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CAPITOLO 1 IL SISTEMA OFDM PER COMUNICAZIONI SATELLITARI

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(1)

CAPITOLO 1

IL SISTEMA OFDM PER

COMUNICAZIONI SATELLITARI

Introduzione

La crescente richiesta di servizi broad-band che richiedono una discreta porzione di spettro frequenziale, ha portato ad affrontare problematiche di selettività del canale (fading selettivo in frequenza). Eventuali tecniche di equalizzazione adattative nel tempo di segnali con modulazioni tradizionali (QPSK, M-QAM ecc..) comporterebbero tempi di acquisizione dell’equalizzatore eccessivi, perciò si è pensato ad una soluzione differente che venisse incontro alla risoluzione di questo problema, ossia la modulazione OFDM (Orthogonal Frequency Division Multiplexing).

1.1

Struttura del segnale OFDM

Come sappiamo, la questione della selettività in frequenza risiede nella banda del segnale che risulta confrontabile con l’inverso dei ritardi relativi tra i vari cammini multipli. Questa situazione è rappresentata sinteticamente in figura 1.1(a). Nella modulazione OFDM si cerca di risolvere questa questione suddividendo la trasmissione di un unico flusso dati ad alta velocità di segnalazione 1/T e quindi larga banda, in una molteplicità di sotto-flussi paralleli ottenuti suddividendo il flusso originario, e modulando molte sottoportanti adiacenti con ciascuno di tali flussi. Se indichiamo con N il numero di tali sotto-flussi, la cadenza di segnalazione su ogni sottoportante sarà 1/T = (1/T) /N corrispondente ad un

(2)

intervallo di simbolo su ogni sottoportante TS =NT . Considerando un generico “sotto-flusso” su di una generica sottoportante, la banda del segnale modulato sarà dell’ordine di 1/T , e quindi N volte più piccola della banda del segnale originario s mono-portante. In questo modo, aumentando N appropriatamente ci si può ricondurre al caso in cui ogni sotto-canale ha una banda molto stretta, e quindi il relativo segnale modulato “vede” una porzione della risposta in frequenza del canale di propagazione sostanzialmente piatta e quindi non distorcente. Questa situazione è riassunta in figura 1.1 (b). L’unico effetto del canale di trasmissione sul generico sotto-canale è quello di introdurre un’attenuazione e uno sfasamento sostanzialmente costanti su ogni sotto-banda: recuperando al ricevitore questi fattori di fase/ampiezza sottoportante per sottoportante si neutralizzano di fatto gli effetti del canale.

(a)

(b)

Fig. 1.1 Risposta in frequenza del canale nel caso monocarrier (a) e multi-carrier (b)

Questo procedimento è assimilabile ad una sorta di “equalizzazione in frequenza” del segnale ricevuto, nel senso che recuperare la fase/ampiezza di ogni

(3)

sottoportante significa in pratica andare a compensare la risposta in frequenza del canale componente per componente su di un pettine di frequenze molto fitto. Naturalmente, nella discussione precedente (di carattere euristico) non sono stati precisati alcuni aspetti importanti, tra i quali la spaziatura tra le sottoportanti, e la maniera per effettuare efficientemente l’operazione di modulazione di questi sottoflussi paralleli sulle varie sottoportanti.

Indicando momentaneamente con f la spaziatura delle sottoportanti, il segnale sc con modulazione multiportante è descritto dallo schema di massima di figura 1.2, in cui i simboli d’ingresso c appartengono all’alfabeto di una modulazione lineare n arbitraria (16-QAM per quanto riguarda il lavoro in questa tesi) e sono caratterizzati da una velocità di segnalazione R = 1/T . Come si nota, il flusso di tali simboli è parallelizzato in N sotto-canali su ciascuno dei quali l’intervallo di simbolo diventa T =NT chiamato intervallo di simbolo OFDM. s

