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DI ALCUNI FRAINTENDIMENTI INTORNO ALLA MATERNITÀ SURROGATA. IL GIUDICE SOGGETTO ALLA LEGGE E L’INTERPRETAZIONE PARA-COSTITUZIONALE

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Rivista N°: 2/2018

DATA PUBBLICAZIONE: 02/04/2018

AUTORE: Elisa Olivito

*

DI ALCUNI FRAINTENDIMENTI INTORNO ALLA MATERNITÀ SURROGATA. IL GIUDICE

SOGGETTO ALLA LEGGE E L’INTERPRETAZIONE PARA-COSTITUZIONALE

Sommario: 1. Il divieto (di intermediazione commerciale) in materia di maternità surrogata: tamquam

non esset per alcuni giudici? – 1.1. Assimilare per equiparare: sull’uso distorsivo dell’argomento

egualitarista e del sindacato di legittimità costituzionale. – 2. La sentenza n. 272 del 2017: un importante punto fermo. – 2.1. Il bilanciamento implica sempre il raffronto tra (almeno) due termini. - 3.

De iure condito e de iure condendo: distinguere i piani nell’interesse dei minori e delle relazioni

umane, per una meditata riflessione sull’adozione.

1. Il divieto (di intermediazione commerciale) in materia di maternità surrogata:

tamquam non esset per alcuni giudici?

In questi anni anche in Italia si è molto discusso di maternità surrogata.

È da supporre che il dibattito (anche) dottrinale su questo tema non si arresterà,

an-che alla luce di una recente pronuncia della Corte costituzionale

1

, di cui i giudici comuni per

primi sono chiamati a tener conto.

A questo proposito, il dato normativo nazionale sembrerebbe lasciare pochi dubbi:

l’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004 (tuttora) dispone che chiunque, in qualsiasi

forma, realizzi, organizzi o pubblicizzi la commercializzazione di gameti o di embrioni o la

surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da

seicentomila a un milione di euro. Il legislatore ha così posto un divieto ad ampio spettro, che

cionondimeno – e su questo punto si ritornerà - non è certamente volto a colpire i bambini

* Associata di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Roma ‘Sapienza’.

(2)

nati da accordi surrogatori, bensì l’attività di intermediazione commerciale (generalmente)

postulata dalla surrogazione di maternità

2

.

Peraltro, sebbene siano state avanzate delle perplessità sulla legittimità

costituziona-le di tacostituziona-le divieto - in ragione della sua supposta assolutezza e/o irragionevocostituziona-lezza

3

- e sia

sta-ta prospetsta-tasta-ta l’idea che sul disposto normativo che lo contiene debbano riversarsi, per

ana-logia, le censure già mosse nei confronti di molte parti della legge n. 40 del 2004, la Corte

costituzionale ha già avuto occasione di affermare che la prescrizione concernente «la

co-siddetta “surrogazione di maternità”, di cui all’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004,

[…]», conserva «perdurante validità ed efficacia»

4

.

Vedremo in seguito le pronunce e le argomentazioni attraverso cui i giudici

costitu-zionali si sono espressi al riguardo e quale peso debba riconoscersi ad alcuni significativi

passaggi della recente sentenza n. 272 del 2017, che da alcuni sono stati considerati alla

stregua di meri (se non poco attenti) obiter dicta

5

.

Eppure, se della questione della “maternità surrogata”

6

continuano a essere investiti

sia i giudici comuni sia (tramite questi e surrettiziamente) la Corte costituzionale, ciò si deve

non tanto alla circostanza per cui le coppie italiane (eterosessuali e omosessuali) si recano

nei paesi in cui tale pratica è consentita

7

, ma a quegli orientamenti giurisprudenziali sulla cui

2 In questi termini, sulla base di una lettura del disposto legislativo cui si aderisce, cfr. S.N ICCOLAI, Alcune note intorno all’estensione, alla fonte e alla ratio del divieto di maternità surrogata in Italia, in GenIUS,

fasc. 2/2017, p. 51, secondo la quale, «così interpretando, si può ritenere che, oggi come ieri, quanto nella vigenza della legge n. 40/2004 quanto anteriormente, il nostro ordinamento non punisce e non reprime (pur senza approvarli né incoraggiarli) i casi in cui la surrogazione di maternità non è frutto di un mercato, cioè quelli sorgenti da accordi spontanei tra le persone direttamente interessate».

3 In tal senso si vedano, ad esempio, le considerazioni di G. B

RUNELLI, Nel dedalo della maternità

surrogata: universalismo dei diritti, ruolo della legge e autonomia femminile, in S.NICCOLAI,E.OLIVITO (a cura di), Maternità, filiazione, genitorialità. I nodi della maternità surrogata in una prospettiva costituzionale, Napoli,

Jovene, 2017, pp. 81 ss.; A.RUGGERI,C.SALAZAR, «Non gli è lecito separarmi da ciò che è mio»: riflessioni sulla maternità surrogata alla luce della rivendicazione di Antigone, in www.giurcost.org, fasc. 1/2017, pp. 142 s.

4 Sentenza n. 162 del 2014, punto 9 del Considerato in diritto. 5 Cfr. A.S

CHILLACI, La Corte costituzionale e la conservazione dello status filiationis acquisito all’estero: (molte) luci e (poche) ombre, tra verità biologica e interesse del minore, in www.diritticomparati.it (18 gennaio

2018).

6 Sulle ragioni che inducono chi scrive a preferire l’espressione “maternità surrogata” a quelle più

“edulcorate” di “gestazione per altri” e di “gravidanza per altri” sia consentito il rinvio a E.OLIVITO, Una visione

costituzionale sulla maternità surrogata. L’arma spuntata (e mistificata) della legge nazionale, in S.NICCOLAI,E.

OLIVITO (a cura di), Maternità, filiazione, genitorialità. I nodi della maternità surrogata in una prospettiva

costituzionale, cit., pp. 3 ss.

7 Al riguardo, deve ribadirsi la fallacia degli assunti concernenti la supposta inefficacia deterrente del

divieto (di intermediazione commerciale) in materia di maternità surrogata.

Lo studio di alcune esperienze straniere sembra, invero, smentire le tesi secondo cui i) il divieto legislativo (e non altro) sarebbe causa del turismo procreativo e del ricorso alle pratiche surrogatorie (anche) di tipo commerciale consentite all’estero, cui diversamente non si ricorrerebbe; ii) l’inefficacia del suddetto divieto non lascerebbe altra alternativa che l’adozione di una disciplina nazionale permissiva della sola surrogazione c.d. altruistica; iii) l’eliminazione del divieto e la regolamentazione della maternità surrogata avrebbero di per sé effetti deflattivi del turismo procreativo e della mercificazione retrostante ad alcune pratiche surrogatorie.

Basti solo considerare che anche negli ordinamenti che hanno una regolamentazione più o meno permissiva di tale pratica il ricorso alle c.d. cross-border surrogacies non si è interrotto, ma è al contrario in crescita, poiché la regolamentazione più o meno permissiva della pratica non è tale da disincentivare il forum

shopping: cfr. E.JACKSON,J.MILLBANK,I.KARPIN,A.STUHMCKE, Learning from Cross-Border Reproduction, in Med.

(3)

base è stata disposta la trascrizione degli atti di nascita redatti all’estero ed è stato

giuridi-camente costituito in capo ai committenti il relativo rapporto di genitorialità. Posti, infatti, di

fronte alla necessità di verificare che il riconoscimento degli atti giuridici stranieri derivanti da

un accordo surrogatorio sia compatibile con il limite dell’ordine pubblico internazionale (ex

artt. 16

8

e 65

9

della legge n. 218/1995 e art. 18 del D.P.R. n. 396/2000

10

), alcuni giudici

han-no accordato preferenza a una lettura del suddetto limite tale da obliterare sia il divieto di cui

alla legge n. 40 del 2004

11

sia, per il modo in cui ciò avvenuto, la complessità delle questioni

a esso sottese. Senza voler in questa sede indugiare nell’analisi di tale giurisprudenza,

pre-me nondipre-meno evidenziare che la mancata riconduzione del divieto (di interpre-mediazione

commerciale) in materia di maternità surrogata nelle spettro del limite dell’ordine pubblico ha

fatto sì che l’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004 fosse in definitiva ritenuto tamquam

non esset e che fosse conseguentemente posto nel nulla il bilanciamento dei diversi interessi

meritevoli di tutela (e di rilievo costituzionale), di cui quella disposizione è purtuttavia il frutto.

