• Non ci sono risultati.

4.1.1 4.1 INTRODUZIONE 4 A NALISI DEI RISULTATI - P ARTE PRIMA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "4.1.1 4.1 INTRODUZIONE 4 A NALISI DEI RISULTATI - P ARTE PRIMA"

Copied!
41
0
0

Testo completo

(1)

4

A

NALISI DEI RISULTATI

-

P

ARTE PRIMA

4.1 INTRODUZIONE

Le mescole sono state ottenute miscelando uno dei due tipi di polietilene in pellets con una formulazione di idrolizzato proteico con percentuali in peso della carica del 5%, 10%, 20%, 30%, 50% e 70%.

In questo modo sono state prodotte quattro distinte serie di miscele polimeriche IP1/PE1, IP2/PE1, IP1/PE2 e IP2/PE2, che si differenziano o per il tipo di polietilene o per la formulazione di idrolizzato proteico.

In questo studio le cifre, che precedono la sigla della serie, indicano le percentuali in peso della carica, vale a dire dell’idrolizzato proteico.

4.1.1

Preparazione film

I materiali sono state ottenuti nel fuso da pellets di polietilene e da polvere di idrolizzato proteico, precedentemente essiccata, in Brabender a 130°C per 5 minuti e a una velocità di rotazione di 50 giri al minuto. I film sono stati prodotti in una pressa idraulica a 100 bar, a 130°C per 5 minuti e raffreddati per 4 minuti.

La capacità della matrice polimerica di incorporare l’idrolizzato proteico senza compromettere la produzione dei film delle mescole dal fuso è stata appurata fino a percentuali della carica del 50%. Con un tale rapporto i film sono stati ottenuti con successo per il PE1 con ambedue i tipi di idrolizzato proteico, mentre per il PE2 è stato prodotto solo il film con l’IP1; mentre con un contenuto del 70% di IP non è stato possibile realizzarne nessuno.

I film di polietilene sono trasparenti, mentre quelli relativi alle mescole appaiono opachi e con un colore giallo, che diventa più intenso all’aumentare della percentuale di idrolizzato proteico, inoltre tale caratteristica è più marcata nel caso di IP1. Tutti i film, comunque, sono omogenei e flessibili.

Per le varie prove i campioni sono stati prelevati dai film tramite semplice taglio o utilizzando una fustellatrice a mano.

(2)

4.1.2

Prove effettuate

Sono di seguito elencate tutte le prove realizzate:

• valutazione delle proprietà meccaniche a trazione;

• analisi morfologica mediante microscopia a scansione elettronica (SEM); • valutazione dell’umidità;

• analisi termogravimetrica (TGA);

• analisi calorimetrica a scansione differenziale (DSC); • analisi termica dinamico meccanica (DMTA);

• spettrometria infrarossa (IR);

(3)

4.2 VALUTAZIONE DELLE PROPRIETÀ MECCANICHE A

TRAZIONE

4.2.1

Introduzione

L’analisi è stata eseguita rispettando le normative ASTM D638M e ASTM D882, relative ai metodi per i test di proprietà tensili di film sottili, con una velocità di deformazione costante di 10 mm/min.

4.2.2

Analisi dei risultati

Le curve sforzo-deformazione ottenute dall’analisi dei materiali in esame hanno un andamento simile, di cui si riporta un esempio in Figura 4.2.2.1.

0 4 8 12 0 100 200 300 400 500 Deformazione [%] S fo rz o [ M P a ] PE2 10IP2/PE2

Figura 4.2.2.1: Andamento curve sforzo-deformazione

Le grandezze di interesse in queste curve sono: - il modulo di Young;

- il carico a rottura;

- la deformazione a rottura.

Non è stato considerato il carico a snervamento poiché in numerosi casi esso coincide con quello a rottura.

(4)

0,07 0,105 0,14 0,175 0,21 0,245 0,28 0,315 0,35 0 10 20 30 40 50 % Idrolizzato proteico M o d u lo d i Y o u n g [ G P a ] IP1/PE 1 IP1/PE 2 IP2/PE 1

Figura 4.2.2.2: Andamento del modulo di Young

Il polietilene PE2 presenta un modulo di Young maggiore del PE1, come si vede in Figura 4.2.2.2.

L’andamento con l’aggiunta di idrolizzato proteico, invece, è simile in ambedue i casi: si nota una diminuzione del parametro all’aumentare della carica; questo comportamento può essere dovuto alla diminuzione di cristallinità, provocata dall’introduzione della carica amorfa, costituita dall’idrolizzato proteico.

Per entrambi i tipi di polietilene, inoltre, si ha una riduzione meno marcata in presenza del composto IP1, questo risultato può essere attribuito alla maggiore percentuale di sali e al peso molecolare minore; quindi l’idrolizzato proteico di tipo 1 dà luogo ad un materiale caratterizzato da una maggiore rigidità.

(5)

3 5 7 9 11 13 15 0 10 20 30 40 50 % Idrolizzato proteico C ar ic o a rot tur a [M P a] IP1/PE1 IP1/PE2 IP2/PE1 IP2/PE2

Figura 4.2.2.3: Andamento del carico a rottura

Tutte le serie presentano un decremento del carico a rottura all’aumentare della percentuale di idrolizzato proteico (Figura 4.2.2.3), in particolare le mescole contenenti il PE1 evidenziano una maggiore diminuzione rispetto alle altre.

Focalizzando l’attenzione sui punti che hanno una percentuale di idrolizzato proteico del 20%, si nota come essi siano ravvicinati e in modo particolare si sovrappongano quelli relativi alle coppie di serie opposte, vale a dire quelle che non hanno nessuno dei due componenti in comune.

Si può osservare come si possa ottenere un carico a rottura intorno ai 9 MPa sia con l’idrolizzato proteico di tipo 2 e il polietilene 1 sia con la carica 1 e la matrice di tipo 2 , ad indicazione del fatto che con ambedue gli idrolizzati si può ottenere tale proprietà meccanica variando il polietilene con cui è costituita la mescola.