Fig. 1.2 Schema di principio per la generazione del segnale OFDM

Come si può notare dalla figura 1.2, il convertitore serie-parallelo induce una sorta di partizionamento “a blocchi” dei simboli d’ingresso, ove la durata di un blocco è pari a N simboli di sorgente ovvero di un simbolo OFDM. L’indice k risulta essere l’indice di “sottoportante” e varia da 0 a N-1, mentre l’indice m è l’indice temporale del generico simbolo OFDM ed è caratterizzato dalla velocità di simbolo OFDM 1/Ts =1/(NT) . L’espressione del segnale modulato è dunque:

(4)

( )

(

)

1 2 / 0 ( ) s N m j kt T k s m k x t c p t mT e π +∞ − =−∞ = =

∑ ∑

− (1.1)

dove si è indicato con ( )p t un impulso rettangolare di ampiezza unitaria e diverso da zero per 0≤ ≤ e dove i simboli di sorgente t Ts ( )m

k

c normalizzati a potenza unitaria(|ck( )m | 1= ). Naturalmente dobbiamo essere in grado di demodulare questo segnale in maniera ottimale. La demodulazione ottima del generico sottoflusso k-esimo in AWGN (Additive White Gaussian Noise), e in assenza degli altri sottocanali, è quella che prevede conversione in banda base del segnale, il filtraggio adattato con campionamento e la decisione a soglia finale. La variabile di decisione sul simbolo della sottoportante numero k è dunque ( r(t)=segnale ricevuto): 2 (0) 0

1

( )

sc T j if t k s

z

r t e

dt

T

π −

=

(1.2)

La presenza degli altri sottocanali induce però in generale un’interferenza sulla decisione. Calcoliamo l’effetto della presenza del sottocanale i, i≠k sulla variabile di decisione del ricevitore ottimo per il canale k. Per l’intervallo di segnalazione con m=0, trascurando l’effetto del rumore si ottiene una componente di interferenza :

t

f

k

i

j

e

c

dt

e

e

c

I

sc t f k i j m k T t if j t kf j m k k i sc sc sc

)

(

2

1

) ( 2 ) ( 0 2 2 ) ( ) 0 ( ,

=

=

π π

π

π (1.3) Questa interferenza si annulla quando fsc⋅Ts = , q intero, cioè quando le q sottoportanti sono ortogonali. Naturalmente è conveniente scegliere il minimo di questi valori, per tenere le sottoportanti più vicine possibile e quindi limitare la banda del segnale modulato. Si dovrà scegliere allora

1/ 1/( )

sc s

f = T = NT (1.4)

In queste condizioni la modulazione prende il nome di OFDM, ha la minima occupazione spettrale e i dati dei vari sottocanali possono essere recuperati

(5)

senz’alcuna interferenza con una batteria di ricevitori che operano secondo la (1.2). Per ricostruire il flusso dati originario, sarà poi sufficiente “riformattare” il flusso da parallelo a seriale con un convertitore P/S duale a quello di figura 1.2.

1.2

Caratteristiche del segnale OFDM

Cerchiamo ora di analizzare più nel dettaglio le proprietà statistiche del segnale

( )

x t .

Si può dimostrare che x t

( )

è un processo a media nulla con parte reale ed immaginaria indipendenti e gaussiane [2].

Per un risultato della teoria della probabilità [5] si può dunque concludere che modulo e fase di x t

( )

sono indipendenti e distribuite rispettivamente secondo Rayleigh e uniformemente su

[

0, 2

π

]

.

Vale tuttavia la pena osservare che questi risultati derivano dall’applicazione del teorema del limite centrale e sono dunque validi con buona approssimazione solo se N è sufficientemente elevato.

Osserviamo inoltre che la convergenza al limite centrale è indipendente dal tipo di costellazione adottata.

Questo significa che le proprietà statistiche di x t

( )

non dipendono dalla costellazione.

