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Guarda Il riconoscimento delle professioni non regolate e la legge n. 4 del 14 gennaio 2013

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Il 14 gennaio 2013 il Presidente della Repubblica ha promulgato la legge n. 4 recan-te Disposizioni in marecan-teria di professioni non organizzarecan-te1. Il provvedimento ha una valenza che qualcuno, sia pure con un po’ di enfasi, ha definito epocale per le pro-fessioni non regolate2e, nello specifico, per la professione del bibliotecario, i cui effetti facciamo forse fatica a percepire oggi per intero, ma che si manifesteranno in tutta la loro portata nel giro dei prossimi anni.

La legge n. 4/2013 può essere considerata una tappa decisiva verso la nascita, anche in Italia, di un moderno sistema duale, dove, in accordo con il modello

pre-Il riconoscimento delle professioni

non regolate e la legge n. 4

del 14 gennaio 2013

di Raffaele De Magistris

RAFFAELE DE MAGISTRIS, Biblioteca universitaria di Napoli, via Giovanni Paladino 39, 80138 Napoli, e-mail raffaele.demagistris@beniculturali.it.

Dove non diversamente specificato, l’ultima consultazione dei siti web risale al 20 agosto 2013.

1 La legge, pubblicata sulla «Gazzetta ufficiale» n. 22 del 26 gennaio ed entrata in vigore il 10 febbraio,

ha visto la luce dopo una vera e propria corsa contro il tempo. Approvato alla Camera il 17 aprile 2012, il disegno di legge atto Senato n. 3270 veniva licenziato con emendamenti dal Senato il 15 novembre 2012, ritornando alla Camera, dove era approvato definitivamente il 19 dicembre 2012 dalla X Com-missione attività produttive in sede legislativa. Una sintesi delle complesse vicende che hanno con-trassegnato l’attività legislativa sulle professioni in Raffaele De Magistris, AIB e riconoscimento

pro-fessionale nella curva a gomito del gennaio 2013, «AIB notizie» 25 (2013), n. 2, p. 4-6.

2 Non è superfluo forse ricordare che nel nostro ordinamento vengono individuate diverse modalità di

lavoro che consentono di svolgere un’attività professionale. Una ripartizione tipica è la seguente: profes-sioni regolate, per le quali «è prescritta l’appartenenza obbligatoria alle organizzazioni professionali, che esercitano sia un vaglio sull’ingresso nella categoria, sia un controllo successivo circa la permanenza dei requisiti deontologici»; professioni riconosciute, per le quali, «oltre alle norme di diritto comune, vigono alcune norme speciali, in parte inerenti all’attività, in sé e per sé considerata, in parte inerenti ai soggetti che la espletano, vuoi perché differenziati, vuoi perché sottoposti anche ad altri regimi giuridici o ad appo-site deroghe»; professioni non regolate in modo specifico, nella società odierna in continua espansione, per le quali «valgono le norme dettate dal codice civile» (XVI legislatura, Servizio studi del Senato, Ufficio ricerche nel settore delle attività produttive e in quello dell’agricoltura, Disegno di legge a. S. n. 3270

Disposizioni in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi, a cura di Giampiero Buonomo,

[Dossier] n. 361, maggio 2012, p. 20-21, <http://leg16.senato.it/application/xmanager/projects/leg16/ attachments/dossier/file_internets/000/006/119/Dossier_361.pdf>).

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figurato a livello comunitario, le professioni libere e le loro associazioni coesistono con un numero ben definito di professioni che continuano a essere strettamente regolate dalla legge, perché ritenute di particolare interesse pubblico o attinenti a interessi costituzionalmente garantiti. Fino alla emanazione della legge n. 4/2013, lo status di professionista intellettuale era limitato, nel nostro paese, soltanto a que-sta seconda categoria e comprovato dall’iscrizione a un albo, ordine o collegio.

La regolamentazione delle professioni intellettuali

Il sistema politico e legislativo dell’Unione europea dedica da anni notevole atten-zione al tema della qualificaatten-zione delle professioni, soprattutto da quando, in con-seguenza dello sviluppo delle attività economiche e della mobilità dei professioni-sti all’interno del mercato unico, si è posto con urgenza, tra i paesi aderenti, il problema del reciproco riconoscimento e insieme, e forse ancor prima, quello della ricono-scibilità delle professioni, sia dal punto di vista puramente terminologico, delle deno-minazioni, sia soprattutto in termini di conoscenze e competenze caratterizzanti (valutazione univoca dei titoli di studi, dei curricula formativi, delle esperienze pro-fessionali ecc.).

La legge 4/2013 va letta alla luce di un siffatto contesto. Ma anche alla luce del-l’annosa incapacità del Parlamento italiano di procedere a un riordino delle profes-sioni che avesse come baricentro l’innalzamento della qualità dei servizi e la rego-lamentazione del mercato, invece degli interessi corporativi degli ordini.

Le analisi di autorevoli organismi internazionali, quali l’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), attestano come l’Italia sia uno dei paesi dove gli elevati livelli di regolamentazione determinano maggiori restrizioni nel-l’accesso e ostacolano l’esercizio delle professioni3.

In proposito va detto che, all’interno della western legal tradition, l’Italia è stata considerata un esempio emblematico della cosiddetta impostazione latina del siste-ma degli ordini professionali. Tra i paesi anglosassoni e quelli dell’Europa conti-nentale si nota, infatti, una sensibile differenza: nei primi, caratterizzati da sistemi di common law, non esistono meccanismi di iscrizione obbligatoria, ma protagoni-ste sono le associazioni professionali, che «operano in regime concorrenziale e fun-gono da organi di certificazione in ordine alle competenze proprie del professioni-sta, come di controllo e tutela della condotta del singolo»4.

Al contrario, nei paesi dell’Europa continentale, in primis in Italia, dove vige un regime di configurazione pubblicistica (civil law), «non esiste concorrenza […], bensì soltanto un ente di diritto pubblico (l’ordine o il collegio, appunto) a iscrizione obbligatoria, con funzioni amministrative e poteri di vigilanza circa la deontolo-gia professionale»5.

3 Si veda Dall’Italia all’Europa, dall’Europa all’Italia: giovani professionisti in movimento, a cura di

Antonio Forte e Laura Giacomello; in collaborazione con il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, [Roma: CNEL, Forum nazionale dei giovani, 2012], p. 44, <http://www.forumnazionalegiova-ni.it/media/13724/ricerca_forum_cnel_31_05_web.pdf>.

4 Claudia Golino, Gli ordini e i collegi professionali: tensioni tra disciplina corporativa e disciplina con-correnziale, [2011], p. 14, <http://www.side-isle.it/ocs/viewpaper.php?id=257&cf=2>. Si veda anche

Claudia Golino, Gli ordini e i collegi professionali del mercato: riflessione sul modello dell’ente

pub-blico professionale, Padova: CEDAM, 2011.

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Tra l’altro, il nostro paese detiene, a livello mondiale, il poco invidiabile prima-to del maggior numero di ordini e collegi professionali: secondo le più recenti inda-gini sono ben 27 le organizzazioni professionali caratterizzate dal diritto esclusivo dei propri appartenenti a esercitare determinate professioni, regolamentate da leggi dello Stato o regolamenti ministeriali che ne fissano i criteri di accesso6. Molto distan-ziati i paesi che la seguono immediatamente in classifica, dove si contano appena una decina di ordini, mentre in non pochi altri casi questo regime è totalmente assen-te, senza che ciò, a giudizio dei sostenitori dell’ordinamento common law, pregiudi-chi gli interessi “protetti” dei cittadini7.

Risale al 1913 l’emanazione del più antico provvedimento legislativo, ancora oggi in vigore, di istituzione di un ordine (l’ordine dei notai, cui seguì, nel 1923, quello degli architetti). Tuttavia il riconoscimento e la regolamentazione delle libere professioni, così come li abbiamo conosciuti fino alla legge 4/2013, iniziano a prendere forma già nel decennio seguente l’Unità, a partire dalle leggi istitutive dell’ordine degli avvo-cati e del notariato (rispettivamente r. d. n. 2012 del 1874 e r. d. n. 2786 del 1875)8.

La ratio alla base di quest’orientamento è evidente9. Si era in una società e in un periodo storico in cui i professionisti intellettuali rappresentavano una percentua-le quasi irrisoria della popolazione, oltre a coprire una quota molto marginapercentua-le del sistema economico. D’altro canto i clienti (o consumatori) non erano quasi mai in grado (considerato il livello di scolarizzazione) di effettuare scelte consapevoli in merito alla preparazione e al valore di un professionista. Lo Stato, quindi, si assu-meva il compito di approntare a priori un sistema di accesso alla professione e di controllo che tutelasse l’intera collettività, garantendo che qualsiasi professionista fosse in possesso di requisiti tecnici e deontologici tali da consentirgli prestazioni qualitativamente valide. Da qui una visione dove il peso della pubblica ammini-strazione e degli enti pubblici diventava assolutamente predominante e si esplica-va mediante il ricorso a una serie di misure di natura monopolistica, quali la neces-sità, per esercitare, dell’esame di stato e dell’iscrizione all’ordine.