Concentrandosi sul primo tratto delle curve fino alla concentrazione della carica del 10%, si può considerare che con piccole aggiunte la diminuzione di carico è più marcata nel caso di idrolizzato proteico di tipo 1 rispetto all’IP2.

(6)

0 100 200 300 400 500 0 10 20 30 40 50 % Idrolizzato proteico D ef or m az ione a rot tur a [% ] IP1/PE1 IP1/PE2 IP2/PE1 IP2/PE2

Figura 4.2.2.4: Andamento della deformazione a rottura

Nella Figura 4.2.2.4 si nota che la deformazione a rottura dei due PE utilizzati è molto simile e che essa diminuisce bruscamente per tutte le mescole con un contenuto di idrolizzato proteico superiore al 20%.

Si osserva che fino a percentuali di idrolizzato proteico del 30%, punto in cui le curve si sovrappongono, la diminuzione della deformazione a rottura è maggiore nel caso della carica di tipo 1, in accordo con l’ipotesi che essa dia luogo ad un materiale più rigido. Tale andamento è più marcato con il polietilene di tipo 2, poiché esso presentava già una maggiore rigidità rispetto all’altro polimero.

Si è, quindi, deciso di svolgere le ulteriori analisi solamente sui campioni con una percentuale di carica del 10% e del 20%, poiché non si è ritenuta accettabile una tale diminuzione e si è osservato che un contenuto di idrolizzato del 5% non è significativo per il riutilizzo di tale composto.

(7)

4.2.3 MICROSCOPIA A SCANSIONE ELETTRONICA (SEM)

4.3.1

Introduzione

Sono stati analizzati campioni tratti dai film dei due tipi di polietilene e delle mescole con un contenuto di idrolizzato proteico del 10% e del 20%.

E’ stata effettuata la scansione della superficie esterna e di una sezione ottenuta tramite frattura fragile in azoto liquido.

4.3.2

Analisi dei risultati

Figura 4.3.2.1: Superficie polietilene di tipo 1 Figura 4.3.2.2: Superficie polietilene di tipo 2

Osservando le Figure 4.3.2.1 e 4.3.2.2 si nota come le superfici di ambedue i tipi di polietilene siano omogenee e uniformi.

(8)

Figura 4.3.2.5: Superficie 20IP2/PE2 Figura 4.3.2.6: Sezione 20IP2/PE2

Figura 4.3.2.7: Superficie 20IP1/PE1 Figura 4.3.2.8: Sezione 20IP1/PE1

Figura 4.3.2.9: Superficie 20IP2/PE1 Figura 4.3.2.10: Sezione 20IP2/PE1

Nelle Figure 4.3.2.3, 4.3.2.5, 4.3.2.7, 4.3.2.9 non si osserva una separazione di fase tra i due componenti, anche se confrontandole con la Figura 4.3.2.1 e 4.3.2.2 si nota una grande differenza tra la superficie del PE e quella delle mescole con il 20% di idrolizzato proteico, dato che queste ultime sono disseminate di cavità.

(9)

In Figura 4.3.2.4, 4.3.2.6, 4.3.2.8 e 4.3.2.10 si osserva la sezione, che è formata da una matrice uniforme cosparsa da cavità di varie forme.

Figura 4.3.2.11: Superficie 10IP2/PE2 Figura 4.3.2.12: Sezione 10IP2/PE2

Dai confronti delle Figure 4.3.2.5 e 4.3.2.11 si nota come il numero di fori sulla superficie aumenta col crescere del contenuto di idrolizzato proteico, stessa osservazione può essere effettuata per la sezione (vedi Figura 4.3.2.6 e 4.3.2.12). Questo andamento è stato presentato per il caso particolare del composito con matrice il polietilene di tipo 1 e la carica di tipo 2, ma si verifica con tutte le altre mescole analizzate.

Le cavità possono essere state generate attraverso la liberazione di acqua durante le lavorazioni che hanno portato allo formazione del film. Essendo l’idrolizzato proteico un materiale igroscopico è possibile che il processo di essiccamento a cui è stato sottoposto non abbia eliminato tutta l’umidità assorbita, che si sia poi sviluppata durante le lavorazioni.

(10)

4.4 PROVA DI UMIDITÀ

4.4.1

Introduzione

L’idrolizzato proteico è un composto totalmente solubile in acqua e altamente idrofilo, perciò è risultato interessante valutare il contenuto di acqua nelle polveri di idrolizzato puro da trattare e all’interno dei campioni analizzati.

4.4.2

Prova di umidità idrolizzato puro

L’analisi è stata condotta sia sull’idrolizzato ottenuto da carniccio che su quello derivante da scarti di rasatura.

In Figura 4.4.2.1 è stata riportata la perdita percentuale in peso per entrambi i tipi di idrolizzato in funzione del tempo.

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 0 50 100 150 200 250 300 Tempo (min) % P e rd it a p e s o IP1 IP2

Figura 4.4.2.1: Andamento della perdita in peso dei due tipi di idrolizzato proteico

E’ stato osservata una diminuzione inizialmente molto veloce, infatti già dopo 40 minuti la perdita di umidità aveva raggiunto un valore vicino al massimo e cominciava a stabilizzarsi.

(11)

− 3,04% per l’idrolizzato tipo 1; − 3,01% per l’idrolizzato tipo 2.

I due materiali sono stati conservati in ambiente non umido e nonostante questo sono riusciti ad assorbire acqua dall’esterno; questa particolare caratteristica dovrà essere tenuta in considerazione con opportuni sistemi di stoccaggio nel momento in cui si passerà ad una produzione su scala industriale delle mescole preparate, infatti per l’ottenimento dei campioni analizzati in questa sperimentazione l’idrolizzato proteico è stato tenuto una notte in stufa a 40°C sottovuoto e in seguito è stato conservato in un essiccatore.

4.4.3

Prova di umidità sui campioni

La valutazione dell’umidità sui campioni realizzati è stata condotta sui rispettivi film, seguendo la stessa procedura adottata per i due tipi di idrolizzato proteico.