Introduciamo ora un po’ di notazione che sarà utile a chiarire i concetti espressi. Introduciamo le seguenti grandezze con ovvio significato dei simboli:

( )

{ }

2 m k P=E c (1.5)

{

}

2 var ( ) X x t NP

σ

= = (1.6) 2 2 2 2 2 X I Q NP

σ

σ

=

σ

= = (1.7)

(6)

( )

r= x t (1.8)

( )

arg x t

θ = (1.9)

Le proprietà fin ora ricavate sono di particolare importanza perché consentono una trattazione analitica delle non linearità sia relativamente alla determinazione degli spettri che per quanto riguarda la degradazione delle prestazioni in termini di BER. Nelle figure 1.3 e 1.4 sono illustrati una distribuzione dei valori della parte reale

( )

{

}

Re

r

x = x t all’uscita del modulatore OFDM e un diagramma I-Q di x t

( )

rispettivamente. -3 -2 -1 0 1 2 3 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 Xr p d f misurata gaussiana teorica

(7)

-3.2 -2.8 -2.4 -2.0 -1.6 -1.2 -0.8 -0.4 0.0 0.4 0.8 1.2 1.6 2.0 2.4 2.8 3.2 x _ Q -3.0 -2.0 -1.0 0.0 1.0 2.0 3.0 x_I

Fig.1.4 Diagramma I-Q di x(t) nel caso M=100, N=512, P=1

1.2.1 PAPR del segnale OFDM

Il PAPR (Peak-to-Average Power Ratio) rappresenta il rapporto fra la potenza di picco e quella media di un certo segnale.

Il PAPR può essere riferito sia ad un segnale analogico che ad una sequenza e può essere definito sia maniera deterministica che in maniera statistica.

Per una sequenza di N simboli, il PAPR è definito in maniera deterministica dalla seguente

{

}

{

{

2

}

}

( 2 ( ( ] [ ] [ max ] [ n x E n x n x PAPR m m m = (1.10)

mentre per un segnale analogico la definizione è

{ }

{ }

{ }

22 ) ( ) ( max ) ( t s E t s t s PAPR = (1.11)

(8)

La definizione statistica del PAPR, relativamente ad una sequenza è, invece, la seguente

{

}

{

{

}

}

|

]

[

|

]

[

max

]

[

( ) 2 ) ( ] ) 1 ( , [ ) (

n

x

E

n

x

n

x

PAPR

m m N m mN n m

=

∈ + n=0,1,…,N-1 (1.12)

mentre per un segnale analogico la definizione statistica è

{ }

{ }

{ }

2 2 ] ) 1 ( , [

)

(

)

(

max

)

(

t

s

E

t

s

t

s

PAPR

=

t∈mTs m+ Ts (1.13)

Nelle (1.12) e (1.13) è stato messo in evidenza che, nella definizione probabilistica del PAPR, il valore massimo è quello assunto dalla sequenza all’interno di un certo blocco m o quello assunto dal segnale analogico su un dominio temporale corrispondente alla durata di un simbolo OFDM.

Aver vincolato la scelta del valor massimo della sequenza o del segnale ad un certo dominio temporale implica che il PAPR definito dalle (1.12) e (1.13) è una v.a. (da cui il termine PAPR probabilistico). Ad esempio, considerando la (1.12) è evidente che il PAPR assumerà un valore diverso per ogni blocco trasmesso e sarà dunque a tutti gli effetti una v.a. con determinate caratteristiche statistiche.

Osserviamo che su tali caratteristiche statistiche, ed in particolare sulla d.d.p., agisce anche la lunghezza N del blocco dato che quando il blocco si allunga il valor massimo viene calcolato su un numero maggiore di campioni e tende quindi ad aumentare.

In realtà è consuetudine caratterizzare il PAPR mediante la sua CCDF (Complementary Cumulative Distribution Function) che esprime la probabilità che il PAPR superi un certo valore.