Si è così ingenerato un preoccupante (ma rimediabile) meccanismo di fuga in avanti

di alcuni giudici che, per effetto di una mirata selezione di liti strategiche

12

, sono divenuti il

canale di trasmissione dell’elusione di quel divieto. Tale elusione è, peraltro, presentata

co-me un passaggio necessitato non soltanto hic et nunc, nell’interesse di quel minore, ma

uni-versaliter e pro futuro, nel generalizzato interesse dei (futuribili) committenti e nell’ottica di

uno strisciante superamento dell’art. 12, comma 6, in prima battuta per via

giurisprudenzia-le

13

. Il sostanziale aggiramento del suddetto divieto e - preme ribadirlo - il connesso

Per ulteriori riflessioni sul punto si veda, pertanto, E.OLIVITO, Una visione costituzionale sulla maternità

surrogata. L’arma spuntata (e mistificata) della legge nazionale, cit., pp. 10 ss. e p. 21. 8 «La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico.

In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana».

9 «Hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all’esistenza

di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell’ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa».

10 «Gli atti formati all’estero non possono essere trascritti se sono contrari all’ordine pubblico».

11 Ciò è avvenuto sulla scorta di una pronuncia del giudice di legittimità concernente il caso di una

fecondazione eterologa realizzata da una coppia di donne (Cass., Sez. I civ., sentenza 30 settembre 2016, n. 19599, confermata da Cass., Sez. I civ., sentenza 15 giugno 2017, n. 14878), in conseguenza della discutibile trasposizione della massima della sentenza, nella giurisprudenza di merito, su casi di maternità surrogata: cfr. Corte App. Milano, decreto 28 ottobre 2016; Corte App. Trento, ordinanza 23 febbraio 2017; Tribunale di Agrigento, Sez. civ., decreto 12 aprile 2017. Tutte le pronunce sono rinvenibili in www.articolo29.it.

12 Per “lite strategica” deve intendersi quella che, appellandosi a un caso esemplare, consiste «nel

cercare di ottenere dal giudice una regola generale nuova che soppianti una vecchia, ritenuta, dalla soggettività o minoranza che agisce, lesiva, dannosa, discriminatoria». Come nei casi di specie, «[o]ttenendone una serie si può contare su un quadro giuridico modificato (i giudici futuri seguiranno i precedenti) o esprimere una pressione perché la legge venga modificata: il contrasto tra la legge e le sentenze fa apparire la legge ingiusta dunque non meritevole di essere osservata e conservata»: S.NICCOLAI, Femminismo ed esperienza giuridica. A proposito del ritorno di una antica regula juris, in A. SIMONE, I. BOIANO (a cura di), Femminismo ed esperienza giuridica.

Pratiche, argomentazione, interpretazione, Roma, Edizioni Efesto, 2018, p. 55

13 Il percorso intrapreso è stato, difatti, quello di un contenzioso strategico (o litigation strategy), in cui «la

pronuncia giudiziaria non interessa solo le parti formalmente in giudizio, ma mira ad avere ricadute su una pluralità di soggetti formalmente estranei al giudizio, distinguendosi dal modello tradizionale della controversia privata; inoltre, il rimedio giudiziario non è concepito solo come ripristino di una situazione o in chiave risarcitoria,

(4)

mento dei caleidoscopici beni coinvolti nelle pratiche di maternità surrogata

14

sono stati,

d’altra parte, resi possibili dall’impiego di alcuni espedienti: l’inopinata trasfigurazione del

controllo sulla sussistenza del limite dell’ordine pubblico internazionale in un giudizio

antici-pato (e diffuso) di costituzionalità; la non corretta assimilazione della maternità surrogata alle

pratiche di fecondazione eterologa; la strumentalizzazione delle questioni di legittimità

costi-tuzionale a fini di “politica del diritto giurisprudenziale”.

Per quanto attiene al primo profilo, il travisamento concernente la verifica della

con-trarietà all’ordine pubblico internazionale degli effetti giuridici imputabili a una nascita da

sur-rogazione di maternità è stato ingenerato da una pronuncia della Corte di cassazione che,

superando un suo meditato precedente

15

, si è espressa in termini opinabili. Secondo la

Su-prema Corte, nel valutare se l’atto di stato civile straniero, di cui si chiede di riconoscere gli

effetti in Italia, sia compatibile con l’ordine pubblico, il giudice italiano non deve verificare se

esso sia stato adottato in applicazione di una disciplina straniera conforme o difforme rispetto

alle disposizioni interne (seppure imperative o inderogabili), ma soltanto se «contrasti con le

esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, desumibili dalla Carta costituzionale, dai

Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali». Da ciò è stato fatto discendere che «il

giudice dovrà negare il contrasto con l’ordine pubblico in presenza di una mera

incompatibili-tà (temporanea) della norma straniera con la legislazione nazionale vigente, quando questa

rappresenti una delle possibili modalità di espressione della discrezionalità del legislatore

ordinario in un determinato momento storico»

16

.

ma è pensato in prospettiva e volto ad orientare l’azione del legislatore»: B.PEZZINI, I confini di una domanda di giustizia (profili costituzionali della questione della trascrizione del matrimonio same-sex contratto all’estero), in GenIUS, fasc. 2/2015, p. 81 (corsivi miei).

L’esigenza di un contenzioso strategico, finalizzato alla rimozione – giurisprudenziale e, in prospettiva, legislativa – di quanto espressamente disposto dalla legge n. 40 del 2004 in tema di maternità surrogata discende, invero, dalla constatazione che «[i]l divieto di surrogazione di maternità (art. 12, co. 6) ed il divieto di ricorso al parto anonimo per la donna che abbia fatto ricorso alla fecondazione assistita (art. 4, co. 2) non consentono di mettere in discussione la ratio legislativa che considera irrinunciabile la centralità di una madre biologica (di gravidanza e parto, anche se non genetica) cui la filiazione deve essere attribuita»: B. PEZZINI, Riconoscere responsabilità e valore femminile: il “principio nel nome della madre” nella gravidanza per altri, in S.

NICCOLAI, E. OLIVITO (a cura di), Maternità, filiazione, genitorialità. I nodi della maternità surrogata in una prospettiva costituzionale, cit., p. 105.

14 Nella dottrina italiana le complesse questioni di rilievo costituzionale sottese alla maternità surrogata

sono state lucidamente colte da S.NICCOLAI, Maternità omosessuale e diritto delle persone omosessuali alla

procreazione sono la stessa cosa? Una proposta di riflessione, in Costituzionalismo.it, fasc. 3/2015, pp. 1 ss. 15 Cass., Sez. I civ., sentenza 11 novembre 2014, n. 24001.

Con tale pronuncia la Corte di cassazione aveva ricondotto nel perimetro dell’ordine pubblico internazionale il divieto di intermediazione commerciale in materia di maternità surrogata, affermando che l’ordine pubblico non si identifica con le sole norme imperative, ma con i principi fondamentali che caratterizzano l’ordinamento giuridico interno: «L’ordine pubblico internazionale, infatti, è il limite che l’ordinamento nazionale pone all’ingresso di norme e provvedimenti stranieri, a protezione della sua coerenza interna; dunque non può ridursi ai soli valori condivisi dalla comunità internazionale, ma comprende anche principi e valori esclusivamente propri, purché fondamentali e (perciò) irrinunciabili. È peraltro evidente che, nella individuazione di tali principi,

l’ordinamento nazionale va considerato nella sua completezza, ossia includendovi principi, regole ed obblighi di

origine internazionale o sovranazionale. […] Il divieto di pratiche di surrogazione di maternità è certamente di

ordine pubblico, come suggerisce già la previsione della sanzione penale, di regola posta appunto a presidio di beni giuridici fondamentali» (corsivi miei).