In Tabella 4.4.3.1 è stato riportato il contenuto di umidità di tutti i campioni.

Tipo mescola % umidità

10IP2/PE1 0,52 20IP2/PE1 1,08 10IP1/PE2 0,63 20IP1/PE2 1,01 10IP2/PE2 0,39 20IP2/PE2 0,94 10IP1/PE1 0,97 20IP1/PE1 1,34 PE1 0,04 PE2 0,02

Tabella 4.4.3.1: Umidità campioni

La massima perdita percentuale in peso, che coincide con il contenuto di umidità, è superiore all’1% per quei film costituiti dal 20% di idrolizzato, mentre per le mescole con il 10% si raggiunge un valore massimo inferiore all’1%. Dato che l’idrolizzato ha un’alta affinità con l’acqua, le mescole con un contenuto maggiore di questo, presentano anche un valore di umidità superiore.

(12)

4.5 ANALISI TERMOGRAVIMETRICA (TGA)

4.5.1

Introduzione

L’analisi termogravimetrica è stata condotta in un intervallo di temperatura compreso tra 25°C e 600°C ed ha fornito importanti informazioni riguardo alla stabilità termica di ciascun campione, permettendo di valutare l’intervallo di temperatura all’interno del quale il materiale rimane stabile e quindi non si degrada.

4.5.2

Analisi dei risultati

Da ciascuna analisi è stato possibile ricavare informazioni su:

• Idrofilicità dei campioni: a seconda del campione esaminato, la curva termogravimetrica, in cui è stata riportata anche la derivata della perdita in peso ovvero la velocità di degradazione, mostra un picco intorno a 100°C che può essere più o meno pronunciato a seconda della idrofilicità del campione; • Intervallo di degradazione termica: è stato possibile valutare la stabilità dei

campioni alle alte temperature.

Si riportano di seguito le termogravimetrie relative ai due tipi di idrolizzato puro, al polietilene puro e a due mescole significative.

(13)

Figura 4.5.2.1: Curva termogravimetrica di IP1e rispettiva DTG

(14)

La prima osservazione da fare sulla curva relativa all’idrolizzato proteico (Figure 4.5.2.1 e 4.5.2.2) riguarda l’evento di perdita in peso tra 30°C e 150°C legato all’eliminazione dell’acqua, è possibile osservare come tale valore sia vicino al contenuto di umidità misurato sperimentalmente.

Il secondo evento si estende tra 150°C e 400°C: l’ampiezza di tale intervallo è stata giustificata tenendo conto della complessa composizione dell’idrolizzato proteico, costituito da catene peptidiche più o meno lunghe e amminoacidi liberi. Inoltre confrontando queste due curve, è possibile osservare come l’IP2 risulti più stabile termicamente rispetto all’IP1 dato che la curva mostra una pendenza minore soprattutto fino a 150°C.

In Tabella 4.5.2.1 sono stati riportati i valori di perdita in peso a 105°C e a 130°C, ricavati dalla prova di TGA effettuata sui due tipi di idrolizzato, che sono risultati minori del 3% per entrambi; questi valori sono risultati molto vicini al contenuto di umidità (vedi Paragrafo 4).

T (°C) IP1 IP2 105 2,37% 2,14% 130 2,89% 2,97%

(15)

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650 700 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 Temperatura (°C) T G ( % ) D T G ( % /m in ) -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 98.3236%

Figura 4.5.2.3: Curva termogravimetrica di PE1 e rispettiva DTG

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650 700 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 Temperatura (°C) T G ( % ) D T G ( % /m in ) -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 99.3092%

Figura 4.5.2.4: Curva termogravimetrica di PE2 e rispettiva DTG

Nelle Figure 4.5.2.3 e 4.5.2.4 sono state riportate le curve termogravimetriche relative ai due tipi di polietilene, che presentano un unico fenomeno di perdita corrispondente alla completa degradazione del polimero avente un picco a 475,2°C per il PE1 e a 479,4°C per il PE2.

(16)

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650 700 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 Temperatura (°C) T G ( % ) D T G ( % /m in ) -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 4.2292% 92.4875%

Figura 4.5.2.5: Curva termogravimetrica di 10IP2/PE1

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650 700 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 Temperatura (°C) T G ( % ) D T G ( % /m in ) -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10.3969% 82.5745%

Figura 4.5.2.6: Curva termogravimetrica di 20IP2/PE1

Per quanto riguarda l’analisi condotta sui campioni, è stato osservato (Figura 4.5.2.5 e Figura 4.5.2.6) come nonostante l’aggiunta di idrolizzato, dal 10 al 20%, il materiale mantenga un’alta resistenza termica.

(17)

Prima della degradazione completa della mescola, a temperature superiori ai 400°C, sono state ottenute perdite di peso inferiori al 5% (percentuale comprensiva dell’umidità) per le mescole costituite dal 10% di idrolizzato e perdite intorno al 10% per mescole con il 20% di idrolizzato. In genere questa ultima perdita avviene in due step: una diminuzione del 4% fino a circa 200°C e il rimanente 6% prima dei 400°C.

IP2 / PE1 IP1 / PE1 (°C) 10/90 20/80 10/90 20/80 115 0,201 0,273 0,340 0,407 200 0,399 2,498 1,253 2,467 250 0,897 3,660 1,897 3,697 300 1,773 5,790 3,167 6,189 350 2,936 8,228 4,387 8,255 400 3,646 9,429 5,218 9,468 420 4,570 10,239 5,816 10,055 430 5,605 11,117 6,530 10,616 440 8,029 12,960 8,183 11,837

Tabella 4.5.2.2: Tabella con la perdita in peso a varie temperature delle due serie indicate

In Tabella 4.5.2.2 sono stati riportati i valori della perdita in peso delle mescole di IP2/PE1 e IP1/PE1; si può dedurre come l’IP2 sia nella maggioranza dei casi termicamente più stabile dell’IP1 per quanto riguarda i campioni con il 10% di idrolizzato; invece per le mescole con il 20% di idrolizzato questa caratteristica è risultata attenuata, i campioni hanno mostrato un comportamento analogo.

