHg nel tratto che va dal punto di transizione al CDP. Se si ha una situazione di pressurizzazione del bolo dovuta all’intrappolamento fra onda peristaltica ed EGJ dovremmo considerare un contorno isobarico che sia superiore alla pressione dell’EGJ1

.

o Pattern di pressurizzazione: questo parametro non numerico riguarda la presenza di pressurizzazioni nel bolo dovute all’intrappolamento di questo tra due aree di alta pressione. Per definire la presenza di tali fenomeni si utilizza il contorno isobarico59

. I pattern che si possono distinguere sono: pressurizzazione panesofagea, quando si estende dal UES al LES60

, pressurizzazione compartimentalizzata quando si estende da una contrazione dell’EB ad una ostruzione dell’EGJ, pressurizzazione limitata all’EGJ.

I valori normali di ciascuno di questi parametri sono stati calcolati mediante vari studi basati sull’utilizzo dei diversi sistemi di rilevazione61-71

i cui valori sono riportati in tabella 1.

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