Consideriamo il PAPR discreto e calcoliamo la CCDF.

La sequenza che ci interessa è quella alla uscita della IFFT come illustrato in figura 1.5.

(9)

( )m k

X x( )m

[ ]

n s t

( )

sd

( )

t Fig. 1.5 Schema a blocchi del trasmettitore

Della sequenza x( )m

[ ]

n sappiamo già, dal paragrafo precedente, che è costituita da campioni indipendenti il cui modulo, che indichiamo con r, è distribuito secondo Rayleigh: ( )m

[ ]

r= x n (1.14)

{ }

2 2 2 E r = σ (1.15)

( )

2 2 2 2 r r p r e σ σ − = (1.16)

La probabilità che il modulo di un campione superi un assegnato valore r è pari a

[ ]

{

}

PAPR r r m

e

e

d

p

r

n

x

P

>

=

=

=

∞ 2 2 2 ) (

)

(

σ

γ

γ

(1.17)

Infine, considerando l’indipendenza dei campioni x( )m

[ ]

n e considerando che un blocco OFDM è composto da N campioni si ha che:

{

}

PAPR N

e

PAPR

CCDF

PAPR

papr

P

>

=

(

)

=

1

(

1

)

(1.18)

In figura 1.6 è riportata la (1.18) confrontata con i dati ottenuti attraverso la generazione dei blocchi OFDM e la misura del PAPR. In figura 1.7 viene invece mostrato l’aumento del PAPR quando il numero di campioni N passa da 512 a 2048.

D/A IFFT

GEN SYM

(10)

Fig. 1.6 Confronto fra CCDF(PAR) misurata e teorica, N=2048

Fig. 1.7 Confronto fra CCDF(PAR) nei casi N=512 ed N=2048

1.3

Conversione Digitale/Analogico

Ci proponiamo ora di analizzare lo spettro del segnale OFDM all’uscita del convertitore digitale/analogico. L’impulsi sagomatori che sono stati utilizzati in questo lavoro sono di tipo RRCR(α) (Root Raised Cosine Rolloff α).

Ricordiamo che all’ingresso del convertitore D/A abbiamo campioni gaussiani indipendenti (vedi §1.2).

(11)

Si può dimostrare che lo spettro del segnale s(t) [1] [3] è dato da:

( )

1

( ) ( )

2 s c S f S f G f T = (1.19)

dove g t

( )

è l’impulso sagomatore e Sc

( )

f è lo spettro dei campioni all’uscita della IFFT cioè

( )

(

)

2 2 [ ] j fmT j fmT c x x m m S f =

R mT e− π =

R m e− π (1.20) Osserviamo che la (1.19) è formalmente analoga alla formula dello spettro di un

segnale PAM nel quale, lo spettro dei simboli è stato sostituito dallo spettro di campioni x[n]. Inoltre la (1.19) mostra come lo spettro del segnale sia legato sia all’impulso sagomatore sia alle proprietà di correlazione dei campioni in ingresso al convertitore D/A stesso.

Supponendo indipendenti tali campioni la (1.19) diventa

( )

1

( )

2 [0] s x S f R G f T = (1.21)

(12)

La figura 1.8 mostra una buona corrispondenza dello spettro stimato con quello teorico calcolato dalla (1.21). Anche in questo caso si intravedono dei lobi secondari sullo spettro stimato dovuti ancora una volta al troncamento degli impulsi sagomatori.

1.4

Distorsioni non-lineari introdotte dal canale

Una delle fonti di distorsione non lineare principali è senz’altro l’amplificatore di potenza utilizzato per amplificare il segnale prima di essere trasmesso all’antenna. Il canale utilizzato in questa tesi prevedeva l’utilizzo di uno fra i più comuni amplificatori di potenza impiegati nelle trasmissioni satellitari, il TWTA (Travelling Wave Tube Amplifier).

