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4. Il Parco Contemporaneo
4.1.
Etica ed estetica: il significato del parco oggi
Con l’avvento del Post‐moderno e quindi con la nuova consapevolezza che il razionalismo non poteva essere inteso come soluzione unica ai problemi della città e dell’architettura si è aperto un nuovo scenario sulle nuove tematiche a partire dagli anni ’80, che ha permesso lo svilupparsi di nuove idee e soluzioni molto variegate in risposta quindi alla rigida ideologia moderna che voleva solo il razionalismo come base di ogni soluzione.
4.1.1.
Il Panorama estetico
Il panorama estetico quindi si fa frantumando e le nuove tendenze vengono attinte da svariate forme di produzione culturale: il decostruttivismo dall’architettura, l’estetica ecologista dalle tematiche ambientali, il gusto pittoresco ‐ astratto dalle arti figurative ecc. Per avere una lettura ampia del quadro nasce quindi il bisogno di adottare delle categorie etico ‐ estetiche, (da non confondere quindi con principi stilistici, né con principi percettivi né con parametri di valutazione e giudizio) e considerarle strumenti di conoscenza che indicano una maniera e un’etica sviluppata dal progettista. Ad esempio la riflessione sul valore ecologico e su considerazioni circa l’insostenibilità dei costi per lo smaltimento dei materiali e delle strutture è derivata l’estetica ecologica ‐ naturalista.
L’approccio proposto “consente di indagare il tema del parco urbano contemporaneo a partire dalla sua collocazione entro una vasta gamma di relazioni, temporali e spaziali, tra modelli storici e clima socio‐culturale, input progettuali ed esiti figurativi, pratiche e poetiche artistiche e finalizzazioni etiche, muovendosi in una panoramica europea”37. Non quindi intesa come un estensione del concetto di stile, ma come piuttosto un processo creativo e un iter progettuale supportato da una tematica di base. Il quadro delle categorie può essere così sintetizzato38: 37 LAMBERTINI A., Fare parchi urbani: etiche ed estetiche del progetto contemporaneo in Europa, Firenze university press, Firenze, 2006, p.228
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Pagina | 63 Il Pittoresco ‐ astratto si dedica alla ricerca di nuove figure di natura e forme di paesaggio legate al colorismo, al collage e alle sovrapposizioni volte a creare una sequenza di narrazione. Il riferimento è alla pittura astratta del ‘900 come l’esperienza di Kandinsky. Figura 4‐2; Figura 4‐3: Roberto Burle Marx, sistemazioni di viali a Rio de Janeiro.
I Paesaggi frattali sono il frutto di un attento studio delle teorie matematico‐spaziali dei frattali. Il paesaggio viene così plasmato secondo tali logiche dove la computer graphic svolge un ruolo preponderante, il manufatto viene così impregnato di caratteristiche di autosimilarità e complessità. Figura 4‐4; Figura 4‐5: Parc de Cam Zan, Barcellona.
Pagina | 64 La corrente surreale, Cyber ‐ pop, attinge invece da scenari fantastici, onirici e visioni fiabesche. La sua nascita è legata alla visione surrealista della pittura e letteratura del ‘900. Il paradosso e l’ironia dominano la composizione, così come le dissimmetrie, le disarmonie e i cromatismi sgargianti. Figura 4‐6: Waldpark per la Bundesgartenschau del 2001, Berlino. Si passa poi all’estetica ecologista ‐ naturista nata dal bisogno e da una ricerca della natura spontanea dove non si senta la presenza dell’uomo. Tema principale è l’osservazione delle dinamiche della crescita spontanea della natura. Forte in questo caso è il contatto con il mondo ecologista e con le nuove problematiche ambientali.
Infine il classico ‐ contemporaneo, è un’ideologia presa in prestito dall’architettura. Essa ripropone il valore della storia e della tradizione, attingendo alla tradizione dell’arte dei giardini e quindi all’utilizzo di schemi tradizionali come l’uso di griglie, reticoli geometrici, simmetrie, proporzioni e l’assialità.
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4.1.2.
Minimalismo: architettura e verde
L’approccio minimale alla paesaggistica e all’architettura trova la sua immediata fonte nel movimento artistico che a partire dagli anni ’60 si è diffuso: la minimal art. Donald Jadd (1928‐1994) artista e architetto americano fornisce una precisa chiave di comprensione del fenomeno “nessuna allusione, nessuna illusione”, uno slogan provocatorio in risposta all’eccessiva forza dell’espressionismo astratto e all’impeto emozionale dell’action painting. Il termine minimalismo è comunque da attribuirsi a una filosofia del massimo risultato con il minimo sforzo, attraverso l’uso di elementi primari, oggetti realizzati industrialmente, ordine, geometria e semplicità39.
E’ il novecento la culla di questa espressività, in quanto si sono create le condizioni per una sua nascita. La modernità con il passaggio dallo strutturalismo al razionalismo, le teorie della Gestald, la diffusione della cultura Zen e il rifiuto di espressioni artistiche troppo forti e chiassose.