Inoltre è stata effettuata l’analisi termogravimetrica sulle mescole costituite con il 30% e il 50% di idrolizzato proteico per studiare la stabilità termica all’aumentare della percentuale di carica.

(18)

65 70 75 80 85 90 95 100 105 50 150 250 350 450 Temperatura (°C) P e s o ( % ) 10IP1/PE1 20IP1/PE1 30IP1/PE1 50IP1/PE1 10IP1/PE2 20IP1/PE2 30IP1/PE2 50IP1/PE2

Figura 4.5.2.7: Curve TG (50 – 450°C) delle mescole contenenti IP1

65 70 75 80 85 90 95 100 105 50 150 250 350 450 Temperatura (°C) P e s o ( % ) 10IP2/PE1 20IP2/PE1 30IP2/PE1 50IP2/PE1 10IP2/PE2 20IP2/PE2 30IP2/PE2

Figura 4.5.2.8: Curve TG (50 – 450°C) delle mescole contenenti IP2

Nelle Figure 4.5.2.7 e 4.5.2.8 sono state riportate le curve TG delle mescole contenenti IP1 e IP2 rispettivamente nell’intervallo di temperatura da 50 a 450°C. E’ possibile osservare una riduzione di peso crescente all’aumentare del contenuto della carica; inoltre non si notano differenze al variare del tipo di polietilene.

(19)

E’ risultato interessante, a questo punto, effettuare una verifica per accertare se il comportamento termico delle miscele risulti puramente “additivo” o se si instauri un’interazione polietilene – idrolizzato.

Sono state valutate le massime perdite teoriche di peso a 250 e 400°C considerando che nelle miscele si degradi soltanto l’idrolizzato contenuto, ed esse sono state confrontate con le perdite reali delle mescole.

Perdita di peso massima (%) Perdita di peso osservata (%) Campione 250 °C 400 °C 250 °C 400 °C 10 IP1/PE1 2,0 4,8 2,0 5,3 20 IP1/PE1 4,0 9,6 4,0 9,7 30 IP1/PE1 6,0 14,4 6,0 15,1 50 IP1/PE1 10,0 24,0 10,3 25,3 10 IP1/PE2 2,0 4,8 1,9 5,1 20 IP1/PE2 4,0 9,6 2,1 5,5 30 IP1/PE2 6,0 14,4 5,7 14,4 50 IP1/PE2 10,0 24,0 9,3 22,6 10 IP2/PE1 2,0 6,5 1,3 4,2 20 IP2/PE1 4,0 13,0 4,0 10,4 30 IP2/PE1 6,0 19,5 4,8 13,1 50IP2/PE1 10,0 32,5 10,3 25,3 10 IP2/PE2 2,0 6,5 0,7 3,0 20 IP2/PE2 4,0 13,0 4,0 9,7 30 IP2/PE2 6,0 19,5 4,9 13,6

Tabella 4.5.2.3: Confronto tra le massime perdite di peso teoriche e quelle delle mescole

Tenendo conto delle fluttuazioni e delle incertezze proprie di questa tecnica, dall’esame dei dati contenuti nella tabella si nota come mediamente, alle due temperature considerate, le perdite di peso reali siano in generale minori o uguali rispetto a quelle massime previste.

Per spiegare tale fatto si può considerare la procedura seguita per preparare le miscele che prevede un energico mescolamento a caldo (130°C) che potrebbe aver provocato un parziale allontanamento di molecole leggere dalla massa fusa, ciò tuttavia risulta verosimile solo per il primo step a 250 °C.

La minore perdita di peso che si riscontra in diversi campioni a 400 °C appare invece compatibile con il fatto che la matrice polimerica del polietilene possa stabilizzare in

(20)

4.6 ANALISI CALORIMETRICA A SCANSIONE

DIFFERENZIALE (DSC)

4.6.1

Analisi dei risultati

Dalle curve DSC ottenute durante riscaldamento e raffreddamento dei due tipi di polietilene e loro mescole si possono ottenere le seguenti informazioni, riportate in Tabella 4.6.1.1: • temperatura di fusione (Tm); • temperatura di cristallizzazione (Tc); • entalpia di fusione (∆Hm); • entalpia di cristallizzazione (∆Hc); • indice di cristallinità. Campione Tm (°C) Tc (°C) ∆Hm (J/g) ∆Hc (J/g) PE1 116,2 97,5 102,2 80,1 PE2 118,2 104,1 124,8 98,2 10IP1/PE1 115,1 98,2 96,8 74,3 20IP1/PE1 114,4 99,1 87,0 67,7 10IP2/PE1 115,8 97,8 95,7 76,9 20IP2/PE1 114,5 98,4 89,7 68,9 10IP1/PE2 118,2 104,7 112,9 86,8 20IP1/PE2 117,6 104,0 108,7 87,0 10IP2/PE2 118,5 102,9 117,1 90,4 20IP2/PE2 117,6 104,0 102,1 81,2

(21)

In Figura 4.6.1.1 è stato riportato il calore di fusione, che ha un andamento simile a quello di cristallizzazione, in funzione della percentuale di carica. Dall’analisi di questo grafico si evince che:

- il PE2 ha un calore di fusione maggiore del PE1 e questa differenza rimane pressoché costante anche nelle loro rispettive mescole;

- il calore di fusione diminuisce all’aumentare del contenuto di idrolizzato, a causa dell’introduzione di una componente amorfa (IP) che provoca una diminuzione di cristallinità;

- il tipo di idrolizzato non influenza il calore di fusione.

80 90 100 110 120 130 0 10 20 % Idrolizzato proteico C a lo re d i fu s io n e ( J /g ) IP1/PE 1 IP1/PE 2 IP2/PE 1 IP2/PE

Figura 4.6.1.1: Calore di fusione miscele

In Figura 4.6.1.2 è stato riportato l’andamento della temperatura di fusione, il cui valore dipende principalmente dal tipo di polietilene utilizzato e si mantiene circa costante al variare del contenuto di idrolizzato. Stessa considerazione vale anche per la temperatura di cristallizzazione.