Il TWT è un dispositivo non lineare che viene fatto funzionare in prossimità del punto di saturazione per renderne massima l’efficienza energetica. Ciò comporta un certo numero di problemi come l’allargamento spettrale o l’insorgenza di fenomeni di intermodulazione.

Analizziamo meglio il problema dall’amplificazione di potenza presente sul satellite dando una breve descrizione di questo dispositivo.

1.4.1 L’amplificatore di Potenza TWT

Come già accennato, uno degli amplificatori di potenza più largamente usati nei satelliti ed anche nelle stazioni di Terra è quello impiegante il TWT (tubo ad onda progressiva), la cui struttura è schematizzata nella figura 1.9. Il segnale RF che deve essere amplificato viaggia lungo una struttura periodica detta elica. Il flusso elettronico emesso dal catodo viene focalizzato, per mezzo di magneti di forma anulare, in un fascio assai stretto centrato sull'asse dell'elica e viene infine raccolto da un collettore dopo aver ceduto la sua energia al campo RF. La funzione dell'elica è quella di ridurre la velocità longitudinale dell'onda RF fino a portarla a coincidere con quella del fascio elettronico, la quale è controllata dalla tensione applicata tra gate e catodo. Ciò risulta in un'interazione tra il campo elettrico relativo al segnale RF e gli elettroni, con conseguente cessione di energia dal fascio elettronico al segnale RF e amplificazione di quest'ultimo. L'amplificazione

(13)

cresce man mano che il segnale RF viaggia lungo il tubo. I TWT erogano potenze tipiche di qualche decina di W (rare le applicazioni in cui la potenza è dell’ordine delle centinaia di W) ed hanno una banda passante relativa elevata, vicina al 10%, che può pertanto teoricamente coprire l'intera banda assegnata al satellite (fino a 400÷500 MHz nelle bande C e Ku).

ingresso RF uscita RF magneti elica catodo gate riscaldatore collettore

Fig. 1.9 Struttura di un amplificatore TWT

Per applicazioni a bassa potenza (fino a qualche W) e specialmente nei satelliti, si usano anche amplificatori a stato solido, più compatti ed efficienti dei precedenti, tra i quali vale la pena di menzionare gli amplificatori a diodo Impatt e gli amplificatori a FET ad arseniuro di gallio (GaAs). Nelle stazioni di Terra questi amplificatori vengono soventemente usati come drivers di TWT.

Facendo riferimento all'amplificatore impiegante il TWT (analoghi risultati valgono anche per gli altri tipi di amplificatori di potenza), si osserva che ad esso è associata:

• una caratteristica ampiezza di ingresso - ampiezza di uscita non lineare (conversione AM/AM);

• una caratteristica ampiezza di ingresso - fase di uscita non costante (conversione AM/PM).

La figura 1.11 mostra un esempio delle caratteristiche ora menzionate, all'ingresso dell'amplificatore, di un solo segnale sinusoidale o quasi-sinusoidale. Si osservi che nel caso in cui all’ingresso vengano applicati simultaneamente più segnali su

(14)

figura 1.10.

In questa tesi sono state utilizzate come caratteristiche del TWT i seguenti modelli [14]: 2 9945 . 0 1 9638 . 1 ) ( r r r A + = (1.22) 2 2 8168 . 2 1 5293 . 2 ) ( r r r + = φ (1.23)

Dove r è il modulo del segnale all’ingresso dell’amplificatore.

Come si vede, la potenza di uscita cresce con quella di ingresso in modo non lineare, fino a raggiungere il cosiddetto punto di saturazione, al di sopra del quale essa inizia a descrescere.