(5)

In conseguenza di questo discutibile ingessamento e del connesso livellamento della

nozione di ordine pubblico internazionale

17

, la giurisprudenza di merito

18

ha successivamente

ritagliato sul divieto di cui all’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004 una distinzione

analoga: vi sarebbero “leggi meramente imperative”, come tali inidonee a entrare in rapporto

di bilanciamento con il “principio costituzionale del superiore interesse del minore”

19

e “leggi

espressione di principi costituzionalmente obbligati”

20

, le sole in grado di fungere da limite di

ordine pubblico. Sulla base della richiamata differenziazione, alcuni giudici hanno così

ritenu-to che né il disposritenu-to legislativo contenente il divieritenu-to di intermediazione commerciale in

mate-ria di maternità surrogata né il principio per cui è madre colei che partorisce (art. 269, comma

3, del codice civile) siano espressione di “rime costituzionalmente obbligate”. Entrambi,

dun-que, sarebbero inidonei a costituire un limite di ordine pubblico internazionale - il che soltanto

aprirebbe alla considerazione degli specifici elementi delle fattispecie sub iudice - e non

po-trebbero, pertanto, determinare la negazione del riconoscimento ai minori dello status

filiatio-nis acquisito all’estero.

Tale biforcazione rievoca la differenziazione tra leggi costituzionalmente obbligatorie

e leggi a contenuto costituzionalmente vincolato

21

, che fu introdotta a tutt’altro fine dalla

L’interpretazione dell’ordine pubblico internazionale offerta dalla Prima Sezione civile della Corte di cassazione sembra, peraltro, aver trovato smentita nella recente pronuncia con cui le Sezioni Unite, in un caso riguardante i c.d. danni punitivi, hanno affermato che l’ordine pubblico internazionale si compone non soltanto dei principi fondamentali desumibili dalla Costituzione e dalle fonti sovranazionali, bensì di quelli che, nell’ordinamento interno ed in un dato momento storico, ispirano la disciplina di una certa materia, a prescindere dal rango della fonte da cui traggono origine: Cass., SS. UU., sentenza 5 luglio 2017, n. 16601. Significativamente, le Sezioni Unite affermano che «[l]a sentenza straniera che sia applicativa di un istituto non regolato dall’ordinamento nazionale, quand’anche non ostacolata dalla disciplina europea, deve misurarsi con il

portato della Costituzione e di quelle leggi che, come nervature sensibili, fibre dell’apparato sensoriale e delle parti vitali di un organismo, inverano l’ordinamento costituzionale. Se con riguardo all’ordine pubblico

processuale, ferma la salvaguardia dei diritti fondamentali di difesa, il setaccio si è fatto più largo per rendere più agevole la circolazione dei prodotti giuridici internazionali, con riguardo all’ordine pubblico sostanziale non può dirsi altrettanto. Gli esiti armonizzanti, mediati dalle Carte sovranazionali, potranno agevolare sovente effetti innovativi, ma Costituzioni e tradizioni giuridiche con le loro diversità costituiscono un limite ancora vivo: privato di venature egoistiche, che davano loro “fiato corto”, ma reso più complesso dall’intreccio con il contesto internazionale in cui lo Stato si colloca» (corsivi miei).

Su tale pronuncia, per l’apprezzabile freno che essa pone «a tendenze eccessivamente globalizzatrici che sembrano voler svuotare di contenuto la nozione di ordine pubblico internazionale», cfr. G.ZARRA, L’ordine

pubblico attraverso la lente di ingrandimento del giudice di legittimità: in margine a Sezioni Unite 16601/17, in Diritto del commercio internazionale, 3/2017, p. 733.

17 Sul punto, criticamente, cfr. F.A

NGELINI, Il divieto di maternità surrogata a fini commerciali come limite

di ordine pubblico e strumento di tutela della relazione materna: storia di un percorso giurisprudenziale irragionevolmente interrotto, in S.NICCOLAI,E.OLIVITO (a cura di), Maternità, filiazione, genitorialità. I nodi della

maternità surrogata in una prospettiva costituzionale, cit., pp. 37 ss. 18 Si vedano le pronunce richiamate alla nota 11.

19 Così Tribunale di Agrigento, Sez. civ., decreto 12 aprile 2017.

20 In questi termini si esprime in particolare Corte App. Trento, ordinanza 23 febbraio 2017.

Su tale decisione pende al momento un ricorso in Cassazione, in merito al quale la Prima Sezione civile della Suprema Corte ha rimesso al Primo Presidente la controversia, perché sia assegnata alle Sezioni Unite (ordinanza n. 4382/2018). L’assegnazione è richiesta, tra l’altro, affinché le Sezioni Unite siano investite della questione concernente la nozione «assai circoscritta» di ordine pubblico, fatta propria dalla stessa Sezione con la sentenza n. 19599 del 2016 e in parte smentita dalla successiva sentenza n. 16601 del 2017.

21 Si pensi alla parabola discendente di tale distinzione, nell’ambito del giudizio di ammissibilità delle

(6)

te costituzionale e che – al di là della sua tenuta teorica - nella giurisprudenza costituzionale

è andata progressivamente sfumando. A più forte ragione essa solleva oggi numerosi

inter-rogativi, quando sia fatta oggetto, in tutt’altra veste, di un peculiare e più che discrezionale

sindacato da parte dei giudici comuni, per tre ordini di ragione: i) ritenere che il contrasto con

l’ordine pubblico internazionale non sia ravvisabile nell’ipotesi in cui la legislazione nazionale,

con cui la norma straniera risulti incompatibile, rappresenti una soltanto delle modalità di

esercizio della discrezionalità legislativa equivale a porre nel nulla il controllo sul limite

dell’ordine pubblico internazionale, dal momento che il legislatore incontra nella Costituzione

italiana limiti materiali negativi più che vincoli positivi di contenuto

22

; ii) così opinandosi,

l’assottigliamento del controllo sull’ordine pubblico internazionale fa sì che il giudice possa

agilmente sottrarsi all’applicazione della disciplina nazionale, quando quest’ultimo ritenga

che essa non sia immediata (e unidirezionale) traduzione della Costituzione; iii) la riduzione

del limite dell’ordine pubblico internazionale a un’operazione con cui si valuta se la

legisla-zione ordinaria sia una “riprodulegisla-zione” di disposizioni costituzionali rischia di corrispondere a

un giudizio anticipato di costituzionalità, impropriamente rimesso nelle mani dei giudici

co-muni.

1.1. Assimilare per equiparare: sull’uso distorsivo dell’argomento egualitarista

e del sindacato di legittimità costituzionale

Il contenzioso strategico concernente la maternità surrogata, che ha preceduto e

se-guìto la sentenza della Cassazione n. 19599 del 2016, si è caratterizzato per un fuorviante (e

per nulla neutro) inquadramento di tale pratica all’interno delle tecniche di procreazione

me-dicalmente assistita

23

. Si tratterebbe, secondo questa prospettiva, di una tecnica riproduttiva

al pari delle altre e, dunque, suscettibile di riconoscimento e di regolamentazione come le

altre. In particolare, facendo propria una tendenza riduzionistica nella configurazione clinica

e giuridica della maternità surrogata

24

, una parte della giurisprudenza (e della dottrina

25

) ha

22 Come evidenziato da C.T

RIPODINA, C’era una volta l’ordine pubblico. L’assottigliamento del concetto di

“ordine pubblico internazionale” come varco per la realizzazione dell’“incoercibile diritto” di diventare genitori (ovvero, di microscopi e di telescopi), in S.NICCOLAI,E.OLIVITO (a cura di), Maternità, filiazione, genitorialità. I nodi

della maternità surrogata in una prospettiva costituzionale, cit., pp. 126 s.