Per le mescole ottenute con PE2 la temperatura di fusione rimane intorno a 118°C mentre per il PE1 vale circa 115°C.

(22)

114 116 118 120 0 10 20 % Idrolizzato proteico T e m p e ra tu ra d i fu s io n e ( °C ) IP1/PE1 IP1/PE2 IP2/PE1 IP2/PE2

Figura 4.6.1.2: Temperatura di fusione

Dai risultati dell’analisi DSC è anche possibile ricavare l’indice di cristallinità del materiale. Dall’esame di sperimentazioni, riportate in letteratura, è stato osservato come dal valore sperimentale del calore di fusione si possa ottenere una stima del grado di cristallinità confrontando il valore di ∆Hm misurato sperimentalmente con quello di un campione dello stesso polimero a cristallinità nota o con quello del polimero totalmente cristallino.

Nel presente studio è stato calcolato un indice di cristallinità (Ic) prendendo come riferimento il campione con il calore di fusione maggiore (∆Hmrif), caratterizzato quindi da una maggiore presenza di struttura cristallina, ovvero il PE2.

Ic = ∆Hm / ∆Hmrif

In questo modo è stata ottenuta una scala di cristallinità, vale a dire che i campioni con indice di cristallinità maggiore avranno una percentuale di struttura cristallina più elevata rispetto a quelli con indice minore (Tabella 4.6.1.2).

(23)

Campione Ic PE2 1 PE1 0,819 10IP1/PE2 0,904 20IP1/PE2 0,87 10IP2/PE2 0,938 20IP2/PE2 0,818 10IP1/PE1 0,775 20IP1/PE1 0,697 10IP2/PE1 0,766 20IP2/PE1 0,719

Tabella 4.6.1.2: Indice di cristallinità

In Figura 4.6.1.3 è stato riportato l’andamento dell’indice di cristallinità al variare della composizione delle mescole.

114 116 118 120 0 10 20 % Idrolizzato proteico T e m p e ra tu ra d i fu s io n e ( °C ) IP1/PE1 IP1/PE2 IP2/PE1 IP2/PE2

(24)

L’indice di cristallinità diminuisce sempre all’aumentare della percentuale di idrolizzato proteico dal momento che si introduce all’interno della struttura semicristallina del polietilene un componente che va ad aggiungersi alla parte amorfa.

Le mescole formate con il PE2 hanno sempre una percentuale di struttura cristallina maggiore rispetto a quelle formate con il PE1; inoltre è risultato che il tipo di idrolizzato non va a creare rilevanti differenze.

E’ possibile porre in relazione questo aspetto della cristallinità con le proprietà meccaniche del materiale (vedi Paragrafo 4.2); infatti il PE2 e le sue mescole hanno un modulo di Young maggiore rispetto al PE1, cioè presentano una struttura più rigida.

In Figura 4.6.1.4 è stata riportata la curva DSC relativa al PE2, poichè è risultato avere l’indice di cristallinità più elevato. E’ necessario mettere in evidenza che nella figura si hanno due curve: quella superiore è stata ottenuta con il riscaldamento del campione, infatti mostra un picco endotermico relativo alla fusione; la curva inferiore è stata prodotta durante il raffreddamento del campione dallo stato fuso e mostra un picco esotermico relativo alla cristallizzazione.

Figura 4.6.1.4: Spettro DSC di PE2

In Figura 4.6.1.5 è stata riportata la curva DSC per la mescola 20IP1/PE1 che ha l’indice di cristallinità più basso.

(25)
(26)

4.7 ANALISI TERMICA DINAMICO MECCANICA

(DMTA)

4.7.1

Introduzione

In questo paragrafo sono stati riportati i risultati ottenuti tramite l’analisi termica dinamico meccanica (DMTA); si tratta di una tecnica di indagine non distruttiva in cui il materiale viene sottoposto ad una sollecitazione periodica di piccola ampiezza e viene misurata la sua risposta al variare della temperatura e/o della frequenza di sollecitazione.

Ogni volta che all’interno del campione risultano attivati dei moti molecolari (a corto o a lungo raggio) si osservano dei processi di rilassamento in zone di temperatura e frequenza caratteristiche di quel moto.

Le proprietà misurate con il DMTA sono:

modulo di immagazzinamento, storage modulus, E’;

modulo di perdita, loss modulus, E’’;

tangente di perdita, tanδ = E’’/ E’;

Il modulo E’ rappresenta la componente elastica (in fase) del materiale ed è una misura della sua rigidità, mentre il modulo di perdita E’’ (fuori fase di 90°) è una misura dell’energia dissipata sotto forma di calore; infine l’ultimo parametro è la tanδ, che è proporzionale al rapporto tra energia dissipata ed energia potenziale immagazzinata durante un ciclo completo di sollecitazione.

4.7.2

Analisi dei risultati

Gli spettri termici dinamico meccanici mostrano dei massimi nel fattore di perdita E’’ e tan δ in corrispondenza di ogni fenomeno di rilassamento (cioè di dissipazione di energia) e delle variazioni ‘a scalino’ in E’, più o meno brusche ed intense a seconda dell’entità del fenomeno osservato.

L’analisi DMTA è particolarmente adatta, oltre che per individuare la transizione vetrosa, anche per lo studio delle transizioni secondarie in quanto, dato il basso calore in gioco, esse non sono rilevabili mediante tecniche quali l’analisi calorimetrica differenziale DSC.

(27)

Questo tipo di analisi serve quindi per poter caratterizzare il materiale in un intervallo ampio di temperatura, da -150 a 120°C, individuando così moti molecolari e relative temperature caratteristiche.

Un parametro che caratterizza un materiale polimerico è la temperatura di transizione vetrosa Tg, che è una regione di temperature dove il materiale passa da una struttura rigida, vetrosa a uno stato più mobile, ma non ancora liquido. Il materiale ha acquistato energia termica tale da permettere alle catene polimeriche del polimero, anche quelle più lunghe, di muoversi e ruotare liberamente, perciò si ha perdita di rigidità.