Questo impianto, per quanto mostrasse elementi di criticità talora vistosi spe-cialmente sotto il profilo della trasparenza e del controllo (organi di governo e pro-cedure spesso autoreferenziali, debolezza dei codici deontologici, assenza di reali momenti di verifica in itinere della qualità e dell’aggiornamento ecc.), ha retto, senza essere di fatto messo in discussione, per circa settant’anni, durante i quali ha sì con-sentito, come noto, il rafforzamento di posizioni politiche e sociali dominanti da parte

temi e analisi

6 Dall’Italia all’Europa, dall’Europa all’Italia cit. p. 42-43.

7 Si veda la relazione presentata, in data 6 febbraio 2002, da Giuseppe Lupoi, coordinatore

naziona-le del CoLAP, in occasione dell’audizione alla Commissione attività produttive della Camera dei depu-tati per la proposta di legge Istituzione del certificato professionale controllato e delega al Governo

per la disciplina delle professioni non regolamentate, primo firmatario on. Ruzzante (a. C. 1048),

<http://www.colap.it/files/AudizioneCamera_060202.htm>.

8 Dall’Italia all’Europa, dall’Europa all’Italia cit., p. 42.

9 Sugli aspetti che seguono si veda in particolare Coordinamento libere associazioni professionali, Il ruolo delle associazioni professionali e i confini tra ordini e associazioni: ciclo di seminari Una riflessione verso una riforma duale delle professioni: III seminario, Roma, 27 novembre 2009, [Roma: Colap], 2010. Molto

utile per un inquadramento generale Angelo Deiana - Stefano Paneforte, Il futuro delle associazioni

pro-fessionali: orizzonti strategici, strumenti, best pratices, prefazione di Pierluigi Mantini, presentazione di

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del ceto dei professionisti (per i quali poi non a caso si è parlato di casta), ma - va aggiun-to con onestà - ha anche contribuiaggiun-to al consolidamenaggiun-to di una buona preparazione di base e di competenze diffuse, almeno finché si è rimasti nell’alveo delle classiche professioni generaliste: ingegnere, architetto, avvocato, notaio, ragioniere ecc.

A partire però dalla metà degli anni Ottanta l’esplosione di fenomeni ormai a tutti noti, come economia della conoscenza e capitalismo intellettuale, hanno rapidamente messo in crisi l’intero sistema, minando dalle fondamenta le strutture logiche su cui si reggeva. La nascita tumultuosa di professioni talvolta del tutto nuove, talaltra scaturite da una costola di professioni tradizionali, i principi di libera circolazione dei professio-nisti sanciti dall’Unione europea, l’affacciarsi sulla scena del nostro paese di soggetti giu-ridici e sociali nuovi come le associazioni, hanno evidenziato i punti di incompatibilità tra le moderne dinamiche di una economia tendenzialmente a perimetro planetario e la rigida impalcatura legislativa italiana, primo fra tutti la paralizzante staticità insita nella «necessità di riconoscere una qualsiasi professione attraverso una legge speciale del Par-lamento, fotografandone in un determinato momento storico competenze, titolo di stu-dio e, soprattutto, le attività (riservate e non) che la compongono»10.

Anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM, meglio nota come Antitrust) ha espresso a più riprese11giudizi fortemente negativi (fin dalla Relazione con-clusiva dell’indagine conoscitiva sugli ordini e i collegi professionali dell’ottobre 1997, confer-mata dalla Relazione annuale del maggio 199812) circa il perdurare nel nostro paese di una situazione ormai anacronistica, in base alla quale si affida a un registro professionale il dirit-to di qualificare, in via esclusiva, alcuni soggetti abilitati all’esercizio di una professione.

Le pressioni per mettere mano a un’ineludibile opera di ammodernamento del sistema non sono venute, però, solo dal fronte interno. Nella stessa direzione vanno le ripetute e sempre più stringenti sollecitazioni che l’Unione europea ha fatto per-venire allo Stato italiano affinché provvedesse ad abbassare il livello di regolamenta-zione delle professioni, in ultimo il 29 maggio 2013, in occasione delle raccomanda-zioni rivolte all’atto di chiudere la procedura per eccessivo deficit nei nostri confronti13.

10 Angelo Deiana, Relazione di base, in Coordinamento libere associazioni professionali, Il ruolo delle associazioni professionali e i confini tra ordini e associazioni cit., p. 8. Sulla incapacità di attuare una

reale riforma si veda anche Luigi Tivelli, Ordini professionali: la liberalizzazione può attendere, «Il muli-no», 56 (2007), n. 3, p. 431-441.

11 Va ricordato, tra i più recenti interventi, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Il setto-re degli ordini professionali (IC 34), [Cava de’ Tirsetto-reni]: Ediguida, 2009.

12 Autorità garante della concorrenza e del mercato, Provvedimento n. 5400 (IC 15): settore degli ordini e collegi professionali, [chiusura indagine conoscitiva 9 ottobre 1997], specialmente i punti 35-37,

<http://rifor-malavoro.diritto.it/rubriche/rel_antitrust.html#>. Sulla Relazione si vedano le considerazioni di Eliana Romano - Elisabetta Gadda, Regolazione e giustizia nelle attività professionali, «Impresa e Stato: rivista della Camera di commercio di Milano» n. 46 (luglio/agosto 1998), <http://impresa-stato.mi.camcom.it/ im_46/romano.htm>.

13 Il monito non ha mancato di suscitare le reazioni risentite del Comitato unitario professioni (CUP), la

cui presidente, Marina Calderone, ha rilasciato commenti molto polemici, specie quando dall’Europa si chiede di più all’Italia in tema di liberalizzazione dei servizi e si afferma che è necessario «difendere i principi della riforma da eventuali battute d’arresto, risultanti in particolare dalla riforma delle profes-sioni legali». Si vedano, tra le altre, le dichiarazioni riportate in LabItalia sul portale del Gruppo Adnkro-nos: Cup, su liberalizzazioni già intervenuta riforma professioni, <http://www.adnkronos.com/IGN/ Lavoro/Professioni/Cup-su-liberalizzazioni-gia-intervenuta-riforma-professioni_32241884353.html>.

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Nel contempo, nell’ambito della riforma legata alla liberalizzazione dei servizi e alla circolazione di merci e persone, la Comunità europea ha avviato, fin dagli anni Ottanta/Novanta, una complessa attività legislativa con l’intento di dare maggiore dinamicità al sistema e porre un freno agli ostruzionismi corporativi locali, grazie a due direttive - la prima del 1989 (89/48/CEE14), la seconda del 1992 (92/51/CEE15) -che miravano a regolamentare le professioni non riconosciute e a consentire la libe-ra circolazione lavolibe-rativa dei cittadini dell’Unione16. Inoltre con la direttiva 2005/36/CE17, sulla quale avremo modo di ritornare, la Comunità ha intrapreso il processo di riforma del regime di riconoscimento delle qualifiche professionali, ren-dendolo più uniforme, trasparente e flessibile.

Sulla via dell’adeguamento alle direttive europee, in Parlamento fin dalla XIV legislatura si sono susseguiti e sovrapposti gli uni agli altri più d’una decina di dise-gni e proposte di legge, a volte miranti a una riforma globale delle professioni, a volte col solo obiettivo del riconoscimento delle professioni non regolate18. Tra i più auto-revoli ricordiamo esclusivamente il Disegno di legge sulle professioni non regolamenta-te presentato dal CNEL nel 2003, incentrato sui due poli canonici: riordino delle pro-fessioni in base al doppio binario del sistema duale e riconoscimento delle associazioni con l’iscrizione in un apposito registro19. Si è giunti così alla XVI legislatura, quan-do si son ritrovate contemporaneamente all’esame delle Commissioni II giustizia e X attività produttive della Camera dei deputati ben sette proposte20.

temi e analisi

14 Direttiva 89/48/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 relativa a un sistema generale di ricono-scimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni.

15 Direttiva 92/51/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 relativa a un secondo sistema generale di rico-noscimento della formazione professionale, che integra la direttiva 89/48/CEE. Di questa si veda in

particolare l’articolo 1, lettera f, comma 2 per il riconoscimento delle attestazioni e dei conferimenti di titoli rilasciati dalle associazioni professionali.

16 Per un puntuale resoconto degli avvenimenti di quegli anni: Piera Colarusso, Professione bibliote-cario: un percorso in salita, «AIB Notizie» 15 (2003), n. 1, p. 11-12, <http://www.aib.it/aib/editoria/n15/

03-01colarusso.htm>.

17 Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, relativa al rico-noscimento delle qualifiche professionali.

