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Guarda A proposito del progetto di Monica Cioli

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Academic year: 2021

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Scienza & Politica, 43, 2010

Devo ringraziare molto Monica Cioli per avere accettato di pre-sentare in «Scienza & Politica» – su mia pressione – il testo di un progetto di ricerca da lei elaborato lo scorso anno, in occasione di una sua partecipazione al rinomato Dottorato internazionale di sto-ria, con sede presso l’Università di Frankfurt am Main ma con dira-mazioni alle Università di Innsbruck, Trento, Bologna e Pavia, che ha come centro tematico la comunicazione politica, dall’antichità a oggi. Proseguendo una sua linea di ricerca che aveva preso le mosse dalla Dissertation sostenuta a Kassel e poi pubblicata a Berlino nel 2003 presso Duncker & Humblot, Monica Cioli si era proposta di considerare sotto la lente della “comunicazione politica” l’intreccio che si era creato tra arte e politica, in ambito culturale tedesco (Ger-mania e Austria) dalla metà del XIX secolo alla Prima guerra mon-diale. Tale intento, riferito tanto alla fase trionfale che a quella criti-ca delle forze e degli spiriti borghesi, riposava anche sulla più recen-te esperienza di ricerca da lei condotta sul nesso politico-culturale tra futurismo e fascismo, che darà luogo all’imminente pubblicazione di una monografia in argomento.

Poiché, per svariati motivi, il progetto francofortese si è dovuto interrompere, ho pregato Monica Cioli di non chiuderlo in un cas-setto ma di tradurlo in italiano e presentarlo ai nostri lettori. A me preme infatti mostrare che – come sostengo da tempo – si può fare “storia costituzionale” in tanti modi, purché si persegua lo scopo di comprendere la “costituzione” nel suo significato più pieno, che va al di là non solo del testo costituzionale in senso stretto (sotto il du-plice aspetto dei principi generali e delle norme organizzative dello Stato) ma anche dei consueti contenuti “materiali” che di solito si colgono negli aspetti sociali ed economici della convivenza di quel-la tale comunità politica. Delquel-la costituzione fanno parte anche le

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“dottrine” – ragion per cui esiste anche questa nostra rivista – inte-se però, a loro volta, nel loro inte-senso più ampio, che è quello di ela-borazioni scientifiche e/o culturali atte a creare consenso o opposi-zione da parte dei governati verso i governanti o comunque a favo-rire la formazione di opinioni pubbliche, di orientamenti e senti-menti su cui si costruiscono le decisioni politiche. Dopo tanti anni, anche i severi custodi tedeschi della Verfassungsgeschichte sembrano orientarsi ad ammettere un versante “culturalistico” di quest’ultima, innescando – chissà mai – una sua relativa liberazione dai lacci trop-po stretti, a mio avviso, della tradizionale storia del diritto.

Che la rappresentazione artistica abbia sempre svolto un eminen-te ruolo comunicativo, in tuteminen-te le società organizzaeminen-te sulla base di sentimenti e valori, non lo scopriamo certo noi. Qui il discorso che Monica Cioli propone è molto più dettagliato: si tratta di valutare il grado di politicità che ebbe, in un periodo fulgente di educazione sempre più diffusa (dal Bildungsbürgertum alle componenti proleta-rie o almeno popolari della Sezession) l’organizzazione del fenome-no artistico, attraverso le politiche museali ed espositive che nei pae-si di cultura tedesca e, in particolare, nelle rispettive capitali (pae-si trat-ta, per ora, di Monaco, Berlino e Vienna) furono adottate: o da par-te dell’autorità costituita o da parpar-te degli spar-tessi artisti, in una straor-dinaria e non certo fallimentare nozione di contropotere.

Sarebbe auspicabile che il progetto di Monica Cioli suscitasse at-tenzione e interesse, sia sul piano specifico dei suoi riferimenti sto-rici, che su quello più generale della metodologia. Perciò lo pubbli-chiamo.

Pierangelo Schiera

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