23 Ciò è avvenuto nonostante che, nella sentenza n. 19599 del 2016, il giudice di legittimità avesse

sottolineato la differenza tra la fecondazione eterologa, anche nel caso di donazione di gamete maschile esterno alla coppia e di donazione dell’ovulo da parte della compagna di colei che partorisce, e la surrogazione di maternità, in cui la madre di parto è sempre esterna alla coppia committente.

24 Cfr. S. N

ICCOLAI, Alcune note intorno all’estensione, alla fonte e alla ratio del divieto di maternità surrogata in Italia, cit., p. 52.

In contrasto con tale tendenza, l’A. rimarca le ragioni per cui la maternità surrogata non può ritenersi una “tecnica” di procreazione medicalmente assistita: «In primo luogo, l’intervento delle ‘tecniche’ (quali l’impianto dell’ovulo) non è coessenziale alla surrogazione di maternità, ma serve semmai a realizzarla nella modalità ‘gestazionale’. In secondo luogo, la surrogazione di maternità non presuppone la sterilità della donna committente, ma, per esempio, la mera non volontà di quest’ultima di affrontare la gravidanza e il parto, per cui non è, in sé e per sé, una ‘terapia’ finalizzata a risolvere un problema di infertilità. In terzo luogo, anche quando realizzata con il ricorso a tecniche medico-cliniche, e motivata con la sterilità della committente, la gpa resterebbe

(7)

operato una non corretta assimilazione della surrogazione di maternità alle pratiche di

fecon-dazione eterologa, con conseguente (e calcolata) rimozione degli elementi di

differenziazio-ne sul piano medico e su quello legale

26

.

Se, infatti, sotto il profilo medico, la donazione di gameti maschili non è comparabile

alla donazione di gameti femminili

27

, anche (ma non solo

28

) in considerazione della

medica-lizzazione e della stimolazione ovarica che la donazione di ovociti comporta

29

, la maternità

surrogata implica, in qualunque sua forma e qualunque ne sia la motivazione (per i

commit-tenti così come per la madre surrogata

30

), la gestazione e il parto di un/a bambino/a da parte

di una donna che, per via contrattuale o sulla base di un accordo informale, assume

l’unica ‘tecnica’ di PMA in cui non l’oggetto, ma lo strumento è la persona umana. Questo strumento umano è una donna estranea alla coppia e che non diventa madre del bambino che partorisce» (corsivo dell’A.).

25 Cfr. F. M

ARONGIU BUONAIUTI, Il riconoscimento della filiazione derivante da maternità surrogata – ovvero fecondazione eterologa sui generis – e la riscrittura del limite dell’ordine pubblico da parte della Corte di cassazione, o del diritto del minore ad avere due madri (e nessun padre), in E.TRIGGIANI,I.INGRAVALLO,E.NALIN,

R.VIRZO (a cura di), Dialoghi con Ugo Villani, II, Bari, 2017, p. 1144.

In senso analogo anche G. BARCELLONA, La Corte e il peccato originale: quando le colpe dei padri

ricadono sui figli. Brevi note a margine di Corte cost. 272 del 2017, in www.forumcostituzionale.it, p. 6 (9 marzo

2018), che sembra pervenire a un’impropria assimilazione delle pratiche di maternità surrogata alla fecondazione eterologa quando, in commento alla sentenza della Corte costituzionale n. 272/2017 (su cui si veda infra), afferma che «[i]l diseguale e deteriore trattamento riservato a chi sia nato tramite surrogazione di maternità con ovodonazione avrebbe, piuttosto, richiesto che un’eventuale pronunzia d’incostituzionalità colpisse l’intero articolo 263 c.c. Solo in questo modo, infatti, la condizione dei “due” bambini – quello nato da PMA di tipo eterologo e quello nato tramite surrogazione di maternità con ovodonazione - sarebbe stata garantita da un’eguale e assoluta tutela».

Nondimeno, l’invocazione di un’equiparazione tra la tutela del bambino nato da maternità surrogata e quella del bambino nato da fecondazione eterologa costituisce uno degli espedienti (retorici e strategici) attraverso cui si vorrebbe ottenere l’equiparazione – pretoria o de iure condendo - di due pratiche che sono e rimangono profondamente diverse nelle modalità di realizzazione, nelle implicazioni (anche) giuridiche di più ampio respiro e nelle diverse ripercussioni sull’interesse del nascituro.

26 In questo senso possono ritenersi emblematici Trib. Napoli, decreto 14 luglio 2011 e Corte App.

Trento, ordinanza 23 febbraio 2017.

Cfr. A.MORACE PINELLI, Il problema della filiazione nell’unione civile, in C.M.BIANCA (a cura di), Le unioni civili e le convivenze: Commento alla legge n. 76/2016 e ai d.lgs n. 5/2017; d.lgs. n. 6/2017; d.lgs. n. 7/2017,

Torino, Giappichelli, 2017, p. 309, il quale esattamente rileva che la fattispecie oggetto della sentenza della Cassazione n. 19599 del 2016 «non era riconducibile ad un’ipotesi di maternità surrogata, ma seguendo l’iter logico della Corte di Cassazione, con il pretesto della realizzazione del preminente interesse del minore, identificato nella conservazione dello status filiationis, si finisce inevitabilmente per legittimare la pratica della surrogazione di maternità, conseguendo il risultato di fornire piena attuazione all’asserito diritto ad avere figli».

27 Ciò, peraltro, vale nell’ipotesi di fecondazione eterologa così come in quella di maternità surrogata

gestazionale con donazione di gameti esterni alla coppia committente, sia essa “commerciale” o “altruistica”. Sulle diverse tipologie di maternità surrogata (tradizionale, solo gestazionale, gestazionale con donazione di gameti maschili e/o femminili) e sul quadro legislativo internazionale si vedano, ex multis, A. LORENZETTI, Maternità surrogata, in Dig. disc. priv. - Sezione civile, Aggiornamenti VI, Torino, Utet, 2011, pp. 618 ss.; K. TRIMMINGS, P. BEAUMONT (a cura di), International Surrogacy Arrangements. Legal Regulation at the International Level, Oxford, Hart, 2013; M. WELLS-GRECO, The Status of Children Arising from Inter-Country

Surrogacy Arrangements, The Hague, Eleven international publishing, 2016.

28 La donazione di gameti maschili, infatti, si traduce nella donazione di qualcosa (lo sperma) «che,

quanto meno, è staccata da chi la produce – mentre la surrogazione di maternità implica disporre del corpo e dell’anima di una donna»: S.NICCOLAI, Diamo alla maternità quel che le spetta, in S.NICCOLAI,E.OLIVITO (a cura di), Maternità, filiazione, genitorialità. I nodi della maternità surrogata in una prospettiva costituzionale, cit., p. 233.

29 Cfr. L.C

ORRADI, Nel ventre di un’altra. Una critica femminista della tecnologia riproduttiva, Roma, Castelvecchi, 2017, pp. 59 ss.

30 Sulla valenza delle motivazioni solidaristiche nelle fattispecie di maternità surrogata e sull’improprio

(8)

l’impegno di consegnare il nascituro ai committenti nei giorni successivi al parto, così che a

questi ultimi possa essere attribuita l’esclusiva genitorialità legale. Differentemente dalle

ipo-tesi di fecondazione eterologa, dunque, nei casi di maternità surrogata colei che partorisce è

sempre persona diversa da coloro in capo ai quali è costituito il rapporto di filiazione con il/la

bambino/a, poiché alla distinzione tra genitorialità genetica e genitorialità giuridico-sociale si

accompagna sempre la non corrispondenza tra madre di parto e madre/padre sociale.

Nella prospettiva di chi ricorre alla maternità surrogata, tale distinzione implica che il

venir meno del divieto di cui all’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004 o «un suo

per-manere in vigore esornativo, esteriore e fittizio, interessa solo a coloro che aspirano ad

otte-nere la legale garanzia di poter esigere l’adempimento contrattuale, a coloro cioè che non

sanno o non vogliono riconoscere l’importanza che la capacità procreativa di una donna ha

per le loro vite e per i loro desideri, oppure ai commercianti di gameti»

31

.