18 Come primi della serie si possono annoverare la citata proposta di legge n. 1048 Istituzione del cer-tificato professionale controllato e delega al Governo per la disciplina delle professioni non regola-mentate, primo firmatario on. Ruzzante, presentata il 26 giugno 2001 alla Camera dei deputati, e il

disegno di legge n. 691 Disciplina delle professioni intellettuali, primo firmatario on. Nania, presen-tato il 27 settembre 2001 al Senato.

19 Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, Disegno di legge sulle professioni non regola-mentate: assemblea 15 gennaio 2003, <http://www.cnel.it/53?shadow_documenti=10954>. 20 Per un quadro delle tante proposte e disegni di legge presentati in questi anni si vedano Piera

Cola-russo, Professione bibliotecario cit.; la tabella Quali sono le proposte di legge in discussione sulle

professioni non regolamentate? all’indirizzo <http://www.asscouns.it/StatoArteRiconoscimento.htm>;

Coordinamento libere associazioni professionali, Indagine conoscitiva promossa dalle Commissione

II giustizia e Commissione X attività produttive della Camera dei deputati in relazione all’esame delle proposte di legge sulla riforma delle professioni intellettuali: documento consegnato a conclusione dei lavori dell’indagine conoscitiva, [Roma: Colap], aprile 2010, p. 19-22.

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La situazione di stallo, determinata soprattutto dai veti delle rappresentanze degli ordini, si è sbloccata soltanto quando alla Camera, constatata la difficoltà di emanare un provvedimento unico sulle professioni, il 9 giugno 2010 si è deciso di scorporare la riforma in due tronconi, affidando alla Commissione giustizia quella degli ordi-ni e alla Commissione attività produttive quella delle associazioordi-ni21, che così pote-va procedere molto più speditamente e completare, come abbiamo visto, il suo iter prima della chiusura della legislatura.

I bibliotecari nell’universo delle professioni non regolamentate

A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta il dibattito interno all’AIB e le ini-ziative dell’Associazione tese al riconoscimento della professione e alla sua stessa tra-sformazione in associazione di natura spiccatamente professionale sono maturati sotto l’influsso del contesto che si è cercato di descrivere e dei cambiamenti che man mano avvenivano o sembravano prefigurarsi.

E nemmeno per l’AIB (a onta dei vari segnali che potrebbero far pensare il con-trario, come i congressi periodicamente dedicati alla professione) il cammino può dirsi sia stato sempre spedito e privo di tensioni. Anzi, osservata col senno di poi, più d’una delle misure adottate in questo periodo si mostra viziata da eccessiva circo-spezione o dalla necessità di mediare tra concezioni differenti. Ciò nonostante la strada percorsa è stata tanta22, solo si pensi che, ancora nel 1989, al XXXV Congres-so nazionale di Cefalù, Giuseppe Colombo poteva domandarsi in modo non retori-co se quella del bibliotecario fosse «un’autentica professione di partiretori-colare rilevan-za pubblica, tale per cui sia indispensabile il riconoscimento giuridico [...] sopratutto trattandosi di professionisti-impiegati [...] che sono comunque già tutelati dalle leggi e dai contratti di lavoro», mentre l’apposito Gruppo di studio AIB lavorava a una pro-posta di legge per l’esercizio della professione che richiedeva il conseguimento del-l’abilitazione mediante esame di stato e l’istituzione di un albo professionale23.

Volendo sintetizzare all’estremo quanto avvenuto nell’ultimo ventennio, a giu-dizio di chi scrive, tre sono le milestone che contrassegnano e qualificano l’azione dell’AIB per la tutela e il riconoscimento della professione. Le prime due afferiscono all’organizzazione interna e traggono origine dal Congresso di Genova del 1998, dove forte fu la spinta a caratterizzare maggiormente l’associazione sul fronte della rap-presentanza professionale. A Genova l’assemblea dei soci riunita il 29 aprile approvò

21 Commissioni riunite II (giustizia) X (attività produttive, commercio e turismo), Riforma delle pro-fessioni… «Bollettino delle giunte e delle commissioni parlamentari», seduta 23 giugno 2010 Camera

dei Deputati (XVI legislatura), <http://documenti.camera.it/leg16/resoconti/commissioni/bollettini/ pdf/2010/06/23/leg.16.bol0343.data20100623.com0210.pdf >.

22 Nel mare magnum di letteratura sul tema, ci si limita a segnalare tre stringati contributi che, nel

loro insieme, forniscono un quadro sintetico, ma chiarificatore, delle vicende principali di questi anni: Piera Colarusso, Professione bibliotecario cit., Vittorio Ponzani, L’albo professionale dei bibliotecari:

una riflessione in AIB-CUR, «AIB notizie», 15 (2003), n. 9/10, p. 6, <http://www.aib.it/aib/editoria/n15/ 03-09ponzani.htm>, Claudio Gamba, Dall’albo dei bibliotecari al riconoscimento professionale, «AIB notizie», 16 (2004), n. 4, p. 1-3, <http://www.aib.it/aib/editoria/n16/0404gamba.htm>.

23 Giuseppe Colombo, Uno statuto per la professione, in Cultura organizzativa e pianificazione: ruolo e prospettive per le biblioteche nel mercato dell’informazione: atti del XXXV Congresso nazionale del-l’Associazione italiana biblioteche, Cefalù, 30 settembre - 4 ottobre 1989, Palermo: Regione

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all’unanimità l’istituzione dell’Albo professionale italiano dei bibliotecari, rimasto in vigore fino al 4 novembre 2010, quando è stato abrogato a seguito dell’approva-zione del nuovo Statuto24. Nel settembre successivo il CEN costituì l’Osservatorio lavoro, divenuto operativo nel 1999, che nel 2007 si è trasformato in Osservatorio lavoro e professione, fondendosi con il Gruppo di lavoro sul lavoro discontinuo.

Il terzo momento fondamentale è rappresentato dall’adesione al Colap nel 2001. Quest’adesione, la cui importanza, all’epoca, è probabilmente sfuggita ai più, deter-minerà, col passar del tempo, una trasformazione sostanziale delle strategie e degli indirizzi dell’AIB in materia di professione, incanalandoli in orizzonti assai più ampi di quelli entro i quali si era mossa fino ad allora, e dando una spallata decisiva alla concezione dell’AIB quale associazione culturale.

L’iscrizione al Colap e la partecipazione ai suoi organismi e alle sue attività conta, tra gli effetti più positivi, quello di aver innestato, almeno negli organi di governo dell’associazione, un processo che, per quanto non sempre lineare e privo di diver-genze interne, ha portato alla presa di coscienza, tutta “politica”, che i bibliotecari non sono soli nell’universo. Pur non perdendo mai di vista la ricchezza dell’entro-terra scientifico, culturale e valoriale da cui proveniamo, non dobbiamo commet-tere l’errore di isolarci nella classica torre d’avorio. Le nostre vicende vanno inseri-te e letinseri-te in un coninseri-testo molto più ampio. Altre decine di professioni (il Colap conta oltre 230 associazioni) vivono le nostre medesime problematiche e, spesso, le mede-sime frustrazioni; e come la nostra (e talune molto più della nostra) si scontrano con gli ostacoli frapposti dagli apparati delle tradizionali professioni ordinistiche25.

Alleati agli altri abbiamo potuto - e potremo - rappresentare una forza d’opinio-ne, come pure, prosaicamente, un bacino di riferimento nelle interlocuzioni politi-che. Da soli, ci ha insegnato l’esperienza di cocenti disillusioni patite in due/tre decenni, non si va da nessuna parte.

Prima di procedere a un’analisi della legge 4/2013, diamo quindi uno sguardo alla composizione del mondo delle professioni intellettuali. Con l’avvertenza, d’ob-bligo, che l’esplorazione non è semplice perché si tratta di un mondo a tratti semi-sconosciuto e le indagini presentano dati anche non di poco divergenti.

Il totale degli iscritti a ordini e collegi oscilla, stando alle varie fonti, tra il milio-ne e settecentomila e i 2 milioni di professionisti, temilio-nendo presente che possono essere iscritti agli ordini anche professionisti non attivi nel mercato del lavoro26. Il

temi e analisi

24 Col passar del tempo l’Albo ha perso molta della sua carica innovativa, senza dar luogo a effettivi

benefici per gli iscritti, probabilmente non soltanto per colpa dell’AIB, né dei bibliotecari. Facendo un raffronto con la legislazione in materia di riconoscimento professionale, pare di poter dire che la pecca maggiore dell’intero impianto consistesse nell’opzionalità dell’iscrizione all’Albo, che permetteva anche ai non iscritti a esso di beneficiare dello status di associato, lasciando ambiguo il discrimine tra professionista e non professionista: una impostazione che forse denota quanto fosse difficile stac-carsi da una visione “culturale” dell’associazione.

25 In merito sia consentito rinviare a Raffaele De Magistris, I due corni (uguali) della fiamma antica,

«AIB Notizie», 22 (2010), n. 2, p. 8-9, <http://www.aib.it/aib/editoria/n22/0206.htm3>.