(15)

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

Normalized Input Amplitude

N o rm a liz e d O u tp u t A m p lit u d e (a) 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8

Normalized Input Amplitude

O u tp u t P h a s e S h if t (r a d ) (b)

(16)

Il punto di lavoro di un TWT è spesso specificato in termini dell'arretramento, o backoff, che è necessario prevedere per la potenza media di ingresso e/o di uscita rispetto al punto di saturazione, allo scopo di ottenere un comportamento sufficientemente lineare dell'amplificatore. Si parla pertanto di un backoff di ingresso ibo (input backoff) e di un corrispondente backoff di uscita obo (output backoff), i quali sono funzione non lineare l'uno dell'altro. Nelle (1.26) e (1.27) sono illustrate tali definizioni.

( )

s t

s

d

(

t

)

A

[ ]

s

(

t

)

e

j

[

arg{s(t)}

[

s(t)

]

]

φ

+

=

Fig 1.12 Ingresso uscita amplificatore

( )

{

2

}

Pin=E s t (1.24)

( )

{

2

}

d Pout=E s t (1.25) Pout Pout obo= MAX | | | db MAX db db

obo =Pout −Pout (1.26)

Pin Pin

ibo= MAX | | |

db MAX db db

ibo =Pin −Pin (1.27)

A causa della nonlinearità del TWTA si verificano i seguenti effetti:

• nel caso di presenza di un solo segnale in ingresso, ogni fluttuazione del suo inviluppo si traduce in una modulazione di fase, oltre che di ampiezza, non desiderata;

• nel caso di presenza di più segnali, si verificherà interferenza da intermodulazione, con una certa dispersione in frequenza della potenza disponibile.

Pertanto l'impiego di un amplificatore di potenza comporta sempre la ricerca di un compromesso tra la potenza di uscita e la distorsione non lineare indotta sul segnale.

(17)

1.4.2 Effetto delle distorsioni non lineari introdotte

dal TWT

Come già accennato in precedenza l’amplificatore di potenza induce una rotazione della costellazione dei simboli, un’introduzione dell’interferenza intersimbolica ed un aumento dei lobi laterali dello spettro di potenza [19]-[21].

A titolo di esempio si riporta in figura 1.13 lo scatter plot dei simboli in ingresso al blocco OFDM, nelle figure 1.14÷1.16 gli scatter plot all’uscita del blocco OFDM per vari valori di obo ed infine in figura 1.17 lo spettro del segnale OFDM all’uscita del TWT. -4 -2 0 2 4 Im -4 -2 0 2 4 Re

(18)

-0.2 0.0 0.2 Im 0.4 0.2 0.0 -0.2 -0.4 Re

Fig.1.14 Scatter plot dei simboli all’uscita del blocco OFDM con OBO=9.5dB

-0.6 -0.4 -0.2 0.0 0.2 0.4 0.6 Im -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 0.2 0.4 0.6 Re

(19)

1.0 0.5 0.0 -0.5 -1.0 Im 1.0 0.5 0.0 -0.5 -1.0 Re

Fig.1.16 Scatter plot dei simboli all’uscita del blocco OFDM con OBO=2.5dB

Fig 1.17 Spettro del segnale in uscita dall’amplificatore al variare del back-off

Come si può notare dalle figure 1.14÷1.16 oltre ad un aumento della rotazione

obo_db=2.5 obo_db=3 obo_db=3.5 obo_db=4 obo_db=4.5 obo_db=5 obo_db=5.5 obo_db=6 obo_db=6.5 obo_db=7 obo db = 7.5

(20)

valori di obo sempre più piccoli, ossia man mano che avviciniamo il punto di lavoro alla saturazione dell’amplificatore gli effetti non lineari si accentuano come si può osservare anche dall’allargamento dello spettro in figura 1.17.

Figura

Fig. 1.1 Risposta in frequenza del canale nel caso monocarrier (a) e multi-carrier (b)
Fig. 1.2 Schema di principio per la generazione del segnale OFDM
Fig. 1.3 Densità di probabilità della parte reale di x(t) con M=100 N=512 e P=1
Fig. 1.6 Confronto fra CCDF(PAR) misurata e teorica, N=2048
+7

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