Il disconoscimento delle differenze tra maternità surrogata e fecondazione eterologa

ha, peraltro, considerevoli ripercussioni sul piano giudiziario. Se, difatti, la tendenza

riscon-trabile nella giurisprudenza italiana è la trasposizione su casi di surrogazione, per via

analo-gica, «delle conclusioni raggiunte in tema di fecondazione assistita eterologa con gameti di

un donatore […], il richiamo (sempre più spesso tralatizio) alla giurisprudenza sull’eterologa

a favore di coppie di donne consente ai giudici di superare l’esame dei profili di contrarietà

all’ordine pubblico senza considerarne alcune componenti che potrebbero invece rivelarsi

decisive in fattispecie di maternità surrogata»

32

. Il salto logico e motivazionale dalla maternità

surrogata alla fecondazione eterologa (con l’applicazione all’una di ciò che può dirsi solo

dell’altra) fa, quindi, sì che il giudice trasferisca sulla prima argomentazioni e precedenti

giu-risprudenziali che invece sono propri della seconda, con il risultato di annichilire il rilievo

co-stituzionale del principio mater semper certa est (ex art. 269, comma 3, del codice civile) e di

non porre alcuna attenzione alle circostanze e ai termini in base ai quali l’accordo

surrogato-rio è stato concluso e “adempiuto”.

Cionondimeno, quantunque l’esito di tale impropria assimilazione sia stata in alcuni

casi la trascrizione degli atti di nascita stranieri redatti conformemente agli accordi

surrogato-ri stipulati all’estero

33

, tale risultato è stato perseguito e raggiunto non soltanto nell’interesse

31 S. N

ICCOLAI, Maternità omosessuale e diritto delle persone omosessuali alla procreazione sono la stessa cosa? Una proposta di riflessione, cit., p. 55 (corsivi miei).

32 J.L

ONG, Di madre non ce n’è una sola, ma di utero sì. Alcune riflessioni sul ruolo dell’ordine pubblico internazionale nelle fattispecie di surrogazione di maternità, in S.NICCOLAI, E.OLIVITO (a cura di), Maternità,

filiazione, genitorialità. I nodi della maternità surrogata in una prospettiva costituzionale, cit., p. 148 (corsivi miei). 33 In senso contrario alla trascrizione si veda Trib. Min. Brescia, decreto 14 agosto 2012 che - con

decreto poi confermato da Corte d’appello, 17 gennaio 2013 e da Cass., Sez. I civile, sentenza 11 novembre 2014, n. 24001 – aveva ritenuto non trascrivibile l’atto di nascita redatto all’estero, dichiarando l’adottabilità del minore.

Sui diversi orientamenti giurisprudenziali in tema di rilevanza penalistica della condotta concernente la formazione dell’atto di nascita del minore nato all’estero da surrogazione di maternità e la successiva richiesta di trascrizione cfr. M. DOSSETTI, L’impugnazione del riconoscimento, in M.DOSSETTI,M.MORETTI,C. MORETTI, La

(9)

dei minori concepiti e nati attraverso tale pratica

34

, ma al fine di conseguire, nel lungo

termi-ne e secondo la semplicistica logica del fatto compiuto

35

, uno stabile e generalizzato

supe-ramento del divieto di maternità surrogata. A questo scopo, tuttavia, lo sdoganamento della

pratica attraverso alcune favorevoli pronunce sulle c.d. cross-border surrogacies ha dovuto

(e deve) pur sempre fare i conti con l’alea di giudizi contrastanti, stante la possibilità che i

giudici pervengano sul punto a decisioni differenti. I timori di una giurisprudenza ondivaga

hanno, pertanto, fatto sì che si tentasse la strada del giudizio di legittimità costituzionale,

nel-la speranza che nel-la Corte costituzionale potesse dire una paronel-la, se non definitiva,

sufficien-temente incoraggiante sulla rivedibilità (per via legislativa) o sulla superabilità (per via

giuri-sprudenziale) del divieto di maternità surrogata.

Deve ricordarsi, a questo proposito, che analogo percorso era stato intrapreso

relati-vamente al riconoscimento di provvedimenti stranieri in tema di adozione co-parentale per

coppie dello stesso sesso (c.d. stepchild adoption). Il Tribunale per i minorenni di Bologna

aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 35 e 36 della legge n. 184 del

1983, per violazione degli artt. 2, 3, 30, 31 e 117 della Costituzione (in riferimento agli artt. 8

e 14 CEDU), nella parte in cui quelle disposizioni, interpretate secondo diritto vivente, non

avrebbero consentito al giudice «di valutare, nel caso concreto, se risponda all’interesse del

minore adottato (all’estero), il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato

la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio

stesso abbia prodotto effetti in Italia (come per la fattispecie del matrimonio tra persone dello

stesso sesso)»

36

. Alcuni auspicavano, dunque, che i giudici costituzionali si pronunciassero

sulla questione «della compatibilità delle stepchild adoptions con i principi fondamentali

34 Un interesse, peraltro, che tende sovente a sfumare nell’interesse dei committenti non soltanto al

riconoscimento in capo a essi della genitorialità legale, ma piuttosto alla cancellazione di tutti gli elementi idonei a “denunciare” il ricorso alla maternità surrogata (come, ad esempio, l’indicazione della madre surrogata nel certificato di nascita).

Sull’uso retorico e strumentale della dottrina dei best interests of the child si vedano, da ultimo, E. LAMARQUE, Prima i bambini. Il principio dei best interests of the child nella prospettiva costituzionale, Milano,

Franco Angeli, 2016, pp. 77 ss.; nonché I.ANRÒ, Il principio del superiore interesse del minore: tra ipotesi di “abuso” e diritti fondamentali nel contesto della giurisprudenza delle Corti europee, in S.NICCOLAI,E.OLIVITO (a cura di), Maternità, filiazione, genitorialità. I nodi della maternità surrogata in una prospettiva costituzionale, cit., pp. 71 ss.

35 Sui rischi legati all’utilizzo strumentale del “fatto compiuto”, che fa forza sugli effetti riconoscibili agli

accordi surrogatori commerciali già conclusi all’estero, nell’intento di avvalorare la tesi secondo cui sarebbe preferibile l’approvazione di una disciplina nazionale della maternità surrogata, si veda ancora E.OLIVITO, Una

visione costituzionale sulla maternità surrogata. L’arma spuntata (e mistificata) della legge nazionale, cit., passim.

A tal proposito, basti evidenziare che, quando ci si interroga circa il modo in cui debba essere inteso il c.d. superiore interesse del minore, occorre considerare non soltanto l’interesse del minore «nel caso concreto (muovendo quindi dall’ineliminabilità del fatto compiuto)», ma anche l’interesse «in astratto dei minori, nella consapevolezza che l’accettazione di un fatto compiuto comporta inevitabilmente la proliferazione di casi analoghi e dunque la disapplicazione generalizzata della regola, anche quando la sua ratio sia di protezione degli interessi dei minori»: P.MOROZZO DELLA ROCCA, Diritti del minore e circolazione all’estero del suo status familiare: nuove frontiere, in G.O.CESARO,P.LOVATI,G.MASTRANGELO (a cura di), La famiglia si trasforma. Status familiari costituiti

all'estero e loro riconoscimento in Italia, tra ordine pubblico e interesse del minore, Milano, Franco Angeli, 2014 p.

46 (corsivi miei).

(10)

dell’ordinamento italiano»

37

, rimediando in questo modo, più che alle paventate

incostituzio-nalità della normativa vigente, alle debolezze

38

, alle reticenze (e alle ipocrisie) del legislatore

italiano in ordine alle unioni civili tra persone dello stesso sesso e ai connessi diritti in materia

di filiazione

39

.