26 Sugli aspetti e le cifre che seguono: Consulta del lavoro professionale della CGIL, Professioni: un universo complesso, Milano: Ediesse, 2010, p. 20-25, <http://www.ediesseonline.it/files/sfogliabili/professioni

%20sindacarto_selezione.pdf>, altra versione ugualmente attendibile del documento sul sito della CGIL: <http://www.cgil.it/Archivio/politiche-economiche/Documento_dipartimento_su_professioni_definitivo.pdf>); Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, V Rapporto di monitoraggio sulle professioni non

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regola-maggior numero di iscritti si registra per gli ordini attinenti alle professionalità sani-tarie che, comprendendovi anche professioni affini come assistenti sociali e psico-logi, sfiorano quasi la metà del totale. Altri sei ordini (ingegneri, avvocati, architet-ti, geometri, giornalisti e commercialisti) presentano una consistenza superiore o vicina ai 100 mila iscritti; i rimanenti hanno dimensioni più contenute.

A fronte di questi è cresciuto in maniera esponenziale, nel corso degli ultimi decenni, un esercito di professionisti - e di professioni - “non regolamentati” di cui non è agevole neppure il censimento.

Data l’ampiezza che andava assumendo il fenomeno, il CNEL nei primi anni del nuovo millennio ha incominciato a monitorarlo con maggiore attenzione, istituendo dapprima la Commissione per le nuove rappresentanze, e successivamente la Con-sulta e l’Osservatorio sulle nuove professioni. La banca dati sulle associazioni pro-fessionali del CNEL, al 31 dicembre 2004, riportava una lista di una novantina scar-sa di nuove professionalità, classificate in 7 categorie, che comprendevano tra il milione e cinquecentomila e il milione e settecentomila professionisti circa.

Indagini svolte dal 2005 al 2007 hanno stimato un numero molto superiore di professionisti non regolamentati: stando ai dati formulati dal Censis e dal Colap, staremmo sopra i 3 milioni di soggetti (ripartiti in oltre 90 attività professionali affe-renti a 5 categorie), che contribuiscono alla produzione di un 4%-7% del Pil nazio-nale, fino a toccare il 21% con le imprese collegate. Il dato è abbastanza credibile; anzi, esso si pone non in contraddizione, ma in linea con quello del CNEL se si con-sidera che il CNEL ha indagato coloro che svolgono prevalentemente l’attività pro-fessionale mentre Censis e Colap hanno indagato tutto l’universo dei professioni-sti, di cui circa i due terzi lavorano come dipendenti27.

L’indagine Censis consente di tracciare un primo identikit di questi professioni-sti: abbastanza giovani, almeno rispetto agli standard attuali (età media intorno ai 42 anni; fascia di età più consistente: 35-40 anni), possiedono un titolo di studio medio-alto (quasi il 52% la laurea), per lo più a indirizzo umanistico (si apprezza circa un 40% di laureati in materie letterarie, linguistiche e pedagogiche); la gran maggioranza, più dell’80%, svolge il proprio lavoro come lavoratore dipendente, di cui i due terzi esclusivamente in questa forma, mentre il restante beneficia anche di contratti di collaborazione o lavori occasionali presso altre società ecc. Un dato suf-fragato dal fatto che tra la stessa minoranza di liberi professionisti sono in molti a soffrire una condizione di lavoro subordinato mascherato: per esempio ben il 40% delle partite IVA si affida a un committente unico e la percentuale va più che a rad-doppiare se si sommano i pluri-committenti a mono-committenza prevalente28.

Anche se il campione degli intervistati è più circoscritto, una recente ricerca svol-ta dal Colap tra le associazioni a esso aderenti e i professionisti che rappresensvol-tano

mentate, Roma, aprile 2005, <http://www.cnel.it/53?shadow_documenti=10562>; Coordinamento libere

associazioni professionali, Indagine conoscitiva promossa dalle Commissione II giustizia e Commissione X

attività produttive della Camera dei deputati in relazione all’esame delle proposte di legge sulla riforma delle professioni intellettuali cit., in particolare p.3-4; XVI legislatura, Servizio studi del Senato, Ufficio ricerche nel

settore delle attività produttive e in quello dell’agricoltura, Disegno di legge a. S. n. 3270 cit., p. 20; Coordina-mento libere associazioni professionali, Il ruolo delle associazioni professionali e i confini tra ordini e

asso-ciazioni cit., in particolare p. 58-60.

27 Consulta del lavoro professionale della CGIL, Professioni cit., p. 25-28. 28 Consulta del lavoro professionale della CGIL, Professioni cit., p. 28 e seguenti.

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fornisce risultanze più precise e, sotto diversi aspetti, più illuminanti29. In primo luogo, sotto il profilo anagrafico, si evidenzia una cospicua presenza di donne nelle fasce più giovanili: il 68% di esse è nato dopo il 1960 (contro il 46% degli uomini), di cui il 25% dopo il 1970. Ma a colpire favorevolmente è il dato relativo ai titoli di studio, secondo cui il 73% dei professionisti Colap detiene la laurea o anche (per il 23%) un dottorato di ricerca e/o una specializzazione post-laurea. Nel comparto delle discipline culturali, in cui rientrano i bibliotecari, addirittura si raggiunge un incre-dibile 96%, 23 punti circa sopra la media.

Il lavoro dipendente permane la tipologia di inquadramento maggiormente dif-fusa, in linea con i risultati delle precedenti indagini. A essere inquadrato con con-tratto di lavoro dipendente è il 76% degli intervistati e questo costituisce la formu-la di formu-lavoro esclusiva per un considerevole 56,8%. Nonostante, però, soltanto il 15% degli intervistati svolga il proprio lavoro esclusivamente da libero professionista, è sintomatico come il 58% degli uomini e il 52% delle donne percepisca la propria come una libera professione, evidentemente perché il concetto di professione è lega-to non tanlega-to alla tipologia del contratlega-to di lavoro, quanlega-to piutlega-toslega-to al tipo di lavo-ro che si svolge e al fatto di essere legati spesso (25% circa dei casi) a realtà di picco-la o piccolissima dimensione, dove colpicco-laborano dalle due alle nove persone. Dall’indagine emerge, in ultimo, un dato inquietante: per quanto tutti i cinque macrosettori in cui il Colap suddivide i professionisti associativi risultino colpiti vio-lentemente dalla ormai quadriennale crisi economica, sono tuttavia le discipline amministrativo-contabili (90%) e le discipline culturali (85%) ad aver subito l’im-patto più duro, a onta, come visto, dell’altissima percentuale di laureati30.

I bibliotecari si collocano all’interno di questo universo di professionisti. Su di essi non sussistono molti dati, né molto omogenei e affidabili. A incominciare dal loro numero, che stime diverse indicano nell’ordine delle 15-19 mila unità31. Qui interes-sa soprattutto mettere a fuoco come, all’interno della platea dei nostri colleghi, tutte le indagini, pur eterogenee e frammentarie, siano concordi nel registrare il progres-sivo aumento della percentuale di operatori privati, rispetto a coloro che beneficia-no dell’impiego fisso nella pubblica amministrazione. Il comparto dove il ricorso all’e-sternalizzazione sembra più esteso è quello degli enti locali, non solo sotto l’aspetto quantitativo, ma anche in riferimento alla tipologia di attività e servizi esternalizza-ti. Significativo anche il quadro degli associati AIB, il 25% dei quali, ormai, non è sta-bilizzato; uno scenario a cui rimanda anche il trend, costantemente in crescita, delle

temi e analisi

29 Coordinamento libere associazioni professionali, Indagine sulle professioni associative: wave 2012,

coordinamento e analisi qualitativa Emiliana Alessandrucci, [Roma: Colap, 2013].

30 Ivi, p. 34-38.

31 Sia consentito rinviare a Raffaele De Magistris, I bibliotecari e il lavoro: tra crisi e nuove prospetti-ve. Introduzione ai lavori della sessione, relazione introduttiva alla I sessione, svoltasi il 22 novembre

2012 e dedicata a “Il lavoro nei beni culturali” (introduzione e coordinamento: Raffaele De Magistris, AIB Osservatorio lavoro e professione, Diego Robotti, ANAI Soprintendenza archivistica per il Piemonte e la Valle D’Aosta, Adele Maresca Compagna, ICOM Italia, Mibac Ufficio studi), nell’ambito degli “Stati generali dei professionisti del patrimonio culturale. Archivi, biblioteche e musei: agenda per un futu-ro sostenibile” (Milano, 22-23 novembre 2012). Gli atti sono in corso di pubblicazione. Nella stessa sessione Gigliola Marsala, presidente di Aspidi, Associazione per la promozione delle imprese di docu-mentazione e informazione, ha tenuto una interessante e documentata relazione su Il lavoro nei beni

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posizioni lavorative instabili nell’ambito degli organi dell’associazione, in primo luogo dei CER, dove, in qualche caso, come nell’attuale CER Campania, nessuno dei mem-bri appartiene alla categoria degli impiegati con contratto a tempo indeterminato.