Con il polietilene e suoi copolimeri è comune classificare le transizioni al diminuire della temperatura come transizione α, β e γ.

Nelle figure successive sono stati riportati soltanto gli andamenti della tanδ, ritenuti più significativi.

Nell’intervallo di temperature studiato (-150°C ; 120°C), tutti i campioni esibiscono le caratteristiche transizioni α, β e γ, eccetto i due tipi di polietilene che non subiscono il rilassamento β. Da questa immediata differenza è stato dedotto che la transizione intermedia è collegata alla presenza di idrolizzato.

Infatti analizzando il grafico riportato in Figura 4.7.2.1, è possibile osservare come il picco β, localizzato tra 0°C e 50°C, abbia una intensità maggiore per la mescola avente una percentuale di idrolizzato del 20% rispetto alla stessa con un contenuto di idrolizzato del 10%.

Per lo stesso motivo mescole aventi il medesimo tipo e la stessa quantità di carica, nonostante due tipi di polietilene diversi, hanno mostrato un picco associato alla transizione β di intensità paragonabile, seppur temperature caratteristiche diverse (vedi Figura 4.7.2.2).

(28)

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 -150 -100 -50 0 50 100 150 Temperatura ta n (d e lt a ) PE1 10IP1/PE1 20IP1/PE1 α β γ

Figura 4.7.2.1: Andamento tanδ

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45 -150 -100 -50 0 50 100 150 Temperatura ta n (d e lt a ) PE2 PE1 10IP1/PE2 10IP1/PE1 α β γ

(29)

In Figura 4.7.2.3 sono state riportate le temperature della transizione β al variare della percentuale di idrolizzato nella miscela.

-5 0 5 10 15 20 25 10 20 % Idrolizzato proteico T e m p e ra tu ra ( °C ) IP1/PE1 IP1/PE2 IP2/PE1 IP2/PE2

Figura 4.7.2.3: Temperatura di transizione β

Come precedentemente evidenziato non è stato riscontrato il rilassamento β per i due tipi di polietilene; in tutti gli altri casi la temperatura caratteristica diminuisce o si mantiene costante all’aumentare del contenuto di idrolizzato: nelle mescole del PE2 si è registrato una diminuzione di circa 5°C, mentre la serie del PE1 ha mostrato un andamento costante. Questo fenomeno è stato attribuito ad un maggiore impatto del componente amorfo sulle regioni cristalline.

In letteratura viene riportato che questo rilassamento è da attribuire al movimento di alcune unità delle catene o a segmenti ramificati in particolari zone di interfaccia tra la parte amorfa e la parte cristallina.

Per quanto riguarda la transizione α, questa è stata riscontrata in tutti i campioni dato che si tratta di un fenomeno che avviene nei polimeri semicristallini; questo rilassamento è stato osservato sopra i 60 °C ed è generalmente attribuito a un movimento graduale di unità della catena principale all’interno della fase cristallina, prima della fusione.

In Figura 4.7.2.4 è stato riportato l’andamento delle temperature di transizione α al variare della composizione della mescola.

(30)

50 55 60 65 70 75 80 0 10 20 % Idrolizzato proteico T e m p e ra tu ra ( °C ) IP1/PE1 IP1/PE2 IP2/PE1 IP2/PE2

Figura 4.7.2.4: Temperatura di transizione α

Le mescole costituite con il PE2 subiscono questo rilassamento a temperature maggiori rispetto alla serie del PE1; questo può essere dovuto alla maggior cristallinità delle mescole del PE2 che tende a spostare tale transizione a temperature superiori.

Per quanto riguarda l’intensità del picco α, in genere la tanδ tende a diminuire all’aumentare del grado di cristallinità a causa della dissipazione di energia all’interno delle regioni amorfe; per questo motivo, come è possibile vedere in Figura 4.7.2.1, hanno mostrato un picco caratteristico di intensità minore le miscele contenenti una inferiore quantità di idrolizzato, composto che va ad aggiungersi alla parte amorfa.

La transizione γ ha origine all’interno della fase amorfa e viene spesso in letteratura associata alla rotazione di segmenti di catene costituite da quattro carboni; essa è stata riscontrata in tutti i campioni analizzati e, come è possibile osservare in Figura 4.7.2.5, le mescole del PE2 hanno presentato questo rilassamento intorno a -130°C mentre quelle con PE1 a circa -137°C.

(31)

-145 -140 -135 -130 -125 -120 0 10 20 % Idrolizzato proteico T e m p e ra tu ra ( °C ) IP1/PE1 IP1/PE2 IP2/PE1 IP2/PE2

Figura 4.7.2.5: Temperatura di transizione γ

Per quanto riguarda l’influenza del tipo di idrolizzato proteico sulle tre transizioni analizzate non è possibile dedurre alcun tipo di andamento relativo sia alla temperatura caratteristica sia all’intensità del rilassamento. Infatti introducendo idrolizzato si inserisce in ogni caso una parte che va ad aggiungersi alla componente amorfa; quindi, non si nota un effetto direttamente associabile al diverso contenuto di sali.

(32)

4.8 S

PETTROSCOPIA INFRAROSSA

(IR)

4.8.1

Analisi dei risultati

Figura 4.8.2.1: Spettro IR del PE1

(33)

Il polietilene è composto da una successione di gruppi –CH2-, quindi è stato semplice individuare le vibrazioni dei legami che corrispondono alle bande di forte assorbimento nello spettro infrarosso. Elencandoli in ordine crescente di numeri d’onda, come si osserva in Figura 4.8.2.1 e 4.8.2.2 risulta:

o 720 cm-1: rocking CH2; o 1462 cm-1: bending C-H;

o 2850 cm-1 e 2915 cm-1: stretching C-H.