La Corte costituzionale ha, tuttavia, dichiarato inammissibile la quaestio legitimitatis,

ritenendo che «[l]’inadeguata individuazione, da parte del giudice rimettente, del contesto

normativo [avesse determinato] un’erronea qualificazione dei fatti sottoposti al suo giudizio,

tale da riverberarsi sulla rilevanza delle questioni proposte»

40

. Nell’opinione della Corte, il

giudice a quo aveva, invero, erroneamente trattato la decisione straniera come un’ipotesi di

adozione di un minore straniero da parte di cittadini italiani (cosiddetta adozione

internazio-nale), mentre si trattava del riconoscimento di una sentenza straniera, pronunciata tra

stra-nieri.

La maternità surrogata ha successivamente trovato la strada del giudizio di

costitu-zionalità attraverso l’obliqua proposizione di una questione di legittimità costituzionale avente

a oggetto l’art. 263 del codice civile (impugnazione del riconoscimento per difetto di

veridici-tà). La quaestio era stata sollevata dalla Corte d’appello di Milano nel corso di un giudizio

che traeva origine dalla trascrizione di un certificato di nascita formato all’estero. L’atto

stra-niero concerneva la nascita di un bambino riconosciuto come figlio naturale di una coppia di

coniugi italiani, i quali – a seguito di indagini avviate dalla Procura della Repubblica presso il

Tribunale per i minorenni – avevano ammesso il ricorso alla surrogazione di maternità

attra-verso ovodonazione. La questione era ritenuta non manifestamente infondata dall’autorità

rimettente, nella misura in cui l’art. 263 del codice civile non avrebbe previsto la possibilità di

non accogliere l’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità del figlio

minoren-ne, quando il giudice lo avesse ritenuto rispondente all’interesse del minore. Si dubitava,

quindi, della legittimità costituzionale della norma così interpretata, in riferimento agli artt. 2,

3, 30 e 31 Cost. e all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 8 CEDU.

Alla Corte costituzionale veniva in tal modo richiesta una pronuncia, che

all’apparenza avrebbe dovuto colpire, nell’ipotesi di accoglimento, l’automatismo decisorio

ricavabile dalla disposizione codicistica, ma i cui effetti si sarebbero in realtà riverberati sul

divieto di cui all’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, secondo il meccanismo di una

inusuale illegittimità conseguenziale mascherata. Difatti, pur avendo respinto le eccezioni

37 L.S

CAFFIDI RUNCHELLA, Il primo intervento della Consulta sul riconoscimento di provvedimenti stranieri in tema di adozione coparentale per coppie dello stesso sesso, in www.articolo29.it (16 maggio 2016).

38 D’altronde, la debolezza dei diritti è oggi più che mai imputabile alle debolezze della politica: cfr. G.

AZZARITI, Contro il revisionismo costituzionale, Roma-Bari, Laterza, 2016, p. 147, il quale peraltro rileva che, in tale scenario, i giudici «non potranno utilizzare a lungo in modo alternativo i diritti».

39 Sul modo in cui il dibattito sull’adozione co-parentale in occasione del disegno di legge sulle unioni

civili (ora legge n. 76 del 2016) sia stato ambiguamente utilizzato per misconoscere che l’approvazione dell’art. 5 del disegno di legge, poi stralciato, avrebbe avuto come esito l’abrogazione silente del divieto di surrogazione, si veda S.NICCOLAI, Diamo alla maternità quel che le spetta, cit., pp. 193 ss.

Il legislatore, del resto, ha covato da subito la speranza che un problema così spinoso potesse essere in seguito risolto - in modo avulso dalle vie proprie del dibattito parlamentare e della responsabilità politica – dai giudici: cfr. A.MORACE PINELLI, Il problema della filiazione nell’unione civile, cit., pp. 304 ss.

(11)

dell’appellante e del curatore del minore sulla legittimità costituzionale del divieto “assoluto”

di maternità surrogata

41

, al fine di attenersi alla fattispecie concreta emergente dal caso

sot-toposto al suo esame e non pregiudicare così la rilevanza della quaestio legitimitatis

,

,

l’autorità rimettente non mancava di convenire con la difesa dell’appellante – e con il

curato-re – che il divieto normativo sembrava confliggecurato-re, sotto più profili, con alcune disposizioni

costituzionali.

In particolare, veniva rilevato il contrasto di tale divieto con l’articolo 3 della

Costitu-zione, innanzitutto per una disparità di opportunità tra coppie i cui problemi di

sterili-tà/infertilità non incidono sulla possibilità di gestazione della donna e coppie che, dato un

quadro clinico tale da non consentire la gestazione della donna, «solo derogando al divieto

potrebbero avere un figlio per via naturale, geneticamente riconducibile ad almeno uno dei

partner». Inoltre, il divieto avrebbe prodotto una duplice discriminazione: i) una

discrimina-zione di genere, poiché, in conseguenza della sentenza n. 162 del 2014, a un uomo sterile è

consentito di «ricorrere alle tecniche riproduttive e di poter riconoscere come proprio un figlio

per l’effetto della donazione di gameti, [mentre] la stessa possibilità non è consentita ad una

donna che non possa portare a termine la gravidanza»; ii) un trattamento discriminatorio

del-le coppie in base alla loro capacità economica, «venendo di fatto negato l’esercizio del diritto

di formare una famiglia con figli propri alle coppie prive delle risorse finanziarie per fare

ricor-so alla pratica della surrogazione in altri paesi».

Infine, l’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, «impedendo alla coppia,

impos-sibilitata alla gestazione a causa di una patologia della donna, di diventare genitori e di

for-mare una famiglia che abbia anche dei figli», si sarebbe posto in formale contrasto con gli

articoli 2, 3, 31 e 32 della Costituzione

42

.

Profondendosi in considerazioni (ultronee, prim’ancora che inconferenti ai fini della

quaestio) sulla supposta inefficacia del divieto legislativo

43

, sull’asserita assenza di pregiudizi

ricollegabili alla pratica e sui parallelismi inopinatamente posti con la fecondazione eterologa,

il giudice a quo finiva così per constatare «la fragilità, in un contesto globale, del rigido

41 Nel giudizio a quo era stata l’appellante a chiedere, in subordine, di sollevare «questione di legittimità

costituzionale sull’art. 12, comma 6, legge n. 40 del 2004, nella parte in cui pone il divieto assoluto di effettuare la maternità surrogata, in relazione agli articoli 2, 3, 13, 29, 31 e 32 della Costituzione», nonché, in estremo subordine, «con riferimento agli articoli 2, 3, 13, 29, 31, 32 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 8 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nella parte in cui la norma non consente di procedere alla trascrizione in Italia di atti di nascita di minori nati all’estero a seguito dell’applicazione di tecniche di maternità surrogata, atti formati in modo legittimo nei paesi che consentono simile tecnica» (ordinanza n. 273 del 2016, punti 4.2 e 4.3).

42 Ordinanza n. 273 del 2016, punti 8.1 ss.

Per una disamina, da diverse prospettive, delle questioni sollevate dall’ordinanza di rinvio si vedano i contributi pubblicati in GenIUS, fasc. 2/2017.

43 In particolare, nell’ordinanza di rinvio era acriticamente riproposta l’idea secondo cui il c.d. turismo

procreativo, consistente nel ricorso alla surrogazione di maternità transnazionale, sarebbe il frutto del solo divieto legislativo, facendosi così intendere che tale fenomeno si arresterebbe in presenza di una normativa interna permissiva. Come si è già rimarcato, trattasi, nondimeno, di una supposizione non suffragata – e anzi smentita - dal fatto che il turismo procreativo non soltanto permane, ma è persino in aumento negli ordinamenti in cui tale pratica è ammessa: si veda supra alla nota 7.

(12)

mento normativo della proibizione assoluta a fronte, della diffusione all’estero del ricorso alla

surrogazione di maternità»

44

.

Che la Corte di Appello di Milano si prefiggesse di sollevare una questione di

legittimi-tà costituzionale “trasversale”, così che la decisione della Corte costituzionale potesse

esse-re strumentalmente utilizzata per metteesse-re in discussione il divieto concernente la maternità

surrogata e “svuotarlo” di significato in sede giudiziaria, era peraltro dimostrato da un

ulterio-re passaggio dell’ordinanza di rinvio.