Ma il risvolto peggiore è che, come risposta alla crisi, le pubbliche amministrazio-ni negli ultimi tempi hanno moltiplicato oltre le dimensioamministrazio-ni fisiologiche, e anche in dubbia osservanza delle leggi, due insidiosi espedienti: il ricorso massiccio al volonta-riato e l’affidamento in outsourcing dei servizi secondo il criterio del prezzo più basso32.

È sperabile che la legge 4/2013 e la conseguente definizione dei contenuti della professione e dei profili professionali, riescano ad arginare, in tutto o in parte, tali fenomeni degenerativi che rischiano di inquinare il lavoro in biblioteca, penalizzando in definitiva la qualità di quei servizi che a parole si dichiara di voler implementare.

Legge n. 4/2013: un difficile equilibrio tra pressioni di lobby e visioni contrastanti

La legge 4/2013, come era naturale che accadesse, è stata in questi mesi tra gli argo-menti centrali di un numero cospicuo di incontri, convegni, corsi; cosicché i suoi contenuti possono dirsi ormai familiari, quanto meno nella loro generalità, al mondo delle biblioteche e dei bibliotecari, primi fra tutti gli associati AIB.

In questa sede è pertanto sufficiente richiamare alcune delle caratteristiche più signi-ficative e cercare di enucleare particolari elementi di riflessione o di problematicità.

La legge fa riferimento a tre tipologie di soggetti, creando tra loro una fitta trama di inter-relazioni: i singoli professionisti non organizzati, il mondo delle associazioni (nelle due varianti delle associazioni professionali e delle forme aggregative, quali il Colap), l’UNI e il mondo della certificazione (Accredia, l’organismo unico nazionale di accreditamento, e gli organismi di certificazione da esso accreditati). Quest’impianto piuttosto articolato (anzi, verrebbe da aggiungere, in qualche passaggio un po’ farraginoso) è in buona parte dovuto alla preoccupazione del legislatore di conciliare posizioni tra loro anche alternative.

Innanzitutto occorreva, come si è detto, superare lo scoglio degli ordini e rassi-curare le loro rappresentanze (CUP, Comitato unitario permanente degli ordini e dei collegi professionali): una preoccupazione da cui pare scaturire, per esempio, l’articolo 1 comma 3, non presente nella versione licenziata in prima lettura alla Camera e aggiunto tra gli emendamenti al Senato. La prescrizione, formalistica quan-to draconiana, contempla per chiunque svolga una delle professioni riconducibili alla legge, l’obbligo di riportare in ogni documento e rapporto scritto con il cliente la precisazione di essere un professionista disciplinato ai sensi della legge 4/2013; l’i-nadempimento rientra tra le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e con-sumatori, ai sensi del d. leg. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo)33, e può comportare sanzioni amministrative pecuniarie di importo anche rilevante: da 5 mila a 500 mila euro secondo la gravità e la durata della violazione.

32 In merito a questa analisi cfr. Raffaele De Magistris, I bibliotecari e il lavoro cit. Nel momento in cui

stendiamo queste note si è in attesa che siano elaborati e resi pubblici i risultati dell’indagine effet-tuata dall’Osservatorio lavoro e professione dell’AIB. Il questionario è stato distribuito, con metodo

random, a un universo di più di 8.000 bibliotecari, <http://www.aib.it/struttura/osservatorio-lavoro-e

-professione/2013/32802-questionario-sul-lavoro/>. L’analisi dei risultati scaturiti dalle oltre 3.000 risposte sarà presentata nel corso del LVIII Congresso nazionale dell’AIB “Quale lavoro in biblioteca” (Roma, 28-29 novembre 2013).

33 In particolare si veda il titolo III, capo II, sez. I, Pratiche commerciali ingannevoli (art. 20-23) e sez.

II, Pratiche commerciali aggressive (art. 24-26), <http://www.agcm.it/normativa/consumatore/4524-decreto-legislativo-6-settembre-2005-n-206-codice-del-consumo.html>.

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Se gli ordini hanno costituito, storicamente, l’antagonista più ostico sul cam-mino della legge, nondimeno lo stesso fronte delle professioni non regolamentate si è mostrato, in questi anni, poco compatto. Schematizzando, si può dire che al suo interno si sono contrapposte due filosofie, tradottesi in due approcci normativi che hanno dato luogo a disegni di legge parecchio distanti tra loro.

La prima, patrocinata all’inizio in modo più convinto da Assoprofessioni (ora CNA professioni34) e in seguito anche dall’UNI, appare maggiormente influenzata dalla tradizione italiana di matrice pubblicistica e ordinistica. Essa infatti si fonda sul riconoscimento della professione come centro di gravitazione delle conoscenze e capacità teorico-pratiche e ritiene fondamentale che quest’ambito sia di pertinenza di una normazione di parte terza, allo scopo di salvaguardare la qualità delle prestazioni e favorire la dinamicità del mercato. Secondo l’articolazione definitiva di questa impostazione35, la definizione delle caratteristiche professionali peculiari (compe-tenze ecc.) veniva affidata all’UNI, in quanto ente di normazione nazionale, men-tre le associazioni ricoprivano un ruolo piuttosto marginale.

Di vario ordine le ragioni a sostegno di questo approccio. In primo luogo è stata addotta la sua aderenza ad alcune delle direttive e dei regolamenti che delineano il nuovo inquadramento comunitario in materia di libera circolazione di beni e servi-zi, come la direttiva n. 123/2006 (Servizi), nella quale si pone l’accento sul tema della certificazione di qualità su base volontaria, a opera di organismi indipendenti o accre-ditati36, o come il regolamento n. 765/2008 del Parlamento europeo, e del Consiglio, che tratta la materia della vigilanza del mercato per garantire la protezione dell’inte-resse pubblico37. Inoltre i soggetti favorevoli a questa soluzione non hanno mancato di sottolineare che, parallelamente all’evoluzione del quadro legislativo europeo «negli ultimi anni a livello ISO, CEN e UNI sono nate numerose iniziative di qualificazione di attività professionali [... anche] relative a professioni per nuovi bisogni»38;

un’atti-temi e analisi

34 Si consulti il sito di Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa,

<http://www.cna.it/PROFESSIONI>.

35 Va notato che in un primo momento, invece, la regolazione della materia era affidata ad atti di

natu-ra amministnatu-rativa (per esempio mediante decreti emanati dal Ministro della giustizia: si veda, per esempio, il disegno di legge a. C. n. 1934, primo firmatario on. Froner (20 novembre 2008).

36 Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai ser-vizi nel mercato interno. Di particolare interesse il considerando 102 e l’art. 26, nel quale, in specie,

si invitano gli Stati membri ad adottare «[...] misure di accompagnamento volte a incoraggiare i pre-statori a garantire, su base volontaria, la qualità dei servizi, in particolare: a) facendo certificare o valu-tare le loro attività da organismi indipendenti o accreditati […]».

37 Regolamento (CE), n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008 che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializza-zione dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93.

38 Ruggero Lensi, Il riconoscimento delle professioni tramite l’autoregolamentazione “a norma”,

«Osserva-torio Accredia», 1 (2013), p. 26-39; la citazione è a p. 29. Al momento della stesura di questo contributo sono sette le norme UNI, UNI-CEI e UNI-EN sulle professioni non regolamentate già esistenti, si veda all’indirizzo <http://www.uni.com/images/stories/uni/aree_tematiche/09_servizi_trasporti_turismo/pdf/altro/norme_ professioni_elenco_rev2.pdf>, e dieci le norme UNI in lavorazione, il procedimento di alcune delle quali, come quelle del bibliotecario e dell’archivista, è iniziato però solo dopo l’emanazione della l. n. 4/2013; si veda all’in-dirizzo <http://www.uni.com/images/stories/uni/aree_tematiche/09_servizi_trasporti_turismo/pdf/altro/ progetti_professioni_elenco_rev1.pdf>.

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vità nella quale hanno iniziato una proficua collaborazione con l’UNI anche Asso-professioni e la Federazione delle associazioni per la certificazione (FAC)39.

Soprattutto si è messo in luce come l’esperienza metodologica acquisita nel nostro paese abbia consentito, a fine 2006, la costituzione in CEN, su impulso e sotto il coor-dinamento di UNI, di un tavolo di indirizzo sulla qualificazione delle professioni e del personale da cui è scaturita la pubblicazione, nell’aprile 2010, della CEN Guide 14, un documento di basilare importanza, che riguarda sì la conduzione di attività euro-pee di normazione in materia di professioni, ma costituisce al contempo un punto di riferimento anche per l’elaborazione di progetti di norma a livello nazionale40.