(34)

In Figura 4.8.2.3 e 4.8.2.4 è stato riportato lo spettro infrarosso relativo all’idrolizzato proteico tipo 1 e a quello tipo 2 rispettivamente. I due spettri sono identici infatti i due tipi di idrolizzato proteico differiscono solo per quanto riguarda il contenuto di sali ed hanno invece una composizione chimica molto simile; è stato possibile osservare bande caratteristiche, elencate in ordine crescente di numeri d’onda:

o circa 650 cm-1: wagging N-H; o 1400 cm-1: stretching C-N;

o 1650 cm-1: bending N-H e stretching C=O; o 3280 cm-1: stretching N-H.

(35)

Figura 4.8.2.6: Spettro IR del 20IP1/PE1

Poichè è stato riscontrato per tutte e quattro le serie di mescole un andamento analogo, sono stati riportati nelle Figure 4.8.2.5 e 4.8.2.6 gli spettri IR dei campioni 10IP1/PE1 e 20IP1/PE1 rispettivamente.

Come è possibile osservare i due spettri sono molto simili e questo era comunque prevedibile dato che non si hanno differenze nel tipo di composto ma soltanto una variazione di composizione. Lo spettro di queste mescole continua a mostrare gli stessi assorbimenti caratteristici della matrice polietilenica con l’aggiunta di altre bande che sono dovute alla presenza dell’idrolizzato. Non si osserva, quindi, la formazione di nuovi legami tra i due componenti della miscela, ma la somma degli assorbimenti della matrice e della carica (Figura 4.8.2.7).

(36)
(37)

4.9 V

ALUTAZIONE BIODEGRADABILITÀ

4.9.1

Introduzione

La valutazione della biodegradabilità è stata realizzata ponendo i campioni all’interno di uno strato di terreno e perlite, opportunamente preparato, che funziona da inoculo di microrganismi e riserva di umidità. Tutto ciò è stato racchiuso all’interno di recipienti cilindrici, mantenuti a temperatura ambiente e al buio. In queste condizioni aerobiche si ha lo sviluppo di anidride carbonica, attraverso processi biodegradativi, la quale viene catturata tramite assorbimento in una soluzione basica di KOH, posta a sua volta in un contenitore all’interno del recipiente.

Per ricavare la CO2 prodotta è stato necessario retrotitolare questa soluzione ad intervalli di tempo variabili, stabiliti in modo da preservare le condizioni aerobiche e la capacità assorbente della soluzione basica.

Per avere risultati con valore statistico, la prova è stata realizzata in triplicato per ogni campione e sono stati considerati i valori medi.

4.9.2

Analisi dei risultati

La valutazione della biodegradabilità è stata realizzata andando a considerare i seguenti aspetti:

- CO2 prodotta in ogni intervallo di tempo; - CO2 prodotta cumulativa;

- indice di biodegradabilità, calcolato come rapporto tra la CO2 prodotta e quella massima che teoricamente può essere prodotta dal campione in esame.

Il valore della CO2 teorica è stato calcolato conoscendo il peso totale e la percentuale di carbonio organico dei campioni sottoposti a biodegradazione.

La percentuale in peso di carbonio organico dei vari materiali di partenza è la seguente:  carta: 43,5%;

 PE1,PE2: 86%;  IP1: 40%;

(38)

Conoscendo la composizione delle mescole è stata calcolata la percentuale in peso di carbonio organico considerando i contributi dei due componenti.

E’ quindi possibile calcolare la massima quantità di CO2 che può svilupparsi, ipotizzando il materiale completamente biodegradabile, avendo misurato il peso dei campioni di ciascuna mescola.

Si ottengono come valori medi, i risultati riportati in Tabella 4.9.2.1: Campione mgCO2, teorica

10IP1/PE2 876,9 10IP1/PE1 980,9 10IP2/PE2 869,8 10IP2/PE1 1051,5 20IP1/PE2 832,5 20IP1/PE1 919,6 20IP2/PE2 870,2 20IP2/PE1 1000,2 PE1 1104,3 PE2 910,1 Carta 477,8

Tabella 4.9.2.1: CO2 teorica media dei vari campioni

Effettuando le titolazioni a vari intervalli di tempo è stata calcolata la produzione di CO2 di ogni singolo recipiente, in seguito sono stati valutati i valori medi e quelli cumulativi (Tabella 4.9.2.2). g io rn o 4 g io rn o 9 g io rn o 1 5 g io rn o 2 1 g io rn o 2 8 g io rn o 3 5 g io rn o 4 2 g io rn o 5 0 g io rn o 6 0 g io rn o 7 0 g io rn o 8 0 g io rn o 9 2 10IP1/PE2 13,2 23,8 34,0 43,1 52,5 62,5 73,0 87,1 101,6 117,5 134,6 152,2 10IP1/PE1 11,7 23,2 32,6 40,2 49,9 59,6 69,5 82,7 98,6 114,4 129,8 149,2 10IP2/PE2 12,0 24,3 33,4 43,4 52,5 62,5 71,9 85,5 101,3 116,3 131,7 149,7 10IP2/PE1 12,3 22,9 31,4 39,9 49,9 59,8 70,1 84,2 98,7 115,0 131,3 149,3 20IP1/PE2 12,6 24,1 34,3 43,4 52,8 63,1 72,7 86,4 105,3 123,8 140,1 159,0 20IP1/PE1 15,0 29,0 39,6 49,9 60,7 71,9 82,7 97,2 114,4 130,2 145,6 164,1 20IP2/PE2 12,6 25,5 38,1 50,2 61,9 73,6 86,2 101,6 120,1 137,7 156,6 174,6 20IP2/PE1 13,2 24,1 34,9 45,8 57,8 69,2 81,5 98,7 119,8 139,6 158,1 179,7 PE2 13,2 24,6 34,6 43,1 53,1 62,5 72,6 86,2 103,0 119,2 134,6 153,5 PE1 12,9 23,5 33,4 40,8 50,2 59,3 68,6 81,8 97,2 114,0 128,5 145,7 Bianco 12,3 23,8 32,6 40,9 49,7 58,5 68,6 80,7 95,3 110,0 124,1 139,9 Carta 12,6 25,8 38,4 49,9 63,1 75,4 92,1 111,8 137,6 160,5 185,7 216,5

(39)

L’indice di biodegradabilità rappresenta la percentuale di biodegradazione che è stata realizzata dai microrganismi sul campione in esame. Tale indice è stato calcolato ogni volta che è stata effettuata la titolazione per cui è stato possibile valutarne l’andamento in funzione del tempo.