L’autorità rimettente, infatti, da un lato rimarcava che la questione formalmente

solle-vata non concerneva la liceità degli accordi surrogatori, bensì i diritti del bambino nato da

tale pratica e, dall’altro, ricordava che, in virtù di numerose indicazioni normative e

giurispru-denziali, «con riferimento allo stato di filiazione, così come per ogni altra questione

concer-nente un minore, il concetto di ordine pubblico deve essere declinato, per l’appunto, con

rife-rimento all’interesse di questi»

45

. Stando così le cose, non vi era in fondo motivo di rivolgersi

alla Corte costituzionale per denunciare (soltanto) l’asserito automatismo decisorio

scaturen-te dall’art. 263 del codice civile, poiché il giudice a quo ammetscaturen-teva al riguardo di disporre già

degli elementi (e degli strumenti) necessari per compiere – nel caso concreto - un

bilancia-mento tra i diversi beni di rango costituzionale sottesi alla fattispecie sub iudice. Era semmai

sentita l’esigenza di adire il giudice costituzionale, al fine di (far) revocare in dubbio il divieto

legislativo in materia di maternità surrogata con effetti pro futuro e per tutti i casi a venire.

2. La sentenza n. 272 del 2017: un importante punto fermo

Ci si è attardati nel ricordare i passaggi motivazionali dell’ordinanza meneghina, allo

scopo di illustrare le ragioni che hanno spinto la Corte costituzionale a pronunciarsi sulla

quaestio per come sollevata dal giudice rimettente, senza mancare di corredare la parte

mo-tiva della sentenza di alcune importanti e significative puntualizzazioni sulla maternità

surro-gata. Non si tratta, ad avviso di chi scrive, di meri obiter dicta, ma di elementi motivazionali

tralatiziamente “sollecitati” dal giudice a quo attraverso una contorta strutturazione

dell’ordinanza di rinvio e, perciò, essenziali ai fini dell’interpretazione costituzionalmente

orientata offerta dalla Corte nel rigettare la questione.

Sono due, in particolare, i passaggi della sentenza n. 272 del 2017 che meritano

at-tenzione e che devono essere letti sia alla luce dell’ordinanza di rimessione, come subito si

spiegherà, sia nella prospettiva di più ampie considerazioni di rilievo costituzionale sulla

ma-ternità surrogata, secondo quanto si proverà a sostenere in conclusione.

I giudici costituzionali affermano in primo luogo che «la maternità surrogata […]

of-fende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane»,

sottolineando altresì che a tale pratica il nostro ordinamento riconnette «un elevato grado di

44 Ordinanza n. 273 del 2016, punto 8.1. 45 Ordinanza n. 273 del 2016, punto 22.

(13)

disvalore»

46

. Così facendo, essi hanno inteso esplicitare le ragioni del disvalore che il

legisla-tore italiano ha voluto riconnettere a tale pratica, richiamando l’attenzione sulla scelta che al

riguardo è stata fatta in sede parlamentare.

In questo modo, la Corte non ha fatto altro che rammentare (a tutti) la perdurante

sussistenza di tale disvalore, a fronte di un’ordinanza di rinvio che, al contrario, si proponeva

di ottenere surrettiziamente una pronuncia ultra petita, ossia una pronuncia a seguito della

quale (tutti) i giudici si sarebbero sentiti legittimati ad “aggirare” il divieto legislativo, senza

impegnarsi in ben più complessi apprezzamenti. La pronuncia costituzionale ci ricorda così

che, se spetta alla Corte sindacare la costituzionalità delle scelte operate dal legislatore, ai

giudici comuni non è dato aggirare tali scelte (e i connessi bilanciamenti

47

), sostituendo a

es-se valutazioni comparative di interessi che, nei casi concreti e dietro lo schermo di un ordine

pubblico dimidiato, vadano in direzione diametralmente opposta.

Il giudice a quo aveva, infatti, obliquamente sollecitato un’interpretazione ultra vires

(perché non rilevante) del divieto di cui alla legge n. 40 del 2004, ma la sentenza n. 272 del

2017 ha messo in evidenza che questioni implicanti, a diverso titolo, tale divieto non possono

essere definite tamquam non esset. L’art. 263 del codice civile postula, invero, che i giudici

compiano delle valutazioni comparative (e non, come sostenuto nell’ordinanza, che essi

ap-plichino un mero automatismo decisorio), purché l’apprezzamento di molteplici interessi non

sia tale da sottrarre l’autorità giudicante alla necessaria considerazione del divieto legislativo

nella definizione delle questioni sub iudice. La ripetuta e generalizzata elusione del divieto di

intermediazione commerciale in materia di maternità surrogata avrebbe altrimenti il

significa-to di un’attività giurisdizionale che, contra constitutionem, anziché essere applicazione di

leggi e individuazione della regola del caso concreto, si prefigge la confezione di norme

aspi-ranti alla generalità

48

.

Il rigetto della questione di legittimità costituzionale dell’art. 263 del codice civile, così

come interpretato dalla Corte d’appello di Milano, ha pertanto trovato il suo perno in quel

bi-lanciamento tra i diversi interessi coinvolti, che l’autorità rimettente e il curatore del minore

avevano ritenuto precluso da una lettura (intenzionalmente) limitativa della norma indubbiata.

Ad avviso di questi ultimi, la norma codicistica, contemplando quale presupposto necessario

e sufficiente per l’impugnazione del riconoscimento il solo difetto di veridicità, inteso come

assenza di un legame biologico tra l’autore del riconoscimento e colui che è riconosciuto

come figlio, sarebbe stata d’ostacolo a «ogni possibilità di valutazione e bilanciamento degli

interessi coinvolti, in quanto l’inesistenza di tale legame biologico costituirebbe l’unica

46 Sentenza n. 272 del 2017, punti 4.2 e 4.3 del Considerato in diritto (corsivi miei).

47 D’altro canto, neppure da una pronuncia della Corte costituzionale può scaturire un bilanciamento

diverso da quello insito nella legge indubbiata, quando non «vi siano rime obbligate e […] il bilanciamento parlamentare [non] sia imputabile di manifesta irragionevolezza»: G.AMATO, L’elasticità delle costituzioni rigide, in

F.LANCHESTER (a cura di), Costantino Mortati. Potere costituente e limiti alla revisione costituzionale, Padova, Cedam, 2017, p. 34.

48 Sul rilievo secondo cui, in materia, di filiazione sia già emersa nella giurisprudenza comune la

tendenza dei giudici ad andare «oltre i limiti del loro compito di interpretazione delle norme», fino al punto di creare «una regola nuova, sconfinando nell’attività riservata al legislatore» si veda M.DOSSETTI, L’impugnazione

(14)

zione per l’accoglimento dell’azione». Inoltre, secondo questa lettura, lo strumento per

pre-servare l’interesse del minore a mantenere il legame con la madre c.d. intenzionale (e con la

sua famiglia d’origine) sarebbe stato, in ipotesi, soltanto quello di cui all’art. 44 della legge n.

184 del 1983, previa rimozione dello status filiationis per parte di madre. Tale strada era,

tut-tavia, giudicata «del tutto aleatoria, non solo perché dipendente dalla libera iniziativa del

ge-nitore sociale, ma anche perché subordinata al consenso dell’altro gege-nitore. Inoltre,

l’eventuale legame così costituito sarebbe [stato] comunque più debole di quello derivante

dalla maternità naturale, attese le peculiarità proprie dell’adozione in casi particolari»

49

.

I giudici costituzionali hanno, nondimeno, declinato tale interpretazione e, ponendo

l’accento su un interesse del minore altrimenti configurato come solitario e “onnivoro”, hanno

riportato i termini della questione nell’alveo di una pronuncia, che può lato sensu ritenersi di

(condivisibile) monito non al legislatore, ma all’autorità rimettente e, per essa, a tutti i giudici.