Nell’ambito dell’architettura la formula coniata da Mies Van der Rohe: Less is more, costituisce “il più genuino annuncio della categoria del minimalismo”40.
Negli anni ’90 il minimalismo si afferma prepotentemente in architettura sulla scia di un rigetto alla ridondante e spesso troppo chiassosa estetica formalista contraddistinta dal Post ‐ Modern e incarnata principalmente nelle poetiche High‐Tech e Decostruttivista. Viene denunciata la necessità di chiarezza e semplicità e posto fine a un equivoco “che il decostruttivismo, un fenomeno estremamente vitale e interessante, ma non privo di eccessi figurativi, sia la strada obbligata per dare una forma tangibile alla complessità dei fenomeni contemporanei e il mezzo privilegiato per introdurre l’estetica della civiltà elettronica all’interno della costruzione”41.
L’obbiettivo chiave del gesto minimalista è l’avvicinarsi il più possibile al limite estremo di semplificazione della forma. E’ quindi una sottile linea quella che separa il manufatto minimale dall’oggetto banale o dalla struttura fine a se stessa. 39 Artonweb, <http://www.artonweb.it/artemoderna/artedopo60/articolo6.htm> 40 MONTANER J. M., Las Formas del siglo xx, Editorial Gustavo Gili, Barcellona, 2002, p.162. Traduzione dallo spagnolo di Anna Lambertini. 41 PRESTINENZA PUGLISI L., Silenziose avanguardie, testo&immagine, Milano, 2001. P.9
Pagina | 66 Tuttavia nell’opera minimale ogni gesto di semplificazione è volto a esaltare una sensazione o una percezione che l’architetto o artista voleva comunicare. Ne deriva che ogni autore è unico nel suo genere anche se come ogni filone espressivo anche nella poetica minimale c’è una matrice comune.
Aspetto principale è il rigore per la geometria pura che costituisce il timbro comune per molte opere minimaliste. Massima tensione formale con maggior economia dei mezzi a disposizione quindi. La chiarezza e semplicità sono essenziali, si scelgono cubi, parallelepipedi, sfere, linee, richiamando un legame formale con le costruzioni metafisiche di Boullée ma anche con il pensiero di Le Courbusier.
Altro elemento è la serie, la ripetizione ostinata di moduli identici. Gli artisti minimali dicono che la serie libera una grande quantità di energia e al tempo stesso una sensazione di ossessione e angoscia. La precisione e la tecnica di esecuzione sono poi
fondamentali. La perfezione del cubo ad esempio può essere resa solo con l’attenzione per i materiali scelti e la cura nel dettaglio. La materialità quindi e di conseguenza il senso del volume e della luminosità dominano il manufatto. Figura 4‐8: Robert Morris, Slab. (sopra in questa pagina) Figura 4‐9: Donald Judd, Untitled 1990.
Pagina | 67 Altro punto è l’unità e semplicità come obbiettivo supremo, cioè il grande sforzo di sintesi e di ricerca dell’essenziale.
L’alterazione poi della scala dell’oggetto e della forma base crea uno squilibrio tra le proporzioni, la conseguenza è un ricorso al gigantismo e alla miniaturizzazione che creano un atmosfera surreale.
Infine la dimensione temporale prevalente è quella del presente in quanto le forme devono assolutamente essere svincolate dalla storia e dagli stili. Il tempo che scorre non deve in alcun modo alterare l’opera.
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4.2. Atlante
Il Parco André Citroen
Jean Paul Viguier, Parigi, 1992.
Abbandonata completamente l’idea di forum multimediale e spazio ricreativo utile, il parco Citroén di Parigi si vuole porre come luogo di contemplazione assoluta della natura.L’area verde nasce come recupero di un’area dismessa di proprietà della Citroén, indetto il concorso nel 1985 viene vinto dal gruppo di architetti di Jean Paul Viguier. Nel 1992 il Parco viene aperto al pubblico. Figura 4‐10: Planimetria del Parco. Figura 4‐11 Veduta sul Parco e sul canale.
Pagina | 69 Figura 4‐12 Il Canale Figura 4‐13 Veduta del Parco e dettaglio di un giardino tematico.
Pagina | 70 Figura 4‐14 Studio delle assialità e della struttura del Parco.
I Giardini minimali di Peter Walker
Peter Walker, progettista nord americano, si cala pienamente nella poetica minimalista e i suoi giardini e parchi colorati rigorosamente geometrici, esprimono una suggestione tale da travolgere il fruitore. Le sue nature sono modellate, artificiali, i pattern dominano i piani e tuttavia il legame con il luogo è significativo. Le origini della sua composizione sono da individuarsi nelle arti figurative, in particolare nelle opere di Frank Stella e Donald Judd oltre che alle esperienze di Burle Marx e Barragan.
I Giardini, afferma Walker, non devono creare solo spazi gradevoli per vivere, ma anche in grado di catturare la mente. Non solo un’esperienza visiva, ma multisensoriale.
Pagina | 71 Figura 4‐15 Peter Walker, Seattle Federal Courthouse. Figura 4‐16 Peter Walker, I.B.M. Solana, Texas
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