In una visione diversa, ispirata a scenari più innovativi, tipici della common law, si sono invece riconosciuti il Colap e le associazioni a esso aderenti. Questi hanno puntato, fin dalle loro prime elaborazioni teoriche e iniziative di lobbying, a un sis-tema che prevedesse in prima battuta il riconoscimento delle associazioni rappre-sentative piuttosto che delle professioni sottostanti; l’obiettivo consisteva nel super-are il classico modello del riconoscimento preventivo dei singoli profili professionali, retaggio di quella visione ordinistica che ha permeato la storia della nostra società e della nostra legislazione. Nell’epoca, si asseriva, dell’economia della conoscenza, contrassegnata dalla velocità dei processi evolutivi, non è possibile cristallizzare a un momento preciso i requisiti di una data professione, né tanto meno regolamentare in maniera omogenea tutte le professioni. Ogni professione ha un’evoluzione diver-sa dalle altre, anche coeve; basti riflettere a quanto è accaduto a partire dagli anni Ottanta: alcune professioni restano ancora vitali sul mercato, ma le specifiche attiv-ità di cui si compongono sono radicalmente cambiate (quella del bibliotecario è un caso esemplare); alcune si sono diversificate in più professioni specializzate; altre si sono estinte; altre ancora sono sul viale del tramonto in termini di domanda; altre infine sono del tutto nuove e in forte espansione.

L’unico modo per governare un sistema così composito è il riconoscimento delle associazioni rappresentative, gli unici soggetti in grado di definire dinamicamente gli ambiti tecnici, scientifici, deontologici delle rispettive professioni, di tracciare le opportune norme di trasparenza per il reclutamento e la valutazione dei percorsi for-mativi, oltreché di svolgere funzioni di garanzia nei confronti dei clienti/utenti/con-sumatori. Tale forma di accreditamento, si sosteneva, costituisce il nucleo della rego-lamentazione professionale nei sistemi del Regno Unito e degli USA, nei modelli a regime misto ordinistico/associativo dell’Europa continentale e in special modo nel modello costruito dalla Comunità europea a partire dalle ricordate direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE e giunto a compimento con la direttiva n. 35/2006 (Qualifiche).

Il riconoscimento delle associazioni invece delle professioni sottostanti si porta dietro un corollario determinante, relativo ai meccanismi di selezione dei profes-sionisti. Al posto delle certificazioni a monte, valide una volta per sempre, e di parte terza previste da un sistema ordinistico di tipo autorizzario vanno infatti introdot-te le atintrodot-testazioni di compeintrodot-tenza, tipiche di un sisintrodot-tema accreditatorio di parintrodot-te secon-da, rilasciate ai propri iscritti dalle associazioni a seguito di periodiche verifiche

(ele-39 La FAC è nata nel 1997 ed è accreditata, come organismo di certificazione per i professionisti da

Accredia, <http://www.federazionefac.it/>.

40 Guida CEN 14: linee guida di indirizzo per le attività di normazione sulla qualificazione delle pro-fessioni e del personale, edizione italiana a cura di UNI, Ente nazionale italiano di unificazione,

[Mila-no: UNI], aprile 2011. La Guida CEN 14 è richiamata espressamente come base per la «normativa tec-nica UNI» nell’art. 6 della l. n. 4/2013.

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mento discriminante!) e osservando le regole di trasparenza consone a un regime di concorrenza leale: sono queste a rendere esplicito per l’utente, finale o intermedio, il rapporto tra le diverse componenti professionali (curriculum, competenze, capa-cità) e il prezzo pagato per la prestazione. Ciò è possibile perché le associazioni, com-poste come sono da professionisti del settore, detengono la cosiddetta informazio-ne rilevante sulla professioinformazio-ne e pertanto possono non solo esprimere con cognizioinformazio-ne di causa una valutazione del professionista, ma anche assicurare una maggiore dif-fusione complessiva delle informazioni per la collettività, che tenda a compensare il divario di asimmetria informativa nel quale si trovano di solito i clienti/utenti, rendendoli mediamente più consapevoli nelle scelte.

Evitare eventuali conflitti di interesse toccherebbe a soggetti di certificazione di parte terza, nella loro veste di enti indipendenti, in grado di certificare la qualità dei singoli processi o prodotti messi in opera dalle associazioni, quali per esempio, i pro-cedimenti di attestazione delle competenze, quelli di sanzione di abusi e irregola-rità, o la congruità dell’organizzazione associativa.

Le differenti posizioni, come si è accennato, sono state accolte, variamente grad-uate, nella miriade di proposte di legge in questi anni accavallatesi in Parlamento, dove le ritroviamo illustrate anche nei documenti presentati nel corso delle audizioni tenute alla Camera a partire dal 200941. Sono state, altresì, portate all’attenzione degli stakeholder e dell’opinione pubblica durante svariate iniziative, anche orga-nizzate con questo scopo specifico, di cui si ricordano il ciclo di tre seminari su “Una riflessione verso una riforma duale delle professioni” organizzati dal Colap nel 200942, e il Convegno del 2010 su “Professioni qualificate e libero mercato”, a cura di UNI, Assoprofessioni e Accredia43.

La legge 4/2013 attua una mediazione tra entrambe le posizioni. Essa infatti lega tra loro, in un equilibrio complesso (e in alcuni passaggi forse macchinoso e di non immediata evidenza) i diversi attori (associazioni, forme aggregative di associazio-ni, UNI, Accredia) che in questi anni si sono impegnati nella costruzione di un per-corso normativo per le professioni non regolamentate. In particolare:

temi e analisi

41 Si veda per tutte l’audizione di rappresentanti del Coordinamento libere associazioni

professiona-li e di Assoprofessioni tenuta il 1 dicembre 2009 da parte delle Commissioni riunite II e X della Came-ra dei deputati, <http://www.camera.it/leg17/browse/461?stenog=/_dati/leg16/lavori/stencomm/ 0210/indag/professioni/2009/1201&pagina=s010>; Coordinamento libere associazioni professiona-li, Indagine conoscitiva promossa dalle Commissione II giustizia e Commissione X attività produttive

della Camera dei deputati in relazione all’esame delle proposte di legge sulla riforma delle profes-sioni intellettuali cit., in particolare p. 24-32.

42 Coordinamento libere associazioni professionali, Perché riconoscere le Associazioni professionali e non le professioni: ciclo di seminari Una riflessione verso una riforma duale delle professioni: I sem-inario, Roma, 26 marzo 2009, [Roma: Colap, 2009]; Coordinamento libere associazioni professionali, Attestazione di parte seconda o certificazione di parte terza? Il valore dell’attestato di competenza: ciclo di seminari Una riflessione verso una riforma duale delle professioni: II seminario, Milano, 22 maggio 2009, [Roma: CoLAP, 2009]; Coordinamento libere associazioni professionali, Il ruolo delle associazioni professionali e i confini tra ordini e associazioni cit.

43 Professioni qualificate e libero mercato, [a cura di] UNI, [con la collaborazione di] Accredia e

Asso-professioni, Milano: Uni, 2010, <http://www.uni.com/images/stories/uni/menu/partecipazione/pdf/ atticonvegnoAssoprofessioni_DEF.pdf>, (atti del Convegno “Professioni qualificate e libero mercato”, Roma, 21 giugno 2010).

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– all’UNI viene demandato il compito di elaborare, per ciascuna professione, una normativa tecnica (cui possono collaborare, per i rispettivi settori, le associazioni e le loro forme aggregative) che individui i requisiti, le competenze, le modalità di eser-cizio dell’attività e le modalità di comunicazione verso l’utente, affinché costitui-scano principi e criteri generali che disciplinano l’esercizio auto-regolamentato della singola attività professionale e ne assicurino la qualificazione;

–gli organismi di certificazione accreditati da Accredia provvedono in seguito a rila-sciare al singolo professionista, su sua richiesta, il certificato di conformità alla norma tecnica UNI;

– le associazioni professionali rappresentative, il cui elenco è pubblicato dal Mini-stero dello sviluppo economico sul proprio sito internet, a loro volta assicurano, tra l’altro, la piena conoscibilità dei requisiti necessari per la partecipazione all’asso-ciazione, con particolare riferimento a due elementi fondamentali: i titoli di studio relativi all’attività professionale e l’obbligo per gli appartenenti di procedere all’aggiornamento professionale permanente offerto dall’associazione stessa o da terzi -cui è connessa la predisposizione di strumenti idonei ad accertare il suo effettivo assolvimento; esse possono inoltre autorizzare gli associati a utilizzare il riferimen-to all’iscrizione quale marchio o attestariferimen-to di qualità e di qualificazione professiona-le dei propri servizi e, soprattutto, possono rilasciare ai propri iscritti, previe professiona-le neces-sarie verifiche, una attestazione relativa alla regolare iscrizione, ai requisiti necessari per la partecipazione all’associazione stessa, agli standard qualitativi e di qualifica-zione professionale che si è tenuti a rispettare nell’esercizio dell’attività professio-nale se si vuole conservare l’iscrizione all’associazione, all’eventuale possesso, da parte dell’associato, di un certificato di conformità;

– le associazioni possono infine riunirsi in forme aggregative costituite come asso-ciazioni di natura privatistica, con funzioni di promozione e qualificazione delle attività professionali rappresentate, di rappresentanza delle istanze comuni e di con-trollo dell’operato delle singole associazioni ai fini del rispetto e della congruità dei loro standard professionali e qualitativi.