Nel ribadire che la quaestio non era tale da mettere in discussione né la legittimità del divieto

assoluto della maternità surrogata

50

, né il tema dei limiti alla trascrivibilità in Italia di atti di

nascita formati all’estero, la Corte costituzionale ha in primo luogo offerto un’articolata

inter-pretazione dell’art. 263 del codice civile. Da essa si ricava che, anche quando il disposto

normativo imponga di non omettere la verità, in virtù dell’accentuato favore dell’ordinamento

per la conformità dello status filiationis alla realtà della procreazione, si prospetta in ogni

ca-so la necessità di un bilanciamento tra tutti gli interessi in gioco, poiché l’accertamento della

verità biologica e genetica dell’individuo è un valore di rilevanza sì costituzionale, ma non

assoluta

51

e deve essere, pertanto, bilanciato con l’interesse del minore.

L’interpretazione del giudice costituzionale è, peraltro, tale da indicare ai giudici (e,

prim’ancora, gli ufficiali di stato civile) quali elementi di valutazione entrino necessariamente

in gioco, ogniqualvolta si faccia questione, più in generale, del divieto concernente la

mater-nità surrogata e, in particolare, della trascrivibilità degli atti di nascita redatti all’estero sulla

base di accordi surrogatori

52

. Può, in tal senso, ritenersi che con tale pronuncia la Corte parli

a tutti i giudici

53

,

portando a sostegno della sua decisione una motivazione persuasiva e,

49 Sentenza n. 272 del 2017, punto 4.1 del Ritenuto in fatto.

50 Su come debba interpretarsi l’assolutezza del divieto di cui all’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del

2004, soprattutto allo scopo di scongiurare la fuorviante e mal posta distinzione tra accordi surrogatori commerciali e altruistici si veda infra, § 3.

51 Sul punto nella pronuncia è ricordato l’analogo orientamento della Corte di cassazione (Sez. I civ.,

sentenze 30 maggio 2013, n. 13638; 22 dicembre 2016, n. 26767; 3 aprile 2017, n. 8617), la quale ha escluso, anche con pronunce antecedenti l’ordinanza di rimessione meneghina, che il favor veritatis sia un valore di rilevanza costituzionale assoluta, cui debba essere riconosciuta prevalenza automatica. Ciò conferma che, stante la prevalente interpretazione del rapporto tra favor veritatis e interesse del minore nelle azioni di disconoscimento e di impugnazione del riconoscimento, la quaestio era in qualche modo pretestuosa.

52 In dottrina v’è, peraltro, chi ritiene che, «se la trascrizione è stata autorizzata sul presupposto che la

donna che risulta dall’atto di nascita non ha partorito, […] è contraddittorio impugnare il “riconoscimento” perché “non veridico” […] Forse sarebbe più corretto impugnare la trascrizione in quanto contraria all’ordine pubblico»: G.FERRANDO, Gravidanza per altri, impugnativa del riconoscimento per difetto di veridicità e interesse del minore. Molti dubbi e poche certezze, in GenIUS, fasc. 2/2017, p. 16.

53 Non potendosi in questa sede ripercorrere il dibattito sui limiti degli effetti di vincolo delle sentenze

adeguatrici della Corte costituzionale e sul diritto vivente, si veda M. LUCIANI, Interpretazione conforme a

(15)

ciò, idonea a essere in futuro valorizzata da ciascuno di essi (primariamente dal giudice di

legittimità)

54

.

La Corte è, infatti, chiara nell’affermare che «[i]n tutti i casi di possibile divergenza tra

identità genetica e identità legale, la necessità del bilanciamento tra esigenze di

accertamen-to della verità e interesse concreaccertamen-to del minore è resa trasparente dall’evoluzione

ordinamen-tale intervenuta e si proietta anche sull’interpretazione delle disposizioni da applicare al caso

in esame»

55

. Fatti salvi gli ulteriori profili problematici concernenti la pratica in oggetto

56

, la

divergenza tra le due identità sussiste, d’altro canto, sia per la committente di una coppia

eterosessuale, che sia ricorsa alla maternità surrogata con ovodonazione, sia per (almeno

uno de)i committenti della coppia omosessuale.

È indispensabile, dunque, comprendere i termini del bilanciamento - per come la

Cor-te costituzionale li ha delineati - e la portata a essi attribuibile.

2.1. Il bilanciamento implica sempre il raffronto tra (almeno) due termini

Nella sentenza n. 272 del 2017 la Corte delinea un dispositivo di bilanciamento e di

giudizio, che ha come destinatari privilegiati i giudici. Nelle pieghe della pronuncia non vi è,

infatti, alcun monito al legislatore e alle valutazioni cui il Parlamento è pervenuto in materia di

maternità surrogata

57

. Può semmai ritenersi che i giudici costituzionali abbiano

interpretative di rigetto, […] salvi casi tutto sommato marginali di conflitto con la Cassazione, sono pacificamente recepite dalla giurisprudenza» (ivi, p. 468).

Può, peraltro, condividersi l’opinione di chi ritiene che «[i]l successo dell’interpretazione conforme suggerita dalla Corte può nascere […] solo dalla capacità di consenso che questa riesce a guadagnarsi con argomentazioni razionali e persuasive e non sulla base della loro efficacia giuridica che attribuirebbe, come detto, alla Corte una sorta di potere di interpretazione autentica. Qualora le sue argomentazioni non convincano i giudici e venga a concretarsi un diritto vivente contrastante con la Costituzione, alla Corte non resterà che utilizzare lo strumento della dichiarazione di incostituzionalità»: R.ROMBOLI, Qualcosa di nuovo … anzi d’antico: la contesa sull’interpretazione conforme della legge, in P.CARNEVALE,C.COLAPIETRO (a cura di), La giustizia costituzionale fra memoria e prospettive. A cinquant’anni dalla pubblicazione della prima sentenza della Corte costituzionale,

Torino, Giappichelli, 2008, pp. 134-135.

54 Del resto, già la scelta della sentenza interpretativa di rigetto in luogo dell’ordinanza di inammissibilità

depone in questo senso, poiché lo strumento della sentenza, «ben più visibile e comunicativo», consente di far giungere l’interpretazione della Corte - se adeguata, anche nei casi più problematici - «alla generalità dei giudici al fine di orientarli diversamente»:E.LAMARQUE, Il seguito delle decisioni interpretative e additive di principio della Corte costituzionale presso le autorità giurisdizionali (anni 2000-2005), in Riv. trim. dir. pubbl., 2008, p. 759.

55 Sentenza n. 272 del 2017, punto 4.1 del Considerato in diritto (corsivi miei).

56 Per definizione la maternità surrogata implica sempre, in ogni sua forma - e a differenza della

fecondazione eterologa - la divergenza tra i c.d. genitori intenzionali e colei che è madre perché ha partorito il bambino. A ciò corrisponde, pertanto, un bene di rilievo costituzionale, per come incarnato dal principio mater

semper certa est e tradotto (ovvero confermato) dall’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004: cfr. R.VILLANI,

La procreazione assistita, in Trattato di diritto di famiglia, II, Filiazione, diretto da P. Zatti, Milano, Giuffrè, 2012, p.

705; S.NICCOLAI, Surrogacy e principio mater semper certa in dialettica, per riscoprire il valore del materno, in C. BELLONI, A. BOSIA, A. CHIARLONI, C. SARACENO (a cura di), Cirsde. Un progetto che continua. Riflessioni e prospettive dopo venticinque anni di studi di genere, Torino, CIRSDe, 2018, pp. 119 ss.

Sul punto si ritornerà infra, § 3.

57 Deve, a tal proposito, fugarsi ogni dubbio in ordine al significato dell’inciso contenuto in conclusione

della pronuncia («nel silenzio della legge»), dal momento che esso non attiene a un presunto vuoto di regolamentazione in materia di maternità surrogata. L’inciso va inteso piuttosto nel senso che, se per i nati da fecondazione eterologa l’art. 9 della legge n. 40 del 2004 detta la norma regolatrice della filiazione, manca invece

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