Il calcolo di questo parametro viene effettuato secondo la seguente formula:

100 biodeg di % , 2 , 2 , 2 × − = teorica CO bianco CO totale CO mg mg mg

Per ottenere la percentuale di biodegradabilità totale raggiunta sono stati utilizzati i valori cumulativi dei mg di CO2 prodotta.

g io rn o 4 g io rn o 9 g io rn o 1 5 g io rn o 2 1 g io rn o 2 8 g io rn o 3 5 g io rn o 4 2 g io rn o 5 0 g io rn o 6 0 g io rn o 7 0 g io rn o 8 0 g io rn o 9 2 10IP1/PE2 0,10 0,00 0,17 0,25 0,32 0,45 0,50 0,74 0,72 0,85 1,20 1,41 10IP1/PE1 0,00 0,00 0,00 0,00 0,02 0,11 0,09 0,21 0,33 0,45 0,59 0,95 10IP2/PE2 0,00 0,07 0,10 0,29 0,32 0,46 0,37 0,56 0,69 0,73 0,88 1,13 10IP2/PE1 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,13 0,14 0,33 0,32 0,47 0,68 0,89 20IP1/PE2 0,04 0,04 0,21 0,30 0,37 0,55 0,49 0,69 1,20 1,66 1,92 2,29 20IP1/PE1 0,29 0,57 0,77 0,97 1,20 1,45 1,53 1,80 2,07 2,20 2,34 2,64 20IP2/PE2 0,03 0,20 0,64 1,06 1,40 1,74 2,02 2,41 2,85 3,19 3,74 3,99 20IP2/PE1 0,09 0,03 0,23 0,48 0,81 1,07 1,29 1,80 2,45 2,96 3,40 3,98 PE2 0,10 0,10 0,23 0,24 0,37 0,44 0,44 0,61 0,84 1,02 1,16 1,50 PE1 0,05 0,00 0,08 0,00 0,04 0,07 0,00 0,11 0,17 0,36 0,40 0,53 Carta 0,06 0,43 1,23 1,87 2,79 3,53 4,91 6,51 8,84 10,56 12,89 16,03

Tabella 4.9.2.3: Indice biodegradabilità

In Tabella 4.9.2.3 sono stati riportati i valori dell’indice di biodegradabilità per le varie mescole in funzione del tempo trascorso. E’ possibile immediatamente osservare come la carta (il controllo positivo) è stata già ampiamente degradata, a indicazione del fatto che le condizioni dell’ambiente di prova garantiscono lo sviluppo di microrganismi. I due tipi di polietilene hanno mostrato un diverso comportamento: il PE1 e le sue mescole con contenuto di idrolizzato del 10% sono caratterizzati dai valori più bassi, mentre gli altri campioni contenenti il PE2 hanno evidenziato un indice di biodegradabilità maggiore.

(40)

Tutte le mescole ottenute con il 20% di carica hanno presentato valori vicini o superiori al 2% al giorno 80, in particolare è stato osservato che in presenza dell’IP2 i composti sono stati maggiormente biodegradati; questa differenza può essere attribuita al minor contenuto di sali. E’ possibile comunque notare come tutte le mescole con il 20% di idrolizzato proteico hanno presentato una spiccata tendenza a essere degradate.

(41)

4.10

C

ONCLUSIONI

Le analisi svolte hanno evidenziato le seguenti proprietà delle mescole oggetto di questo studio:









buone proprietà meccaniche fino a un contenuto di idrolizzato proteico del 20%; al di sopra di questa composizione si ha una rapida diminuzione di esse;









le mescole ottenute sono omogenee, non si nota una separazione di fase tra i due componenti;









i campioni offrono una buona stabilità termica e non presentano fenomeni degradativi fino ad alte temperature;









le temperature di fusione e di cristallizzazione non subiscono forti variazioni con l’aumento di idrolizzato proteico;









non sono stati osservati nuovi legami tra la matrice polimerica e la carica;









i campioni tendono a essere biodisintegrati tramite l’azione biodegradativa sulla componente proteica di microrganismi presenti nel terreno.

Figura

Figura 4.2.2.2: Andamento del modulo di Young
Figura 4.4.2.1: Andamento della perdita in peso dei due tipi di idrolizzato proteico
Figura 4.5.2.1: Curva termogravimetrica di IP1e rispettiva DTG
Tabella 4.5.2.1: Perdita in peso di IP1 e IP2 a 105 e 130°C
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Se si vuole offrire un servizio di qualità non serve mettere “la scadenza” alle offerte di lavoro o di tirocinio, bensì è necessario (e opportuno) verificare concretamente quante

Ma il programma europeo per impiegare i giovani, partito due mesi fa, stenta a decollare. Perché ogni regione può fare a

ULTIM'ORA 8.31  Esteri PRIMARIE USA 2016/ Trump e Clinton, i risultati "opposti" del Super martedì atto secondo 8.28  Cinema, Televisione e Media 

di Irene Facchinetti, Direttore Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione - Politecnico di Milano Fatturazione elettronica, nel 2016

Codice civile Codice procedura civile Codice Penale Codice procedura penale Codici Online Raccolta normativa Codice della Strada Codice Assicurazioni

E a chiarire di cosa parliamo per indicare queste forme di lavoro non-standard, che spesso in Italia vengono tacciate di diffondere il precariato, ci viene in aiuto una

(healthtodaymagazine.in … Angelina ha appena compiuto 40 anni e perso 16kg e racconta come ha fatto (famous-stars.info) Come curare le

Per realizzare tutto questo è necessario un più alto livello di coinvolgimento dei lavoratori e dei corpi intermedi come uno dei fattori più importanti per determinare la qualità di