Come si vede, per quanto manchi nei loro confronti un riconoscimento formale, la presenza delle realtà associative assume particolare rilievo: grazie all’iscrizione del professionista a una di esse, i clienti/utenti potranno essere rassicurati sull’esistenza di numerosi aspetti di professionalità della prestazione; si potrebbe parlare, insom-ma, di una sorta di “bollino blu” per i professionisti facenti parte di un’associazione.

All’interno di questo schema, basilare è la convivenza tra i due regimi della cer-tificazione e dell’attestazione. Questi, anzi, in qualche modo si sovrappongono qua-lora il professionista sia in possesso sia del certificato di conformità che dell’attesta-to associativo, quasi come se l’uno possa considerarsi di base e l’altro di specializzazione, quantunque qualche parte in causa, in momenti di accesa polemica, abbia derubri-cato l’attestato associativo al rango di mero attestato di iscrizione44.

In realtà, il dettato sembra prestarsi a potenziali ambiguità; per smussarne alcu-ne si è argomentato che il sistema disegnato dalla legge è aperto a due scenari. «Il primo tende a esaurire con l’attestato rilasciato dall’associazione tutto il procedi-mento di riconoscibilità della professione. Tale ipotesi può valere per alcune pro-fessioni, che lavorano prevalentemente per l’impresa, le cui associazioni sono parte

44 Si consulti sul sito Professionisti.it: Riforma per i senza albo: Berloffa (CNA-Professioni) e Falcone (LAPET) analizzano i prossimi step, [intervista] di Lucia Basile, 7 gennaio 2012, <http://www.professionisti.it/

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di organismi o network internazionali (per esempio buyer, logistica, manager). […] Il secondo scenario realizza pienamente il valore sistemico della legge perché si adat-ta a tutte quelle professioni che nel settore giuridico, tecnico e del benessere svol-gono attività specialistiche anche in concorrenza con gli ordini professionali. In que-sto caso la necessità di una normazione attraverso la procedura dell’UNI […] costituirebbe il riconoscimento di un processo già in corso da tempo»45. Un’inter-pretazione che, a nostro avviso, lascia margini a più d’unaperplessità.

Né, da un’altra prospettiva, si può escludere l’evenienza di situazioni di conflitto nel caso una o più associazioni spingessero per attivare un processo di approvazione di norma UNI relativa alla professione di afferenza e l’UNI, al contrario, non ritenesse di doverlo fare. Infine c’è chi si esprime sulla legge 4/2013 in modo essenzialmente negativo per-ché teme che essa abbia messo in piedi, alla fin fine, un sistema paraordinistico costo-so tanto per i professionisti quanto per le ascosto-sociazioni, e tuttavia meno controllato e più autoreferenziale46.

Legge n. 4/2013: lo sportello per il cittadino

Un elemento di grossa novità introdotto dalla legge 4/2013 e del tutto assente nel decreto 206/2007 è l’obbligo, in capo alle associazioni, di attivare, tra le altre forme di garanzia, uno sportello per il cittadino consumatore, al fine di informarlo, assi-sterlo e tutelarlo contro le pratiche commerciali scorrette47.

La legge, in questa sua prescrizione, ha evidentemente di vista soprattutto i rap-porti tra professionisti privati e utenti finali. Come si è già notato, una fascia molto consistente di professionisti, dal 60% all’80% circa, svolge invece la propria attività con contratti da lavoratore dipendente; e questa quota è di certo ancora più alta tra gli operatori dei beni culturali, ivi compresi i bibliotecari.

Poiché ai registri degli associati possono essere iscritti sia professionisti dipen-denti sia professionisti in proprio (con o senza partita IVA), le associazioni profes-sionali attestano la profesprofes-sionalità per entrambe le tipologie, sulla base di predeter-minati criteri fissati in statuto e attuati con specifici regolamenti.

È fuor di dubbio che per la figura professionale autonoma il ricorso dell’utente dovrà essere rivolto allo sportello dell’associazione che lo ha certificato.

A chi deve invece rivolgersi il consumatore che intende contestare la fruizione di un servizio ritenuto scadente o lacunoso, qualora questo sia stato erogato da un professionista dipendente, pubblico o privato (poniamo: da un bibliotecario dipen-dente di un Comune o di una cooperativa)?

In questo caso l’azione dell’utente non potrà che rivolgersi, necessariamente, a chi detiene la titolarità del servizio; vale a dire, sempre riferendoci ai bibliotecari, il più delle volte agli enti pubblici che li hanno istituzionalmente in carico.

temi e analisi

45 Giorgio Berloffa - Stefano Mannacio, Normazione e qualità: una legge aperta al mercato delle pro-fessioni, «Osservatorio Accredia», 1 (2013), p. 40-49; la citazione è a p. 43.

46 Rosario Trefiletti, Professioni non ordinistiche: regolazione e concorrenza. No a “paraordini”,

«Osser-vatorio Accredia», 1 (2013), p. 50-51.

47 L. n. 4/2013, art. 2, comma 4: «Le associazioni promuovono forme di garanzia a tutela dell’utente,

tra cui l’attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, presso il quale i com-mittenti delle prestazioni professionali possano rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli profes-sionisti, ai sensi dell’art. 27-ter del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonché ottenere informazioni relative all’attività professionale in generale e agli standard qua-litativi da esse richiesti agli iscritti».

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Va ricordato, al riguardo, che gli enti titolari della gestione del servizio hanno l’ob-bligo della predisposizione della carta dei servizi, che rappresenta lo strumento di dife-sa degli utenti e deve indicare in modo preciso le modalità e i tempi di presentazione, nonché di verifica, delle rimostranze dei cittadini che si reputano danneggiati.

Ovvio poi che il titolare della gestione del servizio, nella sua azione di difesa, o di risposta all’utente danneggiato, potrà a sua volta rivolgersi all’associazione pro-fessionale a cui il suo dipendente fa riferimento, ma ciò solo nel caso ci sia una nor-mativa che prevede, tra i requisiti di assunzione (pubblica o privata), l’obbligo del-l’attestazione professionale.

E sempre che, quando si tratta di affidamento di servizi in outsourcing, il capito-lato del bando di gara sia stato compicapito-lato in modo corretto, così che si evidenzi una effettiva difformità tra la qualità della prestazione erogata e quella della prestazione pattuita e il disservizio sia addebitabile a una manchevolezza del professionista e non alla necessità di osservare ritmi lavorativi o livelli di produttività assolutamen-te incongrui (esempio tipico per i biblioassolutamen-tecari: la qualità del reference)48.

L’istituzione di uno sportello per i cittadini va a inserirsi, come si nota, in un con-testo molto complicato, dove interagiscono un groviglio di soggetti e di norme. Da qui l’opportunità di fruire di servizi più articolati, offerti per esempio dalle forme aggregative. Il Colap, al riguardo, ha già promosso uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore che consente di ottenere informazioni sulle associazioni che hanno lo sportello presso lo stesso Coordinamento, sui loro soci, le loro attività e i loro standard, e inoltre di gestire anche i reclami e i contenziosi che dovessero sor-gere tra le medesime associazioni e gli utenti-consumatori49. Alla gestione di recla-mi e contenziosi collaborerà anche Adiconsum, Associazione difesa consumatori e ambiente, con cui il Colap ha sottoscritto, il 5 settembre 2013, un importante pro-tocollo d’intesa, dando vita a un ente bilaterale finalizzato a mettere in campo stru-menti a tutela dell’utenza e di qualificazione professionale per i professionisti delle associazioni aderenti al Coordinamento50.

Legge n. 4/2013 e decreto legislativo n. 206/2007

Mentre le proposte di legge in materia di disciplina delle professioni continuavano a finire su binari morti, il Governo emanava il d. leg. n. 206 del 9 novembre 200751.

48 Si ringrazia Fausto Rosa per i chiarimenti e le puntualizzazioni durante le discussioni su questi temi

nell’ambito dell’Osservatorio lavoro e professione dell’AIB.

