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Guarda «Romancero. Canti narrativi della Spagna medievale», introd. e note di Giuseppe Di Stefano, trad. di Enrico Di Pastena, con testo a fronte. Venezia, Marsilio, 2011, 443 pp.

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Rilanciata con vigore da qualche anno sotto la direzione di Marco Presotto, la collana “Dulcinea” della Marsilio propo-ne un nuovo titolo di sicuro interesse. Si tratta di un’impresa rischiosa, per certi versi, ma opportunamente affidata alla sapienza di Giuseppe Di Stefano, che ha potuto fare scorta di precedenti espe-rienze titaniche in editoriali spagno-le, affrontate sempre col giusto piglio. L’impresa è quella, immancabilmente insidiosa, di realizzare un’antologia; e in questo caso è ancor più spinosa, dal mo-mento che l’obiettivo del volume di cui parliamo è quello di offrire un florilegio (necessariamente non ampio, ma spera-bilmente significativo) di un corpus dal-le dimensioni tanto estese da non essere controllabili.

Possono, dunque, i 72 testi selezionati per il libro, e poi messi nelle mani di En-rico Di Pastena, felicemente gravato dal compito di approdare a una traduzione (mai come in questo caso di nobile ser-vizio), rappresentare un'immagine dav-vero affidabile dell'immensa tradizione romanceril? Certamente no, verrebbe da dire, e d’altro canto è ben risaputo

che ogni antologia è una sfida persa in partenza: mancherà sempre, a detta dei lettori avvisati, qualche brano merite-vole o addirittura imprescindibile, e ce ne sarà sempre qualcuno a cui si poteva rinunciare. Ci sottrarremo, dunque, alla consuetudine di stendere l’inventario delle presenze e delle assenze, e ci dedi-cheremo ad altro, ossia a valutare il pos-sibile impatto del volume sul pubblico a cui è diretto: in prima istanza al lettore colto che s’interessa di cose ispaniche (rara avis, ancor oggi), e poi a quelli che saranno, presumibilmente, i principali consumatori del libro, vale a dire gli stu-denti universitari.

Fin dal sottotitolo (con l’indicazione “canti narrativi”), il volume vuole espli-citare un aspetto sovente dimenticato, e comunque assai poco presente allo studente medio di letteratura spagnola, o d’altra area: il profondo legame che si stabilisce, almeno in età medievale e rinascimentale, tra la dimensione del testo, che fluttua tra l’oralità e parziali forme di scrittura, e quella dell’accom-pagnamento in musica, a volte semplice e popolaresca, talora raffinata e cortigia-na. Su questo vincolo insiste, opportuna-mente, la bella introduzione di Di Stefa-no, che si apprezza per l’estrema chiarez-za espositiva, la linearità esemplare della struttura organizzativa, e la densità dei contenuti e dei temi affrontati. Il

risulta-R E C E N S I O N I

Tintas. Quaderni di letteratura iberica e iberoamericane, 1 (2011), pp. 273-310. issn: 2240-5437.

http://riviste.unimi.it/index.php/tintas/

Romancero. Canti narrativi della Spagna medievale, introd. e note di Giuseppe Di Stefano, trad. di Enrico Di Pastena, con testo a fronte, Venezia, Marsilio, 2011, 443 pp.

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to è un insieme di poco più di trenta pa-gine, che costituiscono nel loro insieme un ottimo avvicinamento al romancero nel suo complesso e alle sue mille sfac-cettature. La snellezza dell’introduzione non fa a pugni con la completezza della rassegna delle principali questioni, mol-te delle quali ancora oggetto di dibattito, che definiscono la dimensione proble-matica di questo corpus: le origini del romance, la sua struttura metrica, la cen-trifuga trasmissione, le ricreazioni con-tinue, l’andamento dialogico e talvolta quasi teatrale di molti testi, il loro rag-grupparsi (certo più per nostra comodi-tà che non per esplicita voloncomodi-tà dei testi stessi) in filoni tematici. Si aggiunga, poi, a completamento dell’apparato, l’ampia annotazione (sono circa 60 pagine) che accompagna, in fondo al volume, ogni singolo romance scelto, e la sua indub-bia utilità per il lettore meno avvezzo ai personaggi e alle leggende della cultura ispanica, e si avrà un quadro del valore complessivo del volume.

Forse risulta lievemente sbilanciata la distribuzione dei testi in categorie, tra cui spicca quella dei romances novelle-schi (ben 33 brani sui 72 complessivi). Si tenga conto, però, come correttamen-te ricorda Di Scorrettamen-tefano, che l’etichetta di novelesco si è sempre applicata a una vastissima congerie di testi, anche sen-sibilmente diversi fra loro, che presen-tano elementi di non facile collocazione in altre categorie, dai contorni ben più definiti. Né sarà da trascurare l’indub-bia fascinazione di gran parte di questi romances, come quello, celeberrimo, del Conde Arnaldos e del suo incontro con il vascello incantato, significativamente posto ad apertura della silloge.

Quanto alla versione italiana, è chia-ro che della traduzione di testi poetici è sempre oltremodo difficile parlare. Il

to-pico del traduttore che si dichiara scon-fitto nello scontro con il testo d’origine è da tempo moneta corrente, e non poteva mancare nemmeno nella breve nota che antecede la raccolta dei romances. Enrico Di Pastena, non nuovo a prove tradutti-ve insidiose (penso alla Teoría y juego del duende lorchiana), sceglie un cammino transitato e indubbiamente consiglia-bile, quello di evitare la forzatura della rima assonante e della specularità metri-ca nella versione italiana rispetto all’ori-ginale spagnolo. Tuttavia non manca di esercitare una scelta personale, che ci sembra del tutto condivisibile, quale è quella di riprodurre nella lingua d’arri-vo le imprevedibili alternanze dei tempi verbali che caratterizzano molti roman-ces, e che senz’altro ne costituiscono una delle cifre stilistiche più peculiari.

Un ottimo strumento didattico e di mediazione culturale ci sembra, in de-finitiva, questa antologia, che riesce a vincere la battaglia con le pagine a di-sposizione (sempre troppo poche) e a offrire un percorso di lettura valido, ben organizzato, e di sicura comprensibili-tà anche per un pubblico, duole dirlo, sempre meno abituato al testo poetico medievale.

Alessandro Cassol

Tardes del Alcázar si conserva in un manoscritto autografo custodito nel-la Biblioteca Capitunel-lar y Colombina di

Juan de Robles, Tardes del Alcázar. Doctrina para el perfecto vasallo, a cura di Antonio

Castro Díaz, Ayuntamiento de Sevilla, 2011,

328 pp.

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Tintas.Quaderni di letterature iberiche e iberoamericane, 1(2011), pp. 273-310. issn: 2240-5437. http://riviste.unimi.it/index.php/tintas/

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