49 Si veda <http://www.colap.eu/index.php/sportello>.

50 Si legga il comunicato stampa Colap - Adiconsum del 5 settembre 2013, dal titolo Tutela dei con-sumatori: nasce il protocollo d’intesa tra Colap e Adiconsum: «Tra i punti fondanti dell’intesa quello

di migliorare l’informazione, la consapevolezza e la qualità dei servizi offerti agli utenti dai professio-nisti associativi attraverso specifici strumenti previsti dalla legge 4/2013, tra i quali: la formulazione di codici di condotta, per rafforzare l’aspetto deontologico del professionista iscritto; la costituzione di comitati di indirizzo e sorveglianza, per verificare i criteri di valutazione e rilascio dei sistemi di atte-stazione professionale messi in atto dalle associazioni; e l’attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, con il compito di dare informazioni sulle attività professionali degli asso-ciati e sui loro standard qualitativi, e gestire eventuali segnalazioni di reclami e contenziosi».

51 Decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al rico-noscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determi-nate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania.

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Si tratta di un decreto di rilevanza strategica, che segna uno spartiacque nella disciplina delle associazioni e delle professioni non riconosciute, poiché non solo ha messo in moto importanti meccanismi di riconoscimento, ma ha anche stabili-to dei principi generali dai quali in futuro sarà impossibile derogare.

Il decreto recepisce, come detto, la direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche profes-sionali del Parlamento europeo e del Consiglio. In sintesi si può affermare che il decreto 206/2007 ha dato una prima applicazione a un insieme di principi consi-derati tra i cardini della politica europea, primi fra tutti i principi di libertà di pre-stazione dei servizi e di libertà di stabilimento, entrambi articolazione del principio più generale della libera circolazione52.

Pertanto il decreto, aprendo il mercato delle professioni alle attività fino ad allora non riconosciute e non regolamentate, non solo consente ai nostri professionisti di non partire svantaggiati nei confronti della concorrenza proveniente dagli altri paesi euro-pei, ma, per quanto attiene al nostro specifico campo d’interesse, in virtù dell’articolo 26, introduce per la prima volta in Italia un soggetto in precedenza del tutto assente in questo tipo di legislazione: le associazioni delle professioni non regolamentate.

Esso infatti - facendo propria un’impostazione basata sul sistema di tipo aperto e non ordinistico - in primo luogo designa anche le associazioni professionali rappre-sentative tra i soggetti ammessi a partecipare all’elaborazione di proposte in materia di piattaforme comuni; in secondo luogo dispone concretamente quali siano i criteri e le procedure in base a cui determinare il riconoscimento delle associazioni medesime.

Per alcuni anni l’articolo 26, in assenza di una legge organica sulle professioni non regolate, ha rappresentato per queste ultime l’unica possibile, benché parziale, forma di riconoscimento, con la conseguenza di trasformarsi in un terreno di scon-tro tra interessi contrastanti53. Questa è stata la causa principale dell’inaccettabile lentezza con cui il Ministero della giustizia e il CNEL hanno proceduto all’esame delle domande di riconoscimento presentate dalle associazioni.

Al 5 settembre 2013 erano appena 29 le associazioni per le quali il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche europee e il Ministro compe-tente del settore, ha emanato il decreto che consente l’annotazione nell’elenco tenu-to dallo stesso Ministero della giustizia54. Tra esse l’AIB, che ha ottenuto l’iscrizione il 7 gennaio del 2013 ed è a tutt’oggi la sola associazione riconosciuta tra quelle affer-enti al comparto dei beni culturali: un traguardo di cui andar fieri.

Con l’emanazione della legge 4/2013, al di là degli aspetti positivi di ciascuno dei due provvedimenti, si sono tuttavia create, a parere di chi scrive, alcune aree di

sovrap-temi e analisi

52 Per una breve quanto chiara esposizione di alcuni punti salienti del decreto 206/2007 si veda Dal-l’Italia all’Europa, dall’Europa alDal-l’Italia cit., in particolare p. 9-13.

53 A questo proposito basti ricordare le vicende del decreto di attuazione Requisiti per la individuazione e l’annotazione degli enti di cui all’articolo 26 del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, emanato il 28 aprile 2008 dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per le politiche europee e con il Ministro per i beni culturali, che, tra l’altro, precisava dettagliatamente anche le modalità dell’istruttoria, e avverso il quale sono stati presentati ben tre ricorsi. Il 26 marzo 2009 il TAR Lazio, dopo aver respinto due ricorsi di ordi-ni e del CUP, accogliendo il ricorso proposto dalle professioordi-ni saordi-nitarie, con sentenza n. 3160 ha annullato il decreto, riconfermando, però, la validità dell’art. 26 del d. leg. n. 206/2007 perché quelle regole sono state ritenute autosufficienti e nella norma non si fa riferimento alla necessità di decreti regolamentari. 54 L’elenco è consultabile all’indirizzo <http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_24.wp> (ultima

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posizione tra questa e l’articolo 26 del decreto 206/2007, che, se non si interviene tempestivamente, in futuro potrebbero essere fonte di uno dei tipici grovigli legi-slativi e burocratici “all’italiana”.

In primo luogo, sia la legge 4/2013 che l’articolo 26 del decreto 206/2007 preve-dono la costituzione di un elenco delle associazioni. Man mano che avranno corso i relativi procedimenti, si formeranno, pertanto, due elenchi distinti, presso due Mini-steri diversi, l’uno tenuto, ai sensi del decreto 206/2007, dal Ministero della giustizia, l’altro, ai sensi della legge 4/2013, dal Ministero dello sviluppo economico. Per giun-ta, i provvedimenti prevedono, da parte delle associazioni, il possesso di un numero di requisiti e il rispetto di prescrizioni solo in parte coincidenti55. Soprattutto siamo dinanzi, ai fini dell’iscrizione negli elenchi, a procedure di accertamento, controllo e validazione svolte sia con modalità che con finalità assolutamente differenti. Nello specifico, mentre, come si è visto, l’iscrizione a norma del decreto 206/2007 origina da una puntuale istruttoria, con valutazione finale, e avviene solo previo formale decreto interministeriale, per quanto attiene alla legge 4/2013, fanno testo unica-mente le autodichiarazioni del legale rappresentante dell’associazione, rilasciate in appositi modelli. Anzi, il Ministero tiene a ribadire che «l’elenco ha una finalità esclu-sivamente informativa e non un valore di graduatoria o di rilascio di giudizi di affi-dabilità da parte del Ministero dello sviluppo economico»56. Per cui si potrebbero regi-strare casi scabrosi di associazioni che si trovano iscritte nell’elenco previsto dalla legge 4/2013, ma, di contro, sono state bocciate secondo il decreto 206/2007.

C’è infine un ultimo aspetto su cui occorrerà fare chiarezza: la legge 4/2013 pre-vede che a definire i caratteri salienti di una professione sia una normativa UNI, men-tre il decreto 206/2007 affida l’elaborazione di proposte di piattaforme comuni alle autorità competenti, che allo scopo consultano soggetti rappresentativi delle pro-fessioni, come le associazioni. Ma, viene da chiedersi, elaborare una proposta in materia di piattaforma comune, non implica, di fatto, la necessità di definire i requi-siti tipici di una professione, al di fuori di una norma UNI (qualora questa non sia ancora redatta, per esempio), se non in alternativa a essa? Quindi anche mediante un processo di analisi e sistematizzazione che esula dai suoi protocolli?

Se tutto ciò è vero, i rischi di “invasioni di campo” tra i due provvedimenti, la legge 4/20013 e l’articolo 26 del decreto 206/2007, risultano molto alti. Per evitarli, al momen-to il Governo potrebbe ricorrere alla soluzione, che forse è malizioso congetturare, di vani-ficare gli effetti dell’articolo 26 del decreto 206/2007, rallentando la firma dei decreti da parte del Ministro della giustizia e soprattutto non dando a essa alcun seguito pratico.

55 Ved. al riguardo in part. d. leg. n. 206/2007, art. 26, comma 3 e comma 4, e l. n. 4/2013, art. 2, 4, 5, 6 e 7. 56 Si veda, sul sito web del Ministero, la pagina Professioni non organizzate: pubblicata la legge di disciplina, <http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php?option=com_content&view=article

&viewType=1&idarea1=593&idarea2=0&idarea3=0&idarea4=0&andor=AND&sectionid=0&andorcat =AND&partebassaType=0&idareaCalendario1=0&MvediT=1&showMenu=1&showCat=1&showArchive NewsBotton=0&idmenu=2263&id=2026497>. Inoltre, nelle Istruzioni modulistica: elenco

associa-zioni professionali, si precisa: «Le associaassocia-zioni dovranno compilare obbligatoriamente solo la prima

sezione dell’allegato 2, mentre la seconda sezione andrà compilata soltanto dalle associazioni che intendano autorizzare i propri iscritti a utilizzare il riferimento all’iscrizione all’associazione come mar-chio/attestato di qualità dei propri servizi. […] Il Ministero verificherà la correttezza formale della dichia-razione presentata, con particolare riferimento all’effettiva disponibilità sul sito web dell’associazione degli elementi informativi previsti dalla legge e alla coerenza con quanto dichiarato al Ministero», <http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/impresa/mercato/Istruzioni_ModelencoAss.pdf>.

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